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Racconti di Dominazione

Error Secretary 3

By 30 Dicembre 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Jon Letters


jonletters360@gmail.com

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Error Secretary – Terzo capitolo

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Naturalmente sapevo da parecchio tempo che Michela si faceva sbattere da Giovanni. Sulla scrivania, quella dove anch’io mi sono piegata, o magari in piedi contro il muro, una scopata veloce. Sulla poltrona forse, la coscia sul bracciolo come una troia qualsiasi e le mani attorno al collo del capo.

Ho appena completato l’ultimo documento, facente parte del fascicolo sul sig. Ettore Sierra. Un vecchio, dal viso flaccido e il naso prominente. La pancia larga, i capelli impregnati sempre di acqua di Colonia, e quel’ odore di sigaro, immancabile nella bocca, che lo accompagna ovunque.

Mi chiedo come Michela l’abbia presa nello scoprire che non è l’unica a farsi fottere.
Così giovane, attraente, vogliosa di fare bella figura… così incredibilmente ingenua. Michela è la terza fino ad ora. La prima fece tutto da sola, probabilmente considerava il bussare una perdita di tempo. Il giorno dopo non si presento a lavoro, e nemmeno nei successivi. Due settimane più tardi arrivò Giulia. Brava, esperta, single. Tre mesi dopo rassegno le dimissioni.

Con Michela sarà meglio andarci piano, altrimenti Gio potrebbe mangiare la foglia.

Per arrivare allo studio devo per forza passare dalla reception. Non posso fare a meno di osservarla. Tiene gli occhi incollati sul monitor, una mano sorregge un bicchiere di plastica, the probabilmente, l’altra abbassata sulle ginocchia.

‘Ecco il fascicolo del porco.’ Esordisco entrando nello studio, sedendomi poi sulla poltrona.
Stranamente non dici nulla, nessun commento. L’affare deve essere particolarmente importante.
‘Mi servi… questo giovedì.’
Mi correggo: l’affare deve essere molto, molto importante.
‘No. Non sono libera.’ Non voglio dartela vinta subito.
‘Si che lo sei.’
Ti alzi, compiendo uno, due giri intorno alla scrivania. Poi ti fermi, guardandomi.
‘Solito extra. Più un qualcosa di… particolare.’
Sbuffo sonoramente roteando al contempo gli occhi per enfatizzare il mio disappunto.
‘Primo, non sono libera. Secondo. Se anche lo fossi il solito extra non basterebbe.’
In pochi passi sei davanti a me. Mi prendi per un gomito, scaraventandomi contro il muro. Mi pieghi un braccio dietro la schiena tirandolo in alto, fin quasi alle scapole.
‘…Lasciami…’
Inserisci un ginocchio fra le mie gambe, allargandole. Il tuo peso mi impedisce di muovermi.
Sento la tua lingua leccarmi il lobo dell’orecchio, lo mordi, lo tiri, lo succhi.
‘Putt…’
Piego in avanti la testa, poi un colpo secco, veloce, e la mia nuca che ti colpisce il mento, facendoti tremare i denti.
Deve averti fatto molto male, era quello che volevo. Mi prendi per i capelli, tirandomi violentemente la testa all’indietro per incrociare il mio sguardo.
‘Puttana!’ Mi sputi in faccia, centrandomi un occhio per poi spingermi contro la scrivania. Mi costringi ha piegarmi in avanti, bloccandomi nuovamente le braccia dietro la schiena fino a farmi gemere di dolore.
La mano libera scivola verso il basso, allarga le natiche per poi fermarsi nel mezzo. Mi tocchi, entri dentro di me, una, due dita, avanti e indietro.
‘Non indossi nemmeno le mutandine… troia.’
La tua voce, il dolore, gli insulti mi costringono a tentare almeno di reagire ma la differenza di peso è troppo elevata. Ancora non mi penetri. Senza allentare la presa sul polso, mi tocchi. Per torturarmi, o torturarti. Per torturare entrambi.
‘Si…’ Mugolo, in un misto di lacrime e piacere. ‘Scopami o ti ammazzo…’
Le suppliche ti anno sempre eccitato, lo so bene. Sento il suono della cintura che si sfila e cade a terra. Poi, sempre tenendomi il braccio imprigionato, mi spingi indietro e il mio culo torna dove è abituato, sul bordo della scrivania. Sono costretta a stare sulle punte dei piedi, le sento formicolare. Tremo in tutto il corpo e le tue dita iniziano ad essere una sofferenza, non un piacere.
‘Scopami…’

