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Racconti di Dominazione

Lo scettro delle mogli (n. 1: Lou)

By 1 Maggio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Ci sono davvero tanti pregiudizi, nel nostro mondo, più di quanti noi possiamo, su due piedi, immaginare. E a volte anche chi, come me, per professione &egrave abituato a scandagliare l’animo umano, può ignorare, dell’umanità, taluni aspetti che solo una nuova esperienza può insegnare a riconoscere, tra le pieghe della quotidianità.
Nel mio caso, la “nuova esperienza” in questione &egrave rappresentata dal racconto di un collega statunitense, che mi parlò, al margine di un congresso al quale entrambi partecipavamo, del caso capitato a un suo cliente.

– Non puoi immaginare – mi accennò questo collega – quanti uomini, al giorno d’oggi, vivono vicende come quella che sto per raccontarti; e si sentono molto soli, perché la gente intorno a loro non capisce il loro dramma… Anzi, molto spesso nemmeno lo sospetta.

– Scusami, ma non ho ancora ben capito di cosa stai parlando – gli confessai francamente. – Forse sarà per via del mio inglese.

Il collega mi sorrise.

– No, no, il tuo inglese va bene, lo so – disse. – E’ che anche tu hai bisogno di entrare pian piano in questa storia, per poterla capire veramente… Quest’uomo di cui voglio parlarti, di nome Roger, quando si rivolse a me era in uno stato di confusione indicibile: era quasi sull’orlo di una crisi d’identità, aveva perso la fiducia in se stesso e nella società, e solo con molta pazienza e un pizzico di esperienza, sono riuscito a fargli accettare pienamente quel che gli era successo e a fargli ritrovare un po’ di serenità. Sai, io penso che dovremmo, soprattutto noi che facciamo questo mestiere, ascoltare di più uomini come lui, riconoscerli, imparare ad aiutarli; soprattutto dobbiamo capire che il mondo &egrave cambiato e che non ci sono più regole, ruoli rassicuranti… Così gli uomini come Roger, che hanno la ventura, o la sventura, di vivere certe situazioni che noi, come società, non siamo ancora capaci di comprendere, possono essere più preparati a ciò che li aspetta dietro l’angolo e adattarsi meglio alla loro vita.

– Adesso mi hai veramente incuriosito – dissi. – Ma di che cosa si tratta, in definitiva?

– Diciamo… di un problema coniugale – cominciò a narrare Steven, il mio collega, con un sorrisetto compiaciuto per essere riuscito a catturare il mio interesse.

Quando ebbe finito di raccontare per sommi capi le vicissitudini del suo Roger, lo pregai d’inviarmi al più presto un resoconto più dettagliato, in maniera che io potessi studiare il caso e farne tesoro. Steven fu ben felice di accontentarmi; ed &egrave proprio dal resoconto abbastanza particolareggiato che lui m’inviò in seguito, che &egrave scaturita la conturbante e inquietante storia che segue, la quale conferma, una volta di più, come i legami che tengono insieme due sposi non possano spiegarsi con l’arida ragione, in quanto appartengono al mistero stesso della natura umana.

*

Roger non aveva mai avuto troppe ambizioni. Si era ritrovato a gestire il piccolo drugstore che il padre gli aveva lasciato, e per lui la vita era un continuo andirivieni di clienti ed un susseguirsi di cifre nel registratore di cassa. Era arrivato un giorno, senza sapere bene come, a contare qualche capello bianco davanti allo specchio, e finalmente aveva sentito nostalgia di qualcosa. Un caro amico – uno dei pochi – col quale beveva a volte un cicchetto, un certo Phil, gli aveva parlato una sera delle meraviglie di Internet e delle amicizie che si possono fare chattando; e gli aveva raccontato di una splendida avventura che aveva avuto con una “donna di città” conosciuta grazie al Web.

L’ingresso nel mondo di Internet sembrò a Roger già, di per sé, un’entusiasmante novità nella sua esistenza, e l’uomo si emozionò seriamente nel vedere aprirsi, sullo schermo del PC, tutte quelle finestre colorate che rinviavano a mondi lontani e pieni di fascino. Poiché quel mondo era però una specie di Babele, ai suoi occhi di neofita, e lui non riusciva a capire come fare a cercare ciò che desiderava, chiese all’amico consigli sulle chat da frequentare.

Finalmente una sera riuscì a entrare in una chat room e a conversare con qualcuno. Dapprima il ritmo rapido di quella specie di gioco lo spiazzò, ma poi, pian piano, ci si abituò e riuscì, sera dopo sera, a farsi un certo numero di amicizie virtuali.

Fu proprio così che conobbe Lou. Lei si presentò in modo un po’ scontroso, ma questo incuriosì Roger, che insistette a cercarla in chat, per intavolare conversazioni sempre più lunghe. Scoprì di apprezzare lo spirito di quella sconosciuta, il suo humour duro e spiazzante e l’esuberanza, che dimostrava seppellendolo letteralmente di lunghe frasi, alle quali lui finiva, sopraffatto ma affascinato, per rispondere a monosillabi. Era quasi sempre Lou a raccontare qualcosa, e Roger leggeva le sue parole, che descrivevano gli avvenimenti della giornata di colei che stava cercando di conoscere più a fondo.

Raramente invece Lou chiedeva a Roger che cosa gli fosse capitato di bello; e quasi sempre lui si sentiva a disagio, perché, rispetto a tutto ciò che lei raccontava, gli avvenimenti sempre uguali del proprio drugstore gli sembravano miseri e senza importanza.

Da ciò che Lou gli riferiva, Roger si era andato convincendo che lei doveva avere un bel caratterino: affrontava a muso duro tutti coloro che, a suo parere, le avevano fatto un qualche torto – e a quanto pareva, ogni giorno gliene facevano qualcuno. La cosa a Roger sembrava persino simpatica; lui era sicuro di non subire quasi mai torti, o almeno non se ne accorgeva, data la sua indole accomodante, e forse il carattere di Lou, che appariva così diverso dal suo, stuzzicava la sua curiosità e il suo interesse.

Del resto, lui aveva così poca esperienza di donne, a parte qualche flirt adolescenziale e l’unico grande amore della sua vita, la ragazza che, dieci anni prima, stava per sposare e che invece lo aveva abbandonato, senza una vera spiegazione, a pochi giorni dalle nozze, gettandolo nello sconforto. Non aveva più pensato all’amore, dedicandosi interamente e unicamente al drugstore, fin quasi a soffocare la sua stessa capacità di provare emozioni e sentimenti. Poi quel giorno, davanti allo specchio e a quei capelli bianchi, aveva provato come un morso allo stomaco, un richiamo che proveniva da una regione profonda del suo essere. Ed ora, ogni sera, c’era l’appuntamento con Lou, davanti allo schermo; Roger aspettava impaziente quel momento per tutta la giornata, e non avrebbe più saputo farne a meno.

Parlò al suo amico Phil della sua nuova conoscenza virtuale, e lui gli chiese, pratico:

– Da quanto tempo chattate?

– Da più di un mese, tutte le sere.

– E che cosa sai di lei?

La domanda colse Roger un po’ di sorpresa: gli era sempre sembrato di saperne quanto bastava, di Lou; ora però, dopo quella domanda diretta dell’amico, non ne era più tanto sicuro. Anzi, senz’altro non sapeva quasi niente di quella donna.

– Attento: potrebbe trattarsi di un’orribile vecchiaccia – scherzò Phil, – o ancora peggio: potrebbe essere un uomo che si diverte a prenderti in giro.

– Non &egrave possibile! Ne sono certo! – esclamò Roger: e in effetti, qualcosa gli diceva che Lou era una donna; lei gli aveva anche detto di avere trent’anni (altro che vecchiaccia!), e lui non aveva motivo di dubitarne.

Nelle righe che Lou gli scriveva in chat c’era una donna sui trent’anni: non poteva ingannarsi. Non sapeva però come spiegarsi quelle certezze, né tantomeno sapeva come motivarle all’amico.

– Fatti mandare una sua foto: con Internet &egrave facilissimo – gli suggerì Phil.

Questo sembrò a Roger un consiglio saggio, e ne tenne conto quella sera, quando incontrò Lou in chat. Lei non ebbe difficoltà ad accontentare la sua richiesta.

Quando l’uomo aprì il file che gli era stato mandato dalla sua compagna di chat, sul monitor apparve un viso rotondo, da donna bene in carne, con un’espressione piuttosto seria ed uno sguardo nel quale si aveva l’impressione di scorgere una gran determinazione – appena un cenno, una fuggevole suggestione, che però non poteva sfuggire a chi l’osservava. S’intravedevano poi capelli scuri e lisci, che arrivavano sino al petto. Tutto sommato, quel volto piacque a Roger, tanto che gli venne voglia di conoscere meglio quella persona. Cominciò dunque a insistere con Lou perché s’incontrassero, finalmente.

Dopo un po’ di trattative, si misero d’accordo per vedersi nella città dove abitava lei, che non distava molto dal paese di Roger. Vedere Lou finalmente di persona fu per lui un’emozione profonda: capì quasi sin dal primo sguardo di essere felice della sua presenza.

Non che la donna avesse un fisico da copertina: di statura discreta, sul metro e settanta (dunque alta appena un paio di centimetri meno di Roger), era – come lui aveva immaginato osservando la foto – di corporatura massiccia: non grassa, ma certo robusta; aveva spalle ampie, quasi da nuotatrice, le braccia piuttosto grosse, le mani rotondette, e si muoveva senza particolare grazia, anzi a tratti perfino in modo brusco e sgarbato. Aveva però uno sguardo magnetico e profondo, oltre che volitivo, che risaltava dal vivo meglio che in fotografia, e un naso piccolo e aggraziato. Non era particolarmente ricercata nel vestire: indossava un anonimo maglione scuro, pantaloni ugualmente anonimi e scuri, che lasciavano intuire le generose dimensioni delle cosce e del posteriore, nonché scarponi neri dalle suole spesse e dal tacco piatto. Tuttavia Roger colse in lei qualcosa di unico, di rimarchevole e di affascinante, e per tutto il tempo che i due trascorsero insieme quella volta, non smise di tenerle gli occhi addosso; Lou se ne accorse, ma non parve prendersela.

La donna inizialmente rimase sulle sue, ma dopo un bicchiere di whisky, offertole da Roger, cominciò a mostrare l’umore che lui aveva imparato ad apprezzare in chat: franco, diretto, a tratti spiazzante. L’uomo sentì aumentare dentro di sé la curiosità: aveva fretta di sapere tutto di Lou, della sua vita, del suo passato, e cominciò a porle domande. Notò che, nel rispondere, la donna si mostrava alquanto cauta, come se stesse ben attenta a dosare le parole – e questo contrastava in maniera evidente col suo carattere. Doveva avere qualcosa che non le faceva piacere rivelare o ricordare; doveva avere molto sofferto, nella vita – pensò subito Roger.

– Hai vissuto sempre qui, in questa città? – le chiese tra l’altro l’uomo.

Lei lo guardò quasi sospettosa, prima di decidersi a rispondere:

– No, ho fatto un po’ di giri…

Nient’altro.

– Mi hai detto in chat che sei single… – la incalzò Roger. – Ma hai avuto qualche storia?

Gli pesava dover portare avanti quella specie d’interrogatorio; eppure era indispensabile: voleva, doveva sapere.

– Sì, ne ho avute; come tutti, no? – mormorò la donna, e sembrò non voler dire altro, un po’ stupita, perfino, dalla domanda; dopo aver sorseggiato il whisky, aggiunse però: – Se vuoi saperlo, sono stata sposata.

– Ah… e poi &egrave finita, no? Non dev’essere stato facile – commentò Roger, non sapendo in realtà che cosa dire.

– No, che non &egrave stato facile – fece Lou, – soprattutto per come &egrave finita.

La donna guardò l’uomo negli occhi, con uno sguardo che sapeva di curiosità e insieme di sfida.

– Come mai adesso non mi domandi com’&egrave finita? – disse, e Roger si sentì preso in contropiede.

– Già, come? – egli balbettò.

– Beh, te lo dico – riprese Lou, – tanto &egrave meglio essere sinceri fin dall’inizio, se si vuole che le cose filino bene. Il mio ex ora sta in gabbia… al fresco, insomma. E’ per questo che &egrave finita, capisci? Era un grande stronzo, capace solo di creare guai.

– Ah! – seppe appena esclamare Roger, sempre più spiazzato. – Non immaginavo…

– Che c’&egrave? Ti sei spaventato? – ironizzò la donna.

– No, no, assolutamente! – la rassicurò Roger, facendosi rosso.

– Eh, lo so. La galera fa paura – commentò Lou, – però &egrave una cosa che può capitare, se si fanno degli sbagli. Siamo umani, non perfetti. O no?

Dicendo questo, la donna fissò Roger negli occhi, come se volesse metterlo alla prova. L’uomo capì istintivamente che dalla propria reazione sarebbe dipeso lo sviluppo della loro storia; era ad un bivio e doveva scegliere; sì o no; ora o mai più…

– Io non giudico – dichiarò con slancio: – hai ragione, tutti possiamo fare degli errori, nella vita. Magari poi si diventa migliori, più forti…

Ricambiò lo sguardo di Lou, per cercare di capire se lei lo aveva accettato. E la donna gli sorrise apertamente e gli diede un’amichevole e tenera pacca sulla mano. Roger sentì che il più era fatto: con quel gesto, Lou gli aveva aperto la porta della sua esistenza e lo incoraggiava a farsi avanti.

Più tardi, seppe anche che la donna aveva a sua volta avuto qualche guaio con la giustizia, anni prima, per rissa, oltraggio alla forza pubblica e per qualche furto compiuto insieme alla gang giovanile della quale allora faceva parte.

– Ma adesso sono pulita, pulitissima. Da quando non vedo più quel bastardo, la mia vita &egrave fatta solo di lavoro – lei gli garantì, aggiungendo subito dopo, significativamente: – … e di solitudine.

– Già, i pregiudizi: il mondo &egrave ingiusto – commentò l’uomo.

– Già, i pregiudizi – gli fece eco Lou, amara e disincantata.

Fin da quel momento, Roger avrebbe voluto prometterle, volenteroso: “Con me ti rifarai una vita, vedrai”; ma si trattenne, per non sembrare eccessivamente ingenuo ed impulsivo.

I due, da quella volta, cominciarono a vedersi e a frequentarsi, mostrando ciascuno di gradire la compagnia dell’altro. Roger si sentiva pieno di generosa passione, e desiderava ardentemente regalare una chance di felicità a Lou; la propria inesperienza però lo faceva sentire bloccato e non gli permetteva di agire fino in fondo come avrebbe voluto.

La donna doveva intuire quello che si agitava nell’animo del suo corteggiatore: infatti una sera, toccandogli una mano proprio come la prima volta, gli propose finalmente:

– Facciamo l’amore? Lo so che ne hai voglia anche tu.

– Ah… sì?

– Ma dài: ti si legge in faccia!

Salirono nell’appartamento della donna. Roger rimase incantato a guardare il corpo di Lou, che, steso sul letto, gli si mostrava per la prima volta nella sua nudità.

I seni sembravano due enormi bocce rosee, che dilagavano prepotenti sul petto della donna e culminavano in due bacche carnose e scure, che avevano un aspetto succulento e invitante; le cosce larghe e abbondanti abbagliavano Roger per la loro solidità: parevano due colonne incrollabili, sulle quali lui poteva senz’altro fare affidamento. Esse culminavano in un folto e ampio cespuglio di peli scurissimi, che si fermava appena tre dita sotto l’ombelico e che sembrava custodire un mistero intrigante, che attendeva solo di essere scoperto. Roger non aveva mai visto una peluria così abbondante e rigogliosa sul pube di una donna, e rimase imbambolato a contemplarla per lunghi istanti.

Vedendo l’esitazione dell’uomo, Lou gli sorrise e lo invitò ad avvicinarsi, con un cenno della mano. Lui cominciò freneticamente a denudarsi e mille pensieri lo attraversarono, confondendo ancor più i suoi goffi movimenti.

– Sarà meraviglioso, vedrai – lo rassicurò la donna. La sua voce roca fece tendere i sensi dell’uomo, e il suo sesso manifestò una scossa di risveglio.

– Non lo faccio da molto tempo, e ne ho tanta voglia – confessò Lou, abbracciando il corpo di Roger, che le si era appena steso addosso.

Dai movimenti del suo partner, lei capiva che questi aveva poca esperienza e che avrebbe dovuto guidarlo per ottenere soddisfazione. Ma sicuramente questo non le dispiaceva, poiché avrebbe potuto modellare Roger come creta, e adattarlo alle esigenze del proprio godimento.

– Vieni più su… così… Non devi essere teso… Lasciati andare – disse Lou, e afferrò il pene di Roger, che mostrava un timido accenno di erezione.

A lui piacque la disinvoltura con la quale la donna si era impadronita del suo arnese, e quel piacevole stupore si tramutò in un’onda energetica che, partita dalla mente, gli attraversò rapidamente il corpo.

Lou gli massaggiava con ardore il pisello, e l’uomo la lasciava fare, sentendosi in buone mani.

– Uhmm… Vediamo come te lo trasformo… Scommetti che fra un po’ ti diventa una specie di manganello grosso così? – lo stuzzicò la donna.

– Sì! – esclamò Roger d’istinto, pieno di grata beatitudine erotica.

– Oh, che bravo bambino che sei, Roger! – fece Lou, a sua volta sempre più eccitata. – E’ vero che me lo farai sentire tutto dentro, il tuo bel bastone, tutte le volte che vorrò?

– Sì! – esclamò ancora l’uomo.

– Lo so, lo so che sei un bravo bambino e che farai di tutto per accontentare la signora Lou. Non &egrave vero?

– Sì, sì! – disse ancora Roger, benché non capisse lo strano modo di parlare della donna: lo trovava però incredibilmente eccitante, e tanto bastava.

Lou gli sbatacchiava furiosamente l’uccello, per farglielo diventare rapidamente duro, e lui si sentiva già al settimo cielo.

– E sarà sempre ubbidiente, questo bravo bambino? – disse ancora la donna.

– Sì! – per l’ennesima volta esclamò Roger, sempre più coinvolto dalle stimolazioni verbali e manuali della partner.

– Guarda come ti &egrave diventato! – gli fece notare Lou. – Un colosso! Praticamente ti arriva all’ombelico! Dài, adesso strofinamelo sulla patata… ma non mettermelo ancora dentro, mi raccomando!

La voce di Lou era notevolmente sensuale, ma anche decisa: chiaramente lei era consapevole di guidare Roger e di dirigere ogni suo singolo movimento, in quel loro convegno erotico. L’uomo del resto si sentiva incapace di prendere qualsiasi iniziativa in campo amoroso, e si lasciava volentieri condurre dalla partner; sicché cominciò a strofinare la punta del membro sulle grandi labbra di Lou, che si schiudevano mollemente e lubricamente al suo passaggio. La donna emetteva compiaciuti mormorii a bocca chiusa e serrò le palpebre, come per trattenere presso di sé il più possibile l’interiore e inudibile boato di piacere che la stava invadendo.

– Sei magnifico, Roger, lasciatelo dire… – mormorò ad un tratto, ed ogni parola sembrò all’uomo un gustoso pizzico in fondo alla schiena.

Poco dopo, lei lo incitò:

– Affonda la tua lancia, cavaliere! Sono pronta!…

Risero entrambi di gusto, mentre Roger si dava da fare, sempre guidato da Lou, nella penetrazione: da tantissimo tempo non provava più quella piacevole sensazione, e sentì subito di formare ormai, con quella donna, un solo inseparabile corpo, un unico essere. Anche Lou veniva da un periodo di forzata astinenza, e per giunta era la prima volta che riusciva ad avere tra le mani un partner tanto docile da farsi completamente guidare da lei, dandole il massimo della soddisfazione erotica.

La donna si lasciò quindi completamente andare; mentre Roger, secondo il ritmo da lei desiderato, la stantuffava diligentemente, Lou si esibì in sconce e belluine urla di godimento, che stupirono ed elettrizzarono il partner.

– Ancora, ancora, ancora, ancora! Non devi venire adesso, capito? Non devi! – gli diceva Lou, afferrandolo per un braccio, e l’uomo fu in grado di rispondere perfettamente alle sue aspettative, continuando a spingere ritmicamente nella sua vagina calda e in tumulto, per un tempo sufficientemente lungo.

La donna sudava ed esclamava:

– Uh! Uh! Uh! Sì, mamma mia, sì! Sì!

Riuscì ad avere in rapida successione tre orgasmi, e poi, avendo deciso che Roger doveva arrivare al capolinea, intrecciò le proprie gambe sulla schiena dell’uomo e cominciò con quelle a fare a sua volta pressione ritmicamente su lui, che inebriato da quella intensa e inedita stimolazione, dopo un po’ ebbe una copiosa eiaculazione, che riempì il preservativo che la donna, previdentemente, gli aveva fatto indossare prima della penetrazione.

