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Racconti di Dominazione

La trasformazione di Jennifer – Cap.5

By 13 Aprile 2020No Comments

Marco le ordinò di alzarsi e di seguirlo, che sarebbero andati a casa sua con la sua moto. Si avviarono, erano ormai soli in ufficio, Marco chiuse e uscirono. Arrivarono alla moto di Marco, che salì, la mise in moto e poi fece salire Jennifer. Si avviarono e il culo rosso di Jennifer mandava segnali inequivocabili al cervello della poveretta. Il dolore della posizione era insopportabile, le buche della strada erano una tortura continua. Le sembrava che Marco lo facesse apposta a prendere tutti i buchi e i tombini per strada. Finalmente arrivarono a casa di Marco. Parcheggiò la moto. La fece scendere senza aiutarla. Poi scese lui. Le diede la catena e le disse: legala. Lo fece e chiuse il lucchetto. Era in ginocchio, e Marco le disse, seguimi…carponi. E rise. Jennifer ebbe un moto d’orgoglio e disse: no, e si alzò. Marco si girò di scatto e le mollò uno schiaffone in faccia, che la fece cadere in ginocchio. Jennifer si guardò intorno e decise di seguire il suo padrone. Scesero le scale, entrarono nella casa delle torture. Arrivarono al divano. Lui si sedette e le disse: in posizione. Poi cominciò con voce dolce ma ferma: cosa devo fare con te? Perché non capisci? Perché non vuoi essere ammaestrata? Perché non ti lasci andare? Ormai dovresti aver capito che non hai vie di uscita. Jennifer non rispose.

Marco le disse:

          In ginocchio davanti a me.

          Si padrone. Ed eseguì

          Togliti la camicetta

          Si padrone, e così fece

          Abbiamo torturato per bene il tuo bel culo questa settimana, nel week end ci divertiremo con quelle tette da vacca

Jennifer sgranò gli occhi. Ma rispose con un filo di voce: va bene Marco. Non aveva che finito di dire Marco che cinque dita si stamparono sul suo bel viso e una lacrima scese dall’occhio destro rigandole la guancia destra. Marco prese le pinzette per le tette che aveva di fianco,  le attaccò ai capezzoli di jennifer che si lasciò sfuggire un piccolo sospiro di dolore, e poi strinse, strinse sempre di più. Il dolore era acuto e arrivava fino al cervello e fino alle viscere. Ma non disse nulla. A quel punto le disse:

          Prendi le estremità e tira verso l’alto, così. E tirò. Jennifer emise un gemito, prese in mano e tirò.

          Più in alto. E così fece

Marco prese il frustino di legno, e senza dirle nulla, vibrò il primo colpo che si assestò nella parte bassa del seno. Il dolore fu lancinante e Jennifer lasciò andare le estremità e le tette ricaddero verso il basso, aumentando il dolore. Urlò, ma sentì la mano di Marco prenderla per i capelli e urlarle ancora più forte:

          Adesso riprendi le estremità, tiri ancora più in alto e rimani così fino a quando non avrò finito. 10 colpi.

Lei eseguì piangendo. Lui vibrò uno, due dieci colpi, uno più forte dell’altro. Il seno era rosso e dolorante come non mai. Al decimo colpo le staccò senza dolcezza le pinzette e il dolore aumentò.

Poi le disse:

          sai perché ti faccio questo?

          no padrone.

          Bene provo a spiegartelo. Nell’ultimo anno, ho cercato di essere gentile con te, di essere educato, di sorriderti e tu tutte le volte mi guardavi con faccia schifata, con alterigia, come se fossi uno scarafaggio. Ho deciso di fartela pagare. Ho deciso che saresti diventata una delle mie schiave. Sai che la tua amica Carla mi ha aiutato in questo? Si lei è stata una mia schiava. L’ho educata e poi l’ho venduta guadagnandoci bene. Il suo padrone è gentile, ma una volta all’anno me la da per il tagliando. E rise. Ora non so cosa farò con te anche se sarei orientato a tenerti a lungo per farti soffrire per bene. Ora in questo week end tu sarai il mio cesso e il mio bidet. Berrai il mio piscio, la mia sborra e ti userò come turca quando avrò bisogno di scaricarmi. E dopo la tua lingua servirà come bidet. Hai capito?

