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Racconti di Dominazione

La storia di S.

By 30 Maggio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

 

S. è una donna.

S. è una donna in carriera.

S. è una troia.

La mia troia.

Nella vita è autoritaria, forte, determinata… sicura di se.

Nel sesso, niente è sicuro, soprattutto la conoscenza dei propri limiti. E lei non ha limiti con me.

Impelagata in una storia senza uscita, bloccata da un lavoro che la fa pensare troppo, trova in me il limbo del non pensiero. Unico padrone per una schiava volontaria, che chiede/vuole/pretende di essere sottomessa.

Da me.

Mi manda un messaggio: “Ti voglio, Padrone. La tua troia”.

Le rispondo di aspettarmi, nuda sul tavolo della cucina e lasciare la porta socchiusa. Chiunque potrebbe entrare e approfittare di lei. La paura aumenta l’eccitazione.

Arrivo con la dovuta calma che ci si attende da un master, e la trovo li, apparecchiata come un frutto raro, vogliosa e bagnata come il succo della mela maledetta di Eva.

“Prendimi ora, Padrone.”

Non fa in tempo a finire la frase. Un ceffone sulla gamba le serra labbra e gambe.

“Chi ti ha detto che puoi parlare?”

La guardo.

Sudata. Eccitata. Mia.

Mi tolgo la cinta dei pantaloni e la sento vibrare. Sa cosa la aspetta. E le piace terribilmente.

Faccio passare la punta della cinta sui piedi, sulle gambe, sulla pancia, sul seno.

E colpisco.

Una frustata, secca. La coscia diventa rossa, lei inclina la testa da una parte, mordendosi le labbra. Il dolore non esiste, si trasforma subito in vampate di calore, che dalla fica arrivano al cervello.

Giro la cinta dalla parte della fibbia, e la metto sulla clitoride. Non resiste. Urla. Gode.

E colpisco ancora.

E ancora.

E ancora…

Più colpisco e più gode, più gode e più urla di piacere, più urla e più colpisco.

Mi getto tra le sue gambe, inizio a leccare vorticosamente quel piatto prelibato, ricco di umori che sgorgano come un fiume. Lecco la clitoride, affondo il naso nei suoi peli radi, mordicchio le grandi labbra, metto due dita dentro e premo. Affondo.

E nel vortice del mio lavoro, la sento gemere e chiedere:

“Posso godere, Padrone?”

“Si, mia piccola troia. Godi in faccia al tuo padrone…”

E viene, sfogando tutto il suo piacere su me. Facendo uscire il lavoro, la famiglia, il compagno, lo stress… Fuori tutto per prendere dentro solo il piacere.

Solo me.

Mi guarda con gli occhi lucidi, la pelle imperlata di sudore e piacere.

Le do un bacio sulle labbra. Un bacio che sa di lei.

Chi è il padrone? Chi comanda o chi è comandato? Il piacere del padrone è il piacere della sua schiava, o viceversa?

So solo che lei sarà mia, per sempre.

Donna.

Troia.

Mia.

 

 

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