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Racconti di Dominazione

Il gioco di Mario e Roberta

By 20 Settembre 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Riferimenti a fatti/persone realmente esistenti sono assolutamente casuali. La storia è inventata, cosi come i luoghi e le situazioni.
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Luglio 2006. Calabria.
Una casa immersa nella campagna cosentina, fra canneti e silenziosi campi coltivati arsi dal sole estivo.

Mario apri’ la porta a Roberta e la fece entrare.
Quando la chiuse si fissarono per un attimo negli occhi.
Lei gli disse, con la solita noschalance:-“beh, sei pronto per giocare?”-
Lui rispose:-“mh… beh, si, sono pronto Robè. Facciamo come da copione. Ho sistemato tutto come previsto” -.

Si mosse verso il salone facendo cenno con la mano di entrare e continuo a parlare: -“Mia moglie arriverà solo frà 5 giorni. I fili, le cinture degli asciugamani ed il resto è sulla scrivania. Non ci resta che… cominciare”-.
Si volto’ e vide la piccola amica che guardava attorno con un sorriso sotto le labbra. Mise via la borsa e rimase con una maglietta aderente nera, una gonna che finiva sopra le ginocchia e un paio di calze scure ricoperte da ricami. Ed era tutto aderentissimo al suo piccolo, elegante ed atletico corpo. Le cingeva strettamente i larghi fianchi da donna sotto la vite sottile, le sode cosce e il bel petto pieno. Era un concentrato di femminilità. Bellissima, di poco piu’ bassa di lui, con un corpo che sembrava uscito dalla mano di uno scultore, morbido ma sodo e scattante allo stesso tempo. Quella ragazza era intrisa di un fascino femminile che aveva qualcosa di primordiale.

Lei gli rivolse un breve sguardo che trasudava compiacimento per quello che stava per accadere, e gli disse :-“bene, vai in cucina, aspetta che accenda la tv e poi… ci divertiamo caro”-.
Mario annuì e si diresse in cucina.
Lei sedette sul divano accavallando le gambe e accese la tv.
Si erano messi d’accordo per giocare. Quello che lui non sapeva, e che LEI avrebbe giocato a modo suo, come era solita giocare solo in alcune occasioni speciali.
Lo conosceva da tanti anni, ed era suo amico, ma era arrivato il momento di concludere quella storia. Perchè Roberta era una spietata assassina.

Una serial killer che si muoveva da anni dal mondo del femdom e con estrema astuzia aveva mietuto una mezza dozzina di vittime, spinta da un’insana voglia di potere. Avida di sensazioni forti ed ossessionata dall’idea di dimostrare a se stessa di poter annientare qualsiasi uomo le capitasse sottomano, era una predatrice a caccia di prede. Voleva sempre nuovi uomini da sedurre, irretire, circuire e soggiogare con il suo fascino. E quando li aveva in pugno e si era guadagnata la loro fiducia… li trucidava sadicamente dopo averci giocato come un gatto col topo.
Oggi sarebbe toccato al suo caro amico.
Il gioco cominciava. Mario entro nel salone e si diresse verso il divano.
Passo’ davanti a Roberta che guardava lo schermo, poi prese il telecomando.
E cambio canale.
Roberta lo guardò e disse: -“ma come ti permetti? sto’ guardando io!!”-.
Mario la fissò negli occhi e le rispose : -“Ed allora? Stai zitta. qui comando io e decido io cosa vedere.” -.
Roberta restò per qualche attimo con la bocca aperta.
Poi piena di meraviglia gli domandò – “e perché? ” –
Mario sorrise a lungo fissandole il viso…
poi, lentamente, rispose con aria candida:-“semplice Roberta. io sono un maschio. Comando io. Tu sei una femmina. Devi ubbidirmi.”-

Roberta, che fino ad allora aveva tenuto le braccia incrociate, le poggiò sul divano accanto ai fianchi come per meglio sostenersi eppoi esclamo ad altissima voce: – “COOOSA???”
Mario continuo’ con il suo discorso: – “Certo Roberta. IO sono maschio, mi devi ubbidire. IO sono più intelligente, più forte e furbo di te. Posso costringerti a fare quello che voglio, anche con la forza. quindi, devi rispettarmi!” -.
Roberta aveva dipinta in volto un’espressione di vivo stupore.
Gesticolando e guardando fisso Mario in faccia esclamo’: – “ma stai SCHERZANDO? come puoi dire una cosa del genere?”-.
Mario si alzo’ e si diresse verso la scrivania, dove c’era un lenzuolo. Lo tolse, scoprendo una gran quantità di oggetti, eppoi girandosi comincio a parlare: – “So’ quello che dico. Ed è anche questo il motivo per il quale oggi siamo a casa mia. Tu come mia amante, devi fare tutto quello che voglio. e stasera ho deciso di realizzare una fantasia sessuale. Io voglio TRASFORMARTI in una bella PULEDRONA.”

Roberta si rizzò in piedi poggiando una delle due gambe sul divano e contemplando la scrivania incredula, esclamò: – “ma che diavolo vuoi fare???”
Mario fece scivolare lo sguardo sugli oggetti e inizio’ a spiegare, prendendo nel frattempo in mano un disegno dove era schematizzata una figura femminile a quattro zampe:-“vedi, quello che ho qui è tutto l’occorrente per trasformarti, mia bella Roberta, in una giovenca dalla fessa bagnata e il culo a 90′ sempre disponibile. Voglio fare di te una cavalla amore. Per prima cosa ti faro’ ragionare con le buone o con le cattive.
Poi indosserai le ginocchiere per non farti far male quando ci dovrai camminare, e con queste due cinture di stoffa ti legherò’ le caviglie vicino alle cosce, in modo da farti camminare con il buco del culo allo stesso livello delle spalle, come una vera cavalla. Poi, per farti sembrare ancora di più un’animale, ti infilerò questi calzini su’ per le braccia, e ti metterò quest’altro calzino arrotolato in bocca per non farti parlare e per usarlo come briglia. E dato che le vere cavalle hanno le tette vicine al ventre, ho queste cordicelle di pvc,che userò per legartele e per spingerle verso il centro.”-

Intanto Roberta ascoltava tutto con la bocca spalancata.

-“E, dulcis in fundo, ho anche una coda. l’ho comprata apposta in un negozio.. è un ButtPlug di una decina di centimetri, con la riproduzione di una coda di cavallo da una parte. Te lo infilerò esattamente nel buco del culo. Scommetto che sul tuo culone farà
un’ effetto bellissimo. Da vera cavalla.”
Mario sorrideva e toccava con una mano il ButtPlug. Poi rivolgendosi a Roberta disse:
-“e quando ti avrò trasformata, sarai la mia puledra, e ti porterò in giro a trottare.”

Roberta fisso’ tutto per un attimo, e poi, inaspettatamente, si risistemo’ placidamente sul divano, mentre uno strano sorriso le si
disegnava sempre più evidente in faccia. Poi, con voce candida e sbattendo le palpebre disse: – “beh, caro Mario, vedi… c’è un problema. Il fatto è che NOI DONNE siamo superiori. E qualsiasi cosa tu faccia, stasera sarò IO a trasformarti nel mio cavallo. E lo rimarrai fino a quando io lo vorrò. Quindi, preparati mio piccolo amore” concluse sorridendo.

