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Racconti di Dominazione

fine settimana in villa capitolo 5

By 18 Aprile 2023No Comments

Capitolo 5

il buio pesto della cella viene rotto da una luce soffusa e dopo qualche attimo vedo la sagoma di un uomo affacciarsi alla porta.
Si avvicina al muro e inizia a stringermi i capezzoli con grande forza. Mi strappa alcuni lamenti e poi inizia a palparmi le palle con grande veemenza. Alterna strizzate di palle a quelle dei capezzoli fino a quando, con mio grande stupore, il pene non inizia a diventare turgido. Mi è successo poche volte di avere così tante erezioni in poco tempo e non immaginavo davvero che un uomo potesse provocarmele.
“Bene”. L’unica parola che l’uomo pronuncia staccando i moschettoni dagli anelli. Mi fa girare faccia al muro e mi blocca le mani dietro alla schiena. Fa calare sulla mia testa un cappuccio molto aderente. Piccoli fori all’altezza delle narici mi consentono di respirare e due feritoie munite di cerniere di poter vedere, anche se con difficoltà.
Finita la preparazione le due cerniere vengono chiuse e, con l’aiuto di un secondo carceriere giunto nel frattempo, vengo fatto uscire e condotto sul luogo del prossimo tormento.
Salita la scala vengo spintonato in un luogo in cui sicuramente sono già presenti gli altri partecipanti. Sento il brusio delle loro voci accompagnare il mio passaggio.
Vengo fatto fermare, le zip sugli occhi vengono aperte e mi vengono liberate le mani che poi sono immediatamente collegate ad una catena che pende dal soffitto.
Sento l’inconfondibile rumore di un argano che inizia a girare e dopo qualche istante le braccia sono tese sopra la mia testa.
Mi hanno legato vicino alla parete che costeggia il fondo di una sala a pochi metri da un grande camino che, pur essendo una calda giornata di tarda primavera, è acceso.
Per quello che posso cerco di osservare l’ambiente. Anche questo è illuminato da grandi ceri e da numerosi candelabri. Non vedo nessuna sedia ma al centro della stanza c’è un tavolo imbandito circondato dagli ospiti. Tutti gli uomini sono vestiti con abito scuro e camicia bianca mentre le donne, ne conto tre, portano corti vestiti abbondantemente scollati sulla schiena. Solo i due che mi hanno portato dalla cantina non hanno la giacca e portano le maniche della camicia arrotolate.
Un dress code che poco ha a che vedere con quello tutto strisce di cuoio e genitali al vento delle ambientazioni dei filmini che Barbara mi ha propinato in preparazione di questo incontro.
La mia presenza sembra passare del tutto inosservata tranne quando gli uomini, rigorosamente solo loro, mi si avvicinano a turno per tormentare praticamente tutte le parti del mio corpo.
Chi mi stringe i capezzoli, chi gioca pesantemente con le palle e chi, impugnata una delle fruste appoggiate su un tavolino, mi colpisce sul petto, sulla schiena o sulle natiche.
Uno tra tutti è decisamente il più feroce. Si limita a chiedere ai due in maniche di camicia di attivare l’argano per sollevarmi completamente da terra. Terminato il sollevamento, con spinte sempre più forti, mi fa dondolare verso il camino.
Dopo le prime oscillazioni il calore inizia a farsi sentire così come i miei lamenti. Allora ferma il dondolio e inizia a frustarmi dicendo ai presenti che i lamenti lo hanno infastidito.
Questo altalenarsi di tormenti si protrae per tutto il tempo della cena. Terminate le libagioni sento la voce di Barbara intimare alle signore di posizionarsi sul tavolo in modo di poter essere usate.
Tra risolini e poco credibili esclamazioni di stupore le donne si appoggiano al grande tavolo sollevando i vestiti e allargando le gambe.
In quel momento le braccia mi vengono abbassate e sganciate dalla catena.
I carcerieri tenendomi ognuno per un polso mi riportano nella cella e, dopo avermi fatto inginocchiare, mi dicono di rimanere immobile.

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