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Racconti di Dominazione

La mia vita, le mie esperienze, il sesso

By 9 Febbraio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Ho ventidue anni, mi chiamo Daniela. Studio, sto alla facoltà di medicina. E sono qui in chat proprio perchè dovrei studiare, ma non ne ho per niente voglia. Sono fidanzata da due anni. Lui non so che cosa abbia intenzione di fare, credo niente. Ogni tanto trova qualche lavoro da fare. Ma poi, come tutti gli altri maschi del mio paese, se ne sta al bar con gli altri. Ne sono innamorata? Forse sì, forse no. In questi piccoli paesi funziona ancora come nei romanzi del settecento. Avvengono fidanzamenti in un certo senso, combinati. Quindi credo anche il mio. Però devo riconoscere che il mio ragazzo è il meno peggio del paese. Un bel ragazzo, sicuramente. Ma come tutti gli altri con le loro “donne”, è di una gelosia assurda. Ovviamente a me questo non piace. Io mi reputo una testa pensante per fortuna, forse anche perchè ho avuto il contatto con la grande città, con l’università, e queste sono le cose che ti fanno avere larghe vedute. Dopo di che ho iniziato a pensare che il mio paese è una merda.
Non saprei dire se il mio ragazzo sessualmente mi soddisfa. Questa è un altra particolarità, perchè sempre in questi maledetti paesi, purtroppo, i maschietti hanno questa ossessione di farlo senza preservativo. Ed io sono un pò contraria, non vorrei trovarmi a ventidue anni con un bambino nella pancia. La chiesa è molto forte, qui da me. Il prete ha quasi potere di vita o di morte. Quello che lui decide, viene eseguito. Quindi la gente anche per questo è molto chiusa. Diciamo che è il prete a proibire il preservativo, e vuole che noi ragazze rimaniamo caste fino al matrimonio. Le mie amiche la trovano una cosa giusta. Non scopano, o così dicono. Non ho avuto tante esperienze fino ai miei ventidue anni, poi tutto partì da lì, una seria di travolgenti novità. Fino ad allora avevo scopato solo cinque volte. E solo quattro volte con il mio attuale ragazzo. E tutte e quattro le volte mi è quasi venuto un colpo al cuore, perchè come già ho spiegato vuole farlo senza preservativo, quindi viene fuori all’ultimo momento, e mi sborra sul pancino. Ci sono stati momenti in cui ho creduto di essere incinta. Per fortuna non sono mai stata incinta, anche se credo che di questo passo, non ci vorrà molto.
Oltre a lui, sembrerà strano, ma ho scopato in maniera atipica, è successo a diciotto anni, il giorno dopo del mio compleanno, con un operaio che lavorava a nero, in un cantiere giù al paese. Mi pare fosse albanese. Ogni giorno quando uscivo da scuola, passavo dinanzi a questa villetta in costruzione, e questo operaio smetteva sempre di lavorare per guardarmi. Qualche volta mi faceva certi apprezzamenti pazzeschi, che poi non capisco neanche il perchè, non sono neanche chissà quanto bella. Una volta mi disse: “ogni volta che passi di qui, il cazzo mi diventa duro duro”. Questo genere di cose. Comunque qualche mese dopo, il giorno dopo del mio compleanno, passai di nuovo dalla casa in costruzione, e quello mi invitò a fermarmi. Sinceramente non lo so perchè l’ho fatto, ma mi sono fermata, però non fu volgare con me, quella volta. Anzi, sembrava molto dolce. Stava lavorando solo lui nel cantiere, entrai, e successe che mi abbracciò, iniziandomi a baciare. Io un pò mi opposi, ma poi lasciai fare. Affondò la sua lingua nella mia bocca. Poi si sbottonò la zip dei pantaloni, facendo venir fuori il suo arnese, di dimensioni abominevoli. Mi raccolse il polso del braccio sinistro, e accompagnò la mia mano verso il suo cazzo. Lo presi in mano, ce ne volevano due per prenderlo del tutto.
– Sei eccitante, lo sai? – mi disse. – Quando ti vedo passare mi vien voglia di scoparti davanti a tutti, davanti ai tuoi amichetti.
