Skip to main content
Racconti di Dominazione

Incubo?

By 5 Febbraio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

INCUBO

Sono immediatamente sveglia ma non so perchè. L’istinto, l’abitudine, la paura di tutto ciò che è nuovo mi fa muovere freneticamente. Ogni cosa nuova è un pericolo. Afferro il bordo delle coperte allontanandole di lato e contemporaneamente le scalcio via, poggio i piedi sul pavimento freddo appoggiandomi, per recuperare l’equilibrio, sulla mano destra. Ormai so, ho capito. Imbambolata di stanchezza non ho sentito, è già successo ma raramente, il clangore della porta esterna. Un Famiglio che viene a prendermi. Solo un attimo dopo la chiave stride nella serratura, la porta della cella si apre e vengo per un attimo abbagliata mentre il pitale che per fortuna non ho dovuto usare, urtato col piede, rotola via. Un Famiglio. E’ già ora di alzarmi oppure…che non sia una Convocazione o peggio. La festa, il Meeting, come lo chiamano, non era ancora finita quando sono stata lasciata libera, libera di lavarmi e venire, distrutta, a dormire. In fretta signorina, il tempo è poco. Poco perchè, per cosa? Inutile chiederlo, non rispondono mai e, scocciati, possono prendere un appunto sul loro libricino.
La solita cerimonia inutile: il polso libero viene agganciato a quello sinistro unito al muro da pochi anelli di catena; i polsi ormai uniti tra loro, congiunti ad una breve catenella ed al collare. C’è fretta sul serio, è raro che non mi permettano o meglio non mi ordinino di sistemare almeno un poco il letto; persino il pitale resta dove è rotolato. La benda agli occhi e via! Coperta dal mantello che tengo chiuso a proteggermi dal freddo e ai piedi due zoccoli che sbattono rumorosamente, devono sbattere rumorosamente ad ogni passo, mi avvio guidata dalla sua voce. Si fermi; adesso andiamo; alt, ora ci sono da scendere due gradini. Ubbidisco e, con tutti i miei sensi tesi, dato che sono bendata, riconosco solo in parte l’itinerario, nonostante il tempo, quanto tempo? che sono qui e li percorro. Fa però meno freddo, la passatoia, un rimbombo diverso. Almeno adesso si mangia, siamo diretti in cucina ed al posto dello stomaco ho un buco. L’ennesima porta viene aperta e poi chiusa dietro di me, a chiave. Si fermi signorina, grazie. Odio questa loro gentilezza minacciosa, ed odio loro, i Famigli. Sempre inappuntabili e mascherati oltre che ottusamente silenziosi. Si giri per piacere. Poi un grazie signorina. Via la benda, il collare, le manette. Di cuoio molto morbido ma sempre manette, col loro significato, come il collare. La cucina è ampia ma spoglia. Un tavolo poche sedie ed il necessario per cucinare. Prepari per tre, signorina. Due caffè abbondanti e lisci ed un caffellatte.
Per lei latte. Per loro anche pane fresco, burro e due marmellate diverse. Per me pane. Di ieri.
Servo a tavola e mangio in piedi, attenta ad ogni loro cenno o necessità: una posata che cade va sostituita, acqua, ancora caffè, poi rigoverno, pulisco il tavolo. Bontà loro mi esentano dal pulire per terra; c’è fretta.
Di nuovo la solita manfrina, di nuovo bendata, impastoiata come un cavallo, sospinta ora più che guidata verso il bagno per la preparazione. Le solite cose: lavaggio vaginale, clistere, bagno massaggio, poi due dei tre Famigli, tutti maschi, ma è un caso, ci lasciano per il trucco. Quanto tempo è passato? Non lo so, ormai non ci bado più, come non conto i giorni. Non ho visto da quando sono stata portata qui un solo orologio e sono convinta che quelli che chiamo giorni siano lunghi a piacere, secondo le esigenze dei Padroni. Né da allora vedo il sole o comunque l’esterno. Penso di essere… non lo so. Forse un immenso sotterraneo,oppure. Oppure non lo so. L’orologio naturale fornito dalla natura a noi donne non funziona, di certo me lo hanno bloccato loro, a me come alle altre schiave che vedo a qualche festa, loro le chiamano Meeting, o a qualche cena o colazione o ancora altro. Non sai mai quale sia la ragione della convocazione. Temo, questa volta sia una punizione. Ieri ho fatto un errore, ho commesso una mancanza. Nonostante ormai sia una schiava discretamente addestrata, una aspirante schiava o solo aspirante a dire la verità. Parole comunque del Padrone numero uno, nonostante sappia dare piacere nei modi adeguati, nonostante fosse il mio quarto meeting oltre alle cene, di fronte alla enormità di quel cazzo ho esitato per la paura del male. Un cazzo enorme. Guai se una di noi lo chiama cazzo. Possiamo, dobbiamo dire solo virilità, pene, la mia cosina, il mio buchetto, come diamo piacere con le labbra o col sederino o con la fessurina. Loro ovviamente si esprimono come vogliono.
Sono esperta, dicevo, ed anche molto volonterosa. Sempre parole del Primo Padrone, ma erano presenti tutti e tre qualche giorno fa, sono a buon punto della mia “doma”, e sembrava molto soddisfatto. Incredibilmente ne fui soddisfatta pure io. Non so quanto tempo dopo la Sottomissione mi abbiano fatto indossare i tutori. Tremendo all’inizio, e non puoi barare. Uno davanti e l’altro dietro. Aggeggi elettronici o elettromeccanici o quello che sia, di due tipi diversi, ovviamente.
Devi contrarre i muscolo e loro registrano la forza con cui lo fai e se lo fai a sufficienza ed il numero di volte ordinato. Ti dilatano e tu li comprimi. Facile a dirsi soltanto. Sono stati convincenti. Lo sono sempre convincenti. Lo sono stati dal primo giorno, tempo fa; sei mesi? un anno? Non lo so. Sono una schiava, solo una schiava. Il padrone mi porta a letto, per usare un eufemismo, e non l’ho mai visto in faccia. O sono bendata io, oppure è mascherato lui, o loro. Come i Famigli d’ d’altronde. Non ne ho mai visto uno od una in faccia. Ferma signorina. Mi blocco. Dove siamo? Non importa. Il rumore di un uscio aperto davanti e poi richiuso sempre a chiave dietro di me. So dove siamo. Nell’ala dei Padroni. Il tempo passa, non so quanto. Ho imparato a non provarci neppure a misurarlo. Nell’ala dei Padroni! Punizione per la cazzata di ieri, alla festa insomma. La festa languiva, la maggior parte di loro, anche se impasticcati sino alle orecchie erano ormai mosci. Qualcuno se ne era già andato, da solo o con una o due di noi; altri si limitavano a chiacchierare tra loro, bevendo, piluccando dai piatti ed al più palpando una ragazza. Di tanto in tanto però, grazie alle bombe, insomma agli eccitanti, qualcuno ne aveva ancora voglia, e la ragazza di fianco a me disse:un Padrone ti vuole. Seguendo il suo sguardo lo vidi e mi avviai,tranquilla. Tranquilla finché non ho visto quello che aveva tra le gambe. Tranquilla finché non ho visto il cenno. Esitai. Quanto? Un attimo, un attimo solo, ma un attimo di troppo. Mi gettai in ginocchio, inorridita e terrorizzata. Il dolore che provai alle ginocchia non importava. La ripetizione del cenno fu solo ed appena abbozzata. In ginocchio, il capo posato sugli avambracci, le ginocchia distanti quanto dovevo ed il culo ben alto. Attorno a me risate, richiami. Io invece terrorizzata, un pugno gelido al posto dello stomaco. Mai forse ho avuta tanta paura come in quel momento, be, almeno dopo i primissimi giorni. da quando ho accettato di subire. Avrei voluto scappare, fuggire, ma dove, come?
Capii quasi subito che era uno dei “meno peggio”, di buoni certo non ce n’è. Al solito, ottenuta la sottomissione, si passa al pratico. Nel caso specifico lui era troppo alto. Hanno provveduto, abituati come sono a risolvere questi piccoli problemi. Solo a questo punto mi ha penetrata, con calma, anzi con suo comodo. Prima carezzandomi a lungo tra le gambe fino a farmi inumidire almeno un poco, per entrandomi poi nel sesso. Uscendone per poi rientrarvi, solo il glande per cominciare. Anche così era grosso, troppo grosso, faceva tanto male all’inizio, mi sentivo lacerare e straziare finché non mi sono bagnata ben bene. In questo il clitoride inanellato aiuta. Solo poi ha puntato il glande irrorato dei miei umori sul buchino ed ha spinto un poco. Ero dolorante ed istupidita dalla paura, ancora troppo impaurita, certa che mi avrebbe lacerata, non ho spinto per allargare il buchetto e neppure ho spinto all’indietro il sedere. Le mani dell’uomo sui fianchi si sono fatte dure e di nuovo l’ho sentito premere, ancora piuttosto piano, bontà sua. Per mia fortuna lo sfintere che ormai sa dilatarsi notevolmente, lo ha accolto. Questa volta avevo spinto in tutti e due i modi. Un attimo e si è ritratto per poi rioccupare il mio culetto, più volte. Talvolta sostando e talaltra no E se pure non avevo mai preso dentro di me nulla del genere, capii che non sarei stata rovinata. Male, dolore? Certo, da morire ma non importava. Quando si ritraeva poi era piacevole o comunque un sollievo e come tale una bella sensazione anche se bruciante. Tutto il glande dentro. Dolore ma anche la certezza definitiva di non essere lacerata, menomata. Rimasi sorpresa sentendo lo scroto battere e poi essere compresso tra il mio corpo ed il suo. L’avevo tutto dentro. S’arrestò. Io temevo il momento in cui avrebbe cominciato l’altalena, il su e giù. Più per paura che per ragionamento contrassi i muscoli con tutta la mia forza e l’esperienza di un lungo esercizio con i tutori. Poi cominciai anche a ruotare un poco i fianchi ed il sedere, a farlo ondeggiare. Piccoli e brevi gemiti, sommessi, falsi ma credibilissimi: poteva essere dolore o piacere od entrambe le cose. A molte piace prendere grossi cazzi nel sedere od almeno così dicono Mi carezzò il culo ed il fianco, gli piaceva! Incoraggiata cercai di produrmi al meglio, alzando il viso e spalancando al massimo la bocca quasi in un rictus erotico, spingo il culo verso il suo bacino come per prenderlo meglio, per prenderne di più. Stringo e mollo, mollo e stringo, gli faccio attorno una specie di danza dei sette veli, no la danza del ventre. Si ingrossa, mi cresce dentro, poco per volta ma lo sento; e mi fa male, sono di certo al limite della massima dilatazione raggiunta, e solo ultimamente, con il tutore anale. Continuo a stringerlo per poi rilassarmi e stringerlo di nuovo anche se fa male, anche se mi sembra di spaccarmi ogni volta. Non mi chiava il culo, lascia sia io a farlo godere. Un vero e proprio pompino con il sedere. Un fremito, un irrigidirsi del corpo che preme sul mio preso dai sussulti del suo piacere; sussulta ancora mentre le mani stringono con più forza i fianchi per poi farsi quasi morbide, leggere. Sei un fenomeno piccola. Piccola, non schiava. Di nuovo una carezza. Una carezza non lasciva, forse ormai soddisfatto, indifferente. Certo, uno dei meno peggio. Uscì dal mio corpo lentamente, meno dolorosamente di quanto temessi e si fece ripulire da un’altra mentre io, schiantata e dolorante giacevo su un fianco. Cominciavo anzi a preoccuparmi. Aveva dovuto ripetere quasi l’ordine. Un Peccato mortale per me.

Si fermi signorina. Un Famiglio. Una donna, peggio, molto peggio dei Famigli maschi. Ancora più fredde, formalmente più gentili ed inutilmente cattive, loro ed i loro blocchetti d’appunti Mi spiace signorina, devo prendere un appunto su questo o quello. Non ti punisce lei o lui. Ci pensano Lui o Loro, dicendosene anche spiaciuti. Siamo nella zona dei padroni. Ci sono già stata, ma raramente. Quando un Famiglio viene a prendermi, stia cucinando, pulendo, rammendando un paio di calze delle loro divise, qualsiasi cosa stia facendo, magari seduta sul gabinetto, devo piantare tutto. C’è sempre fretta. Sia che spieghino che un padrone vuole usarmi, Dio come odio questo modo di dire, sia che non dicano niente, c’è sempre fretta. Poi la solita trafila: lavata dentro e fuori, massaggiata e truccata, accompagnata fin fuori il salotto, il salone o qui. Ovviamente impastoiata, cioè incappucciata, le mani unite al collare da una catenella, zoccoli che devono sbattere per avvertire chiunque che sta arrivando una schiava, addosso solo un mantello di lana grezza e leggera Come adesso. Temo, sono quasi certa di essere punita. Ho costretto uno dei Padroni Ospiti a ripetere un ordine, un peccato mortale per una schiava. Anzi per una che forse, in premio, diventerà una schiava. Non ho la minima idea della differenza. A destra dice, un passo avanti adesso. La mano di quella mi sfiora appena, mi accompagna fino a sfiorare il muro. Un mio silenzioso grazie. Silenzioso anche perchè il cappuccio incorpora un fastidioso bavaglio. Poi…più niente, l’attesa. Ho imparato a sfruttare ogni occasione, ogni boccone di cibo, ogni momento di riposo. Metto il cervello in stand by, pronta a tornare allerta immediatamente, dormo quasi, in piedi come un cavallo. Un rumore, una porta si apre, un bisbiglio, tanto basso da essere inintelligibile. Vengo portata…altrove, in un’altra stanza. Faccio di nuovo il cavallo…altro rumore. Non servono i sensi resi acuti di chi passa tanto tempo impastoiata. L’odore, il profumo quasi dimenticato di roba da mangiare, di roba buona. Mi fanno sedere. Sono in due, non capisco cosa succeda. Il sedere dolente per il rude trattamento di ieri sera,il velluto di una poltroncina sotto il sedere nudo. La imbocco, signorina, badi a non sporcare per terra. Mi fanno alzare, siedo di nuovo ma non sul velluto. Capisco, potrei sporcarglielo. Un boccone, un altro, poi ancora. Spaghetti, no, trenette o linguine, non so, un sugo che non riconosco, inghiotto golosa. Quasi piango per la ridda di ricordi che quel piatto di pasta quasi fredda porta ad invadermi il cervello. Non voglio, li devo scacciare. Mi rendono troppo debole e vulnerabile. Torno alla realtà quando mi fanno alzare per prendere il tovagliolo da sotto le mie natiche e pulirmi la bocca. Un classico. Dal culo alla bocca. Si scostano, parlottano. L’ha detto Lui. Prendi il vassoio e dalle tutto. Definitivo, chiunque sia Lui. Un boccone di carne. Filetto, paradisiaco anche se freddo. Esistono ancora le patate al forno, esistono ancora le crostate di frutta, di mele. Pochi bocconi, avanzi. Di nuovo borbottano tra loro. La mano dietro la nuca per non farmi sbrodolare e mi fanno bere un poco di vino. Non amo più di tanto il vino. Sono sazia, piena. Mi hanno lasciata sola ed allora, alla faccia di tutto e di tutti dormo, seduta a terra ed appoggiata al muro. Senza chiedermi come mai, il perchè. Non me lo chiedo mai.
—————–
So chi è quella ragazza. Orgogliosa, soddisfatta, ben vestita, anzi elegante. Scende le scale del liceo. Ha finito gli orali e le hanno lasciato intendere, la rappresentante della scuola l’ha detto a chiare lettere, che il suo unico problema sarà ottenere o meno il punteggio massimo. Non glie ne può importare di meno. L’autobus, il suo paese, la piazza con la chiesa ed i portici. Prima di andare in banca un te freddo. Come sia andata lo chiedono in molti. Appartiene ai ‘veci’, ad una famiglia che ricorda…il nonno le parlava di messer Toni o Tonio, il cognome è rimasto quasi identico, che ha combattuto a Lepanto e fatto ‘schei’. A neppure 19 anni ha ereditato dal nonno, stimatissimo da tutti, la fabbrica. Purtroppo il figlio, suo padre, in pochi anni l’aveva quasi fatta affondare, prima di tamponare un Tir. Insieme alla mamma. Aveva solo dieci anni lei. Era cresciuta poi col nonno. Per pochissimo tempo nella villa dove era nata, poi al secondo piano della palazzina in fabbrica. La villa, il parco, il cavallo, la piscina ed il campo da tennis non c’erano più. Venduto tutto, fatti debiti. Tutto per salvare la fabbrica. Faceva i compiti nell’ufficietto un tempo della segretaria. Ad un certo punto, aveva cominciato a fare lei da segretaria. Sentiva tutti i discorsi, seguiva e lentamente cominciava a capire i problemi. Il nonno glie ne parlava quando ancora era alle medie. Aveva cominciato persino a chiedere il suo parere. Per coinvolgerla. Non sono eterno, aveva detto più volte. Era morto pochi mesi prima. Il Mola era diventato il direttore di tutto. Fidatene ma controlla sempre tutto e alla fine decidi tu. Si, l’aveva lasciata pochi mesi prima. Con macchinari vecchi, solo trentotto tra operai ed impiegati e la speranza di farcela. Solo la speranza. Arrivò nella tarda mattinata, accolta e festeggiata. Non le piaceva, ma era una tradizione del nonno e mangiò con il Mola, impiegati ed operai. Poi un colloquio con il direttore ed amministratore delegato, il Mola, per fare il punto. Non andava male rispetto almeno a qualche mese prima. Avevano ordini per superare, lavorando tutti, tutto settembre. Discussero delle banche che erano assillanti. Delle vacanze di lei. Non graverò sui conti della fabbrica ovviamente. Ma voglio fare un viaggio, non so dove. Lascerò persino a casa il telefonino. Userò l’altro. Mola voleva almeno il numero. No assolutamente no. Pensassero quello che volevano. Verso le cinque era a casa, nel terreno che il nonno anni prima aveva regalato al comune per ingrandire, quando fosse stato possibile, lo striminzito parco alle porte del paese. Città volevano si dicesse, ridicoli. Due condizioni, sottoscritte in modo fossero impegnative: che la sola destinazione ed uso del terreno fosse quella concordata e che la casetta poco dentro il parco restasse alla nipote appena nata. Era sua, solo e per sempre sua. Piccola, nel centro di un giardino di pochi metri, circondata da un muro bello alto ed “allarmato” come la casa. Intorno, per un bel tratto il bosco ormai del Comune. Una doccia, stesa poi sul letto mentre il condizionatore cominciava a rinfrescare pensava:vendere tutto? Certamente no. Avrebbe inoltre di certo finito i soldi personali con quel viaggio… aveva detto di voler vedere se non il mondo, almeno l’Europa. Pensieri in libertà. Cinque o sei mesi, forse di più. Senza preoccupazioni, pensieri di ordini o banche, macchinari che non reggevano e sindacati. Vivere magari a Londra per un po. Uscì nel tardo pomeriggio in tuta. Una passeggiata per i sentieri che conosceva bene, al ritorno, mentre già pescava dalla tasca le chiavi, delle mani tremendamente forti l’avevano imprigionata. Una puntura. Più niente.
————————

Passi? No avrò sognato anche questo, io che non sogno mai. Ho costruito nella mente una barriera che non voglio valicare. Un muro livido oltre il quale ho, quasi dagli agli inizi, sepolta persino la memoria del “prima”. Non voglio, non devo pensare al “prima”. Soffro troppo. Mi rende debole, disattenta, mi rende vulnerabile. Penso, sono più che certa che qui i deboli finiscano male.
Voglio vivere, a qualsiasi costo. Forse sarei morta fin dai primi giorni se non fossi stata forte, molto forte.
Forte quando mi sono “svegliata” al buio in una fogna. Non è però una fogna, sono io che puzzo, avvolta nei miei escrementi e nella mia urina. Cerco di sollevarmi, e qualcosa o qualcuno mi trattiene per il collo. Urlo, urlo come una pazza, continuo ad urlare, incapace di trattenermi anche dopo aver recepito che è un legaccio a tenermi giù. Non ci sarei riuscita comunque, sono priva di forze. Poi una luce. Il rumore di una porta, la porta che si apre. Adesso non riesco a parlare. Vomito anche quando non resta nulla nello stomaco da vomitare. Vomito poi parole stentate, domande, ingiurie e minacce. Non ridono neppure. Chiamo la polizia, vi farò andare in galera…ho il diritto, dovete… Dei tre parla il più basso: Diritti? Nessun diritto. Sei una cosa mia. Un premio, un regalo che mi hanno fatto. Imparerai altrimenti…peggio per te. Poi, rivolto a qualcuno che non vedo, Quando avrà imparato quale sia il suo posto vedremo. Quando tu avrai accettato quello che sei,cioè niente e nessuno, ti porteranno da me. Gli ho gridato “crepa”.
Non hanno impiegato molto a piegarmi. Niente lividi, se non nell’anima. Non dovevano “segnarmi o rovinarmi. Ma un bastone che ti colpisca sotto i talloni fa male, molto male, ogni colpo si ripercuote sino al cervello. Per un po non cammini. Essere ficcata e tenuta sia pur per poco con la testa sott’acqua fa paura. Impari cosa voglia dire credere, essere certa di morire. Non sopporto i grossi topi d’acqua. Da bambine ho ascoltato una compagna di scuola raccontare del suo gatto chiuso in cantina e mangiato dalle pantegane. Vero o falso ne fui terrorizzata. Lo sono ancora. Legata per il collo, nella cantina dove mi ero risvegliata, poco dopo che i tre incappucciati mi avevano lasciata ne comparvero per un attimo due, si contesero qualcosa, un boccone. Ricominciai ad urlare. Mi liberarono solo quando promisi di ubbidire…sottomissione.
Lavoro. Lavo, cucino, cucio, pulisco, spazzo. Mangio poco, tremo per tutto il tempo, di paura ed un poco per il freddo. I libricini registrano ogni mancanza. Ad ogni mancanza una punizione. Accetto, accetto tutto. Quando una Famiglia mi ordinò di spogliarmi del poco che mi copriva rifiutai. Mi portano nella stanza dei topi…
Adesso signorina si spogli, completamente. Diviene una abitudine, sul lavoro, nella cuccia di cane che mi accoglie per il riposo, mentre mangio, sempre. Se volevano violentarmi d’altronde l’avrebbero già fatto. Se è per un riscatto, perchè tutta questa messa in scena? I Famigli sono sempre inappuntabili, tutti. Non una carezza di quelle, non una battuta spinta, neppure uno sguardo appena malizioso. Il silenzio che mi è imposto, sempre, in qualsiasi caso, pena una punizione, mi è enormemente gravoso. Loro parlano invece. Tra loro e a me. Solo ordini però, in pratica solo ordini. Molto raramente qualche spiegazione che giudicano indispensabile. Lei signorina ha accettato di sottomettersi, di accettare il suo ruolo, di poter servire il Padrone ed i suoi Fratelli. Un grande onore. Non è ancora pronta. Deve imparare l’obbedienza…deve imparare a tacere, deve chinare il capo in segno di accettazione, uno sguardo e se no un cenno per attirare l’attenzione di uno di noi in caso di bisogni impellenti. Sto imparando. Non ci si inginocchia, mai, davanti ad un Famiglio. Mi posso, devo anzi inginocchiarmi davanti ad un Padrone, qualsiasi Padrone.
Imparo a comprendere gli ordini espressi con piccoli gesti. Imparo ed assimilo. Non voglio essere picchiata, soffocata, non voglio finire con i topi. Se ci costringe la riportiamo al piano di sotto, temo che ci resterebbe più a lungo di quanto le piaccia. Giorni, mesi? Da quanto sono qui? Non ci sono orologi. Non vedo il sole, non sento l’aria sulla pelle, il vento od il sole. Solo corridoi che ormai percorro impastoiata, in zoccoli. Deve battere la suola, fare rumore. Se vedesse qualcosa che non deve…la solita litania per finire: sarebbe peggio per me. Cosa vuol dire: “quando sarà portata dal Padrone per completare la sottomissione?”, oppure: “Deve essere sempre perfettamente pulita, in qualsiasi momento potrebbe essere convocata.” Davanti ai Padroni si sta immobili. Immobili per lasciare che decidano cosa vogliono. Mi prude, da morire. Avessi le mani libere mi gratterei e sarebbe peggio. Sono inanellata. Serve quando te lo infilano, ti chiavano insomma. Diventi sensibile, ti bagni subito. Eccoli. Venga signorina. Solo dentro una stanza ovviamente chiusa a chiave, vengo liberata dalla pastoia e dal cappuccio. Una stanza per la preparazione che conosco. Ero stata inanellata giusti due sonni prima, no forse tre, non importa, ero già inanellata e sono stata portata dal Padrone con la solita frase. Ti vogliono usare. Non che una frase diversa avrebbe cambiato qualcosa.
La normale pulizia e poi una camera, un letto. C’era almeno un letto e quello che mi ha fatto inginocchiare era Il Padrone. Non ha parlato se non alla fine ed ovviamente io ,impastoiata, non ho detto niente. Non l’avevo ancora capito che fosse Lui,cosa da sola molto grave. Fin quasi dall’inizio avevo imparato a riconoscerle i tre Fratelli oltre che dalla voce, dalle forme, da come godevano di me, dalle preferenze, da come mi toccavano e volevano essere toccati, dall’odore e da quanto mi duravano in figa, nel sedere od in bocca . I tre Fratelli e probabilmente tutti gli uomini sono diversi tra loro e preferiscono, anzi vogliono, essere trattati in maniera diversa. Quello che fa piacere ad uno, un dito nel culo ad esempio, mentre gli fai un pompino è quasi una offesa per un altro. Uno te lo mette dentro piano. l’altro più vigorosamente. Se sono nuovi devi esplorarli e capire, almeno intuire. Sbagliare con il Padrone? Meglio non pensarci. Comunque, con Il Padrone, i suoi Fratelli od un Padrone Ospite non c’è differenza. Fai tutto quello che vuole e quando vuole. Mi ha sospinto facendomi sdraiare di traverso sul bordo del letto. Automaticamente ho allargato le gambe perchè potesse fare quello che voleva con suo agio. Mi ha aperto le grandi labbra a questo punto l’ ho riconosciuto, dal tocco; cerca poi il puntino inanellato in cima alla fessurina. Ti sta bene. Sei bella. La mano invisibile ha titillato il clitoride facendomi, facendomi sentire qualcosa di diverso dalle altre volte. Si mette le mie gambe sulle spalle mi monta. Prima la testa del suo cazzo, scusate, della verga del padrone gioca a nascondino, dentro e fuori. Non brucia, non brucia dopo i primi tempi. Qualche contorcimento da parte mia. Senza esagerare. Quando ho cercato di farlo la prima volta mi sono tradita, mi sono mossa troppo e l’ha capito. Peggio per me… Sapevo già cosa volesse dire quella frase. Sempre più diverso dalle altre volte. Finito. Lui gode e si sdraia sopra di me. Quando esce dalla mia pancia provo quasi un senso di vuoto. Ma e’ la prima volta che chiavo dopo che mi hanno messo l’anello al clitoride. Si alza e si è muove avanti ed indietro attraverso la stanza. In ginocchio ordina. Scivolare dal letto impastoiata non è semplice. Mi inginocchio rivolta verso la voce, aspetto. Lo prendo tra le labbra, molliccio, un poco ripugnante, ma ci sono abituata, e come se ci sono abituata. Impiega parecchio a crescermi in bocca ma alla fine è bello duro. Esce dalla mia bocca. Bene ragazzi, divertitevi. Si sono divertiti. Obiezioni? Ovviamente no. Non sono neppure una schiava e prendere cazzi è normale. Mi hanno regalata a Lui per questo. E si sono divertiti. Ragazzi però. Inesperti. Non che mi facciano troppa tenerezza. Non almeno mentre te lo ficcano nel sedere con una certa energia. Non quando ti torcono i seni, non quando te lo infilano in bocca sporco.
————————
Non mi è mai piaciuto e temo che non riuscirò a farmelo piacere mai…