Mario, irritato, si protese in avanti afferrando Roberta per una spalla gridandogli:- “PUTTANA!!! Ora ti faccio vedere io a cosa sono davvero buoni gli uomini!!!” –
ma mentre proferiva verbo Roberta gli afferrò al volo il polso e con uno strattone fece inciampare Mario sul divano.
Il ragazzo fini’ a terra, proprio ai piedi di Roberta.
La guardo per un istante… poi esclamò a pieni polmoni:-“TROIA!”-
e si lancio addosso alla ragazza prendendogli ambedue i polsi.
I due colluttarono per un po’ e Mario parve avere la meglio mentre lei gli si oppose con sempre meno resistenza. Alla fine il ragazzo gettò Roby pancia all’aria lungo il divano, bloccandola con la schiena verso il basso e standole con le gambe divaricate sopra le disse:- “Ahhh… ecco!!! Visto che la differenza la fà chi HA LE PALLE?” Roberta si calmo un attimo, fissò Mario con due occhi piccoli piccoli ed infine sentenziò:- “Giusto… chi ha le palle è lo schiavo” eppoi, facendo scattare su la potente coscia, diede una fortissima ginocchiata nelle palle a Mario. Il ragazzo lancio’ un grido acuto, roteò gli occhi e svenne, finendo a terra rovinosamente. Roberta s’alzò a sedere, guardò il ragazzo e con voce calda, fregandosi le mani, disse:- “ed ora, è il momento di cucinarti per bene… amore.”

La ragazza si alzò dal divano e con mosse rapide e sinuose si portò accucciata sulle gambe affianco al ragazzo svenuto. Con fluidi movimenti delle mani gli sbottonò la cintura, e in meno di due minuti il ragazzo fu’ denudato dalla fanciulla, che poi lo afferrò per le
caviglie e lo trascinò fino nel giardino. Qui gli fisso le caviglie con una corda molto lunga che era in un ripostiglio, la fece passare per un ramo di un albero che era li vicino e lentamente, ma inesorabilmente, lo issò a testa in giù grazie a potenti movimenti di anca, che trasmettevano alla corda tutta l’energia che i suoi grandi glutei carnosi erano capaci di generare. Alla fine, il ragazzo rimase sospeso con la punta delle mani ad una decina di centimetri dal terreno, con le caviglie che erano a due metri e il corpo che ondeggiava pigramente nell’aria silenziosa del mattino. Roberta si fermò un attimo e ne fissò soddisfatta il petto, le larghe spalle e il ventre scolpito. E, ovviamente, i genitali impietosamente nudi. Ne’contemplò l’anatomia come un macellaio contempla un manzo al mattatoio ed indugiò a squadrare pene e palle, cosi’ rosa e lisce nel bel mezzo del cespuglio di peli. -“Si”- si disse, l’avrebbe tosato, centimetro per centimetro di pelle, e ne avrebbe eliminato ogni traccia di virilità e orgoglio. I peli sono un attributo da uomini. Lui dopo quel giorno, sarebbe diventato solo un oggetto senza anima e volontà.
Si mosse verso la porta, sfilandosi la maglietta e mentre passò accanto al ragazzo legato gli diede uno schiaffo sul ventre e si diresse verso il bagno, lasciandoselo dietro che girava privo di sensi, sospeso e denudato all’aperto. Si tolse ogni abito, e si sistemo una
cintura di metallo dorato attorno al largo bacino, posandosela sui morbidi fianchi. Prese una scala, rasoio elettrico e lamette e si diresse nuda e sculettante verso la sua vittima, che attendeva di essere tosata a testa in giù e gli occhi rovesciati mentre il vento la cullava dolcemente passandogli attorno. La ragazza attraversò a passo deciso la cascina mentre i corti capelli neri le svolazzavano sulle graziose e minute spalle e fece infine capolino nell’aia, inondata dal giallo sole di mezzogiorno. Si ritrovo difronte a Mario, e per un’istante si bloccò contemplandone rapita il dondolio delle membra e del pene, che oscillava sul pube sospinto dalla brezza.
Poi fece un lungo sospiro gonfiando notevolmente il petto, godendosi la mancanza di costrizione ai grossi seni. Si rimise in moto a passo deciso. Poggiò la scala sull’albero e poi si accovaccio in modo di essere all’altezza del viso di lui, ne prese i capelli e comincio, compita e metodica, a tosarli con il rasoio. Poi passo alle ascelle. Le sue mani si muovevano sicure e leste sulle membra del ragazzo, acciuffando di volta in volta il bicipite o la scapola per meglio tenerlo e girarlo. Le sue piccole e delicate dita sfioravano guizzanti i nudi centimetri di pelle di Mario o per sincerarsi della bonta dell’opera di tosatura o perchè spinte dalla semplice delizia del contatto con il corpo di lui, a volte indagatrici, a volte maliziose. Infine toccò al pube che fu’ ripulito diligentemente dalla nostra eroina, che durante tutta l’operazione mantenne fermo il corpo del ragazzo arpionandone saldamente (e con gioia) un gluteo con la mano. Poi lo rigiro’ di tergo e ripulì con meticolosa perizia la zona dell’ano, divaricando i glutei con le mani.
Ed infine, dopo essere salita roccambolescamente per la scala a pioli, ripulì anche le gambe e le cosce muscolose del ragazzo. Era davvero uno spettacolo stravagante e bizzarro vedere questa piccola donna dalle proporzioni perfette, con questi grossi seni e il largo bacino cinto da una cintura di bronzo, affannarsi lungo la scala per armeggiare intorno al corpo vigoroso ma esanime di quel ragazzo attaccato per i piedi.
Era una scena che ricordava vagamente una piccola ma agressiva formica intenta a smembrare uno di quei grossi insetti che nonostante le dimensioni non riescono mai ad aver la meglio su quelle minuscole predatrici. C’era qualcosa di insipegabilmente affascinante in quella scena, qualcosa che nasceva fra il contrasto del corpo di lui… con quei muscoli cosi voluminosi e potenti ma cosi desolatamente inermi… e il guizzare reattivo e vitale del corpo di lei, tonda piccola e morbida, inoffensiva d’aspetto ma spietatamente efficace alla prova dei fatti. Una novella Davide capace di battere senza problemi il suo Golia.