Iniziai a masturbarlo, non sapevo veramente cosa dovevo fare. Nel mentre continuava a baciarmi, quasi mi stava consumando la lingua. Non era ancora del tutto duro il suo arnese, ma già era enorme. Con una mano mi strinse il collo, quasi non lasciandomi respirare, e mi guardò. Io spalancai gli occhi, avevo l’impressione che mi avrebbe fatto del male.
– Adesso ti scopo per punizione di tutte quelle volte che non ti sei mai fermata, quando ti chiavamo “puttana” o quando ti facevo tutti quei bei complimenti.
Mi strappò letteralmente tutti i bottoni della camicetta bianca, e venne fuori il mio piccolo seno. Non portavo reggiseno, perchè non ne ho mai avuto bisogno. Il mio zainetto stava per terra, adesso ero vestita soltanto della gonna e degli stivaletti. Mi avrebbe violentata, questo era sicuro. Ma sapevo anche che io non avrei reagito minimamente. Continuavo ad avere in mano il suo arnese, lo masturbavo, ma piano. Intanto era diventato enorme, si era gonfiato, diventando dritto, con un glande di dimensioni notevoli.
– Hai paura, vero? – mi chiese. – I tuoi genitori lo sanno che sei così troia? Immagino come debbano essere contenti che adesso un albanese extracomunitario stia scopando la loro figlioletta.
Mi baciò ancora, e di nuovo sentii la sua lingua contro la mia, la sua saliva e la mia. Si sfilò la maglietta e si abbassò i pantaloni, ma non li tolse. Poi mi abbassò la gonna a quadroni, rossa e nera, e la tirò via, con violenza. Così fece anche con le mutandine. Adesso ero rimasta solo con gli stivali, nient’altro addosso. Anzi, qualcosa sì. Il mio orologio, al polso destro. Mi spinse contro una colonna dell’edificio in costruzione. La mia schiena contro la colonna fredda.
– Adesso ti faccio vedere io che cosa meritano le puttanelle come te che non si fermano quando le chiamo.
– No, ti prego. Sono ancora vergine, mi farai male. Ti prego lasciami andare – lo pregai in ogni modo.
– Sei vergine? Allora adesso ci penso io, così diventerai una vera e propria donna.
Cercò con la punta del cazzo la mia passera. Iniziò a spingere il glande dentro di me, ma un dolore fortissimo mi costrinse ad urlare. Più urlavo e più lui si innervosiva, e grignava, mostrando tutta la sua cattiveria. Qualcuno ci vide, penso fosse un pensionato, che abitava proprio nella villa di fronte. Uscì dal suo balcone e ci vide, ma rientrò dentro, facendo finta di non aver visto niente.
Mi faceva un male pazzesco. E i miei, in confronto ai suoi, non erano mugolii di piacere, ma erano come dei pianti silenziosi, dei lamenti. E poi lo poteva benissimo leggere dai miei occhi, che stavo provando molto dolore. Intanto era riuscito a penetrarmi fin dentro, fino a metà del cazzo, ma non era intenzionato a fermarsi lì.
– Per piacere, mi stai facendo un male pazzesco! – lo pregai di smettere.
Ma lui ansimava di piacere, muovendo l’anca dall’interno verso l’esterno. Quasi persi i sensi per il dolore. Adesso i suoi coglioni sbattevano contro le labbra della mia passera. Le sentivo sbattere di continuo. Mi penetrava talmente forte che delle scie di sangue iniziarono a scorrere giù, sulle mie cosce, fino a posarsi sugli stivali. Poi iniziò ad ansimare sempre più forte, capii che stava per sborrare, e avevo paura che mi avrebbe sborrato dentro. Ma invece tutto d’un tratto uscì dal mio corpo, mi spinse, facendomi cadere a terra, adesso ero distesa su un fianco, e lo guardavo, mentre si masturbava dinanzi ai miei occhi, fino a quando i primi schizzi finirono sul mio corpo. Finirono un pò ovunque, alcuni anche sui miei capelli corti. Era tantissima.
– Che grande scopata! – disse. – Adesso alzati e vattene, che devo lavorare.
