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Racconti di Dominazione

Le avventure di Carlo – 7o capitolo – Treno per Innsbruck di notte

By 21 Marzo 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Le avventure di Carlo

Mi chiamo Carlo, sono un ragazzo di trent’anni come tutti gli altri, o quasi. Sono curioso, il mio motto &egrave -come fai a sapere che non ti piace, se non lo hai provato-, cerco di vivere la mia vita secondo questa ideologia. Non poche volte questo ‘approccio’ alla vita mi ha messo anche nei guai. Ma sono ancora qui per raccontarvi delle mie avventure, quindi alla fine, &egrave sempre andato tutto bene.

88. Treno per Innsbruck di notte

Decisi all’utimo momento di fare una sorpresa ad una mia amica di Innsbruck. Prenotai il biglietto online. Presi l’ultimo treno che partiva da Milano alle 22:30. Sarei arrivato ad Innsbruk alle 4 del mattino. Una bella stancata, ma di solito il treno mi fa dormire. Arrivai in stazione Centrale verso le 22:15 e aspettai sul binario. C’era poca gente che aspettava. Una signora anziana con una giacca grigia e un cappellino nero da cui spuntavano ciocche di capelli bianco grigi. Un pò più lontano c’era un gruppetto di ragazzi, forse senegalesi che discutevano animatamente in una lingua per me incomprensibile. Poi c’era una ragazza della mia età circa, capelli neri che in parte le coprivano il viso, unghie smaltate di nero, vestita di nero, truccata di nero con lo sguardo fisso e le cuffiette nelle orecchie. Era una bella ragazza. ‘Se si truccasse diversamente sarebbe ancora più bella’ pensavo. Cosa faceva quella gente a quell’ora ad aspettare quel treno? Mi piaceva farmi questo tipo di domanda e poi fantasticare sulle vite e sui destini della gente che vedevo in giro. Chissà a cosa stanno pensando, che problemi gli turbano. Forse andavano a trovare dei parenti, chi sà dove scendevano? Il treno arrivò a tutta velocià frenando e facendo un frastuono che mi strappò dai miei pensieri. Salii e scelsi di mettermi nell’ultimo scompartimento, sarebbe stato sicuramente vuoto, così sarei riuscito a dormire. Passando dai vari vagoni notai che erano tutti vuoti. Presi posto nell’ultimo vagone nell’ultimo angolino, più in là c’erano solo i binari. Ero un pò nascosto e mi coprii con la giacca mettendo la mia valigia sotto i piedi per evitare che qualcuno me la prendesse mentre dormivo. Notai che anche la ragazza di prima era in questo vagone. Era seduta in mezzo da sola. Aveva ancora le cuffiette e masticava un chewing gum. Anche lei si era accorta di me e ogni tanto buttava un occhiata. Forse mi aveva seguito? Non appena i nostri sguardi si incrociavano lei guardava in un altra direzione. Un fischio poi uno strattone. Il treno era partito.

Eravamo in viagio da dieci minuti e io non ne voleo sapere di dormire. Il gioco di sguardi fra me e la ragazza andava avanti da dieci minuti ormai. Stavo cercando il coraggio per alzarmi e fare la prima mossa. In testa mi stavo già preparando le cose che avrei detto. Avrei forse detto semplicemente ‘Ciao, posso sedermi qui accanto a te’ e poi se avesse detto di si avremmo iniziato a parlare. Era forse meglio iniziare con una frase da figo come ‘Cosa fà una ragazzo bella come te in un treno tutta sola a ques’ora’ No, decisamente no, ripensandoci non era da figo una frase del genere e vedendo il personaggio non avrebbe funzionato. Ormai ero deciso, o la va o la spacca. Spostai la mia giacca sul sedile accanto e feci per alzarmi. Improvvisamente la porta dello scompartimento si aprì. Quella lingua strana e incomprensibile che avevo sentito dai ragazzi senegalesi in stazione gli precedette. Erano in quattro e discutevano ancora ad un volume molto alto. Mi rimisi addosso la giacca e scivolai giù sul mio sedile. ‘Andata anche la mia dormita’ mi dissi. Il discorso dei ragazzi si blocco quando notarono la ragazza. La squadrarono un attimo e ripresero a parlare sedendosi sui sedili di fronte a lei. Io rimasi in silenzio a osservare. I ragazzi discutevano e ogni tanto facevano cenno verso la ragazza ridendo fra di loro. Non capivo cosa stessero dicendo ma era palese che parlassero della ragazza e forse erano anche un pò brilli. La ragazza ora fissava il finestrino facendo finta di niente, cercando di non dare retta ai fischietti e ai richiami dei quattro ragazzi. Uno si alzò e prese posto accanto alla ragazza. Le tocco la spalla per farla girare. Lei girò la testa e per educazione si tolse una cuffietta. Lui le disse qalcosa che io da li non potevo sentire. La ragazza sembrava molto infastidita gli diede le spalle e si rimise le cufiette. Era chiaro che il ragazzo la stesse importunando. Da vero uomo avrei dovuto intromettermi, ma mi mancava il coraggio, mi dissi che sarei rimasto ad aspettare ancora un attimo. In fondo non avevano fatto nulla di male, per ora. Il ragazzo insisteva supportato dalle risate e dai schiamazzi degli altri tre. Ora le prese un braccio ma lei si liberò dalla presa si alzo infuriata, mi gettò un’occhiata inviperita e uscì dallo scompartimento correndo. Io ero rimasto nascosto, ma lo sguardo della ragazza verso di me mi aveva tradito. Sapevano di essere osservati. Il ragazzo le gridò dietro: ‘Dai che scherziamo, non prendertela!’ Ma la ragazza era già sparita un paio di vagoni più in la.