          Si padrone

          Bene, molto bene

A quel punto prese le sue tette con le manone e cominciò a strizzarle provocandole un dolore acuto. Pianse.

          In piedi. Togliti tutto. Ho voglia di scoparti.

Jennifer non se lo fece ripetere, aveva voglia anche lei, malgrado tutto.

Una volta nuda, la mise sul divano, le fece aprire le gambe e la penetrò con rudezza. La scopò selvaggiamente, dandole colpi forti, aumentati dal suo peso. Marco era si grassottello, ma era anche 1,90. I colpi erano sempre più veloci, il membro era così gonfio e nodoso e che sfregava con forza le pareti interne di Jennifer che stava godendo come una vacca, non aveva mai goduto così in vita sua. Si sentiva una troia in calore e lo disse: sono la tua troia e quando Marco sentì che stava per venire prese le sue tettone in mano e le strizzò con forza. La somma dell’orgasmo e del dolore provocò un urlo liberatorio in Jennifer. Era esausta ma lui continuò con i suoi colpi ritmati e duri. Le strizzava sempre le tettone. Il dolore era forte. Il piacere anche. Ebbe un altro orgasmo. Il terzo la devastò e finalmente anche lui venne. Il suo caldo seme era dentro lei. Era spossata. Non riusciva a muoversi. Era piena di dolori ovunque. La posizione l’aveva sfiancata, così come il peso di Marco, le vergate sulle tette e gli strizzamenti. Aveva la bocca e la gola riarsa.

          Cazzo fai, troia. Pulisci il cazzo!

          Scusi padrone.

Si mosse di colpo, scese e lo prese in bocca e lo ripulì per bene.

          Avrai sete vero troia?

          Si padrone

          Bene andiamo in bagno, così ti do da bere

Andarono in bagno, lei carponi davanti a lui, e una volta dentro, le fece aprire la bocca e le scaricò il suo piscio che lei bevve ma l’ultimo schizzo non riuscì a prenderlo e uscì. Marco si abbassò, la prese per i capelli, le girò la testa, prese la verga che si era portato e cominciò a vergare le sue tette martoriate. Ancora 10 vergate. Il dolore era insopportabile.

          Le cagne come te capiscono solo le vergate. Ora andiamo di la, in cucina. E’ ora di cena, sono le 9. Ho fame.

Si avviarono verso la cucina, e Marco si sedette sulla sedia, dicendo a Jennifer:

          Le cagne come te stanno vicino alla sedia del padrone in attesa del boccone, tu invece dovrai succhiarmi il cazzo mentre io mangio. Cerca di farmi venire prima che io abbia finito di mangiare.

La tavola era apparecchiata, e Marco cominciò a mangiare. Jennifer prese in bocca il membro e cominciò a succhiarlo. Piano piano si indurì e le riempì la bocca. Jennifer aveva paura della punizione e usò tutta la sua poca esperienza nei pompini per cercare di farlo venire presto. Marco mangiava tranquillo, ma lei non sapeva quando avrebbe finito. Altre vergate non le avrebbe sopportate. Usò la bocca, la lingua le mani. Lo inghiottì e arrivò a leccargli le palle con tutto il membro fino in gola. Ma niente. Vide Marco prendere una mela e sbucciarla. Ebbe paura. Aumentò il ritmo, sentiva che Marco stava per capitolare. Sentiva movimenti del bacino e la voglia di Marco di venirle in bocca ma resisteva. Lei insalivò ancor meglio l’uccello, e con due mani faceva su e giù mentre con la lingua gli leccava il prepuzio ma niente. Era all’ultimo boccone, lei se lo sentiva, ora o mai più. Lo inghiottì fino in fondo e sentì arrivare il fiotto caldo, che bevve avidamente, felice di averlo fatto venire. Guardò su in alto e vide il viso di Marco. Gelido, la guardava e sogghignò.

