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Racconti di Dominazione

il rifiuto

By 4 Agosto 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

la preparazione

Nadine era seduta sul divano, o meglio, per essere più precisi, era seduta su un negro gigantesco che, a sua volta, era seduto su divano.
Nadine era completamente immobilizzata, le mani enormi dell’uomo la tenevano stretta a lui, comprimendole i piccoli seni attraverso la camicetta, mentre i suoi talloni, premendole sulle caviglie, la costringevano a tenere le gambe divaricate.
‘Allora, dobbiamo prepararla?’, disse l’altro, un ometto piccolo e grasso, con i lunghi capelli bianchi, che gli scendevano sul collo, ed un viso abbronzato e pieno di rughe, da sembrare una pergamena antica.
‘Certo, Pierre, il comandante era veramente incazzato.’
‘Il comandante non è mai incazzato, al massimo può essere seccato’, rispose il vecchio con un tono di leggero rimprovero.
‘Dovevi sentirla, quando con la sua vocina da ragazza perbene gli ha detto, non ci penso nemmeno, io queste cose non le faccio’, gli rispose il negro.
‘Dai brighiamoci, che la strada fino alla collina è lunga.’
Il negro le lasciò libere le gambe e l’altro ne approfittò per toglierle le scarpe, poi, prima che Nadine riuscisse a protestare, le infilò le mani sotto la gonna e le sfilò le calze.
A questo punto la ragazza prese a scalciare ed iniziò a lanciare urla acute, ma il vecchio non sembrava impressionato, schivò i calci che Nadine cercava di dargli e le strappò via anche le mutandine.
Il negro le bloccò nuovamente le caviglie con i talloni, mentre Pierre le arrotolava la gonna fino alla vita.
Il vecchio aprì un barattolo di vetro, ci mise un dito dentro e lo ritirò fuori ricoperto di una sostanza densa e marroncina.
‘Spalmala bene, mi raccomando, sarà uno spasso vederle arrivare.’
Le aprì delicatamente la vagina ed infilò dentro il dito.
Al naso di Nadine arrivò un odore forte di pesce e di spezie, mentre l’uomo le spalmava in profondità la vagina.
Le passò per la mente un pensiero stupido: non è affatto spiacevole quello che mi sta facendo, anche se sarebbe meglio se a farmelo fosse il negrone su cui sono seduta.
Pensiero abbandonato subito, perché la situazione in cui si trovava non prometteva nulla di buono.
‘Tienila ferma mentre la cucio, altrimenti i punti verranno male.’
Un grosso ago, con uno spago sottile, era comparso nelle mani callose del vecchio, che si avvicinò a Nadine.
Nadine vide con orrore il vecchio serrare tra pollice ed indice le labbra della sua vagina, mentre l’altra mano, armata di ago, si avvicinava.
L’ago la passò da parte a parte, poi l’uomo, con un gesto che per lui doveva essere abituale, tirò, facendo scorrere il filo.
Alla sensazione dolorosa dell’ago che aveva bucato la sua carne, si aggiunse il fastidio dello spago che scorreva nel foro, poi lo strattone, del nodo terminale, che si arrestava contro la sua carne.
‘Pierre ha passato tutta la vita a cucire vele, vedrai che farà un ottimo lavoro anche con la tua bella fichetta morbida.’
Nadine capì l’orribile punizione che avevano in mente per lei, e tutto questo perché aveva detto di no a quel vecchio, il comandante o come accidenti si chiamava.
Il vecchio ripassò l’ago nell’altra direzione, tirò di nuovo e poi ancora un altro punto.
Procedeva veloce e sicuro, mentre lei non poteva far altro che osservare il suo lavoro.
Si fermò a metà e si mise una mano in tasca.
Ne tirò fuori una piccola canna lunga pochi centimetri, con una estremità tagliata dritta e l’altra in diagonale, come il becco di un flauto.
La canna era attraversata a metà, in senso trasversale da un corto ferro appuntito, come se fosse un chiodo con due punte.