Le cose si muovono in fretta. Niente punizione. Una tranquilla se pure strana serata a vuotare dei portacenere, servire caffè e liquori, guidando le due ragazze. Sono un poco imbranate, accettano senza problemi i miei…suggerimenti però. Occhiate e cenni, qualche rara parola, roba consentita dal servizio. Ho capito al volo chi fossero ai due tavoli di bridge i boss. Tra i Padroni c’è una gerarchia che non capisco ma c’è, ed è importante se ti preme pararti il sedere, capirla, magari solo un poco come capita a me. L’ho imparato ascoltando il mio Padrone ed i suoi due fratelli, miei Padroni anche loro, con gli stessi diritti del Padrone numero uno, il mio unico PADRONE… Complicato, non è vero? Comunque funziona ed è stata una serata tranquilla, fino quasi alla fine, perchè dopo è diventata strana. Strana forse lo è stata anche prima, ma di stranezze ne capitano tante. Dal non sapere dove e quando sono. Niente orologi, niente finestre, Famigli, maschi e femmine, sempre mascherati e quasi muti, padroni ciarlieri e spesso infoiati. Agli”incontri” almeno, e non i miei Padroni, i Padroni ospiti: certamente si impasticcano ben bene ed io come le altre ragazze siamo prestate, messe a disposizione per queste occasioni: prime colazioni, pranzi, cene, Meeting, cioè grandi incontri con una trentina di Padroni e dieci o dodici ragazze. Schiave, come me. Temevo di venire punita ma direi che a questo punto sia tutto a posto. Un colpo di culo, veramente un colpo di culo. Tornando a questa sera ho quasi litigato con una delle due ragazze. Scodinzola troppo. E’ fuori luogo per una ragazzina così giovane e minuta. Fa tirare il cazzo di più facendo la parte della vergognosetta. A questo non sono arrivata. Mi ha mandata a fare in quel posto appena capita la prima parte del discorso. Il culo però lo ha dato via prima lei. Un “morto”, con qualche minuto libero mi ha fatto un cenno. Chi mi suggerisci? La ragazzina ho risposto. Ha un culetto delizioso a vedersi. Credo però che non le farebbe male una aggiustatina da un esperto. Un po’ di scuola. Ha ancora molto da imparare. Se non è in vena di insegnare…credo di essere io il meglio in tutto, almeno adesso, modestia a parte ed almeno qui. Ero andata fuori le righe. Ho trattenuto il fiato. Va bene mandamela. Se la è fatta con comodo un paio di volte prima che il gioco finisse. In quelle due ore, solo in tre si sono fatta una ragazza. L’altra schiava si è fatta scopata ed ha fatto un succhiotto. Non conosco le regole del bridge, ma deve essere un gioco che acchiappa se potendo divertirsi con delle belle donne a loro disposizione in tutto… Mi hanno poi tenuta con loro, in quattro, non tutti ed otto, in una saletta più piccola. Le solite cose al’ inizio, due nel popò e due in bocca. Altro che tranquilla serata… poi un sacco di domande. Se sono tranquilla qui. Qui dove? Tranquilla quando chiunque ti può fare e ti fa tutto quello che vuole? Tranquilla quando non sai neppure che ora è? Come mi piacerebbe dire quello che penso! Invece: Ci si abitua Padrone, al cibo, a tutto. E’ anche in parte vero. Soddisfare il Padrone poi è… diventa…non l’avrei creduto prima…è…chino il capo, finisca lui la frase come vuole. Pattino sul ghiaccio sottile. Non dico altro. Non posso certo dire quello che penso ma non devo assolutamente esagerare. Tutti i Padroni hanno sentito da noi schiave tante di quelle balle da riconoscerle da lontano. Scuoto le spalle, cambio ordine di idee. Quelli che ho intrattenuto sono vecchi. hanno idee…superate. Però mi sono esposta troppo, a che pro poi?
Ferma signorina. La chiave gira nella toppa, avanti signorina, alt, c’è un gradino da salire, l’aiuto. La stronza, è un Famiglio femmina, sa da quanto sono qui e può benissimo immaginare che conosca la strada a memoria, almeno questo tratto vicino alla galera. Il corridoio delle schiave, dove dormono. Attualmente ci dorme una schiava sola. Io. Le altre, quelle che dico “di passaggio” penso siano qui con i loro Padroni ospiti e dormano o vicino o con loro. Ce n’è spesso qualcuno di Padrone Ospite, quasi sempre. Spero di poter dormire. Lo speravo ed ho dormito a lungo. Tutto tace. Orino nel pitale che sposto il più lontano possibile. La catenella che unisce il polso al muro da qualche tempo è più lunga, hanno aggiunto qualche anello. Un caso? Vuol dire qualcosa? Probabilmente no. Sono paranoica. Adesso però posso mettere entrambe le mani sotto la testa… Ci dormo in questa cuccia per cani da quando ho promesso ubbidienza e sottomissione. Dopo aver ottenuta la mia obbedienza, mi hanno portata di sopra vestita di tutto punto. Vestiti miei, presi da casa mia alla faccia degli allarmi. Le chiavi le avevano, le mie. Il Padrone mi ha tolta la benda. Una stanza piuttosto grande, un poco polverosa e puzzolente di chiuso anche Perché loro i Padroni, molti almeno, fumano. Non mi fa paura tornare a quei momenti. E’ al di qua del muro della paura, dei ricordi del “prima”. Il Padrone ripete che sono un premio che sono preziosa e per questo mi addestrerà personalmente, con l’aiuto dei suoi due Fratelli. Quei due? Non userà mai i mezzucci dei servi, i topi, per avere la mia ubbidienza. Userò questa. Mi mostra la sferza, frusta o scudiscio che sia. Imparerai a conoscerla ed a temerla. E’ un ottimo argomento dialettico, vale più di una biblioteca di discorsi. Ubbidirai ad un ordine, qualsiasi ordine mio o dei miei Fratelli, immediatamente. Se esiterai solo un attimo, sarà come disobbedire. Sarai punita, Ha molti pregi questa frusta. Fa male subito, ma poco. Poi diventa sempre più dolorosa, fin a farti impazzire. Eppure, dopo qualche giorno sei come prima, quasi nuova. Tranne dentro. Ogni volta avrai più paura. Ricordati. Una semplice esitazione significa un rifiuto. Inutile poi piangere o supplicare. Adesso ti darò un ordine. Eseguirlo significa accettare di essere mia, definitivamente. Un semplice oggetto, per il mio piacere, per il nostro piacere. Avrò la tua preziosa verginità, ti romperò il sedere, ti insegnerò, ti insegneremo a farci perfetti pompini. Da subito. Un attimo di silenzio per la suspence. Un attoruncolo da avanspettacolo e poi: spogliati! Ero arrivata più o meno disposta a cedere, a fare tutto quello che volessero, pensavo che mi volesse portare a letto, fare l’amore con me e che non avrei potuto impedirglielo. Parlava sul serio della stanza dei topi? Forse si. Se i topi non erano più un pericolo, allora… Volevo dirgli di andare al diavolo, poi decisi di tacere ed infine dissi con una voce certo non ferma: no! Non provai neppure a scappare. Non mi dibattei, non provai ad oppormi quando mi spogliarono e mi appesero al patibolo. Gridai al primo colpo per la sorpresa più che altro. In effetti non faceva malissimo. Una serie di punture di spillo in fila ad ogni colpo. Tacqui al secondo ed ai successivi. Persi il conto. Cominciò il dolore e ad un certo momento divenne insopportabile e gridai. Non smisi di gridare se non dopo che aveva smesso di colpirmi. Venti o trenta colpi di quell’ aggeggio bestiale, scudisciate se è uno scudiscio, sui seni, il ventre e le cosce, la schiena e le natiche, su tutto il corpo, braccia e gambe comprese. All’ inizio brucianti,ma solo come tante punture, file di punture. Poi ad ogni colpo le punture hanno cominciato ad unirsi con lampi di calore di fuoco, poi l’inferno. Uno spray sulla pelle e gridai quasi peggio che per la frusta. Bruciava di più. Qualche giorno dopo mi rifiutai di nuovo. Ricevetti qualche sferzata in più. Avrei resistito, si avrei resistito. Mi arresi qualche giorno dopo; era solo la mia terza volta sul patibolo, all’ordine di spogliarmi per farmi possedere chinai il capo e piangendo cominciai a slacciare lentamente i bottoni. Era tardi per farlo, avevo esitato, ma ricevetti solo pochi colpi, dolorosi ma pochi. Non è pietà o compassione. Mi vogliono subito. Mi aspetto mi prendano, mi violentino subito ma non lo fanno. Stesa a terra dolorante, in lacrime per la mia vigliaccheria più che per il dolore, impazzisco per l’ansia. E’ peggio aspettare, immaginare il suo corpo sopra il mio, lo schifo, il dolore della… di quando mi entra, solo lui, gli altri? Solo quella cosa?. M’accorgo di una occhiata, non di pietà, anzi…intuisco che si aspettano le mie suppliche, che ciò fa parte del loro divertimento e che aumenterà il piacere di possedermi, violentandomi. Secondo loro non è violenza. Io stessa mi sono messa nelle Sue mani, mi sono offerta schiava, ed una schiava non può essere violentata. Non esiste, non è un soggetto ma un oggetto. Se un Fratello od un altro Padrone Ospite mi colpisse con troppa violenza, senza ragione, rovinandomi per sempre, mi lascerebbe a terra ed andrebbe parlare col Padrone, Il mio Padrone, il Padrone di me, di questo corpo. Questa faccenda però non l’ho capita del tutto. Un’ira ferocemente, fredda, feroce e determinata mi invade. Non tremo più per il dolore e la paura ma per la rabbia. Mi avrai, mi farai, mi farete tutto quello che volete, farò tutto quello che volete, io farò, farò la puttana e ci godrò magari. Poi mi vendicherò sa dio come ma mi vendicherò, vi castrerò tutti, vi… E’ da quel momento, mentre aspetto di essere violentata e goduta dai Padroni, che comincia il mio presente, il mio adesso e qui. Mi rendo conto di essere più forte di quanto pensino o pensassi io stessa. Non devono saperlo, non devono saperlo mai. Dovrò superarli in astuzia. Sono troppe le cose che ignoro su di loro e su questo posto. Dovranno fidarsi di me, almeno un poco. Sarò la loro puttana. La puttana migliore, la più puttana di tutte le puttane del mondo. E li lascerò con un palmo di naso e tornerò con i Carabinieri. Calma, tempo e pazienza.
Quasi ventenne non ignoro quanto e cosa potranno farmi. Non devo dar loro ragioni per frustarmi. Ti avvilisce, ti sminuisce anche dentro ti svuota di ogni forza e volontà. Sarò la loro puttana ma non una puttana qualsiasi. Cederò, non protesterò, non vedranno lacrime, poche lacrime e poche grida. Senza gridare no. Impossibile! Oppure si, possibile,secondo quello che mi faranno. Devo cedere, fare tutto quello che vogliono, tanto lo faranno, me lo faranno fare lo stesso. Cederò, ecco…dignitosamente. Non mi potranno togliere la dignità. Quasi mi tranquillizzo. Mangiano, bevono. La bottiglia di vino però mostra che hanno bevuto ben poco, ho sempre temuto e schifato gli ubriaconi. Parlano anche poco. Che lingua parlano? Sono certamente italiani e del nord credo. Conversano tra loro però in una lingua che non mi ricorda niente di già sentito. Uno si alza. Viene accanto a me, si pone con i piedi ai lati delle mie spalle. Scuote il capo. Sei nuda perchè il Padrone possa in qualsiasi momento avere senza fatica accesso al tuo corpo, hanno detto i Famigli ed ora me lo ripeto io. E così sia. Scosto le mani che ho istintivamente portato a coprire il petto ed il ventre. Un assenso con la testa di quello che mi sovrasta. Avevo ragione, ho ragione. Non gli basta maltrattarmi fisicamente, mi vogliono umiliare per spezzarmi del tutto. Forse è solo un lampo di intuizione che però più tardi diventa un ragionamento razionale. Stesa aspetto disfatta. Dio fa che si sbrighino. Non ho più lacrime. Se è inevitabile che succeda subito, in fretta…E succede. Lui, il Padrone, mi chiama con lo schiocco delle dita. Vieni qua. Mi prende tra le braccia e mi pone sulle ginocchia senza che mi difenda. Come posso difendermi? Porta la bocca sulla mia; un bacio freddo. Non sono esperta neppure in questo ma è certamente un bacio provocatorio. Anche questo lo razionalizzerò in seguito ma non rispondo al bacio. Non perché non voglia; sono tutta presa ad evitare di vomitare. Adesso comincia, adesso mi fa cosa? Lo sai stronzetta, adesso ti chiava e tu ti lasci fare, ti fai rompere la figa e tutto il resto. Cosa sia il resto lo immagino solo. No, per adesso mi bacia, mi carezza tra le cosce e le tette. Poi altre mani, altre bocche, un sesso sul viso, un altro sulla fessa del sedere. Non quello no, questo no, non l’avevo, ma si che lo avevi pensato. Il più piccolo mi stende senza che protesti ne lo ostacoli. E’ una dormeuse, un divano senza spalliera e con un bracciolo solo, più che un bracciolo un vero poggiatesta. Sono attenta, concentrata solo a quello che succede a me anche se mi sembra succeda non a me ma ad un’altra che occupa quel divano. Mi vedo, letteralmente mi vedo stesa con il busto sollevato, le cosce sconciamente schiuse che penzolano ai due lati della dormeuse; anche le braccia penzolano senza forza e lui si avvicina . Di nuovo mi carezza, no mi palpa, mi bacia. Mi fa posare i piedi sul divano, mi fa portare le ginocchia al petto per guardarmi tra le gambe. Mostro, bastardo. Bastardo, ma, ma ottiene quello che voleva. Non subito, qualche schiaffo e vede e tocca tutto quello che vuole, compreso il buco del… Serviti stronzo… Non sorrido non sarebbe… normale ne ci riuscirei. Adesso mi svergina adesso mi fa, Il suo coso è li sulla rosetta, spinge, mi fa male anche perchè la posizione è sbagliata, ci riprova. Io sono fuori di testa. Succede ad un’altra, un’altra. Un dolore acuto, no sordo, male e paura. Mi irrigidisco tutta come se potessi impedire con questo al suo membro di seguire la via che ormai ha trovata. Fa male ma… molto meno di quanto avessi mai immaginato e temessi . Un pizzicotto, un pizzicotto molto forte o poco più. Poi brucia, un poco… neppure lo sento dentro di me… forse, un poco, un poco di fastidio. E’ questo che piace così tanto agli uomini? Ed a noi donne anche? E ci hanno fatto anche una guerra, quella di Troia? Per questo? Socchiudo un poco gli occhi che avevo serrati in attesa di uno sfracello. Non lo vedrei in viso neanche senza la maschera. Si affanna a capo chino, sbuffa, è ridicolo, sarebbe ridicolo se sotto non ci fossi io. Accelera i colpi di reni, comincia farmi male alla cervice, brucia? Solo un poco. Bastardo, bastardo bastardo, lo dico a me sola, a ritmo con i colpi che ora mi squassano. Mettimi incinta così te, lo annego tuo figlio…Qualcosa si frappone tra la luce che mi ha costantemente infastidita tanto da farmi chiudere gli occhi. Di nuovo mani ma ora carezzevoli e comunque non intenzionate a dare dolore a fare male, mani sul mio corpo, sui seni. sul pube. E’ troppo. Una bocca, questa volta collaboro, almeno un poco. Quello dentro di me accelera i colpi ancora di più. Fa male, adesso brucia. Non riesco a trattenere i lamenti, chiedo mi lasci e lo supplico di smettere. Smette quando sussulta e si abbandona sopra di me. Ansima come un cane, poi imparerò che ansima come un uomo che si è fatta una bella scopata. Ansimo anch’io. Mi vedo, sono stesa a cosce aperte, immonda del suo seme, ma… tornano. Mi prendono a turno poco più tardi o molto dopo. Mi prendono quando vogliono e come vogliono. Non grido più. Il dolore non si accheta, sono io che quasi mi allontano in punta di piedi dal corpo sul quale si accaniscono e li osservo li ascolto, prendo nota. Li ho nominati padrone 1,2,3, l’ordine col quale mi hanno violentata. Poi imparerò a dire : l’ordine col quale i Padroni si sono compiaciuti di godere o di prendere piacere o di onorare questa chiava, i numeri nel loro nome, almeno in me, resteranno per sempre. Mi hanno marchiata indelebilmente, per sempre. Rispecchiano, scopro, la loro gerarchia. Almeno credo. Non sono scesa al piano sotto per qualche tempo. Una comoda, una brocca ed un catino, rimosse e pulite tutte le volte che serve, a quel che so, giorno e notte. Mi lavo e faccio il resto sotto gli occhi dei Padroni che d’altronde, quando vogliono mi usano liberamente e senza problemi. Che problema dovrebbe mai esserci? E’ il Lungo, il numero tre, siamo Fratelli. Mi ha chiamato con un cenno, sta seduto a leggere. Ubbidiente mi alzo e lo raggiungo, mi ritraggo sorpresa dal loro arrivo, poi lo succhio tra le labbra che ho cercato inutilmente di inumidire abbastanza di saliva. Sotto gli occhi dei due che si sono accostati in silenzio, faccio scivolare il pene appena rigido tra le labbra, lo tocchetto con la lingua, compiaciuta che si gonfi di sangue. Lo faccio scivolare sulla lingua , la chiamano, loro, la mia lingua, passatoia del cazzo. Io non posso, non devo esprimermi così sguaiatamente. Lo finisco e mi inorgoglisco di un mezzo complimento. Sono passati alcuni giorni ormai, quanti non so. Mi terranno qui ancora un poco. Per qui intendono in questa stanza, abbastanza grande, dalla quale loro vanno e vengono. A volte sono sola, dormo su alcune coperte per terra. Almeno fa caldo e mangio; dopo averli serviti e quanto avanzato nei piatti. Se non mangiano qui, salto il pasto. Direi che forse lo fanno di proposito, forse fanno in modo di farmi aver da mangiare. Nella cella della galera sono di nuovo ben presente a me stessa. Ancora nulla. Meglio. Ripenso al pompino, il primo “discreto” ma certo non il primo da quando sono qui con loro. Mi usavano già da giorni. Non avevano mai avuto problemi a godere di me in presenza di uno o di entrambe i Fratelli, ma per ordine di Padrone Tre ero inginocchiata tra le sue gambe. Non era la prima volta. Che aspetti, dai, aveva sibilato, e fallo bene. Era scivolato in avanti tanto da permettermi di carezzargli lo scroto, di leccarglielo, di poggiare il polpastrello dell’ indice senza penetrare il buchetto…Il clangore della porta, vengono a prendermi…