– Sei stato magnifico, sai? – sussurrò Lou, dopo che Roger si fu steso, esausto, accanto a lei, e aggiunse, guardandogli il membro ancora inguantato: – Il tuo amichetto mi piace. Mi sa che lo inviterò ancora parecchie volte. Anzi, sai che ti dico? Ho l’impressione che io e lui non ci separeremo più!

I due scoppiarono a ridere per la seconda volta all’unisono.
A Roger non era sfuggita quella promessa, buttata lì da Lou con nonchalance: “Non ci separeremo più”. Era proprio ciò che pensava anche lui, e che sperava con tutte le sue forze, anche se non aveva ancora il coraggio di dirlo.

Ma Lou aveva capito ogni cosa del loro rapporto; l’aveva capito perlomeno sin dal loro primo incontro, in quel bar, e quel loro primo rapporto sessuale non aveva fatto che confermare e chiarire le sue sensazioni e le sue idee. Sapeva ormai che quell’uomo sarebbe stato suo, suo nel corpo e davanti alla legge, semplicemente perché sentiva che le apparteneva di diritto.

Roger intuiva confusamente, guardando Lou accendersi beata una sigaretta, dopo il loro primo amplesso, che lei stava inseguendo pensieri sereni e solidi, dei quali lui costituiva il centro, anche se, a differenza della donna, non riusciva a prefigurarsi i contorni del loro futuro ménage.

Per la verità, quella sigaretta accesa gli fece, sulle prime, l’effetto di una nota stonata – lui, bravo e ligio cittadino, detestava da sempre il fumo e osservava con disprezzo i fumatori come gente empia e asociale; ma, man mano che le volute grigie e placide si alzavano dalla bocca di Lou, che con aria sazia contemplava il soffitto, Roger si andò acclimatando, e anzi trovò sensuale l’atteggiamento della donna, con quella sigaretta tenuta disinvoltamente fra le dita e la cenere che scivolava sulle lenzuola, in un quadro di apparente disordine, e quella bocca che, ogni volta che aspirava quel missiletto di tabacco, sembrava alludere ad altro, vogliosa di succhiargli golosamente, impudicamente tutta l’energia amorosa che lui sentiva di avere ancora dentro.

Chissà se Lou, nella sua estrema lucidità, si rendeva conto di quanto perfino quella sigaretta, fumata lì e in quel modo, contribuisse a conquistare i sensi di Roger.

– Ehi, noi due ci rivediamo, cavaliere! – furono le parole con le quali la donna lo congedò, quel giorno.

E si sarebbero rivisti, eccome!

Tanto per cominciare, Lou non diede tregua a Roger, sul fronte – per così dire – telefonico, e prese a chiamarlo sul cellulare almeno due volte al giorno; e almeno una delle due chiamate giornaliere culminava in una seduta di sesso a distanza, a base di paroline bollenti e fantasie spinte – ma era quasi sempre lei a condurre il gioco, perché l’uomo, impacciato, non sapeva formulare immagini sensuali e coinvolgenti, e lasciava che fosse Lou a farlo per entrambi.

Fin dalla seconda volta in cui si videro, la donna preferì assumere un’altra posizione, durante l’amore.

– Voglio essere io il cavaliere – disse, rifacendosi al suo modo di dire scherzoso.

Fece stendere infatti Roger supino, e, dopo avergli frizionato molto energicamente il membro, si dette a cavalcarlo sfrenatamente. Solo di tanto in tanto, nei loro incontri, consentì di nuovo all’uomo di starle sopra, come la prima volta; ma in questi casi, lo guidava minuziosamente e non gli permetteva di prendere iniziative autonome. Le rare volte in cui Roger provava a farlo, Lou gli diceva senza complimenti che “non ci sapeva fare” e che era molto meglio che “la sua lancia” la lasciasse “maneggiare” a lei. L’uomo, mortificato, si ritirava in buon ordine, e le consegnava ogni facoltà d’uso sul suo organo virile.

Si frequentavano da qualche mese, quando Lou, una sera, disse a Roger:

– Cavaliere, quando pensi che potremo sposarci? Voglio sperare che tu abbia intenzioni serie, perché io mi sento veramente coinvolta dalla nostra storia, e mi sono resa conto che voglio averti accanto.

Poi osservò l’uomo, per cogliere le sue reazioni. Era quasi certa di fare centro, e in effetti Roger fu stupito, e piacevolmente, dalla richiesta, perché da tempo accarezzava in cuor suo l’intenzione di fare a Lou la stessa proposta, ma non ne aveva trovato, sino a quel momento, la forza. Ormai però la donna aveva rotto il ghiaccio, e a lui non rimaneva che dare una semplice risposta; cosa che puntualmente fece, con voce emozionata, ed era proprio la risposta che Lou si attendeva.

Andarono a vivere da Roger, dopo le nozze; Lou abbandonò anche il suo impiego di magazziniera, ma non sembrò assolutamente rimpiangerlo. Appena ebbe messo piede nella “tana” di Roger, cominciò a rivoluzionargliela, criticando tutte le scelte di arredamento che lui aveva fatto. Desiderava fin da subito prendere il controllo della situazione, e non ne fece alcun mistero: sapeva che il marito l’avrebbe di buon grado lasciata fare. Era il patto non scritto che reggeva sin dall’inizio il loro rapporto, ora tramutatosi in matrimonio: a lei spettava di diritto il ruolo di dirigente, di guida – che si era andato estendendo dal letto a tutto il resto della loro vita in comune – e lui si adattava, in punta di piedi, a tutte le decisioni che lei prendeva, quasi che le avesse affidato la sua vita, riconoscendo alla donna una superiore capacità.

Le critiche anche pesanti che Lou fece all’arredamento che trovò in casa, sulle prime ferirono Roger; però poi l’uomo si andò convincendo che lei, come al solito, avesse ragione, e lasciò che si sbarazzasse perfino degli oggetti a cui lui era più affezionato. Solo una volta provò a protestare realmente, riguardo ad un quadretto che teneva appeso in camera da letto, e che Lou trovava “orripilante”.

Subito la donna reagì in malo modo alle proteste di Roger.

– Perché vuoi tenertelo? – gli fece, avvicinandosi a lui e guardandolo in faccia, indispettita. – Guarda che ti ho capito: ti ricorda qualche vecchia gatta morta che ti rimorchiavi, non &egrave così? E’ lei che te l’ha regalato? E tu pensi che io ti permetta di farti venire i lucciconi ogni volta che lo osservi? Ah, allora non mi conosci proprio, cocco mio! Ricordati che tua moglie sono io, unica e sola. Ci siamo capiti?

Sì, quel quadretto gli ricordava un periodo felice della sua vita; ma Lou era riuscita a farlo sentire in colpa: non era giusto che lui avesse altri ricordi felici, adesso che c’era lei. Si sentì una specie di traditore, e non osò più fiatare, lasciando che il bel ricordo del tempo che fu finisse prosaicamente nella spazzatura.

Una sera, poi, rientrando, Roger trovò Lou che lo attendeva con un viso che minacciava tempesta.

– Quanto guadagni, Roger? – domandò la donna a bruciapelo.

“Una strana domanda!” pensò lui, sapendo del resto di averglielo già detto. Tuttavia le rispose, spiegandole nuovamente che, essendo un libero imprenditore (sia pur piccolo), le cifre che guadagnava variavano a seconda dell’andamento dei suoi affari.

– Va bene – tagliò corto Lou, spazientita, – non ti ho chiesto di farmi la storia della tua vita. Quello che realmente voglio dirti, &egrave che tu non hai rispetto di tua moglie, Roger!

– Ma perché dici questo? – fece lui, esterrefatto: mai si sarebbe aspettato un rimprovero simile.

– Tu non vuoi essere chiaro con me, e questo non può andare assolutamente: lo capisci, Roger? – ribatté Lou.

– Non ti capisco – ribadì il marito.

– Tu t’intaschi parte dei guadagni a mia insaputa! – esclamò la donna. – Non me la conti giusta – aggiunse: – a che ti servono i soldi che mi nascondi? A fare bagordi con la tua amichetta?

Roger cercò in tutti i modi, con le buone maniere che lo contraddistinguevano, di far ragionare la moglie, spiegandole non solo che non era vero che lui le nascondesse parte dei guadagni, ma soprattutto che non aveva nessuna “amichetta”.

– Io dedico tutto il mio tempo, tutta la mia vita a te! – dichiarò l’uomo: – Come puoi pensare che me la spassi con qualcun’altra?

A quel punto, Lou afferrò un piatto che trovò a portata di mano, sul tavolo della cucina, e lo scagliò per terra, fracassandolo con gran rumore.

– Tu non mi puoi prendere in giro! – esclamò. – Non così facilmente! Ma per chi mi hai presa?

Roger si allarmò vedendola così infuriata, e fece per avvicinarsi a lei, con l’intenzione di calmarla, ma la moglie afferrò una sedia e, con notevole vigore, gliela gettò contro, colpendolo ad una gamba. L’uomo incespicò e cadde in avanti, riuscendo ad attutire la caduta con le mani, sicché si ritrovò a quattro zampe sul pavimento della cucina.

– Ecco! Questo &egrave quello che ti meriti! – disse la donna. – Non ti vergogni di mentire a tua moglie?

– Ti prego, Lou, devi credermi… – replicò l’uomo, e fece l’atto di volersi rimettere in piedi.

Immediatamente la moglie lo ammonì:

– Stai fermo lì! Non azzardarti ad alzarti!

– Ma come? – fece Roger, stupito.

E lei:

– Non hai il diritto di stare in piedi davanti a me, porco! Mettiti in ginocchio e guardami in faccia, quando ti parlo!

Frastornato, e al tempo stesso condizionato quasi magneticamente dalle parole della donna, Roger si sollevò sino a rimanere inginocchiato, nonostante gli facesse male un ginocchio, quello che era stato colpito dalla sedia. Osservò la moglie, che aveva in volto un’espressione adirata e insieme elettrizzata, e rimase in attesa di capire che intenzioni avesse.

Lei, dopo averlo contemplato con aria soddisfatta e leggermente stupita, gli si avvicinò e, come cogliendo al volo un’idea che le era venuta in quel momento, gli agguantò un orecchio tra pollice e indice, e cominciò a tirarglielo.

– Ho l’impressione che tu non sia ancora cresciuto, Roger – mormorò, – ma non ti preoccupare: se per rigare dritto hai bisogno di essere trattato come un ragazzino, hai trovato la persona giusta…

– Ti prego, Lou – la supplicò l’uomo, che cominciava a sentire dolore al lobo dell’orecchio che lei gli stava strapazzando.

– Devi imparare a non fare il furbo con me – disse la donna, senza mollare la presa: – devi capire che le bugie mi mandano in bestia, Roger!

– Sì, sì, accidenti, ma mi stai facendo male! – si lamentò lui quasi piagnucolando.

– Questo &egrave niente, Roger. Io mi sto controllando – lo informò Lou, – altrimenti ne vedresti veramente delle belle. Voglio solo farti capire che con me non devi scherzare troppo, okay?

– Okay, okay! – disse lui, sperando che quell’incresciosa situazione finisse al più presto.

– Io ho un brutto carattere, sai? E perdo facilmente la pazienza, perciò vedi di rigare dritto, siamo intesi? – fece la donna, sottoponendo il povero orecchio del marito a una torsione improvvisa.

Roger esclamò un disperato: – Ohi!

Per nulla impietosita, Lou allentò leggermente la presa e gli domandò:

– Adesso me la dici, la verità? E’ vero o no che mi nascondi dei soldi?

– No, te lo giuro, Lou! – dichiarò Roger.

– Vuotati le tasche! – fece lei, e torse di nuovo l’orecchio del marito.

E lui, pur di calmare la moglie, si sottopose a quell’umiliazione, rovesciando le proprie tasche ad una ad una, come calzini. Lou finalmente lasciò in pace l’orecchio di Roger e s’impadronì del suo portafogli e di alcune banconote che gli erano uscite dalle tasche.

– Queste &egrave meglio che da oggi le tenga io – annunciò la donna, togliendo dal portafogli del marito tutte le carte di credito e le tessere bancomat che vi trovò.

– Ma se ho bisogno di fare acquisti, come faccio? – chiese Roger, costernato.

– Semplice: verrai a chiederle a me, le tue carte, e sarò io a dartele ogni volta che ti serviranno. Deve passare tutto per le mie mani, da oggi in poi.

– Non &egrave giusto! – esclamò Roger indignato, percependo per la prima volta in maniera acuta la prepotenza della moglie.

– Tu non sei in grado di capire cosa &egrave giusto e cosa no – replicò Lou sprezzante, – visto che ti comporti peggio di un marmocchio!

– Ma quei soldi io me li guadagno! – protestò l’uomo.

– Se io ti lasciassi fare, li andresti a spendere tutti in puttane – disse la donna.

– Non &egrave bello ciò che stai facendo! Non va bene! – insisté Roger.

– Adesso devi solo stare zitto, okay? – replicò Lou. – Sei soltanto un ragazzino immaturo, Roger…

– Ora stai esagerando – fece lui, e accennò a rimettersi in piedi.

– Alt! – esclamò la donna con un tono quasi marziale. – Chi ti ha detto di alzarti?

Roger guardò negli occhi la moglie come imbambolato: aveva sentito bene? Adesso doveva chiedere il permesso a lei anche per muoversi?

– Ma per caso sei esaurita, Lou? – le disse seccato. – Qual &egrave il tuo problema?

Quindi, Roger si alzò e fece per lasciare la cucina. Vedere che il marito non le dava retta e si sottraeva al suo controllo, fece scattare una delicata molla nella mente della donna, la quale si tramutò in una vera e propria furia, dimostrando la verità di ciò che prima aveva annunciato al marito: “Questo &egrave niente, Roger…”.

– Dove cazzo vai? Io sto parlando con te! – urlò.

Il suo tono era duro e minaccioso oltre ogni dire, e il sangue nelle vene di Roger si ghiacciò; tuttavia l’uomo non volle far capire alla moglie che aveva paura di lei, e si voltò a guardarla, sulla porta della cucina, cercando di apparire placido.

– E’ questo il modo di comportarsi? Allora devo proprio insegnarti un po’ di educazione! – dichiarò Lou, parandoglisi davanti, le mani sui fianchi e lo sguardo carico di collera.

– Io non capisco cos’altro vuoi; cosa pretendi? A me pareva che avessimo già finito di parlare – disse Roger.

Sentiva istintivamente che non doveva dargliela vinta, stavolta: si era spinta troppo oltre, e il gioco si stava facendo pericoloso. Ma Lou non era affatto il tipo disposto a lasciar correre e tirarsi indietro…

– Ti avevo detto di non alzarti, mi pare – disse, mantenendo il suo atteggiamento minaccioso.

– E perché non mi sarei dovuto alzare? – ribatté l’uomo. – Non siamo mica in caserma e tu non sei il mio sergente.

– Tu ti sei comportato peggio di un ragazzino irresponsabile, e io, essendo tua moglie, ho tutto il diritto di prendere provvedimenti, per il bene del nostro matrimonio – spiegò Lou, assolutamente convinta di ciò che diceva.

– Ah sì? – fece il marito, cercando di volgerla in ironia: – Questa non l’ho mai sentita…

– Beh, adesso la senti! – tagliò corto Lou. – Guarda – aggiunse, – a me non piace fare tante chiacchiere, sono una donna pratica: ti dico solo che sto per perdere la pazienza. Poi non dirmi che non ti avevo avvisato.

– Vuoi rompere ancora qualche piatto? – fece Roger. – E poi tu saresti quella che pensa al nostro matrimonio? Se rompi le nostre stoviglie, a chi credi di farlo, il danno?

– Roger, stammi a sentire, okay? – disse Lou, mentre con gesto rapido portava la mano all’altezza dei genitali del marito e gli afferrava le palle. – Lo sai che quando ero con la mia gang, nessuno si permetteva di mancarmi di rispetto, perché sapevano che ho un certo temperamento? E anche in galera mi rispettavano eccome! Lo sapevi, questo, Roger? Te l’ho mai detto?

La donna aumentò di colpo la sua stretta, ed il viso dell’uomo si fece blu per il terrore.

– Sappi che da allora non sono mica cambiata… e non faccio sconti per nessuno… nemmeno per te – mormorò Lou, guardando il marito dritto negli occhi e godendo, a quanto sembrava, del suo sguardo terrorizzato.

– Adesso scommetto che ti rimetterai in ginocchio, come un bravo bambino: non &egrave vero? – disse ancora la moglie, con un mezzo sorriso, dando per un istante una forte stretta ai testicoli di Roger: bastò quella frazione di secondo per trasmettere al cervello dell’uomo una forte e insopportabile sensazione di dolore.

– Guarda che te le schiaccio senza pietà, le tue noccioline! – sussurrò Lou nell’orecchio del marito, e lui, letteralmente liquefatto dalla paura, si abbassò lentamente sino a cadere in ginocchio davanti alla donna.

– Oh, bravo! Vedi che quando vuoi, sei in grado di capire? – commentò sarcastica Lou.

Roger guardò il viso della moglie, con aria mortificata: si sentiva vittima di un’ingiustizia, ma non sapeva come reagire; non era un uomo violento, e non sapeva neppure immaginare di poter alzare una mano per dare uno schiaffo o un pugno a chicchessia. Lou, per la prima volta, gli faceva seriamente paura, i suoi modi lo mettevano a disagio e lui si sentiva come preso in trappola, e anche incompreso: perché la moglie lo trattava così, nonostante tutto ciò che lui faceva per lei? Non c’era dunque più gratitudine nel mondo?

Malgrado tutto, però, Roger si sentiva in dovere di essere comprensivo nei confronti della moglie: Lou infatti non aveva avuto una vita facile, e lui s’imponeva di essere un sostegno per lei, accettando anche le sue intemperanze, dovute forse proprio al suo passato difficile. La guardò quindi intensamente negli occhi, sperando che Lou comprendesse la sua benevolenza e il suo amore; ma la donna gli volse le spalle a un tratto, con un’aria che gli parve perfino disgustata, dicendogli:

– Oggi per te non c’&egrave niente da mangiare. Non ti sei comportato bene!

– Ma fino a quando dovrò stare qui, Lou? Ho un ginocchio che mi fa male!

– Tu starai là, a meditare su quello che hai fatto, finché io non avrò finito di mangiare.

– Ma come? Devo stare qua semplicemente a guardarti? Io ho fame, Lou! Dài, smettiamola con queste bambinate! – protestò l’uomo.

– Non sono bambinate. E se provi ad alzarti, vedrai cosa ti capita! – lo minacciò la donna, aggiungendo: – Comunque, siccome non sono insensibile ai tuoi lamenti, ti darò qualcosa da mangiare: insalata di carote e una mela. Ma tu mangerai solo quando io avrò finito. Non ti voglio a tavola con me, oggi.

Roger dovette quindi rimanere in quella scomoda posizione a osservare la moglie che, con voluta lentezza, consumava il proprio pasto, lanciandogli di tanto in tanto occhiatine di soddisfazione e di disprezzo.

Finito che ebbe di mangiare, Lou si alzò da tavola, prese la porzione di roast beef che sarebbe spettata al marito e la gettò nella spazzatura, voltandosi verso di lui intenzionalmente, per godere del suo senso di frustrazione. Preparò quindi un piattino d’insalata di carote, come aveva promesso, e lo collocò a tavola. Sequestrò la bottiglia di birra e la sostituì con una bottiglia d’acqua, e infine si rivolse a Roger:

– Adesso puoi accomodarti.

Il marito si alzò, massaggiandosi le ginocchia indolenzite; Lou gli passò accanto e, uscendo dalla stanza, aggiunse:

– Forse avrai finalmente capito che non ti conviene scherzare troppo con me: puoi solo rimetterci.

La frase sembrò a Roger detta con cattiveria e persino con una vaga intenzione intimidatoria, degna di incalliti delinquenti. Tuttavia la cancellò presto dalla memoria. Per evitare altre sgradevoli liti, lasciò da quel giorno che Lou gestisse le loro finanze; e in effetti, per qualche settimana, non ebbero più altri scontri: sembrava tornata l’armonia in casa.

Comunque, dopo quella scenata in cucina, Lou, evidentemente esaltata da quanto era successo, impose nuove usanze nella loro intimità amorosa: Roger, già la sera dopo, si sentì dire dalla moglie, al momento di mettersi a letto:

– Mettiti in ginocchio, lì sulla porta, mentre io mi spoglio.

Lui la guardò perplesso, e lei ripeté:

– Non hai sentito? Ti ho detto di metterti in ginocchio.

Roger fece quel che la moglie gli aveva chiesto, cominciando a sentire una vaga eccitazione.

Una volta che l’uomo si fu inginocchiato, Lou sussurrò:

– Abbassati i pantaloni e le mutande, ora.

