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Racconti di Dominazione

LA CHAT – Episodio 2

By 6 Dicembre 2020No Comments

La mattina successiva quando mio marito se ne andò al lavoro accesi di nuovo il PC Sul desktop c’era il “Nuovo documento di testo” contenente la mail dello sconosciuto. Avevo dormito poco, la mia fica mi aveva tenuto sveglia, dicendomi che era vogliosa di un nuovo ditalino come quello della mattina, ma non la avevo potuta accontentare con Luigi accanto a me. Avevo provato una timida offerta al momento di andare a letto, ma lui aveva risposto di essere stanchissimo, e di non avere voglia.

“Va bene” pensai guardando quell’indirizzo email. “Cominciamo a vedere se questo sito esiste davvero” e digitai la parte finale dell’indirizzo. Esisteva, era un sito di email anonime e gratuite che dichiarava essere anche “criptate”. Mi infilai la mano sinistra negli slip (oggi mi ero premurata di togliermi i pantaloni della tuta, non volevo cambiarne una al giorno) ma la mia fighetta reagiva svogliatamente. Voleva lo sconosciuto per godere. Pensai alla mia mail con nome e poi il cognome @gmail.com”, e non potevo certo usarla. Sarei uscita dall’anonimato, e non volevo. Poi rimasi con le mani sospese sopra la tastiera… ma che accidenti stavo facendo? Volevo davvero rispondere al tizio misterioso e pieno di boria? Beh, mi risposi da sola, non è stato borioso. E’ stato educato quanto uno che risponde per mera cortesia a qualcuno che non gli interessa e probabilmente gli sta rompendo le palle. Ecco, lo stavo pure difendendo… Beh, non potevo certamente spiattellagli nome e cognome. Con un giro su Facebook avrebbe trovato il resto, probabilmente. Ma se volevo saperne di più potevo giocare come lui, e farmi una mail anonima.

“annoianna” incredibilmente era occupato, ma aggiungendoci l’anno di nascita 1976 ero riuscita a farmi una email. Avevo messo una password che mio marito non avrebbe potuto mai indovinare, ed in qualche minuto ero proprietaria di una email anonima e che non avrebbe ricondotto a me. Ero di nuovo nella mia comfort zone dove la mia identità era al sicuro, ed avrei potuto tirarmi indietro in qualsiasi momento. E così mandai una mail a quell’indirizzo misterioso. L’oggetto e il testo erano abbastanza tiepidi, ma comunque era quello che mi aveva chiesto di fare, contattarlo via mail. E la mia micia ritornò a svegliarsi. Oddio, che stavo facendo? Mi sentivo stupida ed imbarazzata, ma ormai era partita.

La risposta arrivò in pochi minuti. “Mettiti in slip e reggiseno, scrivi su un foglio ALPHAMASTER, tienilo con una mano sulla pancia lasciando visibile la biancheria, e fatti un selfie allo specchio inquadrando dal collo in giù e mandamelo”

Diventai rossa come non ero mai stata in vita mia, l’imbarazzo mi causava enormi vampate di caldo. Ma soprattutto, stavo inzuppando le mutandine, ed anche quello mi faceva sentire una merda. Ma la figa inzuppata stava reclamando attenzioni. Stavo per chiudere il PC e nel contempo stavo già infilandomi una mano nelle mutande, quando arrivò una seconda risposta: “e non toccarti la fica, schiava. Potrai solo dopo aver fatto la foto ed averla mandata”

Tolsi di scatto la mano dagli slip. CAZZO! Come aveva fatto? Mi vedeva? Aveva acceso in qualche modo la webcam? No, porca puttana, non era neanche attaccata. La finestra aveva la tapparella giù, quindi non mi stava spiando. Quello stronzo semplicemente aveva capito con una chat e poche domande più di quanto avessi capito di me io stessa.

Non sarei stata al gioco, no. Avevo caldo, avevo voglia di toccarmi. Gli slip rosa quasi da bambina erano zuppi. “Va bene, voglio vedere dove vuoi arrivare” cercai di giustificarmi mentendo a me stessa. In realtà non vedevo l’ora di fare quella foto. Anonima, senza faccia, ed avrei usato come sfondo un muro bianco, quindi del tutto sicura, nessuno avrebbe potuto collegare la troia eccitata nella foto a me. Feci il foglio, e mi feci la foto. Avevo le mutandine zuppe, e nella foto si vedeva, ma non mi importava. Mi vergognavo, volevo morire, mi sentivo puttana, ed ero eccitatissima. Mandai la foto, e poi partii con la mia agognata masturbazione. Mi tolsi gli slip, e mi toccai. Ogni minimo contatto era una scossa elettrica a diecimila volt. Nonostante le sensazioni fossero le più forti mai provate volevo di più. Da toccarmi il clitoride passai ad infilarmi un dito dentro, poi due, poi tre. Esplosi in un orgasmo devastante, pensando alla troia della foto. Vergognandomi come una ladra, sentendomi umiliata dal fatto che mi fosse piaciuto così tanto.