Ci si abitua a tutto. L’ha detto pochi sonni prima un Padrone, un vecchio. Se sapesse che lo chiamo così…mi farebbe ammazzare. Non che sappia od abbia solo sentito di omicidi tra noi ragazze, noi schiave, ma di quelle vecchie, diciamo oltre i venticinque o trent’anni anni, cosa se ne fanno? Mica le mandano a casa. Io mi sono abituata. Abituata ai Padroni ed ai Famigli, alle loro… al fatto di dover accettar di fare cose col sorriso sulle labbra, qualsiasi cosa ti chiedano, e sono spessissimo cose che la brava ragazza un poco snob che ero fino a poco tempo prima, quasi neppure sospettava esistessero. Certo a diciotto o diciannove anni hai sentito parlare di cazzi in culo, pompini ed il resto. Sai che a certe ragazze imprudenti o svampite capitano, possono capitare brutte cose. A te no. Non vai a metterti nei casini. Nel mio caso però, sono stati i casini a cercare me. Mi sono abituata. Mi sono crogiolata nel tran tran di tutti i giorni, mi sto crogiolando soddisfatta perchè da qualche tempo non vengo più battuta, perchè il cibo ancora schifoso, se non abbondante mi è sufficiente, perchè la nuova mantella di lana mi preserva meglio dal freddo. Ed hanno aggiunto qualche anello alla catena che di notte, in cella, mi tiene legato il polso sinistro al muro. Posso mettere la mano in questione sotto la testa. Ma no! Non mi duole più farmi sodomizzare, non molto a meno di non avere a che fare con dei superdotati per fortuna rari. A volte basta poco! Odio i Padroni, sopratutto i miei tre Padroni. Odio ancora di più i Famigli e tra loro odio sopratutto le femmine. Ex schiave? Non l’ho mai creduto per una semplice ragione. Non ne ho mai vista una in faccia, sono avanti con gli anni ma questo non conta. Conta invece che tra quelle che ho viste, non più di una mezza dozzina, molte sono sformate e non possono aver mai corrisposto ai canoni estetici delle schiave. Noi ragazze siamo tutte, a parte l’età che raramente arriva ai trenta, o belle o molto belle, alcune, non io, bellissime. E’ logico visto che ci rapiscono. Anzi ci portano fuori, fuori da cosa? Dal mondo reale? Non me l’hanno mai spiegato, non spiegano mai niente. Tutto è finalizzato a piegarti e poi a sottometterti ed io mi sono piegata. C’è però una cosa cui non so abituarmi almeno dentro di me, e per questo più di tutto odio i Famigli, le donne Famiglio, le Famiglie in primo luogo. La falsa ed ipocrita cortesia, signorina qua, signorina là. Pulisca bene il cesso. Sopratutto odio sentirmi dire che vogliono ‘usarmi’, i Padroni ovviamente. Qualsiasi Padrone. In qualsiasi modo voglia, il che, anche con la fantasia più sbrigliata, restringe il campo a poche cose. Non credo che negli ultimi trenta secoli abbiano inventato niente di nuovo. Il Padrone, il numero 1 non lo vedo ed anzi non vedo neanche i suoi fratelli da…giusto da quanto? Non si sognano certo di avvertirmi dei loro spostamenti. Se mi vogliono o comunque c’è qualche Servizio, arriva un Famiglio e dice di affrettarmi, vogliono usarmi. Appunto! Vengo preparata ed accompagnata ed usata, da sola o con altre ragazze. Non mi piace dire ‘ schiave’. La noia di lavori del cazzo come quello che sto facendo mi hanno fatto riconsiderare le mie speranze, il progetto di fuga. Capirli, conoscerli e fregarli. Un progetto sottilmente e diabolicamente astuto. Non ha funzionato. Neanche ho provato a metterlo in atto. In questi giorni ho però ripensato al tutto. Lasciamo da parte idee del tipo uscire di notte, quando mai ho capito quando fosse notte? D’introdurmi di nascosto nella zona dei Padroni e scoprire uffici, documenti o spiare le loro conversazioni…semplicemente idiota solo pensarci. Di loro conversazioni ne ho ascoltate molte però, dei Famigli prima. Dei Padroni poi, quando è cominciata la mia ‘doma.’ Doma da domare. Ho un memoria notevole, non sono Pico Della Mirandola ma mi difendo. Voglio riandare non al mio arrivo qui. Loro dividono la mia vita tra prima e dopo il mio risveglio nel sotterranei, le cantine, tra i topi, pantegane anzi. E’ Così che mi hanno portata rapidamente ad accettare tutto.
Botte ovviamente e poi fame e freddo, disorientamento ed insicurezza, paura. Accettare la sottomissione e l’ubbidienza, obbedienza anzi con la o, era questione di tempo, poco tempo. Pochissimo tempo. Dopo essere stata appesa e frustata due volte, la terza ho ceduto. Ho chiesto l’altissimo onore di essere Sua schiava. Aspirante schiava anzi. Schiava lo diventerai solo se e quando te lo meriterai. Pulire i corridoi polverosi, la onnipresente passatoia dei corridoi con un aspirapolvere. Tirare a lucido vecchi stanzini da bagno, e fare quant’altro inventano penso solo per tenermi occupata con mestieri “idonei”, non è lavoro da poco. Cucino ancora e servo a tavola i Famigli, in cucina, ma sono tornata ad usare la testa. Difficilmente potrà servire a farmi scappare ma almeno mi estraneo da quello che sto facendo ed il tempo passa più in fretta, ammazzo la noia e può servire magari a pararmi il culo. Per me il “qui e ora” comincia dalla sottomissione, anzi dopo qualche giorno. Non avevo ancora cominciato a chiamare veglie e sonni i periodi considerati prima e da tutti, giorni e notti. Sono discretamente certa che mi mandino a dormire o mi sveglino, almeno qualche volta, solo in considerazione di cosa vogliano farmi fare.
La mia doma. Non ne sapevo nulla, non me ne avevano mai accennato in mia presenza non avevo carpito qualche accenno ai Famigli. Anche a pensarci solo fa male, ma ne ricordo poco. Ci penso, appunto perchè ne ricordo poco e col tempo mi sono fatta l’idea che tanta feroce cattiveria non dipenda da crudeltà soltanto. Un premio, un regalo, ecco cosa sono per Lui e per Loro. Come un gatto, magari di stoffa, un soprammobile. Ma sono una donna. Se gli piace torturare e seviziare perchè rapire belle ragazze? Molto pericoloso. O l’hanno fatto istigati da qualcuno. Perché? Chi ci avrebbe guadagnato dalla mia scomparsa? Ho pensato all’Amministratore della ditta. Ma la delega è a tempo, un tempo che sta per scadere.
Chi altri? Se ci guadagnano solo una ragazza belloccia da sbattere perchè tanta ferocia? Per soddisfare il loro ego maschile, per desiderio di onnipotenza? Forse domare completamente, definitivamente una giovane donna, tra loro è una dimostrazione di capacità, di superiorità? Non so, forse non lo saprò mai, probabilmente saperlo non mi servirebbe a niente. Mentre aspettavo mezzo inebetita dal dolore della frusta, pochissimi colpi peraltro,volevano usarmi subito, si usarmi, ” usarmi” descrive alla perfezione quello che mi hanno fatto e che continuano a farmi, impaurita da morire per terra, ho capita una cosa: si aspettavano le mie suppliche. E’ allora che ho deciso di sottomettermi ma di non umiliarmi. Volevano una puttana ed una puttana avrebbero avuto, la miglior puttana avessero mai visto, la più gran puttana del mondo, Non mi avrebbero però vista strisciare. Almeno dentro di me non mi sarei umiliata. Servile all’apparenza, ma solo in superficie, perchè ero e sono forte, molto più di quanto immaginino. Mi hanno piegata ma non vinta perchè sono forte, determinata. Mi sono piegata volontariamente, senza rinunciare alla mia dignità. Ricordo poco dell’inizio della doma. Dolore, stress, paura del dopo. Flash più che ricordi. Immagini di momenti diversi che si sovrappongono, che compaiono senza ordine di tempo e di luogo. Ho però ricostruito giorno dopo giorno quelle ore. Il Padrone mi ha sverginata ed i Fratelli si sono preso il loro divertimento. Più tardi ed ancora più tardi li ho dovuti ricevere nello stesso ordine nel sedere ed in bocca. Le “formalità” erano finite e ciascuno ha in seguito disposto di me a suo piacimento. Troppo spesso per i miei gusti. Sono arrivata spesso a piangere ed a dibattermi per il male, ma non ho mai supplicato, non li ho mai supplicati. Non so quanto sia durato, molti giorni di certo. Ma sono uomini e le loro palle, nonostante gli stimolanti si sono scaricate. Hanno smesso per esaurimento. In seguito mi sono dimostrata volonterosa di imparare, nei limiti delle mie possibilità e della logica in quella situazione. Si sono stancati forse di essere inutilmente feroci. Certo che hanno continuato per qualche giorno ad usarmi molto spesso. Sempre meno però. Spesso rimanevo sola per momenti od ore, riuscii un poco a riprendermi. Piangevo, dentro di me li maledicevo. Ma cominciavo quasi a mostrarmi sorridente. Fu allora che il Padrone mi disse che ero bravina, si solo bravina. Ognuno dei tre aveva le sue “esigenze” e le sue preferenze. Uno e Tre pur usando ogni mio orifizio avevano una leggera preferenza per la mia fessura tra le tra le gambe, ormai comoda. A rendere comodo il sedere ci stava pensando con impegno Due. Lentamente emergevo dal buio in cui per giorni ero sprofondata. Stavo imparando a conoscere i segni con i quali spesso mi davano ordini. Ordini, soltanto ordini. Servivo loro il cibo che arrivava attraverso una ruota come quelle dei conventi. Usavo la brocca e la comoda per lavarmi e le esigenze fisiologiche ed imparavo a servirli. Ubbidisco ed imparo, per un periodo che è difficile quantificare. Mi rendo conto che i segni della frusta sono scomparsi. Una frusta odiosa anche in questo. Fa male, loro dicono meno di altre fruste, ma al contrario di quelle, dopo tre o quattro giorni i segni scompaiono almeno se usano quel diabolico liquido puzzolente che brucia dieci volte e più a lungo delle frustate stesse. Sono stata frustata sei o sette giorni fa. Sono qui da almeno una trentina… possibile? Si forse di più, almeno trenta giorni? forse di più. Non so per certo e neppure approssimativamente quante volte abbia dormito e poi, no al massimo…in questo sono nel pallone. Una, due tre oppure quattro settimane. Persino arrivo a pensare di essere stata drogata, che mi abbiano dato dei tranquillanti durante i primi giorni della doma. Ma perchè? Non dico che avrebbero preferito fossi più ribelle ma…Quel giorno ha però segnato la mia vita di schiava, di aspirante schiava. Una giornata che mi sarà difficile dimenticare. Non me ne vergogno, ho desiderato prima e sono stata almeno contenta dopo di una cosetta: di aver dato molto piacere al Padrone. Era cominciata come tante altre giornate. Il cicalino, un trillo fastidioso che continuava finché non mi alzavo,il che significava subito. Una pulizia accurata dietro la porticina. Due donne quella volta. Maschi o femmine ormai è lo stesso. Per il resto del tempo avevo a disposizione la comoda ed il catino. Mi profumano persino. Lo trovo un buon segno. Poi pronta ad una attesa spesso snervante. Il Padrone arriva invece poco dopo, vuole la colazione che arriva e gli servo in silenzio come in silenzio l’avevo accolto; un inchino e poi in ginocchio aspettando ordini. Porto via gli avanzi, finisci pure. Niente di speciale. Una brioche sbocconcellata e l’avanzo del caffè. Mi sciacquo le mani e torno ad inginocchiarmi. La testa deve restare china e gli occhi bassi. Le mani sulle cosce, ma attenta agli ordini. Alla nudità totale ci ho fatto il callo, più che alle ginocchia. Penso mi stia spiando e mi prende come spesso accade in questi casi un leggero timore; eccitazione e paura. Quello che mi permette di restare completamente concentrata e vigile, di resistere alla tentazione di alzare un poco gli occhi o di commettere una delle numerose mancanze di etichetta per le quali sono stata più volte punita. Per poco però finisce male. Lo schioccare delle dita mi prende quasi di sorpresa e mi muovo con un attimo di ritardo. Sta però ascoltando musica, in cuffia ad occhi chiusi. Recupero e sono in piedi quando apre gli occhi. Vieni. Mi avvicino pronta ad un nuovo ordine. Siediti qua. Sulle sue ginocchia, schiudo le gambe. Non è la prima volta, mi fruga ad occhi chiusi immerso nella sua musica, forse a tempo di musica. MI sgrilletta e non è piacevole, sono troppo asciutta. Mi arrovescia baciandomi. Padrone…Mi guarda incredulo. Sei pazza od incosciente? Sono certa di essere l’uno e l’altro. Padrone, posso chieder Vi una cosa?
Padrone, posso chiedervi una cosa? Come ne vengo fuori? Mi ero preparata un discorsetto ma il difficile era trovare il modo di poterglielo fare il discorso. Sei pazza. La conclusione è una dozzina di colpi. Scema, idiota e deficiente. Sono le parole più gentili che mi dico. Stanno mangiando ed io non mi reggo. Cosa voleva secondo te? Lui mi guarda un attimo. Cosa volevi? Perché ti sei permessa… Allora parla, altrimenti…Padroni, sono una schiava, la vostra schiava. Voglio diventare una buona schiava, ma come faccio se… se nessuno mi insegna. Scuotono il capo. Capisco solo adesso, è la regola. Non chiedo altro, è inutile. Una delle mille regole non scritte o inventate volta per volta.
Più tardi, dolorante per i colpi, Lui mi chiama. Vuole scopare. Mi stendo sulla dormeuse e con mia sorpresa mi trascina in modo che le natiche sporgano un poco dal bordo. Poi il solito. In piedi mi tocca tra le gambe. Peccato che tu sia sempre così asciutta. Si umetta un dito e mi bagna. Bene, così entra meglio. Entra meglio e senza fastidio. Niente il solito fastidio tipo carta vetrata fino a quando i miei umori non mi bagnino naturalmente. Mi monta lentamente, si arresta, mi prende sotto le natiche e le solleva un poco. Entra meglio, e si muove meglio. Solo dopo capisco, o meglio sospetto. So di aver capito correttamente quando Tre mi fa capire come farmi inculare con meno dolore e maggior (sua) soddisfazione. Con il Padrone, qualche tempo dopo, lezione di pompini. Non dice di fare così e così. Così mi piace di più dice, così non mi piace. Imparo a prenderlo nel sedere da Tre ma anche dagli altri stando in ginocchio. Prima vuoi per il male che per il loro peso cadevo in avanti. Non mi risparmiano le botte, ma…vado avanti e, me ne rendo conto da sola, sto diventando una puttana più esperta o come dicono, più soddisfacente. Con orgoglio ma anche ironia mi rendo conto di essere ormai una vera gran puttana.
Tutti apprezzano il mio culetto, sopratutto per adesso Padrone Tre. Potrebbe però migliorare. Lo dice ai Fratelli. Detto e fatto. I primi giorni con i tutori sono tremendi. Tremendi sono anche i giorni successivi e quelli che li seguono. Ho il culo e la figa in fiamme. Ma ormai fanno tic tac con regolarità tutte le volte che serro i muscoli dello sfintere o della vagina. Tutori diversi ovviamente per muscolature e forme diverse. Ho più lividi di una zampogna ma faccio tic tac secondo i loro ordini. Anche solo camminando. Fanno tic, tic, tic, tac, tac, tac, per ore tutte le veglie, per…ore. Quando i Padroni tornano a comparire da… dopo quanto tempo non so, i Famigli hanno smesso di battermi da tempo ed i segni mi sono scomparsi da un bel po. Niente frusta perchè supero i risultati richiesti e persino le capacità dei marchingegni. Oltre che bella è anche brava, molto volonterosa. Il Padrone lo dice ai Fratelli per farmelo sentire? Non ne sono certa. Ero un poco distante. Ho sentito la fine di un discorso più lungo perchè la musica si è affievolita prima di riprendere. Mi usano tutti, spesso, ed io non me ne lamento. Almeno mangio. Al diavolo tutto. Prima era molto peggio. Qualche mattina dopo, ma ormai chiamo sera e mattina i periodi che seguono e precedono il sonno, Lui, il Padrone…Venga signorina, il Padrone vuole usarla. Da qualche veglia non vengo convocata. Lavorare nei corridoi è quasi più faticoso e altrettanto sgradevole che…. Le deve essere scappato di bocca che era il Padrone a volermi. In genere so solo che qualcuno, uno dei tre vuole usarmi. Niente colazione ed una preparazione accurata, poi le scale. Non mi portano nel salone. Credo mi abbiano fatto svoltare prima. Odori simili ma diversi, Porte con cigolii sconosciuti e, si, fa più caldo. L’attesa, una porta che mi chiudono alle spalle, un’altra. Mi tolgono il mantello ma non il cappuccio, vengo fatta stendere su un letto, i polsi avvinti dietro la schiena, cieca e muta. Aspetto. Ogni novità può essere pericolosa, ho un po di paura. La posizione è scomoda con le braccia legate dietro, annuso, ascolto. Fa caldo, quasi troppo. Rumori? Qualche vibrazione al massimo, proprio rumori no. Odore… Forse… non lo identifico, però forse l’ho già sentito. I famigli non sono mai profumati. Uno, Il padrone. No, non usa questo…non so. Mi sforzo, forse ricordo e forse sbaglio. Passando tanto tempo priva della possibilità di vedere gli altri sensi si acuiscono. Si è proprio un sentore, solo il sentore del Padrone. Ne sono però così certa che mi rilasso. Mi rilasso dopo un esame di coscienza generale. Non ho nessun peccato sulla coscienza. Lentamente mi perdo nel torpore che diventa un sonno profondo. Un rumore, una vibrazione, meno di un rumore. Voci attutite, risate. Abituata ai suoni ovattati, alle voci controllate di Padroni e Famigli ascolto tesa ed attenta, ma il tempo passa il torpore torna ad invadermi, cosa vuole. Me ovviamente, godermi, chiavarmi…ci sono abituata… il sonno. Sono di nuovo sveglia, le spalle mi fanno male. C’è qualcuno, questa volta non ho dubbi. Una voce, vicina ma non nella camera, dietro una porta forse. Ed è Lui. Una donna? Una Famiglia od un’altra schiava…che c’è, sei gelosa troietta? Gelosa no di certo, ma…irritata un poco. Sono qua da ore, ore? Di certo da un mucchio di tempo. Mi sposto un poco, cerco di assumere come sempre la posizione più invitante. Sulla schiena, le ginocchia leggermente piegate, mi giro appena un poco sul fianco destro; esito, piego ancora un poco il ginocchio sinistro posato sull’altro, a celare quello che entrando vorrebbe vedere su tra le gambe…Il rumore della serratura e poi della porta. Un riflesso più che una luce, offuscato dal cappuccio. Andare oltre sarebbe un suicidio, già così è dannatamente pericoloso. Piatta sulla schiena, le gambe schiuse, il sesso in mostra. Come deve sempre mostrarsi una schiava al Padrone. Un sesso che deve almeno fingere di essere pronto a soddisfare il Padrone come la donna schiava deve dimostrarsi pronta, sorridente, lieta e fiera che il Padrone voglia usarla. Ma va a…maledetto. Silenzio, un altro corpo al mio fianco sul letto, la mano, una mano che conosco bene sulla caviglia, su oltre il ginocchio, sosta per un attimo sulla mia cosina e la fruga, un dito, due, tra le labbra, le grandi labbra, su a chiudere nella mano un seno, a torcere piano il capezzolo. Gemo serenamente, posso in questo caso, sono imbavagliata…altre carezze che dimostrano il possesso illimitato, del Padrone su questa donna schiava; si illimitatamente Sua. Non sono carezze del tutto sgradevoli. All’inizio era dannatamente peggio. “Carpe dies”, ovvero, ma non è una traduzione accettabile, goditi quello che passa il convento. Cerca e prenditi il meglio od il meno peggio di ogni situazione, di ogni momento. Un rumore, un odore, cibo, da mangiare. Via il bavaglio. Mi bacia. Avrei voluto, avevo pensato ultimamente di rispondere al suo bacio, di non limitarmi ad accogliere la sua lingua ma di spingergli la mia in bocca. Vietato, Vietatissimo. O meglio penso sia vietato. Noi non facciamo l’amore, non chiaviamo con…siamo possedute, chiavate ed inculate, diamo insomma piacere come bambole di gomma gonfiate d’aria. Esistiamo, esisto, sono stata rapita per essere un premio od un regalo al Padrone da parte di qualcuno. Sta esercitando i suoi diritti su di me che di diritti non ne ho. Mi ha liberato la bocca e la usa. Sono inginocchiata a terra, col cazzo in bocca. Fiacco agli inizi: non che dubiti delle mie possibilità di fargli venire voglia. Ho però le braccia legate, mi esce dalla bocca ripetutamente e fatico a succhiarlo ed a leccarlo come dovrei e vorrei. Si ringalluzzisce lo stesso e più rapidamente di quanto immaginassi, é bello in tiro in un attimo. Fai meno fatica a farli godere quando hanno i coglioni pieni. Mi fa alzare prima, molto prima della conclusione consueta. Mi sospinge, attendo, si muove…qualche rumore. Che cazzo fa? Mi prende per i fianchi e mi attira in avanti: le sue ginocchia… devo allargare le gambe ai lati delle sue che tiene unite per fare quello che vuole. Che cazzo vuole? Un attimo solo e capisco, scendo sul cazzo bagnato della mia stessa saliva fino a riceverlo in figa. Un piccolo balletto di avanti ed indietro di su e giù. La posizione ora è più corretta, me lo infilo fin dove posso. Ed adesso? Mi sembra ovvio, no non è ovvio per niente, si mangia. Era ora. Mi imbocca, ogni tanto un colpo di reni mentre faccio forza sui piedi per alzarmi un poco per poi scendere. Ogni due o tre volte che lo faccio, un boccone, una cucchiaiata anzi. Minestrone, uno schifo, la sbobba che mangio troppo spesso. Poi frittata. Che senso ha mangiare così male per i Padroni? Credevo mangiassero male nel salone: Spinaci, no erbette saltate. Qualche sorso di birra bella fresca e subito dopo sul letto per il dolce. Per Lui almeno. Stesi l’una contro all’altro aspetto ordini. Con Lui può essere qualsiasi cosa, ha fantasia. Mica tanto. Mi sdraia ed io allargo le gambe portando i talloni sotto le ginocchia alzate e schiuse. Posizione necessaria per protendere il bacino e fartelo mettere dentro più comodamente, anche per me più comodamente. Ho già chiavato anche in piedi ma mi prendevano alla pecorina, da dietro. Bastava chinare il busto a gambe aperte e se mai poter appoggiare le mani…Sono loro in quel caso a fare fatica. Entra da conquistatore, senza…inibizioni o remore, da padrone. E’ il Padrone, il mio Padrone. Sicuro come un conquistatore che entri in una piazzaforte arresa. Sono persino contenta di essere coperta dal fastidioso cappuccio che mi esime da sorrisi estasiati, chiavo un poco meccanicamente, ma è male è pericoloso. Inoltre…
Forse perchè sono una volta tanto sazia, ben bagnata oppure… Mi sta chiavando lentamente…è entrato dentro dolcemente, senza fretta, dopo avermi toccato il puntino bagnato. Dà un bel po di fastidio quando ti toccano magari rudemente e con le dita asciutte, fa male anzi. Ma non ha le dita asciutte, non fa male, neppure dà fastidio… ed adesso…lentamente, senza colpi violenti alla cervice…mi…rilasso, provo una strana, distensione?…una resa quasi, un senso di abbandono. Piacere? No, certamente non piacere ma non so, mai provato piacere. Tepore li in basso, un tepore che non ho mai provato e che pian piano cresce, oh, lentamente, poco per volta si espande nel ventre ed io non lotto, non… mi abbandono. Cresce ancora un poco, si fa più caldo e ne fremo. Un tremito che…Lui gode, sta per godere e vorrei…no non gode ancora, mi abbandono e non penso a niente solo alla pace che… no… non pace…cosa? Ma non mi chiedo altro perchè si scuote più volte, ansimando per poi restare immobili ed abbandonarsi su di me. Vorrei gridare di rabbia. E’ questo, non può essere, non io con uno sconosciuto, non con l’uomo che mi possiede, mi violenta quando vuole, come vuole, come adesso. Legata Lo maledico, piango non vista, mi maledico, maledico il mio corpo che mi tradisce, l’essere donna, essere schiava. Mi toglie il cappuccio? Impossibile. Ma non c’è luce, neppure un barlume. Posso solo sentire il volto rasato di fresco? Per me? La bocca trova la mia. Serro per un attimo le labbra pronta a qualsiasi castigo, le schiudo, schiudo i denti aprendomi a Lui, all’uomo, il mio…no, non voglio. Mi solleva tra le braccia, forti e possessive, mi pone nella posizione che predilige. Seduta sulle sue cosce sul cazzo ormai acquietato, a disposizione delle sue mani irrequiete e curiose. Eppure conosce a menadito il mio corpo. Lo conosce fin troppo bene. Eppure lo fruga, lo penetra con le dita, insistendo sul mio sesso non più innocente, colpevole anzi. Di nuovo mi bacia ed ancora… Sto rispondendo al bacio, non sono più passiva. La lingua segue la sua, ci gioca e ne provo un qualche piacere. Protendo il petto, allargo di più le cosce sollevando i fianchi e lo seguo, quando? Lo seguo senza chiedermi nulla quando le mani stranamente dolci me lo impongono. Niente di nuovo. Cosa mai potrebbe esserci di nuovo?. Vuole il mio sedere. I polsi uniti lo ostacolano e Lui non ama, non tollera nessun ostacolo. Li scioglie. Stesa bocconi porto le mani al sedere e schiudo le natiche. Brava schiava, la mia schiavetta. Godo di queste parole ed al tempo stesso ne sono oltraggiata. No, ne godo ed al diavolo il resto, tutto il resto. Mi bagna dei miei umori intingendo le dita alla loro fonte e questo basta a rendermelo accetto. Mi posa il membro nella fessura tra le natiche, per tutta la sua lunghezza, lo muove ed insieme preme ,si eccita, lo sento. Infine lo punta e spinge. Spingo anch’io. Sono quasi invasata ed al tempo timorosa del male. Ringrazio e mi congratulo del lavoro fatto con i tutori. Fa male ma entra bene, di più. Protendo le natiche al possesso. non spingo più. Non posso, non voglio, perchè mai? Non voglio, entra con maggiore difficoltà. Voglio dargli più piacere e soffrire è quasi un dono che gli faccio. No il male è troppo, cedo e lo lascio muovere a suo piacimento senza più ostacolarlo, lo lascio entrare ed uscire mentre la sua destra si insinua sotto il mio corpo, raggiunge la fighetta ancora bagnata e, e mi fa stendere sul fianco infilzata come una farfalla. Non dura quanto vorrei. Ora ne sono certa, più forte di prima, un inizio forse solo un inizio di piacere, è bello sentirlo crescere in me, invadermi prepotente, sconvolgermi, riscaldarmi il ventre sino quasi a togliermi l’aria dai polmoni, arrestarmi per un attimo il cuore’. Lui gode, è finito. Resto ansante e maledetta, piena di vergogna. La luce mi abbaglia. E’ di nuovo, no si è messo la maschera. Mi prende ancora, più tardi. Mi chiedo come sia possibile. Più tardi ancora il cazzo mi viene brutalmente spinto quasi in gola. L’ho preso nel culo ma sa di saponetta, si è lavato. Mi si svuota in bocca…poche gocce… Un Famiglio mi accompagna verso la galera.