Roberta, una volta finita la prima fase di “tosatura”, prese la schiuma da barba, si spruzzo’ sul palmo della mano un generoso rivoletto e dopo aver rialzato lo sguardo verso la propria preda fece schioccare gioiosamente la lingua. Ora doveva passare alla fase due. Cosparse tutto il corpo dell’uomo con la schima, palpegiandolo con entusiasmo dove piu l’agradava e frizionando la pelle di lui per ammobidirla. Per tutto il tempo non un fremito, non un sussulto scosse le braccia o le gambe di Mario. Se ne stava semplicemente li, occhi roteati e arti a penzoloni a subire tutto quello la mente malata della sua stravagante compagna di giochi partoriva per lui. La botta ai coglioni era stato micidiale, e non uno scatto virile, non un colpo di reni(e d’orgoglio) giunse a rianimare le membra dell’italiaco maschio per liberarlo dal crudele giogo che gli era stato imposto. Rimase li’, buono e docile nelle mani della donna. Che approfittava della situazione lavorando mestamente ed indisturbata. In breve Roby ebbe finito d’imbacuccarlo con la schiuma e ripassò di nuovo, con meticolosa precisione, tutto il corpo usando le lamette, eliminando anche le sopracciglia e capelli superstiti.
Ne raso’ anche il più interno dei peli attorno lo sfintere, anche il piu’ piccolo attorno le dita dei piedi. Quando fu alle parti intime, acciuffo con mano salda il pene e ripulì con metizia la pelle circostante, delicata come non mai a passare l’affilata lama sul roseo scroto di lui, che restava, impassibile e fuori combattimento, a fissare il suolo con le palpebre semichiuse e gli occhi bianchi. Ah! Che stolto che era stato! Voleva trasformare la sua ragazza in una schiava, e si era ritrovato con la schiuma alla bocca, tosato e appeso come un agnello.
E quella che doveva diventare il suo gingillo, quella che “doveva ubbidirgli” perché “femmina” se ne stava arrampicata sulla scala sopra di lui, raggiante e più che mai padrona della situazione a rasargli i peli dalle palle con il suo cazzo stretto in mano.
In teoria avrebbe dovuto surclassarla per intelligenza forza e furbizia. Ma i fatti avevano dato verdetto diverso. Era lei ad averlo surclassato.

Quando Roberta ebbe finito, Mario non era più un uomo. Era una specie di bambola di carne e ossa, privo di dignità, totalmente glabro e rasato in ogni parte.
Roberta zompetto giù dalla scala, gli passo con l’indice dallo sterno alla punta del pene, e poi di nuovo dal glande allo sterno, gonfio il petto orgogliosa e gli schiaffeggio’ gli addominali, intonando uno -“yeahhh”- carico di sentimento. Sorrise.
Ora doveva passare alla fase tre.

Fece scivolare lentamente la fune attorno al suo perno e tirò giù il suo “quarto di manzo” perfettamente tosato, rasato e profumato.
Gli libero’ i piedi e dopo averlo afferrato per le caviglie, lo trascino lentamente dentro. Era piccola, ma fottutamene forte. Anche se lui pesava più di lei, questo non costituiva un problema per il fisico ben allenato della ragazza, che uso ogni centimetro di tonico muscolo che era racchiuso sotto il suo morbido aspetto femminile per spostare il peso morto di Mario.
Torno’ nel salotto e mise il carico sul tappeto. Solo un ora prima una
ragazza in gonna e top aveva trascinato fuori di li’ un uomo e ora vi ritornava una vestale micenea nuda, che trascinava per i piedi una sagoma antropomorfa e calva senza nemmeno un pelo sul tutto il corpo. Roberta lo girò a pancia sotto, gli si mise sopra a gambe divaricate e lo afferro’ per la vita. Gli alzo(sforzandosi non poco) il culo in aria, fino a quando le ginocchia e la schiena inarcata fecero da perno. Mollo’ la presa, e lasciandolo con il deretano all’aria si mosse verso il banco che il suo caro Mario aveva preparato prima di cominciare la discussione. Prese ginocchiere e cinture degli asciugamani, e torno’ ad accoccolarsi affianco la grottesca figura del ragazzo che giaceva con il culo appuzzato e le palle a penzoloni ben in vista. Gli infilo le ginocchiere e po, con molta cautela, gli sollevo’ le gambe prendendo le caviglie, e le spinse contro le cosce del ragazzo. Quando i talloni le toccarono, passo’ attorno la cintura e fece un nodo, stringendo forte per bloccarle in quella posizione innaturale gli arti del ragazzo. Messa a posto una gamba, passo’ all’altra, e per farlo gli si sedette proprio dietro con lenti gesti pomposi e teatrali , ondeggiando il bacino a da una parte e dall’altra e incrociando le gambe. Darsi tante arie e assumere un’aria vezzosa era l’ennesimo modo che Roberta aveva per prendere per culo lo stronzo che aveva osato sfidarla. Legò anche l’altra gamba di Mario contro la coscia e si alzo sempre con gli stessi gesti esagerati e strafalcioni in piedi. Si avvio di nuovo verso il banchetto (poggiando la mano sinistra sul fianco che fece ondeggiare esageratamente mentre teneva il destro alzato in aria con il polso piegato a mo’ di snob) e fece ricetta di tutto quello che c’era.
Torno’ accanto al ragazzo, (che aspettava sempre immobile e privo di sensi la carnefice, senza poter né vedere né sentenziare su questo
nuovo e teatrale eccesso di moine femminili che la ragazza esibiva) e gli prese delicatamente le palle fra le dita. Le tasto delicatamente,
fissandole come il vincitore di una gara fissa il trofeo che ha conquistato, e poi le lascio andare. Comincio quindi a passare le cordicelle in PVC (che nei piani del ragazzo avrebbero dovuto tirare seni di lei) attorno alla vita del ragazzo, che, legato e gli occhi roteati in altro a contemplare chissà quale etereo angolo di sogno, non poté protestare per il cambiato utilizzo degli stessi. Quindi, i seni di lei continuarono a troneggiare sul petto della fanciulla, pieni, sodi e nudi, ballonzolando deliziosamente inviolati mentre la loro proprietaria si adopero’ per cingere i suddetti fili a mo’ di cintura attorno il bacino di Mario, fissandone altri due a questa prima “cintura” in due punti e legandoli ad un anello di metallo di 3 cm di diametro e poi fissando un ulteriore laccetto in pvc a questo anello. Finita questa operazione, che si era svolta sulla schiena sgraziatamente inarcata del ragazzo (o “sgraziatamente inarcata in maniera deliziosa” come pensava Roberta) La ragazza la spostò in modo da rivelarne il perverso disegno ergonomico. L’anello di metallo veniva a trovarsi cosi’ ESATTAMENTE in corrispondenza dell’ano di Mario, sovrapponendosi all’aureola grinzosa dello sfintere. La cordicella inferiore invece, seguiva perfettamente il perineo, terminando oltre la lunghezza dello scroto. Roberta fece schioccare la lingua in una smorfia compiaciuta e legò questa cordicella a nodo scorsoio. Fisso un altra lunga corda in basso al nodo e poi lo infilo attorno le palle Mario (che, date le condizioni del proprietario se ne stavano tragicamente tranquille, rosee ed immobili, a disposizione della neo-amazzone ellenica dal bacino largo, marmorei seni e movenze
eccessivamente snob che rispondeva al nome di Roberta ) e strinse.
La schiena di Mario sussulto, assieme alle braccia, e il ragazzo riprese i sensi. Roberta prontamente cinse i testicoli del ragazzo nella manina e strinse leggermente, giusto per far rendere conto al ragazzo in che situazione si trovava e che non era il caso di agitarsi
troppo.
Mentre riprendeva cognizione della realtà, Mario fu lentamente ma inesorabilmente invaso da stupore e terrore.
“ma… ma..” balbetto “cosa… Roberta, ma come… dove?” le parole del ragazzo inceppavano allo stesso modo della sua mente, quando si
rese conto di stare nudo, con il petto a terra e culo all’aria, gambe legate e quella PUTTANATROIA di una femmina di merda inferiore
con le sue palle strette in mano.
Roberta si gusto’ tutto dalla sua prospettiva tutta speciale, (ovvero, deretano di Mario inanellato in primo piano, talloni del suddetto

inchiodati alle chiappe e, in campo lungo, la schiena inarcata che scendeva in discesa verso il torso di lui inchiodato a terra) poi si

