Tutti abbiamo un’aspirazione nella vita. C’è chi sogna di diventare ricco, chi di sposare la persona che ama, chi di diventare calciatore o avvocato. Perfino chi è stanco di questo mondo ha un’aspirazione, egli infatti vuole farla finita. Carlo, tuttavia, non aspirava a nulla di simile: il suo più grande desiderio era quello di farsi sottomettere da una donna.
Era, tutto sommato, un bel ragazzo, non molto alto ma aveva un fisico asciutto e palestrato, con capelli neri e occhi color nocciola. Aveva 27 anni e si era appena trasferito a Milano per lavoro dopo essersi laureato in Ingegneria Informatica con il massimo dei voti. Nella città lombarda, capitale italiana del BDSM, aveva finalmente l’opportunità di coronare il suo sogno: così rispose ad alcune inserzioni su un sito d’annunci a tema e attese pazientemente. Contrariamente a quanto accadeva quando abitava a Napoli, ricevette più di una risposta, ma solo tale Lady Chyna replicò più volte, e gli diede appuntamento, a patto che la potesse eventualmente ospitare a casa sua.
Il loro primo incontro sarebbe avvenuto presso un noto ristorante locale, dove Lady Chyna aveva appuntamento con l’amica Michelle. Il compito di Carlo era semplicissimo: doveva consegnarle 100 euro per la cena ed attendere tutta la serata fuori, esposto a freddo e pioggia. Se avesse superato la prova, allora, forse, avrebbe potuto sperare di conoscerla.
Attese un bel po’, forse un’oretta, saltellando qua e là come un pagliaccio per combattere il gelo, poi, d’un tratto, divenne immobile e rigido come una pietra. Capì subito che quella bellissima donna di colore che gli si stava avvicinando, così alta e filiforme da sembrare appena uscita dalle migliori passerelle di Milano, era Lady Chyna. Nondimeno, lei capì subito che quel pagliaccio di pietra era il coglione con il quale aveva preso appuntamento, d’altronde se era già fatta inviare una foto per riconoscerlo. Non gli rivolse nemmeno la parola, anzi, non lo degnò di uno sguardo. Giunta a lui, con fare sprezzante, volse lo sguardo in direzione completamente opposta, come se la sola vista di lui la disgustasse. Gli porse, però, il palmo della mano, velato da un guanto di velluto nero, per ricevere la cifra pattuita.
“S.. subito!” – esclamò Carlo, totalmente imbarazzato. E il guanto di Lady Chyna fu presto adorno di due banconote da cinquanta che provvide subito a riporre nella tasca della pelliccia.
“Aspetta qui fin quando non esco.” – gli disse, senza nemmeno guardarlo. Quindi entrò nel ristorante dove la sua amica Michelle la stava già aspettando, ma non da molto come Carlo, poiché conosceva l’ora giusta dell’appuntamento, mentre l’aspirante schiavo fu fatto venire appositamente con largo anticipo. Per sua fortuna egli fu tanto previdente da portare con sé un ombrello, quindi si bagnò poco malgrado la pioggia, ma non poté sfuggire alla lancinante morsa del freddo, che dovette sopportare per almeno altre due ore.
Finalmente, dopo tanta attesa, vide uscire dal ristorante Lady Chyna e Michelle, anche lei una bellissima ragazza di colore, ma non osò avvicinarsi prima che si salutassero, anche se non gli sarebbe dispiaciuto essere dominato da entrambe. Non appena Michelle se ne andò, Lady Chyna si volse, con uno piglio a dir poco malizioso, verso Carlo, che osservava la scena a debita distanza.
“Hey coglione, vai a prendere l’auto. Muoviti!” – esclamò ad alta voce, cogliendo anche l’attenzione di una giovane coppietta e di un uomo che passavano lì in quel momento, i quali non poterono trattenersi dallo sghignazzare per come quell’uomo si stesse facendo canzonare.
“S… sì!” – rispose Carlo, che corse immediatamente a prendere l’auto.
“Andiamo a casa tua. Ho lasciato il tuo indirizzo alla mia amica Michelle, quindi è meglio che non fai scherzi altrimenti ti denuncio. Ora andiamo, io devo fare una telefonata.” – disse Lady Chyna, che si fece aprire la portiera dallo schiavo e si accomodò sui sedili posteriori, mentre Carlo, a mo’ di chauffeur, si mise alla guida.