Pierre infilò due dita nella vagina di Nadine e l’allargò a forza, poi le inserì parzialmente dentro la canna, lasciando fuori l’estremità tagliata in diagonale.
Quando tolse le dita, Nadine sentì per un attimo la puntura del ferro contro la carne, poi lui da fuori strinse forte e le punte la trapassarono.
Questa volta lei gridò, vedendo il sangue che usciva dalle ferite causate dal chiodo, ma Pierre rimase tranquillo, riprese l’ago che era rimasto attaccato al filo, e ricominciò a cucire.
Mise l’ultimo punto proprio in corrispondenza del pezzo di canna che usciva fuori dal sesso di Nadine, ruotò versò il basso quella specie di tubetto, ci fece passare intorno più volte la spago, ed infine chiuse il tutto con diversi nodi stretti.
‘Ecco qua, la signorina ioquestecosenonlefaccio è pronta per la sua passeggiata sulla collina, sono sicuro che il prossimo incontro con il comandante andrà molto meglio del primo.’
La fecero alzare in piedi, Nadine barcollò e si appoggiò al petto muscoloso del negro, che indossava solo un paio di pantaloncini bianchi a righe blu.
I punti tiravano e le facevano male, ma la cosa peggiore era quella specie di chiodo, che le aveva provocato due belle ferite, da cui continuava ad uscire sangue.
Alzandosi in piedi la gonna era tornata a posto ma erano già comparse alcune macchie di sangue all’altezza del pube.
‘Su bella, stendi la braccia!’
Le legarono insieme i due polsi, con una robusta corda, poi Nadine uscì dalla casa, praticamente a traino del negro.
Fuori, nel piccolo borgo di pescatori in cui si trovava, l’aria era fresca e profumata.
Un negro gigantesco a torso nudo con dietro una ragazza dall’aria sofferente, con la gonna macchiata di sangue e con i posi legati, entrambi scalzi, non dovevano essere uno spettacolo usuale, eppure, i numerosi passanti non sembravano sorpresi dalla loro presenza.
Nadine cercò di darsi un contegno, sollevò il capo cercando di tenere lo sguardo alto, poi il suo gigantesco accompagnatore si fece passare la corda sopra la spalla, diede uno strattone e partì veloce.
L’uomo davanti a lei camminava veloce e Nadine faticava a tenere il suo passo.
I punti le tiravano e le facevano male, in più era costretta a procedere a gambe larghe, per evitare che le punte del ferro, che teneva in posizione la canna, le ferissero l’interno delle cosce.
E poi lei non era solita camminare scalza. All’inizio, finché avevano attraversato le vie del paese, lastricate con dei selci piccoli e lisci, non era andata male, ma ora, che stavano risalendo la collina, lungo uno stretto sentiero di terra e sassi, i piedi, non abituati a questi terreni, le facevano male e cominciavano a sanguinare.
Guardò un attimo in basso, la macchia di sangue sulla gonna si era ingrandita, sembrava quasi che avesse le mestruazioni, invece dipendeva dai punti e, maggiormente, da quel maledetto ferro che la tormentava.
Non aveva la minima idea di cosa le sarebbe accaduto, una volta arrivati in cima alla collina, ma tutto quello che le avevano fatto finora quei due uomini non la faceva certo stare tranquilla.
L’uomo davanti a lei continuava a camminare con un’andatura veloce ed atletica, mentre lei ogni tanto era costretta a fare qualche passo di corsa per tenere il suo ritmo, e questo non faceva altro che aggravare i problemi alle piante dei suoi piedi.
Cercò di concentrasi sulla schiena del negro, per non pensare al resto.
Osservava la sua pelle scura e lucida, su cui scendeva qualche goccia di sudore, sotto si intravedevano dei muscoli possenti. Chissà, se al posto del comandante ci fosse stato lui, si sarebbe rifiutata lo stesso?
Il sentiero finì bruscamente, dopo un ultimo tratto più ripido degli altri, in un ampio cocuzzolo erboso ed arrotondato.
