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Racconti di Dominazione

Il gusto di dominare

By 18 Dicembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Voglio raccontare uno scorcio della mia lunga storia. Vivo e lavoro a Roma. Ho 41 anni e, in apparenza, conduco una vita normalissima. Sono sicuramente uno di quelli che si definiscono ‘sex addicted’, un malato di sesso, per dirla in italiano. Per me il sesso è fantasia, perversione, è andare oltre i limiti. Se c’è una cosa che davvero aborro è la scopata alla missionaria. Il mio lavoro, fatto di contatti e di relazioni, mi offre sempre la possibilità di nuove conoscenze che, a volte, si tramutano in ottime scopate.

La dominazione per me è una novità abbastanza recente… Cinque anni fa conobbi una donna, una persona affascinante, una pittrice, sempre elegantissima, profumatissima, mai una parola fuori posto, mai un’espressione non controllata, ammirata da tutti quelli che la conoscevano. Quando la vidi la prima volta, usando una metafora sciocca, la paragonai ad una caramella: involucro invitante (le colorate carte di rivestimento) e buonissima dentro.

Le proposi di uscire, per una cena e per conoscerci un po’. Si presentò vestita con un abito leggero che le lasciava scoperte le gambe abbronzatissime e ben tornite, e con un elegante scialle a coprirle le spalle. Tutto di lei mi attirava: gli occhi, la scollatura, il colore ambrato della pelle, i capelli lunghi, le linee di una splendida donna di 45 anni che cura il proprio corpo. Quella donna mi faceva impazzire e il solo guardarla mi provocava tremende erezioni. Volevo conquistarla, doveva essere mia, volevo una relazione di sesso selvaggio con lei.

La salutai con un bacio sulla guancia, le regalai una rosa e un libro di poesie e la misi a suo agio. Durante tutta la cena conversammo raccontandoci le nostre vite. Sicuramente era una donna abituata ad essere corteggiata, circondata da schiere di noiosi pretendenti. Mentre dialogavamo, mi interrogavo su come potermi differenziare dagli altri.

Percepivo dai sorrisi, dai nostri discorsi e dagli occhi che ero vicinissimo alla meta. Ma, nonostante stessi utilizzando tutte le mie armi di seduzione, all’uscita del ristorante, non riuscii a strapparle più di un bacio. E fu un bruttissimo bacio: lei era rigida, le sue labbra non si erano schiuse, la sua lingua non giocava con la mia, non ero riuscito a sentire il ‘sapore’ di lei.

Per me il bacio è più importante della stessa chiavata. Lei mi piaceva da morire ma qualcosa non stava funzionando. Dovevo fare qualcosa’

La baciai ancora, ma questa volta provando ad essere più coinvolgente: le tenevo la testa fra le mani, teneramente, ma ancora non riuscivo a sentire la femmina che avrei voluto portare a letto. Ero talmente condizionato da tutto questo, che il mio sesso giaceva ormai floscio all’interno della patta. Stavo per rinunciare, accompagnandola a casa, sapendo che, molto probabilmente, non l’avrei più cercata. Ma, il mio intuito mi diceva che qualcosa si poteva ancora tentare.

Presi ancora la sua testa tra le mie mani, questa volta non più teneramente, ma con determinazione e freddezza. La baciai con violenza, penetrando la sua bocca con la mia lingua. Lei resisteva… ma non era mia intenzione fermarmi. Le stavo penetrando le labbra serrate, come se la mia lingua fosse un cazzo atto a sverginare la fighetta di una ragazzetta. Poi (questo fu il gesto che cambiò addirittura la mia vita) le tirai i capelli. Dapprima lo feci piano; mi accorsi, dal bacio stesso, che qualcosa in lei stava cambiando, che lei stava gradendo. Fu per questo che tirai i suoi capelli ancora più forte fino a farle male. Lei mi strinse forte, quasi a dirmi’ grazie per aver capito.

Una immediata erezione svegliò il mio cazzo, dapprima disinteressato a tutto quello che stava succedendo. Finalmente stava vendendo la vera essenza di quella donna, troppo abituata ad essere adorata, ma col desiderio di essere, almeno una volta, dominata, degradata, trattata male.

