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Il vicino di casa (Ilenia)

By 29 Agosto 2018Dicembre 16th, 2019One Comment

“Bene bene bene. Guarda chi abbiamo qui.”

Sentendo quella voce, Ilenia si girò di scatto. “Oh, signor Arturo,” disse arrossendo. Uscì dal capanno, andandogli incontro, tremando leggermente.

Arturo era un uomo sulla sessantina, decisamente brutto – grasso, pelato, sciatto. Era lì di fronte a lei in pantaloncini corti, calze e ciabatte, la camicia sbottonata sulla pancia. I due si conoscevano bene. Erano, tra l’altro, vicini di casa.

“Che cazzo ci fai sul mio terreno?”

Ilenia arrossì ancora di più. Tecnicamente, Arturo aveva ragione. C’era stata una lunga disputa legale sulla proprietà di una parte del terreno fra la casa di Arturo e quella di Ilenia e suo marito. Arturo aveva vinto; il terreno era suo.

“So che &egrave il suo terreno…” balbettò Ilenia. “Me ne andrò subito, sono venuta a prendere le ultime cose qui…” disse, indicando il capanno. “Avevamo qualche…”

Ilenia si rese conto solo inconsciamente del fatto di stare dando del lei a Arturo, mentre lui le dava del tu e la apostrofava in malo modo. Forse era la differenza di età; benché Ilenia fosse, comunque, una donna sposata di 31 anni, non una ragazzina.

“Dovevate riprendervele prima. O pensavate di vincere la causa?” disse lui.

“Noi…” balbettò ancora Ilenia. Non riuscì a finire la frase. Sì, pensavano di vincere la causa. Antonio, suo marito, la sua famiglia, consideravano quel terreno cosa loro da anni; da sempre. Avevano vissuto tutta la questione della causa con Arturo come una sopraffazione.

“Comunque sia, non me ne frega un cazzo,” tagliò corto Arturo. “Oggi ti becchi la tua prima denuncia per violazione di proprietà privata.”

Ilenia si sentì il cuore in gola. Era una ragazza remissiva, docile, timida. Quell’aggressione verbale la mandava in confusione. Ora stava tremando molto più visibilmente.

“Me ne vado subito, signor Arturo,” disse, dirigendosi all’auto parcheggiata una decina di metri più in là.

“Ferma” disse Arturo. Il tono della sua voce era, come sempre, deciso, arrogante, fermo. Non era un invito, era un ordine. Ilenia si fermò, non per una scelta cosciente, per una inconscia, immediata deferenza verso quel tono autoritario.

Si girò verso l’uomo.

Lui le si avvicinò. “Dimmi la verità: tu credi che non darò seguito alla cosa,” disse. Mentre parlava, quasi distrattamente, scese con gli occhi, squadrando Ilenia dalla testa ai piedi. Ilenia sapeva di essere una bella ragazza, e che i pantaloncini corti e la maglietta a T bianca che indossava non nascondevano molto le sue forme; per questo motivo, lo sguardo di Arturo la mise terribilmente in imbarazzo, ma non disse nulla. Lui tornò a guardarla negli occhi: “credi che abbia parlato di sporgere denuncia solo per spaventarti?”

Ilenia non sapeva cosa pensare. Durante i lunghi mesi della causa, Arturo si era mostrato spietato, cinico, freddo, calcolatore, da molti punti di vista. Aveva vinto la causa non perché era nel giusto, ma perché era stato più sottile, e più accanito, della famiglia di Antonio.

“Non lo so, signor Arturo,” rispose lei. Si rese conto che il tono della sua voce era umilissimo, quasi servile.

Anche Arturo se ne accorse, e sorrise.

“Sporgerò denuncia, invece,” disse, “a meno che tu non faccia qualcosa per farmi cambiare idea.”

Ilenia rimase immobile, abbassando gli occhi e arrossendo di nuovo, ancora di più. Non osò fare alcuna domanda, aspettando che fosse l’uomo a completare la frase. Temeva che qualsiasi cosa avesse detto, avrebbe tradito quello a cui stava pensando, e non doveva succedere.