Si rimise i pantaloni e la maglia, e continuò il suo lavoro. Io mi distesi, respiravo a fatica, guardai il soffitto. In fin dei conti era stato bello.
– Ho detto che devi andartene, stronza – mi disse. – E la prossima volta che passi di qua e voglia che tu mi faccia godere devi farlo, altrimenti lo farò con la violenza.
Restai un altro poco ancora, con la mano raccolsi il sangue della mia fica, e me lo portai alle labbra. La passera mi bruciava, quasi non riuscivo a chiudere le gambe. Poi raccolsi le mie cose e andai via.

In foto: una parte di me.

Adoro masturbarmi, ma il mio sistema è forse poco comune rispetto alle altre ragazze della mia età. Infatti mi eccita molto che sia qualcuno a guardarmi mentre gioco con la mia passerina. Abitualmente mi piace indossare mini gonne, ma la maggior parte del tempo indosso dei pantaloncini molto corti, perché sono una giocatrice di pallavolo. Oggi sono nella mia stanza, c’è un gran caldo, sono con una mini gonna e ho voglia di masturbarmi, ma ho voglia che qualcuno mi stia a guardare. Quindi esco fuori al balcone e mi siedo su di una sedia. Di fronte al mio appartamento c’è una terrazza, dove una comitiva di vecchi gioca quotidianamente a carte. Mi piace essere guardata da loro. Infatti sono lì, seduti intorno al loro tavolino di legno. Mi guardano, e io allargo le cosce. Le mutandine le ho tolte prima di uscire sul balcone. Inizio a toccarmi con due dita, i vecchi mi guardano, come sempre, e commentano questa scena. Sicuramente stanno dicendo che sono una puttanella. Chiudo gli occhi e mi lascio guardare mentre massaggio il clitoride bagnato. Ma oltre a loro c’è qualcun altro che mi sta fissando, da qualche altra parte, ma non mi distraggo e continuo a massaggiare la passerina pelosa. L’eccitazione mi provoca un orgasmo continuo, ma resto soltanto cinque minuti, poi mi alzo dalla sedia e sorrido ai vecchi signori, che continuano a guardarmi. Poi rientro e infilo i pantaloncini e la maglia per andare al palazzotto dello sport, dove mi aspetta un’importante partita di pallavolo.
Tra gli spettatori, ovviamente tutti maschi arrapati dalle nostre cosce, c’è qualcuno che conosco. Stefano, un hacker che vive in un appartamento poco distante dal mio. La partita finisce nel migliore dei modi, qualcuno si congratula per le mie prestazioni. Mi si avvicina anche Stefano, ovviamente anche lui si congratula.
– Complimenti, sei stata bravissima ‘ mi dice.
– Grazie ‘ gli sorrido.
– Sei bravissima a fare tante cose ‘ continua. ‘ Anche a fare questo.
Mi mostra una fotografia che mi mette molto in imbarazzo. Il mio viso diventa rosso, perché quella foto mi ritrae mentre seduta fuori al balcone godo con le dita. La straccio immediatamente, con rabbia, vorrei prenderlo a pugni, ma le sue parole mi bloccato. Dice che ne ha altre venti di quelle foto, e che se non faccio quello che lui mi ordina avrebbe iniziato ad attaccarle con il nastro adesivo su tutte le pareti della città.
– Ma questo è un ricatto! ‘ la voce mi trema.
– Sì.
– Cosa vuoi che faccia?
– Te lo dirò a casa tua ‘ mi prende per un braccio e mi accompagna fuori dal palazzotto. ‘ Andiamo, dai.
Arriviamo a casa mia, siamo nella mia stanza, e mi ordina di spogliarmi immediatamente.
– Sei un porco ‘ gli dico. ‘ Vattene, che è meglio ‘ incrocio le braccia.
– Come vuoi tu ‘ risponde. ‘ Ma tutta la città saprà che sei una troia.
Sono costretta a fare quello che mi chiede, e quindi abbasso i pantaloncini, e sfilo la maglietta della squadra che porta il mio nome stampato sulle spalle. Non ho altro, adesso sono completamente nuda dinanzi ai suoi occhi, e con le mani copro la mia patata. Stefano apre la borsa che porta con se, guardo il movimento delle sue mani, che raccolgono un barattolo di vasellina.
