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Racconti di Dominazione

H.P. : the untold tale – parte 4

By 2 Ottobre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Eccovi finalmente!’
Harry e Ginny raggiunsero i loro amici al tavolo dei Grifondoro per la cena. Il ragazzo si sedette un po’ imbarazzato mentre lei sorrideva tranquilla.
‘Dov’eravate finiti?’ chiese Ron con la bocca piena, come al solito. Harry aveva le mani sudate e azzardò un:
‘Uhm… beh, noi… veramente eravamo… abbiamo…’
Lei lasciò balbettare il suo ragazzo per qualche secondo prima di alzare gli occhi al cielo, esasperata, e prendere la parola:
‘Siamo andati a fare una passeggiata…’
Ron parve soddisfatto dalla risposta, era fin troppo concentrato sul cibo, Hermione invece guardò l’amica alzando un sopracciglio.
Era sempre la stessa storia, pensò Harry, non c’era modo di tenerla all’oscuro di niente. Quelle due chiacchieravano di tutto e la cosa un po’ lo infastidiva. Le vide scambiarsi uno sguardo d’intesa e pregò che Hermione non condividesse mai le confidenze della sua ragazza con Ron. Come avrebbe potuto guardarlo in faccia se avesse saputo che alla sua innocente sorellina piaceva fargli dei servizietti di bocca nel bagno fuori uso del secondo piano?
‘Capisco…’ fu il solo commento di Hermione che sorrise a Harry, facendolo arrossire. Ron come al solito non si era accorto di niente e il ragazzo tirò un sospiro di sollievo. Ringraziò il cielo per l’ingenuità dell’amico e cominciò a riempirsi il piatto.

‘Ginny! Delton e Plowright lo stanno facendo di nuovo!’ si voltarono tutti a guardare una biondina del terzo anno che indicava il fondo del tavolo, dove due ragazzini del primo si stavano tirando del cibo.
La ragazza si tirò indietro i lunghi capelli rossi, terribilmente scocciata. Si alzò, sfoggiando uno sguardo omicida e così fece Hermione:
‘Stavolta vengo anch’io. Voglio vedere cosa dicono davanti a un prefetto e al caposcuola!’ disse minacciosa.
‘Dai sono ragazzini, non ci andate troppo pesante!’ provò speranzoso Ron, ma le due ragazze già filavano verso i due malcapitati, senza più ascoltarlo.
‘Poveretti…’ bofonchiò il rosso scrollando le spalle, quindi si rivolse ad Harry:

‘Allora, pronto per il match di sabato, capitano?’
‘Si, mi sento in forma, tu?’ fu la risposta e Ron annuì entusiasta.
‘Sei passato in camera prima di cena?’
Harry scosse il capo.
‘No, perché?’
‘I nostri stivali da Quidditch luccicano come appena comprati, sai?’ ridacchiò il rosso. Anche Harry accennò un sorriso:
‘Beh, Tom è stato di parola!’
‘Già, chissà come ha fatto a farli venire così bene”
Harry scrollò le spalle.
‘Dice che usa un incantesimo, l’ha usato già sulle mie scarpe da ginnastica stamattina…sembra che ci sappia fare, pensa che io invece l’ho rimproverato, sinceramente credevo me le avesse leccate” Ron fece un’espressione disgustata.
‘Che schifo, sto pure mangiando!!!’
‘Già” concordò Harry. I due si guardarono perplessi per qualche secondo, poi Ron disse:
‘Però se ci pensi, fosse anche vero, non sarebbe poi così strano visto il personaggio…’
I due ragazzi si voltarono a guardare Tom, seduto in un angolo in fondo al tavolo dei Serpeverde. Era solo, evidentemente non socializzava un granché.
‘Beh, io gli ho solo chiesto se gli andava di pulirmi le scarpe, ha iniziato lui no? Forse è meglio che non sappia come fa…’ rifletté Harry, per poi mettere a tacere i suoi sensi di colpa ‘…basta che non lo faccia davanti a me!’ concluse.
Ron ridacchiò, per poi commentare:
‘Comunque devo ammettere che tutta questa storia non mi dispiace… non vedo l’ora di farmi fare un altro bel massaggio!!!’
‘Non intendi pestargli la faccia, vero?’ chiede Harry divertito.
‘Beh, allora tu che glieli fai leccare direttamente!?’ rispose Ron a tono.
‘Hey! E’ stato lui a volerlo!’ continuò Harry sulla difensiva.
‘Certo’ a te però non spiace affatto, o sbaglio?’ insistette Ron con un sopracciglio alzato. Harry lo guardò con aria complice, poi cedette.
‘Beh’ non me lo sarei mai lasciato fare prima, ma da quando lo fa devo ammettere che è una sensazione gradevole sentire la sua lingua tra le dita, e poi a lui piace, quindi” lasciarono cadere l’argomento proprio mentre le loro dolci metà rientravano dopo aver ridotto in lacrime gli sfortunati primini che avevano rimproverato.