Per lei, quello era un momento quasi surreale. Nessuno lo sapeva, nessuno all’infuori di loro, ma Ilenia e suo marito avevano questo piccolo segreto, questo loro piccolo gioco perverso. Lui amava immaginarla nelle mani di altri. E ancora di più, di maturi porci, volgari, che abusavano di lei, la costringevano’ la ricattavano.

Nonostante l’odio che provavano per lui, Arturo era stato, non raramente, protagonista di qualcuna di queste loro fantasie.

Ecco perché Ilenia si sentiva così imbarazzata da quella situazione. Se Antonio avesse sentito quella frase, “a meno che tu non faccia qualcosa per me…”, si sarebbe sicuramente eccitato’

Ilenia non voleva tradire quei pensieri. Non era possibile che Arturo intendesse provare a ricattarla in quel senso. Non che non fosse abbastanza cinico o privo di scrupoli’ ma era chiaro che una denuncia per violazione di proprietà privata, su quelle basi, non era un argomento abbastanza forte per un ricatto del genere di quelli che Ilenia e Antonio immaginavano…

“Voglio che vieni a cena con me in centro, domani sera,” disse Arturo.

Ilenia sentì un tuffo al cuore.

No, non era un ricatto sessuale. Ma non se lo aspettava.

“Cosa’?” balbettò. “Io’ sono sposata…” mormorò, quasi senza rendersi conto di cosa stava dicendo. Improvvisamente si rese conto che quella frase l’aveva tradita, non l’avrebbe detta, neppure pensata, se non fosse stato per quelle maledette fantasie di Antonio…

Arturo scoppiò in una fragorosa risata, che fece arrossire Ilenia fino alla radice dei capelli.

“Che cazzo hai capito, cretina?” disse. “Non ti ho detto che voglio che tu ti faccia scopare, mi sembra.”

In effetti, Arturo era ragione. Ilenia si sentì una stupida. Se possibile, arrossì ancora di più sentendo quelle parole, “cretina”, “scopare”… Arturo era un uomo disgustoso’ Come si permetteva?

“No,” continuò Arturo, “voglio solo farmi vedere in giro per il paese con la donna di quello sfigato di tuo marito. Come ricompensa per tutte le rotture di coglioni che mi siete costati.”

Ilenia annuì. “Ho capito,” mormorò, con un tono umile, quasi scusandosi del fraintendimento di poco prima. “Dovrò prima chiedere…”

Arturo la interruppe. “Sì, certo, lo so, devi chiederlo ad Antonio,” disse. Fece un ghigno. “Non voglio farlo di nascosto. Voglio che lui sappia che sei fuori con me. Fa parte del divertimento.”

Ilenia non sapeva cosa dire.

Arturo la guardò sprezzante. “Fammi avere una risposta entro domani mattina all’alba. Se non ricevo niente entro le 9, chiamerò l’avvocato per procedere. Avete il mio numero.”

“Sì, signor Arturo…”

Lui fece un gesto con le spalle.

“Porta quel bel culetto fuori dalla mia proprietà,” disse quindi.

Ilenia si avviò alla macchina con passo veloce, le guance in fiamme…

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“Vuole che vada a cena con lui domani sera, in centro,” disse Ilenia, imbarazzata. Era arrivata a casa da poco, e Antonio aveva subito capito che era successo qualcosa. Ora erano seduti sul divano, mano nella mano. “Tutto qui,” continuò Ilenia. “Nient’altro. Credo’ voglia solo farti una specie di dispetto.”

Antonio era arrossito. Ilenia lo guardava, cercando di capire la sua reazione. Sembrava incerto, confuso.

“In centro, intende al ristorante da Pietro. Non &egrave una zona appartata,” disse Antonio.

“Sì, in centro,” rispose Ilenia. “Non’ credo di correre alcun pericolo’ se &egrave questo che intendi. Probabilmente’ vuole che tutti lo vedano con me’ che pensino’ sai…”

Antonio non rispose.