          Ho finito di mangiare prima che tu mi facessi venire.

Negli occhi di Jennifer c’era il terrore puro. Cosa mi farà pensò.

          Prendi i capezzoli con l’indice e il pollice e tira verso l’alto, giochiamo a ping pong

No no, non ce la faccio. Ma eseguì. Marco prese la racchetta da ping pong la appoggiò sulla tetta destra. E vergò il primo colpo. Duro, doloroso. Un dolore basso e profondo. Diverso dalle vergate. Ma forte. Fortissimo. Ma non lasciò andare i capezzoli, ci riuscì. Poi toccò alla tetta sinistra, poi la destra. 10 colpi a tetta. L’ultimo fu il peggiore, il dolore fu tremendo ma finalmente lasciò le tette. Le osservò. Erano rossobluastre. Avevano le striature delle vergate di un rosso acceso, mentre il resto era violaceo. I colpi le avevano fatto male. Male fisico e mentale. Aveva paura di quell’uomo. Ma la scopava come nessuno.

          Bene, tu hai bevuto e mangiato. Ora vai in bagno e ripulisciti per bene. Hai mezz’ora.

          Si padrone.

Andò in bagno, chiuse la porta e pianse. Cercò una crema per lenire il dolore al seno ma non la trovò. Si lavò per bene e dopo mezz’ora tornò dal suo aguzzino carponi.

          Ti ho scopato la figa e la bocca, ora voglio scoparti il culo. Mettiti li, a novanta gradi. Appoggia la pancia sul bracciolo del divano. La testa deve scendere e appoggiarsi al divano. Bene così brava.

Si posizionò dietro di lei e le entrò dentro con un colpo di bacino. Jennifer si sentì lacerare dentro. Il dolore fu forte. Ma Marco senza pietà la inculò sempre più forte. Mentre era in quella posizione Jennifer pensò a quanto tempo ci aveva messo Marco a venire la prima volta, e quanto la seconda…la terza le sarebbe stato dentro un tempo infinito. Dopo un’ora infatti il porco non era ancora venuto. A Jennifer bruciava il culo, non ce la faceva più e piagnucolò: per favore basta non ce la faccio più. Lui rise sguaiatamente e continuò. Finalmente venne. Tirò fuori l’uccello e le disse: pulisci. Lei ripulì avidamente il membro.

Era oltre mezzanotte. Jennifer era stravolta. Marco era stanco ma non lo dava a vedere.

          Ora andiamo a dormire. Ti ho preparato la cuccia.

Andarono in camera da letto e di fianco al letto c’era un asciugamano, una copertina e basta. Lei doveva dormire li. Come un cane. Era il suo cane.

          Tu dormirai li. Domani mattina mi sveglierai alle 7, mi dovrai aver preparato la colazione. Per svegliarmi sii gentile, perché di mattina sono sempre arrabbiato e non amo le persone che mi svegliano. Potresti tentare con un pompino, oppure leccarmi il buco del culo. Vedi tu. Trova il modo. Ah adesso ho la sorpresa per te.

Marco tirò fuori un plug anale, e vide il viso di Jennifer inorridire. Le disse:

          In posizione. Poi allargati le chiappe.

Jennifer eseguì. Marco la osservò e poi esclamò:

          Ottimo, questo bel culo adesso è aperto per bene, ti ho fatto un bel lavoro. Il plug terrà aperto per bene il passaggio. Leccalo.

Lo porse a Jennifer che con la lingua inumidì per bene il plug. Poi Marco lo tirò via e lo infilo con un colpo secco e forte. Jennifer non disse nulla. Pensò fra se che ormai poteva sopportare tutto. Lo pensò…

Marco si sdraiò e disse alla povera ragazza di fare altrettanto, spense la luce e si addormentò.

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