Incubo B) 5

Trascorro i miei periodi di sonno nella cella della Galera, il corridoio dove dormiamo noi schiave. In genere sono la sola schiava ma da due o tre sonni sento talvolta rumori. Zoccoli che sbattono, quindi schiave, noi dobbiamo sbattere forte gli zoccoli, farci sentire; si, rumori di zoccoli attutiti dalle due porte. Me ne meraviglio ed al tempo stesso non mi importa. Altre schiave significa però la presenza di altri Padroni. Non ne ho mai visto uno, oltre ai tre Fratelli cui appartengo. Rapita, convinta alla Obbedienza, sottomessa, violentata solo dopo aver accettato, anzi chiesto di essere fatta schiava. Aspirante schiava, avrei dovuto meritarmelo quel titolo. Mi hanno convinta con lo scudiscio in tre sessioni. Credevo di resistere ed invece ho ceduto e mi hanno violentata. Secondo loro non è stata violenza. Sono una schiava di conseguenza possono fare di me quello che vogliono, e lo fanno. A dire la verità forse ho visto un altro Padrone, quello che mi ha insegnato come indossare i ‘tutori’. Forse un padrone od un ‘tecnico’, non un Famiglio. Li indosso tutte le mattine e li tengo nel retto e nella vagina a lungo. Mi permettono di toglierli solo quando ho raggiunto il numero di tic tac richiesto oppure quando vogliono usarmi. Odio questa parola ed i Famigli che la usano. Non cambierebbe niente ma preferirei dicessero scopare o chiavare o…questa volta sono qui per me. Mi estranio, lascio mi conducano e facciano quello che devono. Il solito. In cucina a preparare la prima colazione; talvolta è il pranzo o la cena. Una tazza di latte e pane di ieri per me. Rigoverno e di nuovo in zoccoli, mantello e cappuccio e seguo una alla preparazione. Non la vedo ovviamente. Sono impastoiata. Oltre al cappuccio che mi impedisce di vedere e di parlare, ho le mani unite ad un collare. Lei tiene un capo della catena attaccata al collare. Se passi tante ore impastoia impari a fidarti degli altri sensi. L’udito, l’ olfatto. I Famigli, i maschi puzzano di sudore, lei no. Poi i passi sono corti quanto i miei. Una donna, il peggio del peggio. Ed adesso, dopo la preparazione siamo diretti verso il salone. Significa che uno, due o tutti e tre i miei Padroni sono qua o verranno. Indosso ancora i tutori; li posso togliere prima di aver finito gli esercizi solo su loro ordine. L’ultima porta e vengo lasciata in piedi, impastoiata. Vieni qua: la voce del Padrone numero uno, il mio vero Padrone. Quello che mi ha avuta come premio od in regalo. Dice sempre le due cose insieme. Appartengo a lui solo ma i suoi due Fratelli possono fare sempre quello che vogliono, anche frustarmi, e l’hanno fatto e lo fanno ‘quando serve’. Quando mi sono sottomessa, dolorante per i colpi , stesa a terra ho capito che volevano, anzi no, che si aspettavano li supplicassi di risparmiarmi. Ho deciso che mi sarei piegata od avrei finto, invece mi sono piegata e come, comunque ho deciso che sarei stata la miglior schiava quindi la più grande puttana avessero mai avuto anzi di cui avessero mai sentito parlare…li avrei ingannati per trovare il modo di fuggire. Una pia illusione. Comunque mi sto già muovendo verso la voce. Che cazzo…aspetta. Poco dopo vengo liberata. Il campanello della ruota, è arrivata la sua colazione. Caffè, due brioche ed una bottiglietta d’acqua. Lo servo. Non spero molto avanzi qualcosa per me, non lui, non dopo che mi ha fatta portare nella sua camera una decina di sonni fa.
Ho fatto la sgualdrina cercando di sedurlo. Muovendo il culo e gemendo quasi mi piacesse. Quando mi baciava avevo risposto ai baci succhiandogli la lingua e spingendogli in bocca la mia di lingua. Senza incazzarsi ma con durezza mi ha mandata via. Sono stata frustata mica male. Da allora mi usa, questo si, ma poco e mi tratta freddamente. Niente più lezioni di come si scopa, lo si prende nel culo o si succhi al meglio un uccello. Un altro caffè ed altra acqua. Raccolgo un boccone caduto. Ho fame e fatico a sopportarne il profumo. Resisto. Sarebbe un suicidio. Porto via il secondo vassoio. Nonostante stia con gli occhi chiusi ascoltando musica in cuffia, mi sta di certo spiando. O no? Ormai la tentazione è svanita oltre il muro. Un cenno, un ordine inequivocabile. E’ steso sulla dormeuse i piedi però posano a terra. Slaccio la cintura della vestaglia e scopro il cazzo. Parlando, le rare volte che posso parlare, cioè quando mi fanno una domanda, lo devo chiamare verga o virilità. Loro possono dire quello che vogliono. Si sospinge in fuori tanto da agevolarmi. Carezzo lo scroto ed alito sul pene ancora molle. Sollevo le palle le lecco prendendole in bocca. Lecco la base del cazzo. Anche quello mi sta tutto o quasi tutto in bocca, almeno per adesso che è ai minimi termini, ma comincia a crescere, il pompino mi sta venendo bene, molto bene. Al diavolo, entra qualcuno. Non importa, mi da fastidio ma non posso e non devo certo smettere. Il Numero Tre, l’attuale estimatore del mio sedere. Non è solo, con lui c’è Due. I miei Padroni sono tutti qui. Io continuo il pompino ma Lui dice di fermarmi. Peccato, mi stava venendo veramente bene ed a Lui piacciono i pompini ben fatti, lenti e professionali. Ma questo non lo ha mai detto. Sarebbe stata forse l’occasione per cominciare forse a farmi perdonare. Mi prende per i fianchi attirandomi verso di lui. Alla fine mi ritrovo semi sdraiata tra le sue braccia, a cosce aperte e la sua mano che distrattamente mi fruga. Parlano e ridono. Non capisco nulla ovviamente, neppure che lingua parlino. Sono Italiani, di che parte d’Italia non so, del nord comunque. Non si bagna mai, dicono Ci impiega un secolo. Provvederemo. Si siede eretto e mi fa sedere in grembo a lui. E’ chiaro cosa voglia. Prima devo però metterlo in grado di scoparmi, ma è quasi pronto. Qualche carezza, lo meno un poco, lo scappello e lo sfrego sulla mia fessurina come piace a Lui. Tanto basta. E non sono più proprio asciutta. Nondimeno devo far forza, gravare col mio peso, almeno all’inizio. Entra, di più. Entra fin dove posso accoglierlo. Un mio sospiro e comincia a darmi dei bei colpi di reni. Io aiuto come posso. Mi attira in basso verso di lui e penso mi voglia baciare. Mi bacia anche ma non è per questo che mi tiene quasi stesa su di lui. Le due mezze meline vengono separate, il cazzo di tre mi entra ruvidamente in culo. Scopano all’unisono godono quasi insieme, Loro. Io no.
Non godo affatto, anche se ormai essere posseduta come vogliono mi lascia indifferente. L’importante è non essere picchiata, avere da mangiare a sufficienza, non avere freddo. Al diavolo tutto il resto. Mi hanno fatta diventare una puttana. No, ho voluto diventare una puttana. Una grandissima puttana. La loro puttana. Ho tre Padroni che mi scopano egregiamente ed ora che ho accettata la cosa, non mi spiace neppure, non del tutto almeno. So di donne che si lamentano dei loro mariti non abbastanza ‘affettuosi’ tra le lenzuola. Quando non si fanno vivi i Padroni devo cucinare, pulire i corridoi, le scale, i cessi. Chilometri di corridoi, un numero esagerato di gradini ed uno sproposito di vecchissimi cessi. E fa freddo mentre il mangiare, anche se cucino io, è poco e fa pure schifo. Preferisco farmi scopare, ‘essere di servizio’ nel salone, portare i piatti dalla ruota alla tavola. Mangio avanzi? Certo ma neppure Loro mangiano granché bene, sempre meglio però dei Famigli. Tengo pulito il salone, non è un gran lavoro. Devo scoparmeli tutti e tre. Si, quando ne hanno voglia e non capita troppo spesso. Forse la maggior parte delle mogli non lo prende nel culo né fa pompini spesso come me. Mi sto però abituando. Non ho più il culo o la figa in fiamme e neppure la mascella mezzo slogata. Sto persino imparando a prenderlo in gola senza troppi problemi. Cerco di essere sorridente, cerco di muovermi con grazia, cerco di essere desiderabile. Cerco di essere quello che penso debba essere una buona schiava. Forse ci riesco, almeno un poco. Ricominciano a venire più spesso. Hai ripreso un po’ di ciccia, bene, eri diventata troppo magra fa Padron Tre, quello che ora apprezza particolarmente il mio sedere; ed ora parlano più spesso in italiano anche se solo di cose che non mi servono a nulla. Meglio di niente. Sospettavo da tempo e solo da pochissimo ho la certezza che i tre siano non veri fratelli bensì membri di una associazione o setta e che di Fratelli ce ne devono essere ancora, magari molti. Altro non so. Mi sto abbandonando al fatalismo, sto accettando il mio stato. Che fare d’altronde? La disobbedienza non mi porterebbe fuori di qui. Prima mi hanno piegata con il terrore dei topi, poi con botte, fame, freddo e frusta. Dimenticavo i colpi sotto i talloni e la testa tenuta sott’acqua. Grazie, no, ho già dato. Mi sono immedesimata nella situazione. Non c’è nulla fuori o sopra di qui. Non esiste il ‘prima’. Esiste solo il ‘qui ed adesso’, dopo quello almeno che il Padrone ha detto, e cioè che mi avrebbe domata Lui senza ricorrere a metodi da servi come i topi, prima ho cercato di resistere ed ho resistito due volte. La terza, di nuovo sul patibolo, legata con i polsi in aria ed in attesa di essere frustata ho avuto troppa paura del male ed ho ceduto di colpo. In quel momento ero assolutamente indifferente a tutto, assolutamente a tutto…Tranne che alla frusta. Ho chiesto, supplicato, di essere la Sua schiava. Non gli serviva altro e perché ne avesse bisogno o lo volesse non lo so. Per me era lo stesso e Lui poteva farne benissimo a meno. Lo ha preteso per sua soddisfazione, per sentirmelo dire o per’Regole’ loro? Ora la mia ‘doma’, dice Lui, è a buon punto. Come ormai spesso accade, mi tiene tra le braccia, nuda ovviamente e a gambe ben aperte per non ostacolarlo, per permettergli di toccarmi come vuole. A volte stiamo così molto a lungo, in silenzio, lui ascolta musica in cuffia, e fruga persino con qualche delicatezza la piega del sesso cercando il granellino di riso al colmo delle piccole labbra. Cerca di farmi bagnare e ci riesce sempre più spesso. Mi piace, almeno un poco, sopratutto quando si umetta le dita prima di cominciare a toccarmi il puntino, diversamente è fastidioso e talvolta fa male. Bagnarmi in fretta è poi utile quando mi chiavano; non sempre ho tempo di bagnarmi da sola con la saliva in modo discreto, senza che si veda troppo cioè. Poi, quasi un rituale: lo prendo in bocca. Quando è quasi del tutto in erezione gli piace farlo scivolare sulla ‘morbida passatoia’ della lingua, la ‘passatoia del cazzo’,dicono. A volte gode così. Altre volte vuole il mio ventre ormai accogliente o il buchetto, mi fa il culo insomma. Il primo più spesso del secondo. Nessuno di loro ha la minima remora a godermi davanti agli altri, anzi, spesso si danno appuntamento per ‘giocare’ tutti insieme. Ormai la cosa non mi fa più ne caldo ne freddo. Mi accorgo di considerarli quasi dei mariti. Mariti? Non esagerare piccola troia non allargarti troppo. Avevo scosso il capo dandomi della pazza all’idea. Ma è così sbagliata? Siamo una specie di famiglia, con tre mariti padroni ed una moglie schiava. E’ una cazzata, ma una cazzata che mi aiuta. Se li considero i miei uomini legittimi, quasi i miei mariti mi riesce più facile…tutto. E loro se ne accorgono di questa mia crescente disponibilità? Non lo so ma… spero la apprezzino. Ne sono quasi certa od almeno lo spero un poco. E poi, piccole cose: qualche carezza che sa quasi, forse, un poco, di tenerezza; una maggior dolcezza quando mi godono, e più cibo. Anzi il mangiare è quasi sempre fin troppo. E’ il modo che conta. Un piatto di portata da cui li servo e che diventa poi il mio piatto, un tovagliolo di carta pulito… piccole cose insomma. E sono contenta quando li sento godere, dentro di me, quando sono soddisfatti, sia che mi abbiano scopata od inculata, sia che si siano solo fatti fare una sega od un pompino. Riguardo a prenderlo in bocca, i Padroni si lavano sempre dopo avermelo messo nel sedere. Sempre fin dall’inizio, tanto che lo trovo naturale. E poi, mi baciano in bocca. Diversamente come potrebbero farlo? Baciarmi dopo che avevo succhiato un cazzo sporco! Assurdo! Per fortuna gli piace baciarmi in bocca, diversamente…ed avrebbero saputo convincermi. Sono assolutamente e sempre convincenti. Mi adatto pian piano, quasi senza accorgermene, a questa vita. La violenza non è più violenza quando la accetti ed arrivi persino se non a giustificarla, almeno a spiegartela. Mi battono Perché sono stata poco attenta e non ho afferrato un cenno, un ordine cioè. Mi devo addormentare affamata perché…Hanno sempre un perché. A me trovarlo ed evitare di cascarci la prossima volta.
Sono stata troppo fredda e scostante mentre uno dei Padroni si compiaceva, mi faceva l’onore di usarmi oppure mi sono dibattuta per il dolore di una penetrazione troppo repentina. Non dovevo, è stata colpa mia. Al tempo stesso è fin troppo facile cadere nei sogni, nelle illusioni fantastiche. Certamente mi danno degli antifecondativi. E’ certo ed ovvio. Che se ne farebbero di una schiava gravida? La farebbero abortire. Più logico eliminare il problema. Fino dall’inizio sono cessate le mestruazioni. E se facessero un errore e mi trovassi col pancione? Se impietositi e magari commossi decidessero di farmi portare a termine la gravidanza? Scemenze ovviamente. Ogni tanto però mi crogiolo in idee di questo genere. Poi, dopo parecchie volte che ci giravo attorno, un’altra idea, un sospetto. Chi mi dice che gli odiosi Famigli non siano appunto i figli delle schiave. Possono allevarli ed allevarle, poi farne schiave e Famigli. Non ci penso più. Non spesso come prima. Il mio corpo e l’uso che ne fanno è parte, la maggior parte per fortuna, del mio lavoro, occupa la mia giornata. Ci sono lavori peggiori dentro e fuori di qua: In fabbrica, ad esempio, alla catena di produzione. Qualche volta, questo ‘lavoro’, raramente a dire la verità, mi dà persino piacere. Non il piacere fisico di cui ‘prima’ avevo qualche volta sentito parlare ed di cui avevo forse ed in modo, minimo ma…bello, provato qualcosa, quell’unica volta con il padrone nella camera…Meglio non pensarci. I loro gusti poi, cambiano. Due e Tre si alternano a usare di preferenza il mio sedere mentre il Padrone di preferenze non ne dimostra, lo usa spesso anche lui però. Di conseguenza per un bel po’ l’ho avuto quasi in carne viva. Adesso grazie ai tutori sono diventata molto brava. So come farmeli entrare senza tutti i problemi che avevo prima ed al tempo stesso come lavorarmeli ben bene una volta dentro. Voglio ancora migliorare e per questo vado persino oltre quanto mi venga imposto nel lavoro con i tutori. Così ho anche un bel margine quando cambiano la regolazione interna di quei marchingegni. Per quello anale è abbastanza facile ed i risultati sono notevoli, per quello vaginale è una storia diversa. E’ diversa l’anatomia e la muscolatura. Quel tutore serve sopratutto a non farmela slabbrare, a farla restare tonica, quasi da sembrare se non nuova almeno poco usata, e comunque funziona. Al Padrone piace ‘suonarci la chitarra’ con la mia fichetta. Qualche volta piace anche a me. Mi rimescolo un poco dentro. Forse mi rimescolo anche solo a farmi coccolare da lui e più ancora quando mi monta. Mi rimescolo persino, ma di meno, sentendoli o solo vedendo che riesco a farli godere. Vuol dire che ho fatto un buon lavoro. E…forse…un poco gli piaccio, chissà, potrebbe, Lui, Loro… volermi un poco bene…Non far la scema, sei solo la loro troia, una schiava. Ma, la mia ‘Famiglia’… Perché no. Con una sola donna per tre è ovvio che io sia piuttosto impegnata ed è anche ovvio che mi tengano ‘in riga’. Serve ad evitare dissapori tra loro e…o…al diavolo, non so, non voglio sapere.
Tutte cazzate. Sono tre bastardi che mi tengono prigioniera e mi usano quando e come vogliono. Però potevo capitare peggio. Potevo trovare Padroni vecchi, catarrosi e puzzolenti e..bene, poteva essere proprio peggio. Potevano essere tizi meno amanti della pulizia, potevano chiedermi di fare pompini alla merda dopo avermi inculata. Il peggio comunque l’ho lasciato alle spalle. Non saranno rose e fiori ma il peggio è passato.
Un’altra giornata è passata. Un poco monotona, il Padrone è venuto a pranzo ma si è fermato ben poco. Ne ho approfittato per finire di pulire le carte da parati che coprono i muri di cemento. Meglio pulire il salone che i corridoi. Credo che i Famiglia abbiano ordine di lasciarmi fare. E dopo i muri pulirò il pavimento e poi mi inventerò dell’altro. Intingo il pane avanzato a pranzo nel caffè che il Padrone ha ordinato, una caffettiera da tre che poi non ha bevuto. Due formaggini ed un frutto. Tra poco la marcia dello zoccolo selvaggio ed una dormita.
E così sia.
Dormire, dormire e svegliarmi riposata. Per secoli un sogno. L’alternativa: svegliarmi stravolta di stanchezza oppure affamata. Spesso l’una e l’altra cosa insieme. Be, un po di fame ce l’ho. Orino con calma nel pitale che spingo lontano, mi stendo. Ordino una prima colazione completa. Mi sbizzarrisco, una colazione da hotel di lusso. Peccato vengano a prendermi prima che mi venga servita. In fretta, signorina, vogliono usarla. Almeno si mangia: latte e pane vecchio. Quando hai fame è buono. Dannatamente poco però questa mattina La preparazione è minuziosa, più minuziosa del solito, ma è già successo. Ormai la strada, i corridoi e le scale per il salone, la potrei fare anche impastoiata. Siamo arrivati. Via tutto? Una benda e basta? E Perché il mantello? Novità. Non ho tempo però per preoccuparmi. I Famigli mi lasciano chiudendosi la porta alle spalle e la porta del salone viene aperta. Di qua. E’ Due e mi pilota. In genere sono a capo scoperto ed intendo senza neanche la benda, oppure col cappuccio ma senza mantello. Pochi passi… Eccola. Te l’ha regalata il terzo Maestro, un regalo che è anche un onore. Si, ne sono stato veramente onorato. Hanno scelto come dono una ragazza molto bella. Chi è che parla, chi c’è nel salone? Poi un’altra voce che non conosco ed una terza. Tesa si, allarmata no, non più di tanto. Ascolto attenta però. Togliti la benda. E’ il Padrone. Non riesco a sciogliere il nodo ed allora la sfilo. La luce mi abbacina, sbatto le palpebre, poi riesco a vedere. Ricorda le regole, ha mormorato Due prendendomi per un braccio e pilotarmi dentro il salone. Abbasso immediatamente il capo e resto in attesa ‘in posizione’. Posso in un attimo inginocchiarmi o eseguire quello che mi vorranno ordinare di fare. Ruota. Un ordine del Padrone. Il modo corretto di eseguire l’ordine consiste nell’alzare le braccia unendo quasi le nani sopra la testa. Le braccia però non devono essere del tutto tese, per il resto ruotare alla giusta velocità per ‘mostrarmi’. Mostrarmi, si. Ovviamente il mantello mi copre anche se si alza un poco. Due tre giri e la testa mi gira un poco. Fermati. Lascia cadere il mantello. Ma sotto sono nuda! Ma certo che sono nuda ed il Padrone che mi ordina di mostrarmi. Certo che devo mostrarmi, è un ordine del Padrone che vuole esibirmi, ORGOGLIOSO, ai suoi amici, altri Padroni. E’ bello, è orgoglioso di me, la sua schiava, la sua donna schiava, ma… Temo di aver esitato, l’allacciatura del mantello per fortuna non mi causa problemi e sono talmente abituata a farmi vedere nuda persino dai Famigli che dopo poco non ci faccio più caso. Commenti piacevoli da sentire. Certo fanno piacere ai Padroni. Gli piace il viso. Il viso? E gli occhi pure. Ha un gran bel culo, ed anche il petto. Florido al punto giusto, non esagerato. Si fa chiavare ed inculare con rispettosa sottomissione sopratutto il culo è notevole. Sono i miei Padroni ora a parlare. Si sono orgogliosi di me ed io per la vergogna di certi particolari vorrei sprofondare ma al tempo stesso non vorrei smettessero. Sanno che sono ‘obbediente ed a buon punto della Doma’. Un attimo di silenzio. Ci sono due schiave. Noto la prima Perché mi fa un cenno, indica la ruota. E’ bellissima anche se più vecchia di me di almeno quattro o cinque anni. Solo alla ruota vedo che il bellissimo seno è deturpato da vene bluastre. Peccato. L’altra è certo come forme meno perfetta ma la giovinezza fa premio. Non voglio neppure pensare quanti anni possa avere. Sono un poco emozionata. Va bene mostrarmi ai Famigli, ma questi sono Padroni. Non riesco però a vergognarmene più di tanto. E Perché dovrei? Le altre due si muovono con sicurezza, quasi con noncuranza e quando il Padrone della piccola le sfiora il culo mentre gli passa accanto, lei si ferma immediatamente a gambe leggermente schiuse e le ginocchia piegate per agevolarlo. Brava, è molto brava, le invidio i riflessi così pronti. Si fermi signorina. Solo adesso realizzo di essere nel corridoio che chiamano Galera. Ci sono le celle dove dormiamo noi schiave. Io sola quasi sempre. Il solito ammoino come temessero una mia fuga. Le porte aperte e poi chiuse alle mie spalle una per volta, il polso sinistro liberato e poi incatenato al muro. Solo a questo punto vengo liberata dalla ‘pastoia”. Collare e catene ai polsi, cappuccio che mi impedisce di vedere, bavaglio e mantello. Dire che sono stravolta e è troppo poco. Mi è crollato addosso il muro che mi ero pian piano costruita intorno. La corazza di illusioni, di finta e folle normalità che mi ha permesso di sopravvivere in un mondo che di normale non ha assolutamente niente, si è sbriciolata lasciandomi nuda ed indifesa. Tolte le illusioni che mi sono costruite ed in cui mi sono cullata per tutto questo tempo cosa mi resta? La realtà: questa cella in cui trascorro alcune ore nel sonno, questo letto puzzolente,solo una cuccia per cani, poi le catene, gli zoccoli, il collare ed i bracciali, il bavaglio ed i lunghi silenzi. Il rimbombo dei miei passi o meglio degli zoccoli che devo sbattere con vigore per avvertire: chi mai? Che una schiava sta arrivando. Si una schiava. Una che è stata strappata al mondo, alla luce ed al vento e rinchiusa qui sotto. Qui sotto dove? Da quanto? Non lo so. Mi hanno subito privata dell’ orologio di tutte le donne, niente cicli. Di altri orologi neanche l’ombra. Per quanto? Non lo so, fintanto che sarò giovane e bella penso. Per cosa sia qui, si lo so, lo so fin troppo bene perché sono qui. Da quanto, per quanto e dove siamo non lo so, ma il perché si. Per il divertimento sadico, perverso e criminale di una banda di vecchi e giovani bastardi pervertiti. Cosa servono delle femmine piacenti ed anzi belle a bastardi del genere? Non serve essere dei geni per capirlo. Donne da sbattere, da scopare e da usare in tutti i modi. Gratis. No gratis no. Tutto questo deve costare un mucchio di soldi, una montagna di soldi. I Famigli, maschi e femmine sono servitori e vanno pagati e va pagata la loro assoluta discrezione. Questo posto non so quanto sia grande ma certo non è la cantinetta di una villetta a schiera. Mi perdo, non mi interessa più niente. Scappare? E come? Il sogno della fuga mi ha sorretta per qualche tempo per poi scomparire nel nulla. Mi sono rifugiata in un altro sogno, quello della normalità. Ero una schiava e vero, ma una schiava amata, quasi una moglie dei miei tre Padroni. Piccole cose son bastate a nutrire questa illusione. Un poco di cibo in più, non granché, mangiano male anche i Padroni, tutto quasi freddo, chissà da dove arriva. Ho lavorato come un cane a pulire e rendere un poco più accogliente questa sala disadorna e polverosa facendo contemporaneamente la parte della donna di tre uomini. La donna, l’amante e, perché no, la moglie. Una moglie che viene bastonata, anzi frustata se parla senza esserne richiesta. E mi inventavo anche che era colpa mia. Già, la frusta ed i topi di fogna. Con i topi, le pantegane per essere più precisi, i Famigli hanno ottenuta la mia obbediena. Dimenticavo le bastonate sotto la pianta dei piedi dove i segni non si vedono e la testa sotto l’acqua fin quando quasi non svieni, ed ancora un lavoro monotono faticoso; tanto lavoro. Il tutto in genere al freddo e con poco da mangiare: i loro avanzi. Ma ci si abitua a tutto. Mi sono abituata a tutto. I padroni a frustate hanno avuta la mia sottomissione convincendomi a soddisfare le loro esigenze diventando una puttana esperta, e più tardi a portare nel culo e nel sesso i tutori, grossi e pesanti marchingegni. Ho accettato di essere la schiava di Chi? Bella domanda. Sono stata regalata o data in premio, vergine, al Padrone che mi divide con i suoi due Fratelli. Non proprio fratelli. Non fratelli carnali, una specie di consorteria. Sono anche loro i miei Padroni. In tutto intendo, proprio in tutto. E quando il mio sedere non ha risposto appieno alle esigenze di Tre, il Padrone numero Tre, quello che mi ha violentata per terzo, mi hanno fatto appunto indossare i tutori. Un gran male ed una fatica improba all’inizio. Adesso sono più che contenta di aver imparato ad usarli. Hanno valorizzato il mio buchetto posteriore. Mi è servito bene anche oggi. Servito bene? A cosa? Mi hanno… mi hanno usata come una puttana. Per quella puttana che sono. Si, sono una puttana. Lo sono sempre stata da quando sono qui. Che stessi nuda davanti a degli estranei mi aveva infastidito solo per un attimo. Anche le altre due erano in divisa da schiave. Nude e scalze. Diversamente da me avevano però un bel collare ed anzi, alla donna, quella bellissima ma con le tette rovinate dalle venuzze, dal collare pendeva un ciondolo. Dovevo essere arrossita come la brace sentendo quel che dicevano di me. Lo prendevo dappertutto con grazia e maestria, ero cioè una gran puttana e molto ubbidiente. I Padroni sembravano molto compiaciuti. Io ero contenta tutto sommato. Se erano contenti anzi orgogliosi di me…poi, mentre lavoravamo per preparare il tavolo con un mucchio di buone cose la piccola è passata a tiro di quello che se la tirava di più e si è immobilizzata sentendo la mano di lui sfiorarle il culo. Bei riflessi avevo pensato. Dovevo badare al mio lavoro, ero alla ruota ed ho visto tette rovinate immobilizzarsi per la stessa ragione e lo stesso Padrone. Caspita, deve essere uno molto importante se ha due schiave. Che sbagliassi l’ho capito subito dopo. Ho sistemato un vassoio sul tavolo ed ho visto lo stesso Padrone di prima farmi un cenno, un cenno che conoscevo. Voleva dire vieni qua. Me li hanno fatti imparare quei cenni, non posso, non devo assolutamente neppure esitare. Una occhiata al mio Padrone, ai miei Padroni ed il sospetto diventa certezza. Si aspettano che ubbidisca. Devo ubbidire, anzi già sto ubbidendo. Un attimo di esitazione c’è stata ma sono davanti al Padrone Ospite. Punta l’indice a terra ed io mi inginocchio tra le sue gambe divaricate. So già quale sarà il terzo ordine; quasi neppure l’aspetto e schiudo i lembi della tunica. I pantaloni lasciano la sua virilità scoperta. Cosa già vista con i miei di Padroni. Lo ha floscio. Infilo la sinistra aperta in modo di sostenere il cazzo e le palle delicatamente sul palmo mentre lo carezzo con tutte le attenzioni di cui sono capace. Dentro di me piango. Sono tanto scema da vergognarmi a fargli un pompino sotto gli occhi dei miei Padroni ed al tempo stesso vorrei urlare e maledirli, tutti e tre. Mi fa schifo, trattengo il fiato per il disgusto mentre lo carezzo, protraggo le carezze forse più del logico, devo andare avanti; lo stringo un poco nella mano poi lo scappello e lo bacio. Tanti piccoli bacini, poi colpi di lingua. Lo prendo in bocca e lo faccio scivolare sulla lingua. Lo stringo tra le labbra e ricomincio due, tre volte, nonostante i cordoni del collo siano tutti un dolore ed abbia ormai le fauci secche. Ma sto stronzo non gli viene mai duro? Allungo la sinistra a carezzargli le palle, ho l’impressione sollevi un poco il culo. Rischioso, molto rischioso ma ci provo. Allo stronzo piace un dito nel culo. Per fortuna poggio solo il polpastrello e premo poco poco mentre succhio. Ora cresce. Premo un poco di più e sono certa che si sia ritratto. Tengo il polpastrello sul buco e continuo a succhiare. E’ duro, posso lavorarmelo a due mani mentre gli lecco lo scroto e gli prendo le palle in bocca una per volta. Sono alla fine. Lo capisco dalle mani che mi serrano il capo dandomi il tempo del suo piacere. Mi viene in bocca ed è difficile inghiottire, ho la nusea. Inghiotto. L’alternativa è una bastonatura coi fiocchi. I miei Padroni osservano ogni attimo ed ogni movimento. Torna pure al tuo lavoro schiava. Dopo colazione un secondo Padrone Ospite mi fa mettere in ginocchio per terra e me lo spinge nel sedere. Rude o delicato non so, io non ci sono più, è un’altra a dare il culo ed a farsi scopare, non io. Arrivano altri Padroni ma i primi se ne sono giù andati. Sono restate le due donne e ne sono arrivate altre due. Tette rovinate dice che sono stata brava e che ho superato bene l’esame. Un esame? Si un esame. Sono pronta per presenziare a feste e cene e forse meeting. Ha detto presenziare ma intende…quello che è successo oggi. Dovevano essere così i casini di una volta e questi ne hanno messo in piedi uno. Tutto il resto, Padroni, Ospiti e Famiglia sono un contorno per rendere più interessante ai clienti una scopata.
Io, noi, siamo le puttane. Sono stata rapita e portata qui, anche le altre? Certamente anche loro, ed addestrate come me. Un buon addestramento direi. Ballo alla loro musica come mi è stato insegnato. Tengo gli occhi aperti. Osservo tutto. Le ragazze, le altre schiave sono compunte e disinvolte. Ballano alla mia stessa musica. Parlano persino un poco tra loro. Tette è l’unica che resta tutto il tempo. Non oso chiederle niente neppure nei pochi attimi in cui potrei. Non mi viene anzi neppure in mente. E’ proibito Ascolto però quello che mi dice. Non è sempre così tranquillo. Tranquillo? C’è stato un va e vieni di ragazze ma siamo state sempre in tre o quattro tranne che per brevi momenti. Solo che gli uomini sono sempre più del triplo di noi. Niente di nuovo per quel che riguarda le prestazioni richieste a noi ragazze. Cosa potrebbe esserci di nuovo? Non fare quella faccia da funerale, uno dei Padroni si è lamentato, sorridi. Non conosco la ragazza che me lo dice ma sorrido. Sorrido anche quando uno di loro mi fa cenno di seguirlo e mi porta in una stanza che non ho mai vista prima, unico arredo l’immancabile letto. Sono a sua disposizione. Mi ha unito i bracciali dietro la schiena. Mi bacia in bocca e questo mi meraviglia un poco. E’ il primo oggi. Gli altri usano la mia bocca in modo diverso, non mi baciano, non baciano in bocca perché ci passano troppi cazzi penso. Lui invece mi bacia. Gli piace anche carezzarmi e fingo mi piaccia. Fingo mi piaccia anche quando mi scopa. E’ scomodo stare sulla schiena con i polsi legati, ma apro bene le gambe puntando i piedi per alzare e protendere il ventre per farmelo infilare meglio. Non ho potuto bagnarmi ma sono almeno al terzo o quarto cazzo, nessun problema. Quando sta per venire mi muovo un poco di più e sembra che non gli dispiaccia. Deve essere giovane, lo immagino per il fisico e la voce. Inesperto no, non del tutto. Mi tiene con lui parecchio, abbastanza Perché possa farglielo tirare di nuovo e lui riesca ad infilarmelo nel sedere, con più slancio di quanto avrei preferito. Non ha fretta, nessuna fretta. Preferirei ne avesse. Sembra che il mio culetto sia ricercato, ha molto estimatori, è il quarto che lo usa, o forse il quinto. Deve aver quasi dato fondo alle batterie e mi meraviglio che questi stronzi siano così vigorosi e si riprendano tanto in fretta. Finalmente gode e mi pianta li come una pelle di fico a culo all’aria. Quando torno in sala con l’aiuto di tette rovinate la festa sta finendo. Mi sono ripulita un poco e vengo chiamata ad un tavolo. Stanno giocando a poker. Servo bibite, vuoto posacenere e faccio un pompino ad uno che ha vinto o forse perso. Ho le reni a pezzi, il culo in fiamme, i muscoli del collo legnosi e così via. Quanti cazzi abbia dovuto prendermi non so più. La sala si svuota. Tremo all’idea di dover pulire tutto da sola. Tremo sopratutto all’idea di affrontare i Padroni. Ma va la scema. Si, mi stavo ancora illudendo che a loro interessasse qualcosa di me. Sono solo la loro puttana. Forse ci guadagnano pure dei soldi. Piango come una fontana. No, non devo essere debole, i deboli qui finiscono male. Voglio vivere. Voglio vivere persino in questo modo. Non ho dovuto pulire da sola il salone. Una parte del lavoro viene fatta dai Famigli, quegli schifosi, ed una parte lo facciamo noi schiave. Vengono in due ad aiutarmi ma la presenza di un Famiglio mi impedisce di rivolgere loro delle domande. Un boccone insieme poi le ragazze se ne vanno. Non mi pare comunque abbiano molta stima dei Famigli. Ma non me ne frega niente. Non sono una schiava, sono una ragazza costretta dai rapitori a prostituirsi. Che cazzo di differenza ci sia però non lo so. Forse nessuna. Ed i miei Padroni? A tratti ieri ho visto l’uno o l’altro. Direi non abbiano partecipato alla festa. Oggi non si sono fatti vivi. Li odio, dio se li odio.
Immagino scenate e recriminazioni. Il Padrone che mi chiede perdono? Non sono tanto scema da supporlo. Non più. Lentamente gli occhi si fanno pesanti e sprofondo in un sonno di piombo.
Con mia sorpresa vengono a prendermi per la preparazione. Ho cucinato e trafficato in cucina tutta la mattinata e puzzo di crauti e salsiccia. Un pasto delizioso confrontato a quello che mangiano di solito i Famigli. Come al solito a me gli avanzi.
Le certezze e persino le speranze sono crollate. Angoscia, solo angoscia. Le ragazze, quelle che ho viste l’altro giorno, a dire la verità, pur senza essere il massimo dell’allegria sembravano tranquille, Attente al loro lavoro. Inutile che me lo nasconda, siamo in un bordello, i Padroni sono i Clienti, noi le puttane. Ed i miei tre Padroni? Non mi è chiaro. Le ragazze comunque non le ho viste particolarmente preoccupate od impaurite. Tutte almeno graziose, anzi belle se non bellissime. Giovani però, anzi troppo giovani alcune. Certo se ci rapiscono non si fanno troppi scrupoli. Vengo ripulita dentro e fuori con la solita cura ed a tempo debito introdotta nel salone. Preoccupata? Si e no. Al massimo sono qui per un’altra festa e mi faranno fare…le stesse cose dell’ultima volta, solo che adesso lo so. No, ci sono i tre Padroni e solo loro. Qualcosa mi dice che non aspettano ‘visite’. Sembrano rilassati. Il Famiglio ha detto che ero attesa, non che volevano usarmi. Vuol dire cosa? Un lapsus o quello sa qualcosa o…Inginocchiati. Preferisco quando per darmi ordini parlano come adesso, il tono può avvertirti di un pericolo e metterti in guardia oppure essere rassicurante come adesso. Sono soddisfatto del tuo comportamento, molto soddisfatto. Hai superato la prova senza che venissero sollevati particolari appunti. Ora devi rinnovare la tua promessa di Obbedienza e Sottomissione. Tace, che cazzo vuole adesso, cosa devo fare? Pensa scema, sta aspettando. Vi amo…sbagliato scema! So che una schiava, anzi una aspirante schiava non può, non deve dirlo…dio mi pestano adesso, cosa faccio? Però sono felice di amarvi. Sono felice di appartenervi, sono felice di aver soddisfatto almeno un poco le Vostre attese. Sono persino un poco orgogliosa, no molto orgogliosa di avervi soddisfatto. Farò sempre il possibile, lo giuro, per darvi ancor più ragioni di essere soddisfatti di me. Vi ubbidirò sempre e non solo per paura delle punizioni…sto per parlare del mio terrore, dei topi, no taci cretina, anche quelle contano, mi fanno paura ma non è la sola ragione per cui vi obbedirò sempre, al meglio delle mie capacità . Mi sto attorcigliando, incasinando, taci, no chiudi in fretta, concludi. Mì accorgo di aver parlato a voce bassa, a testa china come si conviene a me, schiava. Improvvisamente uno scatto di orgoglio. Non Vi dirò più che vi amo, non devo dirlo, lo so. Dirò solo che sono fiera di appartenerVi e che sono felice solo nell’obbedirVi. Lo scatto d’orgoglio consiste nell’aver pronunciato queste parole a voce più alta guardandolo per un attimo brevissimo negli occhi. Sono Vostra e felice di essere Vostra. Di nuovo a testa bassa aspetto. Il patibolo? Quanti colpi? Sei una povera illusa se speri di impietosirlo di far colpo…Passano forse pochi secondi, per me una eternità. Non sei più una aspirante schiava, una nullità. Hai il rango di schiava. Indosserai il collare che proclamerà a tutti che sei appunto una schiava, la mia schiava. Il resto della cerimonia è brevissimo. Mi porge il collare e dice che devo indossarlo da sola. Chiaro, sono io che voglio appartenergli, questa almeno è la loro teoria. C’è il suo nome sulla targhetta: due numeri e due lettere. E’ anche il mio nome. Prendono il te con qualche pasticcino. Io per il resto del pomeriggio devo solo vuotare i portacenere, servire degli aperitivi e poco altro. Riordinando varie cose sono finite fuori posto. Provvedo anche per avere qualcosa da fare. Pensare? A cosa? No, meglio il vuoto pneumatico tra le orecchie. Più tardi, quando penso stiano per cenare o per andarsene, in questo non ho mai saputo trovare una regola, suona il cicalino della ruota ed una delle solite voci senza volto chiede di Lui. Qualche cosa di urgente, capita talvolta. Scompare in compagnia di tre. Tu resti? Chiede Tre. Due fa segno di si col capo e poi indica me. Ne ho voglia, dice. Legge qualche pagina di un libro. Solo romanzi, mai nulla che possa fornirmi una sia pur piccola informazione, poi ordina la cena. Non è cambiato niente, aspetto si degni di dirmi cosa vuole. Finisco i suoi avanzi, pulisco e torno ad aspettare pazientemente. Sarà questa tutta la mia vita temo. Un lavoro da serva di osteria in attesa del lavoro di puttana di osteria. Vai a prepararti. In una saletta vicina vengo di nuovo preparata. Anche un clistere. Precauzione od istruzioni? Mi vuole fare il culo? Non che me ne freghi più di tanto. Con lui poi non mi dispiace non mi dispiace particolarmente con nessuno dei tre quando non esagerano. Se penso a quando… a prima insomma. Una palpata al culo in autobus mi sconvolgeva. Quante volte mi hanno spinto il cazzo nel sedere oppure in figa? Quanti cazzi ho preso in bocca? Devo tra parentesi migliorare e parecchio il mio ‘gola profonda’. Oggi non mi hanno fatto indossare i tutori. Per il culo una mano santa. Me lo ha un poco allargato , era decisamente troppo stretto. Più che allargarmelo ha esercitato ed irrobustiti i muscoli. Ora si dilatano e posso ricevere cazzi belli grossi senza troppo fastidio. Poi i muscoli tornano normali. Contraendoli e dilatandoli riesco a chiavare col culo, fare quasi dei pompini. Faticoso se la cosa si protrae. Sempre meglio che farsi spaccare il sedere tutte le volte. E sto ancora migliorando. Il tutore che uso adesso è arrivato alla regolazione massima ma ne è arrivato uno nuovo, più grosso. Cominceranno a farmelo usare domani e temo che non sarà piacevole all’inizio. Qualche giorno e mi abituo. Quello che metto nel sesso invece è solo a metà della regolazione. I progressi sono lenti anche se faccio il possibile e l’impossibile. Sono strumenti diversi per organi diversi. Il sesso femminile è fatto per far passare e spingere fuori durante il parto la testa e le spalle del bambino. Si dilata quindi enormemente se e quando serve, ma per lavorarsi un cazzo tutti quei muscoli sono sovradimensionati e lavorano nel modo sbagliato. A qualcosa serve anche questo di tutore, ma poco ed è una faticaccia notevole. Hanno finito, sono pronta. Mi hanno persino profumata, cosa rara, in un ambiente chiuso e poco aerato non conviene. Raggiungo Due che subito mi dice che deve andare. Mi attira a sé baciandomi. Mi palpa le natiche. ‘Quod differtur non aufertur’. Ci mancavano le citazioni latine. Quello che viene rimandato non va perso. A già, dimenticavo, hai appena fatto la maturità classica. Si dirige verso la loro porta dove incrocia il Padrone. E’ tutta tua, peccato. Mi spiace. Anche a me, sarà per la prossima volta. Certo, lei resta qua. L’avrei morso il Padrone, mi ha riportato con i piedi per terra. Due ha mangiato? Si Padrone. E tu hai mangiato abbastanza? La mia risposta è quella che si aspettava e che avrei data anche se non avessi mangiato nulla. Una caffettiera allora. Ci sarà del caffè anche per me, bene, il caffè è buono. Poi, assaggio la sua bocca che profuma appunto di caffè. Mi carezza a lungo ma fatico a muovermi fingendo partecipazione. Riesco a farglielo credere. La cosa importante è essere credibile. Cioè non esagerare. Sembra molto gasato, euforico. Qualcosa gli è andata bene, ma cosa non lo dice ovviamente. Contribuisce al mio gelo dentro il fatto che siamo sul letto dove il giovanotto dell’altro giorno mi ha scopata ed inculata alla brutta eva, un posto che non mi piace. Proprio per questo mi ci metto di buzzo buono. Lo conosco bene il Padrone e gli riservo al solito il meglio: un lungo ed elaborato pompino che non vuole venga portato a termine. Una pausa per lasciarlo sbollire un poco. Poi gli vengo sopra e mi sdraio su di lui col cazzo ben dentro la pancia. Lo sento persino. Lo sto baciando e muovo i fianchi facendo leva sulle ginocchia. Per quello che posso almeno. E’ Lui ora che prende la iniziativa e guida la danza del cazzo. Siamo stesi fianco a fianco, mi stringe, ha mani dure e delicate al tempo stesso. Mani che arrivano ovunque, mani che mi lasciano del tutto indifferente, mani che odio. Di nuovo sulla schiena pronta ad essere chiavata. Non mi fa schifo essere baciata, non mi fa schifo quando mi monta e mi gode dentro. Se non ne temessi le conseguenze e non stessi attenta correrei il rischio di sbadigliare ed allora sarebbero botte. Giusto per passare il tempo, immagino le mie possibili vendette. Ti sei bagnata ma è ancora troppo poco. Sai, incontrerai dei tizi che se te la bagni troppo visibilmente si incazzano e non potrei difenderti. Drizzo le orecchie. Ho finto un accenno di orgasmo, meno di un accenno e Lui ne è tutto orgoglioso lo stronzo. Ho finto quello che immagino il languore di una schiava soddisfatta sia pure attenta alle esigenze del padrone. Sta riprendendo fiato ma servirà del tempo. Trattengo a fatica un sospiro di frustrazione e noia. Mi sposto mettendomi nella posizione più comoda per fargli le coccole. Passo le labbra sul suo corpo, lo bacio lo titillo con i denti mentre con la mano sinistra gli carezzo i gioielli ed il cazzo.
Hai mai fumato? Accendimi una sigaretta. Non ho mai fumato padrone, dove sono le sigarette? So dove sono, nella vestaglia…Nella vestaglia prendile. Gli porto la vestaglia. Ho detto di prenderle. E’ quasi con timore che infilo le mani nelle tasche. Le trovo, poi l’accendino. Gli porgo la sigaretta accesa. Mi stendo poggiando la testa sulla sua spalla. Una mano tiene la sigaretta, l’altra mi fruga tra le gambe. Si, ti bagni troppo poco, ti farò infibulare. Sussulto, è terrore puro. Che c’è, mica fa male, cosa credi che sia. Le ragazze mussulmane, vengono mutilate… Ma va la, non è quello. Spegne la sigaretta ormai finita e percorre con un dito la mia fighetta, ma forse non è più il caso di chiamarla fighetta con tutti i cazzi che ha preso. Non importa la percorre su e giù senza problemi. Adesso è ben bagnata ma… Ha trovato il clitoride e col polpastrello lo carezza. é la cosa che mi piace di più. Ci metteremo un anellino che lo tenga sempre fuori, eccitato. Ti piacerà. Niente quella roba da fuori di testa. Vedrò di far venire chi lo sa fare. Molte ragazze se lo fanno mettere, gli piace. E poi aiuta, ti bagni di più e più in fretta. Tu intanto continua con i tutori. Hanno fatto un buon lavoro dietro. Davanti serve più pazienza.
Adesso comincerai a far parte del giro. Quando avremo ospiti dovrai soddisfali, sarai di servizio. Sei una che non dorme all’umido ed impari in fretta. Sii prudente però. Se fai degli sbagli dovrò punirti. Guarda ed impara. Durante il servizio potete parlare tra voi ma solo di servizio. Alcune schiave parlano troppo e poi se ne pentono. Ci spiamo tra noi , penso. Prudenza. Ma parlare con altre come me può servirmi. A cosa? E questa faccenda dell’anellino come la mettiamo? E’ sul serio così innocua? Vedremo. Vedremo cosa? Per adesso vedo il suo cazzo farsi arzillo. Oh no, basta. Poi però cambio idea. E’ il mio Padrone, uno stronzo bastardo ma può farmi quello che vuole. Molto meglio piacergli. Faccio la gatta per quel poco o tanto che ho imparato. Le solite cose: mi struscio, lo carezzo, gli mordo piano i lobi ed i capezzoli e solo al momento opportuno lo bacio in bocca mentre gli stringo nella sinistra il cazzo quasi in tiro. No in tiro. Incerta se farmi chiavare o succhiarglielo perdo l’attimo in cui avrei potuto forse scegliere io. In ginocchio con la testa posata sugli avambracci, a gambe aperte quel che serve, aspetto si metta in posizione. Non gli piace chiavare alla pecorina quindi…me lo guida sulle grandi labbra, su e giù sbrigativamente, altrettanto sbrigativamente mi entra in figa per bagnarselo e lo punta poi sul buchetto. Sono attenta, l’importante è il tempismo. Quando si irrigidisce un poco per spingere spingo anch’io ed in due modi. Col primo dilato lo sfintere, col secondo spingendo il culo all’indietro così me lo faccio entrare meglio. Questa è la teoria. Peccato che Lui abbia idee diverse per cui ci gioca col mio sedere. Spinge dentro il glande un poco per ritrarsi subito dopo e ricominciare. Per il mio buchetto è il modo peggiore purtroppo, e va avanti più di quanto mi piaccia. Poi il glande entra del tutto e ci viene lasciato. Cazzo! Lo tira fuori e ricomincia. Vorrei avere un randello e ficcarglielo io nel culo. Lo chiederò in regalo a Natale. Finalmente è tutto dentro, qualche momento così, poi lo tira fuori e mi fa mettere sul fianco sinistro. Però…sto comoda con la testa sul suo omero e quasi seduta sul seggiolino delle sue cosce portate ad angolo col busto. Scopro che è la posizione ideale per lavorargli il cazzo e stringo ed allargo e stringo di nuovo. Vado avanti e lui porta la destra a frugarmi, cerca e trova il puntino. Io gli lavoro il cazzo e lui mi lavora la figa e mi piace. Cerco e forse riesco a nascondergli quanto mi piaccia. Ho il ventre caldo, sempre più caldo. Fatico a continuare a contrarre i muscoli, ma…anche questo mi piace. Poi il calore sale fino ad attanagliarmi i polmoni. Sto per godere…il primo orgasmo della mia vita. Gode anche lui, ansima come un mantice mentre sussulta. Il respiro a me rallenta e torna normale. Ho goduto, ho avuto il primo orgasmo della mia vita…con un cazzo nel sedere.

