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Racconti di Dominazione

L’importanza di mantere le promesse

By 21 Marzo 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono appesa a queste corde da un po oramai. Le ha allentate prima di andare via, lasciandomi con un semplice ‘ci vediamo dopo’. Fa caldo ed &egrave umido. Ho ancora i capezzoli doloranti, ma il dolore sta iniziando a passare. Il sudore inizia ad aumentare e le gocce scendono lungo il corpo, una dopo l’altra lentamente. Una sta partendo dal mio collo, lentamente percorre il mio petto, ora piano e ora più veloce. Sembra che abbia una volontà propria e va verso il capezzolo, tutte quelle frustate hanno reso la zona molto dolorante prima ed estremamente sensibile dopo, ma solo ora mi rendo conto di quanto sensibile. Un fremito su tutto il corpo quando la goccia lambisce l’areola martoriata e lentamente si ferma li. Altre gocce percorrono il mio corpo e altre zone ben più martoriate del mio seno vengono stimolate da questo strazio. Non mi lascia in pace nemmeno quando sono sola.

Stamattina mi son svegliata con un senso di colpa tremendo. Guardavo e riguardavo il suo messaggio, pensando a quante volte mi ero trovata nella situazione di declinare un’invito velato o meno che fosse. Non mi era mai balenata per la mente l’idea di andare oltre. Con la mente travido ogni giorno, mi piaceva pensarmi tra le gambe del portiere mentre la gente passava e rischiava di vedermi, oppure tra le braccia dei muratori in fondo la via, presa dal tizio che continuava a fissarmi al ristorante o leccare avida la figa della cameriera che mi aveva appena portato il conto. Nella mia testa ero un vulcano, ma troia solo col mio uomo. . .fin’ora.
Ieri sera non ero riuscita a dire di no. Un’aperitivo coi colleghi, mi ero ripromessa qualcosa di veloce e fare una sorpresa al mio uomo, ma tra un prosecco e due chiacchere al gruppo si uniscono gli amici di alcuni colleghi. Fino a ieri sera andavo fiera del mio status di bella ma intoccabile, riuscivo sempre a tenere alla larga chi voleva andare oltre dal guardarmi le gambe alla ricerca del pizzo, o dal guardarmi la scollatura attirato dal pizzo. Ma lui non mi guardava, mi fissava sorridendo. Un sorriso quasi innocente, il lupo vestito d’agnello pensai poi.

L’umidità sta aumentando ancora, sento tutto il corpo bagnato, gocce di sudore che si rincorrono e fanno vibrare il mio corpo come una corda di violino. La corda ai polsi mi permette di piegare leggermente le braccia e le gambe, ma non troppo e l’umidità mista al sudore le sta facendo gonfiare lentamente. A breve stringeranno più del dovuto. Diavolo’

La parlantina, il fatto che non guardasse altro che non fossero le mie labbra o i miei occhi, il terzo prosecco. Potrei dare la colpa a tutto e a tutti, se vi fossero colpe da dare. La realtà &egrave che quell’uomo in breve tempo aveva giocato bene le sue carte, sembrava aver capito che la corazza di fierezza, emancipazione e sicurezza, erano solo una facciata. La mia sicurezza &egrave figlia della consapevolezza di poter avere ogni uomo con cui parlo, consapevole che la mia pelle olivastra e le mie forme sinuose possono aver la meglio su molti uomini e molte donne e col tempo ho capito quando chi mi sta davanti vorrebbe portarmi a letto o sa già di non poterlo fare. Avevo notato che non guardava mai oltre le labbra, non aveva notato il bottone slacciato uscita dal bagno, la gonna qualche cm più su del dovuto dal ritorno dal bar, non aveva dato peso alla rinfrescata al trucco per evidenziare gli occhi e far risplendere le labbra. Nella mia mente me lo sarò scopato in ogni tavolino, sedia, bancone e lavabo del locale, ma la cosa che mi terrorizzava era che lo sapeva.

Rumore di passi. Sto soffocando ormai e il sudore mi sta facendo impazzire da secoli. Si apre la porta e una ventata d’aria gelida mi colpisce in pieno, mille aghi mi perforano dandomi una piacevole sensazione di fresco. Mi guarda col sorriso beffardo che ho imparato a temere. Nella mano ha uno spruzzino e inizia a vaporizzare acqua sul mio corpo, acqua gelida che mi fa vibrare tutta. Devo trattenermi, non devo fiatare. Mi ha ordinato così.
Prende la paletta in cuoio e mi guarda fisso negli occhi ‘Tieni il conto. Se sbagli” non ci voglio pensare. Inizia con colpi lenti nell’interno coscia, salendo sui fianchi, il fianco dei seni e vicino all’ascella. Siamo a 9.
Iniziano colpi più forti e ritmati sopra il seno, nel ventre e sul pube. Il bagnato accentua il rumore e il cuoio aderisce come un seconda pelle. Mi sta facendo impazzire, me ne rendo conto solo quando vedo che ho le gambe aperte, perch&egrave so che ora &egrave li che colpirà con maggior forza. Siamo a 22.
Ora i colpi sono forti, il rumore del cuoio si sente distintamente e il dolore &egrave tanto quanto il piacere. Prima i capezzoli, forte e ritmato fino a farmi sentire più dolore che piacere. Lo capisce. Si ferma. Lo adoro. Ho gli occhi chiusi, la bocca aperta e sento il mio respiro farsi più corto. I capezzoli pulsano, sento l’aria sopra di essi che mi provoca brividi continui.
Fa un passo indietro, un colpo forte e una scarica di piacere arriva dritto al mio cervello, il ritmo diminuisce in modo straziante, l’intensità aumenta, il dolore svanisce subito. Con precisione colpisce sempre il clitoride e scariche di piacere mi fanno quasi svenire. Un’altro colpo. Ansimo. Un’altro colpo più forte, deciso. Resta fermo con il cuoio sulla mia figa.
‘A quanto siamo?’ rispondo d’istinto ’31 signore’ la voce tremante fa trasparire la mia speranza più che la mia sicurezza. Mi assesta un colpo violentissimo, l’urlo mi muore in gola. Devo obbedire agli ordini. Sono ad un passo dall’orgasmo, se mi sfiorasse potrei svenire dalla violenza dell’orgasmo. Sto tremando di paura, mi guarda col sorriso che più temo al mondo ‘Sbagliato’. Mi frusterà, mi farà male, mi farà colare la cera addosso, mi pinzerà ovunque, ma avrò il mio fottuto orgasmo. Solo questo m’importa ora. Solo questo voglio.

Mi ha fatto vacillare quando andai a rinfrescarmi in bagno, avrei potuto far finire quel gioco, non sedermi, pagare e andare a casa a scopare tutta la notte per poi dedicare a quell’uomo un’appagante orgasmo sotto la doccia. Avrei dovuto farlo, ma fortunatamente non fui razionale. Mi tolsi il perizzoma, oscenamente bagnato. Lo misi in una delle taschine interne della mia Prada nera, non prima di essermi assaggiata un’attimo. Son sempre stata golosa, lo ammetto. Ero accaldata, decisamente. Uscendo lo incrociai nel piccolo corridoio che davai ai bagni, stretto abbastanza per costringere lui ad appiattirsi alla parete per farmi passare. Mi fissava negli occhi e mi sentivo nuda, mi stavo bagnando ogni istante di più. Fu una frazione di secondo, prese il mio braccio con decisione, senza stringere più del necessario. Mi fece fare i 3 passi necessari ad arrivare nuovamente al bagno. Senza fretta per farmi capire che potevo fermarlo quando e come volevo. Potevo urlare, potevo dire qualcosa, potevo fermarmi. Mi ritrovai nel bagno, con lui. Chiuse la porta a chiave, prese la borsa e la mise su dispenser di preservativi. La sua mano si pose sulla mia spalla, non smetteva di guardarmi. Si sposto verso il collo, sentivo le dita sulla pelle, delicate ma decise. Spinse e mi trovai attaccata al muro, mani sui fianchi, la sua mano appoggiata al collo, i suoi occhi che mi violentavano. L’altra mano si spostò verso il lembo della gonna alzandola leggermente fino a scoprire il mio pube. Non smise di fissarmi un’attimo. Si fermò. Avevo la figa all’aria. Mi avrebbe scopata così. Lo volevo. Scopata nel bagno di un locale dopo anni di fedeli fidanzamenti. Mi venne spontaneo sostituire la sua mano con la mia e tenere la gonna alzata. Abbassai leggermente il bacino,forzando la presa al collo. Non spostava la mano e rendeva tutto estremamente complicato. Piacevole. Aprii leggermente le gambe. Mi donavo a lui.
Improvviso uno schiavvo a mano aperta sulla mia figa e la sua mano che dal collo si posa sulla bocca. Un urlo soffocato. Non tolsi la mano. Mi colpì ancora. Ancora. Ancora. Stavo godendo. Lo supplicavo con gli occhi. Il ritmo dei colpi aumentava e a breve mi lasciai andare ad uno degli orgasmi più devastanti che avessi mai provato.
‘Alzati e pulisciti’ lanciandomi dei fazzoletti con una voce bassa e calma che non gli avevo sentito fin’ora. Ansimavo ancora e lo guardavo con aria sconvolta. Un sorriso apparve sul suo volto. Si avvicinò e dolcemente mi aiutò ad alzarmi. Mi rimise a posto i capelli, aggiustandomi il bavero della camicia , mentre mi lisciavo la gonna cercando di darmi un certo tono. Volevo piangere. Non so perch&egrave. Mi sentivo violata, distrutta, in colpa per l’uomo a casa.
‘Scusami, forse non lo sapevi ancora’ e il tono era più dolce, meno duro
‘Sapevo…cosa?’ ‘Di essere una schiava mia cara Erika. Mi sembra chiaro no?’ mi baciò la fronte, si girò e aprendo la porta mi porse un’ultimo sguardo dicendomi ‘Si torna in scena!’.

