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Racconti di Dominazione

La mia carne a ricompensa

By 24 Marzo 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Sei arrivato da me con un labbro spaccato. Ho aperto la porta e mi sono trovata davanti un uomo nuovo. Uno sconosciuto. Ha le tue sembianze, ma non i tuoi occhi. Quegli occhi da buono che ti ho sempre detto tradiscano il fatto che tu la divisa, ce l’hai tatuata addosso. Anche se lavori in borghese. Anche se ti vesti da straccione e ti lasci crescere i capelli, la barba e le basette. Non sembrerai mai uno di quei tossici che vai ad arrestare. I tuoi occhi sono il tuo distintivo. Ma non stasera. Lo sguardo è feroce, incattivito. Non dici una parola. Ti faccio entrare, prendo cotone e disinfettante. Appoggi una mano sul tavolo e vedo che è insanguinata, gonfia. ‘Che ti è successo?’. Nessuna risposta. Ti sei accorto che i tuoi occhi mi feriscono. Li abbassi rivolti a terra. Ti pulisco i graffi nella mano. Mi siedo sulle tue gambe, ti guardo, muto e inerte. Mi preoccupi, non è da te. Tu che non fai in tempo a vedermi, che già mi hai baciata. Tu che mi sorridi e mi dici che sono la tua Fimmina. Tu che mi prendi con la voracità di un uomo affamato e mi consumi di sesso appassionato. Prendo il tuo viso tra le mani, ti faccio alzare gli occhi, che finalmente incrociano i miei. ‘Mi dici che è successo?’ ‘ ‘E’ finita. Non verrà mai più a darti fastidio’. Un brivido parte dalla nuca e corre giù. Erano settimane che un maniaco mi perseguitava, dandomi la caccia ovunque. Telefonate a qualunque ora, appostamenti sotto casa, regalini sul parabrezza dell’auto e persino due gomme squarciate. Un incubo. Dopo aver denunciato il tutto, dentro al bar di fianco alla caserma avevo incontrato lui, che da prima mi era sembrato un delinquente, più che un carabiniere. Quattro chiacchiere, in scioltezza. Mi aveva offerto il caffè, senza che me ne accorgessi, uscendo prima di me. Pensavo che non l’avrei più rivisto, ma un paio di giorni dopo mi ha contattato. Voleva saperne di più. In poco tempo siamo diventati amanti. Era un uomo educato, dolce e gentile. Ma da quella sera, fu tutto diverso. Lui mi aveva difesa, salvata. Ora leggo vergogna nel tuo sguardo, capisco che quel che hai fatto, sconfina nell’illecito. ‘Anche se lo avessi beccato fuori da casa tua, non gli avrei potuto fare niente. Ma ora sa che sei la mia donna e che ti deve lasciare in pace.’ Mi avvicino per darti un bacio, allontani la testa di scatto. ‘No.. il sangue’. Prendo del cotone, lo bagno di saliva e lo passo sulla ferita, dolcemente. Mi alzo, ti prendo per mano e ti porto in bagno. Ti spoglio. Come fossi un manichino. Ti lasci fare. Esausto. Nell’animo, più che nel fisico. Apro l’acqua nella doccia. Ti faccio entrare. Mi libero dei miei vestiti e ti raggiungo. Prendo la mano ferita, la bacio e le faccio accarezzare il mio viso. La faccio scendere lungo il collo, lentamente. La spalla, lo sterno. Raggiunge il seno. E la lascio lì. Qualcosa in te prende vita. Lo sento premere tra le gambe. Lascio che l’acqua coli sulla tua carne, dopo essere passata sulla mia. Acqua calda, mista a me. Ti accarezzo, ti bacio. Continui a sfuggire al mio sguardo. Il tuo corpo è lì, la mente è altrove. Guardo l’altra mano. Serrata. Un pugno chiuso, un colpo in canna. Sento che c’è qualcosa di incompiuto. Ti è rimasto qualcosa di brutale dentro. Devo farlo uscire. Altrimenti marcirà. Allora mi giro. Faccia al muro, tu dietro. Sposto la tua mano dal seno e le faccio accarezzare il mio sedere. Di nuovo, sento la tua carne pulsante appoggiarsi alla mia. Te lo prendo e lo dirigo sul mio solco. ‘Finisci di sfogarti su di me’. Appoggio i palmi delle mani al muro, inarco la schiena, offrendomi e aspetto. ‘Ti prego, scopami con tutta la rabbia che ti è rimasta’. Non ti muovi, non fiati. ‘Ti prego’. Finalmente il tuo braccio cinge la mia vita, spingendomi verso di te, facendomelo entrare. Un unico colpo. Secco e deciso. Dalla mia bocca esce un mugolio di dolore. L’altra mano mi tappa la bocca severa e senza aspettare che la mia carne faccia posto alla tua, cominci a spingere. Non eri mai stato così violento. Non mi avevi mai presa così. Rabbioso e convulso mi stai facendo tua, nel modo in cui poco prima avevi picchiato quel tizio. La cosa mi eccita. Finalmente un uomo mi sovrasta. Mi dimostra il suo dominio. Dando sollievo al mio cervello, che finalmente si può rilassare. Ora c’è chi decide per me e del mio corpo. E’ tuo. Fallo vibrare a tuo piacimento. Usalo. Usami. Liberandomi dal giogo della paura nella quale ero confinata, mi hai legata a te. Ed ora ti offro la mia carne a ricompensa. Sento il peso del tuo corpo sbattere sul mio. Immobilizzandomi e schiacciandomi alla parete. La tua mano preme sulla mia bocca, impedendomi quasi di respirare. Sento i denti affondare sulla spalla e le dita premere sul bacino, serrandomi al tuo. Mi fai male. Mi piace. Non ti fermi. Non mi chiedi il permesso. Mi stai usando. E’ liberatorio, per entrambi. Interminabili minuti di violenza lacerano la mia carne. Ferendomi. Il mio istinto tenta di prendere il sopravvento. Facendo leva con le braccia, tento di scrollarti di dosso. La tua mano si sposta dal mio ventre, afferra prima un polso, poi l’altro. Me li porta sopra la testa, facendomi sbattere il viso contro il muro. Lo volto di scatto, per salvalo dalla tua furia e riuscire a respirare. Mi inchiodi le mani al muro con le tue. Me le premi fino a farle intorpidire. Mi hai totalmente immobilizzata. Una voce roca e nuova, mi sussurra all’orecchio: ‘Mia’. Quando ormai spero che ti fermi, che tutto questo finisca, che torni ad essere quello di sempre. Un’ultima spinta mortale mi lascia senza fiato, con la bocca spalancata. Resti lì inerte, schiacciato addosso al mio corpo e dentro alla mia carne. Pochi secondi di pausa rarefatta,e ti lasci scivolare fuori, inginocchiandoti. Sento del liquido caldo uscire dal mio solco. Non so se sia sangue o seme. Mi giro. Vedo il tuo viso chino, lo prendo, lo premo contro il mio ventre. Lo stringo in un abbraccio quasi materno. ‘Quello, mi ha detto che tu eri sua. Per un attimo gli ho creduto e ti ho vista con lui. Non ho capito più niente. Tu sei mia! Sei la mia donna.’
L’acqua calda scintilla su di noi, bagna le mie lacrime e forse anche le tue. Confondendo dolore e piacere. Vittima e carnefice.

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