Nella stanzetta dove vengo ‘preparata’, non quella usata fino a qualche giorno fa, l’altra, di fianco al saloncino. Non fa differenza. Ho preparato la prima colazione nella cucina dei Famigli, poi sono stata portata qui. Devo cominciare ad usare il ‘tutore’ nuovo. Lettino solare bagno e massaggio, creme idratanti e depilazione. Oggi tocca anche il clistere ovviamente. Nessun problema, penso ai fatti miei ben riposata dopo una lunga dormita. Quanto lunga non so. Da quando mi hanno rapita e portata qui non ho visto un orologio. Neppure ho avuto i miei cicli. Anche quelli mi hanno portato via oltre al sole, il vento sulla faccia e tutto il resto. Sono la loro puttana, una delle tante. Quante? Non lo so. Ieri, a letto col il Padrone, ho avuto il primo orgasmo della mia vita. Non sono proprio certa fosse un orgasmo, penso di si però. Poche settimane prima che mi portassero qua sono quasi andata fuori di testa perché in autobus mi hanno ripassato il culo con una manata. Ieri ho goduto con un cazzo nel sedere. Il cazzo del padrone che contemporaneamente mi sgrillettava. Lo ho imparato dal Padrone Due questa parola, dopo la Obbedienza e la Sottomissione. E chi avrebbe resistito alle botte e a tutto il resto? Non io. prima ero certa di resistere, ma mi sono arresa, poi di essere più furba di loro, di riuscire a scappare tornando con i Carabinieri. Avevo deciso di fingermi sottomessa, di accettare tutto e di conquistare la loro fiducia. Col tempo mi sono tolte molte illusioni e me ne sono inventate altre: sono una schiava ma il Padrone ed i due Fratelli, una specie di consorteria, mi amano…sono la loro donna, una specie di amante, quasi la loro moglie… Tutte balle che servivano a farmi sopportare questa vita: il freddo e la fame, dormire con una cuccia per cani come letto ed un polso incatenato al muro. Tanto lavoro, faticoso, tutti i giorni, botte e…si giri signorina…già i Famiglia ed i tutori. Carogne, bastardi fetenti. Li odio, loro e la loro formale cortesia, ed odio le femmine, più ancora dei maschi. Sono, se possibile, più carogne. Mi sono già messa però col sedere all’aria perché, maschi o femmine, ci impiegano un amen a prendere un appunto sui loro libricini e poi sono botte. Non basta ubbidire, bisogna farlo subito ed in silenzio. E quando dicono: si deve preparare signorina vogliono usarla? Li ammazzerei quando dicono così. Stronzi, dite di lavarmi la figa che vogliono chiavarmi o farmi il culo, ed invece: in fretta,è tardi si prepari vogliono usarla…si, li ammazzerei.
Appoggiata sui gomiti osservo incuriosita ed attenta il tutore nuovo sul tavolino. Più grosso di quello che ho usato sino a pochi minuti fa? Quello vecchio è arrivato al massimo della sua possibilità, il diametro non può crescere di più nè può crescere la forza con cui dilata o resiste alla pressione che esercito con i muscoli del culo. La lunghezza non conta. Bontà loro, ma è una cosa mi preoccupa subito: mi spalmano sul buco e spingono dentro un bel po di crema mentre una di loro, soppesato l’arnese nuovo, lo infila in un profilattico. Si rilassi signorina. Ma va fa…e seguo il suggerimento ancora più preoccupata. Spingo come per andare di corpo, come per prendere un cazzo nel sedere, appunto…dio se è grosso, è più grosso dell’altro, fa fatica solo ad entrare nonostante la crema. Stringo i denti e senza volerlo spingo come sempre quando sto prendendolo…preferisco un uomo, è meglio un cazzo vero…spingo anche il culo verso l’alto, meglio fartelo entrare subito. Si meglio. Entra di più, è dentro, Mi abbatto sul lettino, mi rilasso un poco. Tutto sommato mi sono preoccupata per niente. Dopo qualche minuto lo ritirano e cambiano il profilattico. E perché mai? Il resto signorina, si alzi. In piedi mi fanno indossare il corredo nuovo. Identico al vecchio: una cintura ed una fettuccia che unisce il centro davanti e dietro, fastidiosa dentro la riga del sedere. Serve a non far cadere il tutore, i tutori anzi, di solito ne indosso uno anche davanti, diverso però. Serve anche a contare i tic tac. Le volte cioè che contraggo i muscoli a sufficienza e con quanta forza. Viene tutto contato e registrato. Ovviamente se non faccio i compiti, tutti e bene…peggio per me. Per impratichirmi col primo tutore mi avevano portata in un corridoio in basso. Livello pantegane per intenderci, il mio incubo, quello che mi ha fatto arrendere quando nonostante le botte e tutto il resto non volevo restare nuda, anzi spogliarmi da sola davanti ai Famigli. Quando sembrava non riuscissi ad usare convenientemente il tutore mi ci hanno riportata. Ce la metto tutta, percorro il corridoio avanti ed indietro, premo come se da questo dipendesse la mia vita. Potrebbe persino essere così. Poi, quando la donna Famiglio si sta già spazientendo ed io temo proprio di non farcela, con la paura che mi riportino là dentro: tac. Qualche passo,non ci riesci proprio? Tac. Qualche passo: tac, tac. Quella è finalmente contenta. Qualche tempo dopo mi mette anche il tutore davanti: tic, tac. E poi tic tac, tic, tac. La stronza non può sentire il rumore, lo percepisco solo io ma si fida. Poi controlla ed è soddisfatta. Risaliamo e mi riaccompagnano al saloncino, devo fare le pulizie. Non resisto a lungo, tolgo tutto. Ormai ho fatto quello che mi è stato ordinato di fare ed il cicalino della ruota suona: si mangia. Ci sono abituata alle schifezze ma oggi…non importa, non importa assolutamente. Importa che anche oggi non mi hanno picchiata, ho avuto anche da mangiare. La comoda non c’è più. Mi hanno costretta ad usarla per un mucchio di tempo quando c’è una bella stanza da bagno. Perché? Si divertivano a vedermi accovacciata a fare i miei bisogni ed a lavarmi con brocca e catino? Non credo proprio, ed allora? Una forma di umiliazione probabilmente per ammorbidirmi. Mi sono riposata un poco. Non ne ho voglia ma li indosso di nuovosenza esserne obbligata. Mi fa male quel dannato aggeggio nuovo, ma lo indosso lo stesso senza che nessuno mi obblighi o lo sappia. Faccio tic e tac come una vecchia pendola. Non voglio sappiano che mi alleno di nascosto. E’ un mio piccolo segreto, una delle poche cose mie. E serve. Sto rafforzando mica male tutta quella muscolatura. E me lo allarga pure un poco, poco per volta ma me lo allargo e diventa più elastico. Mi permette di allargami se devo prendere in culo qualcosa di grosso. Non si sa mai. Perché siamo in un casino ed io sono una delle ‘ragazze’, delle troie. Nessuno lo ha detto e non ne sono sicura al cento per cento ma cosa potrebbe essere d’altro? Tic tac, tic tac. Un’ora. E come faccio a contare un’ora. Ho provato con le pulsazioni e poi…al diavolo, non ho concluso niente. Meglio decidere un certo numero di tic tac e contarli. Lo faccio tutti i giorni o veglie, anche se non so a cosa corrispondano. A volte sembrano lunghe a volte cortissime. E’ quasi ora di cena e del sonno, lo so dalla fame e dalla stanchezza. Via la cintura ed i due tutori, via i preservativi. Per ora nessuno ha pensato a contarli. Quando sto per finirli li chiedo alla ruota. Oggi è andato tutto bene. E domani? Tutto sommato non me ne frega niente Qualche veglia senza nulla di nuovo. Mi sembra di essere pressata di meno dai Famigli per il lavoro di pulizia del piano di sotto. Mi fanno pulire le solite passatoie consunte, i corridoi bui e freddi, le scale ed i cessi. Come sempre. Ma rompono un poco di meno, oppure ci faccio io meno caso, con prudenza ovviamente. Snobbarli mi costerebbe certo molto caro. Ecco, sento dire il solito: si affretti signorina, siamo indietro, oppure l’altrettanto consueto: ma non ha ancora finito questo o quest’altro? Molto meno di frequente però. Per qualche po’ vado più veloce per poi riprendere un ritmo meno pesante. I due tutori fanno clic clac. Li indosso ufficialmente tutte le mattine,’ufficialmente’, fino a raggiungere il numero di scatti richiesto. E’ al pomeriggio, nel salone, al piano di sopra, che ‘ticchetto’ di mia iniziativa, senza i collegamenti che scaricano sul PC i risultati. In questi giorni cucino per i maledetti Famigli, quasi sempre minestroni o pasta al sugo di pomodoro. Poi uova o formaggio e raramente bistecche. Scarsa come quantità e scadente come qualità. Se davamo in fabbrica questa roba a mensa, ce la tiravano dietro. Per me, pochi avanzi ovviamente, peggio del solito. Schifosi e pochi. La seconda parte della veglia, diciamo del pomeriggio, anche se potrebbe essere notte, la passo appunto nel salone. Lo devo tenere in ordine ma se neppure uno dei miei tre Padroni si fa vivo ho solo da spazzare per terra, spolverare le seggiole oltre che sbattere tovaglie e coperture dei divani. Questo sotterraneo, quasi tutto in cemento, è una fabbrica di polvere, ma, senza i Padroni, il lavoro è poco. Lavoro ‘piena’, cioè con i tutori addosso. Mi ci sono già quasi abituata al tutore nuovo nel culo. Ed ieri anzi, lo ho regolato sulla terza tacca. All’inizio credevo di non farcela ma poi ci son riuscita. Tic Tac, Tic Tac, Tic Tac. E’ dura da morire quando devo stringere i muscoli del sedere per comprimerlo e mi sento quasi lacerare quando, subito dopo, torna a gonfiarsi. Spinge più forte di quello di prima e raggiunta la posizione neutra, con altrettanta forza cresce inesorabilmente e parecchio più dell’altro, mi dilata di più. Poi sono io che, comprimendo i muscoli del sedere devo farlo di nuovo rimpicciolire. Raggiungo a stento il numero di scatti che mi sono prefissa. Qualche volta vado anche oltre ma non oggi. Proprio non ce la faccio. Sono soddisfatta lo stesso. Mi accorgo dei risultati, i muscoli sono sempre più forti nello stringere ed elastici nel dilatarsi. Per una che prende spesso qualche cazzo in culo non è male. I Famigli, seguono le regole e mi sto prendendo due scatti di vantaggio. Come con l’altro. Nello stanzino da bagno estraggo i tutori con un sospiro di sollievo, getto i preservativi che li coprono quando li indosso e regolo i marchingegni sul primo scatto prima di riporli. Mi annoio adesso. Ho mangiato poco, molto meno del solito e la troppa fame mi confonde, non mi indica quanto manchi al prossimo pasto ed al sonno; sono però più annoiata che stanca. Il pasto della sera mi arriva di solito dalla ruota ma dalla ruota quando suona il cicalino arriva al posto del mangiare una notizia: preparare per quattro. Io non conto, sono una schiava, una schiava promossa da poco e con tanto di collare e medaglietta penzolante. Il collare riporta il nome del Padrone: Due T e sotto c e 1. La medaglietta dice che non possono farmi fare pompini alla merda. Se lo mettono nel culo, mio o di altre, prima di farselo succhiare da me devono lavarselo. Grazie a Dio. La ruota sforna una bella tovaglia, rammendata ma in ordine. Piatti non sbeccati, posate e bicchieri non scompagnati. I tovaglioli però sono di carta. Non ci impiego molto a preparare ed è un bene. Suonano alla mia porta, quella attraverso cui entro ed esco io. I Famigli mi preparano e questa volta sono loro ad avere fretta. Mi sparano nell’intestino seicento cc di acqua e sapone, mi lavano e sono pronta in pochi minuti. Mi richiamano perché si erano dimenticati di cambiarmi il collare…Si incazzano pure. Nel mio bagno mi sistemo un poco. Non è difficile. Porto i capelli corti, tagliati a caschetto, mi controllano tutte le mattine le unghie e ritoccano lo smalto quando serve. Un poco di ombretto e di rossetto che mi spettano da quando sono stata promossa schiava. Ho visto qualche giorno fa, alla prova d’esame, che anche le altre, tutte, portano i capelli come i miei e sono anche truccate alla stessa maniera. Hanno paura forse che scappiamo travestite da Famigli? Ai Famigli, le femmine intendo, fanno portare i capelli lunghi, a coda di cavallo. Piuttosto difficile confonderci, mi vien da ridere. Tra quelle che ho visto, quasi tutte piuttosto avanti con gli anni, una sola ha una figura…discreta, non sembra cioè un armadio a due ante. Di solito, almeno ultimamente, i Padroni si fanno annunciare; i miei almeno e certo non ufficialmente. Un trillo doppio del cicalino alla ruota, la porta che viene aperta rumorosamente e qualche secondo di attesa prima che entrino…in tutto simile a quelle cose che erano state un aiuto nell’inventare le mie fantasie. Già, invenzioni, fantasie. Schiava si pensavo ma anche compagna, amante, e quasi… moglie. Sognavo. Questo è un casino, un bordello ed io una delle troie. Troie non pagate, rapite ed addestrate a botte come me. Tante botte. Due trilli, e lunghi anche, la portasi apre ed entra Padron Tre come un fulmine. Si guarda intorno e non gli va bene niente. Via la tovaglia rammendata, via i bicchieri in effetti dozzinali, via il collare sdrucito. Lo smalto ed il trucco vanno sistemati, depilarmi? No vai bene così. Resto perplessa. Il tempo? Non oso chiederlo ma… Tu vai e fatti sistemare, qui ci penso io. Al polso ha l’orologio. Il primo che vedo da quando sono qui sotto. Non ci credo, non credo all’orologio e neppure che un Padrone faccia un lavoro qualsiasi. In effetti ,quando mi riportano, tre Famigli stanno finendo di preparare il tavolo, un tavolo decente. Tu aspetti in ginocchio. Viene…devi essere perfetta, è importante. Importante? E che sarà mai? Lui scompare poco dopo. Faccio quello che mi ha ordinato ed indosso il mantello. Mi ci avvolgo ma non mi inginocchio. A volte, spesso, la fretta si tramuta in una lunghissima attesa e non voglio che le mie prestazioni siano rovinate perché sono tutta anchilosata. Le mie prestazioni. Già., prestazioni da puttana. Durante “l’esame”, che dicono abbia superato alla grande, ho perso il numero dei cazzi che ho dovuto prendermi in corpo o succhiare. Entrando nel salone pochi giorni fa,neppure sapevo cosa mi aspettasse. Mi avevano fatta in tutti i modi possibili ed immaginabili, ma solo il Padrone ed i suoi Fratelli. Mi ero illusa, avevo voluto illudermi di essere, Dio mi perdoni, di essere si una schiava, ma che un poco mi volessero bene. Una schiava amante, una specie di moglie collettiva dei tre.Adesso non mi faccio più nessuna illusione. Sono la puttana di un casino. Voglio vivere, evitare le botte ed i topi che mi terrorizzano, avere da mangiare…Al lavoro sia pur certo controvoglia. Faccio solo le prove di inginocchiarmi e prostrarmi in fretta restando ben avviluppata nel mantello. Una posate ed un bicchiere non sono a posto, le sedie allineate ma non alla perfezione, un tovagliolo è piegato male…sono degli sciatti. Porco mondo a me comincia a scappare la pipì. Un attimo e di corsa in bagno. Signore fai che non arrivino adesso! Fammi finire. Arrivano un poco più tardi. Resto a capo chino, in ginocchio ed appoggiata sugli avambracci. Il cappuccio mi copre fin sotto gli occhi, non posso vedere e di me vedono ben poco: una figura avvolta in un mantello blu chiaro e steso a formarmi tutto intorno, per terra, una ruota. La fronte posa quasi a terra. Attendo. Spaventata? No, ansiosa un poco,questo si ed anche curiosa. Cosa mi potrebbero fare di nuovo dopo l’altro giorno? Tutto sommato penso di avere un qualche valore per loro, almeno come puttana. I miei Fratelli, Secondo Zio, dice il Mio Padrone, è una presentazione. Non sono certo zio e nipoti. Mi convinco ancora di più si tratti di cariche o gradi di una loro società. Non ce la faccio più a tenere questa postura. Ginocchia e gomiti letteralmente bruciano. Mi beccano subito se mi muovo anche solo un poco. Parlano quasi sempre quella lingua che non conosco. Stanno mangiando ed io crepo di fame. Sollevo parte del peso da un ginocchio ma l’altro fa più male. Cerco di pensare ad altro. Difficile. Poi quasi sussulto dal ridere. Immagino le loro facce, no, impossibile, certo sono tutti mascherati, gli occhi, ecco immagino i loro occhi vedendo questo mucchio di stoffa blu alzarsi e correre via, al cesso. Evito di pensare a cosa mi avrebbero fatto poi. Mi è andata bene. Si alzano, rumori di sedie smosse tutte insieme. Tocca a me? No. Devo aspettare ancora, immobile. Quasi non ce la faccio più quando mi chiamano. Tu, schiava! Sollevo lentamente il busto ed i muscoli indolenziti protestano ancora di più, temo di cadere e quasi cado mettendomi in piedi. Ora sono immobile, il capo sempre chino, coperta fin sotto il naso dal cappuccio e le mani infilate nelle maniche. Una delle tante posture imparate. Non me la avevano mai fatta usare prima. Vieni. A piccoli passi mi dirigo verso la voce del Padrone. Ferma! E adesso? Che cazzo faccio? Qui finisce tutto quel che so. Aspetto con le braccia stese lungo il corpo. Ma si, ma certo. E’ la voce sconosciuta. Non ha detto molto durante la cena ma quando parlava era ascoltato in reverente silenzio. Mi scopre il capo, il mio Padrone intendo. Ci siamo, si comincia. Continuo a vedere ben poco, solo il tappeto liso ed i miei piedi. Mi scopre il petto. Dai, vai avanti. Non è curiosità, certo che no, ma qualsiasi cosa debba succedere…succeda e facciamola finita perché l’ansia mi ammazza. L’altro laccio viene sciolto e resto vestita di collare e medaglietta. Come un cagnolino che ho visto vendere. Quello o quella aveva un bel pelo, io un collare e basta; resto tesa, immobile e pronta, la testa ancora più china. Mostrati cara. Cara? E’ l’Ospite. Una voce sgradevole, vecchio? ‘Mostrati’ è un ordine ben preciso. Quello che insieme a: vogliono usarla’, odio di più. E come il cagnolino faccio le feste, secondo le regole. Un sorriso il meno tirato possibile, porto le braccia ad arco sopra la testa ruoto lentamente perchè possa esaminare la mercanzia. Cominciando a ruotare ho forse tenuto la testa più bassa del dovuto e girando la alzo un poco e vedo il Padrone Ospite solo un attimo e con la coda dell’occhio. Quasi mi immobilizzo. Solo l’addestramento e l’abitudine, mi fanno muovere i piedi quel che serve, lentamente, molto lentamente, quasi a rimandare l’inevitabile. Termino il giro di nuovo a testa ed occhi bassi. Comunque so quello che mi aspetta. Ho trattenuto il respiro troppo a lungo e mi è difficile espirare senza rumore. Immobile attendo come devo. Non posso fare altro. Un cenno. La mano sembra un prosciutto. Non esito e mi avvicino seguendo il dito che indica dove mettermi. Silenzio, un silenzio assurdo. Non oso guardare i miei tre Padroni. Tengo gli occhi bassi , pronta però a capire il prossimo ordine e l’inevitabile oscenità che seguirà. Nessun ordine, poi mi fa alzare il viso, mii fissa negli occhi. Due occhi acquosi e stanchi, si stanchi da vecchio, troppo vecchio. Io? Con questo? Ma quanto è brutto. No, con questo no, è troppo…è troppo…vecchio, grasso in modo schifoso. Tra un momento mi ordina di…non ci riesco, non ci riesco e loro mi frustano, mi ammazzano. Tremo letteralmente per la paura. Il cenno, l’ordine. Cosa vuol mai dire. No, non è un ordine, be si è un ordine, mi fa cenno di avvicinarmi. Un passo, un altro. La mano mi carezza il fianco. Non capisco, scende un poco, il cuore batte all’impazzata, scende al ginocchio ed all’altro ginocchio e risale tra le gambe. Una mano umida di sudore e sale ancora. Schifo, schifo… sto per girarmi e fuggire o almeno ritrarmi e sarebbe la fine. C’è una cosa che me lo impedisce: uno schifo peggiore, una paura maggiore della frusta, delle bastonate sotto i talloni della testa tenuta sott’acqua. Mi paralizza, mi blocca, mi fa schiudere un poco le ginocchia permettendogli, appena in tempo, di avere spazio per raggiungere in alto la fica …una mano gelida, enorme, umida. Solo una mano, una mano come altre che mi hanno toccata prima e mi toccheranno poi. Subito dopo mi accorgo di averlo agevolato allargando ancora le gambe e piegandomi un poco. Non me ne sono neppure accorta! Ovvio è certamente normale per una di diciotto anni allargare le gambe per uno schifosissimo e bavoso settantenne. Se ne avesse anche la metà di anni è un porco bastardo ma io sono una puttana ben addestrata. Lascio mi frughi il sesso, lascio che un dita mi entri, dolorosamente, è grosso e sono asciutta, lascio mi trascini, anzi seguo la pressione del li dito dentro di me e mi accosto. Un altro dito? Nel culo?. Il dito percorre la fessura tra le natiche per poi trascinarmi ancora più vicino fino a farmi voltare e sedere nel poco spazio non occupato da quella massa spropositata di lardo sudato per brancicarmi…solo per brancicarmi e palparmi? E poi? E poi toglie il dito dalla fica. E poi? Ce lo rimette. Più volte. Ed intanto parlano. Quasi sempre nella lingua che non conosco. Poi il dito cerca il sedere, entra e ci resta, va su e giù, mi chiava il culo in quel modo C’è dentro da un poco e per essere comodo mi ha stesa sulle ginocchia. Ormai si muove comodamente. Caro Nipote, ha un culo notevole. Non ricordo di aver trovato niente del genere di recente. Peccato. Peccato carissimo secondo nipote. Di cosa se posso permettermelo? Un poco più…ed avrebbe potuto…entrare anche l’indice: Sono molti anni che cerco una schiava così…no…così te la lacererei. Sarò felice che la laceriate egregio Secondo Zio. Non posso, una così bella puledrina, un così bel sederino. Se viene lacerato dovrete privarvene a lungo. Ma vi prego onorevole Secondo Zio, sarà un grande onore. Discutono un poco. Io, la schiava non esisto. Perchè parlano in italiano? Se a te sta bene… Spingo con tutte le mie forze per dilatarmi ma ha le dita grosse come salsicce. Non entra. Spinge di nuovo e spigo pure io e gemo nell’alzare di colpo il culo. Non volutamente, e non per respingerlo. Farle entrare, per quanto grosse siano é…una questione di orgoglio. ma no, solo paura, forse abitudine . La prima falange è dentro,, ti ho rotta?Mi chiede. Direi che non gli ineressi un cazzo. Mormoro un no poco convinto, un gemito più che una parola a denti stretti Poco per volta le due dita entrano credo di svenire, svengo.