Tremavo, avevo bisogno di godere, dovevo venire. Bramavo ogni frustata, goccia di cera, pinza o supplizio avesse avuto voglia o sfizio di donarmi. Tutto pur di avere il mio piacere.
Sta attaccando un tubo in un buco nel muro, il beccucco dall’altro lato sembra sottile. Una goccia di sudore si sta posando sul capezzolo, potrei godere anche solo con quello ormai.
Esce dell’aria fresca, leggera. Quasi un soffio che lentamente si sta dirigendo verso il mio clitoride. Tremo ancora di più. Fissa il beccuccio ad un supporto e capisco. Quell’alito di vento non mi porterà mai all’orgasmo, ma me lo farà supplicare da li a breve.
‘Apri la bocca’ spinge dentro una pallina da cui escono due corde che lega dietro alla schiena. Urlare mi sarà impossibile. Sento l’aria che mi solletica il clitoride e le labbra. Le stimola lentamente. Non resisto. Sto impazzendo. Lo supplico con gli occhi.
Inizia a colpire con sempre più decisione il capezzolo destro. Mi guarda. Urlo.

Uscita dal bagno lui non c’era più, mi guardai attorno ma i suoi amici mi dissero che era dovuto andare via ma che mi salutava dispiaciuto di non avermi salutato. Ero frastornata. Accampai una scusa e tornai a casa. Era tardi. Sali in macchina e l’odore di sesso pervase tutto l’abitacolo. Mi fermai vicino a casa e stesami un po sul sedile inizia a toccarmi, ero impazzita pensavo a lui. Pensavo al dolore e al piacere. Venni una volta ma non riuscivo a smettere. Due volte. Impazzivo. Sconvolta entrai in casa, saltai subito sul divano dove c’era il mio uomo pretendendo che da tale si comportasse per le prossime ore.

Urla e suppliche di piacere, ecco cosa blocca la pallina sulla mia bocca. Se ne rende conto, spero che voglia volgere all’epilogo questa tortura. Potrei impazzire veramente.
Toglie il tubo e slega prima le gambe che non reggono e quasi mi slogo le spalle. Urlo. Mi faccio forza e mi metto in piedi. Lui aspetta. Mi guarda. Lo odio. Mi slega le mani. Sono tentata di darmi piacere. Potrei pagarne le conseguenze. Mi fa cenno di mettermi sul tavolo. Mi siedo e lui mi spinge facendomi stendere. Le gambe vengono allargate con delicatezza. Inizia a toccarmi, lentamente. Massaggia prima le grandi labbra. Ora più interno, ora più esterno. Infila in profondità un dito e mi mozza quasi il respiro. Mi guarda negli occhi ‘Godi’
Obbedisco e in pochi istanti le sue mani torturano il mio clitoride. Un ondata di piacere represso mi pervade. Sento il cervello esplodere. Urlo. Sto godendo e non smette. La mia figa sta colando e ormai il rumore che fa &egrave inconfondibilmente quello di una figa che sta venendo a ripetizione.
Sto perdendo il conto, ma non smette. Ora uno schiaffo forte e poi continua il suo lavoro. Esplodo di nuovo. Un’altro schiaffo. Urlo. Piano e lentamente sta rallentando. Mi sta facendo abituare all’assenza delle sue dita. Mi lascia sul tavolo. Mi toglie la palla dalla bocca e coprendomi con un’accappatoio dall’odore di fresco e pulito mi guarda ‘Visto che mantengo le promesse?’. Un sorriso &egrave l’unica risposta che so dargli, ma &egrave un grazie che pagherò a caro prezzo da oggi in poi.

L’avevo scaricato bene il mio uomo. Due sborrate in bocca e una in culo. Piangevo dal piacere e dalla rabbia, tra le braccia dell’uomo che amavo. Si alzò per darsi una rinfrescata. Notai il cellulare nelal borsa vicino al letto. Il perizzoma vicino mi ricordò cosa avevo fatto. Presi il cellulare. Un messaggio. ‘Vieni davanti al bar domani mattina alle 11. Prometto di farti solo tutto quello che non hai mai pensato di volere’.
Era diverso tempo che non provavo più quella sensazione di costrizione tipica dei nostri incontri. Era diverso tempo che non incrociavo il suo sguardo, che non sentivo il calore delle sue mani sulle mie gambe, che la sua voce non imponeva fantastiche torture, che non mi sentivo viva.
Dopo quell’incontro, siamo stati alcune settimane senza sentirci. Avevo voglia, ma non abbastanza da fare il primo passo…d’ammettere che lo volevo.
In quelle settimane quando facevo l’amore col mio uomo, la mente viaggiava e il ricordo di quelle catene, della frusta e di quegli orgasmi, m’intossicava al punto da spingere più forte mentre ero delicatamente presa a pecora, o portavo le sue mani sul mio seno cercando di non mostrare sofferenza per evitare che lui smettesse’.interrompendo il piacere del dolore. Subito dopo i nostri rapporti, al riparo nel bagno, stringevo il clitoride tra le dita fino a quando il dolore esplodeva in un orgasmo devastantemente silenzioso, oppure infilavo 4 dita dentro come avrebbe fatto lui, cercando di provocarmi quelle fantastiche fitte di piacere per poi lasciarmi bagnata e insoddisfatta, ma io non sapevo fare…non sapevo fermarmi e godevo sempre troppo presto. Non era la stessa cosa.