Roger, coi genitali allo scoperto e quei pantaloni comicamente arrotolati all’altezza delle ginocchia, si sentiva in un terribile imbarazzo, eppure anche coinvolto dalla nuova trovata erotica della moglie, e cominciò ad osservare quest’ultima attento e desideroso, mentre lei si andava spogliando e girava qua e là per la stanza, sistemando la propria roba. Sembrava non fare assolutamente caso a lui. A un tratto si diresse verso la porta, per andare in bagno, e gli passò accanto, dandogli appena una sbirciatina; Roger sentì poi la voce di Lou dirgli alle spalle:

– Come mai non ce l’hai ancora duro? Sei stato con qualche puttanella, oggi?

Il tono della moglie era piuttosto nervoso, e per scongiurare una tempesta, Roger la rassicurò con un tono dolce, spiegandole che si sentiva già eccitato, anche se non si vedeva. La verità &egrave che lui, benché lo desiderasse, non aveva osato masturbarsi davanti a Lou, per paura di un suo rimprovero.

Per esser precisi, il suo pene era già semieretto: aveva bisogno solo di un piccolo incoraggiamento meccanico. Rompendo gli indugi, Roger se lo trastullò, pensando alle frasi che gli aveva detto la moglie e al suo atteggiamento eccitante, e in men che non si dica l’asta s’innalzò, turgida, a indicare il soffitto.

Lou, che aveva finito di lavarsi, rientrò nella stanza e diede un’altra sbirciata al marito, commentando:

– Adesso ti riconosco…

Gli rivolse anche un sorriso d’intesa, e Roger si sentì rinfrancato.

– Già vedertelo così duro mi fa bagnare, e mi fa fare certi pensieri – rivelò Lou, stendendosi sul letto.

L’uomo rimase ancora nella sua posizione, a guardarla: la donna accese una sigaretta e continuò, dal canto suo, a osservarlo. Roger questa volta obbedì al proprio impulso e si massaggiò ancora il membro; Lou gli sorrise compiaciuta, aspirando la sigaretta.

A Roger certo non faceva piacere che lei fumasse in camera da letto, ma fin da subito la moglie gli aveva parlato chiaro: – Scordatelo che io mi tolga quest’abitudine. Se ti dà fastidio, te ne vai a dormire in un’altra stanza.

Altri uomini, al suo posto, l’avrebbero già citata in giudizio per danni; ma Roger era innamorato, comprensivo e paziente.

Il fumo cominciava ad impregnare la stanza, e le ginocchia cominciavano a fargli male; tuttavia Roger non si arrischiava a chiedere a Lou il permesso di stendersi sul letto accanto a lei. La moglie sembrava distratta e persa nei propri pensieri, e solo di tanto in tanto lo degnava di un’occhiata ammiccante. L’uomo era però eccitato dalla situazione, tanto che l’uccello gli sembrava gonfio e teso più del solito.

Finalmente Lou spense la sigaretta e con un semplice e indolente gesto dell’indice, fece segno al marito di raggiungerla sul letto. A Roger non parve vero di poter abbandonare una buona volta quella scomoda posizione. Quando fu accanto a Lou, l’uomo tentò di abbracciarla, come spesso faceva nei momenti d’intimità, ma la moglie lo respinse, dicendo:

– Ci sono cose più serie, adesso.

– In che senso? – fece lui, sinceramente meravigliato. – Mi sembrava che ne avessi voglia…

– Certo – confermò lei, – ma tu pretendi sempre di fare a modo tuo. Invece, devi cominciare a imparare cosa vuol dire soddisfare a puntino una donna. E’ una cosa che rientra nei tuoi compiti di marito, lo sai?

Roger continuava a non capire, e Lou, osservandolo maliziosa, si sollevò la camicia da notte e indicò il proprio cespuglio folto e scuro, completamente esposto allo sguardo del marito.

– Se vuoi che andiamo d’accordo, devi imparare a leccare lei, la mia amichetta, Roger – mormorò la donna.

L’uomo era seriamente disorientato: non aveva mai pensato a questa eventualità; non sapeva da che parte incominciare, né che sapore potesse avere una vulva…

– Tutti i veri amanti lo sanno fare – dichiarò Lou. – Io sono tua moglie e ho diritto ad essere completamente soddisfatta da te.

Vedendo Roger piuttosto smarrito, la donna si fece ancora una volta carico di guidarlo in quella nuova esperienza erotica, alternando la dolcezza agli incitamenti osceni e ad una certa fermezza, per impedire che l’uomo si tirasse indietro, quando lo vedeva recalcitrante.

Era da tempo che Lou desiderava “istruire” il marito in quella pratica, ma non aveva voluto anticipare troppo i tempi, per paura che le scappasse di mano; ormai però lo considerava cotto al punto giusto, e pronto a farsi modellare più a fondo. Era proprio questa l’immagine che la donna aveva in mente: quell’uomo era perfettamente modellabile; e lei si riprometteva di stabilire fino a che punto lo fosse – era un pensiero che le sconvolgeva i sensi e le si ripercuoteva dentro, suscitando una formidabile energia erotica.

In altre parole, era capace di bagnarsi anche solo pensando intensamente a ciò che le sarebbe piaciuto far fare a Roger. E godeva nel saperlo così docile e pronto ai suoi voleri.

Le parve un po’ buffo il primo approccio del marito con la stimolazione orale: sembrava che dovesse scavalcare una montagna, mentre se ne stava lì con la faccia sulla sua selva pubica, a cercare di capire come fosse meglio muoversi. Lou gli diede qualche istruzione, e lui si convinse a maneggiarle piano le grandi labbra e a passare su quelle la propria bocca, per un primo assaggio ancora incerto.

Già solo sentire la bocca dell’uomo che le sfiorava i succosi margini della carnosa intimità, bastò a farle provare una scossa di piacere che rasentava l’estasi.

– Sì! – esclamò la donna senza poter nascondere la soddisfazione, – da bravo, continua così! Fai il bravo bambino, Roger. Alla signora Lou sta piacendo tanto…

Questo suo modo di parlare stuzzicava potentemente la libido del marito – non sapeva nemmeno lui perché: sapeva solo che qualche zona profonda del suo io, in quei momenti, si sentiva solleticata e trasmetteva alla superficie ondate di benessere. Fu così anche in quell’occasione: gratificato dagli incitamenti della moglie, Roger si accanì a sperimentare in quali modi, per lui inediti, potesse sollecitare la sensibile intimità di Lou.

Fece scorrere la lingua lungo il solco roseo, facendosi strada fra i peli già saturi di umori, e sentì la donna fremere ricettiva; raggiunse il clitoride e lo spennellò ripetutamente col suo organo gustativo.

– Sì, sì! Il mio bottoncino, sì, Roger! Devi continuare lì, ancora! – lo incitò Lou, sfrenata.

Stava imparando in fretta, a quanto pareva, il maritino… La donna lo lasciò fare, e lui, diligentemente, si concentrò su quel punto sensibile del corpo della moglie. Lo sentiva ormai teso sotto la lingua, goloso di piacere, eppure continuava a blandirlo e ad alimentarne l’ardore.

Finalmente Lou, sentendosi esplodere i sensi, gl’impose di non tormentarlo ancora e di andare più giù con la lingua… Il sapore della donna aveva già saturato il palato di Roger, e la sensazione che ne ricavava era del tutto nuova per lui: era come se scoprisse un aspetto della moglie che gli era rimasto nascosto sino a quel momento, una dimensione carnale e intensa al punto da farsi quasi insopportabile.

Sentendo la lingua del marito sondare la sua succosa cavità di donna, Lou cominciò ad emettere insoliti brontolii di piacere, che lui non le aveva mai udito fare. Lei accese un’altra sigaretta, mentre l’uomo continuava a esplorarle la vagina in quella maniera stuzzicante; Roger cominciò dunque ad avvertire nelle narici l’odore acre del fumo, che finiva per mescolarsi col sapore forte dell’intima femminilità della partner.

L’uomo sollevò per un attimo il viso e la colse intenta ad aspirare la sigaretta con espressione beata: gli sembrò di essere al cospetto di una regina, alla quale ogni favore fosse dovuto; con questa idea stimolante in testa, Roger tuffò, ancora più eccitato, la faccia sulla vulva di Lou e gliela baciò, bagnando le proprie labbra dei suoi umori e facendole poi risalire pian piano sino al clitoride, che stimolò nuovamente con la punta della lingua.

Lou prese ad esclamare, con tono languido: – Oh! Ooh! – e si dimenò, chiaramente assalita da spasmi di piacere. Poi invitò il marito a stendersi supino al suo fianco, completamente nudo; quando Roger fu pronto, lei si mise a cavalcioni sul suo pube e mormorò:

– Prepara la lancia, cavaliere… La voglio tutta dentro la mia armatura.

Ciò detto, armeggiò con l’uccello di Roger già in stato di allerta, finché non fu rigido e dritto al punto giusto, e poi cominciò a impalarsi ad un ritmo sempre più selvaggio, tanto da far sussultare l’uomo sul letto. Il marito fu talmente stimolato da quel trattamento che gli sembrò di non aver mai goduto così tanto sino a quella sera.

E da quella volta, fecero l’amore secondo quel nuovo schema, sicché parecchie sere Roger si ritrovò in ginocchio sulla soglia della camera da letto, ad aspettare che la moglie finisse di prepararsi…

In quello stesso periodo, poi, Lou introdusse una nuova usanza nella loro intimità: tutte le mattine, quando si svegliavano, Roger doveva sollevarle la camicia da notte e – come lei usava dire – “rendere omaggio” alla sua patata, il che l’uomo faceva accostando la bocca alla vulva della moglie e baciandogliela intensamente.
***Avvertenza per i lettori più sensibili: Il capitolo contiene situazioni psicologicamente forti, anche se comunque riferite sempre e soltanto a personaggi di pura fantasia adulti e consenzienti.***


Per qualche tempo sembrarono non esserci più contrasti fra i due coniugi, tanto più che la loro intesa sessuale andava a gonfie vele. Ma un sabato pomeriggio, mentre erano entrambi a bordo del suo capiente furgone, di ritorno dallo shopping, Roger notò che la moglie era insolitamente scostante, e parlava meno del consueto: l’aveva notato fin dall’ora di pranzo, però sembrava che il suo umore fosse andato poi peggiorando; lui sapeva che in quei casi era meglio non rivolgerle la parola e lasciare che il malumore le passasse. Era una situazione che capitava di solito nel periodo delle mestruazioni; però stavolta non si trattava di quello.

Proprio mentre Roger rifletteva sulle possibili cause del broncio della moglie, sentì un colpo sulla guancia, che gli procurò un certo dolore, oltre che un po’ di spavento. Lou gli aveva appena dato un manrovescio.

L’uomo, distogliendo per un momento gli occhi dalla strada, la guardò perplesso, e lei gli disse con aria risentita:

– Ti piaceva quella lì?

Roger, allibito, non capiva di cosa parlasse la moglie, la quale spiegò:

– Quella troia con la minigonna che era ferma al semaforo. Credi che non me ne sia accorta? Pensi di avere una moglie cieca o scema?

L’uomo non sapeva davvero cosa dire: erano accuse ingiuste; lui quella ragazza ferma al semaforo l’aveva a malapena notata, e cercò di farlo capire a Lou.

– Se l’ho guardata, l’ho fatto senza intenzione, te lo giuro – disse; ma la moglie non voleva sentir ragioni.

– Siamo alle solite! – esclamò. – Io l’ho capito che non mi posso fidare di te. Appena volto la testa dall’altra parte, tu sei pronto a saltare addosso alla prima puttanella che ti capita davanti.

– Ma non &egrave vero, Lou! Tu lo sai: ho soltanto te.

– Balle! Intanto, quella lì la guardavi, e con che gusto! Hai il coraggio di negarlo? Che cos’&egrave che ti piaceva di lei, eh? – fece Lou, alzando progressivamente la voce. – Le sue cosce? Ti piacevano quelle gran cosce da troia, tutte abbronzate? Sono questi, i tuoi gusti?

Roger non riusciva a capire cosa le fosse preso: sembrava una furia in cerca di vendetta. E non c’era verso di farle cambiare idea: più lui provava a giustificarsi, e più la moglie s’inalberava.

A un tratto, mentre lei parlava, all’uomo parve di captare un sentore di alcool nel suo alito.

– Perché hai ripreso a bere, Lou? – fece Roger, interrompendola.

Non l’avesse mai detto! A Lou queste parole parvero una specie di affronto.

– Adesso vuoi dare la colpa a me? – disse quasi gridando. – Hai una bella faccia tosta! Te la vuoi cavare così, con la scusa che io bevo? Che cosa vorresti dire? Che sono una visionaria?

– Ma no, però so che ti fa male… Siamo stati così tranquilli, negli ultimi tempi! Adesso perché tutt’a un tratto vogliamo rovinare tutto? Che motivo c’&egrave?

– Il motivo &egrave che tu sei un porco! E vorresti anche passarla liscia?

– Ti giuro che non ho fatto niente.

– Bugiardo! E allora, quelle due ragazze lì al centro commerciale? Vuoi negare anche quelle?

– Ma cosa? Chi? Io non ricordo assolutamente niente. Senti, se tu la smettessi di bere, dico davvero…

Roger non riuscì a terminare la frase, poiché avvertì improvvisamente una sgradevole sensazione nella zona dei genitali: Lou gli aveva appena afferrato le palle e aveva cominciato a strizzargliele, minacciando implicitamente di intensificare la stretta.

– Adesso basta con questa storia che io bevo! – esclamò furente la donna. – Basta, hai capito?

– Sì, certo, Lou, scusami… – fece Roger spaventatissimo, cominciando a sudar freddo.

– Hai trovato la scusa buona per evitare le tue responsabilità, Roger? – lo incalzò Lou, dando un’ulteriore strizzatina alle preziose biglie dell’uomo, tanto per fargli capire che non scherzava.

– No, ti prego, scusami, Lou, mi sono espresso male – mormorò Roger.

– Non lo ripetere mai più: chiaro?

– Sì, come vuoi, Lou.

– E confessi anche di essere un gran maiale?

L’uomo esitava: se avesse risposto la verità, la moglie non gli avrebbe creduto; e se avesse risposto affermativamente, lo avrebbe conciato per le feste.

– Allora, Roger? Me la dici o no, la verità? – insisté Lou, dando un’altra strizzatina.

– Io… – balbettò l’uomo – qualche volta… distrattamente, così, senza intenzione…

– Allora, le guardi o no? – fece la donna, impaziente.

– Sì, le guardo. Perdonami, Lou – bisbigliò il marito, che si sforzava di concentrarsi sulla guida, pur avendo tutti i pensieri rivolti all’incolumità dei propri testicoli, che la moglie teneva, per così dire, in ostaggio.

– A casa facciamo i conti – sibilò Lou, allontanando finalmente la mano dai genitali di Roger, che sospirò per lo scampato pericolo, anche se sapeva che a casa ci sarebbe stato il secondo round.

Aveva appena finito di scaricare i pacchi degli acquisti dal retro del furgone, infatti, quando la moglie si avvicinò, le mani sui fianchi e lo sguardo battagliero, dicendogli:

– Allora, come la mettiamo, Roger? Non ti sei comportato molto bene, oggi.

L’uomo aveva una faccia da cane afflitto, e abbassò lo sguardo.

– Adesso hai anche ammesso che le guardavi, quelle troiette – continuò Lou, – quindi vuol dire che io non sono una visionaria. Mi sembra che tu mi debba delle scuse.

Il marito non fiatava e continuava a tenere gli occhi bassi.

– Sto aspettando, Roger! – fece Lou, piuttosto nervosa. – Tu mi hai dato dell’ubriacona, e adesso voglio le tue scuse.

In quel momento, l’uomo si stava chiedendo: “Ma perché mi deve trattare così? Perché glielo devo consentire?”. Provò quindi un certo risentimento nei confronti della moglie, e si spinse a mormorare:

– Se tu smettessi di bere, le cose andrebbero meglio.

Roger aveva risollevato la testa, e il suo sguardo incrociò quello della donna, che appariva incredulo e indispettito.

– Insisti? – sbottò Lou. – Ancora con questa storia che io bevo? Ancora?

Era davvero adirata e fece alcuni passi per il salone; quindi improvvisamente afferrò un vaso di porcellana e lo scagliò con forza al suolo, gridando:

– Ancora?

Prese poi una pesante sedia di legno e si avvicinò al marito, minacciosa, ripetendo:

– Ancora?

Roger alzò le braccia e le portò al viso, per proteggersi; Lou sollevò la sedia al di sopra della propria testa e la lanciò contro il muro; quando fu caduta per terra, la riafferrò e cominciò a sbatterla con violenza sul muro stesso, finché non la spaccò in vari pezzi. Prese poi una delle gambe della sedia, che si era staccata dal resto, e con quella colpì rabbiosamente il marito ad un fianco.

– Ahi! – urlò questi, piegandosi in due per il dolore.

La donna gli diede un calcio nello stinco, quindi un altro colpo con la gamba della sedia, stavolta nella schiena, e poi ancora un calcio alla caviglia.

Roger finì per terra, lamentandosi per il dolore; la donna sfogò la propria furia dando altri poderosi colpi nel muro con ciò che rimaneva della sedia appena rotta, finché non ne rimasero che frammenti grandi come piattini da caff&egrave. Tornò quindi ad occuparsi del marito, prendendolo nuovamente a calci, benché, steso al suolo, fosse inerme e inoffensivo.

– Ancora, Roger? – urlò Lou. – Ancora con questa stronzata? Non voglio sentirla più! Mai più: hai capito?

Il povero Roger non sembrava avere molto da replicare: si limitava a lamentarsi e a chiederle di chiamare un’ambulanza, in quanto temeva di avere “qualcosa di rotto”.

La donna continuò per un po’ a inveire contro di lui; calmatasi, poi, si decise finalmente a chiamare il pronto soccorso. Per fortuna i medici non rilevarono nulla di grave, tranne un livido sulla schiena e alcuni sulla gamba più bersagliata dai calci di Lou. Erano perplessi e domandarono ai coniugi cosa fosse successo; Roger non se la sentì di dire la verità: non intendeva sporgere una denuncia contro la moglie, anche perché temeva di non essere creduto, o di essere deriso, sia dai conoscenti che dalla stessa polizia.

In ogni caso, l’uomo stette per un giorno in ospedale, per farsi fare tutti gli accertamenti necessari, che gli confermarono semplicemente che era tutto a posto. Quando tornò a casa, trovò Lou apparentemente cambiata, decisamente intrattabile.

– Spero che la lezione ti sia servita – furono le fredde parole con le quali lei lo accolse.

Roger continuava a pensare che la causa degli eccessi della moglie fosse l’alcool; tuttavia non se la sentì di riaccendere la polemica e, per quieto vivere, lasciò che la donna dicesse ciò che voleva, evitando di replicare. Era convinto che si trattasse di una crisi passeggera e che al più presto le cose sarebbero tornate come una volta. Non aveva affatto smesso di amarla: voleva stare con lei ancora e fare di tutto per aiutarla.

In effetti, nei giorni successivi al suo rientro dall’ospedale, la moglie non ebbe altri scatti d’ira; era però diventata, come l’uomo aveva subito notato, più autoritaria e aggressiva. Roger doveva sempre assecondare i suoi voleri ed evitare di contraddirla, altrimenti lei si rabbuiava all’istante, minacciando ritorsioni.

L’uomo – era ormai inutile che se lo nascondesse – aveva paura della moglie, e quando lei si faceva minacciosa, lui sbiancava e cominciava a sudare freddo, temendo che si ripetessero scenate terribili come quella che lo aveva visto soccombere dolorante.

Lou aveva capito benissimo di avere la strada spianata, e ne approfittava per imporre a Roger, giorno dopo giorno, il proprio punto di vista su ogni cosa, estendendo sempre più il proprio territorio, nell’ambito della vita di coppia, fin quasi a cancellare quello del marito.

Roger rinunciò persino a un’usanza alla quale teneva molto, l’uscita con gli amici il venerdì sera, perché Lou aveva posto un categorico veto anche su quella. Lui aveva provato in quell’occasione a ribellarsi, facendole presente che non era un ragazzino e che aveva diritto alla sua vita sociale, ma la moglie gli aveva replicato:

– Tu sei come un ragazzino, Roger, e se ti lasciassi fare, commetteresti una serie di sciocchezze. Perciò dovresti anche ringraziarmi, per come mi prendo cura della tua vita.

Anche nell’intimità, che in fondo rispecchiava l’andamento del loro matrimonio, la donna si era fatta più tirannica ed esigente. Ormai pretendeva “l’omaggio alla passera” non soltanto al mattino, ma anche in altri momenti della giornata; e se Roger non era pronto a soddisfare la sua richiesta, lei si faceva subito dura e aggressiva. Il rituale di questa “cerimonia” si fece poi sempre più articolato. Mentre Roger le baciava la passera, Lou gli faceva alcune domande, alle quali lui doveva rispondere senza staccare la bocca dal sesso di lei.

– E’ questo il tuo bene più prezioso? – chiedeva ad esempio la donna.

Dopo la risposta affermativa di Roger, Lou domandava quindi:

– Lo adori più della tua stessa vita?

– Sì – mormorava l’uomo, la faccia sulle grandi labbra della moglie, che si eccitava sentendo la voce del marito risuonare laggiù.