Rientrarono in camera piuttosto tardi, dopo aver passato qualche ora a ‘passeggiare’ con le rispettive fidanzate. Tom era seduto sul lustrissimo pavimento della stanza, appena li vide sorrise e si alzò:
‘Padron Harry, Padron Ron! Bentornati!’ li salutò tutto contento.
‘ ‘Sera Tom!’ risposero tranquilli i due mentre apprezzavano con lo sguardo l’ordine che ora regnava sovrano nell’ambiente.
‘Ho finito di scrivere i vostri saggi di Erbologia, ve li ho già messi nelle cartelle.’ disse loro zelante.
‘Grande, che velocità!’ si complimentò Ron. Harry fece altrettanto, quindi disse:
‘Suppongo che tu ora voglia essere premiato, no?’
Harshwood abbassò lo sguardo imbarazzato ma sorrideva:
‘Beh…’ disse loro e i due ridacchiarono, cominciando a mettersi comodi.
‘A proposito, gli stivali sono perfetti, amico! Immagino non ti dispiaccia fare lo stesso con le nostre scarpe” gli chiese Harry e Tom fece un’espressione un po’ stupita:
‘O.. Ok… nessun problema’ disse non troppo convinto.
‘Perfetto!’ fece quindi Ron togliendosi quelle che indossava e così fece il suo amico. Tom li guardò colpevole e impaurito da ciò che si aspettavano.
‘Devo farlo’ adesso?’ chiese, un leggero tremore nella voce.
I due ragazzi si guardarono e parvero soppesare la risposta, certamente pensando alla conversazione che avevano avuto a cena.
‘No, ti conviene farlo ogni mattina, direi…’ gli rispose Harry ‘…mentre noi dormiamo, tanto tu ti svegli sempre presto, no?’ concluse e vide Tom tirare un sospiro di sollievo e sorridere.
‘Certo padroni’
‘Dai, stasera comincia da me’ sorrise quindi Ron ‘il massaggio di ieri mi è proprio piaciuto, ne vorrei uno… identico’
Harshwood annuì e s’inginocchiò ai piedi del suo letto ma non gli sfuggì l’occhiata d’intesa che i due giovani si scambiarono, prima di affondare la faccia nei calzini di Ron.

‘Sei proprio sicuro di non voler venire?’ chiese Harry
‘Non posso, te l’ho detto, se non imparo questo capitolo a memoria Hermione mi fa fuori sul serio, l’hai sentita a cena, no?’ sentì Ron rispondere ‘tu e Ginny divertitevi però, poi raccontami com’era.’
‘Ok’ Tom, fai il bravo e fagli buona compagnia, ok?’
Il ragazzo tentò un debole ‘Si padrone’ ma le sue parole uscirono attutite e completamente incomprensibili. I due ragazzi ridacchiarono, quindi sentì Harry aggiungere preoccupato
‘Ogni tanto però lascialo respirare Ron!!!’
Il buio che gli premeva intorno si allentò mentre Ron gli scostava leggermente i piedi dalla faccia, quanto bastava perché il naso e gli occhi di Harshwood gli fossero visibili. Il viso del rosso lo guardava dall’alto sorridente.
‘A me sembra fin troppo contento!’ Era sdraiato sotto la sua scrivania, il suo magro corpo entrava preciso tra le gambe della sedia e la testa era alloggiata proprio sotto i piedi di Ron. La luce scomparve di nuovo dopo pochi istanti, mentre in sottofondo Harry borbottava:
‘Tipico…’ prima di uscire dalla camera.