“Non importa, lascia che ci denunci,” continuò Ilenia. “Il terreno era nostro fino a poco tempo fa, stavo solo recuperando le cose dei miei che avevamo lasciato nel capanno. &egrave una sciocchezza. Cosa vuoi che succeda?”

Antonio esitò ancora.

Ilenia lo guardò, uno sguardo profondo. “Vuoi che vada’ vero?”

Antonio la guardò. Annuì.

Lui arrossì ancora di più. “Non succederà niente, comunque,” disse. “Non sarà’ davvero’ quello’ ma…”

Ilenia scosse il capo, incerta.

“Va bene, allora,” disse. “Ci uscirò.”

Antonio annuì. Ci fu un silenzio di qualche istante.

Quindi, lui la guardò negli occhi intensamente. “Vorrei…” mormorò.

Lei lo guardò, in attesa.

“Voglio che tu ti metta carina per lui,” disse Antonio. “Un bel vestitino, tacco alto.”

Lei lo guardò. Lui esitò, poi aggiunse: “e se ti va’ puoi andare dall’estetista o dal parrucchiere’ anche’ per lui…”

Ilenia era incerta. Le sembrava un gioco pericoloso. Scosse il capo. “Non pensi che lui potrebbe’ fraintendere?”

“Non può farti nulla comunque. E io’ sarebbe così eccitante per me'” disse Antonio. “Lui vuole farmi un dispetto’ ma senza saperlo’ mi farà un grande piacere’ viviamo un accenno delle nostre fantasie, tesoro’ solo un accenno’ sarà eccitantissimo’ non succederà niente ma’ sarà così eccitante…”

Ilenia lo guardò. Quelle che suo marito chiamava “le nostre fantasie” erano soprattutto le sue fantasie, di Antonio; Ilenia lo assecondava da mesi, ma solo perché questo era stato l’unico modo per ravvivare la loro vita sessuale. Immaginarla nelle mani di porci maturi restituiva all’erezione di Antonio un vigore altrimenti perso da tempo. Alla fine anche lei aveva cominciato a eccitarsi a parlare di quelle cose’ ma tutto era nato da lui.

E ancora una volta, Ilenia si trovava a doverlo assecondare. Anche se il suo istinto le diceva che questa volta si stavano per spingere troppo oltre…
Ilenia era nervosa. Era davanti al ristorante già da dieci minuti. Si era presentata in perfetto orario, alle 8:30 come richiesto da Arturo, ma lui non si era ancora fatto vivo. La situazione la imbarazzava: aveva un bel vestitino (forse un po’ troppo bello e sexy per quel ristorantino di paese: ma Antonio aveva insistito per quello), tacchi alti, ben truccata e pettinata. Si sentiva a disagio, sotto gli sguardi di tutti. Era un paese piccolo, e Ilenia sapeva cosa volevano dire gli sguardi che riceveva: “Cosa ci fa qui da sola? Perché non &egrave con suo marito? Chi sta aspettando? Perché &egrave vestita così provocante?” E in mezzo a tanti sguardi più o meno di disapprovazione, qualcuno ancora più imbarazzante: l’occhiata di qualche marito che la squadrava da testa a piedi, di nascosto dalla moglie’

Finalmente, Ilenia vide apparire sulla strada la macchina di Arturo. La conosceva, l’aveva già vista qualche volta nel periodo degli incontri in tribunale. Arturo era un uomo benestante, e amava le belle macchine. In quel periodo, guidava una bella Audi grigio metallizzato. Parcheggiò davanti al ristorante, e si diresse verso Ilenia.

Preparandosi così elegante per quell’appuntamento, Ilenia aveva più volte pensato a quanto sarebbe stato imbarazzante incontrare Arturo agghindata a quel modo. Immaginava che lui l’avrebbe guardata sorpreso, temeva di leggere nel suo sguardo qualcosa che dicesse che, come era ovvio aspettarsi, lui leggesse tutto ciò come un invito’ Temeva di vederlo sorpreso, ammiccante forse.