– Riconosci che a lei devi tutta la tua gioia?

– Sì.

– Ha il diritto di esigere da te qualsiasi cosa?

– Sì, sempre.

– Sei legato a lei da un patto eterno, e non puoi vederne né toccarne altre; non &egrave così?

– Certo.

– E che punizione ti spetta, se infrangi questa promessa solenne?

– Meriterei le peggiori punizioni.

A volte questo gioco intrigava a tal punto i sensi della donna che lei non solo si bagnava copiosamente (il che accadeva sistematicamente), ma addirittura aveva un orgasmo in pochissimo tempo e senza stimolare la vagina.

Quando Roger commetteva qualcosa che a suo parere non andava bene, Lou aveva preso l’abitudine di annunciargli:

– Posso perdonarti solo se rendi omaggio alla passerina.

L’uomo, un po’ per evitare liti spiacevoli e un po’ perché effettivamente eccitato all’idea, preferiva questa scorciatoia, sapendo che placava sicuramente Lou. E così, s’inginocchiava, le abbassava la gonna o i calzoni, poi le mutandine, e incollava la bocca ai suoi genitali, solitamente già densi di umori.

– E’ questo il tuo bene più prezioso? – mormorava Lou, sforzandosi di non rivelare con la voce la propria eccitazione.

– Sì.

– E sai di averlo offeso, con il tuo comportamento?

– Ne sono dispiaciuto.

– Le chiedi umilmente perdono?

– Sì.

– Il perdono te lo concedo soltanto se me la lecchi fino a quando non ti dico di smettere…

In questi casi, la donna, con la scusa che Roger doveva farsi perdonare, lo lasciava inginocchiato a titillarle la passera e il clitoride anche per mezz’ora di fila.

Tutto sommato, il loro matrimonio, nonostante gli atteggiamenti di Lou, ad un certo punto sembrò trovare un nuovo equilibrio, che Roger considerava accettabile, e che di certo non dispiaceva alla moglie.

Ma la calma (relativa) era destinata a non durare. Erano passati poco più di due mesi dalla scenata che aveva fatto finire Roger in ospedale, quando si verificò un altro evento che sconvolse la tregua.
***Avvertenza per i lettori più sensibili: Il capitolo contiene situazioni psicologicamente forti, anche se comunque riferite sempre e soltanto a personaggi di pura fantasia adulti e consenzienti.***


Una sera l’uomo domandò alla moglie i soldi necessari per acquistare un cappotto nuovo e una canna da pesca: infatti, da qualche tempo, Lou gli concedeva, la domenica, di dedicarsi alla pesca, che era il suo hobby preferito.

– Non ti servono un cappotto e una canna da pesca: già ce li hai – lo liquidò la donna, seccamente.

Fece quindi al marito segno di tacere, perché stava vedendo un programma alla televisione. Roger ci rimase però molto male. Andò in cucina per bere una birra, cercando di consolarsi per quella brusca risposta negativa di Lou. Era vero che lui aveva già un cappotto e una canna da pesca, ma il primo cominciava a mostrare segni di usura e la seconda era ormai parecchio malandata. Più l’uomo ci rifletteva e più si convinceva di avere tutte le ragioni per voler fare quegli acquisti.

Tornò quindi in salone, deciso a riprendere il discorso.

– Ti giuro, Lou, non &egrave un capriccio – spiegò: – il mio cappotto ormai &egrave vecchio e rovinato, e la canna da pesca…

– Shh! – lo interruppe nervosa la donna. – Non mi stai facendo sentire niente! Credevo che il discorso fosse chiuso.

Anche Roger cominciò a innervosirsi: perché gli negava quei soldi? Erano suoi, dopotutto! Se li guadagnava onestamente, e aveva pur diritto a fare qualche spesa.

– Senti – tornò dunque alla carica, – non ti sto mica chiedendo la luna. Non andremo certamente in rovina per un cappotto e una canna da pesca! Lo sai che spendo pochissimo per me…

– Stai zitto, Roger, per la miseria! Non vedi che sono davanti alla TV?

– Lou, tu non puoi trattarmi così! – protestò l’uomo. – Io sono tuo marito, e i soldi che ti chiedo sono miei, non dimenticarlo! Non hai nessun motivo per negarmeli. E’ che ti diverti a umiliarmi.

La moglie distolse finalmente lo sguardo dal televisore e lo fissò su Roger: dall’espressione del volto della donna, questi capì che era in arrivo una bufera domestica. Ma era troppo tardi per tirarsi indietro.

Lou sospirò nervosamente – altro cattivo segno – e si alzò dalla poltrona.

– Allora, qual &egrave il problema, Roger? – disse, mettendosi davanti a lui: – siamo capricciosi, stasera?

– Non puoi parlarmi in questo modo, Lou – fece l’uomo: – non sono un ragazzino.

– Sì che lo sei! Hai anche il coraggio di negarlo? Ti metti a fare i capricci, peggio di un marmocchio!

– Non sono capricci! Sono stufo di sentirmi trattato così: sto solo chiedendoti qualcosa a cui ho diritto.

– Ah! Diritto! – ribatté sarcastica la donna. – Adesso li chiami diritti? Hai il diritto di buttare i soldi per comprarti un’altra inutile canna da pesca? E’ questo che stai cercando di dirmi?

– Tu stai dimenticando che i soldi sono miei – le rinfacciò Roger, che ormai non riusciva più a contenere la propria indignazione.

– Di questo abbiamo già parlato, mi pare – disse Lou, – e non intendo tornarci sopra.

– Invece dovremmo proprio farlo – insisté il marito.

– Oh no, che non lo faremo, Roger! Ne ho abbastanza dei tuoi capricci. Ti avverto che mi sto seccando e che &egrave meglio che tu la smetta subito.

– Io non voglio smetterla proprio per niente! – disse Roger, alzando la voce. – Io e te dobbiamo parlare, Lou.

– Te lo dico per l’ultima volta: non alzare la voce – lo ammonì la moglie.

– Ti ho detto che dobbiamo parlare, Lou.

– Comportati bene, Roger: sto perdendo veramente la pazienza…

– Non ti permetto… – cominciò a dire l’uomo, ma non riuscì a finire la frase, perché gli arrivò a bruciapelo un pugno nello stomaco, che gli tolse il fiato.

Non immaginava che la donna sapesse tirare così bene di destro. Prima ancora che lui potesse riflettere su quanto gli stava capitando, Lou lo colpì ancora: stavolta si trattava di un calcio alla caviglia, molto doloroso; e subito dopo Roger ricevette un altro “confetto”, un poderoso sinistro nelle gengive, che gli fece quasi perdere conoscenza. Barcollante, l’uomo raggiunse la poltrona sulla quale sino a poco prima era seduta la moglie, e vi si appoggiò in cerca di equilibrio, ma Lou, messasi alle sue spalle, gli pose un braccio intorno al collo e lo strinse in una sorta di morsa. Era una presa di lotta, molto insidiosa per chi la subiva: tra l’altro, grazie ad essa, la sensazione di mancanza di ossigeno, che già Roger avvertiva dopo il primo pugno, si accrebbe.

La donna dunque lo tirò di lato, con una mossa decisa, facendolo cadere per terra. Gli lasciò andare finalmente il collo, ma in compenso s’inginocchiò velocemente su di lui, immobilizzandogli le braccia con le proprie gambe.

– Ora me la paghi, Roger – fece Lou, guardandolo negli occhi con una certa collera. – Non mi lasci nemmeno guardare in pace la TV, per i tuoi stupidissimi capricci. Ho diritto a qualche momento di relax, e tu fai di tutto per rovinarmelo; ti sembra giusto?

Prima ancora che avesse finito di pronunciare questa frase, colpì con un sonoro schiaffo il viso del marito. Sempre più rintronato, questi la guardò con un’espressione stravolta.

– Ti sembra giusto, eh? – ripeté Lou, e diede un altro ceffone a Roger. – Adesso non hai più voglia di parlare, eh? Hai perso tutt’a un tratto la lingua? – aggiunse irridente.

– Basta, ti prego, Lou – la scongiurò l’uomo, con voce sofferente.

– Dovevi pensarci prima, stronzo! – esclamò la moglie. – Hai anche alzato la voce con me: come ti sei permesso, eh?

E giù un altro ceffone: la donna sembrava in preda a un incontenibile furore, che doveva a tutti i costi sfogare.

– Lou, mi stai facendo male – si lamentò il marito.

– Nessuno può permettersi di alzare la voce con me. Hai capito bene, marmocchio presuntuoso? – disse Lou, afferrando il mento di Roger e forzandolo a sollevare la testa dal suolo.

– Ma Lou, cosa ti prende? Volevo solo parlare in maniera serena e civile – disse lui: – solo parlare, capisci?

– Vorresti che io ti lasciassi buttare i soldi dalla finestra? E’ questo che vuoi? Beh, puoi scordartelo, te l’ho detto mille volte! – esclamò Lou, lasciando andare il mento dell’uomo e aggiungendo: – Voglio sperare che tu abbia capito il messaggio, finalmente. E’ così? L’hai capito?

Roger annuì con aria afflitta.

– Bene, e adesso chiedimi scusa – disse la donna.

Era una situazione veramente imbarazzante e dura da digerire per l’uomo, che dunque esitò un po’.

– Vuoi chiedermi scusa o ricominciamo daccapo? – lo sollecitò minacciosa la moglie.

– Scusami – sussurrò Roger.

– Non ho sentito: parla più forte – infierì Lou.

– Scusami! – disse il marito a voce più alta.

– Umilmente? – soggiunse la donna.

– Sì, umilmente: ti chiedo umilmente scusa – assentì Roger, ormai deciso ad una resa incondizionata.

– E prometti che non mancherai più di rispetto a tua moglie? – fece Lou.

– Sì, te lo prometto.

– Bada di essere di parola. Lo sai cosa capita a chi non mantiene le promesse?

L’uomo annuì, sfinito: ormai desiderava soltanto uscire da quella situazione insostenibile e starsene un po’ a letto per riprendersi dai pugni ricevuti. Gli occhi di Lou irraggiavano una strana e focosa soddisfazione: evidentemente la sua posizione di potere la inebriava. Rimase ad osservare per qualche attimo il marito, e infine sembrò aver concepito un’idea; accostò il dorso della mano destra alla bocca dell’uomo e mormorò:

– Baciami la mano, Roger.

Il suo tono era lascivo e imperioso ad un tempo. Il marito non capiva il senso di quella richiesta, e ne aveva istintivamente paura.

– Mi hai sentito? – fece Lou, tornando a mostrarsi nervosa. – Ti ho detto di baciarmi la mano.

– Perché? – trovò la forza di chiedere Roger.

La donna scosse la testa, con un mezzo sorriso divertito, e mormorò:

– La risposta non ha importanza, Roger. Nelle condizioni in cui sei, qualunque cosa io ti dicessi di fare, tu dovresti farla. Credi di avere un’altra possibilità?

Improvvisamente l’uomo sentì la voglia di piangere, e trattenendo a stento le lacrime, scosse la testa.

– Dài, adesso fai il bravo bambino e baciami la mano – sussurrò Lou con voce dolce.

No, Roger non aveva proprio scelta, in quel momento: lo sapeva bene. Chiuse dunque gli occhi per trattenere il pianto, e baciò il dorso della mano di Lou.

– Anche le dita, Roger – mormorò lei: – voglio che me le baci tutte…

Il marito fece quanto gli veniva chiesto: baciò ad una ad una le dita che Lou gli accostava alle labbra.

– Bravo, ragazzo – commentò la donna: – con questa mano ti ho dato gli schiaffi che meritavi, poco fa, e ora tu me la baci. E’ giusto così: dimostri di aver capito perfettamente come devi comportarti, con me, e riconosci che io avevo ragione. Lo riconosci, vero?

All’uomo tornarono le lacrime agli occhi, ma riuscì a impedirsi di piangere.

– Così mi piaci, ragazzo – fece Lou, mentre Roger continuava a baciarle la mano. – E adesso tira fuori la lingua – aggiunse.

Il marito non si chiedeva più niente e si limitava ad accontentarla. Quando ebbe tirato fuori la lingua, esattamente come un cane, la donna gli ordinò:

– Leccami le dita, ora. Piano.

L’uomo cercò di mostrarsi il più possibile docile, rinunciando a manifestare una propria volontà; leccò le dita della donna con tutta la cura e l’intensità di cui era capace, e si sorprese a pensare come fosse incredibile che quelle stesse dita, piccole e apparentemente fragili, fossero state in grado di fargli tanto male. Fu un pensiero che quasi gli diede un senso di oppressione e sconcerto, dandogli però anche uno strano brivido nella zona del sesso.

– Adesso puoi riprenderti la lingua – gli disse finalmente Lou: per Roger fu un sollievo, perché cominciava a dolergli.

La voce della moglie era di nuovo calma: evidentemente quella pratica aveva avuto l’effetto di placare il suo furore. La donna si alzò, lasciandolo libero, e il marito sospirò sollevato, massaggiandosi le braccia indolenzite, rimaste per tutto quel tempo schiacciate sotto le gambe di Lou. Lei tornò a sedersi in poltrona e riprese a guardare la televisione, come se niente fosse accaduto.

Non appena l’uomo si fu rimesso in piedi, la moglie gli chiese di andarle a prendere una birra in frigo. Era una richiesta fatta con tono rilassato, però aveva tutto il sapore di un vero e proprio comando – o almeno così parve a Roger, che pur avendo la sensazione di scendere ancora più in basso nell’abisso della perdita della sua dignità, si assoggettò a soddisfare senza protestare il volere di Lou. Mentre prelevava la lattina dal frigorifero, l’uomo sentiva ancora le proprie ginocchia tremare per la tensione; s’impose però di ritrovare la serenità e tornò in salone; rimase poi lui stesso sorpreso quando, nel porgere la birra alla moglie, sentì improvvisamente un brivido di eccitazione, che gli fece drizzare il membro.

Non sapeva spiegarsi il motivo della reazione del suo corpo: era come se una parte di lui si fosse totalmente arresa alla situazione e chiedesse alla sua mente di adagiarvisi docilmente, senza più opporre resistenza. Lou, dal canto suo, prese la lattina che il marito le porgeva, degnandolo appena di un’occhiata di condiscendenza, senza dirgli neppure: “Grazie” e tornando subito a indirizzare lo sguardo verso lo schermo televisivo.

Roger aveva l’impressione di aver toccato il fondo e desiderava starsene un po’ da solo; ma appena si diresse verso la porta, la moglie lo richiamò:

– Perché te ne vai? Resta qui con me.

Anche questa era una richiesta pacata, che aveva l’aspetto di un semplice invito; eppure l’uomo sentiva che in realtà si trattava di altro: era un chiaro ordine, e lui non doveva discuterlo. Tuttavia provò a spiegare le proprie ragioni:

– Andavo a mettermi sul letto, mi sento distrutto.

Lou lo osservò per un attimo e replicò:

– Puoi andarci anche dopo, Roger. Adesso stai con me.

Il tono era cortese, ma l’uomo aveva notato che mancava una parte fondamentale, nella frase: la moglie non aveva aggiunto infatti: “Per favore” – perché, non c’era da ingannarsi, si trattava appunto di un ordine. E guai a trasgredirlo. Roger quindi si rassegnò a sistemarsi su una poltrona, non vicina a quella su cui sedeva Lou. Avvertì di colpo una grande stanchezza, e gli si chiusero gli occhi: era certamente effetto della tensione accumulata, dalla quale finalmente l’organismo cercava di riprendersi.

Era già sulla soglia del dormiveglia quando udì distintamente la voce di Lou; i suoi sensi si misero subito in allarme, come se intuissero che sarebbe stato pericoloso non ascoltare cosa stesse dicendo la donna.

– Ehi, Roger – fece lei, – perché non mi vai a prendere un bel sandwich in cucina? Sai dove stanno, vero? E giacché ci sei, prendimi anche un’altra birra…

Come se davvero non stesse aspettando altro che quelle richieste, Roger scattò su come una molla e andò in cucina. La paura gli era passata, perlomeno nella sua forma acuta, ed era subentrata la rassegnazione, la quale si alimentava di una paura meno aggressiva ed evidente, che restava a vigilare nei bassifondi del suo animo, pronta a manifestarsi ad ogni minimo segnale di pericolo.

Nel prendere il sandwich che lui le porgeva, la moglie gli sfiorò una mano, come per una fugace carezza, e a Roger quel contatto apparentemente tenero fece uno strano effetto, che lui non si attendeva: lo fece tremare, sia pure per pochi istanti. Se ne vergognò e sperò che Lou non se ne fosse accorta, come del resto sembrava. Non era stata senz’altro una reazione voluta: era il suo corpo che, contro la sua stessa volontà, temeva quello della moglie, come un pericolo da cui guardarsi, come una medusa urticante.

Roger si sedette di nuovo in poltrona, senza riuscire, stavolta, a trovar sonno. Pensava comunque che, almeno per quella sera, le sorprese fossero finite: ma non era così. Al momento di andare a dormire, lui si era rannicchiato in un angolo del letto, mentre la moglie era ancora in bagno. L’aveva poi sentita arrivare nella stanza, e al solo udire i suoi passi aveva avuto un fremito nervoso. L’uomo aveva gli occhi rivolti al comodino e aveva sentito alle proprie spalle il fruscio delle coperte, intuendo che Lou si era messa a letto; ma non aveva voluto neppure guardarla, seguitando a darle le spalle. Era inquieto e sperava di prendere presto sonno.

Ad un tratto, però, sentì la mano della donna posarsi sul suo fianco, e mentre cominciava ad accarezzarlo attraverso il pigiama, lei mormorò:

– Roger, perché non ti volti?

Secondo lei dunque, rifletté l’uomo, non era successo nulla, tra loro; come faceva Lou a non capire che lui quella sera aveva solo voglia di essere lasciato in pace? Era già tanto se non era andato a dormire sul divano, nel salone. La mano della moglie continuava però ad accarezzargli il fianco, e ad un certo punto, poiché lui sembrava non volerle dar retta, la sentì scivolare pericolosamente verso il basso, accompagnata dal fruscio della stoffa del pigiama.

La mano di Lou era andata a finire sul sedere di Roger e lo accarezzava languidamente, ma questi non apprezzò l’iniziativa: anziché un gesto di tenerezza e complicità, gli parve una violazione del suo corpo e del suo animo. “Come fai a non capire che stasera non ti desidero?” avrebbe voluto dirle l’uomo; invece usò altre parole per farle capire il proprio stato d’animo:

– Lou, dài, ho sonno stasera, sono molto stanco…

Ma la donna, continuando a passargli la mano sul pigiama, all’altezza dei glutei, replicò:

– Roger, girati, non capisci cosa cerco di dirti?

– Lou, ti prego, non mi sembra il caso.

– Ma perché non ti volti almeno a guardarmi in faccia? Sono tua moglie!

Anche un semplice gesto, come quello di girarsi verso Lou, quella sera pareva pesare troppo a Roger; eppure, per quieto vivere, cedette e si voltò.

– Che cos’hai? – gli chiese la moglie, scrutando i suoi occhi, come se volesse penetrare nei suoi pensieri.

– Sono stanco, ho solo voglia di dormire. Mi sento ancora scosso – confessò con sincerità l’uomo.

La donna fece con la testa un cenno di disapprovazione.

– E’ stata tutta colpa tua, lo sai. Con quei discorsi mi hai provocata, mi hai fatto arrabbiare… Comunque mi hai chiesto scusa, quindi hai ammesso di avere torto, non parliamone più.

– Okay, però adesso dormiamo – fece Roger, disponendosi a voltarsi nuovamente dall’altra parte.

– Aspetta – disse Lou, mettendogli una mano sulla spalla, – io credo che dimentichi qualcosa.

– Che cosa? – domandò l’uomo, senza alcun entusiasmo.

– La mia passerina vuole un omaggio, stasera.

Roger non credeva alle proprie orecchie! Ma cosa pretendeva, Lou, dopo averlo trattato in quel modo? Eppure la donna era proprio convinta di quel che diceva; infatti sollevò la propria camicia da notte, fino a scoprirsi i genitali. L’uomo osservò incredulo la scura intimità della moglie, che gli apparve per la prima volta famelica e minacciosa, come un’ombra che incombeva sulla sua serenità, pronta a fagocitarla.

Roger ebbe quasi un moto di ribellione, ma non osò sottrarsi al compito: non ne aveva le forze, dopo tutto ciò che gli era capitato quella sera. Si chinò dunque sulla vulva di Lou, e ad occhi chiusi, affondando la bocca nella sua odorosa selva pubica, scoccò un bacio, distratto e svogliato, come se compisse un dovere che gli pesava. Poi si sollevò e si stese nuovamente al proprio posto, la testa sul cuscino.

– Roger – sussurrò la donna, con deluso stupore, – hai già finito? Io veramente mi aspettavo qualcosa di più…

Il marito non disse nulla, lo sguardo puntato al soffitto.