In cima alla collina non c’era nulla, tranne un grande masso grigio con dietro un palo di legno scuro.
Si era aspettata di trovare qualcosa di più, tipo una casa o un monumento.
L’uomo la condusse fino al masso e, una volta arrivati, le sciolse i polsi.
‘Togliti la gonna, signorina’, l’ultima sua parola le suonò come uno scherno.
Nadine esitò.
‘Devo farlo io?’
Il tono era minaccioso e lei, dopo un’altra piccola esitazione, aprì la lampo facendo scivolare la gonna ai suoi piedi.
Sotto il ciuffetto di peli neri, il suo sesso cucito e bucato dal ferro che reggeva il pezzo di canna, aveva un pessimo aspetto. Durante la lunga camminata, lo spago dei punti, tirando e sfregando, aveva allargato i buchi fatti dall’ago, lo stesso era successo per il ferro che le usciva in orizzontale.
La vista del sangue uscito, in mezzo alle sue gambe, la fece vacillare ma, prima che stramazzasse a terra, lui la sollevò di peso, prendendola sotto le ascelle, e la mise a cavalcioni del masso.
La pietra era ruvida e molto calda, almeno così sembrò a Nadine, quando il suo sedere ci fu sistemato sopra bruscamente dal negro.
Le passò le braccia dietro la schiena, legandole i polsi al palo.
Ora Nadine era di nuovo immobilizzata, come prima sul divano, ma in una posizione diversa.
Era seduta sul masso, con le gambe allargate e penzoloni, con la schiena poggiata contro il palo.
‘Benissimo, ora non resta che aspettare che arrivino.’
‘Arrivino chi?’, chiese lei preoccupata.
‘Il paté con cui Pierre ha spalmato la tua bella fichetta, è qualcosa di irresistibile per loro, come il vento ne trasporterà l’odore, accorreranno a frotte.’
‘Ma chi?’
‘Le formiche, tante belle piccole formichine’, disse lui, tranquillo, indicando un cumulo di terra, ad una cinquantina di metri di distanza.
Nadine, di colpo, realizzò quali fossero le terribile intenzioni dell’uomo.
‘Per favore, non mi faccia questo. Prometto che farò tutto quello che vuole il ‘ il comandante. La prego, mi liberi, non può farmi mangiare dalle formiche …’
‘Ma no, nessuno vuole farti mangiare, questa sera, dopo cena, sarai portata di nuovo dal comandante e potrai mostrargli quanto sei brava ed ubbidiente, ma ora, un piccolo assaggio, di quello che succede alle ragazze cattive, che dicono di no al comandante, ti ci vuole.’
‘Ma perché, le prometto che non farò più storie …’
‘Vedi, ragazza mia, adesso tu sei spaventata, ma è possibile che questa sera, passata la paura, tu opponga un altro rifiuto al comandante e questo lo farebbe inc…, lo seccherebbe molto.
Allora sì che sarebbero guai per te e probabilmente domani mattina, di buonora, dovrei portarti di nuovo quassù, però ti metterei seduta direttamente sul formicaio, e tornerei al tramonto, per raccogliere quello che è rimasto di te.
Penso che non sia ciò che desideri, vero?’
Nadine, sempre più spaventata, fece cenno di no col capo.
‘Quindi adesso tu giocherai solo un po’ con le formiche, giusto il tempo di succhiarmi l’uccello, o pensi sempre che queste cose non le fai?’
‘Va bene, lo farò. Lo farò a lei, al comandante, magari anche a quell’altro suo amico, ma, per favore, mi liberi.’
‘Oh, guarda, sta arrivando la prima.’
Le indicò con il il dito qualcosa che si stava arrampicando sul masso.
Era grande. Per essere una formica, ma non enorme. Aveva la testa rossa ed il corpo nero ed avanzava dritta, senza la minima esitazione, verso il suo ventre.
Quando era a pochi centimetri dalla sua vagina chiusa, deviò a destra e si arrampicò sulla coscia di Nadine.