Invece, Arturo la squadrò da capo a piedi, con calma, ma rimanendo completamente impassibile. Anzi, c’era qualcosa nel suo sguardo che dava l’impressione che lui la stesse esaminando, in modo severo, per controllare che si fosse vestita in modo appropriato. Si’ la stava giudicando.

“Va bene,” disse Arturo, con aria di sufficienza. “Andiamo.”

Entrò nel ristorante per primo, ignorando le più ovvie regole di cavalleria. Ilenia lo seguì, arrossendo per quella piccola umiliazione. Qualche passante aveva assistita alla scena, e Ilenia evitò con cura di incontrare i loro sguardi.

Il cameriere li accompagnò ai tavoli, e Arturo ne scelse uno che era abbastanza appartato, ma allo stesso tempo in vista, in un angolo vicino al camino. Ostentando di nuovo il suo disinteresse per le buone maniere (o l’intenzione di non rispettarle), Arturo si sedette per primo. Ilenia prese posto, imbarazzata da quel comportamento, rossa in volto. “Da Pietro” era l’unico ristorante in paese, e non era mai vuoto: anche quella sera c’erano già diversi avventori. Si sentì qualche mormorio.

Calò un silenzio opprimente. Ilenia teneva gli occhi bassi, aspettando che fosse Arturo a cominciare a parlare. Aveva immaginato quel momento in modo molto diverso, pensando che lui sarebbe stato galante, per fare uno sgarbo ad Antonio. Ma non sembrava che sarebbe stato così.

“Prendi il telefono,” disse Arturo ad un tratto, rompendo il silenzio. “E chiama tuo marito.”

Ilenia fu colta di sorpresa. “Cosa?” balbettò, confusa.

“Chiama tuo marito. Whatsapp, video.”

Ilenia mormorò un “sì” incerto, mettendosi a rovistare nella borsetta in modo goffo, le mani che le tremavano. Trovò il telefono, lo prese. Cercò il contatto e chiamò, guardando il telefono rossa in volto.

Antonio rispose. “Pronto. Cosa succede?” fu la sua risposta, preoccupata.

“Togli l’audio, non mi interessa sentire cosa dice,” ordinò Arturo. “Deve essere lui a sentire noi.”

Ilenia guardò il marito, incerta. Avrebbe voluto rispondere alla domanda di Antonio, ma non sapeva cosa rispondere. E poi, in qualche modo era chiaro che Arturo non l’aveva “autorizzata” a farlo. Ilenia era confusa: gli stava obbedendo, per qualche motivo. Ma quello non era parte dell’accordo. O sì?

Tolse l’audio.

Arturo le strappò il telefono di mano, e lo appoggiò a un vaso al centro del tavolo, in modo che Antonio li potesse vedere, o almeno sentire. Stava ancora dicendo qualcosa, chiedendo qualcosa, ma non potevano sentirlo.

In quel momento arrivò il cameriera. Ilenia era imbarazzatissima, ma per fortuna l’uomo non sembrò notare il cellulare acceso. Fece per passare i menù a Ilenia e Arturo, ma lui lo fermò con un gesto. “Non servono,” disse, “so già cosa voglio. Per me, porta le lasagne e la fiorentina, e mezzo di rosso della casa.”

Il cameriere si volse verso Ilenia, incerto, ma fu di nuovo Arturo a prendere la parola. “Per lei un’insalata, e acqua. Deve conservare la linea.”

Ilenia si sentì arrossire fino alla radice dei capelli, e iniziò a tremare, abbassando gli occhi. Il cameriere fece del suo meglio per non scomporsi, e fece cenno di sì con la testa, allontanandosi in silenzio.

“Devi mantenere la linea,” disse Arturo. “L’unica cosa buona che hai &egrave quel corpicino da rizzacazzii. Se metti su peso, diventerai una cogliona inutile.”

Ilenia si sentì come se l’avessero schiaffeggiata. Le mancava il respiro. Antonio stava protestando e gesticolando, ma né Arturo né Ilenia lo guardavano.