schiarii la gola tossendo e comincio a parlare: “emm.. emm!! Calmati amore. Non fare movimenti strani tesoro mio, ti informo che ti
tengo letteralmente per le palle. E mi basta strizzartele per rispedirti di corsa nel mondo dei sogni. Che hai imparato a conoscere
nell’ultima ora e mezza suppongo.” – Mario ascoltava tutto con una guancia a terra e lo sguardo colmo di terrore. Roberta continuo’. –
“Ho usato parte delle cose che hai preparato con tanta cura su di te. Hai le gambe immobilizzate, prova a muoverti dalla posizione in cui
ti trovi, quando ti lascio le palle, e ti prometto che ti ammazzo di botte. Inoltre, ti informo che ho trovato un modo “alternativo” per
utilizzare i fili in PVC. Anzi, credo che funzioneranno molto meglio con le tue palle che non con le mie tette. e a proposito di tette…” – Roberta lascio la presa sulle palle, poggio’ le mani sulle pacche di Mario (sempre strizzandole gioiosamente) e si rizzo in piedi. Intanto
Mario restava immobile sul suolo e tentava di muovere gli occhi per vederla. Lei gli girò attorno e gli si mise proprio davanti al viso, tutta nuda, nella sua trionfante bellezza, il bacino largo cinto dalla bronzea cintura ad anelli, il riccio cespuglio della fessa, le cosce tornite, la tonda faccia sorridente e le grosse, poderose e abbronzate tette. In quel momento Roberta comparve ai suoi occhi come un’amazzone trionfante,carica potere e trasudante aura di femminilità. Quando lei
gonfio anche il petto, catturando il suo sguardo e la sua mente con i suoi due seni, non fu’ più solo trionfante. Fu un amazzone
RAMPANTE. L’amazzone parlo: – “… a proposito di tette… come puoi notare, sono in perfetta ed ottima forma, che fanno il loro
dovere con il tuo cervellino di maschio…eheh!” – Mario disse – “ma.. tu.. sei….. nuda… m…mio dio….” – lei gli rispose – “Si. Nuda. Beh, trane questa cintura, ma fà tanto Ippolita, e oggi mi sento particolarmente calata nella parte. Ho deciso che in questa faccenda io e te ci dovremo confrontare per quello che siamo. Uomo e donna. Ora, chiamami padrona Roberta, e baciami i piedi. So dal tuo
sguardo che non avrai da ridire niente, che questa situazione è un fatto accettato e che sei troppo occupato a fissarmi tette cosce e
ciucia per perdere altro tempo inutile a difendere l’idea dell’uomo che comanda su noi donne” – Mario ascolto’ ogni parola della
ragazza pendendo letteralmente dalle sue labbra (e fissandole ipnotizzato le zizze sul petto gonfio) e ormai spezzato da tutto il
trattamento, cedette. Le bacio con passione i piccoli e raffinati piedi che lei gli aveva messo davanti il viso, e disse: “si padrona Roberta, sono stato davvero un folle a pensare di battermi con te. Gli uomini come me sono chiaramente esseri inferiori a quelle divine creature che siete voi donne” – Roberta sorrise – “bene, quello che volevo sentire. Ora, tesoruccio, devo continuare a cucinarti. Per essermi utile, devo ancora fare qualcosina” – e detto questo, prese i calzini e li infilo’ sulle braccia del ragazzo. Poi, rialzandosi sempre con fare esageratamente teatrale, si riandò a rimettere a gambe incrociate dietro il ragazzo, riprese la cordicella di PVC di prima, e completo’ l’opera fissandola alla cintura principale attorno al bacino di Mario, sotto l’ombelico. In questo modo tutto il sistema stringeva le palle di Mario in un evidente “sacchetto” ben distanziato dal corpo e teneva aderente l’anello di metallo al suo ano.
Roberta infine prese il calzino destinato a divenire la “briglia” e lo cosparse di cloroformio, che Mario aveva messo generosamente a
disposizionenel suo inventario…..
Ora, doveva infilargli la “coda” su per il buco del culo, passando proprio per l’anello che aveva sapientemente posizionato sullo sfintere dello schiavo. Ma padrona-Roberta sapeva quanto questa bestia avrebbe potuto rendere difficile l’operazione. Il narcotico avrebbe risolto tutto. Si alzo da dietro al ragazzo e gli si piazzo davanti, facendolo alzare. Gonfio il petto e apri le cosce. E Mario fu’inghiottito dal tornado di eros, fessa sguarrata e tette. Ipnosi. Questa è quello che piu’si avvicina a quello che accadde nella testolina pelata del ragazzo. Lei gli mise amorevolmente la briglia in bocca e lui l’afferro remissivo.
L’ultima cosa che vide limpidamente furono due rosei capezzoli sulle due mammelle che gli scivolavano contro. Poi si accasciò sul pavimento e fu di nuovo steso, e sedato.
Non era svenuto, ma non poteva muoversi. Roberta lo guardo dall’alto con uno sguardo materno e comprensivo, di chi guarda una bestia destinata a morire, e prese il buttplug codato contemplandone il manico bombato.
Prese il sapone e lo cosparse lentamente con le sue piccole e delicate dita… poi guardò il ragazzo drogato davanti a se, con la bocca tappata, le palle legate e il culo appuzzato, e sorrise come non aveva mai sorriso in vita sua. Era il momento. Mario cessava di essere Mario.
Cessava di essere un Uomo con la lettera maiuscola.
E non lo sarebbe stato mai piu’. Si alzò in piedi e giro’ sorridente attorno alla vittima di nuovo, ancheggiando come una troia e rizzando il busto quasi a voler far arrivare ancora piu’ in alto i seni.
La figura della donna troneggiava come non mai sul corpo grottescamente umiliato del ragazzo.
Gli si porto dietro e si accovaccio. Ora era ben chiaro l’effetto che aveva avuto su Mario.
Il cazzo del ragazzo era dritto e duro come acciaio inossidabile fra le gambe di lui, e stava sospeso sotto il suo ventre comicamente paonazzo e irrorato di vene.
Lei fece una smorfietta e lo carezzo, osservandone il goffo dondolio. Tiro verso l’alto la pelle del prepuzio, scoprendogli il glande. Voleva che anche il solleticare dell’aria eccitasse quella bestia. L’amazzone-Roberta era una donna saggia e sapiente su come si controlla un uomo. Si concentro di nuovo sul culo di lui.
Fece scivolare un filo di saliva fredda nell’anello anale che si insinuo nelle rosee pieghe dello sfintere e poi poggio il manico della “coda” al centro del buchetto.
I glutei del ragazzo narcotizzato sussultarono attraversati da un fremito. Lei gli mise una mano sulla chiappa destra, e lo carezzo’ quasi a volerlo calmare. Ci riusci. Fu’ l’ultima azione pietosa che Roberta, la bronzea’amazzone micenea dal nero caschetto e la sottile vita rivolse al Mario-uomo.

Poi, Affondo lo il didlo del deretano di lui, e mentre Mario lanciava dal profondo del torpore stridule grida di ribellione, lei penetrò inarestabile nel suo corpo di uomo, nel piu’ sacro ed inviolabile dei suoi orifizi con implacabile crudeltà.
Centimetro dopo centimetro, Roberta ficco tratti di nera plastica nel suo buco del culo.
E man a mano che penetrava, le urla del ragazzo diventavano sempre più stridule, sempre meno umane, fino a quando finalmente la dorica amazzone dalle morbide gambe e forme sinuose senti quello che voleva…. l’urlo di Mario divenne, seppur soffocato dalla briglia un “HIIIIIIIII!!!!”