Il ristorante distava circa venti minuti di auto dall’appartamento in cui abitava Carlo, per cui la Padrona ebbe tutto il tempo di adagiarsi e telefonare l’amica Rosaria, ignorando completamente la presenza del servo-autista. Quest’ultimo, in particolare, non si aspettava un primo incontro così “rude”, avendo letto su Internet che molte Mistress preferivano un pour parler al primo appuntamento, ma evidentemente Lady Chyna non la pensava così.
“Che merda di casa è questa? Dove vivi, in una stalla? O dovrei chiamarlo porcile?” – esclamò la Padrona quando varcò la soglia della porta di casa e vide in che condizioni era il salone dell’appartamento di Carlo, il quale effettivamente era ancora in fase di ri-arredamento, essendosi trasferito da poco a Milano. Lady Chyna si scrollò dalle spalle la pelliccia e lasciò che il servo, alle sue spalle come un fedele cagnolino, la raccogliesse per appenderla all’attaccapanni, poi si adagiò sul divano.
“Portami qualcosa da bere. E voglio che mi servi completamente nudo.”
Carlo si diresse quindi in cucina, dove si spogliò e preparò una premuta di arancia per la Mistress. Era l’unica alternativa che poteva proporre all’acqua del lavandino o a un bicchiere di latte, dato che lui non beveva bibite gassate o alcolici. Ritornato nel salone, dovette imbattersi nella fragorosa risata di Lady Chyna, che non poté trattenersi alla visione di quel pene minuscolo.
“Noooooooooooo… ahahahaha! Non sarà nemmeno cinque centimetri quel ‘coso’… ommiodio, è invisibile!” – la Padrona sembrava sinceramente divertita, non poteva credere che un uomo potesse avere un pisello così piccolo, benché avesse avuto altri schiavi microdotati.
“E’ patetico! Non avvicinarlo nemmeno a me! Mi fa schifo solamente a guardarlo. Anche se è così piccolo che a stento riesco a vederlo!” – a quel punto scoppiò nuovamente in una fragorosa risata, ma l’umiliazione e la pressione per Carlo divennero insostenibili, e una lacrima gli sgorgò dagli occhi.
“No dai… non piangere pisellino. Stavo scherzando, riesco a vederlo… però è minuscolo! Ahahahah! Se tu vedessi il cazzo di quelli con cui scopo, piangeresti fino alla fine dei tuoi giorni. Anzi, se sarai un bravo cagnolino un giorno te li farò vedere di persona… ma ora leccami le suole delle scarpe che sono sporche, e dammi quella fottuta aranciata!” – Lady Chyna davvero non riusciva più a trattenersi dal ridere, anche se per lei non era una situazione nuova, infatti umiliare e sfruttare coglioni come Carlo era uno dei suoi passatempi preferiti. Non si sforzò nemmeno di sollevare il piede, fu lo schiavo a doversi stendere sul pavimento e ad abbassare la faccia al livello della suola degli stivali neri della Padrona. Senza fare troppi complimenti, Carlo arcuò la lingua e la fece aderire per bene sulla suola impolverata, strofinandola con particolare cura nella zona prossima alla punta della calzatura destra, e così fece anche per la sinistra, mentre Lady Chyna accese una sigaretta. La lingua dello schiavo tornò nuovamente a lavorare sullo stivale destro, approfittandone anche per leccarne il gambale, ridiscendendo poi alla suola. Iniziò quindi a succhiarne la punta, dovendosi necessariamente fermare a una certa profondità, quando la calzatura andava allargandosi eccessivamente.
“Ma che brava troietta che sei!” – esclamò soddisfatta Lady Chyna.
“Grazie Padrona…” – replicò istintivamente, e con non poca timidezza, Carlo, che provava per quella bellissima donna un’infinita gratitudine, malgrado lei lo stimasse meno della polvere sotto i suoi stivali. Era la prima volta che pronunciava quella magica parola, “Padrona”, che per lui aveva la valenza di un “Ti amo”, se non superiore, perché attestava la sua sottomissione verso quella che lui considerava a tutti gli effetti una Dea da venerare, con la quale, lo sentiva, si stava per creare un legame indissolubile.