. Fatico a non piangere. Non per il male che è tanto, ma per la rabbia e la delusione. Quel maiale mi ha quasi rotta dietro. “Quasi” rotta, per fortuna. Sono svenuta per qualche secondo e forse mi ha fatta rinvenire il ripetersi e l’acuirsi del dolore quando mi ha tirato fuori le due dita dal sedere. Non dita, salsiccie. La testa mi gira e non capisco più niente. Nausea e fitte di fuoco che dal sedere arrivano fino al cervello. Non riesco a muovermi, fatico a respirare persino. Quel mio orifizio è il centro dell’universo. Non esiste altro. E sono sola nel salone vuoto, nessuno può darmi aiuto. Mi trascino verso il gabinetto, barcollo perché tutto gira e ruota, quasi cado ma riesco ad appoggiarmi al muro. Passo un poco di tempo col sedere a mollo nel bidet. Perdo sangue ma poco, pochissimo. é un sollievo, un enorme sollievo. L’ idea di essere menomata mi fa paura. Non che adori essere una schiava ma essere meno di una schiava deve essere molto peggio. Cosa se ne fanno delle ex schiave? Finalmente penso di farcela ad alzarmi dal bidet. Mi tasto di nuovo, fa male ma meno di prima ed il sangue sembra essersi stagnato. Mi ficco un dito dentro con prudenza. Dio se fa male, ma non c’è ombra di sangue. Mi decido ad alzarmi, faccio fatica, barcollo un poco ma ce la faccio. Che Padron palla di lardo, quel grandissimo stronzo sprofondi, che crepi di cancro, che si prenda il fuoco, come si chiama quella malattia dolorosa, fuoco di qualcosa, di un santo, non ricordo ma se la prenda assieme…Ed il Padrone, fate, fate pure; a lui che mi spaccassero il culo non glie ne importava un bel cazzo. Lo dico ad alta voce e poi lo grido, E’ la prima volta che dico cose del genere, pensate si, pronunciate no, mai. Ed allora grido, più forte che posso, finché la voce si spezza e stravolta non riesco neppure più a gridare; allora piango, a lungo squassata dai singhiozzi. Mi calmo lentamente, svuotata di ogni energia. Vendicarmi. Voglio, devo vendicarmi per quello che mi hanno fatto non solo adesso ma da quando mi hanno portata qui sotto. Basta questa idea a darmi un briciolo di forza, poca ma sufficiente a costringermi a lavarmi la faccia ed il corpo. L’acqua fredda è una vera sferzata che mi aiuta ad uscire. Non ho niente per asciugarmi ma in sala ci sono tovaglia e tovaglioli che uso. Non piango più. Non devo piangere. Solo i deboli piangono ed i deboli fanno una brutta fine. I deboli, non io. Sono forte. Ci sono degli avanzi. Mangio senza ritegno, mi ingozzo. Al solito roba scadente, fredda poi, ma dopo i primi bocconi mi accorgo di essere veramente affamata. C’è del vino e bevo a canna qualche sorso. Meglio l’acqua. Finisco con una fetta già morsa di pizza. Sono sazia, più che sazia. Quando vengono a prendermi quasi sorrido ai due Famigli. Mi fa male camminare, un male però tollerabile, mi muovo un poco china in avanti, a gambe larghe e se dio vuole arriviamo alla ‘galera’, il corridoio dove c’è la mia cella ed il letto. Spero solo che mi lascino dormire abbastanza.
Fatico ad addormentarmi. Ad un certo punto piango per il male ma sopratutto per la rabbia e la disperazione. Sono una puttana e mi sono fatta rompere il culo da quel bastardo, una palla di lardo con le dita come salsicce. Due me ne ha messe nel culo e sono bastate a ridurmi così, e col permesso del Padrone. Fate pure…sembrava contento il Padrone, il grandissimo stronzo. Anche se avessi potuto guardarlo… il bastardo…sono tutti mascherati, e sempre… Vado di nuovo fuori di testa e forse peggio di prima. Se per miracolo fossi via di qua sotto e lo incontrassi, certo non lo riconoscerei. Quanto sarà alto, uno e settanta, un poco di più? E’ il più basso di tutti, il più alto è Due. E Due, quanto è alto? Perché non me lo sono mai chiesto? Non che importi. Un metro e ottanta? E Tre è due o tre centimetri in meno. Spero che Tre non si faccia vedere almeno per qualche, per qualche veglia? Veglia, giorni, cosa importa? Conta che ultimamente è quello che me lo mette più spesso in culo. E’ tra i Padroni il meno dotato e mi incula senza cattiveria, quasi con gentilezza, ma in queste condizioni mi farebbe morire. Dirglielo? Vediamo: arrivo e mi inchino ma invece di sollevarmi resto giù. Lui o Loro mi chiedono cosa voglio. No mi autorizza a parlare ed io. E se non mi autorizza cosa faccio, insisto, parlo lo stesso? Mi troverei a gridare appesa al patibolo. Ma fa troppo male, se appena ci appoggio il dito…meglio il patibolo e le frustate, però quante me ne darebbero? E perché il padrone ha fatto così? L’ altro, il Padrone Ospite, palla di lardo non è che volesse proprio, mi avrebbe rotta, ha detto, lacerata, ed era un peccato, non avrebbero potuto usarmi per molto tempo. Già, usarmi. Odio questa parola. Odio i Famigli. Li odio ancora di più quando con gelida e finta cortesia vengono a dirmi di prepararmi che i Padroni vogliono usarmi, usarmi, appunto. Quasi quasi era meglio se mi rompeva del tutto. Non avrebbero potuto usarmi in quel modo per molto tempo? Quanto tempo? Qui non c’è il dottore della mutua che ti dia i giorni. Non ne ho la più pallida idea e cerco almenodi farmi una idea delle probabilità che ho di sfangarmela per qualche giorno. Non ne ho molte, se vengono tutti e tre, almeno uno me lo mette nel il sedere che deve essere in carne viva. Ma non sono certo io a decidere, mai. Mai niente decido io. Piango ancora sulle mie miserie, singhiozzo. Vorrei di nuovo urlare tutti gli insulti e le maledizioni che conosco. Sono sola e passabilmente certa che qui non ci siano microfoni o altro; in fatto di nuove tecnologie della comunicazione non vanno oltre i cicalini della ruota e della cucina, meglio però non rischiare. Ho già rischiato urlando e maledicendoli nel bagnetto, prima. Mi carezzo i seni, mi sono cresciuti? E Perché mai? Forse perché scopo. A scuola qualche tempo fa, una mia compagna spiegava lo ‘sviluppo’ di una di un’ altra sezione, col fatto appunto che scopasse come una troia. Come me adesso insomma. In realtà erano probabilmente balle inventate di sana pianta, sia che il petto cresca scopando sia che quella, ecco Marisa, si Marisa, scopasse con quel tizio. Non si potevano vedere lei e Marisa. Porto la mano giù al ventre e tra le cosce; forse il tutore a qualcosa serve. Infilo un dito e poi due. Si, ma non ne sono del tutto sicura. Le tolgo quasi vergognandomi di averlo fatto, di essermi toccata in quel modo. Per qualche tempo, la sera, la sera od anche più spesso quelle mattine fortunate in cui mi svegliavo riposata e non morivo di fame, mi ero lasciata andare a toccamenti vari fino a provarne piacere, e molto. Immaginavo di essere altrove e libera. Immaginavo sopratutto di essere vestita; per toccarmi alzavo la gonna, ma solo di fianco, senza scoprire niente più delle ginocchia, la gonna era lunga; portavo la mano tra le gambe sotto le mutandine e mi carezzavo, comodamente distesa, fino alla naturale conseguenza. Ho smesso quando mi è parso, quando ho capito che è una debolezza. Non devo essere debole, in niente. Mi ci sono abbandonata poche altre volte, in momenti di euforia oppure di disperazione. Ne ho bisogno e certo non casca il mondo per un ‘ditino veloce’ come dicevamo tra noi, anni luce fa. Non tanto veloce, non sento nulla, molto poco, poi…poi si, di più e per qualche momento passa tutto,ansimo un poco e spasimo. In quegli attimi vorrei avere l’altra mano libera e non legata da una catena al muro dietro la testa. No, lo so già, non posso arrivare ai seni che pretendono anch’essi attenzioni e carezze, i capezzoli sopratutto. Poi una spossatezza che mai provo nel soddisfare le voglio dei Padroni, neppure quando qualcosa provo, mi appesantisce gli occhi, sento il sonno, il dolce sonno… Speravo di passare una terza veglia tranquilla ma il cicalino della ruota mi chiama. Due trilli più lunghi di quelli normali dei pasti. Non so se sia una cortesia di chi ci lavorano, una cortesia dei Padroni o semplicemente che i Padroni facciano avvertire noi schiave che stanno arrivando perché ci prepariamo, per trovare tutto in ordine e non avere problemi ‘disciplinari’. Ho poco da fare per prepararmi. Controllo che il collare sia a posto con la targhetta col nome del Padrone e l’indicazione di non mettermelo in bocca sporco,ai piedi le infradito rosse ed un poco consunte. In mezzo ci sono io, nuda e cruda, ed il vello pubico che non hanno deciso ancora se lasciarmi o farmi radere. Il rumore della chiave,mi chino verso la porta, qualche attimo ancora ed entra. E’ uno solo, sto chinata aspettando il permesso di alzarmi. Come va? Si, mettiti pure dritta. Non è cattivo Tre, ed è solo. Mi alzo badando a muovermi con una certa cautela, non mi fa più male come ieri ma è meglio essere prudenti. Padron tre, quando ci sono gli altri si adegua e può fare il duro mentre da solo è sempre cortese. Quasi sempre e quasi cortese, è pur sempre un Padrone. Ci provo ad intenerirlo e tirandomi su mi mordo per un attimo il labbro. Fa ancora male? Tombola! Adesso ci spero, ma, prudenza piccola, senza esagerare. Poi dico la verità, mi fa ancora un poco male Padrone, solo un poco, mi dispiace, non voglio sembrare un impiastro. Non commenta, sembra pensarci su e va alla ruota a parlottare con chi sta dall’altra parte. Io mi giro un poco, il necessario per poter vedere qualcosa e capire meglio. Da mangiare no, avrebbe mandato me a ordinare, eppure poco dopo è un vassoio di cibo che arriva. Almeno non vado a dormire a digiuno. Che iella, se Tre arrivava un poco più tardi di certo i Famiglia mi avrebbero già chiamata per cucinare. Raramente me li vedo arrivare in cucina per dirmi: si prepari signorina vogliono usarla. Non al pasto serale di quegli stronzi dei Famigli. Porto il vassoio sul tavolino e preparo, solo per lui ovviamente. Una zuppiera; so già che dentro c’è solo una zuppa di verdure e neanche troppo ben fatta, meglio però di quelle che posso cucinare io per i Famigli con la poca e brutta roba che danno per i loro pasti. Mangia anche tu. I suoi avanzi, ed è una fortuna che non avesse fame, non è restato molto, era proprio poca roba. Grazie Padrone. In piedi davanti alla ruota finisco quello che c’è sul fondo della zuppiera e poi la pizza. E’ meglio del solito e, miracolo, ancora tiepida. Di quelle al taglio, la pasta bella alta, croccante ed oggi ben condita, ti sazia. Tre, seduto sulla dormeuse invece che leggere mi osserva, ovviamente faccio finta di niente. Ho portato il vassoio alla ruota vestita solo del collare. Sentivo, sapevo che mi fissava il sedere. Per piacere quello no, per piacere, no. Mi viene quasi da piangere. Dirglielo? Ma lo sa già. Persino lui si incazzerebbe, sarebbe peggio. Torno al tavolo che pulisco con lo straccio. Ho paura. Ho paura. Cerco di inventare qualcosa da fare, ma cosa? Non servirebbe a niente se non a farlo irritare, non è scemo. Torno definitivamente dal bagnetto , mi sono data una lavata veloce ed ad occhi bassi mi avvicino. Vedo gli occhi scuri che mi fissano da dietro la maschera. Ti fa molto male? Solo un poco, Padrone, il peggio è passato. Allora mettiti a pancia in giù. Indica con la mano lo spazio al suo fianco. Mi vuol fare il culo. Non c’è via di scampo. Stringo i pugni, stringo i denti ed involontariamente stringo il culo. Basta questo a provocarmi le fitte, non fortissime ma toste lo stesso. Mi fa stendere ed aspetto con le braccia tese in avanti ede il culo proteso. In genere a lui piace invece mettermelo in culo mentre sono in ginocchio. Mi si pone tra le gambe aperte e mi schiude le natiche. Si, sei ancora molto irritata, gonfia. Adesso stai ferma. Non è il suo modo di fare. Un attimo di attesa e di nuovo mi schiude scoprendo la parte dolente. Questa ti farà bene. Una crema, mi sta mettendo una crema, per incularmi? Per ora questo è fuori uso, lo tieni a riposo. Ti ringrazio, ti ringrazio. Non so neppure se mi dia qualche beneficio, non subito almeno, sono troppo occupata a ringraziare l’universo intero che non mi tocca darglielo il culo. Però, ha anche le mani delicate. Forse la tensione che scema, forse l’effetto della crema, ma sto già un poco meglio. Adesso magari ti faccio male. Mi spinge dentro la crema col dito; si fa male ma neppure tantissimo. Mi ficca dentro il dito tre volte e brucia ma riesco ad evitare di contrarre i muscoli. Brava. Una carezza sulla chiappa sinistra e mi lascia. Quando torna, si è lavato le mani al lavello dei Padroni ed io sono in ginocchio. Va meglio? Tirati su. Persino nei ringraziamenti bisogna andare cauti se si rompe il divieto di parlare senza autorizzazione. Dovrei inchinarmi profondamente e tutto il resto. Ma è Padron Tre, siamo soli e sono al settimo cielo: grazie Padrone, grazie, e poi: cosa posso fare per voi? Mi fermo subito, ho parlato troppo e la richiesta è inopportuna. Lo sa bene ma fa finta di niente. Tu, cosa proponi? Per essere dove siamo, un Padrone ed una schiava è ridicolo, impensabile. Padrone, se posso osare? Osa osa. Sorride, un sorriso che mi allarga il cuore. So che è solo un momento, una manciata di istanti e poi tutto tornerà come prima. Potrei darvi piacere, ne sarei felice. Stranamente è vero, tanta è la gratitudine che provo per lui. Va bene. Ma non il tuo bel sederino. Questa volta ride di gusto. Mi guardo in giro. La dormeuse ovviamente. Mi ci stendo, verso il lato rialzato su cui poggio la testa e le spalle e porto i talloni sotto le ginocchia ben schiuse. La sua posizione preferita quando mi scopa. Volto la faccia di fianco a guardarlo e mi gelo. Sta scuotendo la testa. Ho sbagliato! Cosa? Il momento magico è già passato, sono di nuovo nel salone, una schiava col Padrone. Ed ho fatto uno sbaglio, non so quale. Meglio di no, non sei ancora pronta neanche per questo. Quindi vuole un pompino. Gli sorrido e sempre sorridendo mi alzo avvicinandomi a lui. Avete mai sentito i cori degli angeli? Stanno cantando, tutti insieme e cantano per me. Quasi lo amo. Mi inginocchi davanti a lui ben decisa a fare un pompino capolavoro. Voglio si ricordi di questo pompino. Mi è indifferente di solito fare i pompini ai miei tre Padroni, anche se mi ci impegno sempre. Questa volta voglio farlo, voglio farlo godere. Lo voglio per me, per ringraziare, per…No, neanche questo, dice, solo una sega. Ho imparato a farle le seghe, e bene. Ho fatto seghe solo per imparare, può sempre servire. Quando si sono fatti toccare, dopo che ero avevo imparato a sufficienza, era solo un preliminare o per farselo diventare duro. Per questo poi ricorrono sempre alla mia bocca, oramai più che esperta e credo anche più piacevole. Gli ubbidisco, Tre si siede sulla solita dormeuse, luogo preferito per godermi. Siedo al suo fianco e lo bacio in bocca, cingendolo con un braccio mentre lo scopro. Non è del tutto molle ma la mano calda che lentamente va su e giù fa eefetto. gli piace. A me no, per niente. Sono pazza. Disobbedisco deliberatamente ad un ordine di un Padrone. Mi svincolo dal suo braccio e mi chino sul glande violaceo, lo bacio. Non obietta e mi inginocchio fra le sue gambe ce spalanca.Passo su e giù la lingua lungo il membro che ho appena sentito inturgidirsi nella mia mano, accolgo il glande scoperto risucchiandolo tra le labbra e titillandolo con la lingua. Non mi ferma. Lo accolgo sempre più a fondo facendolo scivolare sulla autostrada del cazzo: la mia lingua. Ho le mani libere e porto la sinistra meglio posizionata a carezzargli i testicoli. So cosa gli piaccia e voglio piacergli. Ho girato un poco il busto, mi sposto sulle ginocchia e di nuovo lo lambisco tenendolo con la sinistra ora libera perchè ho cambiato posizione.Con l’altra gli carezzo le palle e raggiungo il buchetto, lo premo con l’anulare, piano, molto piano sopratutto all’inizio. Lambire i testicoli e prenderli uno per volta in bocca non è facile, dopo un poco torno allora all’asta di carne, la tengo, la strigo piano per poi rilasciarlo, la lavoro a due mani che a turno cercano ancora lo scroto ed il buchetto. Premo con più forza ma senza esagerare. Non gli piace che entri più di un filo. Sono stanca, quando sembra sul punto di godere rallento,mi stacco un poco e passo a lambirgli solo il pube e l’interno delle cosce…poi ricomincio… mi dolgono i cordoni del collo e lo sfintere comincia a protestare. Cambio posizione e ricomincio. Due tre volte ma Tre si inarca, basta, mi preparo. Mi posa le mani sul capo, per guidarmi. No, le tiene appena posate, con leggerezza. Mi pongo di nuovo al centro, esattamente davanti a lui ed ancora, sempre più lentamente vado su e giù con la testa spingendolgli dentro il dito un poco più a fondo. Il cazzo mi titilla l’epiglottide, npn devo vomitare. Non ce la faccio più. Neppure Padron Tre. Si scuote nell’eiaculare, Scosse appena distanziate e violente, poi un poco si placa. Ho faticato ad inghiottire i primi getti, ora è più facile. Continuo ancora per qualche attimo mentre le mani si fanno prima pesanti sulla testa per poi abbandonarla. Fatico a non ansimare, mi pulisco dei due rivoli che dalla bocca mi hanno quasi raggiunto il mento. Sono fiera di averlo fatto, ma non ho finito. Non ho acqua calda, va bene anche la fredda. Lo detergo con cura ed attenzione, gli deposito più baci delicati sul membro, di nuovo lo risucchio. Sembra caput ma lentamente, molto lentamente forse si ringalluzzisce. Non tanto da… ed allora arretro di qualche poco. In ginocchio, più che mai a testa china attendo. Può farmi frustare per avergli disubbidito ma spero che non lo voglia fare.
Abbiamo dormito abbracciati sotto la solita trapunta di dubbia pulizia. Perché? Me lo ha chiesto tenendomi stretta a lui. Perché volevo ringraziarvi Padrone. Avevo solo me da darvi.Vorrei dire anche che gli voglio bene, che lo amo. In questo momento è certamente vero; non oso, sarebbe un suicidio. Adeso gli farebbe anche piacere, domani se ne vergognerebbe. Nel dormiveglia però credo di sentir dire: sembrava ti piacesse. Si, mi è piaciuto… Deve aver dato disposizioni Perché non fossi disturbata. Ho mangiato e dormito, ho passato altri tre sonni senza un braccio incatenato al muro. Tre veglie intere nel salone da sola. Senza dover lavorare, senza Famigli e senza Padroni. La bazza è finita. I Famigli mi vengono a prendere e mi preparano. Una femmina con malagrazia mi esamina il buco del culo. La crema è quasi finita. Mi lavavo e medicavo tre volte al giorno, e poi poltrivo e mangiavo. Male ma mangiavo. No, mangiavo benissimo visto che nessuno rompeva. Una specie di vacanza. Ma è finita. Per tutta quella veglia e la seguente mi fanno lavorare un poco, ma veramente poco. La veglia seguente, sola nel salone, con la poca crema rimasta mi curo dopo aver indossati i tutori. Stringo i muscoli del culo, piano. Non sembra far male. Più forte, poi con la forza necessaria a comprimerli. Va bene. Li indosso due volte, prima e dopo mangiato. Il solito fastidio, non di più. Dormo serena nella mia cuccia, stranamente mi fa piacere. Sta tornando tutto come prima. Non posso dimenticare del tutto Padron Palla di Lardo ma cerco di nasconderlo per quanto posso sotto il tappeto. Il mattino dopo mi svegliano al solito, al solito preparo ai maledetti Famigli la prima colazione e mangio i loro avanzi. Tutto come al solito. No, mi preparano. Sono tornati. Li aspetto nel salone. Una rapida ispezione per controllare che tutto sia a posto: le carte, la scacchiera, le pedine per la dama e gli scacchi, infine, le cuffie del Padrone numero Uno ed i libri. Spolvero per scaramanzia il tavolo piccolo. Spazzare? No, non serve. In ogni caso non avrei potuto farlo, arrivano. Padron Uno e Due. La porta viene chiusa. A meno che non venga più tardi, non c’è Tre e mi dispiace. Mi do della scema. Dopo tutto il tempo che hanno passato a digiuno, soddisfare questi due sarà già una fatica. Parlano tra di loro e mi ignorano. Questo non è consueto. In genere mi fanno alzare subito. Tutte le novità possono essere un pericolo e mi preoccupo un poco. Poi le cose tornano alla normalità. Porto caffè e pane tostato, ancora caldo. Questa è una novità. E c’è burro e marmellata anche per me. Non è la prima volta ma…Mangio rapidamente, in piedi davanti alla ruota e bevo il caffè. E’ buono il caffè, mi piace. E’ più cortese del solito? Il Padrone, il mio Padrone. Dopo che mi ha smascherata nel tentativo…cercavo di convincerlo che stavo godendo mentre mi chiavava, si è incazzato di brutto e per qualche tempo è stata dura. Sembrava gli fosse passata ma oggi non mi parla di nuovo. Sto strologando quando Due mi chiama. Niente di speciale, solo un libro. Allora schiava, sei guarita mi dice. Il Padrone non sorride certo ma neppure sembra incazzato. Neanche freddo visto che mi fa mettere a culo all’aria e me lo esamina. Hai cominciato con il tutore? Si Padrone, tutti e due e va bene. Più tardi mi chiama per scopare ed è…quasi bello. Mi scopa anche due ed anche con lui è quasi bello. Mi fanno il culo a turno. Non è bello per niente, per fortuna che ho riaddestrato il culo con i tutori. Ma non è poi quel gran fastidio. Un poco si, certo, ma sono una schiava e dare il culo fa parte del pacchetto… Mi chiedo cosa sarebbe successo se Palla di Lardo me lo avesse rotto del tutto, messo fuori uso definitivamente. Che fine fanno le schiave vecchie o inabili? Una schiava che non puoi farsi inculare non serve. Un cenno e devo badare a cose meno campate in aria: posso ancora fare la schiava, badare al Padrone quando dice che uno di loro,, almeno uno, verrà tutti i giorni e lo dovrò far godere col culo. Devi averlo al top, tra una decina di giorni avremo Ospiti. Undici o dodici veglie più tardi mi fanno preparare. Che ci siano Ospiti lo sapevo già. Delle schiave nella Galera, il mio corridoio, dove dormo. Non le vedo ma le sento. Dove stiano non lo so,ma quando entro nel salone trovo Tette Rovinate. Sono contenta di vederla e contenta di vedermi sembra anche lei. Non parliamo però. A controllarci c’è un Famiglio, una femmina che se è rognosa la metà di quel che sembra basta ed avanza. Arrivano altre schiave. Ci si saluta strizzando gli occhi, poi si può parlare di lavoro e Tette dirige il lavoro. E’ una colazione, questa volta ci saranno due padroni solo per ciascuna di noi. Tu e tu quindi… Guardo in tralice Tette, Belle Tette. Che sia il capo traspare da tutti i pori, non serve me lo dicano. Non conosco le altre due. Aiutale. Non un ordine secco ma un ordine ed io agli ordini ubbidisco sempre, di malavoglia ma ubbidisco. Come tutte credo.
Serve una bella fede in Dio per non farlo. Di una cosa sola sono veramente certa. Riuscirò a scappare. Prima o poi ci riuscirò. Aiutale ha detto e mi sono mossa, in fretta. Riflesso condizionato. Le loro punizioni sono sempre sgradevoli per usare un eufemismo, anche se solo una mi terrorizza veramente, ed è a questo che penso quando si tratta di punizioni, sempre e solo: i topi. Non resisto, solo l’idea mi distrugge…Il tavolo grande è molto pesante, in tre sole non ce la facciamo, le dico. Neanche in quattro dice una delle due altre schiave. Indossa, indossiamo tutte e quattro il collare e nient’altro. Abituati a girare a piedi nudi dice Tette. Capo o non Capo è pure lei una schiava e porta il collare, la targhetta con il nome del Padrone scritto con simboli incomprensibili come la lingua che talvolta usano. C’è anche la medaglia pure incomprensibile in cui si dice di non mettercelo in bocca sporco, me la hanno tradotta i Padroni, ed è l’unica volta che li ho benedetti. Per noi tre finisce qui, Lei ha un’altra medaglietta ma non sono riuscita a vederla abbastanza da vicino e comunque sarà scritta nel solito modo incomprensibile. Spazziamo, puliamo i muri ,già puliti per quel che si può fare con le pareti in cemento, puliamo il gabinetto dei Padroni e la stanzetta in cui non ero mai potuta entrata prima. Vuota. Lavoro di mesi da sola. Tre Famigli che già conosco e tre che entrano dall’altra porta ci aiutano a spostare i mobili. Che facciano qualcosa i maledetti, quanto li odio. Ma ne ho una gran paura. Le donne, quelle mi fanno più paura ancora, i Famigli femmina. Sempre formalmente gentili, ipocriti, tutti e tutte; mi spiace signorina devo far presente che ha fatto o non fatto questo o quello, e scrivono sui loro calepini neri. Solo dopo mangiamo un boccone, in piedi vicino alla ruota. Per non rovinare il lavoro fatto? Chiede una delle ragazze. Una occhiataccia di Tette la zittisce. Non è la Belle Tette che ho conosciuto poco tempo fa all’esame, quando ho superata la prova e sono stata ‘promossa’. Quasi mi vien da ridere. Da aspirante schiava a schiava. Pensavo fosse una barzelletta. Posso fidarmi di Tette? Pensavo di si; adesso vedendo come ci tratta sto ripensandoci. Vieni qua c. Per la occasione c sono io. Ci hanno persino attaccate al collare un’altra medaglietta con le diverse lettere. Tette invece della lettera ha disegnata una coroncina. Comunque la raggiungo, senza correre ma in fretta. Mentre le altre due, finito di mangiare, dopo qualche attimo di riposo, cominciano a disporre la tovaglia sul tavolo, mi ripete le disposizioni già impartiteci. Me le fa ripetere come fossi una scolaretta ma sorride, soddisfatta delle risposte. Molto bene. Fai attenzione, è la tua prima uscita in servizio. E’ facile andare in confusione e dopo son dolori. Se sei nei pasticci lanciami un occhiata e vedrò cosa posso fare, ma. Già, ma. Se mi metto nei pasticci è difficile possa fare molto per me. E’ lo stesso un sollievo sapere che ho una amica, dico. No, non sono una amica, risponde. Sono una specie di madrina. Ti ho tenuta a battesimo quando hai fatto la tua entrèe. In un certo senso avrò qualche responsabilità per tutta la vita. Posso chiamarti…Chiamami P. Risponde dopo una piccolissima esitazione. Puttana, penso io immediatamente. No, non quello che penso. Sta per princesse. Principessa? Più o meno. E, senti, non conosco queste due, un attimo, come avesse cambiato idea e non volesse più parlare, ma va avanti; parla poco, anzi taci il più possibile, con gli Ospiti ma anche con loro. C’è rischio che loro poi parlino troppo. Già, puttane e spie. Guardo le due che sgobbano ma la capa non sembra avere fretta. Non parlare ma cerca di avere una dozzina di occhi e di orecchie. Devi sentire e vedere tutto, anticipare gli ordini e tutte le loro voglie. Poi si accarezza i seni. Me li guardavi prima, sono quasi guarita, si vede poco ormai. Ed allora parlo, faccio la prima delle domande che mi si affollano in testa. Questo è un casino, un bordello illegale e noi le. Mi stoppa prima che possa dire: puttane. Ma cosa dici? E’ un Circolo, una associazione. Loro, i Padroni, sono i Soci e noi siamo schiave ma non puttane, schiave e basta. Logicamente facciamo di tutto, anche questo, siamo loro proprietà e possono chiedercelo. Adesso basta, al lavoro. Mi segue e ci aiuta. Più che altro corregge questo e quello e da ordini. Tu c, piega i tovaglioli. A questo punto, di cose faticose da fare non ce ne sono più. Spero che mi diano una mano a rimettere tutto a posto. Penso alla faccenda del Circolo e dei Soci. Possibile che Tette la pensi in quel modo? E’ più facile che si fidi poco di me e del mio buon senso, teme che pure io abbia la bocca troppo larga. E che cazzo di Circolo è? Se vengono per divertirsi con noi è un bordello. Se è un bordello, Soci o non Soci, schiave o che altro, sempre puttane siamo. Puttane e solo puttane. Sono una puttana? Una che fa marchette? Si. Anzi no e no. Possono sbattermi tutti quelli che vogliono, tutte le volte che vogliono, quanto vogliono e nel modo che vogliono ed io sorriderò. Faccio e farò credere che mi sono abituata, sottomessa. Sarò la miglior schiava e la più grande troia…arrivano, su, in fretta ragazze. In realtà abbiamo ancora un quarto d’ora e forse più che usiamo per lavarci in fretta e prepararci aiutandoci a vicenda. Tette Belle ci controlla rapidamente poi fuori, in ginocchio perché arrivano sul serio. Prima i miei Padroni che ci controllano di nuovo per poi farci inginocchiare ancora. Ci sono più che abituata. Padron Uno, il mio Padrone, attira con un gesto discreto la mia attenzione, un mezzo sorriso ed un cenno col capo. Un gesto di incoraggiamento? Qualsiasi cosa sia mi fa piacere e mi rincuora. Adesso che il momento è arrivato non sento niente. Paura? No, forse sono un poco preoccupata, niente altro. Mi hanno preparata a dovere. Schifata? Un poco. Certo che saranno degli sconosciti… Ma non sono mai sporchi, almeno i miei Padroni. Neppure gli altri che ho…visto. Visto? Che hai scopato, che ti hanno…usata. E’ la parola magica per farmi imbufalire. Venga signorina. Andiamo a prepararci, vogliono usarla. E vaffa. Lo faranno a me il culo. A me, a Belle Tette, alle altre due… Quanti ne prenderò? Il numero non è indifferente, anzi, ma la mia paura è di trovarmi con un altro ‘mostro’ come palla di lardo. Perdono, Padron Palla di Lardo. Se arriva uno che ce lo ha troppo grosso cosa dico? Lo so bene cosa dico: prego si accomodi. Anzi non dico niente, faccio soltanto, subito, in silenzio e con il mio sorriso migliore stampato sulla faccia, Perché i topi no. Quelli no. E magari c’è di peggio di topi e pantegane anche se neppure so immaginarmelo. Eccoli qua. Difficile dare loro la età. Primo li vedi in faccia solo di sfuggita, non dovrei guardarli in faccia neanche così, secondo sono mascherati e coperti dal mantello. Poi, quando mi toccherà andarci insieme capirò qualche cosa anche se non mi interessa un cazzo,si capisce dalle mani, e dalla voce… se si degnano di parlare. Entrano chiacchierando, si guardano attorno salutando cerimoniosamente i miei Padroni in italiano e nella lingua che non riconosco. Sono attenta. Uno di loro mi si avvicina e vorrei scappare ma non esiste nessun posto dove scappare o nascondermi. E’ questa consapevolezza, sapere che devo nuotare o affogare a darmi forza. Il Padrone Ospite mi solleva il viso ed esamina targhetta e medaglia annuendo soddisfatto. Poi mi fissa negli occhi che abbasso subito. Credo ghigni. Sa di poter chiedere una mia immediata punizione e sa che ne sono consapevole. Mi stringe un seno ed io aspetto che stringa ancora di più per farmi male, invece stringe appena un poco. Non mi fa male. Grazie Padrone. Altra punizione possibile. Sei scema? Sono io a dirmelo. Sono in uno di quei momenti di lucida pazzia che poi maledirò per i rischi corsi inutilmente. Ma si scopatemi, mettetevi in fila massa di stronzi per…Sono certo che dopo mi piacerai parecchio. Neppure cerco di immaginare cosa voglia farmi dopo. Vedremo, ma certamente nulla che non mi abbiano già fatto parecchie volte. L’ultima volta, bella mia, hai perso il conto dei cazzi che ti sei presa e non ti è andata poi male. Non sarà peggio. Tette mi fa gli occhiacci. Dentro di me mando a cagare anche lei, ed i miei Padroni e tutti i Padroni di questa terra. Sorridendo ovviamente. Una promessa mentre arrivo con uno dei grandi piatti di antipasti. Vi farò piangere tutti. Siete tutti degli stronzi. Sorrido ancora più di prima. Sorrido per tutto il tempo della colazione, fino ad avere la faccia tutta pieghe. Sorrido e dentro di me piango. Piango e li insulto. Lui, il Padrone numero Uno ed i suoi Fratelli, la sua Famiglia, questa e quella vera, dovevano affogarli in un mastello di acqua sporca appena nati. Insulto sopratutto me stessa. Perché, Perché? Far la parte della santa che accetta il martirio per non perdere la purezza? Facile se ti sparano, se crepi subito. Qui non ti ammazzano in fretta. Ti spingono fin quando una non dice basta, mi arrendo e poi…non ti fermi più. Sei su un toboga in discesa. Io non ho voglia di morire, non alla mia età. Fingerò meglio, di più. Come si fa a credere quello che ho creduto, che pian piano stessero apprezzandomi un poco, sempre di più. Che avessero… persino cominciato a volermi bene. Sono dei bastardi, dei professionisti nel trasformare le ragazze in baldracche per questo bordello. Baldracche e puttane. Quanto pagano questi maiali per divertirsi con noi? Deve essere gente con i soldi. Per forza. Portarli in tribunale. Sputtanarli, loro le mogli e le figlie. Ci riuscirò. I Padroni dicono che sono brava. Devo solo sorridere di più. Sto sorridendo tanto che mi fa male la faccia. Devo fare attenzione a non farmi accorgere quando mi bagno con la saliva prima della prima scopata, al primo cazzo nella pancia. Già al secondo non ci sono più problemi. Per il sedere non ho problemi, se non ti innervosisci ragazza e se spingi bene…prendi facilmente un buon calibro. Bastardi, bastardi. Ho voglia di urlarlo a squarciagola ma non otterrei nulla, anzi. Abbiamo servito il caffè, da un momento all’altro si comincia. Alla ruota la biondina, la più vecchia di noi, sulla trentina, mi strizza l’occhio. Brava, sorridi ma non esagerare. Se la sono già fatta in due durante il caffè. Ne parlano liberamente come di una maestra del risucchio. Sembra che la vogliano provare tutti. Meglio così. Non sarò certo io a mettermi in gara. Dovrei? Se voglio…Ni. No e si. Poi perdo la testa ed il conto. Non è diverso dall’esame. Sono un pezzo di carne in macelleria od al supermercato. Gli vai bene e ti prendono. Neppure piango più dentro di me, devo stare attenta, evitare disattenzioni ed errori. Fingere interesse con i disinteressati, un poco di passione con gli entusiasti. Sento le prime risate femminili, si può ridere e scherzare? Ma come faccio a ridere in questa posizione o quando aspetto di, o dopo aver fatto quello che quello ha voluto. Porta le carte c, i due mazzi mischiati. Corro, rido anche io. E’ pazzesco, si divertono, ridono e giocano, giochi di società. Giochi puerili, da bambini e noi ridiamo. E’ la prima volta che sento qui dentro delle risate femminili, allegre, spensierate. Cosa c’è da ridere? Non lo so ma rido anche io. Rido durante il gioco della bottiglia, rido nell’altro gioco. Padroni contro schiave, una contro uno. Lui ti deve prendere. Ci raggiungono sempre. Potrebbe essere pericoloso altrimenti, e sei il premio che riscuotono subito, subito li ,oppure, se vuole le sue comodità, nella stanzetta vuota sul lettino comparso senza che me ne accorgessi. I miei Padroni mi hanno rivolto appena qualche parola. Preferiscono Tette e le altre due ed io me ne offendo. Offendermi? E per cosa? Padron Uno ad un certo punto si prende Tette in braccio e le strimpella la figa, come una chitarra. Gli piace e tutti ridono mentre Tette sembra gradire e canta: Finge certo ma allarga bene le gambe e si appoggia con la testa alla spalla di lui. Ho sempre detestato quello che le sta facendo. Ma sempre meglio…Poi perdo sul serio il conto. Padroni che vanno e vengono, schiave che non c’erano prima , piatti e bevande…una ragazza che mi prende per mano e mi porta da un Lui che vuole non ricordo cosa. Forse non voglio ricordare. C’è da mangiare anche per noi. Vino anche, bevono un poco anche loro, le ragazze, solo vino, liquori no. Le due ragazze, Tette ed io non siamo le uniche rimaste. La musica tace e tacciono le voci. Una ragazza arrivata in rinforzo si prenderà una bella battuta. Peggio per lei dice Tette. Non doveva ubriacarsi e vomitare. Bevono in molte? Scuote la testa. Qualcuna, alle feste e non ci sono abituate. Comincia a fare freddo. Alcune ragazze si stendono insieme a due a due. Così hanno due coperte per coprirsi dico. Tette che sta disponendo a terra la sua coperta mi guarda con un sorriso strano, facciamolo anche noi, propongo. Va bene, se vuoi. Ci scaldiamo a vicenda ed è piacevole. E’ la prima volta che sento un corpo femminile contro di me. E’ morbido, diverso. Mi piace. Parliamo un poco e di niente, poi Belle Tette mi sfiora la fronte con le dita. Mi sfiora anche le labbra…con le sue. Dormi cara, domani c’è un mucchio di lavoro da fare. Mi abbraccia, mi stringe forte ed in un attimo si addormenta. Sono un poco perplessa e mi piace. Non che io sia mai stata..così.Mai pensato neanche, ma è tiepida e morbida. Mi ha baciate le labbra e non mi è spiaciuto. Anche le labbra sono diverse da quelle dei maschi. Non sono neppure certa… Ma no, solo un gesto affettuoso di amicizia, di affetto. Dio sa se ne ho bisogno di amicizia e di affetto quì sotto. Le palpebre pesano, mi addormento. Un sonno senza sogni. Mi aiutano in tante l’indomani ma lo stesso è faticoso. Però ho parlato, fatta qualche domanda, ascoltato le loro chiacchiere. Abituati, accetta, me lo ripeto spesso perché di tempo per pensarci ne ho più di prima senza l’assillo costante dei Famigli. Vivo ancora, o meglio dormo nella mia cella e loro ci sono ancora, meno numerosi ed assillanti di prima però, col risultato che finisco anche per annoiarmi. Talvolta, alla fine della veglia, invece che chiamarli, è uno dei Padroni a riportarmi, giù per una scaletta, alla mia cella. Dopo qualche tempo ho smesso di dormire incatenata al muro e fa meno freddo. E’ già qualcosa. Per contro hanno cominciato a farmi fare la puttana alla grande, si, proprio la puttana, continuo però ad accudire il Padrone ed i suoi due Fratelli ovviamente. Oggi è in preventivo un Meeting o comunque qualcosa di importante. Da ieri sera alimentazione speciale, da ‘culo pulito.’ niente verdure o cose del genere, sono schizzinosi. Con il Padrone ed i Fratelli poi, tutto bene. Arrivano scopano e quasi subito spesso se ne vanno. Adesso sono incerta se mettermi i tutori. Ormai per quello dietro sono al punto quattro, e funziona, meno efficace quello davanti. I Padroni comunque mi tengono la figa, la bocca ed il culo bene in esercizio, anche troppo. Colazioni, pranzi e cene, dimenticavo i raduni, tutte scuse per scoparmi e scoparci. Ormai faccio tutto con indifferenza, lascio che tutto mi passi sopra, appunto con indifferenza. Ci si abitua anche a farsi sbattere da quattro o cinque uomini quasi tutti i giorni. Gli altri giorni arrivano i Fratelli. Uno, due o tutti e tre, fa poca differenza. Preferisco loro comunque. Alla fine ho tenuto il tutore nel culo tutta la mattina, per allargarmelo bene, non si sa mai. La mia paura è un altro superdotato come ‘faccia di porco’ che mi ha quasi rotta infilandomi due dita nel sedere. Mostruoso. Non hanno potuto usarmi per parecchi giorni; si usarmi. Comincio ad usare pure io questo modo di dire che odiavo tanto.
Ed adesso sono in questo salone per la prima volta. Un poco più grande del “mio”, messo meglio però. Prepariamo la tavola per sette Padroni ed oltre a me e Belle Tette c’è la stronzetta cui ho fatto rompere il culo la sera del bridge ed una che vedo per la prima volta. Molto carina anche se non più giovanissima, forse verso i venticinque. Un mezzo sorriso di Tette poi finiamo di sistemare la sala e ci sistemiamo noi. Arrivano in sei e poco dopo arriva anche il Boss. Tutta gente importante direi ma quando parla lui, tutti ascoltano con reverenza. E’ vecchio in effetti, con tutti i capelli bianchi. Niente di speciale durante il pranzo, poi un Famiglio porta un biglietto su un piattino e lui esce a tutta velocità senza neppure finire il caffè. Diventa un pranzo normale; gente, Padroni che si fanno una o l’altra di noi e se ne vanno, altri che arrivavano. Arrivano anche rinforzi per noi. Mentre do retta a questo o a quello, pur facendo molta attenzione a non commettere errori perché la frusta fa male, penso ai cazzi miei. Massima attenzione quando fai un pompino, meno se chiavi e chiudi anzi gli occhi se ti stanno infilando il popò, proprio non pensi. Quasi mai almeno. Un poco per volta se ne vanno, Padroni e rinforzi. Sono stanca e raggiungo Tette seduta non distante dalla ruota e siedo. Non ce la faccio più, le dico, tu poi devi essere ancora più rotta di me, piaci, e molto. Direi che gongoli un poco, soddisfatta del complimento che è poi la verità sacrosanta. Hai avuto addosso quei due assatanati per un bel po’, riposati, risponde. E’ anche vero. Tette forse mi è amica ma per prudenza ho esagerato un poco, con quei due ho essenzialmente dato il culo, il lavoro faticoso lo hanno fatto loro anche se si sono divertiti. Parliamo un poco senza che lei smetta di controllare tutto quello che capita nel salone. Ha subito mandato la ragazza che non conosco ad affiancare la stronzetta. La conosci, le chiedo? Un cenno affermativo, non ti vuole bene. Le ho detto di scodinzolare meno, spiego, di non fare la donna vissuta, alla sua età piace di più se fa un poco la ritegnosa, la timida. In cambio mi ha mandato a dare via il culo. E tu lo hai fatto rompere a lei il culo. Come lo sai? Non risponde per un attimo, poi mi dice che lo sa ma non dalla stronzetta. Se la stanno sbattendo in due mentre un terzo direi sia incerto tra aspettare per farsela o farsi la nostra collega in piedi, vicina e disponibile. La tocca tra le gambe, la bacia in bocca e decide per il si e subito. Poveraccia, anche lei oggi si sbatte mica male. Tette le lancia una occhiata. Sono i segni della frusta, li eccita. Anch’io sono segnata rispondo, ma ormai quasi non si vede più. Una cazzata che il Padrone mi ha fatta pagare con la solita ventina di colpi. I primi dodici non contano, le dico, poi comincio a mugolare e lamentarmi ma e gli ultimi non li sopporto proprio ed urlo. Sorride. Mai gridare troppo presto e mai resistere più del necessario, li fa imbufalire, diventa una sfida alla loro virilità e ‘possanza’.Un sorriso amaro, più che altro una smorfia, vatti a ripulire, mettiti in ordine. E’ tornata la Principessa che controlla e comanda. Comanda appunto lei ed io invece ubbidisco. Un asciugamano insaponato da un lato e l’altro capo per sciacquarmi, poi il centro asciutto ed è fatta e torno nel salone con fica ed ascelle lavate. Siamo alla fine, tra poco se ne vanno anche gli ultimi. Forza, dice la Principessa e mi fa cenno di seguirla alla ruota nello stanzino. Non c’è niente sulla ruota e mi giro per capire perché siamo venute ma mi abbraccia. Resto immobile e lei mi spinge la lingua in bocca. Non reagisco, sono troppo sorpresa, mi lascio baciare ma non rispondo al bacio, non subito almeno, e resto immobile. Mi fa arretrare fino a farmi appoggiare al mobile contro il muro, senza staccare la bocca dalla mia mi fa sedere, la bocca adesso va ovunque possa arrivare, torna alla mia bocca. Ed allora rispondo, le succhio la lingua, la intreccio come fosse un Padrone a baciarmi. E’ altrettanto esigente ma molto più dolce, delicata, bacia e carezza i miei seni, poi la mano va giù ed io allargo le gambe…è anche bello ,dopo, sentire la lingua sulla fica, dentro… vado in cimbali…Scampanellate molto, molto imperiose, torniamo al mondo. Un attimo e siamo di nuovo nel salone e non ho tempo per pensare, è la prima volta con una donna e sono un poco infastidita anche se ormai…è pericoloso…No, non c’è tempo per pensarci. Ci sono i tre uomini ancora in piena attività. Noi due ci inginocchiamo rivolte alla porta che già sta aprendosi. Tengo la testa bassa, mai sentite tante scampanellate di allarme prima di oggi, meglio essere prudenti. Culo stretto ed occhi bassi. Bassi ma attenti. Tanto che riconosco, almeno penso, il boss di prima. Iella, ancora un poco e ci trovava che riordinavamo. Anche se…poteva farci tutte e quattro lo stesso. Cosa gli dicevamo? L’orario sindacale è passato, passi domani, gli straordinari sono temporaneamente sospesi. Cazzate. In piedi! E’ la solita formula dei Padroni, ma questo sembra gentile; a volte sono poi i peggiori e per un niente ti trovi appesa a urlare. Sembra incerto tra Belle Tette e me, il che non ha senso, BT mi surclassa.
Tengo la testa bassa e vedo poco. Mi spiace per lei ma sembra averla scelta, invece non ha ancora deciso e mi fa alzare il viso. Hai due occhi bellissimi, e le tette… superbe, conclude stringendone una senza far male, le carezza tutte e due e stringe piano i capezzoli. Ho sempre invidiato il petto della mia compagna e sono tanto sorpresa che la guardo di soppiatto, un momento solo, ma se ne accorge e ride. Non sorride, ride proprio e questa volta mi accarezza, oltre il petto, i fianchi e scende ancora, io per abitudine schiudo le gambe; non tocca la fica ma il sedere. Bello sodo, commenta. E’ uno di quelli, gli piace il culo, poco male. Il dorso della mano a pugno di nuovo mi solleva il viso. Guardami dice ed io alzo gli occhi. Ha gli occhi nocciola, anche lui ha dei begli occhi; belli ma, non so perché, allarmanti. Lo seguo nella stanzetta e mi meraviglio perché qui sotto, non ho mai visto niente di così: muri intonacati, tappeti, un letto con lenzuola ricamate…e faretti ad illuminare il tutto. Niente acqua corrente, ma brocca, catino e secchia di rame letteralmente luccicano. Ti piace? E’ molto elegante Padrone. Tace un attimo poi mi dice di farmi vedere. La solita posa, le mani sopra la testa ruoto lentamente. Mi piaci. Ne sono inorgoglita ma al tempo stesso intimorita. Ed hai due bellissime tette; quell’altra le ha più grosse ma io apprezzo due meline sode e perfette come queste. Di nuovo le carezza. Bene, stenditi e mi indica non il letto ma il grande divano. Devo lavarmi ancora? L’ancora è il modo per indicar che ci siamo appena lavate e comunque che non siamo state con nessuno dopo aver fatto l’amore… Vieni qui allora. Mi abbraccia e schiudo la bocca quando si china a baciarmi. Mi scosta penso per toccarmi tra le gambe e per un attimo temo si accorga di…BT, mi ha baciato li, solo un attimo ma…no solo un dito sul clitoride inanellato che subito si sveglia. Mi chiedo perché il divano, c’è un letto molto accogliente li accanto. Mi fa provare varie pose poi scatta delle foto. Spogliami, ed io lo spoglio, attenta attentissima ad ogni espressione quando ne vedo la faccia altrimenti ad ogni suo movimento. Eppure mi abbraccia e mi stringe senza, senza non so cosa o con non so cosa. Mi abbraccia, mi bacia e carezza delicatamente ma anche con forza virile. Che cazzo dico? Ma, non so, e lentamente mi abbandono perché non mi dispiace per niente la bocca che sugge, lappa e bacia i seni, i capezzoli le labbra. Non mi spiace sentire la mano carezzevole su tutto il corpo, carezzevole e gentile. Quando ho cominciato a rendergli baci e carezze? Quando ho cominciato a…Non importa quando, ma che gli piaccia e lo dimostra ampiamente. Mi inarco non per ‘mestiere’ ma per il mio piacere, mi inarco e trattengo il fiato mentre mi penetra. Non è una mezza sega, anzi, lo sento autorevole ed importante dentro la pancia, mi sento donna e sotto un vero uomo. In questo momento mi darei a lui anche se fossi libera, e più tardi gli do il culo con gioia quasi, contraendo i muscoli tanto che mi deve forzare facendomi male, non importa, continuo a stringere il culo, dicono che più è stretto più godano. Voglio darglielo strettissimo, è l’unico dono che posso fargli da schiava quale sono. Sono pazza ma mi ha fatto godere. TROIA! Me lo urla un automobilista con cui per poco non faccio un frontale. In parte ha ragione, mi sono distratta ed ho allargato troppo in curva. Lui però arrivava a cento chilometri l’ora e su questa strada secondaria c,’è il limite dei cinquanta. Tutto bene, incidente evitato e comunque troia lo sono. Stavo appunto pensando ieri a quanti uomini abbiano avuto il piacere in questi due anni, di chiavarmi, mettermelo nel sedere o di farselo succhiare da me. Nei primi sei mesi di ‘servizio’ effettivo direi una media di cinque o sei al giorno, a stare bassi. Per far cifra tonda e stare molto bassi direi da cinquecento in su, seicento forse o settecento. Niente domeniche o festività, niente orari sindacali e niente mestrui. Si sono stata bassa. Aggiungendoci quelle ultime settimane poi…
L’altro anno e mezzo circa non lo conto, abbasserebbe notevolmente la media pur con numeri da troia lo stesso. Adesso sono una collaboratrice o esterna. Cosa volesse dire, allora non lo sapevo, me ne ha parlato Belle Tette, puttana come me ma di alto rango, una ‘principessa’, una capa insomma.