Dopo l’ennesima giornata di stress e frustrazione in ufficio, cercavo di evadere qualche ora in un parco vicino al mio ufficio. Baciata dal sole viaggiavo con la mente, pensavo alla mattinata, al ritorno a casa, agli obblighi di giovane moglie, a quello che volevo fare veramente.
Ma il destino ti prende alla sprovvista e un sms mi fece letteralmente cedere le gambe in presa all’eccitazione e alla paura ‘Che fai oggi pomeriggio?’ era lui. Inventare scuse? Mettere in mezzo la morale? Fare finta di niente? le mie dita mi precedettero ‘sono all’*********’, cosa stavo facendo? ‘Togliti le mutande e aspettami vicino le stalle’.
Ero un automa. Attraversai tutto il parco al passo più veloce che il mio tacco 12 permetteva, m’infilai un pa porta aperta, uno sgabuzzino adibito a spogliatoio di fortuna. Alzai la gonna e mi sfilai il perizoma fradicio dei miei umori. In prossimità dei recinti mi guardavo attorno alla ricerca di una persona familiare, un volto noto, occhi che mi guardavano’.cercavo lui.
‘Lascia la borsa e la giacca nel baule dell’auto davanti a te. chiudo io’ era vicino, mi poteva vedere, colavo. Appena chiuso il baule sentii l’allarme, mi girai verso le stalle chiuse. Solo un cancello era leggermente aperto e ormai era tardi per tornare indietro.
Davanti si trovavano le stalle o per lo meno dei box separati da paletti in legno a cui erano legate delle corde, in testa ad ogni box una serie di pali più grandi con corde ancora più grandi, m’intimorivano. Lui in mezzo alla stanza con quel ghigno beffardo mi guardava fingere sicurezza.
Venne verso di me, io paralizzata sentivo dentro di me la voglia e il desiderio, che per settimane mi avevano solo sfiorato, salirmi per la schiena direttamente al cervello.
-Sai a cosa serve questo posto?-
Scossi la testa’
-Qui portano le cavalle per la monta, vengono legate alle travi davanti e se serve, vengono immobbilizzate legandole ai pali che circondano i box – indicando con un ghigno i vari pali con gli evidenti segni delle corde ed avvicinandosi sempre più a me
-Non vorrai farmi montare da un cavallo spero- ero seriamente terrorizzata dall’idea
Scoppiò in una fragorosa risata -Se ti volessi morta forse lo farei, no no non ti faccio montare da nessun animale. Tranquilla- il tutto accompagnato da una carezza al volto che mi fece rassicurare sulle buone intenzioni del mio aguzzino preferito.
-Perch&egrave non sei andata via? potevi scegliere-
-Sono qui, non ti basta?- sostenevo il suo sguardo con tutta la finta sicurezza che potevo palesare
-No. Esigo risposte alle mie domande-
-Altrimenti? – la sfida era stata lanciata
Mi prese per un braccio, deciso ma non violento mi porto in avanti di qualche passo fermandomi appena mi fosse alle spalle. Appoggiò una mano alla mia natica destra.
-Continui con la palestra sento-
-Non &egrave palestra, &egrave ‘- non riuscì a finire la frase che la sua mano si alzo e con un colpo deciso e violento percosse la mia natica destra. Una fitta di dolore e subito la mia figa ebbe una fitta. Colavo.
-Dicevamo?-
-Sono qui perch&egrave me lo hai chiest’- un’altra sberla. Un’altra fitta. Altro piacere
-Potevi dirmi di no. Non sono il tuo padrone-
-Volevo vedere fin dove arrivavi- un’altra sberla, molto più forte delle altre. Il suono venne amplificato dallo spazio aperto della stanza e un mio grido di dolore malcelò il mio piacere.
-Voglio toglierti la puzza di ragazza viziata e donna sicura che hai addosso. Voglio farti capire qual’&egrave la tua vera natura e voglio che l’accetti-
Mi tolse le mani di dosso. Mi sentii nuda. Si avvicinò alle travi e iniziò a rovistare in uno scatolone. Mi fece segno di avvicinarmi, mentre tirava fuori una corda e alcuni lacci.
-Faccia al muro-
Mi mise dei lacci ai polsi, erano imbottiti per non lasciare segni, ma abbastanza stretti da non permettere di roglierli facilmente. Fece passare la corda attorno alla trave e poi all’interno delle anelle. Un nodo e mi trovavo legata nella stessa posizione delle cavalle prima della monta.
Pensavo a tutto. Pensavo alla natica ancora sensibile. Pensavo alla situazione. Pensavo che qualcuno sarebbe potuto entrare da un momento all’altro. Pensavo ai segni e a come giustificarli con Massimo quando li avrebbe visti. Pensavo che avevo bisogno di godere.
La lunghezza della corda mi permetteva di allontanarmi di un paio di metri dalle travi, ma le braccia restavano in ogni modo sopra le spalle in una posizione un po scomoda.
Prese la cintura di cuoio e inizio ad arrotolarla attorno alla mano sinistra.
-Vedi. L’altra volta ti ho fatto capire quanto si possa godere dal dolore. Ti ho fatto bramare il piacere. Ti ho fatto impazzire dal dolore e poi sbavare per il piacere provato. Oggi imparerai ad ubbidire. Dovrai fare una scelta ad un certo punto, ma so che non mi deluderai.
Abbassai il capo, come se accettassi tutto. Fammi quello che vuoi, ma fammi godere. Erano i miei pensieri.
Inizia per un tempo che mi sembrò un eternità a darmi colpi decisi e ritmati sulla sola natica destra. Man mano che colpiva, la sensibilità aumentava facendomi sempre più fastidio. Nel giro di poco iniziai ad agitarmi e a lamentarmi, fino a quando non aumentò la forza e mi rifilò 10 colpi veramente forti tutti ravvicinati che mi tolsero il fiato facendomi gridare.
-Ti prego basta!!-
-Fa male?-
-Sii diavolo! Fa male! Smettila ti prego!-
Mise la mano sotto la gonna cercando le gradi labbra che erano oscenamente divaricate e grondanti di denso muco. Infiò dentro 3 dita come un coltello caldo entra nel burro e iniziando a ravanarmi con violenza strappandomi lamenti di piacere che non passarono inosservati.
-Smettere? perch&egrave? Non senti quanto sei bagnata? Ti piace soffrire. Ti piace essere dominata. Ti piace. –
Mi fece allontanare dal muro costringendomi in una posizione quasi a 90. Il mio vestito di Prada saliva sempre di più scoprendo le mie gambe. Sentivo il fresco baciarmi e darmi solievo. Un momento di pace, prima che la mente perversa del mio aguzzino non partorì una nuova tortura.
Brandiva in mano un frustino usato per i cavalli per spronarli al trotto. Una piccola paletta di pelle frustava la carne dei cavalli, non osavo immaginare il dolore che avrei provato. Ebbi una contrazione …mi stavo bagnando ancora di più.
-Ora devi contare fino a 30. Se perdi il conto ricominciamo. Capito?
-S-s-si- Tremavo, non so se paura o piacere.
Mi alzà la gonna fino alla vita, con i piedi divaricò le gambe fino a quando non rischiai di cadere, un movimento di troppo e sarei franta in avanti facendomi veramente male.
I primi colpi furono violenti e improvvisi. Contai urlando il mio dolore cercando di non cadere.
Dopo i primi 10 colpi avevo le natiche rosse e ogni colpo era una fucilata per i miei sensi, l’undicesimo arrivò diretto sul clitoride. Mi tolse il fiato, le gambe stavano per cedermi e un urlo di dolore e di piacere fu l’unica cosa che riuscì a fare. Un barlume di lucidità mi ricordò di contare per evitare che la tortura avesse un nuovo e traumatico inizio.
Da quel momento i colpi si susseguirono con una violenza e una precisione certosina, mi stava portando ad un passo dall’orgasmo eravamo a 29. Se l’ultimo lo avesse dato sul clitoride sarei venuta all’istante, probabilmente cadendo e facendomi male, ma non importava. Grondavo dal piacere.
-Vuoi godere ora o vuoi godere di più dopo?
-Fammi godere ti prego ti supplico, non ce la faccio più!! – lo supplicavo
-Quindi vuoi godere ora, essere slegata, prendere le tue cose e andartente fino a quando non avrò ancora voglia di sfogarmi?
Terrore -No! Ti prego! – non volevo veramente che finisse tutto così. – Ti prego! –
Un colpo, forse il più forte, mi venne dato alla base della schiena, poco sopra l’inizio delle natiche. Una zona che non pensavo potesse farmi gridare per la purezza e la limpidità del dolore provato. Ero sconvolta. Non ero venuta. Lo avevo chiesto io.