– Ho capito, stasera hai bisogno di un po’ d’incoraggiamento – commentò Lou: – lascia fare a me.

Ciò detto, si spostò, andandosi a mettere a cavalcioni sul ventre di Roger, che rimase dov’era, senza battere ciglio. La donna s’impadronì dell’arnese virile del marito, tirandolo fuori dall’apertura dei pantaloni del suo pigiama e cominciando poi a manipolarglielo rapida e impaziente. Ma l’uomo stavolta non si sentiva coinvolto dal gioco e, anzi, viveva quell'”assalto” erotico della moglie come un ennesimo sopruso, sicché non riusciva ad eccitarsi, nonostante tutta la buona volontà e l’ardore manifestati da Lou. Poiché quest’ultima era, al contrario del marito, eccitatissima, cominciò a sentirsi frustrata nel constatare che le sue manovre non ottenevano risultato.

– Ma tu non collabori! – rinfacciò nervosa all’uomo.

– Cosa vuoi, Lou? – fece Roger. – Te l’ho detto che mi sento stanco e avvilito, stasera.

– Ma lo fai apposta? Vuoi farmi incavolare un’altra volta? – lo incalzò Lou, che stava di nuovo perdendo la calma.

– Ti prego, Lou: lasciamo perdere, per stasera; non me la sento…

– Ma che razza di uomo sei, eh? Non sei capace di soddisfare a letto tua moglie?

– E’ anche colpa tua, in fondo: dopo che mi hai trattato in quel modo, cosa pretendi? – le rinfacciò Roger.

Ma la moglie non amava certo sentirsi incolpare da lui, e così s’inalberò ulteriormente.

– Cosa ce l’hai a fare, questo uccello? Lo tieni solo per abbellimento, in mezzo alle gambe? – fece la donna, sprezzante e irridente, sbatacchiando da destra a sinistra l’oggetto del contendere, che rimaneva moscio e come spaurito, sul pube del marito.

Questi, mortificato e umiliato, replicò a mezza voce:

– Non sono mica una macchina, io; non funziono a gettoni, ho bisogno di calore umano…

– Ma stai zitto, incapace! Stai avendo il potere di farmi arrabbiare di nuovo! – esclamò Lou, che continuava impietosamente a sbatacchiare il sesso di Roger, sperando forse in un repentino risveglio. – E te ne stai anche tranquillo, là, con quella faccia da pesce lesso, come se la cosa non ti riguardasse? – aggiunse la donna, inviperita. – Ehi, dico a te, femminuccia! Non sei proprio capace di fare l’uomo, stasera, e di soddisfare tua moglie?

– Lasciami in pace, Lou – fece Roger, tra l’offeso, il rassegnato e l’indolente.

– Un accidente! – esclamò la donna. – Adesso ti aggiusto io, così impari a campare. Mi hai completamente rovinato la serata. Alzati!

Così dicendo, Lou lasciò finalmente il membro dell’uomo e scese dal letto.

– Alzati! – ripeté, in tono ancor più deciso. – Visto che sei una femminuccia, e non un uomo, dobbiamo fare qualche cambiamento. Alzati, ti ho detto, per la miseria!

Lou sembrava veramente fuori dai gangheri, e stava in piedi, le braccia conserte, accanto al lato del letto occupato da Roger, il quale capì che non poteva sfidare oltre la pazienza – limitata – della moglie, e scese a sua volta dal letto, a piedi scalzi, con una faccia mortificatissima.

– A quanto pare, il fringuello non ti si drizza più – fece sarcastica e spietata la donna, indicando il pube del marito: – &egrave così o no, Roger? Rispondi.

L’uomo pronunciò un debole “Sì” a testa bassa. Non poteva certo negare l’evidenza; e meno che mai davanti alla moglie infuriata.

– Bene – riprese Lou, – e questo sai cosa vuol dire? Che non sei certamente più un uomo, come pretendi di far credere. Sei una femminuccia, Roger, l’ho detto; e perciò devi metterti addosso qualcosa di più adatto alla tua nuova condizione.

Il marito guardò Lou negli occhi con aria disorientata.

– Non meriti di portare ancora addosso quel pigiama da uomo – dichiarò la moglie, – visto che uomo ora non sei.

Dopo queste parole, con gesto rapido la donna si sfilò di dosso la camicia da notte, di foggia smaccatamente femminile e vezzosa, la gettò sul letto e indicandola aggiunse:

– Quella &egrave la roba adatta per te. Adesso togliti il pigiama e infilatela.

Roger indugiò per qualche attimo, incredulo; ma capì che Lou non scherzava affatto e che non era proprio il caso di contraddirla. Si sfilò dunque il pigiama e, arrossendo fino alle orecchie, indossò la camicia da notte della moglie, carica del suo profumo. Lou a sua volta afferrò il pigiama del marito e se lo mise addosso.

– Ti sembra strano? Io credo proprio che qui dentro i pantaloni spettino a me, e stasera ne ho avuto la definitiva conferma – dichiarò la donna, con un tono che rivelava, ad un tempo, orgoglio e disprezzo.

Sembrava che non avesse ancora smaltito la rabbia per non essere stata soddisfatta eroticamente dal marito; tuttavia, la punizione che gli aveva imposto era riuscita perlomeno a regalare al suo volto un mezzo sorriso di maligno compiacimento, accrescendo anche la sua eccitazione.

– E adesso, visto che ci tenevi tanto, puoi spegnere la luce e fare la nanna, femminuccia – commentò Lou, quando si furono rimessi a letto.

Quella frase risuonò a lungo nella mente ferita dell’uomo, che solo a notte inoltrata riuscì a prendere sonno. Si svegliò molto presto la mattina, e si meravigliò lui stesso nell’accorgersi che aveva un’erezione. In effetti, la sera prima aveva temuto di aver perso irrimediabilmente la virilità, e le parole della moglie non lo avevano certo aiutato. Si sentì quindi rinfrancato; tuttavia, quando focalizzò l’attenzione su ciò che indossava, perse subito il buonumore.

Dal bagno provenivano dei rumori: Lou infatti si era già alzata. Roger scese dal letto e, ancora mezzo insonnolito, si diresse in cucina, a preparare la colazione. Poco dopo lo raggiunse la moglie, che dopo essersi stropicciata gli occhi, lo guardò con un sorrisetto beffardo e gli domandò:

– Come sta la femminuccia stamattina?

L’uomo a sua volta la guardò con aria rassegnata; vedere il proprio pigiama addosso alla moglie gli fece uno strano effetto, che non avrebbe saputo definire: un miscuglio di frustrazione, sorpresa e sottile eccitazione – quest’ultima sfumatura lui non voleva ammetterla, eppure lo destabilizzava.

I coniugi sedettero al tavolo della cucina e cominciarono in silenzio a consumare la colazione. Ad un certo punto Roger si alzò per prendere il caff&egrave, e Lou notò qualcosa: ma certo, non poteva sbagliarsi: quel curioso rigonfiamento nella vezzosa camicia da notte che aveva imposto al marito doveva essere per forza causato da un’erezione – e piuttosto consistente, per giunta. Stuzzicata da quell’inattesa visione, e ancora pungolata dal desiderio che non aveva potuto soddisfare la sera precedente, la donna sentì il proprio sesso entrare in ebollizione.

– Roger, vieni un po’ qua – disse, e già sentiva la vulva bagnarsi.

L’uomo le si avvicinò, incerto e imbarazzato dall’eccitazione di cui non riusciva a comprendere l’origine, e che non riusciva a dominare o almeno a nascondere. Lou commentò, sfiorandogli in maniera maliziosa e accattivante, con la punta delle dita, il prorompente organo virile attraverso la stoffa della camicia da notte:

– Cosa c’&egrave? Hai avuto un ripensamento e hai deciso di tornare a essere un uomo?

Roger arrossì e non rispose, non sapendo come comportarsi.

– Bene, bene: sono proprio contenta del tuo ravvedimento – aggiunse la moglie: – si vede che la mia terapia ha fatto effetto.

Mentre diceva questo, accarezzò morbidamente, con l’indice, la punta dell’uccello del marito.

– Stenditi là – mormorò di colpo la donna, in tono perentorio, indicando il pavimento davanti a sé.

Roger fece quanto lei aveva chiesto, e Lou, abbassandosi i calzoni del pigiama, aggiunse, con lo stesso tono che non ammetteva repliche:

– Sollevati la camicia da notte… Sì, così, fino al collo.

Ora l’arnese dell’uomo era completamente allo scoperto, e non si trattava più di intuire: l’erezione si vedeva eccome, in tutti i suoi dettagli.

– Mm – fece la moglie, – ho proprio l’impressione che questa giornata comincia bene. Il tuo fringuello si &egrave svegliato di buonumore.

Roger avvertiva dietro la schiena la durezza del pavimento e anche la sua freddezza, in parte attutita dalla camicia da notte; ma la sua attenzione era concentrata su Lou, che ora si stava accovacciando sul suo corpo. La donna sembrava impaziente di rifarsi della forzata astinenza della notte precedente e s’impadronì subito dell’uccello duro del marito, cominciando a strofinarselo sulle labbra della passera e sul clitoride. Roger la lasciava fare, estasiato, anche perché felice di poter nuovamente contare sull’efficienza del proprio pene.

– Oh, che bellezza, Roger! – esclamò Lou. – Ora sì che ti riconosco. Non ti sei affatto arrugginito…

Intanto continuava a far viaggiare il glande del marito, pieno di voglia, lungo le strade del suo boschetto scuro. Senza preavviso, e con evidente voracità, infilò finalmente l’uccello nella sua umida guaina, e prese a fare su e giù, in maniera che quello la penetrasse sempre più a fondo ed energicamente.

– Ooh! – esclamava la donna oscenamente, ad ogni affondo. – Ma che brava, la mia femminuccia; che bella sorpresa mi ha fatto stamattina – commentò a un tratto, forse intuendo che il marito sarebbe stato stimolato ulteriormente dalle sue parole.

E infatti Roger si sentì immediatamente, con suo grande stupore, ancora più eccitato: gli sembrava addirittura che il membro gli stesse per scoppiare, duro e teso com’era diventato. Gli piaceva dunque essere trattato in quel modo da sua moglie? La mente dell’uomo non poteva razionalmente accettarlo, anche se la parte più profonda e oscura del suo essere gradiva senza riserve quella situazione.

Lou continuava a cavalcarlo con vera foga, e addirittura si divertì ad esclamare, mentre il pene di Roger entrava e usciva dalla sua intimità di donna:

– Ohp, ohp, andiamo, cavallino! Il tuo cavaliere vuol godere tanto, grazie a te…

L’orgasmo la sorprese in pieno galoppo, e fu straripante, tanto che la donna emise alcune focose grida, che ostentavano impudicamente la profondità del suo piacere. Roger la seguì a ruota, sentendo il suo sesso spruzzare una discreta quantità di seme e donare alla sua mente un senso di benessere e di beata spossatezza.

Il rapporto con Lou dava ancora i suoi frutti: quella donna, nonostante il suo comportamento, sapeva portarlo all’estasi – o forse era proprio la rudezza di Lou a toccare dentro di lui, come nessun’altra, la segreta corda di un piacere appagante, in grado di rispondere totalmente al suo desiderio. Comunque stessero le cose, Roger capiva di non poter fare a meno di lei. L’amava, non c’era dubbio, per quanto questo potesse suonare strano, visto dall’esterno.

Lou, dal suo canto, aveva la sensazione di aver goduto più intensamente che mai, e ciò si stava verificando da un po’ di tempo, in una sorta di escalation: più lei espandeva il proprio territorio, a danno di quello del marito, e più la loro intesa erotica si perfezionava, facendosi addirittura “stellare” (era questo l’aggettivo che le veniva in mente, negli istanti in cui, stesa sul tappetino della cucina, si riposava dalle fatiche dell’amplesso, fumando una sigaretta). Decise dunque d’intensificare la propria offensiva psicologica, cingendo d’assedio l’uomo con le proprie provocazioni irriguardose.
Qualche giorno dopo, Lou chiese a Roger di trasportare al piano di sopra, in camera da letto, un televisore che lei aveva portato con sé dalla città, quando era andata a vivere con lui, e che ora se ne stava su una mensola del ripostiglio a prendere polvere.

– Mesi fa dicesti che l’avresti portato su, per poter guardare qualche film a letto, ma poi non l’hai mai fatto – rinfacciò la donna al marito.

Non potendosi più sottrarre a questa incombenza, Roger si diresse, con qualche perplessità, nel ripostiglio. La sola vista di quell’enorme apparecchio televisivo da 21 pollici, di quelli massicci di un tempo, lo mise in agitazione. Ce l’avrebbe mai fatta a trasportarlo? Avrebbe dovuto addirittura salire le scale, con quel peso in braccio: si profilava come un’impresa impossibile…

Eppure la moglie glielo aveva chiesto con una certa energia, e lui sapeva che era meglio non contrariarla. Sospirando, Roger si avvicinò quindi alla mensola sulla quale si trovava il televisore: questo era praticamente all’altezza della sua faccia, e l’uomo lo cinse con le braccia, un po’ goffamente, preparandosi a sollevarlo. Lou, sulla porta del ripostiglio, osservava le sue manovre, con aria sorniona e le braccia conserte, come per dire: “Vediamo un po’ cosa combini…”

Roger applicò tutta la propria forza per riuscire nell’intento, e con grande fatica arrivò a sollevare il televisore dalla mensola di un paio di centimetri; con un ulteriore sforzo, che gli fece gonfiare le vene del collo e gli rese paonazzo il volto, l’uomo riuscì poi a girarsi su se stesso, col peso saldamente tra le braccia, e provò a fare qualche passo verso la porta dello stanzino. Ne aveva fatti non più di tre, quando ebbe la sensazione di essere al limite delle forze: quel maledetto aggeggio pesava veramente troppo e le sue braccia non sarebbero state in grado di sostenerlo ancora a lungo.

Col televisore stretto a sé, che quasi gli schiacciava il viso, Roger sbuffava per la fatica e cercava di sistemare meglio le braccia, sperando di trovare una posizione più favorevole. Fece ancora un paio di passi, e di colpo gli sembrò che l’apparecchio stesse letteralmente per scivolargli dalle mani; quindi l’uomo si accostò alla parete, e appoggiando il televisore contro questa, riassestò le braccia, in un tentativo disperato di abbrancare in modo più sicuro e saldo l’oggetto.

Sbuffando maledettamente, Roger si voltò ancora verso la porta e, con due brevi passi, finalmente la raggiunse; Lou lo attendeva poco oltre la soglia e non smetteva di osservarlo. L’uomo sentiva le braccia affaticate e quasi doloranti e ormai aveva la certezza che l’impresa fosse superiore alle proprie forze; tuttavia s’impose di non cedere, e muovendosi con molta cautela, riuscì a fare ancora quattro o cinque passi, grazie ai quali raggiunse uno sgabello molto basso, che si trovava nel corridoio.

Ormai esausto, Roger colse quell’opportunità come una salvezza, e appoggiò il televisore sullo sgabello; fatto ciò, si massaggiò le braccia indolenzite e commentò, rivolto a Lou:

– Pesa un quintale, mi sto quasi spezzando le braccia.

La moglie gli chiese, sempre col suo sorriso sornione:

– Pensi di farcela a portarlo su?

– Ma sì! – fece Roger, che ormai aveva preso la cosa come una sorta di sfida.

Di lì a poco, sentendosi riposato, si chinò per riprendere fra le braccia il televisore, ma stavolta, dato che questo si trovava più in basso, risultò molto più difficile, alle sue braccia già “provate”, sollevarlo. L’uomo provò ad agguantarlo mettendovi le mani sotto, e lo alzò dallo sgabello di tre o quattro centimetri: questo voleva dire che avrebbe dovuto trasportare il peso col busto piegato in avanti. Era davvero un’impresa disperata; Roger fece in quelle condizioni un paio di passi, ma si capì subito che non sarebbe andato lontano.

Prontamente gli si avvicinò allora la moglie, dicendo:

– Via, non ce la fai: ti aiuto io.

Roger avrebbe voluto replicarle: “Non ti preoccupare, ce la faccio”, ma la realtà era diversa dai suoi desideri; e così lasciò che Lou afferrasse a sua volta il televisore da dietro. In due, riuscirono a sollevarlo di più, e l’uomo non fu più costretto a stare chino. Fecero alcuni passi così, lui camminando in avanti e lei all’indietro (voltandosi di tanto in tanto per guardare dove avrebbe messo i piedi). Poi la donna disse:

– Di questo passo, in camera da letto ci arriveremo domani. Lascia fare a me: tu sei stanco, non ce la fai più, riposati.

– Ma no, Lou, ce la faccio. E poi, da sola non puoi riuscire a trasportarlo fin su – disse Roger.

La moglie lo guardò con aria di divertita sfida, e replicò:

– Tu dici? Adesso ti faccio vedere che ti sbagli. E senza di te andrò anche più veloce…

Lou afferrò quindi più saldamente il televisore e, prendendo il peso interamente su di sé, lo sollevò ulteriormente, sino a portarlo all’altezza del proprio petto; poi si voltò su se stessa e s’incamminò verso le scale. I suoi passi erano più spediti di quelli che aveva fatto Roger reggendo lo stesso peso, e lo sforzo si manifestava appena sul suo viso: la fatica sembrava dunque non essere eccessiva, per le sue forze.

Il marito rimase attonito a guardarla: conosceva vagamente la forza di Lou, ma non aveva sino ad allora immaginato che raggiungesse quel livello, e che, soprattutto, lei fosse tanto più forte di lui. Ancor più sorpreso l’uomo rimase quando vide che la moglie, raggiunte le scale, cominciò a salirle senza grossi problemi, pur reggendo tra le braccia quel massiccio televisore: dentro di sé Roger sapeva bene che lui, al suo posto, non ce l’avrebbe fatta, se non salendo un gradino alla volta e appoggiando continuamente l’apparecchio qualche scalino più su.

– Aprimi la porta della stanza, Roger – disse Lou, e l’uomo salì a sua volta le scale, precedendola, e l’attese nella loro camera da letto.

Poco dopo, la moglie comparve sulla soglia, dicendogli:

– Libera quella mensola, Roger: lo mettiamo lì.

Il marito fece quanto lei gli aveva chiesto, e la donna sistemò finalmente il televisore dove desiderava. Dopo che lo ebbe poggiato sulla mensola, si sfregò le mani, come per liberarsi della polvere, e commentò:

– Missione compiuta: hai visto?

Il marito non riusciva a nascondere il proprio stupore e sollevò le sopracciglia, come per dire: “Accidenti!”. Lou sorrise fiera e spiegò:

– Tu forse dimentichi che ho lavorato per un bel po’ di anni in un deposito merci, e mi capitava quasi ogni giorno di dovere spostare pesi di ogni genere. L’allenamento c’&egrave, e si vede!

L’uomo si sentiva ancora una volta imbarazzato e al tempo stesso eccitato al cospetto di sua moglie, e cercava di non darlo a vedere.

– Beh, complimenti, devo riconoscere che sei proprio forte! – si limitò a constatare, cercando di conservare un tono neutro.

Ma la donna mise subito il dito nella piaga del suo orgoglio, osservando:

– Tu non ce l’avresti fatta, ammettilo. Lo sappiamo tutti e due che, in questa casa, certe cose le so fare solo io. Non &egrave così, Roger?

Il marito non poteva certo negare l’evidenza, dopo una dimostrazione del genere: lui aveva appena arrancato, con quel televisore tra le mani, e lei l’aveva trasportato nel vero senso del termine. Roger, quindi, a malincuore e a occhi bassi, annuì.

– E allora – lo incalzò Lou, – chi di noi due &egrave la femminuccia, Roger?

L’uomo non voleva rispondere e rimase a testa bassa.

– Lo sai benissimo – continuò Lou: – non c’&egrave bisogno che lo ripetiamo, no? La vera femminuccia qua dentro si chiama Roger. Io sono una donna, il che &egrave diverso…

Lei sembrava divertirsi nel tormentare così il marito, e sentiva che, in quei momenti, il clima fra loro si faceva elettrizzante e denso di energia erotica.

– A chi spettano i pantaloni, qui dentro? – domandò ancora. – Alla femminuccia o alla donna?

Neppure stavolta il marito volle rispondere alla provocazione, ma sentiva che l’imbarazzo si fondeva sempre più con l’eccitazione, sino a formare nel suo animo una massa unica e indistinguibile.

– Anche questa risposta la sai, vero? – sorrise sorniona la donna. – Certo che la sai, perché sei intelligente, Roger – continuò, – e siccome sei intelligente, capisci bene che, se le cose stanno come dico io, dobbiamo prendere alcune misure per adeguarci a questa realtà.

La mente dell’uomo sembrava in quel momento in preda ad un turbine, e lui non capiva bene quello che stava dicendo la moglie.

– Che misure? – mormorò smarrito.

– Adesso vedrai: cominceremo subito – gli annunciò Lou, che, seduta sul letto, si mise ad armeggiare nel cassetto del proprio comodino.