“Mi ha’ fatto venire qui’ per offendermi?” mormorò lei infine, quando riuscì a trovare il coraggio. Non lo chiese con un tono stizzito, ma umilmente, come se stesse solo cercando di capire cosa aspettarsi. E ancora una volta, gli stava ovviamente dando del lei.

Arturo rise. “Ti senti quando parli?” disse. “Sei lì che aspetti che ti risponda di sì, vero? O forse che ti dica ‘sì, puttana, ti ho fatto venire qui per offenderti.’ Ti stai già bagnando al solo pensiero. E quel coglione di tuo marito sta già sbavando col cazzetto duro…”

Ilenia cominciò a tremare ancora più forte. Doveva alzarsi e andarsene. Cercò il coraggio. Strinse i pugni.

Non era sicura di quello che stava facendo, ma non poteva sopportare e basta. Raccogliendo le forze, si alzò in piedi, le ginocchia che le tremavano. “Vado…” disse soltanto.

In quel momento successe qualcosa che Ilenia non si sarebbe mai aspettata. Né lei, né Antonio, sicuramente. Arturo si alzò a sua volta, senza scomporsi, e rifilò un ceffone in pieno volto a Ilenia, uno schiocco sonoro che echeggiò nella stanza. Gli avventori del ristorante si voltarono tutti, smettendo di mangiare.

“Seduta,” disse Arturo. “Subito.”

Ilenia esitò. Cercò di nuovo il coraggio, questa volta il coraggio di correre fuori, di andarsene. Si sentiva tutti quegli occhi addosso. E c’era Antonio, che non diceva nulla, nel display del cellulare; sembrava sconvolto, ma era ancora lì. Non era uscito di corsa di casa, non si era precipitato a salvarla, stava semplicemente guardando.

Ilenia sentì le ginocchia che le cedevano; le assecondò: si sedette.

Arturo si sedette di nuovo.

“Che non si ripeta. Non provare più a farmi fare una figura del genere in pubblico, puttana,” disse.

Ilenia si sentì schiaffeggiata di nuovo. Abbassò lo sguardo. “No,” mormorò.

“Chiedi scusa.”

Ilenia ebbe l’impressione che tutto il calore del suo corpo fosse finito sulle sue guance. Tremava ma aveva il volto in fiamme.

“Scusi,” disse.

Rimasero in silenzio qualche minuto, durante il quale il cameriere, imbarazzato, portò il vino ad Arturo e l’acqua a Ilenia, senza dir nulla. Quindi, tornò ad allontanarsi di corsa.

“Ora parliamo di te e tuo marito,” disse Arturo. “Voglio che mi parli della squallida vita sessuale a cui ti costringe quel fallito.”

“Cosa?” balbettò ancora Ilenia, sentendosi stupida per quei monosillabi con cui continuava a rispondere.

“Ogni quanto ti scopa?”

Ilenia diede uno sguardo al telefono.

“Oh già,” disse Arturo. “Abbiamo il coglione ancora in linea, scordavo.”

Prese il telefono in mano. “Lo spettacolo &egrave finito, segaiolo,” disse, chiudendo la chiamata. Ilenia si aspettava che le restituisse il telefono, ma non lo fece, cominciando a guardare la galleria di foto. “Allora, puttana. Ogni quanto.”

Ilenia trattenne il fiato’ e cominciò a rispondere alle domande di Arturo. Non successe molto altro, al ristorante; almeno, niente di concreto. Tuttavia, la serie di domande che Arturo rivolse a Ilenia, i commenti che fece ascoltando le risposte timide e imbarazzate della ragazza, il tono della sua voce, furono per lei un’esperienza sconvolgente. Da parte sua, Antonio non poteva scordare il modo in cui Arturo lo aveva apostrofato al telefono; le sensazioni che aveva provato ad assistere all’umiliazione in pubblico di sua moglie da parte di quell’individuo odioso, nel sentirsi chiamare “segaiolo” e “fallito” di fronte a lei’

Entrambi erano convinti che Arturo si sarebbe rifatto vivo. La domanda si ripeteva ogni sera, quando Antonio tornava dal lavoro: “ti ha chiamato? Scritto?”