Slegò la corda dal palo, lasciandomi i polsi bloccati in modo da potermi riprendere un’attimo.
Girandomi vidi dietro di lui un uomo che si stava toccando. Era nascosto dietro ad un telone, cercando di non farsi vedere. Istintivamente cercai di coprirm, non volevo che vedesse più di quello che avevano rubato i suoi occhi.
-Non preoccuparti, &egrave qui da un po- Poi girandosi verso di lui gli urlò – Vieni qua, sbrigati! –
Il guardone venne verso di noi, non sembrava un poveraccio. Mocassino, jeans e camicia con un fisico che di palestre ne ha viste poche. Capello corto, più per la mancanza che per il taglio e orecchie a sventola. Il classico 40 enne che una viziata come me potrebbe sposarsi un giorno mentre l’amante fa il resto.
-Ti piace?- chiede l’aguzzino al guardone
-si si molto bella- l’accento nordico che tanto odio’
-Fatti vedere meglio dal nostro amico. Spogliati- Mi fissava negli occhi. Duro e freddo.
Feci cadere le spalline del vestito e lentamente lo tolsi, per il reggiseno ci furono non pochi problemi per via delle corde, ma dopo qualche istante un paio di forbici risolsero la situazione.
Ero nuda davanti ad un estraneo con la fig gonfia di piacere, i capezzoli durissimi e le natiche rosse. Mai avrei pensato di ridurmi così la mattina uscita di casa con la mia borsa firmata, le mie scarpe ultimo acquisto a Porto Cervo e il vestitino Prada che tanti cazzi fa rizzare. Mai avrei pensato di essere piena di tanta lussuria fino a tal punto.
Il guardone mi stava mangiando con gli occhi, non sapeva più dove guardare e io mi sentivo indifesa, umiliata. Sempre più bagnata.
Un rumore di auto mi fece sobbalzare, stava parcheggiando a qualche metro dall’edificio. Mi chinai per raccogliere le mie cose ma – Fermati! – mi urlò
-Ma sta arrivando gente!-
-Lo so, sono in orario anche- un gigno sul suo volto, la paura sul mio.
-Vedi cara mia, questo posto ha un costo. Non potevo portarti qui senza l’autorizzazione dei proprietari, carissimi amici d’infanzia tra l’altro, quindi ci siamo accordati per un pagamento alternativo diciamo..
Entrarono 2 uomini, diversissimi tra loro, uno alto e pelato, l’altro più basso con i capelli lunghi.
-Prego ragazzi, presentatevi alla signorina.
I due si misero davanti a me, si slacciarono la cintura e tirarono fuori i due cazzi più grossi che avessi mai visto. Il primo più di 20 cm, molto sottile, l’altro più corto, ma con una circonferenza pari ad una lattina di coca cola. Ero alibita, non sapevo cosa pensare. Mi bagnavo sempre più, sapevo o speravo come sarebbe finita.
-Vedi il prezzo per questo posto, sei tu- con quel sorriso che tanto mi faceva terrorizzare -non preoccuparti però, loro sono molto ubbidienti. Hanno imparato a capire chi comanda. Giusto?- li stava fulminando con gli occhi, si vedeva che tra quelle tre persone c’era qualcosa di più di un legame d’amicizia. I due nuovi personaggi non erano intimoriti o spaventati, tutt’altro sembravano sereni e a loro agio. Ma erano le dinamiche tra quelle persone, il modo in cui lui s’imponeva su di loro, il modo in cui si rivolgeva. Non erano richieste, erano ordini.
-Questi due signori, tanto tanto tempo fa, hanno fatto un errore- iniziò a camminare verso i nuovi arrivati guardandoli negli occhi -Non siamo certamente qui per rivangare cose del passato, ci mancherebbe altro, ne sei tenuta a sapere quale errore commisero. Ti basti sapere che se io dico di violentarti, loro lo fanno. Se gli dico di essere il tuo zerbino, lo saranno. Se gli dico di pestare a sangue quel guardone, lo faranno- l’ultima frase fu un chiaro messaggio per il guardone, per fargli capire di non fare scherzi e il capo chino fu la conferma che il messaggio era arrivato forte e chiaro.
-Ora cara mia avrai un esempio di cosa vuol dire godere e cosa vuol dire soffrire. Puoi andartene se vuoi. Non ti sto trattenendo. Non sei legata, non sei costretta, non sei loro – indicando i due nuovi arrivati col cazzo fuori -sei tu che decidi se vuoi continuare questo gioco o se le nostre strade si separeranno.
-Se resto cosa succederà? –
-Lo sai, lo hai già provato- Il ricordo vivido della stanza, delle corde, dei suoi schiaffi, delle torture, le stavano violentando la mente.
-La mia borsa e le mie cose sono nella tua auto’- non fece in tempo a finire la frase che da uno scatolone portato dai due amici tirò fuori la borsa e la sua giacca che gli porse subito -Controlla, c’&egrave tutto-
Non aveva scuse per sentirsi costretta. Poteva veramente andare via. Per poi fare cosa? Tornare ad una vita di compromessi e di mezzi orgasmi? per non sentirsi appagata quando il suo uomo la prendeva? vivere nel dubbio di come sarebbe stato? bhe ovvio, la razionalità avrebbe fatto il suo lavoro e il tempo nascosto ogni traccia di quel pomeriggio. Ma lo voleva veramente? Poteva prendere le sue cose e andarsene via o restare li e scoprire cosa le riservava quell’uomo sconosciuto che tanto dolore e tanto piacere le aveva donato.

Si voltò, prese l’estremità della corda legata ai suoi polsi e la diede in mano al suo aguzzino. Decisione presa.
-Bene, vediamo come andrà a finire questa giornata. Ora inginocchiati, mani dietro la schiena e vediamo se sei brava a fare i pompini-
Me lo dovevo aspettare, fortunatamene non mi dispiace farli e nessuno si &egrave mai lamentato. M’inginocchio davanti ai due, apro la bocca e inizio dal più lungo. Colpi leggeri sulla cappella, ma una mano decide che devo iniziare a succhiare subito e mi ritrovo quel palo a sbattere sul palato. Cerco di respirare, ma un’altra mano mi prende il mento e un’altro cazzo si appoggia alle labbra &egrave enorme, quasi mi sloga la mandibola, ma m’impegno a succhiare e a leccare.
Il sapore &egrave buono e alla fine mi sto bagnando ancora di più se mai fosse possibile.
-Tu guardone, prendi questo e mettiglielo al collo – gli diede un collare con una catena che mi venne legata un po larga.
-Ora abbassati i pantaloni e unisciti alla comitiva, hai 5 minuti per fare quello che devi fare e andartene.-
Non gli sembrava vero, era il suo giorno fortunato e glielo si leggeva negli occhi. Si avvicinò e mi porse un cazzo ‘misura standard’, odore buono e consistenza ancora un po molle. Me lo inizia a sbattere sulel labbra occupate dal cazzone, cerca di farsi spazio e ogni tanto riesce a prendersi qualche leccata prima che una mano mi porti su un’altro cazzo. Iniziano a litigarsi la mia bocca per qualce minuto, sono un bucco. La mano dietro la schiena iniza ad insinuarsi nel solco delle natiche alla ricerca di un po di piacere.
-Occaz…sborro!!- i lguardone a furia di strusciarsi sulla guancia stava per venire, d’istinto stavo per spostarmi quando uno dei due gli diede un calcio nell’anca facendolo cadere atterra pochi istanti prima che potessi venirmi addosso. Rimasi un’attimo interdetta, l’uomo guardò l’aguzzino in cerca di consenso – Bravo. Non voglio che qualcuno ti possa mettere in pericolo. Loro sono controllati, certifico io per loro. Quello la non lo so. Non voglio rischiare- Mi sentivo protetta. Quasi -Ora vattene o &egrave peggio per te- Non servì altro che il poraccio se ne andò a gambe levate.
Ripresero a fars spompinare per un tempo indefinito, stavo sbavando e iniziavo ad essere sempre più affamata. Cercavo le loro cappelle. Le succhiavo. Ci sputavo. Le prendevo in gola il più possibile. Portai una mano davanti cercando di placare la lussuria, ma mi venne fatto capire da uno dei due che non era una buona idea. Impazzivo. Ad un tratto quello dal cazzo lunghissimo mi prese la testa tra le mani e mi scaricò un litro di sborra in bocca, spingendo bene in modo che mi fosse impossibile fare qualiasi cosa che non fosse ingoiare. Bevvi dalla fonte e continuai a succhiare qualche istante. Era dolce, densa. Buonissima.
-Brava. Avevo già la frusta pronta per te- me l’ero scampata sto giro’
Quasi subito anche l’altro mi prese la testa tra le mani e piantandomi il cazzo bene in bocca iniziò ad eruttare copiose bordate di sborra calda, densissima e dal sapore leggermente acidulo. Buonissima anche questa, ma troppa. Un colpo di tosse mi fece andare di traverso la pate finale che si riversò nel mento, sulle cosce e qualche goccia per terra.
-Pulisci-
Raccolsi subito le gocce sulle tette mangiandola avidamente, poi le gocce sulle cosce succhiandomi le dita. Infine guardavo le gocce per terra, sopra ad alcuni steli di paglia secca. Lo fissavo – Anche quella? – tirò fuori il frustino e un colpo secco e deciso al mio capezzolo destro voleva dire si. Raccolsi la paglia e la succhiai cercando di pulirla. Un senso di disgusto venne subito sovrastato da ondate di piacere che dalla mia figa arrivavano al cervello. Erano ore ormai che non avevo un orgasmo, impazzivo.
-Brava. Ora direi che possiamo spostarci in un posto più tranquillo-
I due raccolsero gran parte delle cose per terra, compresi vestite, borsa e scarpe, che mi vennero subito dati in custodia. Ancora a dimostrare che potevo andarmene quando volevo.
-Dove andiamo? io devo tornare a casa, qualcuno mi aspetta’.-purtroppo’
-Non preoccuparti, andiamo in un motel qui vicino, una camera &egrave sempre disponibile per me. Tra un paio d’ore sarai a casa. Puoi sempre scrivergli che sei con un fornitore imprevisto e fastidioso. Son convinto che capirà – non pensai su due volte e scrissi un messaggio ignorando le chiamate e gli altri messaggi. Farò i conti con la mia coscenza dopo, se ci sarà bisogno.