– Ecco qua, Roger – fece poi, voltandosi soddisfatta e allegra verso il marito, con alcuni oggetti tra le mani: – visto che sei una femminuccia, non puoi continuare ad andartene in giro così, con quei peli dappertutto. Non sta bene!

– Come sarebbe a dire? – balbettò l’uomo, sentendosi gelare.

– Dai, Roger, l’hai capito benissimo: sei intelligente. Adesso verrai con me in bagno, e farai il bravo… anzi, la brava.

La donna sorrise, sempre più allegra; ma il marito sentì un brivido attraversargli la schiena: come poteva accettare questo? Dove voleva arrivare? Tenne quindi duro e replicò:

– No, Lou, &egrave fuori discussione. Credo che lo scherzo sia durato anche troppo.

– Quale scherzo? – fece la moglie, alzandosi e andandogli incontro. – Io sto parlando sul serio, Roger: vuoi forse negare di essere una femminuccia, tu?

– Smettila, Lou: dovresti avere più rispetto di tuo marito!

– Ti ho appena dimostrato che sei sul serio una femminuccia: l’hai già dimenticato?

– Senti, Lou, ti ho detto di smetterla: non mi diverte, questo gioco, okay?

– Non usare quel tono con me, femminuccia! – esclamò la donna, cominciando a farsi seria: – tu a me non dici affatto di smetterla, chiaro? Io continuo quanto mi pare. O hai qualcosa in contrario?

Così dicendo, Lou prese a battere la mano destra, chiusa a pugno, contro il palmo aperto della sinistra, con fare nervoso e minaccioso.

– Non mi fai paura, Lou. Stavolta non cedo alle tue minacce. Devi capire che a tutto c’&egrave un limite – disse Roger, ma bluffava: la paura la provava eccome!

– Sei più carino quando ti arrabbi – commentò Lou, e si avvicinò ancora al marito; lui fece istintivamente un passo indietro, e lei sogghignò.

– Lo sai che mi basta dartene uno bello forte per stenderti a terra e fare lo stesso ciò che voglio – mormorò la donna, appoggiando una mano chiusa a pugno contro lo stomaco di Roger.

L’uomo, a quel contatto, ebbe un moto d’incontrollabile terrore.

– Sì che lo sai – aggiunse Lou, – perché sei intelligente e perché sai che qui non sei tu ad avere le palle.

Ciò detto, agguantò fulmineamente i testicoli del marito.

– Queste ce le hai solo per abbellimento, Roger, e lo sappiamo bene – sussurrò la donna: – in realtà non contano niente, perché &egrave tua moglie che le ha al posto tuo, e sono belle grosse, anche se non si vedono…

La mano di Lou continuava a dare strizzatine ai testicoli di Roger, il quale era paralizzato dalla paura, temendo che la moglie, da un momento all’altro, potesse stringere più forte.

– E allora, che fai? Vieni in bagno con me, oppure devo trascinartici?

Lou strizzò ancora le palle del marito, aumentando leggermente l’intensità della stretta, e tanto bastò a persuadere Roger ad essere ragionevole.

– Okay, andiamo – mormorò a occhi bassi quest’ultimo.

– Spogliati completamente – ordinò la donna, quando furono in bagno.

– Ma che hai intenzione di fare, precisamente? – domandò preoccupato Roger.

– Tu lasciami fare, okay? – rispose Lou: – So io di che cosa ha bisogno, una femminuccia come te.

Ormai rassegnato – e non avendo di fatto altra scelta – Roger si spogliò e rimase in attesa; la moglie lo squadrò attentamente, facendolo sentire ancor più a disagio, e gli ordinò di fare un giro su se stesso, per farsi guardare meglio.

– Però! – esclamò Lou infine. – Hai veramente troppi peli addosso: &egrave ora che tu te li tolga. Vieni qui!

– Vacci piano, Lou! – la implorò il marito.

– Non sentirai niente, stai tranquillo – sorrise la donna.

Con pazienza e metodo, si applicò alla depilazione generale di Roger; l’uomo poté constatare, osservando il volto della moglie, quanto piacere lei ricavasse da quell’attività. Lou si concentrò per prima cosa sui peli delle gambe e delle braccia, quindi su quelli del petto.

Quando arrivò a depilargli le ascelle, Roger ebbe un moto d’insofferenza e disse:

– Dai, ti prego, adesso basta!

Ma la moglie, appoggiandogli una mano a pugno contro lo stomaco, replicò:

– Fai ancora i capricci? Credevo ci fossimo capiti.

Brontolando, l’uomo sembrò accettare la propria sorte e lasciò che la donna gli estirpasse anche i peli delle ascelle. Quelli pubici, Lou li aveva riservati per il gran finale, e sino all’ultimo momento Roger sperò che non glieli toccasse.

Invece Lou, prendendogli delicatamente in mano i genitali, annunciò:

– E adesso il momento clou… la parte più importante, signore e signori!

Il marito sbiancò e disse:

– Ma come? Che vuoi fare, Lou? Almeno lì no. Almeno lì no, ti prego!

La donna sorrise, e scuotendo la testa commentò:

– Invece &egrave proprio questa la parte fondamentale: non possiamo rinunciarci per niente al mondo, Roger. Una femminuccia che si rispetti non porta tutto questo pelo, qui. E che porcheria &egrave?

Il marito sapeva che ribellarsi sarebbe stato inutile; ma vedere Lou che, tenendo con una mano i testicoli e il pene, armeggiava con l’altra intorno al suo pelo intimo, cominciando a sfoltirglielo, lo destabilizzò: era come perdere davvero uno dei simboli della sua virilità. Benché nervoso, tacque, ormai rassegnato. Ad un tratto, il suo corpo lo tradì perfino, scombussolandolo ulteriormente: infatti il suo uccello, adagiato sulla mano di Lou, cominciò lentamente a risvegliarsi.

– Uh-uh! – commentò divertita la donna. – Come mai questo soprassalto di orgoglio, proprio adesso? Mi rendi il lavoro più difficile… anche se eccitante.

L’uomo arrossì, e fu tentato di dire: “Io non c’entro… Non sono io che lo voglio”; ma gli sembrò poco dignitoso, e lo tenne per sé.

Di tanto in tanto, Lou gli lanciava occhiatine maliziose, e lui faceva spallucce, facendole capire che non riusciva a controllare la propria erezione. Ad ogni modo, la depilazione fu portata a termine; la donna, contemplando la propria opera, proclamò soddisfatta:

– Ora sì che sei una perfetta femminuccia! Sono fiera di te!

Così dicendo, batté una mano sulla spalla del marito. Poi fece scendere la mano fino al pube, e carezzò proprio la zona che prima era ricoperta di folta peluria, commentando:

– Sei proprio rosea e candida, come devi essere; e anche queste cosce – aggiunse facendo scendere ancora la mano – sono proprio lisce e morbide, esattamente come le merita una magnifica femminuccia come te.

Roger aveva quasi esaurito le proprie riserve di rossore facciale, e se ne stava a occhi bassi, come sconfitto, senza dir niente.

– Adesso invece ti faccio vedere un’altra cosa – mormorò poi Lou, e si abbassò i jeans e le mutandine; indicando la copiosa selva scura che ornava i propri genitali, aggiunse: – Questo &egrave l’unico pelo che deve esserci, in questa casa, per ricordarti sempre che sono io, di noi due, quella che ha diritto ad averlo. Tu che ne dici, Roger?

L’uomo non sapeva bene cosa rispondere.

– Solo chi ha veramente le palle può portare il pelo qua sotto – continuò Lou, infilando simbolicamente le dita nel proprio boschetto: – Le vere donne come me, ce le hanno, e questo le distingue dalle femminucce come te; vuoi forse dirmi che non sei d’accordo?

– Ma Lou, senti, che discorsi…? – provò a obiettare Roger.

– Perché? Quelle che tu porti appese fra le gambe, le chiami palle? – fece la donna, afferrandogliele. – Che cosa sono queste, Roger? Non dirmi che sono veramente quello che sembrano. Ti ho già dimostrato che sono solo un bluff. Non &egrave così, Roger, eh?

Mentre pronunciava quest’ultima frase, Lou diede una strizzata appena un po’ energica ai testicoli del marito, che, con gli occhi fuori dalle orbite per la paura, rispose:

– Sì, Lou, hai ragione, &egrave come dici tu!

– E chi deve portare il pelo? Me lo dici, Roger?

– Tu! – sussurrò l’uomo.

– Benissimo. E sai perché?

Roger esitava; non voleva dirlo; ma Lou gli strinse con più forza i testicoli, chiedendogli:

– E allora? Me lo dici o no?

– Perché… hai… le palle – disse in un soffio l’uomo.

– Oh, ma che bravo! E ti piace il pelo che ho qui? Accarezzamelo, Roger! – fece la donna, con un tono eroticamente imperioso.

La mano di Roger tremava; tuttavia si accostò all’intimità di Lou, insinuando le dita nella peluria.

– Mm! – mormorò lei a bocca chiusa, soddisfatta, mentre i polpastrelli del marito sfioravano le sue grandi labbra umide, che tradivano il suo desiderio. – Coraggio, Roger – fece la donna con voce roca, – accarezzamelo per bene: sono sicura che ti piace; non trovi che stia meglio a me che a te?

Lou continuava a provocarlo, e l’uomo, pur sentendo il peso di quel sarcasmo, sembrava imperturbabile; la sua mano continuava a immergersi nel fitto cespuglio della donna, ricavandone una forte sensazione, che si traduceva in uno stimolo sessuale che cresceva rapidamente d’intensità.

– Dacci dentro, femminuccia, fammi sentire quelle dita! – lo incitò la moglie.

Roger cominciò allora a fare scorrere un polpastrello lungo il succoso solco verticale della donna, celato dai peli, con gran diletto di questa. Come la prima volta che l’aveva notato, l’attenzione dell’uomo si concentrò su quel rigoglioso cespuglio di pelo nero, e tornò a meravigliarsi proprio della sua abbondanza – tale che la propria peluria pubica, anche prima che Lou gliela tagliasse, era, al confronto, poca cosa.

Ma mai come in quei momenti, stimolato anche dalle provocazioni della donna, lui si era ritrovato a contemplare stregato, con un tale senso di venerazione, quella sontuosa, soffice e misteriosa massa scura: la fissava come se essa contenesse tutto il segreto della potente e selvaggia femminilità di Lou.

Lei evidentemente si accorse di quegli sguardi incantati: li aveva, in fondo, auspicati e favoriti.

– Che c’&egrave, Roger? – chiese con un mezzo sorriso di compiacimento. – Ti piace quello che vedi e che tocchi? Nostalgia di quello che non hai più?

Così dicendo, Lou accarezzò beffarda il pube rasato del marito.

– Ma il mio &egrave sempre stato più folto del tuo: l’hai sempre invidiato, di’ la verità – continuò, impietosa, mentre Roger faceva scendere le proprie dita verso l’ingresso della vagina.

– Perché non dici la verità? – insisté Lou. – Me lo invidi, non &egrave così?

Pronunciando queste parole, agguantò il membro di Roger, che già mostrava un accenno di erezione.

– Sì! – esclamò il marito, come elettrizzato da quella improvvisa stretta.

– E allora adesso voglio che me lo guardi da vicino… Voglio che lo adori, visto che &egrave quello che desideri fare.

Roger, proprio in quel momento, stava infilandole un dito nella passera; ma Lou gli afferrò il polso, per bloccare i suoi movimenti, e sussurrò:

– Mettiti in ginocchio.

Il marito obbedì e, come lei chiedeva, accostò il volto al suo fitto cespuglio.

– Devi adorarmelo, Roger… Baciarlo, respirarlo, tuffarci dentro la lingua – disse Lou e, mettendogli una mano dietro la nuca, spinse la testa dell’uomo verso di sé, finché non sentì la sua bocca sui propri genitali, e il suo respiro che le attraversava, rinfrescandola come una brezza, la selva umida.

Quel contatto e quel respiro, toccando con lubrica dolcezza la sua intimità, le regalavano un brivido di piacere d’indescrivibile intensità. L’uomo percepiva l’odore che emanava quella zona del corpo della moglie e, del tutto conquistato da quella situazione e da quell’atmosfera carica di elettricità erotica, cominciò ad affondare la bocca nella peluria di Lou, imprimendo baci sempre più appassionati al pube e alle grandi labbra celati da quella folta massa scura.

Come la moglie gli chiedeva, Roger poi mise in azione la lingua, che raccolse nel cammino i succhi che la vagina di Lou secerneva copiosi. Durante quell’esplorazione, raggiunse il clitoride della moglie e prese a stuzzicarlo con la punta del delicato serpentello; Lou, in segno di estremo gradimento, con la mano compresse ulteriormente la testa del marito contro i propri genitali.

Roger faceva guizzare la sua lingua in lungo e in largo, aggiungendo l’umidità della propria saliva a quella che già impregnava la pelliccia intima della moglie.

– Mettimi le dita dentro – disse infine Lou, passando una mano tra i capelli del marito e afferrandogliene saldamente alcune ciocche, che utilizzò per tirargli rudemente la testa all’indietro, in modo che lui potesse guardarla negli occhi, e aggiunse: – La tua bocca la voglio qui.

Così dicendo, portò una mano al pube e indicò il clitoride. Roger s’ingegnò a infilarle due dita nella vulva, facendole morbidamente ruotare, in maniera da dare alla donna una discreta stimolazione, e portando nello stesso tempo le proprie labbra a contatto col sensibile grilletto di Lou. Cominciò quindi, mentre le dita continuavano il loro lavoro, a strofinare delicatamente la bocca sul piccolo e avido gingillo carnoso della donna, poi lo baciò ripetutamente, e infine schiuse le labbra, liberando nuovamente la lingua, con la quale umettò l’oggetto di quelle attenzioni.

Lou ebbe l’impressione di andare in orbita: quelle cure così devote nei confronti dei suoi organi intimi solleticarono la sua libido e il suo senso di potere, sino a farle provare un orgasmo dirompente, che le scosse le membra e le diede una tale vertigine da farle quasi piegare le ginocchia.

Durante quegli istanti di piacere, tenne premuto con estrema forza il viso del marito contro il proprio cespuglio, tanto che lui sentì i peli invadergli la bocca e solleticargli il naso.

– Alzati, Roger – disse la moglie, quando quelle ondate impetuose e piacevoli si furono placate: – devi rigovernare la cucina, andiamo.

L’uomo si rimise in piedi e la guardò interdetto, obiettando:

– Ma come? Non &egrave una cosa che spetta a te, questa?

Lou, con un sorrisetto, fece un cenno di diniego, e rispose:

– Dimentichi che abbiamo appena fatto importanti cambiamenti, in questa casa, perché ora, per tua stessa ammissione, c’&egrave una femminuccia che si chiama Roger; eppure ne abbiamo parlato soltanto mezz’ora fa. Fa’ qualcosa per la tua memoria…

– Allora non avrò più pace? – sbuffò l’uomo. – Cos’altro mi costringerai a fare? Non ti sembra di esagerare?

Lou scosse ancora la testa e commentò:

– Faccio solo quello che &egrave giusto. Certi lavori sono più adatti a una femminuccia delicata come te; io ho già trasportato quel pesante televisore e mi sono stancata.

Roger capì bene che non era il caso di discutere: Lou, in un modo o nell’altro, avrebbe imposto il suo punto di vista. Si diresse quindi in camera da letto per recuperare i propri vestiti; la moglie lo seguì e, prima che lui potesse rimetterseli addosso, disse:

– Cosa stai facendo?

– Non lo vedi? Mi rivesto.

Lou fece nuovamente segno di no con la testa e dichiarò gelida:

– Non ti ho detto di rivestirti, mi pare.

– Ma come? Stai scherzando, Lou? – fece Roger.

– In cucina troverai il grembiule che uso quando faccio i servizi. Basterà che tu ti metta addosso quello: a una femminuccia graziosa come te, quella brutta roba alla quale sei affezionato non sta affatto bene.

Nel dire questo, Lou indicò gli abiti di Roger ammucchiati sul letto.

– Neanche le mutande? – sospirò l’uomo.

– No. Mi piace l’idea di guardarti quel bel culetto liscio e sodo, mentre lavi i piatti giù in cucina.

Nonostante il senso di frustrazione che provava in quel momento, Roger, sentendo questa frase, avvertì una scossa piacevole al membro: la prospettiva di essere guardato da sua moglie con interesse intrigava la sua fantasia.

Mentre era sulla porta della stanza da letto, si voltò e vide che Lou si stava togliendo i jeans e gli slip.

– Ti cambi? – le chiese.

– Certo – fece lei: – le mutandine ormai sono bagnate; però adesso non sai cosa sto per mettermi…

Il marito rimase a guardarla e vide che la donna prendeva dai cassetti della biancheria un boxer scuro.

– Ma quello &egrave mio – le fece notare l’uomo: ed era anche uno dei suoi preferiti.

– Ancora non ti sei messo in testa che le cose sono cambiate? – ribadì Lou. – Ormai &egrave chiaro che questa roba sta meglio a me che a te… Peccato che non tutti i tuoi vestiti mi vadano bene, anche perché sono una donna e ho gusto, a differenza di te.

A Roger non rimase quindi che osservare in silenzio la moglie che indossava i suoi boxer; quando vide che li tirava su lungo le gambe, il suo sesso ebbe un altro fremito di apprezzamento, e lui, sentendo che stava nascendo un’erezione, che in quel momento gli pareva incresciosa, si affrettò a lasciare la stanza.

Indossò a malincuore il grembiule da cucina e riempì d’acqua il tinello. Era già pienamente immerso nel suo nuovo compito, con le braccia nell’acqua schiumosa carica di detersivo, intento a strofinare le pareti di una pentola, quando udì i passi della moglie dietro di sé. Immediatamente gli tornò il senso di disagio e i pensieri gli si bloccarono; sentì poi a un tratto la mano della donna scivolare lungo le sue cosce, e un’onda di piacere gli percorse la schiena.

– Abbiamo fatto proprio un bel lavoro: sono belle lisce e morbide, sai? – commentò Lou.

– Per piacere, Lou, così mi distrai – fece Roger, visibilmente teso.

– Oh, capirai! Non c’&egrave bisogno di concentrarsi per fare certe cose – replicò la donna, continuando a sfiorare con le dita le cosce nude del marito.

Quindi, dopo un breve silenzio, aggiunse:

– Ma la cosa più bella sta qui – e gli diede affettuose pacche sulle natiche. – Sapessi com’&egrave tondo, bianco e invitante, il tuo culetto: se solo tu potessi guardartelo! – disse ancora, accarezzandoglielo maliziosamente.

– Ti prego, Lou, così mi fai perdere la testa! – la implorò l’uomo, al quale quelle carezze trasmettevano altrettanti brividi di desiderio lungo tutto il corpo.

– Poco male! – fece la donna. – Mi piaci, quando perdi la testa per me…

Lou cominciò poi a dargli piccoli pizzichi sulle natiche, e Roger fece un lungo respiro, mentre il pene gli si faceva rigido e alzava la testa.

– Dove vuoi arrivare? – mormorò l’uomo. – Vuoi farmi impazzire, per caso?

– Può darsi, Roger, può darsi.

L’uomo sentì quindi la mano della moglie dargli ancora tre o quattro leggere pacche sui glutei, e poi udì i passi di lei che si allontanavano. Poco dopo sentì l’audio del televisore in salotto: evidentemente Lou si era seduta in poltrona a guardare qualche programma. Roger rimase un po’ deluso, perché aveva sperato che la moglie, dopo quei preliminari stuzzicanti, volesse dargli qualche soddisfazione; comunque cercò di distrarre la mente, e continuò a lavare e a sciacquare le stoviglie.

Dopo appena un minuto, udì la voce di Lou che lo chiamava. Quando lui giunse in salotto, la trovò stravaccata in poltrona, con una gamba che pendeva da un bracciolo, e notò che addosso aveva soltanto il reggiseno e i boxer. Quell’abbinamento aveva un che di affascinante, agli occhi di Roger, anche se lui non avrebbe saputo dire perché.

Infilandosi oscenamente una mano nell’apertura anteriore dei boxer, la moglie gli disse:

– Portami una coppa di patatine e una birra, Roger.

Il tono era piuttosto secco, come quello che userebbe un avventore alquanto scostante di un’osteria nei confronti di un cameriere. Ma il marito non diede troppo peso alla cosa, tanto più che sentì proprio in quel momento la sua erezione premere contro il grembiule che la celava. Si affrettò perciò in cucina, prese una coppa di plastica dalla credenza, e vi versò il contenuto di una scatola di patatine fritte già pronte; quindi prese dal frigo una lattina di birra e la mise, accanto alla coppa, su un vassoio. Reggendo quest’ultimo con ambe le mani, tornò in salotto.

– Porta qua, Roger – disse Lou, appena lo vide, usando la mano che teneva nell’apertura dei boxer per grattarsi impudicamente la passera.

Non appena la donna ebbe il vassoio tra le mani, fece una smorfia contrariata, dicendo:

– E il ketchup? Come mai non l’hai portato?

– Scusami, non ci ho pensato.