Sono passati alcuni sonni, sei o sette dall’ultima volta che ci siamo viste, per caso sono stata chiamata di ‘rinforzo’ ma sono stata avvisata quando il casino di Ospiti e Padroni era sul finire e non ho dovuto faticare per niente. Padroni ed Ospiti, quelli ancora presenti, erano perlopiù alla frutta, non gli tirava più insomma e poco dopo la sala era vuota. Eravamo in cinque e rassettare e pulire, è stata cosa da poco.
Domattina ci sarà una colazione, una prima colazione da servire, roba mai vista, io almeno non ho mai visto niente del genere. Comunque Belle Tette ha detto alle altre tre di preparare e ci siamo sedute a fare due chiacchiere. La Principessa Belle Tette è quello che qui dentro si avvicini di più ad una amica. Una gran bella donna e di polso, sui trent’anni, anche meno. Diciamo dieci od undici anni più di me che ne ho diciotto o forse diciannove. Non so assolutamente da quanto tempo mi tengono qui sotto e ci sono entrata il giorno dopo aver finito gli esami di maturità. Sono, ero, un anno avanti quindi…e neppue so al limite se sono stata promossa e con che voti. Avevo compiuto i diciotto da poche settimane, cazzo! Parola vietatissimo a noi schiave. Qui comunque non si fa carriera se non si è delle dure. Il grado di Principessa, qualsiasi cosa significhi se lo deve essere guadagnato passando probabilmente anche sopra qualche cadavere. Penso sia opportuno anche con lei essere prudente, per cui qundo mi chiede cosa farei se potessi uscire di qui rispondo che non lo so. In realtà andrei dai Carabinieri di corsa. La cosa peggiore da fare sarebbe andare dalla Polizia, dice. Ti ritroveresti in manicomio o peggio, probabilmente molto peggio. La guardo niente affatto sorpresa. Hanno le mani così lunghe? Anche di più, risponde, e di questo ne sono sicura. Un lungo silenzio. Non c’è modo di andarsene quindi? Si, far carriera, e per fare carriera devi avere amici e protettori importanti che si fidino di te. La guardo sottocchi. Non ho amici, non ho protettori e dubito che tra i Padroni ce ne sia uno solo che si fidi di me, le faccio notare con un sospiro di delusione. Lei è importante ma solo una schiava come me alla fin della fiera, resterò qua per sempre, penso, ormai non mi illudo più. Si allontana un attimo per redarguire una delle altre. Sono stata promossa Regina, dice sedendo. Non so neppure cosa voglia dire ma mi congratulo con lei. Di nuovo silenzio, spero vada avanti ma non è così. Aspirante Schiava. Schiava, Principessa, Regina ed Imperatrice, quando ti danno il permesso di uscire? Mai. Devi diventare collaboratrice o esterna. In pratica ti riportano a casa ma sei sempre una schiava e se, o meglio quando schioccano le dita tu ritorni di corsa o vai dove ti dicono di andare. Poi arriva un Famiglio e se la porta via. La mattina dopo devo guidare io le altre tre per il servizio. Caffè, latte, te, briches e quanto si può trovare in qualsiasi albergo per colazione. Tre soli della trentina di Padroni che in un paio d’ore serviamo, ha tempo e voglia di una donna ed è facile accontentarli. Al terzo suggerisco la ragazzina che qualche tempo fa mi ha mandata a fare in culo ed alla quale feci, la sera stessa, rompere il culo da un Padrone molto dotato. Non è la prosecuzione della vendetta di allora, toccava proprio a lei. Solo un pompino. Se ce ne fosse stato un quarto che avesse voglia forse me lo sarei sobbarcato io. Nelle veglie seguenti il solito tran tran tra cui i miei Padroni che festeggiano qualcosa, ma servir loro la cena che una volta tanto è buona, almeno meglio del solito, non è difficile. Devo solo portare i piatti di portata degli antipasti e poi il resto, dalla ruota al tavolo e cambiare i piatti o versare il vino. Io sono il dessert, il dolce e non mi spiace. Soddisfare tre uomini, i miei tre padroni che per qualche tempo ho considerato quasi dei mariti non è un problema. Di questi conosco gusti ed idiosincrasie, lavoro in scioltezza e loro lo sentono e lo apprezzano. A metà pomeriggio, dopo aver sistemato tutto e fatto un pisolino torna Uno, il mio vero Padrone, gli altri due sono Fratelli di Triade. Chiaramente non gli è bastata la prima fetta di torta perchè vuole il bis. Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo, mesi almeno, in uno dei momenti migliori e loro, da soli od insieme, venivano a divertirsi con me quasi tutti i giorni. Si spoglia restando solo con la maschera e si stende. Non servono discorsi e neppure cenni, so cosa vuole. Parto con un lavoro di bocca molto attento e quando è al punto giusto gli vengo sopra impalandomi. Faticoso ma piacevole anche per me. Purtroppo non arrivo molto in là, ho esagerato nel pompino preparatorio. Più tardi, rimesso in forze, vuole il mio sedere. Mezzo pompino propedeutico poi mi viene dentro con una irruenza degna di miglior causa ma quasi subito si calma un poco, deve aver deciso di goderselo con calma il mio culetto. Lo ho reso elastico e prensile con moltissime ore di lavoro con i tutori. Vorrei fare un esperimento, un po’ pericoloso, lui, Uno, ci va giù pesante di frusta ancora adesso per qualsiasi cazzata. Vorrei proprio provarci. Posso parlare Padrone? Ride, punizione dice poi. Bè, cosa vuoi dirmi? Mi lasci fare. Gli fornisco le spiegazioni necessarie a convincerlo e lo faccio sedere a gambe unite come per venirgli sopra di nuovo ma siedo voltandogli la schiena, guido il cazzo nel mio buchetto ex stretto e comincio a lavorarmelo. Anche questo è faticoso, normalmente non mi do tanto da fare, ma sono andata avanti col tutore ed in pratica gli faccio una sega superspeciale od un pompino che sia, col culo. A lui piace tanto da ripetere l’esperienza tutte le volte che può e poi diffonde la lieta novella. Non passa giorno che non debba ripetere la cosa con questo o quel Padrone, e, spesso, sempre più spesso con più di uno. E’ sempre una faccenda lunga anche se i muscoli si rinforzano più e meglio che con il tutore. Dopo gli amici arrivano Padroni più importanti, i Bos.
E’ BT che mi avverte che ci sono novità. Se mi impegno a…se garantisco che…mi rimandano a casa, a tempo ovviamente. In qualsiasi momento possono decidere di aver bisogno di me e se sgarri…