Salimmo in macchina, io dietro insieme a quello col cazzo più lungo. Non mi sfiorò, ma mi mise una vestaglia addosso per evitare problemi. In qualche istante entrammo nel motel, famoso nella zona per la natura dei suoi clienti. Ci fermammo davanti alla stanza e appena fu aperta mi fecero intrufolare dentro.
Venni messa subito sul letto e quello basso iniziò a leccarmi avidamente figa e culo. Impazzivo di piacere.
-Ragazzi, sapete cosa fare. Non fatemi intervenire- una minaccia bella e buona…per tutti.
Le leccate dell’uomo erano sempre più profonde e l’orgasmo sempre più vicino. Qualche istante prima di venire lui si tolse e io gridai per il disappunto ma subito il lungo cazzo dell’altro s’infilò in gola pompandomi per bene e strozzando ogni protesta.
Ricominciò a leccarmi il culo, questa volta gli dedicò attenzione. Lunge e lente leccate insinuando la lingua dentro e avendo cura di bagnarlo bene. Sapevo cosa voleva fare. Mi rilassai e il mio culo si aprì quasi a dare il via libera. Sentii che si posizionava dietro, l’altro si fermò un’attimo. Le gambe volarono in alto e un cuscino tenne ache il culo alla giusta altezza.
Sentivo la cappella enorme fare pressione. Cercavo di parlare, ma il cazzo mel o impediva e le mani erano state messe dietro la testa…ero in totale balia di loro due.
-Se ti muovi troppo dovranno legarti e scordarsi le buone maniere- aggiunse l’aguzzino con tono pacato.
Un colpo solo e quel cazzo sparì per metà nel mio culo. Un urlo soffocato e prolungato cercava di farsi senitre. Restò dentro qualche istante che sembrava un secolo. L’altro iniziò a pompare la bocca, seguito a ruota dall’altro che lo toglieva e lo metteva sempre senza infilarlo tutto. Si alternavano e iniziavo a non capire più niente. Stavo sbavando dal piacere, leccavo e succhiavo cercando di rilassare il culo per prenderne ancora.
Un’attimo di pausa dalla bocca e riuscì solo a chiedere di godere, supplicandoli e implorandoli di farmi avere un orgasmo. Bramavo il piacere.
Tornò ad occuparmi la bocca, questa volta si mise in modo da bloccarmi il busto ed avere accesso alla mia figa con la frusta. L’inculata conitnuava, un dito stuzzicò leggermente il clitoride ed una scarica di piacere mi fece fremere e il cazzo entrò un po di più nel culo facendomi urlare.
Dopo un po, un’altro tocco al clitoride mi portò ad un passo dall’orgasmo, un’altro tocco mi fece varcare il punto di non ritorno, mi muovevo mi contorcevo cercando altri contatti, arrivò una bordata da dietro e tutto il cazzo dell’uomo mi si piantò nel culo, iniziando a scoparmi senza remore. L’altro iniziò a darmi frustate ritmate al clitoride. Urlavo di piacere, godevo senza avere orgasmi. Impazzivo.
Venne nel mio culo spruzzandomi dentro litri e litri di sborra. Si tolse e subito il posto venne preso dall’altro. Punto il cazzo sulla figa e fece scomparire tutto il cazzo dentro, in un colpo solo, lasciandomi senza fiato. Bastarono 3 pompate decise per farmi perdere la testa, una mano mi tappò la bocca, un’altro il naso. Non respiravo. Le mani bloccate. Il cazzo pompava sempre più forte. Non riuscivo a venire. Poi aria e piacere. Poi il nulla per qualche istante.

La tensione accumulata, l’eccitazione, ero semplicemente svenuta dopo quasi 1 minuto di lungo ed intenso orgasmo.
-Tutto bene?
-S-Si…perch&egrave? – ero frastornata
-Ci hai fatto prendere un piccolo spavento, ma son cose che possono capitare. Sopprattutto all’inizio- mi misero una coperta addosso e mi fecero riprendere il fiato.
-Oggi possiamo finire qui. Capisco quando si raggiunge un certo limite e tu oggi ne hai superati veramente troppi. La camera &egrave pagata per altre 3 ore. Puoi dormire un po, farti una doccia e mangiare qualcosa. Quando dovrai andare chiama la reception, ti chiameranno un taxi a mie spese che ti porterà alla macchina.
-Ma’
Non feci in tempo a finire la frase che la porta si stava richiudendo. Ero sconvolta..
Presi il cellulare, stranamente sul comodino. La galleria era aperta e c’erano diversi video di me e tantissime foto di quell’amplesso. C’era anche il culmine, l’orgasmo più potente mai provato. Capii perh&egrave si erano preoccupati’
Mi dovetti toccare per placare un po dell’eccitazione provocata, ma ero troppo sensibile e il mix dolore piacere presto mi porto ad un’altro fantastico orgasmo. Dormì un’oretta, mangiai qualcosa e dopo una doccia mi feci portare alla macchina.
Ero in tempo ancora per preparare da mangiare a casa’…w i sensi di colpa’. La giornata passata mi aveva provata. Ero in uno stato di perenne eccitazione temendo un sms o una telefonata, ma soprattutto temendo di non potermi negare a lui.
Mi aveva presa, fatto fare quello che voleva, torturata, fatta scopare da due perfetti sconosciuti, abbandonata in un motel dopo l’orgasmo più devastante che avessi mai provato e io ne volevo ancora’
La notte insonne non passò inosservata al mio compagno, ma si calmò con qualche giustificazione prettamente femminile, non poteva sospettare che ogni mio orifizio era stato violato più e più volte da due sconosciuti solo poche ore prima…ed era meglio che nemmeno io ci pensassi.
‘Trova una scusa per uscire alle 10:30 e tornare a casa dopo le 22’, se il buongiorno si vede dal mattino, sarebbe stata sicuramente una giornata impegnativa.
‘Prima delle 11 non riesco a liberarmi’
‘Alle 11:15 nel parcheggio dell’i*******. Non tardare. Non ti conviene’
Feci letteralmente le corse, fumando qualche semaforo e prendendomi diversi insulti dai compagni d’asfalto, ma arrivai con qualche istante d’anticipo.
Mi stava aspettando davanti la sua auto, come mi vide aprì lo sportello posteriore dove s’intravvedevano solo un paio di gambe di giovane donna.
-Sbrigati a salire che non abbiamo tutta la giornata-
-Dove andiamo?-
-A giocare – con un sorriso che non prometteva nulla di buono’