La risposta era sempre no.

Una sera, all’ennesima domanda di Antonio, Ilenia rispose guardandolo negli occhi, le guance rosse: “perché non lo chiami tu?”

Antonio aveva provato un brivido, un brivido impossibile da ignorare. “Parli’ sul serio?”

Lei aveva annuito.

Quella sera avevano fatto l’amore più appassionatamente di quanto non accadesse da molto tempo – persino più di quanto non avessero fatto la sera del ristorante.

Ci avevano messo ancora diversi giorni. La che si facevano ogni sera era cambiata, non era più: “ti ha chiamato?”, bensì, “lo chiamiamo’?”

Ilenia, comunque, era stata molto decisa su questo: nel caso, il compito di chiamare Arturo spettava ad Antonio, non a lei.

Alla fine, avevano deciso una linea di condotta prima; gli avrebbero chiesto, semplicemente, se potevano incontrarlo una sera, per un drink. Antonio aveva accettato di chiamare di persona, ma aveva chiesto a Ilenia di essere presente.

Ora Antonio aveva il cellulare in mano, il numero già composto. Guardò Ilenia, e ancora una volta lei annuì. Antonio premette il pulsante della chiamata, e poi, come avevano convenuto, il vivavoce.

Arturo accettò alla chiamata dopo diversi squilli.

“Alla fine, ce l’avete fatta,” fu la sua risposta.

Antonio arrossì, preso in contropiede. Non era preparato a niente di così diretto. Non sapeva cosa rispondere, e decise di cercare di ignorare la frase di Arturo.

“Buonasera’ la chiamo perché…”

Arturo lo interruppe. “Lei &egrave lì con te?”

Antonio esitò, incerto. “Sì…” rispose quindi.

“Dille di farti una sega mentre mi parli,” disse Arturo.

Antonio rimase a bocca aperta, guardando Ilenia. I due sposini erano entrambi arrossiti fino alla radice dei capelli. Nessuno dei due disse nulla.

“Ah, immagino io sia in vivavoce, vero?”

“Sì…” rispose Antonio.

“Puttana, hai sentito quello che ho detto.”

“Sì…” rispose Ilenia. Suo marito la guardò incredulo mentre, con le mani che le tremavano, gli slacciava i pantaloni.

“Allora? Cosa volevi dirmi, sfigato?”

Antonio era completamente in confusione. Ilenia glielo stava tirando fuori, e lui si chiedeva quanto sarebbe resistito’ “Noi’ volevamo chiederle’ di’ pensavamo di andare a bere’ qualcosa assieme'”

“Dove?”

“Al pub irlandese sulla statale’?”

Ilenia aveva cominciato ad accarezzare il membro di Antonio. Conoscendolo, stava attenta a essere molto delicata; in un certo senso, stava cercando di masturbarlo senza toccarlo. Sapeva che c’era il rischio che Antonio venisse subito’ soprattutto in quelle circostanze.

“Ora?”

“Alle 9?”

Arturo rimase in silenzio qualche secondo. “No,” disse, con voce calma e sicura. “Troppo tardi. Io e te ci vedremo quando torni dal lavoro. Le 6:30, no?”

“Sì…”

“Vieni direttamente in piazza, faremo due chiacchiere al bar. Lei aspetterà a casa, la passiamo a prendere dopo per il pub.”

Antonio guardò Ilenia. “D’accordo…”

“Ovviamente, falle mettere un bel vestitino, tacco alto, eccetera. Non deludetemi,” disse Arturo, con voce calma a sicura.

“No'” mormorò Antonio. “Cio&egrave’ va bene…”

Ilenia lo guardò, e istintivamente chiuse la mano attorno al membro di lui, cominciando a massaggiarlo con più intensità. Antonio reagì quasi allarmato, muovendo il bacino come per sfuggirle.

“Grazie’ a domani….” disse.

Arturo mise giù, senza rispondere.