– Ah, devi farne, di strada, per diventare una brava donnina di casa – lo rimproverò Lou. – Ma con me imparerai presto… A proposito – aggiunse, afferrando il grembiule del marito per impedirgli di andarsene, – qui che cosa c’&egrave?

Nel dir questo, strinse fulmineamente tra pollice e indice il glande di Roger, che premeva visibilmente contro il tessuto del grembiule.

– E’ che… ho voglia di te – sussurrò l’uomo, che non ce la faceva davvero più a reprimere il desiderio.

– Non &egrave questa, la parte che voglio vedere di te, adesso! – replicò la moglie, dandogli uno schiaffetto al pene, e aggiunse: – Girati!

Alquanto contrariato, Roger si voltò, e avvertì un altro schiaffetto di Lou, stavolta indirizzato a un suo gluteo nudo.

– Questo &egrave il tuo capolavoro, Roger! – esclamò la donna, ridacchiando e massaggiandogli per qualche attimo il sedere. – Prendi quel fottuto ketchup e torna qui!

“Forse &egrave la volta buona” pensò il marito, e questa idea scacciò dalla sua mente ogni malumore: forse finalmente Lou si sarebbe decisa a venire al sodo, dopo tutti quei preamboli stressanti.

Quando tornò in salotto col barattolo di ketchup, trovò la moglie ancora intenta a grattarsi pigramente i genitali, con la mano nei boxer. Le porse il barattolo, e lei gli fece segno di voltarsi. L’uomo sentì di nuovo la mano di Lou che scivolava sulle sue natiche. Il pisello, pieno d’ardore, gli si drizzò in un attimo. La donna, tra una patatina e un sorso di birra, continuava a sfiorargli, lisciargli, accarezzargli il sedere, e lui sentiva il desiderio aumentare e farsi quasi insostenibile.

A un tratto, poi, le dita di Lou cominciarono a percorrere su e giù il solco fra le natiche, lentamente, irresistibilmente; Roger cominciò a gemere per il piacere che provava.

– Allora ti piace, femminuccia? – mormorò la donna.

– Tanto, Lou! Mi fai impazzire! – ammise lui.

– Ora sentirai che sorpresa ho per te – fece la moglie, e il suo dito medio scivolò lungo la fenditura posteriore dell’uomo, finché, improvvisamente, trovato il buchetto, vi s’introdusse a tradimento.

Sentendo quel dito che penetrava nel proprio sedere, Roger fece un balzo, spaventato e sconvolto.

– Ma che ti prende, Lou? Sei impazzita, stasera? – esclamò girandosi verso di lei.

La moglie gli sorrise sfrontata e replicò:

– Cosa c’&egrave, Roger? Una brava donnetta come te deve offrire anche quelle parti del suo corpo. E, sai, l’idea mi eccita molto.

– Tu sei impazzita! – ripeté l’uomo, che non riusciva ancora a credere a ciò che era appena successo.

– Vieni qua, Roger, non fare il cacasotto come sempre! – lo provocò Lou, che allungò la mano e afferrò il pene ancora semieretto del marito.

– Lasciami stare, Lou! – esclamò Roger. – Non ci sto a fare certe cose: toglitele dalla testa!

La donna, ridendo, gli fece oscillare il sesso come un pendolo e disse:

– Andiamo, Roger! Io sono sicura che ti piacerebbe… e mi bagno tutta solo a pensarci.

– Questo no, hai capito? Questo no! – ribadì l’uomo, cercando di usare un tono fermo e deciso.

– Va bene – disse Lou, lasciandogli andare l’uccello, – ma sono sicura che prima o poi cederai… In fondo sei solo una femminuccia che fa un po’ di moine. Non potrei mai insegnarti ad essere una vera donna come me, senza fronzoli e merletti: non ne hai la stoffa…

Uscendo dal salotto, Roger udì di nuovo alle proprie spalle la risata sarcastica della moglie, e ancora sconvolto si rifugiò in cucina; fremeva addirittura per l’indignazione, e bevve un goccio per calmarsi.

Finì di rassettare la cucina, e questo bastò a fargli ritrovare la serenità; quando ebbe terminato, si accorse che dal salotto proveniva ancora il rumore del televisore. Lou non l’aveva più chiamato, e lui non intendeva vederla per il momento, perciò andò su in bagno, a lavarsi, e poi andò a stendersi sul letto. Aveva ancora tutto il pomeriggio di quel giorno di festa, davanti a sé, ma non gli andava di fare nulla – tranne che riflettere. Non avrebbe voluto vedere la moglie nemmeno a cena, quella sera; tanto più che non aveva fame.

Gli sembrava che la loro vita coniugale stesse imboccando una strada pericolosa; bisognava fermarsi in tempo, si disse Roger, e un orizzonte minaccioso, pieno d’incognite, si presentò alla sua mente. Si appisolò nudo, e non sognò nulla. Né quella sera, né nei giorni immediatamente seguenti, Lou insisté per riprovare il gioco che aveva accennato col deretano del marito; in compenso, però, introdusse nuove regole e usanze, nel loro ménage.

Tanto per cominciare, Roger fu incaricato “ufficialmente” di prendersi cura della passerina di sua moglie, e specialmente di tenerne in ordine il pelo; il brav’uomo, quindi, tutte le mattine, dopo averle portato la colazione a letto, e dopo che lei era andata in bagno, aspettava che si sedesse sul bordo del letto, nuda dalla cintola in giù, e inginocchiandosi tra le sue gambe divaricate, si metteva a pettinarle, con scrupolo e premura, il florido cespuglio pubico.

Era un’operazione che rilassava sempre la donna, infondendole buonumore e un invincibile senso di potere; qualche volta lei chiedeva a Roger di rendere “il dovuto omaggio alla passera”, e lui doveva baciargliela dolcemente, senza troppa intensità, per non farla bagnare e non costringerla a lavarsi di nuovo. Ma qualche goccia di eccitazione, via, in quei momenti colava giù dalla vagina, e a lei certo non dispiaceva.

Oltre a questo, Lou cominciò a farsi crescere il pelo sotto le ascelle e sulle gambe: insomma, smise del tutto di depilarsi, e il tempo che prima, ogni settimana, dedicava a questa pratica, lo consacrò alla depilazione del marito, che eseguiva sempre in modo scrupoloso, impietoso e generale. Inoltre, divenne un’abitudine, per lei, indossare i boxer di Roger, anche sotto i vestiti quando usciva di casa; e non solo: anche i calzini del marito diventarono proprietà comune, e così pure le camicie.

E lui? Beh, dovette abituarsi a sbrigare le faccende domestiche, e per fortuna, essendo abituato già a farlo dai tempi in cui era scapolo, non fu un grosso problema, anche se gli seccava che Lou avesse praticamente smesso di dare il suo contributo all’andamento della casa. E come se non bastasse, criticava il più delle volte quello che il marito faceva.

Una sera, dopo essere stato redarguito per come aveva lavato i pavimenti, Roger sbottò:

– Ma chi credi di essere? La principessa del regno di Vattelapesca? Io lavoro tutto il giorno, sai? E se non ti sta bene il modo col quale lavo i pavimenti… Beh, perché non li prendi tu, il secchio e la ramazza, e non ti dài da fare?

L’uomo, esasperato e nervoso, non aveva fatto caso però all’umore della moglie, che quel giorno era nero – anzi, profondamente nero, come la notte senza luna. Dunque, aveva toccato, venendo meno alla sua solita prudenza, un tasto sbagliato.

– Come ti permetti di parlare così a tua moglie? – scattò Lou inviperita. – Lurido bastardo, vieni subito qui!

Dal tono e dalle parole della donna, Roger comprese di aver fatto un grosso errore; era tardi, però, per tirarsi indietro. In ogni caso, non si avvicinò alla moglie, che, come spesso accadeva, era seduta in poltrona, una lattina di birra fra le mani, a guardare la televisione.

– Sono io che dovrei lamentarmi – disse l’uomo: – non sopporto più di essere trattato così. Non &egrave giusto.

– Ti ho detto di venire qui! Non costringermi ad alzarmi, Roger – lo minacciò Lou.

– Lasciami in pace! Io i pavimenti li ho lavati benissimo, e delle tue critiche non m’importa niente – fece il marito.

– Okay, Roger – disse la donna, alzandosi dalla poltrona e dirigendosi verso di lui, – a quanto pare, con te le buone maniere non servono.

Roger, impaurito dal cipiglio della moglie, fece qualche passo indietro e afferrò il bastone lavapavimenti.

– Cosa vuoi fare con quell’arnese? Mollalo, Roger! – gl’intimò la donna, avvicinandoglisi.

– E tu stammi lontana, okay? – strillò lui, sollevando il lavapavimenti e facendo mostra di volerlo usare per picchiare Lou, se si fosse ancora avvicinata.

– Ti ho detto di mollare quella ridicola cosa! – ripeté la donna, con voce ferma.

– No, se non ti allontani subito! Bada a te!

– Non mi piacciono certe minacce, Roger: dovresti saperlo.

– Stammi alla larga! – strillò ancora il marito, e agitò il lavapavimenti davanti a sé.

Lou rimase davanti a lui, a studiarne le mosse, come fa un pugile sul ring, pronta allo scatto. Roger, impaurito e nervoso, continuò ad agitare l’esile bastone, e infine la moglie decise che era arrivato il momento di passare all’azione, facendo un balzo in avanti; obbedendo all’impulso della propria paura, l’uomo istantaneamente vibrò un colpo, ma Lou, proteggendosi con le braccia la testa tenuta bassa, fece in modo che quello le arrivasse sulla schiena, senza causarle altro che un’ulteriore arrabbiatura. Immediatamente sferrò un pugno nello stomaco del marito, seguito a ruota da un gancio nel mento: era la sua micidiale doppietta, che spense subito i bollori di Roger, mettendolo quasi al tappeto; l’uomo infatti vacillò sulle proprie gambe, sentendosi mancare l’aria, e la moglie gli strappò di mano il lavapavimenti, gettandolo lontano da sé.

– Come ti sei permesso di colpirmi, bastardo? – gli urlò quasi nelle orecchie, dandogli un doloroso calcio nello stinco e schiaffeggiandolo subito dopo in viso. – Io te la faccio pagare, hai capito? – gridò ancora, colma di furore.

Gli assestò un altro paio di energici ceffoni, conditi con altri calci alle caviglie.

– Scusami – disse il marito, – non capisco cosa mi fosse preso.

Sembrava sul punto di piangere, per l’umiliazione inflittagli per l’ennesima volta da Lou, e per il dolore che i suoi colpi gli avevano provocato.

– Eccoti qua, la femminuccia che piagnucola! Questo sei! – replicò sprezzante la donna. – Non so che farmene delle tue scuse!

Così dicendo, gli diede un pugno al fianco, poi gli mise una mano intorno alla gola e la strinse un po’, in modo da suscitare terrore nell’animo di Roger, come i suoi occhi spaventati testimoniavano.

– Stammi bene a sentire – disse Lou, con sguardo terribile. – E’ ora che tu impari un po’ di educazione, okay? Guardami bene in faccia!

A queste parole, la donna strinse ancora un po’ la mano che serrava la gola del marito. L’uomo annuì, annichilito.

– Stanotte ho l’impressione che resterai qui, in salotto, a lavare ancora questo pavimento – continuò Lou: – scommettiamo? A meno che tu non abbia qualcosa in contrario, femminuccia piagnucolosa! Che ne dici? Ti va ancora di parlare?

Roger fece disperatamente segno di no con la testa, mentre sentiva la mano della donna chiudersi ancora, come una morsa; l’aria cominciava a mancargli e gli occhi gli si allargarono carichi di panico.

– Benissimo – commentò Lou, – vedo che ci siamo capiti. Tanto per cominciare, adesso ti togli tutti i vestiti e rimani nudo… anzi nuda, visto che sei una donnetta che frigna.

Disse questa frase con un sorrisetto maligno e finalmente lasciò andare la gola del marito, che, rinfrancato, se la massaggiò un po’.

– Avanti, che stai aspettando? Spogliati! – lo incitò la donna.

Una volta che Roger fu completamente nudo, Lou si avvicinò, con aria beffarda, al secchio contenente l’acqua che l’uomo aveva usato per lavare il pavimento, e con un calcio lo fece cadere, sicché il suo contenuto si riversò per terra.

– Ecco cosa ti aspetta, stasera – annunciò la donna: – credo proprio che ne avrai fino a domattina. Ogni tanto verrò a controllare, e pretendo di trovare domani il pavimento perfettamente asciutto e pulito. Sono stata chiara?

Roger, ancora dolorante, annuì: non aveva altra scelta.

– Può darsi anche che tu sia bravo e finisca prima di domani mattina – continuò Lou, – ma in quel caso non t’illudere comunque di poter venire a letto. Dormirai quaggiù, magari arrangiandoti sul divano, e senza metterti niente addosso. Così rifletterai sul tuo comportamento. Buonanotte.

Parecchie ore trascorse Roger, quella volta, chino sul pavimento, a raccogliere con lo strofinaccio l’acqua sporca che la moglie aveva versato; e solo dopo aver rilavato per bene tutto, poté stendersi sul divano, la schiena dolorante: era notte inoltrata.

Il mattino dopo, di buon’ora, fu la moglie a svegliarlo; gettandogli in faccia una propria mutandina dal colore sbiadito, annunciò:

– Da oggi, quando combini qualcosa che non va, ti metterai le mie mutande vecchie; già, anziché buttarle, le passo a te: &egrave un bel risparmio, no?

La sua voce era sarcastica e stizzita: evidentemente ce l’aveva ancora con lui, si disse Roger, il quale continuò a rigirarsi tra le mani quelle mutandine con gli orli di pizzo qua e là scuciti.

– Ma non posso mettermi delle mutande da donna quando vado a lavorare! – provò a obiettare.

– Perché, tu che cosa sei? Non sei forse una donnetta piagnucolosa? – replicò a bruciapelo Lou, e l’uomo capì che non c’era nessuno spazio per le trattative.

– Mettitele subito: vediamo come ti stanno – lo incalzò la donna, e lui, a malincuore, lo fece. – Oh, ma sei magnifica, femminuccia, sei un amore! Di che ti lamenti? – aggiunse Lou divertita, osservando l’effetto che facevano le mutandine sul marito.

Da quel giorno, la donna si fece sempre più vessatoria, forse per vendicarsi del tentativo di “ribellione” di Roger, imponendogli ad esempio di lavare ogni sera, quando tornava dal lavoro, i pavimenti di tutta la casa, con addosso le mutandine da donna che lei gli passava.

Dopo una settimana di quel trattamento, Lou gli chiese beffarda:

– Non ne puoi più, vero? Credo che la lezione ti sia servita, Roger… e soprattutto mi auguro che tu stia imparando a diventare una brava donnetta di casa.

Lei era, come tutte le sere, seduta davanti al televisore. Osservò per un po’ il marito con un sorriso compiaciuto e soggiunse:

– C’&egrave una cena fredda in frigo, l’ho comprata oggi. Portamene una porzione.

Quando il marito le ebbe portato il vassoio con la cena e l’immancabile birra, Lou disse:

– Porta anche la tua porzione, mangiamo insieme stasera.

L’uomo fu positivamente stupito dall’invito: era dalla sera della punizione che non gli era più concesso di cenare insieme alla moglie. Una volta tornato in salotto col proprio vassoio, Roger si accinse a sedersi su una poltrona accanto a quella di Lou, ma lei gli fece:

– No, vieni qui: siediti davanti a me.

Come capì subito dopo, la donna voleva che lui si sedesse per terra, con la schiena appoggiata alla poltrona dove lei era seduta. “Meglio di niente: almeno stasera stiamo un po’ insieme” pensò sospirando Roger, e si sistemò come e dove Lou desiderava.

Gli faceva uno strano effetto trovarsi così vicino alla moglie, tanto da sentirne il respiro e da percepire il calore proveniente dai suoi polpacci, che lo racchiudevano come due parentesi: tutto sommato non gli dispiaceva, era come ritrovare un’intimità che negli ultimi tempi avevano perduto. Non riusciva a concentrarsi più di tanto sul programma televisivo: si voltava infatti continuamente a osservare le gambe di Lou, che dondolavano pigramente, nude – visto che lei, come quasi ogni sera, in casa indossava solo reggiseno e boxer.

Ad un certo punto, la donna gli diede col piede sinistro quattro leggeri colpi sul braccio, dicendo:

– Ho finito, mio cavaliere: vammi a prendere una fetta di torta.

Roger, a differenza di Lou, non aveva finito di mangiare, però si alzò senza discutere: non era il caso di guastare di nuovo i loro rapporti, proprio ora che sembrava tornare il sereno. In cucina, le prese una fetta di torta alle mele, e quando tornò in salotto col piatto, Lou stava accendendo una sigaretta; Roger si sistemò come prima, e sopportò stoicamente il fumo che gli arrivava a raffiche nelle narici.

Non volle vedere quello che faceva la moglie alle sue spalle: immaginava infatti che – come spesso capitava – lei stesse alternando un morso al dolce e un tiro alla sigaretta, spettacolo che aveva il potere di disgustarlo.

Improvvisamente Lou appoggiò la coscia destra sulla spalla del marito, sicché il polpaccio penzolava giù sino al petto dell’uomo. Quasi contemporaneamente, la donna accostò il piede sinistro al viso del marito, strofinandoglielo delicatamente.

Sentendosi carezzato sulla guancia dal piede della moglie, Roger provò un insieme confuso di emozioni: da un lato quel gesto gli sembrava impertinente e un po’ avvilente, ma dall’altro gli risultava impossibile sottrarsi agli ammiccamenti maliziosi e provocanti che conteneva. Poteva essere la promessa di una serata di scintille fra le lenzuola, e lui, dopo giorni di astinenza, non voleva sottrarsi a quel richiamo.

– Che aspetti a baciarmi, Roger? – mormorò Lou. – Hai per caso dimenticato come si fa?

L’uomo, immediatamente esaltato dall’invito, fece per alzarsi, volendo stringere finalmente la moglie fra le braccia e baciarle il viso; ma Lou, facendo pressione con la gamba destra sulla spalla di Roger, e appoggiandogli anche una mano sulla testa, lo costrinse a rimanere dov’era; spostando poi il piede sinistro dalla guancia alla bocca dell’uomo, la donna soggiunse:

– Il bacio lo voglio qui, Roger.

L’uomo provò di nuovo il contrasto di emozioni di poco prima, ma si sentiva soprattutto eccitato e coinvolto, e voleva dare sfogo ai propri desideri, cosicché si mise a baciare ripetutamente il piede che la moglie aveva cominciato a strofinargli in maniera provocante sulle labbra. Poi il piede malizioso si spostò più in basso, a carezzargli il mento, quindi tornò sulla guancia, gli titillò l’orecchio e salì ancora, fino a intrufolarsi tra i capelli.

Roger si sentiva stuzzicato al punto giusto, e piacevoli brividi gli percorrevano la schiena. Il piede di Lou scese ancora a sfiorargli le labbra, e lui glielo baciò ancora; ma quello passò oltre, e davanti alla bocca dell’uomo sfilò ordinata anche la caviglia della moglie – sulla quale altri baci si posarono – e poi fu la volta del polpaccio, anch’esso omaggiato dalle labbra amorose di Roger.

Mentre continuava a strofinargli il polpaccio sulla faccia, la donna gli chiese, come per caso:

– Che cosa diresti se da domani mi prendessi il tuo furgone e a te lasciassi, in cambio, la mia auto?

Il marito sembrò fulminato da queste parole e reagì preoccupato:

– No, andiamo, Lou, non ti mettere in testa anche questa cosa! Il furgone mi serve per il mio lavoro, lo sai…

– Ma se &egrave tua moglie che te lo chiede?

– Io non capisco: che cosa vorresti farci?

– Oh, sai, la macchina che mi hai regalato &egrave troppo piccola, ho bisogno di qualcosa di più spazioso… e poi, ho deciso che ricomincerò a lavorare: &egrave per questo motivo che mi serve assolutamente il furgone, già da domani.

– Lavorare? – fece Roger, meravigliato. – Perché? Ti manca qualcosa? Ma se hai le mie carte di credito!

– Che c’entra? Voglio qualcosa di mio da fare… La mattina mi annoio, qui da sola. E poi, sono sicura di aver fiutato l’affare giusto. Allora, intesi? Da domani il furgone a me e la macchina a te?

– No, Lou, ti prego, non insistere: il furgone mi serve; accontentati della macchina, per quello che devi fare andrà bene lo stesso.

– E tu cosa ne sai di quello che devo farci? – ribatté la moglie, contrariata.

– Non lo so, ma sicuramente non puoi aver bisogno del furgone. Cerca di essere ragionevole, qualche volta!

– Così, mi fai l’arrogante e l’egoista, Roger? Con tua moglie?

La voce di Lou si faceva nervosa, e il marito, conoscendo il carattere della donna, cominciò a preoccuparsi; tuttavia non voleva cedere: era affezionato al suo fedele furgone.