I ragazzi che ormai mi avevano scoperto discutevano buttando uno sguardo sopra i sedili di tanto in tanto per vedere cosa facevo. Io facevo l’indifferente e cercavo di dormire. Ormai la ragazza mi odiava, tanto valeva mettersi il cuore in pace e dormire. Mi sentivo un pò codardo, ma in fin dei conti non era successo niente per cui la ragazza avrebbe avuto bisono di aiuto. Sentivo come i miei occhi iniziavano ad arrendersi alle vibrazioni ritmiche dei vagoni. Avevo appena chiuso gli occhi quando sentii una presenza di fronte a me. Era il ragazzo senegalese, i suoi amici si erano posizionati sui sedili di fronte a me, metre lui stava in piedi prendendo quel poco i luce che buttavano quelle vecchie lampade neon. Aveva un viso squadrato, capelli corti e lineamenti africani. Era molto muscoloso e aveva mani grandi e forti ricoperte di vene. ‘Ciao’ mi disse e i suoi amici scoppiarono a ridere fra di loro. Non capivo cosa c’era di tanto divertente. ‘ciao’ risposi. ‘Tu succhi cazzi?’ mi chiese, e i suoi amici risero di nuovo. Io non ero poi così spiazzato, avevo capito che erano un pò ubriachi e che avrebbero fatto qualche battuta stupida. ‘No’ risposi. Lui prese posto accanto a me. ‘Perch&egrave no?’ mi chiese quasi stupito. ‘Perch&egrave di no!’ risposi visibilmente imbarazzato. ‘No buona risposta’ disse. ‘Perch&egrave non mi piace’ risposi io. ‘Ah vedi tu già succhiato cazzo allora’ Dissi di no. Dentro di me iniziai ad agitarmi. Avrei dovuto seguire la ragazza invece di rimanere li come un coniglio. ‘No, non ho mai fatto niente del genere’ dissi con voce seccata senza guardagli negli occhi. ‘Tu già fatto, se no come fai a dire no piace se non provato.’ Non lo avesse mai detto. Era proprio il mio motto. Ma in fondo anche il mio motto aveva dei limiti. Non avevo nemmeno provato a saltare da un ponte ma sapevo che non mi sarebbe piaciuto. Il ragazzo mi prese la mano e se la appoggio sul suo pacco. Anche attraverso i pantaloni era immenso. Provai a togliermi dalla sua presa, ma la sua mano stringeva forte. Lo guarai negli occhi giallastri. Un sorriso si disegnò sul suo viso. Ero combattuto, non volevo ma d’altro canto il mio motto era proprio quello. Avrei dovuto provare per poter dire che non mi piaceva. Senza accorgermene stavo già palpando il suo pene attraverso i jeans. Lui aveva già mollato la presa ma la mia mano era rimasta lì. Si sbottonò e il suo gigantesco pene nero saltò fuori dalle mutande molleggiando. Mi guardò con sguardo amichevole dicendo ‘Tu no vuoi provare? Puoi andare! Io no piace obbligare!’