‘Ok amico. Considerato i tempi delle feste in sala comune abbiamo almeno tre o quattro ore tutte per noi, così io posso studiare e tu… divertiti!!!’
Di nuovo la sua risposta riverberò muta sotto il cotone umido dei calzini del suo padrone.
Ron amava quella posizione. Da qualche settimana aveva cominciato a farcelo stare ogni volta possibile e Tom usciva da queste sessioni provato e sempre più distrutto. Non che non apprezzasse tutto quello che i due ragazzi facevano per lui, insomma erano stati così disponibili a capire il suo problema e ad aiutarlo senza cacciarlo in un mare di guai. Come poteva non essergli grato. Però era esausto, in tutti i sensi. Ormai leccava le loro scarpe ogni mattina, ogni volta con l’ansia che lo scoprissero, naturalmente. Faceva i loro compiti, il loro bucato, puliva il casino che infestava la loro camera e in più doveva fare il suo corso di studi se non voleva rimanere indietro. Dormiva forse quattro o cinque ore per notte, a volte anche meno, per ottemperare a tutti i suoi impegni e il suo fisico, semplicemente, non reggeva più. Certo il ministero gli aveva fatto capire molto chiaramente che il suo incarico primario era quello di ‘assistere’ Harry Potter, però avrebbe voluto diplomarsi anche lui un giorno.

Harshwood inspirava a fondo l’odore di Ron. I piedi gli puzzavano terribilmente, come al solito. Ma questo non gli pesava, ormai il loro odore era come parte di lui. Il problema era che il suo padroncino, una volta assorto, amava strusciarglieli sulla faccia di continuo. Non soffici carezze, s’intende, quasi lo pestava. Aumentava la pressione dal tallone alle dita, poi con la pianta del piede gli schiacciava ora il naso, ora la bocca o gli occhi. Apparentemente incurante di lui. Era faticoso per Tom, la faccia gli doleva e non poco ma come fare a dirglielo? Come poteva lamentarsi di qualcosa dopo che era stato lui ad insistere perché gli permettessero di farlo. Era un circolo vizioso. Non voleva lamentarsi per non perdere la loro amicizia (e i loro piedi), ma soprattutto per non deluderli. Eppure come poteva andare avanti così?
No, doveva resistere.

‘mmmmm…’ gli sfuggì un lamento. Ron l’aveva schiacciato più forte e non era riuscito a trattenersi. Il rosso manco se ne accorse, continuando a studiare e a massaggiarsi i piedi su quello che era diventato il suo stuoino personale e Tom tirò (mentalmente) un sospiro di sollievo, non voleva disturbarlo.
Non sapeva come avrebbe fatto a reggere per altre tre ore, come gli era stato prospettato. Aveva la faccia già tutta indolenzita.
Tra l’altro aveva sempre più difficoltà a respirare, gli mancava ossigeno: Ron difficilmente gli lasciava il naso libero per più di qualche istante alla volta, per poi ricominciare a giocarci.

Passavano i minuti. Tom non si rendeva conto di quanto il tempo scorresse velocemente, era difficile là sotto, immerso in quell’odore, ormai così familiare e gradito, ma allo stesso tempo ‘regalatogli’ con tanta forza. Ad un tratto Ron smise di muoversi e Harshwood ringraziò il cielo per la tregua. I secondi correvano e, se da un lato la faccia si riposava, dall’altro adesso la provvigione d’aria era completamente tagliata fuori. Non riusciva a respirare, i piedi di Ron non glielo permettevano e il giovane non se ne rendeva conto, completamente immerso nello studio. Dopo forse una ventina di secondi, arrivato al limite Tom dette un paio di colpi di tosse, per attrarre la sua attenzione. I piedi non si mossero affatto ma arrivarono le parole di Ron:
‘Tom! Cerca di far silenzio là sotto, mi distrai, così!’
Il ragazzo si sentì morire, se non avesse respirato immediatamente sarebbe soffocato di sicuro. Scosse la testa di lato mugolando qualcosa ed accolse l’ossigeno nei polmoni non appena Ron gli tolse i piedi dalla faccia. Adesso lo guardava dall’alto della sedia, con l’aria un po’ accigliata.
‘Si può sapere cosa c’è?’ Tom prese altre due boccate d’aria prima di rispondergli. Che poteva fare?
‘Padron Ron…’ cominciò prendendola alla lontana ‘…tu lo sai quanto mi piace il tuo odore…’ e l’altro gli sorrise.
‘Beh, mi sembra evidente, amico!’
‘E’ la cosa che aspetto ogni giorno, poter servire te e padron Harry la sera quando rientrate, per me è tutto…’ ma con un’altra risatina Ron tagliò corto.
‘Si certo Tom, lo so! Dai ora non farmi perdere tempo, continua ad annusare in silenzio, che io ho da fare!’ gli aveva quasi coperto la faccia nuovamente ma Tom riuscì a fermarlo di nuovo.
‘Padron Ron!’
‘Cosa?!!’ stavolta fu un po’ più sgarbato. Tom ingoiò prima di rispondergli. C’era una sola cosa che poteva fare per non soffocare.