Sentì solo un leggero solletico sulla pelle, mentre la formica procedeva più lentamente.
La sentì camminare sulla pancia, poi sparì per un attimo dentro al ciuffetto di peli che le sormontava il sesso.
Riapparve più in basso ed arrivò alle labbra della vagina chiuse dallo spago.
‘Oddio! Cosa fa?’
‘Sta cercando la strada per entrare. Sente l’odore ma non trova il varco.’
La formica continuò a scendere, ora il solletico era più forte, perché stava camminando su una parte molto più sensibile.
Nadine chiuse gli occhi.
Ad un certo punto non la sentì più. Era andata via?
No, stava percorrendo il pezzo di canna che le spuntava fuori.
‘Ma che brava, ha quasi trovato la porta.’
Nadine, con gli occhi sbarrati dal terrore, la vide esitare un attimo, per poi sparire all’interno del buco nella canna.
La sentì camminare dentro e cominciò a gridare, ad agitarsi.
‘Stai tranquilla, non ti farà tanto male.
Una formica non fa molto male, qualche decina fanno un po’ male, migliaia ti uccidono, ma sono sicuro che sarai brava e veloce, mi farai un ottimo pompino e te ne andrai da qui prima che arrivi tutto il formicaio.’
Intanto si era tolto i pantaloncini, aveva un pene scuro come il resto della sua pelle ed enorme, già completamente eretto.
‘Ahi! Mi ha morso.’
Nadine aveva sentito una piccola fitta, come un pizzico, ma più forte e localizzato in un punto molto ristretto.
‘Certo, e più andrà in profondità e più ti farà male, cerca di non perdere altro tempo.’
Si era avvicinato e quella specie di nera proboscide ondeggiava davanti alle sue labbra.
Sentì ancora solletico sulla coscia e guardò in basso, ne stavano arrivando altre due.
‘Non ti ho detto una cosa, le formiche lasciano una scia odorosa, così, quando la prima ha trovato la strada, le altre che seguono riescono a fare lo stesso percorso con più facilità.’
Le due formiche, infatti, seguirono la strada tracciata dalla prima, senza la minima esitazione e si infilarono nel tubetto.
Nadine sentì un altro morso, poi un terzo, più forte, evidentemente la prima formica aveva ripreso il suo lavoro, poi si aggiunsero le nuove arrivate.
La ragazza aprì la bocca e l’uomo ci infilò dentro il pene.
Le ordinò di serrarlo con le labbra, poi la prese dietro la nuca, stringendole con la mano i lunghi capelli scuri e cominciò a farle muovere la testa avanti ed indietro.
‘Brava, così, continua.’
Dovevano essere entrate altre formiche, perché Nadine si sentiva mordere dappertutto.
Cercava di tenere il ritmo, ma ogni tanto, quando le arrivava un morso più forte degli altri, sobbalzava e mollava la presa per un attimo.
Ad un certo punto punto aprì completamente la bocca e tirò indietro la testa, poggiando la nuca contro il palo.
‘Basta, così non ci riesco, mi tolga da qui, mi levi queste maledette formiche!’
‘Mi dispiace, ma non è possibile, devi tener duro, hai ancora qualche minuto, prima che arrivi il grosso del formicaio, e allora non riuscirai più a far nulla. Dai riprova.’
Glie lo ficcò di nuovo in bocca, lei lo strinse e riprese a muoversi.
Le sembrava più grande e più duro, o forse era solo ciò che sperava?
Teneva gli occhi chiusi per non vedere, ma sentiva un formicolio continuo sulle cosce e sulla pancia, mentre dentro i morsi erano sempre numerosi e sempre più profondi.
Lui si fermò un attimo, tenendola bloccata dietro la nuca, poi avvertì la prima forte contrazione ed un getto di sperma le riempì la bocca, seguito da un altro e poi un altro ancora.
Si sentiva soffocare, perché quell’affare continuava a schizzare sperma, ma ora aveva la sensazione che le formiche si fossero fermate.