Salita in macchina non feci in tempo a vedere il volto della ragazza seduta al mio fianco, potei solo vedere un paio di pantaloncini e l’inizio di quella che sembrava una maglietta verde. Infatti mi fu messo un cappuccio che copriva fino al mento lasciando bocca e naso liberi, ma occhi coperti da uno spesso strato di stoffa.
Il mio stato di agitazione e preoccupazione doveva essere come un elefante in quell’auto, la ragazza resosene conto mi prese le mani tra le sue e con una voce molto calda e suadente mi rassicurò -Ricorda la promessa, nulla che tu non voglia realmente- e poi le sue labbra sulle mie in un dolce e soffice bacio. Risale al tempo dell’università l’ultimo bacio ad una donna, esclusi quelli dati a mia sorella ovviamente, dopo quel periodo di sperimentazione non ebbi più occasioni anche se le poche esperienze mi fecero scegliere sempre il maschio alla donna.
-Siamo quasi arrivati, preparala-
-Si padrone- era la sua schiava. Lo chiamava padrone con estrema naturalezza.
-Ora ti devo togliere un po di cose, più collabori meglio sarà per te. Sappi che sono autorizzata a costringerti- non ammetteva molte repliche…decisamente.
In tutto quel trambusto, pensieri e sensazioni non avevo fatto caso ad un particolare. Lo notai come sentii le mani della giovane schiava risalire il fianco destro della coscia, insinuandosi sotto la gonna in cerca del perizzoma. Quando iniziò a tirare un odore di sesso ed eccitazione pervase l’abitacolo. Ero bagnata fradicia. Aiutai l’operazione fino a quando non fui libera da quell’indumento. Subito dopo le stesse mani delicate iniziarono a sbottonarmi la camicetta togliendola del tutto e iniziando ad armeggiare con il reggiseno. Essendo in auto istintivamente cercai di ostacolare l’operazione, non volevo dare spettacolo per strada anche se ero irriconoscibile con cappuccio, ma la schiava mi ricordò che c’erano altri modi per convincermi. Sentii la mano avanzare tra le mie gambe in cerca delle labbra, stupidamente pensavo volesse darmi sollievo ma mi ricredetti quando il clitoride venne preso tra le unghie del pollice e dell’indice facendomi quasi urlare dal dolore.
-Forse ora ti &egrave più chiaro?- iniziò a stringere e a far scorrere il clitoride tra le unghie provocandomi dolore puro, ma anche scariche di piacere che mi fecero pulsare la figa in modo incredibile. Ero sul punto di venire per quanto dolore stavo provando.
Mi arresi.
Aiutai la schiava a spogliarmi di camicia e reggiseno, lasciandomi nuda per un tempo che poteva essere una vita. Il dolore era ancora forte e sentivo che qualche lacrima era scesa, assorbita subito dal cappuccio.
MI fece indossare nuovamente la camicia e si preoccupò di sistemarmi colletto e polsini, poi ancora un bacio sulle labbra – Ora sei perfetta-
-Siamo arrivati, toglile il cappuccio e metti la sua roba nel baule. Tu appena ha finito scendi-
-Si padrone- e di rimando, quasi in modo istintivo replicai anche io – Si padrone-
-Questa volta sorvolerò, ma la prossima volta che mi chiamerai padrone senza che io ti abbia dato il permesso di rivolgerti a me in questi termini, ti riporterò alla macchina e ti potrai dimenticare di me. Siamo intesi?- Il terrore s’impadronì di me. Stupida che ero.
-Mi scusi, non capiterà più. La prego di perdonarmi- avevo la voce rotta dal pianto e ancora non capivo perch&egrave mi sentissi così. Mi sentivo legata a lui. Non capivo perch&egrave, ma non volevo che finisse tutto quello che mi faceva sentire viva.