Antonio appoggiò il telefono, reclinandosi indietro sulla sedia, socchiudendo gli occhi. “Oddio…” mormorò’

Ma Ilenia, proprio in quel momento, tolse la mano.

Lui la guardò, confuso. “Cosa’?”

“Non mi ha’ detto…” mormorò, interrompendosi. Antonio annuì. “No, hai ragione,” disse.

Si alzò, risistemandosi mutande e calzoni. In qualche modo, entrambi sapevano cosa stava succedendo: lui aveva ordinato che Ilenia masturbasse Antonio, ma solo per la durata della telefonata. Qualsiasi altra cosa sarebbe stata un di più rispetto a obbedire.

Ed entrambi sembravano desiderosi soprattutto di fare quello: obbedire. Persino Antonio, che ne pagava le conseguenze, con quella violenta erezione insoddisfatta.

“Cosa stiamo facendo?” chiese Ilenia.

Antonio non rispose. La baciò, e cominciò a toccarla, e ben presto i suoi calzoni furono di nuovo abbassati, e la gonna di lei alzata. Ma entrambi provavano una sensazione nuova: la sensazione che quel momento fosse rubato, e che non sarebbe stato mai più così facile’ mai più, dopo la serata che li aspettava con Arturo. Antonio arrivò in piazza. Mentre camminava dall’auto verso il bar, vide Arturo, seduto in uno dei tavolini all’esterno, con un cocktail davanti. Il loro era un paese piccolo, e quello era uno dei tratti più trafficati. Antonio arrossì. Sapeva che Arturo aveva scelto quel posto appositamente. Non era nemmeno impossibile che Arturo avesse già parlato con altri di quello che stava accadendo. La sensazione di imbarazzo che Antonio provava era quasi fisica, dolorosa.

Eppure, ormai doveva farlo…

Si avvicinò al tavolo. “Buongiorno,” disse. Arturo lo guardò con aria strafottente, come al solito; borioso, sicuro di sé, sprezzante. Non rispose al saluto. “Siediti,” disse.

Non era un invito; era un ordine.

Antonio si sedette.

“Allora,” disse Arturo, sorseggiando il suo cocktail mentre parlava. “Ho fatto una bella chiacchierata con tua moglie, al ristorante.”

“Sì,” rispose Antonio. “Lo so…”

Arturo rise. “Sono sicuro che lo sai; che lei ti ha raccontato tutto,” disse. “E che tu ti ci sei fatto anche tanti seghini. O sbaglio?”

Antonio arrossì violentemente, guardandosi intorno. Arturo non aveva neppure abbassato il tono della voce mentre diceva quelle cose.

“Io… no… ” balbettò Antonio. Esitò. “Cioè…”

Arturo rimase in silenzio, guardandolo con uno sguardo attento, e severo. Antonio si sentì come se stesse venendo giudicato. Probabilmente era vero.

“Sì, è così,” disse quindi.

Arturo annuì. “Dice che la scopi due volte al mese, certe volte meno. Lo sai perché?”

Antonio cercò le parole, confuso. Si era seduto da meno cinque minuti, e Arturo lo aveva già completamente sopraffatto. Non aveva avuto nemmeno tempo di ordinare. In effetti, era quasi certo che non avrebbe ordinato nulla. Non erano lì per bere – almeno, non lui.

“Faccio un lavoro molto stressante,” cominciò a rispondere. “Molto spesso arrivo a casa tardi e…”

Arturo rise. “Cazzate,” disse. Fece un altro sorso, con calma, mentre Antonio lo guardava, di nuovo rosso in volto, in attesa della prossima frase. “La verità è che non la vuoi scopare. Altrimenti la sbatteresti contro il muro appena entrato, stanco o non stanco. Con la voglia di cazzo che ha, ti lascerebbe fare tutto quello che vuoi.”

Antonio non rispose.

“Funziona sempre così,” continuò Arturo. “Da ragazzo avevi voglia di fica e l’hai ingannata. Per un certo periodo le hai fatto credere di essere un maschio forte – a tuo modo, certo – ma comunque un maschio.”