Il negro si staccò da lei e subito sentì i morsi, più forti di prima.
Lui stava armeggiando con la corda che le teneva legate le braccia dietro la schiena.
Improvvisamente si senti sollevare.
Il negro fece diversi passi prima di metterla di nuovo a terra.
Solo allora Nadine trovò il coraggio di riaprire gli occhi e gridò.
Aveva le gambe e la pancia piene di formiche.
Lui le tolse con le mani, un po’ smanacciandole via, un po’ schiacciandole, me c’erano quelle dentro.
Con un coltello tagliò lo spago e le aprì la vagina, togliendo anche la canna con il chiodo, poi iniziò a frugare dentro.
Lo faceva con molto poco garbo, ma sapendo lo scopo di ciò, Nadine non era certo in vena di protestare.
Piano piano i morsi cessarono e rimase solo il dolore sordo e profondo delle ferite causate dalle formiche.
Le mani del negro erano piene di sangue e di formiche spiaccicate, come pure la pancia e le cosce della ragazza.
‘Dai, rivestiti, che si torna in paese.’
Nadine, tremante e ferita, si infilò la gonna, si fece legare nuovamente i polsi e presero la strada del ritorno.
Per fortuna ora l’uomo andava più piano e lei riusciva a seguirlo facilmente.
Erano ormai in vista del paese, quando lui si fermò vicino ad un grosso albero.
‘Inginocchiati, ora lo farai di nuovo, voglio essere sicuro che hai capito bene e che sarai in grado di comportarti a dovere con il comandante, anche senza le formiche.’
Nadine, ormai completamente sottomessa, ubbidì prontamente e si inginocchiò.
‘Questa volta lo devi leccare, ma per bene, devi passare la tua lingua su ogni centimetro della sua pelle, dalle palle fino alla punta.’
Iniziò a leccarlo, lo sentiva e lo vedeva ingrandirsi. All’inizio la sua lingua si mosse in maniera timida, poi, piano piano, prese coraggio, fino a leccarlo con scioltezza ed abilità.
Il negro abbassò la pelle che ricopriva il glande.
‘Bene, ora passami la lingua intorno alla cappella.’
Nadine ubbidì di nuovo e, china su di lui, cominciò a girare intorno all’ingrossamento del pene enorme dell’uomo.
‘Brava. Ora ferma così, tieni la bocca aperta e tira fuori la lingua.’
Glielo poggiò sulla lingua, davanti alle labbra spalancate, poi lo impugnò alla base con la mano e diede qualche stantuffata.
Lo schizzo di sperma entrò direttamente nella bocca di Nadine.
‘Ferma, non ti muovere.’
Lei rimase immobile, con la bocca aperta e piena di sperma e solo quando il liquido denso cominciò a colarle dalle labbra, l’uomo prese in mano il pene e lo diresse verso la faccia della donna.
Nadine restò immobile mentre lui manovrava abilmente il pene, come se fosse un tubo per innaffiare.
Quando finalmente la fuoriuscita dello sperma si arrestò, lei aveva il viso ed i capelli completamente imbrattati.
Diede uno strattone alla corda e si rimisero in cammino.
Lei provò a chiedere timidamente se poteva un po’ ripulirsi, ma l’uomo scoppiò a ridere.
‘Che succede, la signorina si vergogna a farsi vedere così, hai paura che qualcuno pensi che mi hai fatto un pompino?’
Così Nadine, rassegnata, a capo chino, fu costretta a seguire il negro, lungo il sentiero che portava al paese.
Si sentiva sporca ed appiccicosa e, mano mano che il vento le asciugava lo sperma sulla faccia, sentiva la pelle tirare fastidiosamente.
Si guardò la camicetta, completamente macchiata, che si era anche parzialmente aperta, mostrando il reggiseno color carne ed i suoi piccoli seni, con i capezzoli scuri in rilievo, anch’esso impiastrato da tutta la roba che le era colata dal viso. Avrebbe voluto richiudere la camicia, ma con i polsi legati le era impossibile.