La trasformazione era avvenuta.
Non era piu’ un uomo. Era un cavallo. Il SUO cavallo.
Esisteva ancora un briciolo di orgoglio nel corpo
che aveva davanti, ma era un orgoglio sconfitto ora.
Il suo stallone personale era consapevole di aver perso la propria dignità di uomo.
E questo contava. Roberta smise di affondare.
Mario piombo’ inerme al suolo. Tutto era andato bene.
Il dildo-coda era piazzato saldamente nell’ano del ragazzo,
affondato per 7 cm nella viva carne del suo corpo.
La barriera sacra dell’orgoglio maschile era stata perforata ed annientata.
La prostata si mostrava gonfia in rilievo lungo il perineo, sollevata dall’interno ed era un tutt’uno con il pene esasperatamente eretto del ragazzo.
Il punto L era stato stimolato a dovere( ***il punto L è un particolare punto della prostata maschile, stimolabile con la penetrazione anale, che dà origine a forti orgasmi. NDA).
Un lavoro fatto per bene, come solo una femmina con le “palle” come Roberta poteva sperare di eseguire alla perfezione
su un ragazzo orgoglioso e virile come Mario.
Ma ora era fatta.
Roberta diede gli ultimi ritocchi.
Lego’ l’ennesima corda di PVC sul “corpo” della coda a due cm dallo sfintere lubrificato, dilatato e penetrato di Mario e poi la fisso’ tirandola e collegandola, alla cintura principale attorno alla vita.
In questo modo “coda” e “palle” del neo-cavallo
Mario furono tirati verso l’alto,
come nell’anatomia di un vero cavallo maschio.

Poi la bronzea amazzone dai fianchi larghi, prese il
capo inferiore e lo fisso al rispettivo punto della cintura inferiore
sul ventre di Mario, ritirando leggermente in giu’ scroto e coda ma
bloccandone di conseguenza la coda ben dentro il deretano.
Ora, sarebbe stato impossibile farla uscire fuori, sia sforzando lo sfintere come a defecare, sia semplicemente camminando.. o galoppando. Ed avrebbe continuato a stimolare la prostata dall’interno,
mantenendo l’erezione del ragazzo permanente e dura come una sbarra di ferro.
Come piaceva a lei.
Come voleva lei.

Roberta si alzo.
L’opera era completata.
Mario giaceva ai suoi piedi, grottesca parodia di un cavallo, tosato, rasato, con un manico nel culo, le gambe legate e la bocca imbavagliata e nonostante tutto con un erezione disperata.
Lei invece era in piedi, con il petto gonfio,
il sorriso sulle labbra, la sua cintura di metallo appoggiata ai larghi fianchi e un aura di trionfo e vittoria sulla abbronzata e tornita carnagione.
Un’ellenica amazzone rampante difronte al suo trofeo.
Poi, disse ad alta voce: “Ti ho sconfitto in lotta, ti ho denudato, messo a penzoloni, tosato,
rasato, trascinato, legato gambe e palle, imbavagliato,
infilato una mazza nel culo e trasformato in bestia e dopo tutto questo, non puoi nemmeno impedirmi di mantenerti con questa erezione estrema!
Non riesci nemmeno a tenermi testa nel controllo del TUO corpo.
Sei pateticamente inferiore, a tal punto, che ho deciso che non ti considererò nemmeno più un uomo inferiore a noi donne,
ma pur sempre umano, ma da ora tu sarai un OGGETTO.
Fino a quando avrai questo cazzo dritto e duro come
l’acciaio per mia volontà, non potrai decidere nulla,
a patto di riuscire a sconfiggere il mio potere sul tuo corpo.
E ti dirò di piu’.
Se non ci riuscirai entro 3 giorni,
io ti fotografero’ e mettero tutto su internet, cosi tutti sapranno quanto sei pirla e patetico!”

Lo contemplo’ per alcuni minuti mentre se ne stava immobile in quella posizione, poi, quando abbastanza tempo fu’ passato gli si avvicino’ e chinandosi su di lui gli diede un bello schiaffone sulle chiappe.
Mario si riprese e mise in posizione.
L’amazzone gli si accosto su un lato, sculettando e ondeggiando il bacino adorno della cintura metallica, e carezzo la groppa del suo nuovo stallone.
Sorrise.
Ora era tempo di galoppare. Prese le briglie/calzino e porto Mario nel giardino, mentre la coda piazzata nel buco del culo del ragazzo comincio’ ad alzarsi ed abbassarsi ritmicamente con il muoversi delle natiche del ragazzo.
Questo movimento stimolava il punto L, aiutando quindi a mantenere salda l’epica erezione che svettava fra le cosce dello sventurato.

L’amazzone e il suo destriero finalmente giunsero sul campo di galoppo e l’elegante femmina dal petto prorompente salto’ quindi in groppa al suo stallone, senza sella,
direttamente con la fessa pelosa e bagnata sopra la schiena di Mario.
E comincio il trotto.
Roberta se ne stava ad arcioni su di lui con il culone appuzzato, mostrando in questo modo un roseo sfintere di donna che risaltava nella luce del sole rispetto al colorito scuro della pelle dei glutei, piccolo ed inviolato.
Pareva quasi farsi scherno di quello stuprato e allargato che stava pochi centimetri piu’ sotto..

Questo modo di mettersi era utile sia per bilanciarsi piu’ facilmente, sia per godere al meglio della sensazione di potere e piacere che gli dava strusciarsi con il sesso sulla nuda pelle dello schiavo sottomesso.
In questa posizione,Roberta batté con i talloni sui fianchi del ragazzo, che comincio cosi a trottare per il prato.
Che vista bizzarra oltremodo per i pochi spettatori della scena, i Passeri dei dintorni!

C’era questa ragazza abronzata, capelli corvini a caschetto e faccia tonda, petto pieno ben in mostra nel sole del mattino, vita sottile, bei fianchi larghi cinti da una cintura di bronzo ad anelli, due chiappe grosse e polpose con nel mezzo il buchettino ben in vista, simile ad una selvaggia amazzone dei tempi antichi, che trottava all’arcione di un ragazzo, chiaro, testa pelata, niente sopracciglia, completamente glabro in tutto il corpo,
con un calzino in bocca a mo di briglia, braccia inguainate in altre 2 calze, gambe legate contro le cosce a mostrare una coda ornamentale piantata profondamente nell’ano, proprio sopra due palle rosa ballonzolanti rinchiuse in uno scroto liscio, e dulcis in fundo, un cazzo turgido dal rosso glande scoperto, impegnato in un erezione chiaramente esagerata per un uomo normale.

La bronzea amazzone dai fianchi larghi sorrideva trottando sul suo uomo, chiaramente al culmine di un processo per il quale aveva assai lavorato e faticato, e del quale si godeva euforicamente i frutti.
Era in sella al suo stallone, tette all’aria accarezzate dalla brezza e fessa bagnata sulla schiena del suo animale.
Era una cavalcata vittoriosa per lei.