Fui fatta uscire dall’auto e mi tolsi da sola il cappuccio, girandomi alla ricerca della ragazza per poterne mirare l’aspetto. Vidi le sole gambe e la mano sopra di esse e non potei vedere oltre perch&egrave fui presa sotto braccio da Lui imboccando un vialetto che dava su un parcheggio di un centro commerciale dalla parte opposta della città, avevamo fatto parecchi chilometri ed eravamo in periferia, una zona che conoscevo poco. Molte case popolari, molte botteghe e poche parrucchieri.
-Oggi voglio farti scoprire una nuova parte di te, una parte guidata dal piacere e dal bisogno di godere. La schiava che ci accompagna oggi, la prima volta che &egrave venuta qui, non &egrave riuscita a portare a termine i compiti che gli diedi e che darò oggi a te. Sappi che lei &egrave con me da 5 anni e a causa di questa sua mancanza ha sofferto davvero tanto. Non vorrei far soffrire così tanto anche te- Sembrava sincero …ma io ero terrorizzata. Eravamo quasi all’ingresso del centro commerciale che si snodava su 3 piani cn vari negozi, era il centro nevralgico di quel quartiere. Un via vai di gente ad ogni ora.
-Tieni- porgendomi una borsa simile alla mia -Dentro troverai dei preservativi e altre cose che ti serviranno.Sono le 12:15, alle 16:30 ti verrò a prendere. Dovranno essere pieni- Detto questo si allontanò velocemente, salendo sull’auto che era stata portata vicino a noi dalla schiava. Lo vidi salire e partire con una leggera sgommata.
Davanti alle porte del centro commerciale, con in mano una borsa piena di preservativi e altre cianfrusaglie, con l’ordine di riempirli tutta di sperma, sentivo le labbra pulsare, la lingua seccarsi e i capezzoli così duri da farmi fremere per il solo contatto della camicia.
Andai subito in bagno a visionare il contenuto della borsa. C’erano 20 preservativi, alcuni pacchi di fazzoletti, salviete umidificate e un cellulare. Dietro c’era un etichetta ‘Se cambi idea o ti senti in pericolo usalo’. Era un vecchio nokia di almeno una decade prima, memorizzato un solo numero sotto la voce Casa. Ancora una volta potevo andarmene quando volevo, era una mia decisione restare.
Uscii dal bagno e mi misi a guardarmi attorno, l’orologio del cellulare faceva le 12:30, 4 ore per 20 preservativi. Una media 5 sborrate ogni ora.
Andai nel primo negozio di calzature che c’era appena uscita dai bagni, il commesso non sembrava male. Richiamai la sua attenzione nella zona che definii ‘Reparto scarpe da zoccola’ per via delle zeppe, tacchi e volgarità di quelle scarpe dozzinali che mai avrei guardato prima di quel momento.
Cercai di stuzzicarlo in ogni modo, lo sfioravo accidentalmente, mi chinavo per fargli vedere la scollatura e il suo eccitato contenuto con la scusa delle scarpe nel ripiano inferiore, ma nulla. Non cedeva. Tentai il tutto per tutto. Gli chiesi di aiutarmi a indossare un paio di scarpe con l’allacciatura stile schiava, facendo l’ignorante sulla presenza di una zip sul retro. Allargai le gambe in modo osceno mostrandogli tutta la mia voglia. Lo guardavo eccitato. Mi giocai la carta della lingua sulle labbra e lo vidi reagire -Le gambe le puoi chiudere, &egrave merce che non m’interessa. Se vuoi le scarpe sono 19 euro alla cassa, altrimenti ti chiedo di non farmi perdere altro tempo- alzandosi ed allontanandosi lasciandomi inebetita e frastornata. Avevo ricevuto un rifiuto ed ero stata rifiutata in malo modo oltretutto.
Mi alzai e notai che un paio di ragazzi avevano assistito alla scena. Mi guardavano con sorriso sornione deridendo la mia figura da zoccola rifiutata, ma mai sfidare una donna. Mi guardai attorno e sicura che i due ragazzi erano gli unici spettatori, mi girai aprendo le gambe verso di loro mostrando le labbra imperlate da un delizioso succo -Voi invece ragazzi la merce la gradite?-
Si erano fatti grossi prima e subito dopo erano spaventati, come se una donna che si offriva a loro fosse impensabile. Mi tolsi la calzatura dozzinale e rimisi le mie amate Prada, sempre lasciando aperte le gambe, mi alzai e dirigendomi verso di loro palpai lascivamente i loro pacchi gonfi -Andiamo in bagno- e senza aspettare una risposta li presi sotto braccio ed uscii dal negozio .
-N-non abbiamo abbastanza soldi con noi – mi avevano scambiato per una prostituta! potevo aver un orgasmo a breve per come mi stavo sentendo
-Ragazzi, offre la casa oggi – allungando il passo e prendendo la porta del bagno dei maschi, me ne infischiai degli altri uomini, magari avrebbero riempito altri preservativi dopo i due ragazzi. Che pensieri.
Chiusi la porta dietro di me, mi misi in sui talloni presi la borsa e tirai fuori due preservativi -Indossateli, senza non si fa nulla- Ebbero un moto di stizza, ma non fiatarono.
Avevo poco tempo e dovevo ottimizzarlo al meglio. Mi alzai girandomi verso quello che l’aveva già duro, alzai la gonna e gli diedi accesso ai miei orifizi -Avanti non farmi aspettare- con la voce più calda che potevo avere.
Non ci pensò due volte e iniziò a scoparmi in modo forsennato, bordate veloci e profonde che mi mandarono in visibilio. Beata gioventù. Mi buttai sull’altro e iniziai a pomparlo in modo deciso, non era appagante il sapore, ma non era quello che m’interessava.
Quello dietro di me durò poco, forse una 20ina di pompate poi si piantò dentro e venne con un grugnito. Mi spostai girandomi e l’altro prese il suo posto. Con perizia e dedizione tolsi il preservativo e con una salvietta lo pulii. Feci un nodo e lo misi nella borsa.
Il ragazzo dietro lo seguì a ruota poco dopo e mentre mi dedicavo al suo prezioso carico, l’altro iniziò a toccarmi il culo -Non ti &egrave bastato? – ma il fatto che si stava menando il cazzo già duro mi fece gioire -Indossalo- dandogli un preservativo. L’altro mi battee nella spalla e mi mostrò la sua erezione. Di questo passo me la sarei cavata in fretta. Si diedero il cambio un paio di volte, ma la seconda era più lunga. Mi scoparono culo figa e bocca tutti e due e solo alla fine mi sborrarono uno nel culo e uno nella bocca. Avevo già avuto 3 orgasmi. Ne volevo ancora. Guardai l’orologio le 13:10 e avevo già 4 preservativi pieni nella borsa.
I due ragazzi erano esausti, mi diedi una pulita ed uscii veloce e defilata, nessun uomo dentro e il tempo scorreva.
Andavi verso il supermecato nella zona abbigliamento. C’era un uomo sulla 50ina che girava attorno e appena mi vide non mi mollò più. Altri uomini non ce n’erano e il tempo era tiranno. Andai verso una cabina, mi girai un’attimo cercando il contatto visivo. Aprii le tende entrai e non le richiusi, mi misi sulla sedia con la camicetta sbottonata e pronta per il 5 preservativo.
Quando vide non capii più nulla, entrò e senza darmi tempo di proferir parola mi baciò e palpò le tette, stringendo i capezzoli e cacciandomi litri di saliva in gola. Disgustata si, ma la figa pulsava. Gli tolsi i pantaloni e le mutande’.forse il preservativo era troppo, un cazzetto di 5 cm già in erezione e con alcune gocce sulla punta. Lo presi in bocca e iniziai a leccarlo, bastò pochissimo e mi venne in bocca, sputai dentro il preservativo e gli feci un nodo, mi alzai ed uscii. Cosa stavo diventando non lo so.
13:25 e 5 preservativi pieni. 3 ore alla fine. Ero messa bene pensai.
A quell’ora il centro commerciale si svuotò, forse per l’assenza di uffici nelle vicinanze e molti dei negozi chiudevano fino le 14:30. Rimasero aperti i bar e il supermercato.
Andai nel bar al terzo piano, c’erano un paio di ragazzi seduti che bevevano una birra mangiando un panino. Mi sedetti al tavolo e iniziai a guardarli facendogli sbirciare da sotto la gonna. Una mano si pose sulla spalla destra – Signorina al tavolo bisogna consumare- era il titolare sessantenne che premeva perch&egrave contribuissi al suo stipendio. Aprii la borsa cercando di nasconderne il contenuto e constatai che non avevo soldi con me -Mi spiace ma non ho soldi, ma ho fame sa?- guardando i due giovani a poche metri con occhio languido.
-Senza soldi non si compra nulla qua. La caritas &egrave in fondo alla strada. Si alzi e se ne vada per cortesia-
Nel mio lavoro sono abituata a trattare con fornitori tutti i giorni e avevo imparato l’arte della contrattazione e che c’&egrave sempre un modo per avere qualche sconto o favore.
-I soldi non sono l’unica merce di scambio. non trova?-
-Che cosa intende signorina?-
Allontanai un po la camicia come per farmi vento, mostrandogli il mio seno e i capezzoli impazienti di essere presi a morsi e nello stesso tempo allargai quel tanto che bastava le gambe per mostrare le labbra ai due ragazzi.
-Se mi offre un calice di vino e due tartine, potrei essere generosa con lei- la solita voce da zoccola che ormai avevo visto funzionare sui ragazzi, ebbe lo stesso effetto sul vecchio bavoso.
-Signorina, se vuole le offriamo noi il pranzo. Si venga a sedere al nostro tavolo- incalzarono i due ragazzi
-Signorina se viene nel retro con me, ci mettiamo d’accordo per i pagamenti- ribattee il padrone. Ero contesa da tre uomini, ovviamente volevano il mio corpo, ero un oggetto. Mi alzai per non macchiare la gonna dei miei umori che ormai colavano come una fontana.
-Signori, per cortesia. Se lei ci mostra dove si trova il retro, son sicura che posso offrire il pranzo ai signori e ripagare il mio- 3 preservativi pieni in un sol colpo, ecco cosa vedevano i miei occhi.
Il vecchio mi mostrò la porta e precedendomi ci fece strada, dietro di me avevo i due ragazzi che non persero occasione per palparmi il culo. Li lasciavo fare.
Entrammo nello sgabuzzino e subito i tre mi furono addosso -Calmi signori. Potete avere tutto ad una sola condizione. Dovete venire nei preservativi. Per il resto figa bocca e culo sono vostri- Mi misi in ginocchio su una sedia, alzando il vestito e mostrando la voglia che avevo di prenderli tutti. Presi 3 preservativi che furono subito indossati dai due ragazzi, il vecchio mi guardò e mi fece capire che aveva bisogno di un aiuto.
-Alzati troia- mi fece uno dei due che prese subito il mio posto. Non fece in tempo a proferire parola che mi sedetti sopra di lui dando le spalle all’altro che prontamente m’infilo nel culo. Mi sporsi di lato e inizia a dare qualche colpo di lingua sul cazzo del vecchio, constatando che era un pezzo che non vedeva sapone. Lo sentii irrigidirsi e venirmi in bocca quasi subito. Si era intostato appena, ma aveva già eruttato una discreta quantità di sborra. Nello stesso momento l’orgasmo mi prese alla sprovvista e ingoiai tutto senza pensarci su due volte. Mi maledissi godendo per l’ingenuità delle mie azioni. Il vecchio riprese la testa e la spinse sul cazzo, ricomincia a succhiare sperando di recuperare la sborrata persa. Intanto i due mi pompavano da qualche minuto con forza. Quello nel culo sborrò si tolse il preservativo e me lo diede quando vide la mano allungata. Gli feci un nodo e lo buttai verso la borsetta. Il tutto senza smettere di succhiare il vecchio se non per un’istante -me ne vuoi dare ancora?- leccandomi le labbra e rituffandomi sul vecchio cazzo -Certo che ne ho ancora. Mazza Filippo che troia che abbiamo trovato oggi!- l’altro gli fece eco con un -Piero questa gode, &egrave zoccola dentro. dagliene ancora! Cazzo vengo!- e con un grugnito mi riempì la fica dando alcune bordate. Il vecchio intanto si era intostato non poco, gli misi il preservativo e girandomi gli diedi via libera ai miei orifizi. Inizio a pomparmi la figa con colpi violenti e profondi, ma sarebbe stato un lavoro lungo farlo venire ancora. Intanto legai l’altro preservativo e lo buttai nella borsetta, ma il gesto non sfuggi al ragazzo che mi aveva preso inculato -che ci fai poi? la zuppa a casa stasera?- e scoppiarono a ridere insultandomi e umiliandomi -Guarda Filo, questa viene dai quartieri buoni a prendere il cazzo vero- e giù a ridere mentre il vecchio si era spostato nel culo -Dai nonno pompala bene che per un po non ne vedrai ancora!-
-Cazzo che culo che ha questa!-
-Dai dicci perché li tieni i preservativi pieni- potevo inventarmi una scusa qualsiasi, ma la verità era la via più veloce per liberarmi e tornare alla mia missione. Gli spiegai la storia dei preservativi e dell’ordine datomi, frugarono dentro e contarono 7 presevativi pieni – Questa non scherza, coi nostri ne ha 7!! oh chiama quelli del negozio e digli di venire qua subito. Abbiamo un opera di carità da fare- e si misero a ridere insultandomi ancora.
Si rimisero al lavoro, cazzi coperti e giù di bocca, di figa e di culo. Il vecchio mi prese per almeno 30 minuti in tutti i buchi prima di venire nello stesso momento degli altri due. Un sincronismo prefetto e altri 3 preservativi pieni.
Avevo perso il conto degli orgasmi, avevo male alle ginocchia ed ero indolenzita. Ero a metà strada e in un momento di pausa dove mi stavo dando una pulita guardai l’orologio erano le 14:10 in due ore ne avevo riempiti 10 e sprecata una. Non ero sazia.
Suonò il cellulare di uno dei due ragazzi, probabilmente era uno di quelli che avevano chiamato prima e che ora era al bar.
-Sandro, va a prendere Angelo e Marco la fuori che stanno aspettando!-
-Subito ragazzi! Signorina il suo pranzo &egrave già pagato e per il servizio anche quello dei signori, come promesso!-
Mi aveva usata per una buona mezz’ora e ora mi dava del lei, uomini di altri tempi pensai -La ringrazio per tutto- e gli diedi un bacio sulle labbra facendogli assaggiare la mia lingua -Sarà un piacere tornare in futuro signor Sandro-
Mi misi in ginocchio e iniziai a succhiare i due ragazzi sperando in una terza venuta, ma uno dei due mi fermò subito -Mi hai svuotato hahaha, meglio se torno al lavoro- si ricompose e se ne andò soddisfatto -Io invece un’altra te la poso dare, su datti da fare- inizia a lavorarlo quando la porta si aprì ed entrarono due ragazzi sui 25 anni, classici nerd coi brufoli e un po di barba incolta pensai -Allora non scherzavate! –
-Ma che scherzare Lorenzo! avanti che il tempo passa e lei ha i compiti da fare!- e iniziarono a ridere di gusto mentre io ero già con le mani sui loro pacchi vogliosa come non pensavo di essere.
-Ragazzi, potete prendere tutto, ma dovete venire dentro i preservativi. unica regola!-
-Si signora! Ora succhia!- e giù a ridere.
Persi un’attimo la concezione del tempo, i due nuovi arrivati mi presero davanti e dietro insieme, mentre il primo dopo essere venuto si dileguò senza che me ne accorgessi. I due ragazzi vennero un paio di volte, ma non capivo più nulla. Succhiavo, baciavo, leccavo, venivo, godevo e annodavo profilatici. La voce si era sparsa e arrivarono 3 uomini in divisa che non si fecero problemi a prendermi anche loro. Non capivo nulla, ad un tratto frugai nella borsa e non c’erano più preservativi. Ma avevo 3 uomini davanti a me che volevano un’altro giro ed erano entrati 2 ragazzi di colore. Mi spaventai un’attimo e cercai di spiegare la situazione che mi era sfuggita decisamente di mano. Presi la borsetta e frugando con la scusa di dovermi dare una pulita guardai il cellulare, erano le 15 e 45, contai sommariamente i preservativi pieni. Erano 20.
-Ora tocca bere ragazza mia- disse una delle guardie e già a ridere tutti quanti.
-No ragazzi davvero, devo andare. Frugavo cercando il telefono e cercando di andare verso la porta.
-Noi chi siamo i più stronzi? dai in ginocchio che tocca anche a questi poveri extra comunitari!!-
Riuscii a far partire la chiamata nel momento in cui mi misero un cazzo in bocca e altri due nelle mani, i ragazzi di colore iniziarono a palparmi. Con la coda dell’occhio vidi che la chiamata era partita. Prendevo aria chiedendo aiuto scatenando l’ilarità dei presenti. Passarono un paio di minuti. Ero terrorizzata. La porta si aprì di colpo e i due della stalla entrarono nello stanzino.
-E voi chi siete? aspettate il vostro turno ahahha-
-Io dico che finisce qui-
-Altrimenti?- fece eco l’altra guardia
-Non vi conviene- e fece un gesto che non capii e non vidi bene perch&egrave ancora con uno di loro in bocca e i ragazzi che mi ravanavano ogni parte del mio corpo.
-Ragazzi andiamo- furono le ultime parole.
Stavo per essere violentata da 5 persone, sebbene la differenza con qualche mezz’ora prima stava solo nella volontà da parte mia di portare a termine missione, mentre dopo il gioco sfuggitomi di mano mi si rivoltò contro.
Mi aiutarono a raccogliere le mie cose, mi misero una giacca addosso e mi aiutarono ad uscire dal bar. Il vecchio non mi guardava nemmeno, conscio che era dalla parte del torto anche lui. Cercai lo sguardo invano.
Uscimmo da una porta laterale e Lui era li che mi aspettava, visibilmente preoccupato.
-Stai bene?-
-Che te ne frega’- incolpavo lui per non incolpare me -mi hai lasciata sola in balia di tutto e tutti-
-Ti sbagli. Ti guardavo dalle telecamere, fino a quando non sei entrata in quello sgabuzzino. Quando ho visto la gente entrare ho chiamato i ragazzi e quando ho ricevuto la tua telefonata erano già entrati nel centro commerciale- si fermò un’attimo. Si accese una sigaretta e mi guardò negli occhi -Non avrei mai permesso ti succedesse nulla di male-