La macchia di sangue sulla gonna, intanto, si era allargata ed ora si estendeva per tutta la pancia e per parte delle cosce.
Quando arrivarono alle prime case del paese era quasi buio, ma c’era ancora in giro molta gente, che l’avrebbe vista in quelle condizioni. L’attraversamento del paese fu lungo ed umiliante per Nadine, che dovette subire gli sguardi di scherno e di riprovazione di decine di persone.
Il negro la lasciò pure qualche minuto fuori di un negozio, legata ad un anello fissato nel muro, come se fosse un cavallo o un asino.
Quando uscì, tenendo in mano una bottiglia di liquore, le fece pure fare un paio di giri della piazza principale, affollata di gente, prima di riportarla a casa.

La vecchia domestica che si occupò di Nadine la fece entrare in un grande bagno.
‘Spogliati’, le disse in tono brusco, e lei si tolse mestamente i vestiti, restando completamente nuda.
Si guardò nel grande specchio e quasi le prese un colpo: i capelli sporchi ed arruffati, la faccia, il collo ed il petto completamente impiastrati di sperma, per non parlare della sua vagina, ferita, stropicciata e piena di sangue ormai essiccato, che, durante la lunga camminata per il sentiero, aveva continuate a colare, segnandole le gambe magre fino ad arrivare alle caviglie, in tanti piccoli rivoletti.
La vecchia l’aiutò a scavalcare il bordo della vasca, poi aprì la doccia.
Le passò a lungo il getto di acqua tiepida, finché anche la più piccola traccia di sangue o di sperma non fu eliminata.
Nadine stava ferma, poggiandosi alla parete maiolicata, incapace di muoversi.
Alla fine le mise in mano un pezzo di sapone da bucato.
‘Su, ora datti una bella lavata, perché al comandante non piacciono i cattivi odori.’
Già, il comandante. Tutto era accaduto per un suo rifiuto nei confronti di questo maledetto comandante. Se lo avesse saputo, a cosa andava incontro ‘
Il sapone era duro ed aveva un odore forte, che non le piaceva affatto. Quando lo passò in mezzo alle gambe, si accorse che sulle ferite bruciava, ma era tanta la paura che il comandante non fosse soddisfatto della sua pulizia e che potesse ordinare al negro di riportarla sulla collina, che tenne duro e continuò ad insaponarsi.
Quando ebbe finito di sciacquarsi, le calò addosso una stanchezza incontenibile: le ferite, l’umiliazione, il sangue perso, si sentiva veramente uno straccio, così le ginocchia le si piegarono e, appoggiata al muro, iniziò a scivolare a terra.
‘Su, su, ragazza, non abbiamo ancora finito.’
La rimise in piedi e le asciugò sommariamente la schiena e le spalle, poi, porse l’asciugamano a Nadine, ordinandole di continuare.
Dopo averlo passato in mezzo alle gambe lei si accorse che era rosso di sangue.
‘Ti sei fatta mordere per bene dalla formiche, a quanto vedo. Dovrò farti una medicazione, al comandante non piace che gli si sporchi di sangue il letto.’
Le applicò sul ventre una grande tampone di garza bianca, ordinandole di tenerlo con la mano, poi le fece indossare un paio di mutande bianche, alte e senza nessuna guarnizione.
‘Dovrai cambiarla due volte al giorno e tenerla almeno per una settimana, mentre per usare di nuovo la tua bella cosina rosa, dovrai aspettare un paio di mesi, ma il comandante è un uomo paziente, e poi sono sicura che saprai soddisfarlo anche usando la bocca, vero?’
L’aiutò ad uscire dalla vasca, Nadine si sentiva strana, le ronzava la testa, aveva freddo e le ultime parole della donna suonavano come una condanna: sarebbe diventata una schiava del sesso, nelle mani di un vecchio sadico, che non esitava a torturare orribilmente le poverette che provavano a ribellarsi.