Ma il cavallo era disperato.
La sua padrona lo costringeva a uno sforzo non da nulla,
ma a mettergli terrore era il fatto di non esser padrone del suo destino.
Non solo Roberta decideva per lui dove andare e come,
ma con quella “cosa” nel culo che gli stimolava la prostata..
l’odore di lei e la sua fessa umida sulla schiena,
il vento che gli solleticava il glande…
era ACCECATO dal piacere.
Ogni tentativo di ragionare e riprendere il controllo della propria mente era infruttuoso.
Anche in quel momento, in quella situazione tragica,
con quella TROIA di Roberta in groppa che godeva mentre lui soffriva e lo cavalcava come un animale,
non riusciva a porre freno all’eccitazione.
E, se non riusciva a controllare il proprio corpo e la propria mente, nulla poteva contro gli ordino della femmina dalle spettacolari gambe e turgidi capezzoli che lo comandava con le briglie e lo galoppava come un puledro.
Inoltre, se non riprendeva il controllo della proprio pene,
lei aveva promesso di fotografarlo e mettere tutto su internet.
Era un gioco…. ma aveva il terrore che Roberta si facesse trasportare dal piacere di dominarlo.
E mentre questi pensieri cercavano di resistere nella mente di Mario, fra un passo e l’altro, lentamente furono tutti inghiottiti, dal piacere e dall’eccitazione.
E la mente di Mario smise definitivamente di pensare. da quel momento in poi, fu solo preso dall’eccitazione e dagli ordini della padrona.
E in quel momento, durante quella cavalcata,
la sua erezione divento un erezione “MAssIMA”.

Roberta era accovacciata nel sole del pomeriggio e aveva un’espressione pensosa sulla angelica faccia tonda.
I suoi grandi occhi castani contemplavano interdetti il pene di Mario, che se ne stava buono davanti a lei a 4 zampe,
a mangiare da una ciotola e a bere dalla fontana.
– “Ci sono riuscita” – penso’.
Questo ragazzo ha chiaramente un erezione MAssIMA.
Il pisello di Mario era turgido, grande e duro oltremisura.
La pelle era TESISSIMA, le vene dilatate al massimo, il colore paonazzo, il prepuzio completamente tirato ai lati della verga a mostrare un glande rosso sangue che pareva scoppiare.
Un erezione MAssIMA.
Il limite dell’eccitamento, che si raggiungeva dopo ore di perdurata eccitazione estrema.
Roberta massaggio’ una natica a Mario e lo osservo con lo sguardo sempre piu’ crucciato.
Il ragazzo ormai si comportava e muoveva come un cavallo con naturalezza sconcertante.
Durante la cavalcata, mentre si strofinata sulla schiena di Mario, aveva notato ad un certo punto come un “crollo” di tutto ciò’ che rimaneva di umano nel ragazzo.
Anche dopo avergli infilato buttplug nel culo, c’era comunque un barlume di ragione in lui.
Ma la cavalcata l’aveva spazzato via.
Ogni passo che lei faceva fare al suo “cavallino” equivaleva a una potente stimolazione prostatica del punto L che metteva endorfine in circolo.
Ad un certo punto, se la faccenda veniva gestita correttamente,
il cervello si saturava a tal punto da restare intasato per giorni.
Il cervello cosi come ogni altro tessuto del corpo.
Roberta scrutò interrogativa il viso e lo sguardo privi d’intelletto di Mario.
Gli diede uno schiaffo con il dorso della mano.
Il ragazzo sbuffo’ come un cavallo e si sposto’ un poco e andò a finire di ruminare il suo boccone di insalata piu’ in là.
Roberta si rizzo’ in piedi, poggiò entrambe le mani sui larghi fianchi da donna, poco sopra la cintura di bronzo, gonfio il petto e guardando il cazzo di Mario che continuava a restare duro come un bastone nonostante tutto,
cambio espressione in volto.
Da un cruccio interrogativo si allagro su suo volto un sorriso.
Un sorriso che scopri tutti i suoi bianchi denti.
E nel sole del pomeriggio, la risata si trasformo in ghigno.
Roberta contemplo’ Mario che brucava a quattro zampe e il cazzo dritto con un ghigno diabolico e compiaciuto sul viso,
mentre si godeva fra l’altro, anche il torpore del sole pomeridiano che tingeva il suo gagliardo petto di donna d’arancio e ne sfiorava le membra con un dolce tepore.

Era finita.
Ormai quel ragazzo aveva perso la ragione.
Non avrebbe potuto togliersi quell’erezione nemmeno se avesse smesso in quel momento il gioco.
E si sarebbe comportato come una bestia per una settimana minimo. Niente puo’ far tornare in sè un uomo con l’erezione MAssIMA.
Roberta si morse un dito.
– “Si” – pensava, – “forse ho esagerato un po'” -.
Ma in fondo, era lo scopo di quel gioco.
Del SUO gioco. Spingersi fino in fondo con l’arte di dominare i maschi.
Arrivare al massimo delle sue possibilità. Ed ecco.
In una giornata aveva trasformato un maschio orgoglioso e virile in una bestia senza cervello con un erezione disperata, totalmente ai suoi ordini.

Ora doveva solo pensare ad un modo per sfruttare al massimo la situazione… *** il seguente racconto è frutto di pura fantasia. I temi trattati risultano molto forti, e non sono assolutamente compatibili con la vita reale. L’autore del racconto condanna la violenza in ogni sua forma.

——–
In una giornata aveva trasformato un maschio orgoglioso e virile in una bestia senza cervello con un erezione disperata, totalmente ai suoi ordini.
Ma a questo punto, era necessario spingersi in fondo.
Doveva ucciderlo.
“Ucciderlo” – penso – “troppo facile ora. deve esserci un modo per spingere ancora oltre il mio dominio e il trionfo della femmina sul maschio” si disse,
mentre passeggiava a piedi scalzi sul prato mentre Mario/cavallo si
riposava,
sempre eccitato al massimo e sempre con la finta coda ben piantata nel buco del culo.
Alla fine, lentamente, ci arrivo’.
Non l’avrebbe ucciso.
L’avrebbe affrontato ancora una volta. Avrebbe affrontato la bestia che era nell’uomo, accecata dall’eccitazione e
avrebbe sconfitto anche quella. Quale miglior apice per il trionfo del genere femminile? Ma arrivo’ anche l’ultima illuminazione.
L’estrema illuminazione. L’avrebbe MATATO. Roberta sorrise ancora una volta e si preparo’. Non voleva piu’ un cavallino.
Voleva un TORO.

La metamorfosi fu breve, almeno quella di Mario. Spogliatolo della briglia, gli piazzo’ due larghe corna di toro in testa, fissate su un casco di plastica (erano in una

rimessa degli attrezzi li vicino. Un’altro vantaggio dell’organizzare quei giochini in campagna). Gli mise le tette e la fessa davanti, come aveva già fatto prima. Fece

ondeggiare i capezzoli. Lui fu ipnotizzato. Lei, colma di gioia mentre lui le fissava inebetito ancora di più i seni, gli disse – “Al mio 3, sarai un toro. Non un cavallo,

ma un toro. E mi odierai a morte. Cercherai di uccidermi con tutte le tue forze. Odierai tutto quello che è femmina. Mi raccomando, combatti come un vero

maschio.”
E si alzo e allontanodosi da Mario. – “1….2…..3!” – al tre il ragazzo lancio un grido sordo dalla bocca, e carico con incredibile foga nonostante la postura innaturale.