La mia adorabile schiava, stava eccitandosi a sua volta. La trascinai nella mia auto, che era parcheggiata fuori dal ristorante. Era ormai buio ma la gente stava comunque passando sui marciapiedi. Ero diventato un satiro che, in quel momento, voleva il suo tornaconto, voleva il comando della situazione.

Cominciai a darle della troia, la regina di tutte le troie. Lei, senza pronunciare una sola parola, ma soltanto abbassando lo sguardo, accettava il ruolo di sottomessa. Le ordinai di togliere gli slip e di levare la gonna, incurante del fatto che qualcuno potesse vederci. Lei obbediva agli ordini, pur preoccupandosi della sua nudità tra la gente che, sicuramente, le stava provocando imbarazzo. Misi le mani sulle sue ginocchia, e con uno scatto violento le aprii le cosce che teneva serrate. Sena alcuna delicatezza le infilai due dita nella fica che, come mi aspettavo, grondava umori. Tolsi immediatamente la mano, le infilai le dita in bocca, ordinando di leccare. Eseguiva ad occhi chiusi’ degradata ma, allo stesso tempo, felice di esserlo.

Poi le imposi di leccarmi il cazzo…….. Lei abbassò lo sguardo e, subito dopo, abbassò la testa sulla mia patta. Prese in mano il mio cazzo, ormai diventato di marmo, e lo mise in bocca. Quello che mi stava facendo era un pompino poco profondo ed io non ero soddisfatto. Volevo il controllo totale. Lei era la mia troia, schiava, servetta. Doveva darmi il massimo. Le imposi di prendere il cazzo sempre più profondamente in gola: quando lei arrivò al suo limite, presi la sua testa e spinsi ancora di più provocandole conati di vomito.

Io invece stavo godendo di tutte le nuove sensazioni che il dominio mi donava. Sentivo che quello era il mio ruolo e che lei era la schiava perfetta. Continuai a scoparle profondamente la gola, tra i suoi conati e qualche colpo di tosse, sempre tenendo le mie mani ben ferme sul suo capo. Nel frattempo notavo che la mia neo schiava, nonostante dolore, imbarazzo, e il grosso cazzo a perforarle la gola, strusciava silenziosamente, senza farsi notare, la sua fica sulla pelle del sedile della mia auto.

Le ordinai di smettere, mentre le mollavo un sonoro schiaffone sulle natiche nude. Sul sedile posteriore lei aveva poggiato la rosa che io le avevo regalato. Presi la rosa e cominciai a carezzarle la pelle con quella, facendo in modo che, nello sfregamento, le spine le lasciassero qualche segno.

Quel dominio mi stava esaltando….. avevo il cazzo che stava per esplodere. Per questo, le scopai ancora più profondamente la bocca, incurante dei suoi rumori, fino a riversarle in gola tutto il mio seme.

Non disse una sola parola. Rimase chinata sulle mie gambe, con le braccia quasi ad abbracciarmi il bacino. Le ordinai di rimettermi a posto i pantaloni, la camicia e la cinta. Poi l’informai che l’avrei riaccompagnata a casa, ma che non le era consentito rivestire né lo slip, né la gonna. Annuiva. Non incrociava mai il mio sguardo. Non osava parlare ma ero sicuro di averle donato quello che lei realmente desiderava.

Davanti casa sua, scese indossando soltanto l’impermeabile. Sotto rimase nuda così come le avevo ordinato. Nell’andar via le dissi semplicemente le seguenti parole: “Vestiti da troia, lunedì prossimo. Passo a prenderti alle 18:00. Voglio portarti a spasso, e voglio mostrare a tutti la tua faccia da vacca”.

La sua unica risposta, all’ordine che le avevo impartito, fu un “Si, come vuoi tu!”. La vedevo salire verso il portone ed ero commosso. Le avrei gridato che ero l’uomo più felice della terra in quel momento, ma mi guardai bene dal farlo. Poggiai la mano sulla pelle del sedile dell’auto, sul quale era seduta, per trovare depositati tutti i suoi umori e tutta la sua gratitudine.

Mario
yellowfantasy@gmail.com

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