“Vedo che non hai un posacenere… molto male! Vorrà dire che userò la tua bocca. Aprila per bene!” – Carlo non aveva mai fumato in vita sua, solo l’odore del fumo lo disgustava, ma i suoi costumi non avevano alcun valore al cospetto di Lady Chyna, perciò aprì la bocca e attese la giusta punizione per non aver previsto che la Padrona potesse essere una fumatrice. Con un colpetto sulla sigaretta la Mistress lasciò cadere la cenere sulla lingua dello schiavo, e gli ordinò di ingoiarla. Un lieve bruciore gli invase la gola e gli occhi arrossirono e lacrimarono leggermente, ma non ebbe particolari problemi, eccetto una leggera tosse.
“Ora torna a leccare!” – questa volta il leccasuole si spostò un po’ più in basso, ripulendo quella zona pocanzi trascurata, ora presso lo stivale destro, ora presso quello sinistro. Dopodiché risalì con la lingua ad altezza caviglia, ma Lady Chyna gli fece cenno di leccare soltanto alle suole, che egli si rimise a pulire con dovizia di particolari, concedendosi di tanto in tanto la libertà di succhiare la punta dello stivale.
“Ora voglio che succhi il tacco come se fosse un bel cazzo! Senz’altro più grosso del tuo! Ahahahah!” – Carlo provò seriamente a immaginarsi un pene, in modo da offrire alla Padrona lo spettacolo che desiderava, ed iniziò slinguazzando timidamente il tacco, per poi succhiarlo con una crescente avidità. Chyna lo lasciò continuare per qualche minuto, interrompendolo solo per usufruire di lui come posacenere. Successivamente gli infilò anche l’altro tacco in bocca.
“Ora hai due cazzi da succhiare, puttanella!” – esclamò compiaciuta Lady Chyna, che oltre a farseli succhiare, si divertiva ad usarli per allargare la bocca dello schiavo e ridere della sua faccia da coglione.
“Sai cosa devi fare adesso? Bacia le mie suole come se fossero la tua ragazza… anzi, fallo pensando a una tua ex, se mai ne hai avuta una, e rifletti su quanto sei un fallito!” – la Mistress era consapevole che si stava spingendo leggermente oltre psicologicamente, ma era proprio questa la sua intenzione, cioè testare quanto fosse malleabile lo schiavo. Egli, come se fosse la cosa più naturale al mondo, iniziò ad amoreggiare appassionatamente con la suola dello stivale, immaginandosi Anna, la sua ex. L’entusiasmo di Carlo colpì a tal punto Lady Chyna che ella iniziò ad applaudire, anche se sarcasticamente.
“Ahahah! Fate una bella coppia, sai? Magari un giorno ti faccio sposare con un mio piede!” – ed ecco che la Padrona rise nuovamente. Si stava divertendo veramente troppo, benché il trattamento a cui stava sottoponendo lo schiavo era fin troppo riguardoso per i suoi standard.
“Ora apri la bocca… la sigaretta è finita.” – con tutta la crudeltà possibile spense il mozzicone proprio sulla lingua del servo e poi lo costrinse a masticarla e a deglutirla. Il sapore era davvero terribile, tanto che allo schiavo vennero i conati di vomito.
“Stenditi a pancia all’aria.’ ‘ Carlo capì subito che la Padrona intendeva calpestarlo, ma ciò che non aveva intuito era che stava per farlo con gli stivali. Lady Chyna tastò il ‘terreno’ dapprima con il piede sinistro, gravando con tutto il peso corporeo sul tacco in modo che questo affondasse letteralmente nell’addome dello schiavo -al quale si spezzò letteralmente il fiato- poi con quello destro, distribuendo il carico ma attenuando solo di poco il dolore lancinante che stava patendo la vittima. Dal basso egli aveva modo di ammirare meglio l’imponente bellezza della Padrona, dotata di un fisico scultoreo che finora non aveva osato guardare per più di qualche secondo.
‘Apri la bocca’ ‘ ordinò Lady Chyna, che si spostò lentamente sul petto dello schiavo -lasciandogli in ricordo dei segni circolari sull’addome- poi infilò la punta dello stivale nella bocca del malcapitato, che ricominciò a succhiarla ma con non poche difficoltà, poiché il peso della Padrona gravava nuovamente su un solo piede, intensificando il dolore, sì forte da impedire allo schiavo di svolgere adeguatamente il suo compito. Quando si stancò di farsi succhiare la punta, ora dell’uno, ora dell’altro stivale, ordinò allo schiavo di estrarre la lingua senza muoverla, iniziando ella stessa a strusciarci le suole con una veemenza tale da fargli sanguinare l’organo del gusto. Il peso di Lady Chyna gli stroncava il respiro, tanto che il volto di Carlo divenne paonazzo, ma smise solo dopo qualche minuto, quando si ritenne completamente appagata, dando modo al servo di rifiatare, manco avesse rischiato di annegare sott’acqua.