‘Padron Ron, vedi, quello che volevo dire era che… beh il tuo odore mi piace così tanto che vorrei poterteli leccare, come faccio con padron Harry.’ Ron sorrise comprensivo dall’alto. Scrollò le spalle.
‘Beh, perché no! A Harry piace, quindi perché non provare.’ si sfilò le calze e gli appoggiò i piedi, stavolta nudi sulla faccia stanca.
‘Sono un paio di giorni che non faccio la doccia ma a te non dispiace, no?’ Harshwood tirò fuori la lingua e cominciò a leccare. Il sapore era estremamente forte e per poco non gli venne un conato di vomito.
‘No padron Ron… affatto…’ gli rispose tra una leccata e l’altra.
‘Ottimo! Allora, è buono anche il sapore?’ Tom leccava, ad occhi chiusi, grato al ragazzo per averglielo permesso anche se quei piedi erano veramente molto, molto sporchi.
‘Buonissimo padron Ron, grazie!’ mentì solerte Tom. Ron scosse la testa.
‘Lo sai, quando ti ho visto farlo con Harry mi faceva un po’ schifo invece non mi dispiace affatto.’
‘Mi fa piacere, padrone, per me è così bello!’ Ron sorrise e stette a guardarlo per un paio di minuti a lavare ogni centimetro dei suoi piedi luridi. Poi tornò a lavoro.
‘Hehe! Beh, io ricomincio a studiare Tom, tu puoi leccare per… almeno un altro paio d’ore direi, quindi non voglio più sentirti, ok? Non sono neanche a metà capitolo!’
‘Certo Padron Ron, scusami, non ti disturbo più, te lo giuro.’ Tom sentì una risatina:
‘Bravo Tom!’ e il pestaggio era ricominciato. I piedi, adesso inumiditi dalla sua saliva gli scivolavano sulla faccia e la lingua anche se la pressione che il rosso metteva per sentirlo sotto le sue piante era comunque inferiore a prima. Ora almeno poteva respirare ed era ciò che importava.