Arrivammo in un capannone e insieme a noi parcheggiò anche la mia auto guidata dalla schiava. Ora potevo vederla bene. Mora, bel fisico, più minuta di me. La maglietta era in realtà una canottiera e sotto si poteva vedere una catena e due pinze sopra i capezzoli.
Era visibilmente preoccupata, mi corse in contro e stingendomi cercò di trasmettermi sicurezza e l’abbraccio fu il più appagante che ci potesse essere. Mi tranquillizai un po.
-Bene- interruppe lui -hai portato a termine il tuo compito e ti sei divertita. Purtroppo il finale non &egrave stato dei migliori, ma nessuno si &egrave fatto male- Si accese una sigeratta e mi guardò fisso negli occhi -Oggi hai scoperto nuovi lati di te, ma oggi voglio anche che tu prenda una decisione. Non &egrave la decisione della vita, quella che non ti permetterà mai più di tornare indietro. Nulla &egrave per sempre in questo mondo, nemmeno i rapporti Schiava Padrone-
Un senso di timore mi assalì.
-Li c’&egrave la tua roba, c’&egrave anche un cambio- indicando la mia borsa e una busta su un pallet di legno -Mentre li c’&egrave un collare- indicandolo su una sedie.
-Ora Erika ascoltami bene, puoi scegliere di prendere la tua roba, vestirti e andare via. In quel caso nulla di quello successo oggi avrà un seguito. Saremo due perfetti sconosciuti e le nostre vite si divideranno tu sarai Erika e io sarò Joshua e saremo due vite che non s’incontreranno mai più- pausa tattica per farmi assimilare l’opzione – Oppure puoi sederti su quella sedia, indossare il collare e iniziare a chiamarmi Padrone. Prenditi qualche minuto e ripensa a quello che hai provato e come ti sei sentita. Noi usciamo qua fuori 10 minuti, al rientro dovrai darci una risposta-

Rimasi a lungo a fissare il collare. Mi attirava quella vita, mi attirava sentirmi viva, provare queste emozioni. Mi sentivo bene.
Mi detersi il corpo con le salviette nella borsa, scavando tra i preservativi pieni e sentendo una fitta tra le gambe pensando a quello che era successo oggi.
Passarono i dieci minuti. Entrarono e mi trovarono nel centro della stanza.
-Hai preso una decisione?-
-Oggi molte persone mi hanno visto, potrebbero riconoscermi e la mia vita sarebbe comunque segnata-
-Di questo non devi preoccuparti. Ogni persona che ti ha incontrata oggi ha già avuto modo di parlare con qualcuno dei nostri amici. Si sono già dimenticati di te, &egrave più conveniente per loro-
-Quindi che io sia Erika o Schiava, loro non verranno mai a cercarmi?-
-No, se lo faranno fidati che se ne pentiranno- era serio. Deciso. Come mi piaceva.
Presi un respiro
-Mi hai fatto provare emozioni che non pensavo di poter provare. MI hai fatto sbirciare in un mondo che non pensavo esistesse. MI hai fatto intravedere le possibilità del mio futuro, quello che potrei fare. Sarei stupida a dire di no-
Mi avvicinai verso il collare, lo presi in mano, rigirando e saggiandone la consistenza, il peso, il freddo delle borchie, l’anella per la catena. Mi girai verso di lui lo guardai negli occhi, mi ci persi -Joshua, questo &egrave tuo. La mia vita &egrave un’altra, non posso dimenticarla. Non posso far finta di niente.Questo colpo di testa, questa debolezza nella mia vita &egrave stata un’esperienza. La ricorderò, ma non posso rinnegare quello che ho costruito con il sudore e gli anni-
Presi la mia roba e mi avviai verso l’uscio
-Erika, sappi che non ti dimenticherò, ma sappi che certi treni non ripassano due volte ed &egrave sempre stata una scelta tua. Lo sarà anche adesso. Ma per cortesia, non mentire a te stessa. Addio e buona vita-
Così presi la decisione più sbagliata della mia vita, ma il tempo e la routine avrebbero fatto il resto. Forse.

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