‘Ora sono proprio stanca’ ce l’hai una vasca?’
‘Sì, Padrona.’
‘Ahhh, era proprio quello che volevo sentire! Preparami un bel bagno caldo, però prima sfilami gli stivali!’
‘Subito Padrona!’
Carlo non attendeva altro. Oltre che schiavo, egli era un feticista dei piedi, sui quali non vedeva l’ora di mettere le mani, o meglio: naso, bocca e lingua. Ma le sue illusioni furono stroncate sul nascere.
‘Ho cambiato idea. Non sei degno di vedere i miei piedi. Vai subito a prepararmi il bagno!’
‘Sì, Padrona.’ ‘ rispose, con aria frustrata, Carlo, che corse subito in bagno per preparare la vasca. L’atteggiamento di Lady Chyna lo aveva irritato, perché desiderava ardentemente adorare i piedi della Padrona, ma dovette rendersi conto che il valore dei suoi desideri era pressappoco nullo. Qualche volta, magari, sarebbero potuti coincidere, ma se non avesse accettato di non avere voce in capitolo, non sarebbe mai stato un degno schiavo. Fu un po’ lento nella preparazione, poiché vi mise la massima premura, ma Chyna sembrò non accorgersene, rilassandosi sul divano a guardare la TV.
‘Il bagno è pronto, Padrona.’ ‘ quando lo schiavo rientrò nel salone, notò con grande piacere che la Padrona aveva rimosso gli stivali, poiché i suoi piedi erano bene in vista, poggiati sul bracciolo del divano. Tuttavia, non poté che ammirarne la meravigliosa sagoma -carnosa e forte proprio come Lady Chyna- poiché la pelle era velata dai calzini bianchi di spugna. Accolta la notizia, la Signora si alzò, e, pur senza tacchi, sovrastava almeno di dieci centimetri Carlo, il quale non superava il metro e settantacinque di altezza.
‘Prima di rilassarmi sul divano ho fatto un giretto della casa. Stanotte dormirò qui, nel tuo letto, ma non accanto a te. Tu non sarai nelle mie vicinanze. Qui nella mia mano c’è una chiave, è quella del ripostiglio. Dormirai lì, completamente nudo. Sarai liberato domani mattina, ma non dovrai uscire prima che io ti squilli al cellulare. Non ti preoccupare, potrai sentirlo perché lo lascerò vicino la porta, e potrai riconoscermi dalla suoneria ridicola che ho impostato. Buonanotte, pisellino. E vedi di non trastullarti troppo.’
Carlo fu chiuso a chiave nello sgabuzzino, completamente nudo e in costante lotta con il freddo, l’unica fonte di calore era la luce del lampadario.
Lady Chyna, invece, si rilassò con un bel bagno caldo e sul divano a guardare la TV, mangiando dei biscotti e bevendo latte, presi senza troppi complimenti dalla cucina dello schiavo. Si stese poi sul letto matrimoniale di Carlo, messaggiando con uno dei suoi amanti finché Morfeo non la cinse tra le sue braccia.
Il mattino seguente, Carlo non udì nemmeno le chiavi girare nella serratura, poiché aveva trascorso una notte insonne e si era addormentato solo da poco. Si svegliò quando fu squillato da Lady Chyna con una suoneria a dir poco ridicola, trovando la porta già semiaperta, allorché si accinse a rispondere, ma non fece in tempo, poiché la Padrona staccò immediatamente. Tutto infreddolito, andò in cucina per rivestirsi, ma trovò un biglietto sul tavolo:
‘Ciao pisellino. Dal tuo cellulare ho preso il numero dei tuoi. Ho preso anche i soldi che avevi nel portafoglio, erano solo 230 euro. Ho deciso di tenerti, ma fai un passo falso e i tuoi genitori sapranno tutto.
Au revoir.’
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…
Grazie davvero, sono racconti di pura fantasia. Da quando ho scoperto la scrittura come valore terapeutico, la utilizzo per mettere…
Questo è ancora meglio...le sensazioni descritte da Mena sembrano così reali. Sanno quasi di...vissuto? ;) Complimenti ancora!