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Racconti di Dominazione

l’inizio di tutti

By 19 Agosto 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Nei racconti precedenti, ho descritto le esperienze che mi hanno ormai convinta che il piacere in una donna, può passare anche per una via non da tutti ritenuta praticabile. Quella di essere presa con decisione e anche forza per scoprire che oltre al sesso fatto nella piena normalità e, a volte, monotonia quotidiana con l’uomo che si ama, pur continuando ad amarlo, siano altri a farti scoprire che il corpo può dare piacere, anzi molto piacere, in situazioni diverse. Tirando fuori da una donna, quella carica erotica che spesso nemmeno la donna stessa sa di avere, sentendosi magari troppo bassa, troppo piena, insomma troppo insignificante.
Tutto questo mi è successo in periodo universitario, appena arrivata a Cagliari da Oristano, ho trovato casa con un’altra studentessa e una lavoratrice, anche lei iscritta all’Università. Loro abitavano li già da due anni, la terza ragazza era andata via e io conoscendole perché mie concittadine mi ero rivolta a loro per un posto dove stare. Era impensabile viaggiare ogni giorno. Mi ricordo il primo commento del padrone di casa quando l’ho conosciuto, ero in quella casa da una settimana e lui era venuto per espletare le formalità, consegna delle chiavi, avvisi di carattere generale e soprattutto, riscuotere primo mese di affitto e caparra. In quell’occasione eravamo io, una delle due altre inquiline, l’altra studentessa e ovviamente lui, il padrone di casa. Ricordo il primo commento dell’uomo nell’occasione. Disse, rivolto alla mia coinqiulina: – Ma ad Oristano cosa vi danno da mangiare? Tra l’altro lo mettete tutto su culo e cosce. Certo che ai vostri fidanzati non mancherà da palpare.
Stavo per fargli i complimenti per la sua finezza ma sono stata zitta.
La prima domanda che ho fatto alla mia amica dopo che l’uomo è andato via è stata: Ma secondo te, lui è affidabile? In che senso, mi ha chiesto lei, io: Nel senso se dovessi trovarmi sola con lui, dovrei aver paura di qualche cosa? Ma no, abbaia ma non morde, mi ha risposto. Quelle parole mi hanno un po’ tranquillizzata, anche se devo ammettere che il pensiero che l’uomo potesse approfittare di me, mi faceva si paura ma tra le gambe sentivo un calore diverso dal solito e un po’ mi spaventava. Lei mi ha chiesto; ma con giuliano (il mio ragazzo oggi marito) Lo hai fatto vero?
Io un po in imbarazzo ho risposto: certo e lei: ma tutto tutto? E senza mezzi termini ha aggiunto: gli hai dato anche il culo? In quel momento le davo le spalle e lei non poteva vedere la mia faccia che diventava rossa di vergogna, comunque ho risposto: ha provato una volta ma come ha messo la punta mi faceva troppo male e mi sono rifiutata. A quel punto, credo per farmi paura e mettermi tensione addosso lei ha detto: magari se il padrone di casa sa che dietro sei vergine, due colpetti te li darebbe volentieri, io: ma non hai detto che era era tranquillo? Lei: ma che ne so, lo hai sentito, i nostri culi gli piacciono e magari se sa che potrebbe spaccarne uno, il cazzo gli diventa duro e lo sai che alcuni uomini, quando gli si indurisce, ragionano con quello. Quelle parole non hanno fatto altro che amplificare il calore che tra le cosce avevo iniziato a sentire durante la presenza dell’uomo in casa. Chi ha letto i racconti precedenti saprà già come poi è andata l’esperienza con il padrone di casa. Quello che mi ha sconcertata è stato scoprire che la ragazza che lui si portava a letto in cambio del pagamento di parte dell’affitto, era proprio lei, cioè colei che mi tranquillizzava dicendomi che l’uomo in fondo, era innocuo.
Era tardissimo, dovevo andare, Entrata in camera, sulla sedie avevo lasciato una gonna lunga fino ai polpacci e ho indossato quella con sopra una maglia a maniche lunghe, sotto avevo già indossato le calze autoreggenti, mutandine e reggiseno coordinati