– Avanti, girati e piegati fino a toccare con le mani i tuoi piedi.
– Sei un maiale ‘ gli dico, e obbedisco al suo ordine. Mi volto e mi piego fino a toccare con le mani le dita dei piedi.
Stefano apre il barattolo e fa scorrere sulle mie natiche della vasellina. Con le dita mi allarga il buchino del culetto, ma io mi tiro in avanti, perché sono completamente vergine in quel posto. Lui mi dice di stare ferma. Sono quasi consapevole che tra un po’ le mie natiche accoglieranno il suo pene, ma la cosa che mi stupisce è che raccoglie una scopa che giaceva sul pavimento della mia stanza e con delicatezza ne fa entrare la mazza nel mio culetto.
– Ma cosa stai facendo? ‘ urlo. ‘ Così mi fai male.
– Sta zitta, troia.
La mazza della scopa inizia a penetrarmi, e Stefano la spinge fin dentro, e il mio dolore aumenta ogni attimo che passa. Stringo gli occhi e i denti, ed esce un urlo dalla mia gola. Piango quasi. E Stefano con la scopa mi penetra ed esce in continuazione. Colpisce con degli schiaffi le mie natiche, che iniziano a diventare molto rosse.
– Visto che ti piace fare tanto la puttanella vieni con me ‘ dice tenendomi per i capelli e portandomi fuori al balcone. Mi lascia cadere a terra e poi apre la cerniera dei suoi pantaloni, lasciando uscire il suo arnese, di modeste dimensioni. ‘ Adesso fammi un pompino.
Guardo di fronte al mio appartamento, e ci sono sempre i soliti vecchi che mi guardano. Questa volta lo spettacolo è più intenso. Stefano mi ha puntato il cazzo sulle labbra, ma io non voglio prenderlo e lui mi colpisce con qualche schiaffo.
– Che fai, i capricci? ‘ mi da ancora qualche schiaffo, e mi prende per i capelli, fino a farmi entrare con la violenza il cazzo nella bocca.
– Sbattitela quella troia ‘ urlano i vecchi. ‘ Guarda come lo prende bene!
Dopo un po’ Stefano ansima, esce dalla mia bocca e mi viene in faccia.
– Alzati ‘ mi colpisce con uno schiaffo e mi prende per il braccio facendomi alzare. Mi vuole infilare ancora la mazza della scopa nel culo, mi fa chinare verso il basso e mi sfonda nuovamente, ma questa volta senza vasellina, perché ormai il mio buchino si è allargato. Urlo, e gli imploro di smetterla, ma lui continua. La mazza è dura, e quando mi penetra sento come se mi stesse raggiungendo la pancia.
– Basta così ‘ dice infine. ‘ Per questa volta ti lascio stare ‘ mi prende per i capelli e mi riporta in camera. Mi lascia cadere sul pavimento e mi guarda, nuda con la pelle sul pavimento freddo e la faccia sporca del suo sperma. ‘ E adesso fammi vedere come mi lecchi il culo.
– Cosa? ‘ domando spaventata. ‘ Sei proprio un maiale ‘ si volta e io gli sbottono i pantaloni, facendoli scorrere ai suoi piedi. Adesso prende la mia stessa posizione di prima, ma io non so cosa fare, è la prima volta che un uomo mi chiede una cosa del genere.
– Dai, leccami il buco del culo. Voglio sentire la tua lingua ‘ con una smorfia di disgusto avvicino la mia lingua al suo buco e lecco il suo sudore e i suoi peli scuri. Infilo la lingua fin dentro, e il mio disgusto aumenta ancora di più. Poi si rialza i pantaloni e mi dice che dovrei ringraziarlo.
– Perché?
– Perché ti ho sverginata nel culo ‘ mi risponde. ‘ Comunque quella che hai stracciato era l’unica fotografia che avevo. Non ne ho più. Lo sai che sei davvero una gran puttana?
– Vaffanculo, stronzo ‘ quasi mi scappa da piangere.
Stefano esce dalla stanza e io rimango nuda, seduta sul pavimento. Mi copro la faccia con le mani, ma non piango. Ho solo un lieve senso di incomprensione.