Antonio arrossì di nuovo, per il tono sprezzante con cui Arturo aveva detto “a tuo modo”. E perché anche queste cose le stava dicendo senza abbassare la voce. C’erano altri avventori ai tavolini accanto a loro, e qualcuno sembrava aver abbassato il tono della voce, o rallentato la conversazione, come per ascoltare cosa stava succedendo fra Antonio e Arturo…

“Glielo hai fatto credere, lei ti ha trattato di conseguenza, sei riuscito a sposarla,” continuò Arturo. “Fica garantita a vita. Tranne che, guarda un po’… una volta che la fica ce l’hai avuta a disposizione, hai capito la verità… che non ti interessa.”

“Per favore…” mormorò Antonio, facendo il gesto di abbassare la voce.

Arturo lo fulminò con uno sguardo. “Non rifarlo mai più,” disse. “A gesti si comandano i cani.” L’uomo si chinò in avanti, verso Antonio, che era impallidito e aveva cominciato a tremare. “Io posso comandare a gesti te, o quella puttana di tua moglie. Ma tu non osare riprovarci.”

“Chiedo scusa…” mormorò Antonio.

“Alla lunga,” proseguì Arturo, tornando a rilassarsi dietro al suo drink, “continuare a mentire era troppo faticoso, e hai rinunciato. E lo sai cosa sta succedendo ora.”

Antonio scosse il capo. “Veramente… no… non sono sicuro di saperlo…”

Arturo scrollò le spalle. “Te lo spiego io,” disse. “Quando la passerina è soddisfatta, ha un cazzo che la scopa, è tranquilla, sicura, equilibrata. Ma quando è insoddisfatta, va in calore. Sente il bisogno di un uomo dominante, a cui sottomettersi. È una cosa animale. La femmina vuole essere fecondata, vuole offrire la propria vagina per lo sperma di un maschio alfa.”

Antonio rimase di nuovo senza parole. Non vedeva l’ora che quella conversazione avesse fine, allontanarsi da quel bar, da quegli sconosciuti che probabilmente avevano sentito tutto.

“Tutti e due avete sentito odore di maschio alfa, ed ecco perché sei qui. Perché lei vuole il mio sperma, e tu vuoi qualcuno che ti liberi dalla fatica di fingere.”

Antonio esitò ancora. Si sentiva sull’orlo di un baratro. La propria reazione a quelle parole avrebbe decretato il corso di tutti gli eventi a seguire.

“Non so… forse… forse ha ragione,” disse.

Arturo rise di nuovo, e finì il cocktail.

“Ilenia è a casa che ci aspetta?”

“Sì, per andare al pub,” rispose Antonio.

“Avete vino a casa vostra? Qualcosa da bere?”

“Sì… sì certo…”

“Allora non c’è bisogno di pub. Chiamala e dille che la raggiungiamo lì.”

“A casa nostra?”

“Sì.”

Antonio ora tremava visibilmente. Prese il cellulare dalla tasca, e avviò la chiamata.

“Pronto, ciao,” disse, facendo quasi fatica a scandire le parole. “Non andiamo al pub, veniamo a casa.”

Dalla voce di Ilenia si capiva che anche lei stava tremando. “Quindi non devo vestirmi elegante?”

Antonio esitò. Quindi, abbassò il cellulare, rivolgendosi ad Arturo. “Chiede se può… non mettersi elegante…”

Arturo scosse il capo. “No,” rispose. “Deve mettersi elegante uguale. Per me.”

Antonio arrossì ancora.

“Mettiti elegante comunque. Come ti saresti vestita se fossimo usciti.”

Mise giù, senza aspettare la risposta di sua moglie.

Arturo sorrise, e si alzò. “Paga il mio drink,” disse. “E andiamo a casa tua. Ho voglia di svuotarmi i coglioni con quella puttana di tua moglie.”

Antonio sentì delle risatine da uno dei tavoli. Tirò fuori il portafoglio, e mise un biglietto da 50 sul tavolo. Quindi, si incamminò velocemente, seguito da Arturo.

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