La carica fu rapida, ma Roberta era pur sempre a piedi liberi. Si esibi’ in un veloce scatto di natiche e corse a rifugiarsi nella casetta degli attrezzi, con i seni che le

saltavano e la cintura in bronzo che veniva sballottata dai precipitosi passi ancheggianti e sinuosi. Mario fini’ contro la rimessa, scorticando il legno. Le palle del

ragazzo ballonzolarono. La coda che aveva piantata in corpo si alzo sospinta dall’inerzia. Il turgido cazzo gonfio all’inverosimile ondeggio come un asta nell’aria.

Poi il “toro” si ritiro’ e tornò a pascolare nello spiazzo del giardino.
Intanto, nella casa, l’amazzone si cominciò a cambiarsi. La cintura, ormai unta dal sudore della cavalcata che aveva spezzato la mente del maschio fu rimossa.
Delle mutandine e un pantalone di raso aderente furono indossati da Roberta.
Raso aderente rosso con strisce dorate sui fianchi.
Il torace prorompente, artefice dell’incantesimo sulla bestia fu coperto, e un corpetto dorato dalle spalle larghe ne ricopri
l’abbondante volume. Una sottile fascia di seta bianca cinse la vite sottile della ragazza.
Il capo della potente dominatrice di uomini, fu infine sormontato da cappello del “matador”.
Ma il toro che doveva ammazzare era diverso quel pomeriggio. Ed anche “el matador” era diverso. Lei era la “matadora”.

Il costume di Roberta, preso direttamente dal migliore SexyShop d’Italia, era cucito in modo tale
da avere 2 pezzi principali attorno il torace di chi l’indossava.
Il primo, che cingeva strettamente tutto il busto e le spalle, e una seconda parte,
che copriva solo la zona del seno, dall’attaccatura vicino le braccia fin lungo tutto il perimetro di quella zona anatomica,
scorrendo sotto le clavicole e sopra l’addome.
Era unito all’altro pezzo solo da pochi bottoni, che slacciati lasciavano cadere quella parte dell’abito lontana e scoprivano la zona
retrostante. Una zona che di solito aveva effetti assai interessanti su chi la contemplava.
Roberta si assicuro della tenuta dei bottoni e si preparo ad uscire.
La fanciulla sbuco’ dalla casetta e la creatura di nome Mario, lobotomizzata e guidata dalla libido e dall’odio verso le donne alzo’
lo sguardo verso la nuova presenza. Il pantalone le fasciava le cosce e il fondoschiena seguendone tutte le curve, senza lasciare molto
all’intuizione, mettendone cosi in risalto le armoniche proporzioni.
Il corpetto ne stringeva il torso, con le caratteristiche spalliere e un vistoso, vistosissimo rigonfiamento all’altezza del petto.
I seni di lei erano costretti in uno spazio angusto, e tutta la loro imponenza premeva
sul tessuto modellandolo e creando una silhouette spettacolare.
In quel tessuto era rinchiuso il potere che fino ad’un attimo prima era stato libero di ballonzolare e fottere il cervello
dell’ex-uomo che la matadora aveva davanti.

In mano aveva un telo rosso, dietro la schiena, nascoste, 4 banderiglias prese durante un viaggio in spagna.
Mario non ci vide piu’. Era una fottuta donna, con un culo mozzafiato, due fianchi sfacciatamente larghi e femminili e delle tette che
quasi straripavano dal costume. Scoppiarono nella testa del ragazzo 2 istinti. L’odio profondo per qualcosa di cosi chiaramente
“donna” e un eccitazione senza pari, che saturo’ ancora di piu’ il suo corpo e la sua erezione esasperatamente al limite.
Mario caricò, carico ciecamente, con il cazzo che ritto e gonfio come un palloncino pronto a scoppiare che veniva sballonzolato sotto al
ventre dal muoversi delle cosce, in un grottesco balletto presieduto dal ritmico movimento della coda nel deretano, che continuava, anche nel piu’ critico dei

momenti, a stimolare il punto L del ragazzo, mantenendolo eccitato contro la sua volontà a livelli inconcepibili.
Roberta la matadora non batté ciglio. Con stupenda eleganza evito’ la carica furiosa del toro, e si posiziono un poco piu’ in là.
Mario struscio calzini e ginocchiere contraendo visibilmente i muscoli delle cosce con tutto se stesso per fermarsi e si girò di nuovo.
Avrebbe lottato con tutta la forza, la rabbia e l’eccitazione di cui un maschio era capace, e avrebbe ucciso quella donna.
Roberta lo osservava sorridente.

Si. Era quello che voleva. Un maschio puro al 100%. Lo spirito animale che guidava gli uomini, scremato da ogni traccia di umanità e
ragione. Solo e solamente l’anima animale del maschio. E ora, ne avrebbe cominciato il totale annientamento.
Mario si lancio di nuovo con tutta la forza che aveva in corpo contro la torera.
Ma Roberta scansò la carica con un morbido movimento dell’anca ostentatamente
femmineo (Roby aveva deciso di prendersi gioco del maschio al limite delle possibilità) e con una mano piantò una banderillas nella
schiena di Mario. Il ragazzo, nella mente offuscata senti il dolore e crebbe in lui l’odio verso quella puttana donna che osava ferirlo e
ancheggiare mentre era impegnata in un combattimento mortale con un maschio cazzuto ed incazzato come lui. Era pungolato
nell’orgoglio, oltre che nel copro. L’avrebbe incornata. Era quello che sarebbe successo sicuramente prima o poi, perchè nella sua
elementare logica, non poteva essere altrimenti quando uno come lui si confrontava con una donna. Lei doveva perdere, perchè nulla
poteva opporsi al potere virile che scorreva negli appartenenti al “sesso forte”.

Roberta guardò Mario sanguinare e prepararsi ad un’altra nuova carica, e sorrise. – “Si” – si disse, quella sarebbe stata una vittoria totale
della FEMMINA su loro altri. Mario carico nuovamente per altre 3 volte, e Roberta per altre tre volte, sculettando e ancheggiando,
schivo le cariche di Mario, che ormai era zuppo di sangue e colmo d’ira. Alla fine, Roberta si mise in un angolo, estrasse la spada dal
fodero li fissato, e si mise ad aspettare il toro per finirlo. Mario era sfinito, il cazzo gonfio, le palle sporche di sangue, il manico infilato su per il culo che anche in

quel momento gli stimolava ad ogni passo la prostata, e quella donna, quella “femmina di merda”, che gli stava davanti senza nemmeno un graffio. Chi era costei

per opporsi a lui?
Mario stava per caricarla, quando esito. L’istinto animale gli diceva che ormai era al limite delle forze, e che presto sarebbe cominciato
a farsi pericoloso caricare un avversario con cosi poche energie.
Cosa voleva fare la Femmina? Cosa aveva in mente? Per un attimo, l’istinto animale del ragazzo cerco di porre momentaneamente
freno alla confusione che c’era nella mente.
Ma Roberta se ne accorse. E gli diede il colpo di grazia.
Mentre lo sguardo vitreo di Mario la fissava, lentamente, si slaccio’ uno dopo l’altro i bottoni del corpetto affianco alla zona del torace.
E mentre la mente Mario cercava disperatamente di far ordine lottando contro la nebulosa cortina dell’eccitazione per ragionare, il
corpetto si alzo, e comparvero al ragazzo i due seni di Roberta, che eruppero in un trionfo di pelle rosa e morbida concretezza.
Stavano li, sul petto della matadora dai larghi fianchi e la schiena dritta, in segno di sfida al maschio. La mente di Mario fu annichilita.