Harry dette un ultimo bacio a Ginny, prima di vederla correre su per le scale del dormitorio femminile. Si era davvero divertito, anche se l’avevano fatto ballare per ore e adesso, nonostante non avesse sonno, avvertiva un bel po’ di quella stanchezza sulle gambe e ai piedi. Era tardi e il castello era in assoluto silenzio. Salì le scale togliendosi il maglione, aveva fatto una gran sudata. Entrò in camera. Ron era al suo posto, dove l’aveva lasciato, solo che dormiva. Appoggiato allo schienale della poltrona con la bocca semi aperta e le gambe distese sotto la scrivania, il libro di pozioni abbandonato sul tavolo. Anche Tom non si era mosso e Harry lo guardò scuotendo la testa.
‘Ron!’ lo chiamò mentre si avvicinò alla scrivania ‘Hey Ron!’ l’amico si svegliò:
‘Oy, Harry!’ gli disse sbadigliando.
‘Finito di studiare?’ Ron annuì, stiracchiandosi.
‘Ho finito verso mezzanotte, poi ho chiuso gli occhi un attimo e… che ore sono?’
‘Quasi l’una.’ l’amico si stiracchiò ancora un po’, poi Harry lo vide abbassare lo sguardo e chiedere tra il divertito e lo stupito:
‘Sei ancora al lavoro?’ Harry non sentì alcuna risposta e Ron si voltò sorridendogli:
‘Che ingordo, mi ha leccato i piedi per tipo tre ore di fila” a questo punto sentì la voce di Tom provenire da sotto la scrivania.
‘Beh, ho pensato che ti rilassasse e non volevo svegliarti…’ Harry sorrise mentre si gettava a sedere sulla poltrona. Ron si stiracchiò di nuovo, con un gran sbadiglio.
‘Davvero molto rilassante, sei stato bravissimo’ ora però me ne vado a letto” estrasse i piedi da sotto scrivania e si alzò dalla sedia grattandosi la pancia. S’incamminò verso il letto. Harshwood non si mosse dal suo posto. Il rosso si avvicinò ad Harry e gli sorrise bisbigliandogli:
‘Avevi ragione, li lecca proprio bene, figo!’
Harry annuì, quasi certo che l’altro avesse sentito il distratto commento del suo amico. Poi lo vide scomparire sotto le lenzuola dando la buonanotte.
‘Hey Tom, che ci fai ancora là sotto, vieni qui.’ disse quindi a voce bassa, anche se Ron aveva già cominciato a ronfare beato.
‘Si padron Harry…’ lo vide scostare la sedia adagio, per potersi alzare. Fece i quattro o cinque passi necessari per raggiungerlo poi, prevedibilmente gli s’inginocchiò davanti a sfilargli le scarpe.
‘Sono un po’ fangose…’ disse Tom mentre Harry lo osservava.
‘Si, siamo usciti in giardino e la terra doveva essere un po’ bagnata…’ fu la distratta risposta. Il ragazzo lo guardò un po’ imbarazzato, poi abbassò di nuovo gli occhi.
‘Eh già…’ gli disse sommessamente. Poi si schiarì la voce e gli sfilò le calze. Harry aveva i piedi letteralmente in fiamme, umidi e indolenziti ed accolse con piacere il refrigerio che l’aria della stanza gli regalò. Tom glieli appoggiò sul fitto tappeto prima di piegarsi automaticamente in avanti a baciarglieli. Prima il collo, poi le dita, poi di lato.
‘Hai sudato molto alla festa…’ gli disse. Harry sorrise:
‘Altroché, amico… sarai contento…’
‘Molto Padron Harry’ fu la prevedibile risposta.
‘Immaginavo…’
‘Ti sei divertito?’ chiese poi il ragazzo.
‘Si, molto, Colin e Seamus avevano portato…’ cominciò a raccontargli quello che lui e i suoi amici avevano fatto mentre l’altro continuava a baciargli i piedi, rannicchiato per terra, come una specie di animaletto ammaestrato. Continuava a fargli un certo effetto vederlo lì, era davvero patetico, eppure sembrava non stesse bene da nessun’altra parte. Ormai passava molto più tempo ai loro piedi che in qualunque altra posizione, beato, felice e contento come una Pasqua e loro, inutile negarlo, si erano piacevolmente abituati a tutto questo. Continuava a baciarli dolcemente, carezzandoli come ad adorarli mentre Harry gli raccontava una festa a cui lui non era neanche stato invitato. Quand’ebbe finito:
‘Sono felice che tu ti sia divertito padrone.’ Harry incrociò le braccia dietro la testa e sospirò soddisfatto della serata. I baci continuarono per diversi minuti. Il padroncino muoveva i piedi per farsi baciare la pianta oltre che il dorso e Tom lo assecondava, il tutto senza scambiarsi una singola parola. Piacevole, senz’altro, ma Harry sapeva che c’era qualcosa di meglio che poteva avere, bastava chiedere.
‘Tom? Sei stanco?’ gli chiese dopo un po’. Tom lo guardò senza alzarsi, tirando su soltanto la faccia.
‘Beh, un po’…’ cominciò, poi si corresse ‘…ma posso continuare Padron Harry…’
Il giovane sorrise al suo animaletto servizievole.
‘Bene. Allora sdraiati a terra e voltati.’ gli disse ed Harshwood ubbidì ritrovandosi a pancia all’aria con il viso tra i suoi piedi a guardarlo, in attesa. Harry gli fece l’occhiolino con aria complice, quindi gli posò un piede sulla faccia, aggiungendo solamente:
‘Lecca.’ sentì la lingua arrivare prontamente a lavare il sudore e la fatica raccolti in una serata di meritati divertimenti.
‘Molto meglio!’ pensò e si aggiustò sulla poltrona socchiudendo gli occhi con un sorriso sulle labbra.

Tom era in piedi, in mezzo alla stanza. La luce che filtrava dalle tende gli dava abbastanza visibilità da poter vedere i suoi padroncini a letto, dormivano nella grossa.
Erano le due passate e lui era completamente sfatto. Gli faceva male la faccia, la testa e aveva un sonno tale da poter svenire e crollare sul pavimento. Eppure stava lì a guardarli, con le lacrime che gli scendevano sulle gote. La decisione era presa.
Non ce la faceva più. Non poteva continuare neanche un altro giorno, non era più possibile. Le emozioni che gli vorticavano dentro erano una tempesta di sensi di colpa e rimpianti. Singhiozzava in silenzio per non svegliarli. Non avrebbe potuto dare loro delle spiegazioni, del resto era un vigliacco, lo era sempre stato. Aveva ottenuto tutto ciò che le sue perverse voglie potevano chiedere, eppure ora doveva rinunciare a tutto.
‘Addio’ disse soltanto, poco più di un sussurro. Dopodiché uscì dalla camera, senza guardarsi indietro.

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