Pausa.
La punta della cappella che sfrega contro le labbra, rosse e umide di piacere.
Urlo quando mi penetri con un unico, fluido movimento cogliendomi di sorpresa. Inizi ha fottermi velocemente, con forza, fino in fondo facendo sbattere le palle per poi quasi uscire, e ricominciare con ancor maggior violenza.
In pochi minuti inizio a godere, ad urlare il mio piacere che si trasforma in uno stridulo di sofferenza quando sento la tua mano, aperta sulla mia testa, poi la chiudi tirandomi indietro per i capelli, con forza.
‘Puttana… puttana…’ Sputi di nuovo. Questa volta mi centri in pieno le labbra. Ti guardo mentre le lecco, le succhio, per poi inghiottire tutto e sputare a mia volta. La mira però non è precisa e ti colpisco solamente una guancia.

‘Troia…’ Ti pieghi sulla scrivania, schiacciandomi. Sento i tuoi gemiti nel mio orecchio, nella mia testa, e tremo fino alle punte dei piedi quanto sento lo sperma riempirmi l’utero. Pochi secondi e gemo anch’io, un lungo acuto che sale di frequenza sino a quando il mio corpo non cessa di fremere, stremato dall’orgasmo.

Quando il respiro torna regolare ti alzi, liberandomi finalmente. Mi giro e sei coi pantaloni calati, l’asta ormai molle e lo sguardo fisso nei miei occhi. Lo so cosa vuoi e perciò mi lascio cadere sulle ginocchia.
Quando lo prendo in bocca per fartelo tornare duro mi aspetto che dici qualcosa: un insulto, una frase…
‘Puliscilo solamente… Tra cinque minuti faccio il culo all’altra…’
Per un secondo mi fermo, stordita.
Era quello che volevi.
‘Troia… e anche gelosa.’ Mi dici sorridendo, tirandomi fuori il cazzo dalla bocca per poi rivestirti.
‘Gelosa un cazzo… è solo una giovane…’
Vorrei dire puttana ma riesco a fermarmi in tempo. Quando si è inginocchiate, con un grumo di saliva che ti cola in un rivolo lungo la guancia, un cazzo a pochi centimetri dalla faccia e senza nemmeno indossare l’intimo… Certi insulti è meglio evitarli.
‘Ti fa male?’ Dico riferendomi alla testata.
‘Un po…’
Lo immaginavo. Lo volevo. La lingua non a smesso un attimo di muoversi nella tua bocca. é un gesto del subconscio, deve controllare che non tremi nulla, che sia tutto a posto.
‘Prendi la busta, ci sono dei soldi… per il particolare sul cliente. Dovrebbero bastare per tutto.’
La busta. Prima non l’avevo vista. Dopo che anch’io mi sono rivestita la prendo e mi dirigo alla porta.
La maniglia che scende prima che la mano possa impugnarla.

Ci guardiamo. Capisco che lei sa cosa è appena successo. Mi sorride. Sorrido a mia volta ma ne esce un sorriso finto, forzato, troppo tirato all’insù. Appena mi fa spazio esco velocemente sentendo pochi secondi dopo la porta dello studio di Giovanni sbattere.

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A differenza di altri autori, che anno la fortuna di scrivere per il puro piacere di farlo, io mi sento motivato a farlo per il semplice piacere di conoscere le persone. Se perciò vi va di contattarmi in msn, o di perdere mezzo minuto per mandarmi un commento tramite mail ne sarei molto felice. Vi aspetto numerosi all’unico indirizzo:

msn – mail jonletters360@gmail.com

Jon

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