Ero tentato di alzarmi e andare via. Ma la curiosità ebbe la meglio, senza accorgermene allungai la mano e presi il suo pene scappellandolo. Era come se qualcuno mi stesse muovendo. La cappella rosa luccicava sotto la luce fioca dei neon. Era duro come il sasso e sentivo come le vene pulsavano nel mio palmo. La pelle nera era morbida ed elastica. Si alzo e si mise di fronte a me. Io non mollavo, ormai lo avevo agguantato. Mi appoggio la mano sulla nuca, delicatamente spingendomi la testa verso il suo pene. Io non feci nessuna resistenza, aprii la bocca e incominciao a succhiare. Mi riempiva la bocca completamente. Il ragazzo grugniva dal piacere. Io succhiavo ad occhi chiusi il sapore salato e amarognolo di pipì mi inondava la bocca. Il prepuzio e la pelle avevano una consistenza morbida e vellutata che contrastava quella del glande che era liscio e sodo. Quando riaprii gli occhi vidi anche gli altri tre intorno a me col cazzo in mano che si segavano. Ormai, uno in più o uno in meno, mi dissi e allungai la mano per prenderne uno e masturbarlo. Il ragazzo che stavo pompando si rivolse ad uno di loro dicendogli qualcosa nella loro lingua. Il ragazzo smise di segarsi rimise il cazzo nei pantaloni e andò verso la porta dello scompartimento. Penso gli abbia detto di fare il palo. Il posto era ideale. Poteva entrare qualcuno solo da un lato essendo l’ultimo vagone. Ma di solito a quell’ora non c’era nessuno in giro. Il ragazzo iniziò a spingermi la testa facendomi ingoiare il suo pene. Era troppo grosso ed entrava a fatica. Sentivo come il riflesso del vomito si faceva sentire. Ma lui continuava a fottermi la gola imperterrito. Ebbi un conato forte e lo spinsi via. Ero senza fiato e dovetti tossire. Il suo cazzo era pieno di saliva densa quasi come muco. Un altro dei ragazzi si fece avanti mi tirò su in piedi, mi fece piegare a novanta e mi mise il cazzo in bocca. Avevo una mano sul suo fianco per tenermi con l’altra segavo uno dei ragazzi. Sentivo come il terzo si era seduto sul sedile dietro di me e iniziava ad aprirmi la cintura. Io staccai la mano dal cazzo e cercai di tenermi su i pantaloni dicendo ‘No, no’ con la bocca piena. Ma i pantaloni scivolarono fino alle caviglie e con loro le mutande. Sapevo che in fondo era la curiosità a vincerla sempre. Avrei benissimo potuto staccare la bocca alazrmi dritto e tirarmi su i pantaloni e le mutande e dire che non volevo. Ma non lo avevo fatto.

Sentivo come il ragazzo dietro di me mi sputò fra le chiappe e spalmò tutto lo sputo sul mio buchino. Poi sputò di nuovo, forse sul suo pene. Sentii il suo cazzo appoggiarsi sul mio ano. Io continuavo a segare e pompare come un maestro. Con un colpo d’anca spinse dentro il suo pene che scivolo dentro senza troppa resistenza. Io emisi un gridolino senza però fermarmi. Mentre il ragazzo iniziò a pompare sfondandomi sentivo che il ragazzo di fronte stava per venire. Senza nessun preavviso la mia bocca si inondò del suo sperma caldo. Senza complimenti deglutii sprecandone nemmeno un goccio. Se lo fece ciucciare finch&egrave era pulito. Lo rimise nei pantaloni e andò verso il ragazzo che faceva da palo. Gli diede il cambio. Io intanto tirai verso di me il ragazzo che stavo segando prendendolo in bocca. Ci avevo preso gusto. Mi sentivo sottomesso e mi piaceva. Sentii come le mani del ragazzo dietro di me mi strinsero le anche e poi sentii come si svuotò dentro di me. Il ragazzo che aveva fatto il palo prese il suo posto. Ormai lubrificato dallo sperma di quello precedente il suo cazzo scivolo dentro senza problemi. Anche il ragazzo di fronte mi venne in bocca, una spruzzata ancora più copiosa del primo, facevo fatica a mandare giù da quanto sperma era. Quasi in contemporanea il ragazzo dietro, l’ultimo dei quattro, spinse dentro il suo pene fino in fondo venendomi nel culo. Mi lasciai cadere sul sedile di fronte, sfondato e tremolante. Sentivo come il liquido fuoriusciva dal mio buchino scendendo lungo le mie chiappe. La faccia e le labbra piene di sborra. Quando alzai gli occhi i quattro ragazzi erano già spariti. Mi pulii la faccia con la maglia e mi tirai su mutande e pantaloni. Il treno si stava fermando alla fermata di Verona. Ero sfinito ma ancora eccitato. Lasciai li tutto, giacca e valigia e mi chiusi in bagno. Mi feci una sega. Quegli egoisti avevano solo pensato a loro.

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