Ho scritto tutto questo, perché il primo shock l’ho avuto proprio il giorno stesso durante il tragitto su un autobus, che da dove avevo trovato casa, Pirri, mi portava in Facoltà di Magistero (per chi conosce Cagliari, il n 8 dei bei tempi in cui sembrava che a ogni viaggio tutta Cagliari fosse su quell’autobus, Come al solito l’autobus n 8 anche se ancora alle prime fermate, era già affollato, tanto che dalla d’ingresso alla macchinetta obliteratrice, cioè nello spazio di un metro, ho sentito sulle cosce almeno tre o quattro mani. Ovviamente attraverso la gonna. Facendomi largo ho raggiunto il centro del bus dove ho incontrato una collega che andava anche lei in Facoltà. Cominciando a parlare, mi sono resa conto solo dopo un po che una mano mi accarezzava la coscia destra nella parte esterna, saliva fino all’anca per poi scendere quasi al ginocchio e risalire fino al fianco spostandosi sulla natica dove praticava leggere palpate. Ora che me ne rendevo conto, a volte sentivo il polpastrello di un dito insinuarsi molto leggermente sul solco. L’uomo era dietro di me e la collega con cui parlavo, davanti. Lei non si accorgeva di quello che l’uomo mi faceva, era intenta a parlare. Devo aver cambiato espressione in faccia perché ad un certo punto lei mi ha chiesto: che c’è? Problemi? Io mi sono limitata a rispondere: no, no, tranquilla, Ma ero terrorizzata dal fatto che altri potessero vedere tutto, figuriamoci se avevo il coraggio di protestare, facendo così il gioco di quel maiale che però, mischiando le sensazioni di prima a casa e quelle di ora in quella situazione mi stava eccitando e sembrava che lui se ne accorgesse. Mi sono girata un attimo vedendo un uomo sulla cinquantina, giacca e cravatta, faccia guarnita da dai baffetti e uno sguardo freddo che ha appena accennato un sorriso mentre lo guardavo e contemporaneamente spingeva un po’ di più, il polpastrello tra le mie natiche. Io ho sibilato un No, daiii’ molto leggero e lui ha risposto: sssttt! Invitandomi a fare silenzio e non parlare. Così ho fatto. Ad un certo punto ho avuto la sensazione che il tizio dietro stesse cercando di sollevare l’orlo delle gonna infatti era riuscito a farlo salire dal polpaccio fino a poco sopra il ginocchio dove aveva potuto afferrarlo, così da farmi sentire il dito che cominciava a sfiorarmi la coscia nella parte di dietro, la gonna, essendo abbastanza leggera, non si sollevava tutta assieme, ma solo il lembo tirato su dall’uomo, coprendo così quella mano impertinente e insistente. Ora la mano si appoggiava a palmo pieno sulla coscia dietro, fino a riprendere il gioco di prima, accarezzare l’esterno coscia dal ginocchio al fianco per poi ridiscendere e risalire sul fianco fino all’elastico delle mutandine, di cui poi seguiva il profilo fino al solco tra le natiche, questa volta accarezzava la coscia a diretto contatto con la calza e, sulla parte non coperta da essa, a contatto diretto con la mia pelle. Lì, si intratteneva a palpare, cosi come sulla natica, stringendo la mano facendomi a volte sussultare. Meno male c’erano gli scossoni dell’autobus a giustificare i miei sussulti, I corpi praticamente incollati, la gonna che ricadeva, non permettevano a nessun altro di vedere lo spettacolo, secondo me, degno di un film erotico. Intanto la gente che saliva, scendeva, si spostava , mi ha separato dalla mia collega, ero sola. Sola con quell’uomo che mi stava usando. E’ stato un attimo, mano tra le mie cosce, massaggio sulle labbra della figa, elastico delle mutandine che si sposta e pollice dentro. Mentre l’indice continuava il massaggio. Avrei voluto urlare, dimenarmi, lo ammetto avrei voluto godere pienamente, ma non sull’autobus, in mezzo alle gente, in pubblico.
Mi mordevo le labbra, non riuscivo a stare ferma, muovevo leggermente i fianchi, stringevo le
cosce,; stavo godendo, stavo venendo, stavo venendogli sulla mano.
Sono venuta, ma la mano stava lì, continuava il massaggio sulle cosce, sulla figa e il pollice si muoveva dentro la mia vagina, facendomi eccitare ancora e facendomi esplodere una seconda volta. All’improvviso la mano si sfila, un attimo di panico ma subito mi afferra un fianco e mi tira verso di sé, sento qualcosa di duro e grosso appoggiarsi sulle mie natiche, poi più al centro li, all’imbocco del sesso seppur attraverso la stoffa lo sentivo bene.
Ero praticamente seduta sulla sua cappella il suo petto incollato alle mie spalle, la sua pancia sulla mia schiena, le sue cosce a contatto con le mie, tutto attraverso gli abiti. L’ho sentito venire, ha sborrato dentro i suoi pantaloni ma con il glande attaccato alle labbra della mia fica, sentivo i suoi sussulti, con la mano mi palpava il fianco e la coscia e sonio esplosa che io per la terza volta, stavolta insieme a lui, come due amanti, ma non lo conoscevo nemmeno.
Pensavo fosse finita, ma la mano ha ripreso la posizione tra le mie cosce e con lo stesso sistema di prima, pollice in figa che si muoveva dentro, mi ha fatto venire ancora. Ho girato lo sguardo, l’ho implorato,: Basta, ma se non mi fossi staccata io e scesa chissà come avrebbe continuato, Non vedevo l’ora di rientrare a casa. Meno male che una collega era in macchina e, vedendomi sconvolta mi ha chiesto cosa avessi. Le ho detto che stavo male e dopo la lezione mi ha accompagnata a casa. Ho dormito per tutto il giorno

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