Quando tornai in me guardai lo schermo del PC. Era arrivata una nuova risposta dal Master. Laconica. “Vieni in chat. Ora.” Mi collegai al sito, rimisi “Annoianna” come nick, e lui era li. Mi contattò subito. “Ti sei masturbata dopo la foto?”. Gli dissi di si, e gli chiesi come faceva a saperlo. Mi rispose semplicemente che lui conosceva bene il tipo di donna che ero, e questo per qualche motivo moltiplicò la mia vergogna. Ero davvero “quel” tipo di donna?

Mi scrisse che mi accettava come sottomessa, e volle sapere come mi sentivo mentre facevo la foto, e come mi ero sentita fisicamente e mentalmente mentre mi masturbavo dopo. Glielo dissi, fui sincera. Non nascosi il mio imbarazzo e la mia vergogna, ma neanche la mia lussuria. Lui mi chiese quanto erano bagnate le mie mutandine. Non “se” erano bagnate, ma “quanto”. Gli risposi che erano inzuppate, e lui mi disse di toglierle e stare senza. Di nuovo… qualcosa che non mi aspettavo. La vergogna mi strozzava il fiato, ma la figa mi pulsava, quasi dolorosamente, e mi continuava ad inondare. Io cominciai a chiedermi se ero pazza mentre quasi in preda alla febbre per la vergogna mi alzavo e le toglievo. Forse ero anormale… una sorta di pervertita? O forse ero solo una troia che finalmente riconosceva di esserlo? Non lo sapevo, ma mi sentivo nuda molto più che se ci fossero stati occhi a vedermi. Gli confermai di essere nuda dalla vita in giù, e lui ricominciò con le sue domande. Mi chiese se progettavo di uscire, quella mattina e io confermai perché in effetti dovevo andare al supermercato.

Le sue domande cominciarono ad essere di nuovo insistenti ed imbarazzanti, e stuzzicare la parte troia di me con la quale apparentemente dovevo trovare un equilibrio. “Come intendi vestirti?” Risposi che non lo sapevo, probabilmente jeans, delle ballerine ed una maglietta, visto che eravamo a fine Settembre e faceva ancora parecchio caldo. Mi rispose di no, che avrei indossato cosa voleva lui. Cominciò a far domande su cosa avevo disponibile nel mio guardaroba, ed alla fine selezionò una mise molto più elegante. Non mi propose di vestirmi da troia come temevo, anzi. Era un insieme di gonna e maglietta che stava parecchio bene insieme, e delle scarpe con il tacco basso più femminili delle ballerine che avevo in mente. Poi però mi sganciò la bomba: “Devi mettere un reggiseno che non attiri troppo l’attenzione, ma comunque abbastanza carino, ma non devi mettere le mutande. Io mi congelai. “Come, scusa?” … come se avessi potuto fraintendere qualcosa di detto, e non leggere a chiare lettere una cosa scritta. Lui non apprezzava che gli si chiedesse di ripetere, così rispose in modo insolitamente duro: “Come? Con il culo da troia e la fica grondante nudi, che cazzo pensavi?” E poi aggiunse che voleva una foto di me vestita che stavo per uscire, una seconda con la gonna tirata su a far vedere il culo, una terza di fronte a far vedere la fica, una quarta fuori scattata con gli stessi abiti, ed una quinta scattata nel bagno del supermercato, di nuovo con la gonna tirata su fino alla vita a mostrare il culo. Leggere che parlava di me in questi termini mi faceva avvampare, avrei voluto morire, o ucciderlo. Lo odiavo, perché sapeva che l’idea mi faceva vergognare come una ladra sorpresa a rubare, e mi odiavo perché mi piaceva. Feci per rispondere che neanche morta lo avrei fatto, e di nuovo la chat dette errore. Era uscito, senza lasciarmi il diritto di replica.

La mia fica aveva bisogno di carta igienica, o avrei colato su tutto il pavimento. Andai in bagno, e mi asciugai. Solo il contatto della carta mi toglieva il respiro, era come se la mia fica fosse spellata da tanto era sensibile. Di nuovo mi masturbai, furiosamente. Le dita non mi bastavano più ma non sapevo cosa infilarmi dentro, e continuai ad infilarmi quattro dita, cercando di allargarmela e di sentire dentro come ero fatta. Come se non avessi mai sentito il mio interno (ed in parte era così) Alla fine ero esausta e respiravo come dopo due ore di spinning a manetta. Mi ricomposi, mi lavai e iniziai a prepararmi per uscire. Tiri fuori i jeans che avevo previsto, ma non mi attiravano più. I capi che aveva scelto lui erano relativamente anonimi, ma di sicuro di maggior gusto. Aveva abbinato un bianco, un blu ed un azzurro molto adatti a quel fine estate, e mi piacevano. Mi vestii di tutto punto, ma infilandomi anche delle mutandine pulite, e feci per uscire. Sulla porta mi fermai. Ero vogliosa di nuovo di eccitarmi, ma non volevo, non potevo fare quello che mi aveva chiesto. Stetti a ciondolare davanti alla porta chiusa almeno 10 minuti, poi con uno scatto rabbioso, disprezzandomi, tolsi gli slip e li misi nella borsa. E tirai fuori il telefono per farmi quelle cazzo di foto.

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