in foto: Danielaz, una parte di me. Ho iniziato a frequentare un corso di informatica, in una scuola privata. Il professore è un uomo che si spaccia per una donna, un travestito da ormai venti anni. Una persona veramente geniale, un vero hacker della rete. In tutto siamo dieci studenti, ma gli altri non sanno neanche distinguere un Byte da un Bit. La materia mi affascina molto, anche se devo confessare che è seriamente difficile. Essere un pirata della rete è una sorta di vocazione che uno ha. è difficile diventarci. Spesso mi intrattengo anche fuori orario con il professore (o forse dovrei dire con la professoressa). Una persona davvero simpatica, alla mano. Oggi ha deciso di farmi scoprire come è possibile cogliere sul fatto nuclei di persone che organizzano una truffa. Mi spiega che è semplicissimo, tanto è vero che le sue mani sulla tastiera scorrono con una facilità che non mi sarei mai aspettata. In cinque minuti di silenzio è riuscita ad individuare due persone che sul sito di una banca stanno organizzando qualcosa di molto grosso. I miei occhi sono spalancati, perché per quanto riesca a spiegare bene ogni passo, per me resterà sempre e solo matematica incomprensibile.
– Se vuoi, cara, ti dico anche queste persone dove si trovano.
– Davvero? ‘ le domando. ‘ Veramente saresti in grado di farlo?
– Sicuro.
Riesce addirittura a dirmi il nome della strada e il numero civico. è la casa di Stefano. E per qualche attimo rimango impietrita, la cosa mi imbarazza. La professoressa scopre il rossore sul mio viso, ma non mi chiede spiegazioni di quel mio imbarazzo.
– Cara, io adesso però devo andare ‘ mi dice sfiorando la mia mano. ‘ Se vuoi rimanere altri cinque minuti fa pure. Ci vediamo domani.
La professoressa va via, e in me partorisce una sete di vendetta nei confronti di Stefano, e continuo a fissare quella pagina che appare sulla schermata. Sono documenti fondamentali, decido di stamparli, potrebbero essere utili. Quindi accendo la stampante e infilo dei fogli. Per quanto non sia riuscita a imparare nulla in quelle lezioni, però sono riuscita a partorire oggi una punizione radicale nei confronti di Stefano. No, non lo voglio denunciare. Non mi da soddisfazione questo pensiero. Nel pomeriggio, con i fogli tra le mani arrivo al portone del suo palazzo. Suono e mi viene a rispondere immediatamente.
– Ciao, sono Daniela ‘ gli dico.
– Cosa vuoi?
– Ho del materiale da farti visionare ‘ gli rispondo. ‘ Sarebbe meglio per te che potessi parlarti da vicino. A che piano abiti?
Salgo le scale, convinta del mio scacco matto. Lui mi sta aspettando fuori alla porta, come al solito ha un espressione molto severa. Come se volesse delle spiegazioni. Gli mostro i fogli, e gli dico che sarebbe meglio discutere dentro. Stefano prende i fogli e mi fa strada verso la sua camera, dove noto che è in compagnia di un amico. Lo saluto ma lui non mi risponde, anche se continua a fissarmi incessantemente. C’è un computer acceso, Stefano legge i miei fogli, e il suo viso comincia a diventare di un pallido preoccupante. Il letto è ancora sfatto, probabilmente si è appena svegliato.
– Davide, ci ha scoperti ‘ dice al suo amico. ‘ Ma come hai fatto?
– Beh ‘ dico facendo dei passi verso il computer. ‘ Ho amici che sono qualche passo più avanti di voi. Cosa vogliamo fare? Li vogliamo consegnare alla polizia questi documenti?
– Ma sei pazza? ‘ domanda Davide quasi piagnucolando.
– Beh, allora dobbiamo cercare un accordo.
– Se non parli ti diamo il cinquanta per cento della truffa ‘ spiega Stefano.
– No ‘ rispondo ansimando. ‘ Non mi interessano i soldi ‘ delicatamente abbasso la gonna corta, sotto non porto mutandine come al solito. I due ragazzi rimangono senza parole. ‘ Farete solo tutto quello che dico io ‘ continuo togliendo anche la maglia a maniche corte.