L’eccitazione riprese il controllo. Il cazzo ritto s’indurì e prese addirittura a contrarsi assieme agli addominali. La sua mente fu invasa dal desiderio di uccidere

quella donna che gli stava davanti. Lei lo vide scattare con tutta la ferocia e la potenza di cui era capace in quelle condizioni, bruciando in un unica vampata le

energie che ancora aveva in a disposizione.
Fu un gagliardissimo scatto che mirava ad un solo obbiettivo: Ucciderla.
Roberta sorrise. Rizzo dritta la schiena e posiziono le spalle per il colpo. Poi si mosse e affondo la lama nella scia rosa che il corpo di Mario
stava tracciando nell’aria verso di lei, trafiggendogli il cuore e scansandone la traiettoria con l’ennesimo colpo di reni.
Mario passo oltre, curvo la traiettoria e riparti correndo lontano dall’angolo fino a riaverla difronte. Rivide per l’ultima volta Roberta, e per l’ultima volta il suo

corpo, le corna sulla testa, le sue membra con i muscoli stragonfi e mortificati, il manico infilato nell’ano, le palle lisce, il cazzo turgido con il glande scoperto… si

mossero verso la donna e ne percepirono la figura.
Era sempre li, con i piedi piantati a terra, il petto gonfio a mostrare i grossi seni, le gambe fasciate nel porpora del vestito, i fianchi larghi, e, il volto. Il volto di

Roberta. Lei lo fissava. E sorrideva giubilante.
Poi fu tutto nero. Mario mori’. Nella corsa, l’armonia delirate del suo galoppo fatto di tendersi di tendini e succedersi di muscoli che si gonfiavano sotto la pelle

ebbe fine. Le sue membra furono come scosse da un’onda d’urto e cedettero una dopo l’altra alla forza
d’inerzia della corsa, afflosciandosi dal culmine dello sforzo. La lingua usci dalla bocca del ragazzo mentre il corpo era ancora teso nello slancio dell’ultima

contrazione che aveva preceduto il collasso, e stava ancora avanzando nell’aria. Quando il treno degli arti anteriori fini contro il suolo, questi non opposero

resistenza e fecero rovinare Marco con i grossi pettorali sul terreno secco, con il viso nella polvere.
Il posteriore di lui continuo nell’impeto ma fu ammortizzato dalla curva della colonna vertebrale, che si flesse cosi verso l’alto mentre
ne assorbiva l’energia cinetica. Le ginocchia gli strusciarono nel pietrisco e ne rallentarono la corsa… cosi’, ancora una volta deretano all’aria, Mario scivolo

rovinosamente nel terriccio terminando la carica proprio a pochi di metri da Roberta, finendo in quella posizione proprio difronte alla donna che bella e vittoriosa

lo contemplava con le mani poggiate sui fianchi facendo capolino dal
proprio decoltè scoperto. Quando tutto fu finito, lo sguardo sbarrato di Mario fissava i piedi nudi della domina, mentre il suo
cadavere stava a pecorina con la faccia affondata nel fango.
Ma la cosa piu’ importante era che la sua erezione MAssIMA era ancora li.
Era ancora li come la lingua fuori dalla bocca.
Era ancora li come la prostata gonfia sopra il sacchetto dello scroto…. stracolmo di sperma.
era ancora li come il buttplug che forzava l’ano dell’uomo a starsene dilatato e stretto attorno alla radice plastica che affondava saldamente nel buco anellato.
Era ancora li come la “palma” che il crine aveva formato sulla coda
infilata nello sfintere.
Quel corpo, quel corpo di uomo martoriato, violentato e gonfio di libido e sperma che giaceva ai suoi piedi era il MONUMENTO al trionfo di Roberta.
Fu’ il MONUMENTO alla disfatta totale dell’uomo alla donna.

Roberta lo contemplo per un attimo. Poi, levo al cielo un grido di giubilo – “Yeahhllalalalalalalalalalalahhh!!!” e fisso Mario e il suo pene mostruosamente duro e

turgido che ancora dondolava nell’aria, scosso dagli ultimi fremiti del corpo morente. Cosi restarono per qualche secondo i due sfidanti, lei con la schiena dritta,

pancia dentro e petto in fuori sull’attenti difronte al corpo dalla grottesca posizione, culo appuzzato, deretano violato in aria,
palle e cazzo duri che dondolavano, la prostata ben in evidenza sotto la pelle tesa, faccia sul pavimento e lingua di fuori.
Lei se ne stava di fronte a lui impettita e raggiante per la stoccata inferta ad arte con un secco colpo del suo bacino di donna. I grossi seni nudi e spavaldi

facevano capolino dal buco nel corpetto rosso e giallo da torera, inviolati e opulenti simboli femminilità eletti in quell’occasione a strumento di morte per il trionfo

delle donne sulla bruta natura del maschio.
Non solo la mente dell uomo era stata spezzata dal volere e dai mezzi della dea, ma anche lo spirito piu’ animale del rozzo contendente era stato infine sconfitto alla

prova della lotta.
Una sconfitta del genere maschile a 360′

Roberta pose il suo piede sulla natica destra del “toro”.
Alzo le mani al cielo e gonfiò ancora di piu’ il petto.
Rinnovo’il canto di vittoria con tutta l’aria che aveva nei polmoni, e la sua voce di donna echeggio limpida e gioiosa nella campagna circostante.
Poi contemplo l’orizzonte attorno alla villa e sorrise.
Da qualche parte, la fuori, esisteva un mondo fatto di uomini e donne. Un mondo dove gli uomini disprezzavano le donne e si consideravano superiori. Un mondo

dove l’idea di un uomo battuto da una donna faceva ancora sorridere e sghignazzare.
Un mondo di maschilisti, con una cultura fallocentrica e sprezzante l’universo femminile. Ma li, in quel momento, in quel giardino, lei
aveva creato UN ALTRO mondo. Ne era stata creatrice con le sue mani e il suo corpo. La sua mente. Il suo cuore. Il suo desiderio e la
sua lussuria.
Aveva creato un mondo e ne’ era diventata la DEA. Nel suo mondo, la donna aveva sfidato a testa alta l’arroganza del maschio. Nel suo
mondo, il maschio era stato liquidato, era stato scotennato, era stato violentato, era stato controllato e manipolato, la sua mente
annichilita. Nel mondo della dea, la donna si era confrontata all’ego dell’uomo. E mentre lei si era scoperta dominatrice vittoriosa, lui si era ritrovato carne da macello.
Fuori gli altri potevano vivere con le loro illusioni,
ma la REALTA’DEI FATTI in quel luogo erano Roberta e Mario.
Lui morto e lei vincitrice.
Lui al suo posto e lei al suo.
Lui steso in terra con il culo rotto e il cuore spezzato,
lei con i piedi ben piantati per terra, la schiena dritta e le tette gonfie d’orgoglio sul petto.

La dea aveva conquistato con le proprie mani il sacrificio che le spettava.

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