Mi sveglio a casa mia e nel mio letto. Avevano, hanno le mie chiavi, per il resto come abbiano fatto non so. Corro in bagno a vomitare e poi bevo la medicina che mi hanno lasciata sul comodino, la stessa che mi hanno dato appena sveglia qundo mi hanno’rubata’. Come allora fa schifo ma risistema lo stomaco in fretta. Giro per casa. C’è tutto. Ripasso la balla per la gente in ditta e le altre cose da raccontare in paese, ricevute di alberghi, biglietti aerei, una paccata di roba che ho esaminata con un Padrone prima che mi liberassero. Libera poi…ad andare dai Carabinieri comunque non ci penso proprio, un suicidio Sono abbronzata, ben vestita, ho foto scattate in questi sette mesi in diverse parti d’Europa. So adesso che sono stati sette mesi e me ne meraviglio. La ditta va bene anche per i contratti che ho inviato loro in tutto questo tempo. Tutto organizzato da loro ovviamente. Come cazzo abbiano fatto e perchè mai l’abbiano fatto non lo so. Mistero. Ho passato ‘sotto’ più di sette mesi, comunicando con i miei dirigenti con messaggini. Anche questo opera loro. Di nuovo: perchè? Ci lavoro in ditta adesso. Ci sono un mucchio di cose che devo imparare. Fino a primavera nessun cenno dai Padroni se non alcuni contatti di lavoro che solo loro potevano procurare. Alcuni diventano buoni ordini. Se continua così dovremo riaprire un altro capannone. Per le macchine dico, ci penso io, ci provo almeno, ho dei contatti anche se l’ingeniere sarà opportuno sovraintenda a tutto. Un altro mese. Gli ordini sono confermati, le due banche ci finanziano, i macchianari, usati ma moderni ed in ottime condizioni ci vengono da un fallimento, Certamente sempre loro, sono stata presentata a…Ma la vacanza è finita. Avverto tutti che mi assenterò per qualche tempo.

Sono stata una schiava. Una segregata, come dicono loro, i Soci, i Padroni. Poi qualcosa è successo.
Penso che BT in qualche modo c’entri. Ed anche il Bos cui sono piaciuta tanto da farmi andare da lui molto spesso. Non ho rivisto più nè lei nè lui. Non ho rivisto nessuno a dire la verità ed anche incontrandoli non li riconoscerei dato che erano sempre ben mascherati. Dopo sette mesi di segregazione e due di lavoro in fabbrica si rifanno vivi. Per questo ho detto in ufficio che mi assento per qualche tempo. Ho fatto in tempo a dare il primo esame in un preappello speciale. Va bene anche così. La valigia è pronta, Ho una voglia pazza di scappare o di chiamare i Carabinieri. Invece mi stendo vestita sul letto. Ho mangiato in una trattoria mai frequentata prima, Ho ordinato dell’acqua minerale che hanno stappata davanti a me. Comunque neppure io pensavo di mangiare in quel posto, eppure sono stata drogata. Non ricordo altro se non che mi sono distesa a letto a casa mia.

So quasi subito dove sono. Solo una sensazione, ma ne sono certa. Sono certa anche che mi abbiano drogata con qualcosa di diverso, niente nausea o mal di capo. Mi hanno spogliata ed indosso il mio collare, la prima cosa che noto. Lo tocco, c’è un altra medaglietta. Mi alzo a sedere sul letto, un leggero capogiro ma si attenua, scompare. Riapro gli occhi, ora si sono assuefatti alla poca luce della lampada sul comodino. C’è un foglietto con una unica parola: suona. C’è anche un pulsante e se dicono chiama è sottinteso lo faccia subito. Mi stendo per recuperare il fiato mozzo per l’emozione, l’ansia non è poca e mi batte il cuore da matti, ma subito mi alzo, scendo dal letto. Si ci sono le consuete pantofole con un poco di tacco, provo a camminare, provo ancora un breve capogiro ma di nuovo se ne va. Non oso aspettare ancora e suono.
Percorro incappucciata dei corridoi che non riconosco, Ho pantofole, non zoccoli quindi sono in qualche area riservata. Ho solo le orecchie a disposizione. Come sempre sono incappucciata ma non imbavagliata, con il collare ed un guizaglio. Inutile chiedermi cosa succederà, posso solo aspettare, ed aspetto poco. Ore di interrogatorio. Cosa ho fatto, detto, sentito e persino pensato. Per ore. Perché andando da a verso b, all’angolo ha girato a invece che a…Non ricordo neppure di essere andata da a verso b. Sono esausta quando mi lasciano andare.
La solita sbobba, identica a come la ricordavo, poi posso dormire, nella cameretta in cui mi sono destata, dal sonno e dalle illusioni. Piango, sono disperata, lentamente tutto passa, sprofondo nel buio. Poche veglie e sono tornata nel mio ruolo di schiava, nella solita routine. Dal collare è stata tolta la medaglietta che ho portata appena tornata. Non provo neppure a spiegarmelo. Essenzialmente faccio le pulizie e cucino. Quasi peggio che fare marchette. Mi hanno visitata e fatti i soliti prelievi. Non mi dicono niente e su questo ci ragiono. Penso voglia dire che non c’è niente fuori posto. Dopo il pasto di metà veglia un Famiglio femmina mi porta a ‘preparare’. Meglio, mi dico, il pomeriggio avrei dovuto fare un lavoro che detesto. Tutto sommato il mio corpo da tempo sente l’esigenza di prendersi un bel cazzo, di lavorarmelo ben bene in bocca e poi…E’ chiaro, no non è certo ma temo, tutto mi fa pensare che dovrò scordarmela l’aria aperta. Mi toglieranno la voglia di cazzi. Le solite cose, clistere, lavaggio vaginale, sciacquo col colluttorio dopo essermi lavata i denti, doccia, massagio e nuova doccia. Il solito, forse un poco più lungo ed accurato, ma ci penso dopo, quando sono in un salottino elegante. Come faccio a saperlo? Indosso solo una benda. Ma siedo, e quando mai in un salottino fanno sedere una schiava? Eppure siedo su una poltroncina ben imbottita e sotto i piedi ho un tappeto di seta. Ho passato sette mesi spostandomi sempre bendata, in mancanza della vista gli altri sensi diventano più vigili ed acuti. Passa troppo tempo, mi scappa la pipì, da morire. Quando sto per chiamare, meglio chiamare che farla per terra, vengono a prendermi e di loro iniziativa mi portano al gabinetto. Quando ne esco vengo affidata ad altri. Vieni cara. Non capisco al primo momento. Ma sei tu? E’ Belle Tette, la regina BT. Pochi passi in silenzio, una porta aperta e chiusa a chiave. Qui possiamo parlare ma…vuol dire che la prudenza non è mai troppa. Un corridoio, una rampa di scale ed un ‘altra porta. Adesso silenzio. Se il salottino mi era parso elegante qui dobbiamo essere allo sfarzo dal poco che posso capire. E’ un altro salottino e qui vengo liberata dalla benda. Lui, il mio Padrone ti vedrà tra poco. Forse ti vorrà anche. Lo conosci di già e gli sei anche molto piaciuta. Anche a te era piaciuto. Si allontana con un sorriso che non so interpretare. Gelosa?

Sono in piedi davanti a Lui che esamina alcune carte. Si sbriga in fretta, come se già le conoscesse a menadito. Neanche una macchia, niente di importante comunque, mormora solo, ma abbastanza forte da farmelo capire.Ti è piaciuta la vacanza? Certo Padrone. Qui dici che l’Amministratore ti ha fatto parecchie domande, non lo hai trovato strano, eccessivo? Tu sei la padrona della ditta. No strano no. Mi sarei meravigliata anzi se avesse dimostrata meno curiosità, intersse, era presente quando sono stata battezzata, spesso era lui a portarmi a scuola, mi aiutava con i compiti e con il nonno mi ha insegnato tutto quello che so sulla ditta. Tocca vari punti, insistendo su alcuni che giudico privi di importanza e quasi sorvolando su altri. Ride quando racconto dell’unica voce che circolava in fabbrica e cioè che fossi così riservata per non avere scocciature con il mio amante. Amante o amanti. I più propendevano per uno solo, gli dico, sorridendo.
Più tardi lo serviamo a tavola, una bella saletta, la ruota c’è pure qui, celata in una rientranza del muro e ne escono piatti estremamente curati che ha scelto da una lista delle vivande degna di un buon ristorante. BT ed io, a turno mangiamo, e non sono avanzi, anche se mangiamo al solito in piedi vicino alla ruota. Falla preparare dice a BT, poi portamela in camera. Temo di vedere una occhiataccia di BT ma non noto nulla del genere. Scusarmi con lei? E’ il mio padrone dice solo, intuendo quello che penso. Non sei l’unica che gli ho portata in camera e non sarai l’ultima. E tu invece resti, ribatto, e poi, lo ami? Arrossisce come una educanda. Non si vede? Ma così è la vita. Ero stata contenta di vedere Lui ed avevo sperato che mi volesse, ma…cosa ma? Speravi, mi dico, che ti inviasse un mazzo di rose, ti baciasse come un ragazzetto e cercasse timidamente di sedurti? Scema. Può avere tutte le donne che vuole ha detto la mia amica. Se ne vede una che gli vada a genio per la strada potrebbe ordinare che glie la facciano trovare, già doma o da domare, a scelta sua. BT deve essere qui da molti anni, ed è sua. Potrei chiederlo a lei. No,non credo di averne il coraggio. Poi non voglio essere sicura di avere a che fare con un simile mostro. Io però sono stata scelta più o meno così. Eccolo. Indossa una vestaglia ed ovviamente la maschera. Non oso sorridergli, lo guardo lasciar cadere la vestaglia e stendersi. Mettiti alla mia destra. è mancino? Una mancanza da parte mia padrone. No una mancanza della tua amica che ha omesso di avvertirti. Poi ridendo mi abbraccia e cerca la mia bocca che gli cedo ben volentieri. Ma forse per le pasticche prese è frettoloso, poche carezze ed allargo le ginocchia per accoglierlo. Il clitoride infibulato ha permesso di essere almeno un poco umida, ma non era così che speravo succedesse. E’ già sopra di me, appoggiato ad un gomito si piega a lato e porta la mano al sesso che guiderà…si ferma sorride, smonta di sella, anche se in sella non è ancora montato. Una cosa cara. Cara, mi piace essere chiamata cara. Qui dentro è raro. Non risulta da quel che ho letto che tu abbia avuto amanti, neanche cose passeggere, da poco. Come mai? Non ti era stato proibito, Non oso raccontargli che una parte soltanto della verità. Per qualche tempo, Padrone non ci pensavo neanche, poi, col tempo, ci ho anche pensato ma sia perchè non avevo troppo tempo, lavoravo sodo, sia perchè non ne ho avuto l’occasione, forse non l’ho neppure cercata. Taccio. Dovrei dirgli che da qualche tempo avevo una voglia matta di un bel cazzo che mi entrasse nel sedere o nella fica, da padrone però, senza chiedere per piacere. Di nuovo mi abbraccia, mi palpa un poco ma solo un poco, non amano i preliminari più di tanto e si fa leccare il cazzo e lo scroto. Lecca solo, dice. Ed io lecco solo, a lungo mentre mi tocca tra le gambe e mi piace da morire sia essere toccata sia succhiargli il cazzo, sia prenderlo in gola. Non servono troppi discorsi quando mi spinge un poco la spalla, capisco subito e mi metto sulla schiena. Mi prende nel modo che ho sempre odiato, alla brutta eva, facendomi anche male, quasi guaire, come mi hanno sempre chiavata se non in casi rari. E’ quello che cercavo. Che me lo ficchi dentro in questo modo. In questo momento è così che voglio chiavare, è così che mi piace, è anche l’unico modo che conosco. In questo momento sono una puttana con il suo uomo, si una puttana ed ansimo mentre godo. Dormiamo un poco poi mi sveglia. Comincia a scoparmi in bocca poi me lo infila nel sedere. C’e lo ha grosso come ricordavo. Per fortuna ho continuato gli esercizi con i tutori altrimenti mi spaccava. Mi fa male sopratutto quando me lo infila la seconda volta, la terza, molte ore più tardi è infinitamente peggio. Preferivo si fosse impasticcato un po’ di meno. Gli esercizi col tutore non sono bastati.

Mi tiene con lui per qualche giorno, con lui è facile distinguere il giorno dalla notte, ha un orologio a pendolo in ufficio. Gli piace mentre lavora chiamarmi col campanello e farmi mettere in posizione sul bordo della scrivania per fottermi od incularmi. In bocca no, solo raramente. per tre volte annunciano qualcuno e lui la prima volta continua a scoparmi da dietro mentre ascolta un rapporto per me incomprensibile, ha solo rallentato un poco e a me non fa nè caldo nè fredo la presenza dell’altro. Si ferma dal fottermi solo quando deve fare qualche domanda per poi ricominciare subito. La seconda volta invece mi manda via, cazzi suoi. La terza mi offre all’altro Padrone ed è lui a parlare mentre quello si fa fare prima un mezzo pompino e poi mi scopa. Cosa mi aspetta? Non lo so e mi rodo, ma non faccio domande, non oso farne a lui e a nessun altro, sono una schiava, una schiava privilegiata che chiava solo con il Padrone e pochi amici e fa un lavoro poco faticoso. Vedo BT, sta facendo qualcosa da qualche parte. Non faccio domande neppure a lei e lei non racconta altro. Alzandosi per andar via mi sorride. Son contenta che durante la mia assenza ci sia tu, mi carezza una guancia, ciao dice, a presto. Si a presto.

Ma cosa voglia dire a presto non so. Il lavoro non è molto e le due schiave al suo servizio, adatte solo a fare le cameriere data l’età, da subito mi sono di aiuto. Evito così errori pericolosi conoscendo grazie a loro le sue abitudini e le sue preferenze. Si dimostrano affezionate a BT e scappa loro la durata probabile della sua assenza.
Una sera come tutte le altre, nel suo letto. Con tante schiave a disposizione perchè vuole sempre me nel suo letto? Non che mi dispiaccia, anzi, mi piace tutto di lui. Mi è piaciuto persino impasticcato la prima sera quando mi ha inculata alla brutta quasi rompendomelo, mi è piaciuta altre volte una sua certa qual delicatezza. So che non prenderò il posto di Belle Tette anche se ci faccio ogni tanto un pensierino. Si mi piace tutto, il suo odore, come mi usa. Inorridisco per aver solo pensato a questa parola odiosa anche perchè con lui faccio l’amore, un poco almeno. Amore poi. Da queste parti non si parla neppure di amore. Con i Padroni non si parla di niente, si ubbidisce soltanto. Con i Famiglia si parla ancora di meno e con le altre schiave si ha paura che una parola di troppo ti faccia fare una brutta fine persino. Amore. Per amore intendono solo l’uso che fanno dei nostri corpi. La volta che fossi convinta che amore significhi solo un cazzo dentro di me mi suiciderei. Posso vivere senza amore, ma non senza avere qualche rapporto con altri, amicizia, simpatia mi basterebbero. Suicidio, morte, la fine di tutto. La fine della paura quando sei senza speranza, quando l’unica realtà è la paure costante, quel dolore opprimente che ti attanaglia. Non mi ha fatto bene la pseudolibertà. La ‘doma’ era riuscita, mi avevano piegata ed avevo inconsciamente accettato tutto ammantando, velando tutto di illusioni e fantasticherie sceme per non vedere. Quasi una famiglia, quasi una moglie…idiozie. Schiava per far marchette. Questo è un bordello.
Mi sveglio di soprassalto, Lui mi sovrasta guardandomi con fissa attenzione. Di nuovo sprofondo nel sonno, un sonno invincibile, capisco che mi ha drogata quindi…un lampo di speranza prima del buio.

Leave a Reply