– E questa sarebbe una punizione? ‘ chiede Stefano avvicinandosi a me, le sue mani si dirigono verso i miei seni, ma io lo colpisco con uno schiaffo molto forte, che sbianca il viso di Davide ma arrossa quello di Stefano.
– No! ‘ esclamo. ‘ Ho detto che dovete fare quello che dico io. Avanti, spogliatevi! – la mia voce assume un tono da ragazzina viziata e acida.
I due ragazzi si spogliano dinanzi ai miei occhi, senza opporre resistenza. Intanto io mi siedo sul letto, e delicatamente lascio stendere la schiena sul materasso. Alzo i piedi verso i due ragazzi.
– Adesso mi dovete leccare i piedi ‘ Stefano e Davide impauriti dalla minaccia di dire tutto alla polizia iniziano a baciarmi i piedi, mentre con piacere mi tocco la mia passerina. ‘ Da bravi, voglio sentire la vostra saliva sui piedi.
I ragazzi mantenendo i miei polpacci leccano i piedi.
– Bravi, e adesso cambiamo ‘ mi alzo dal letto e prendo Stefano per i capelli, sbattendolo con violenza ai piedi del letto. ‘ Tu, invece va vicino alla porta e masturbati! ‘ ordino a Davide.
– Cosa? ‘ mi domanda spaventato.
– Ubbidisci ‘ lo raggiungo e lo colpisco con uno schiaffo. ‘ Altrimenti ne avrai altri di schiaffi ‘ Davide inizia a masturbarsi, mentre avvicino la mia passera alla faccia di Stefano, affondando il mio ventre peloso alla sua bocca. ‘ Andiamo, fai il bravo. Lecca ‘ con la lingua inizia a penetrare la mia passera, ma questo non mi da soddisfazione, quindi spingo con più forza il mio ventre contro il suo viso. ‘ La lingua non la sento, devi metterci più impegno ‘ lo afferro per i capelli cercando piacere, la sua saliva e i miei umori iniziano ad inondarlo. Il grande piacere mi costringe a tenere la bocca aperta, adesso va molto meglio. Con la violenza è riuscito a capire cosa deve fare e come.
– Sto per venire ‘ mi dice Davide. ‘ Cosa devo fare?
– Eiacula sul pavimento ‘ gli ordino. In qualche attimo sul pavimento arrivano i primi fiotti di sperma. Lascio stare la testa di Stefano e mi allontano da lui e dalla sua faccia imbrattata del mio liquido. Mi avvicino a Davide e lo spingo sul letto. ‘ Adesso tocca a te, Stefano. Vai alla porta e masturbati.
Davide ha ancora il pene duro e dritto. Salgo anche io sul letto e con una mano indirizzo il suo arnese nella mia vagina. Iniziamo a scopare, mentre Stefano si masturba guardandoci. L’arnese di Davide affonda in me, e il mio bacino ha preso un ritmo molto veloce. Con le mani mi mantengo sul suo petto, e premo per spingere l’arnese ancora più dentro. Socchiudo gli occhi, quest’uomo mi sta facendo godere come una troia. Sto impazzendo.
– Non permetterti di venirmi dentro ‘ gli dico.
Ma quasi come se non mi avesse ascoltato, eiacula dentro la mia vagina, con un urlo di soddisfazione.
– Brutto porco ‘ gli dico colpendolo con un forte schiaffo. ‘ Ti avevo detto di non farlo ‘ ancora un altro schiaffo. Intanto anche Stefano era venuto sul pavimento.
Mi rialzo e capisco che forse è arrivata l’ora di andare via. Stefano mi si avvicina come se pretendesse anche lui di penetrarmi la fica, ma io con una spinta lo spedisco con le spalle al muro.
– Ehi, cosa credi di fare? ‘ gli chiedo. ‘ Cosa credi, che la do a chiunque?
Mi rivesto e esco di casa, avvertendoli però che li tengo in continuazione sottocchio. La mia vendetta era arrivata alla migliore delle conclusioni. In me rido dalla contentezza, mai giorno più soddisfacente della mia vita.

Nota: è gradito ogni tipo di commento. Contattatemi se vi fa piacere.

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