‘Mettiti questo’, le disse porgendogli un vestito bianco, ‘sei troppo malridotta per mostrarti nuda a lui.’
L’abito era semplice, senza nessuna guarnizione, scollato ed aderente, e le arrivava a malapena a metà coscia.
Attraverso il vestito leggero si intravedevano le mutande, mentre i capezzoli, ingrossati dal lungo contatto con l’acqua, durante la doccia prolungata, sporgevano attraverso la stoffa.
‘Vieni con me che ti faccio mangiare qualcosa, non vorrei che svenissi sul più bello, davanti al comandante.’
La fece sedere in cucina e le diede da mangiare una tazza di latte freddo con dentro dei pezzi di pane, poi la fece alzare di nuovo.
Era giunto il momento, tutto quanto le era accaduto finora, era finalizzato al suo incontro con il comandante.
Ricordava vagamente la faccia di quell’uomo, perché la prima volta era stata con lui pochi secondi, il tempo necessario per dirgli di no, in faccia, e poi ‘
Questo volta non avrebbe dovuto fallire, non avrebbe avuto un’altra possibilità, se non avesse soddisfatto il comandante, il negro l’avrebbe portata di nuovo sulla collina, e questa volta l’avrebbe fatta divorare dalle formiche.

Il comandante era un vecchio magro e rugoso, con una lunga barba bianca.
Le fece cenno di sedersi sul letto accanto a lui, poi scostò le lenzuola.
In mezzo ad un folto ciuffo di peli bianchi, spuntava un pene grande quasi come quello del negro, ma chiaro e rugoso.
‘Oggi è stato più facile, perché avevi a che fare con un uomo giovane e forte, con un vecchio come me, dovrai essere molto più brava e molto più paziente, ma sono sicura che ci riuscirai, e che domani le formiche digiuneranno, vero?’
Nadine si abbassò, il pene del vecchio era completamente moscio, beh, aveva tutta la notte a disposizione per farlo resuscitare, e salvare la pelle.
La sua lingua sfiorò quella pelle rugosa e ‘

‘ si svegliò.
Nadine si svegliò a casa sua, nella sua stanza.
Aveva mal di testa e le erano venute le mestruazioni.
Accanto a lei nel letto c’era Ivan.
Tanti muscoli e poco cervello.
Lo aveva conosciuto in palestra ed infatti era proprio quello che si potrebbe definire un tipo palestrato.
Aveva dieci anni meno di lei e veniva da qualche posto sperduto dell’ex Unione Sovietica, uno dei tanti spiantati in cerca di una comoda sistemazione.
Cazzo! Ma sono ridotta così male?
Cosa ho in comune con un tipo simile?
Si erano visti diverse volte, ma quella sera non era andata bene.
Quando Nadine gli aveva detto che non potevano farlo perché aveva le mestruazioni, aveva prontamente ribattuto, ‘beh, allora fammi un pompino.’
Lei gli aveva risposto proprio come nel sogno e Ivan si era incazzato di brutto.
‘Che vuol dire tu queste cose non le fai? Che cazzo mi hai fatto venire qui a fare, per guardare la televisione?’
Poi si era messo a sedere sul letto, a gambe incrociate, se l’era preso in mano ed aveva cominciato a masturbarsi.
Era venuto quasi subito (già come fai sempre, Ivan, e pensi di essere bravo per questo), sporcando il letto senza alcun ritegno, si era asciugato le mani sul lenzuolo e, infine, si era messo a dormire, dopo aver voltato le spalle a Nadine.
Lei scostò il lenzuolo e si avvicinò all’uomo.
Lo aveva bello grosso, quasi come quello del negro del sogno.
Avvicinò la lingua e la passò sul pene di Ivan, partendo dai testicoli e risalendo lentamente fino alla punta.
L’uomo emise una specie di grugnito e si mosse, senza svegliarsi, mentre Nadine ripeteva lo stesso movimento, premendo un po’ più forte con la lingua.

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