– Il “no” &egrave la tua ultima risposta? – disse Lou.

– Non insistere, per favore – replicò il marito.

– Okay, Roger – fece la donna: – adesso stiamo a vedere…

Prima che l’uomo potesse riflettere sul significato di questa frase, Lou portò la gamba sinistra, con la quale aveva continuato fino a quel momento a stuzzicare amorevolmente la faccia del marito, sotto il mento di quest’ultimo, e contemporaneamente, sollevando un po’ il polpaccio destro che pendeva dalla spalla di Roger, vi fece scivolare sotto il piede sinistro; quindi riabbassò rapidamente il polpaccio destro, fino a bloccare con questo la caviglia sinistra. L’uomo si trovò in definitiva incastrato in una presa da lottatore (o meglio, date le circostanze, da lottatrice), con la gamba sinistra della moglie disposta in orizzontale sotto il suo mento e contro la sua gola; per liberarsene, lui avrebbe dovuto per prima cosa sollevare l’altra gamba di Lou, che, fungendo da “sicura”, bloccava la caviglia della prima.

– Andiamo, Roger – annunciò la moglie, – se riesci a liberarti, ti lascerò il furgone; ma se non ce la fai, mollerò la presa solo alle mie condizioni.

– Smettila subito, Lou! – esclamò il marito, cercando di imporsi col tono della voce, ma non era certo un sistema che potesse funzionare con una donna come quella.

Il fatto &egrave che Roger era seriamente spaventato, poiché sentiva che la moglie aveva cominciato a premere il polpaccio sinistro contro il suo collo, che si trovava stretto in una vera e propria morsa: tale era infatti lo scopo di quella presa di lotta, che lui peraltro ignorava.

– Su, avanti, Roger, prova a liberarti: vediamo cosa sai fare – lo incitò Lou in modo derisorio.

L’uomo provò disperatamente a sollevare il polpaccio destro della moglie, ma questa lo teneva saldamente serrato contro la poltrona; visti inutili i suoi sforzi, Roger provò, ancor più disperatamente, ad allontanare dal collo l’altro polpaccio della donna, ma quest’ultimo, nonostante gli sforzi dell’uomo, anziché allontanarsi, premeva sempre più forte contro la sua gola.

– E’ inutile, Roger, non ce la puoi fare – lo prese in giro Lou: – lo sappiamo tutti che sei una femminuccia delicata, e queste non sono cose per te.

La donna si lasciò andare anche ad una risatina compiaciuta, mentre il marito continuava a tentare, sempre più goffamente, di liberarsi dalla micidiale morsa.

– Allora? Ti arrendi, Roger? – chiese Lou, con la voce calma della sicura trionfatrice.

L’uomo fece di no con la testa, e continuò ad abbrancare i polpacci della donna, senza ottenere alcun risultato.

– Andiamo: basta una parola e tutto &egrave finito… Basta che tu mi dica: “Mi arrendo”, e ti lascio andare – proseguì Lou.

“No, non voglio cedere” pensava il marito: “non voglio dargliela vinta… Il furgone no”.

Tuttavia, la pressione esercitata sul suo collo dalla gamba della moglie si faceva sempre meno sopportabile.

– Oh, continua pure, se ti diverte – fece lei: – io posso tenerti così fino a domattina.

Roger sapeva che non erano parole esagerate: la forza di Lou lo stupiva ogni volta, e in questo caso le sue gambe sembravano aver formato una morsa inespugnabile. Alla fine, a corto di ossigeno, l’uomo dovette cedere e, battendo disperatamente con le mani sul polpaccio che, come un solido asse, gli serrava la gola, balbettò con la voce che gli usciva a fatica:

– Mi arrendo.

– E allora, campione, il furgone di chi &egrave? – domandò subito la moglie.

– E’… &egrave tuo. Ti prego, lasciami andare! – esclamò Roger.

– Okay, mi dispiace aver trattato così una femminuccia come te, ma mi ci hai costretta – disse Lou, aprendo finalmente la “morsa” delle sue gambe e lasciando che il marito respirasse a pieni polmoni, ancora scioccato per quanto gli era appena capitato.

Quella sera, l’uomo non rivolse più la parola alla moglie, fino al momento di ritirarsi, e andò nella sua stanza avvilito e sconvolto. Perché Lou arrivava a questi eccessi? Nonostante tutto il suo amore, lui non riusciva ancora a capirlo. Se ne stava disteso su un fianco, nel letto, in cerca di sonno, quando sentì la donna scivolare sotto le coperte dietro di sé, e poco dopo toccargli la spalla.

“Ci siamo” pensò Roger: “non pretenderà che sia carino con lei, stasera?”

– Roger, lo so che non dormi: ho voglia di te – bisbigliò infatti Lou.

– Ne riparliamo domani, per favore – replicò il marito, dopo un attimo di riflessione: – non &egrave la serata giusta, questa.

– Ah, per te non lo &egrave mai! – gli rinfacciò la donna.

– Sei ingiusta: io faccio di tutto, per te, e poi tu mi tratti in quel modo… Ho creduto perfino che volessi strozzarmi.

– Ma che dici? Sono pratica, di quelle cose, so fin dove arrivare… E poi, tu sei mio marito: non ti farei mai una cosa simile – sussurrò Lou, accarezzando il fianco di Roger.

L’uomo fu piacevolmente colpito dal tono improvvisamente tenero della sua voce: si era forse pentita, anche se non voleva ammetterlo.

– Perché non ti volti, Roger? – insisté lei.

Il marito era però ancora troppo preso dagli avvenimenti di quella sera, e non riusciva ad entrare in sintonia con l’idea di fare l’amore.

– Lou, devi capire che sono ancora… sottosopra – rispose.

– Ah sì? Ho proprio ragione, a chiamarti femminuccia! – esclamò seccata la moglie. – Se basta così poco, a metterti in crisi…

– Vorrei vedere te al mio posto! – ribatté l’uomo, girandosi finalmente verso di lei.

Lou accese la luce sul proprio comodino, e il marito rimase attonito per qualche istante: la donna era completamente nuda, con le cosce spalancate, e sembrava ostentare impudicamente il proprio sesso dal pelo folto.

– E’ da una settimana che non lo facciamo – mormorò – e stasera non ne posso più dalla voglia… Me l’hai fatta venire tu, prima, seduto lì ai miei piedi.

– Nei giorni scorsi eri tu a non volerlo fare, perché eri arrabbiata con me – le fece notare l’uomo.

– Bene, adesso la rabbia mi &egrave passata: non sei contento?

– Ma perché soltanto tu hai il diritto di dire di no, in questa casa? – protestò Roger.

– Non farla tanto lunga – ribatté la donna: – tu sei così afflitto soltanto perché ti dispiace aver perso il furgone; come se un fottuto furgone fosse più importante dei doveri verso tua moglie!

– Certo che hai una faccia tosta…

– Non hai argomenti, perché &egrave come dico io.

– Senti, lasciamo perdere: stasera siamo troppo tesi per fare certe cose.

– Non trovare scuse, Roger! – s’inalberò Lou. – E non azzardarti a voltarti di nuovo dall’altra parte!

– Ah, beh… &egrave proprio la frase adatta per iniziare a farsi le coccole – ironizzò il marito.

– Guarda che non mi fai certo cambiare idea innervosendomi – confessò sorniona la donna: – anzi, più fai così e più mi bagno. E se non hai di meglio per la testa, puoi cominciare a occuparti di lei.

Dicendo questo, Lou si passò sensualmente una mano nella peluria intima. Roger comprese che avrebbe dovuto cercare almeno di lisciarle letteralmente il pelo, per non rischiare di finir male la serata. Forse, dopo, sarebbe stato lasciato finalmente in pace. E così, si chinò sul pube della donna e avvertì nelle narici l’odore già forte della sua eccitazione: era proprio vero, si era già bagnata parecchio.

L’uomo affondò la lingua in quella piccola foresta e leccò sapori e umori; poi la moglie gli chiese di fare un gioco che avevano inaugurato da poco: lui doveva afferrarle con la bocca un ciuffetto di quella peluria e tirarlo appena un po’, come se volesse succhiarlo. Lou gradiva questo trastullo e incitava Roger a ripeterlo più volte: così fu anche quella sera, e il risultato fu che la sua vagina si bagnò ancora copiosamente.

Fu poi la volta delle tette: Lou se le sprimacciò languidamente, invitando il marito a posarvi le labbra. Stranamente, la donna era molto gelosa di quella parte del proprio corpo, e con molta parsimonia concedeva a Roger il privilegio di accedervi. Eppure, a lui non dispiacevano affatto, quelle mammelle tonde e abbondanti, con i loro capezzoli enormi e scuri. Applicò a questi ultimi le labbra e cominciò a poppare, come se davvero potesse fare scaturire il latte da quei morbidi serbatoi di femminilità.

Lou gradì il trattamento, e accarezzò i capelli del marito, con ritrovata tenerezza. Poi fece scendere furtivamente la mano e, attraverso la stoffa del pigiama, prese possesso del membro di Roger, e cominciò a massaggiarglielo con lo stesso ritmo che lui impiegava nel poppare. Quella stimolazione suscitò però una strana reazione psicologica nell’uomo: più che eccitarlo, lo allarmò; era come se, in un certo senso, la donna volesse forzare la sua volontà, la sua virilità.

Così, anche se una parte di Roger accettava con gratitudine quello stimolo, ce n’era un’altra che boicottava, in un certo senso, il sorgere del desiderio in lui.

“No, stasera no” si ripeteva, quasi senza volerlo.

Lou si accorse che il sesso del marito stentava a decollare, sicché sentiva in mano, ormai da una decina di minuti, un pisello appena un po’ più gonfio di come l’aveva trovato, e con un certo nervosismo disse a Roger di staccarsi dalle sue tette. Quindi, rapidamente la donna si alzò dal letto e frugò nel cassetto della propria biancheria; trovato un paio di autoreggenti, lo gettò al marito e gli disse, con un tono poco accomodante:

– Togliti i pantaloni del pigiama e mettiti queste.

Avvilito e confuso, Roger rigirò un po’ le calze tra le mani, ma Lou lo esortò nervosa a fare come gli aveva detto, e aggiunse con divertita perfidia:

– Sai bene perché; vero, femminuccia?

La donna, comunque, non era ancora sazia e, una volta che Roger si fu cambiato, lo invitò a riprendere le stimolazioni erotiche che avevano interrotto.

– Datti da fare almeno con la bocca! – gli fece, con evidente disprezzo.

“Almeno forse si calmerà un po’, se l’assecondo” pensò il marito, cominciando a leccarle le tette.

Lou in effetti apprezzava e, con la testa all’indietro, gemeva con ardore; Roger adorava il sapore delle mammelle della moglie e si disse, forse per l’unica volta in quella sera, che era un peccato non sentirsi in grado di fare di più…

– Fottimi con le dita! – esclamò a un tratto Lou. – Almeno fin là ci arrivi… femminuccia?

In certe occasioni, lei sembrava provar gusto a tormentare il marito con questo ed altri epiteti; ma Roger quella sera era troppo abbattuto per darvi peso: voleva solo essere lasciato in pace al più presto, coi suoi pensieri.

Così, per puro spirito di servizio, e senza gran coinvolgimento da parte sua, l’uomo infilò l’indice e il medio nella vulva della moglie, e cominciò a pompare.

– Fai più piano, per ora – disse Lou: – ti dico io quando accelerare.

E lui, ubbidiente, come se fosse una macchinetta a gettoni, rallentò il ritmo, adeguandolo al desiderio della donna.

– Vai, adesso stantuffami a tutto gas! – esclamò lei a un tratto, e cominciò a mugolare e a contorcersi, piena di energia erotica, mentre le dita del marito stimolavano diligenti le pareti della sua vagina.

Dopo un po’, queste cominciarono a contrarsi, in preda alle spinte dell’orgasmo, e Lou si agitò tutta sul letto, scalciando di qua e di là: sembrava stesse liberando la furia che covava nel suo animo.

Roger andò in bagno a lavarsi la mano, appiccicaticcia, che aveva usato per far godere la moglie, e quando tornò in camera, trovò Lou ancora nuda, stesa beatamente, che con una mano si grattava il cespuglio del sesso mentre con l’altra reggeva una sigaretta accesa, da cui di tanto in tanto aspirava con avidità il fumo. Senza dire una parola, e piuttosto a disagio per gli atteggiamenti scomposti della donna, Roger si coricò, voltandole le spalle.

L’odore del fumo gli dava un senso di irritazione, ma non osava fiatare. Continuava a sentire il sottile rumore che faceva la mano della donna, grattando indolente il pube in mezzo ai peli. Poi Lou, avendo forse finito la sigaretta, dovette alzarsi, perché Roger sentì il rumore delle sue pantofole sul pavimento: era andata in bagno a lavarsi, a giudicare dallo scrosciare dell’acqua che di lì a breve si udì.

L’uomo sperò di addormentarsi prima che lei tornasse in camera, e per fortuna così fu. Riaprì gli occhi quasi sobbalzando: che ora era? Non lo sapeva, però vedeva contro il muro la luce proveniente senz’altro dalla lampada sul comodino di Lou; perché era accesa? O forse non era mai stata spenta? Ma non furono questi i pensieri prevalenti nella sua mente, perché la sua attenzione fu attratta, fin dal brusco risveglio, da un contatto che sentiva dietro di sé; nei primi istanti di coscienza dopo il sonno, non riuscì a interpretare la sensazione, poi la mise finalmente a fuoco: erano carezze.

Precisamente, si trattava di carezze alquanto audaci e lente, nella zona del suo sedere; non poteva esserci che una spiegazione: la moglie gli stava accarezzando le natiche. Come mai erano nude? – si domandò l’uomo in un primo momento; poi ricordò: Lou gli aveva fatto togliere i calzoni del pigiama e indossare le autoreggenti.

Con un moto di imbarazzo, Roger portò una mano in basso, sulla gamba, e sfiorò l’orlo di una di quelle calze da donna. Nel frattempo, Lou aveva cominciato a sfiorare con un dito il solco fra le sue natiche: doveva essere stata lei, certamente, a svegliarlo, con quelle manovre; probabilmente non si era affatto addormentata, quella sera.

– Che stai facendo, Lou? Perché non dormi? – disse l’uomo, con voce ancora assonnata.

– Perché non mi va – rispose lei, languida, – e perché il tuo culetto &egrave un amore…

– Per favore, ho sonno – replicò Roger, quasi lamentoso: – non ti basta quello che abbiamo fatto stasera?

– Hai anche il coraggio di parlare? – disse Lou. – Quello che dovevi fare non l’hai fatto, perché sei la solita femminuccia; e allora lascia che mi consoli col tuo culetto bello liscio e bianco.

Il dito della donna continuava a scorrere malizioso lungo il grande canale in mezzo ai glutei di Roger.

– Domani devo alzarmi presto – la implorò l’uomo.

– Impara a soddisfare tua moglie e stai zitto! – ribatté lei. – E poi – aggiunse con voce sensuale – sono sicura che certe cose ti piacciono… femminuccia!

Roger non poteva negare che la stimolazione ai suoi glutei stava avendo un certo effetto sulla sua libido: la moglie non aveva tutti i torti; eppure, quella situazione lo turbava.

Si sentiva esposto e indifeso, mentre la mano di Lou esplorava con impertinenza il suo posteriore. Ad un tratto, la donna insinuò un dito sotto il suo sedere, nella zona del cavallo, e lo spinse in fondo, sin quasi a toccargli i testicoli; Roger provò una strana e incontrollabile eccitazione, che però continuava a confondersi con l’oscuro timore di non poter opporre alcuna resistenza alle manovre della moglie.

– Ma che fai? – disse l’uomo, con poca convinzione.

– Non fingere con me, Roger – rispose Lou. – Voltati e vediamo se non ho ragione.

L’uomo si mise supino, e immediatamente la moglie portò una mano al suo membro, che mostrava un primo accenno di erezione. Deliziata da quel contatto, Lou commentò:

– Vedo che qualcosa si sta muovendo… Lo sapevo che a te piacciono certe cose.

In pochi istanti, massaggiato dalla donna, il pene di Roger si fece duro e gonfio; l’uomo stesso se ne meravigliò, pensando: “Accidenti! Anche stavolta, tanto ha fatto che ha ottenuto quel che voleva”. Senza perdere tempo, Lou si spostò, inginocchiandosi a gambe larghe sul pube del marito; sistemò accuratamente l’uccello, in modo che il glande facesse capolino nella vagina, e poi si chinò in avanti, le mani appoggiate al cuscino, ai lati della testa di Roger.

Finalmente cominciò a cavalcare, con gli occhi rivolti ai genitali: evidentemente le piaceva l’idea di osservare il sesso dell’uomo che entrava e usciva dalla propria umida tana. Inoltre, le piaceva forse sovrastare il corpo del marito col proprio, mentre lo stantuffava. Roger, dal canto suo, guardava rapito le tette di Lou che sobbalzavano ogni volta che lei spingeva per farsi penetrare dal suo bastone; non poté trattenersi dal posare le mani sui seni della donna, cominciando poi a maneggiarglieli lentamente, e a sfregare coi palmi i capezzoli induriti dal piacere.

– Brava! Brava! – sussurrò Lou sensualmente. – Brava la mia femminuccia!

Dopo queste parole, iniziò a gemere oscenamente, con crescente intensità, mentre l’uomo non smetteva di affondare le mani nelle sue soffici mammelle. Il ritmo delle spinte di Lou si fece frenetico, sicché la sua cavalcata sembrò farsi furiosa, come se la donna intendesse conficcare sempre più a fondo la dura virilità di Roger dentro il proprio corpo, per farla interamente sua, lasciando che s’inabissasse nella propria guaina lubrificata e desiderante.

Lou continuò infatti a osservare i loro genitali che si fondevano come in un’appassionata danza, e un sorriso di rabbia soddisfatta sembrò comparirle sul volto. L’orgasmo si manifestò improvviso, attraverso i gemiti della donna, fattisi ormai ruggiti di beatitudine; lei continuò poi a stantuffare con vigore e impazienza, finché anche il marito non arrivò alla meta, e ad ogni potente spinta del pene, carica di seme, Lou rispose contraendo i muscoli della vagina, come per aspirare fino all’ultima goccia l’ardore di Roger.

Finita la sfrenata danza, la donna si scostò dal marito e si stese supina al proprio posto, per riprendere fiato.

– Non c’&egrave male – mormorò: – so come trattarti, per farti andare a mille, femminuccia mia: ormai posso dire che ti conosco bene.

L’uomo di solito non faceva quasi più caso a quell’epiteto, “femminuccia”, che la moglie usava per canzonarlo, per umiliarlo o per eccitarlo; in quel momento, però, gli parve particolarmente perfido: ma come? Proprio ora che l’aveva soddisfatta con la propria virilità? Ma Lou era così: prendere o lasciare. E lui era troppo legato al corpo e alla sapienza erotica della moglie, per poter rinunciare a lei.

Dopo essersi lavato, tornò nella stanza da letto e trovò Lou che finiva di fumare un’altra sigaretta. “Finalmente sembra tranquilla” pensò l’uomo con sollievo.

– A nanna, adesso – disse infatti Lou, spegnendo la luce sul proprio comodino, dopo avere smorzato la sigaretta nel portacenere.

Aveva ottenuto tutto ciò che voleva, dal furgone in poi, e finalmente la partita, per quella sera, poteva dirsi chiusa.
Roger, sulle prime, non capì che genere di lavoro avesse iniziato a fare la moglie, né a cosa le servisse il furgone. Dopo qualche insistenza, riuscì a sapere da Lou che si trattava di un lavoro da rappresentante.

– Vendo preziosi… roba molto fine, soprattutto in oro e argento, per una ditta molto seria – spiegò la donna.

– Ma c’era proprio bisogno che iniziassi questo lavoro? – brontolò il marito. – Ti ho mai fatto mancare niente?

– Ne abbiamo già parlato, Roger – rispose seccata Lou. – Prima di tutto, avevo bisogno di avere una mia attività… e poi, ti garantisco che guadagno bene, e mi sto mettendo un gruzzoletto da parte. Ed &egrave una cosa che fa sempre comodo, non ti pare?

Ormai la donna aveva preso le sue decisioni, e non c’era verso di farle cambiare idea: Roger si rassegnò. Quello che però proprio non gli andava a genio era il fatto che Lou, con quel lavoro, avesse cominciato a stare parecchio fuori di casa, e che da un certo momento in poi avesse preso l’abitudine di assentarsi anche per un giorno intero.

Durante una di queste assenze di Lou, Roger ricomparve, dopo tanto tempo, nel bar che prima era solito frequentare. Gli amici lo salutarono con grandi feste e vollero sapere tutto della sua vita, e soprattutto come mai fosse sparito dalla circolazione. Roger, senza scendere nei dettagli intimi e per lui più imbarazzanti, raccontò gli alti e bassi della sua vita coniugale, felice di potersi finalmente confidare con qualcuno.

– Io ci tengo a lei – disse tra l’altro, – ma non mi sento capito; anzi, a volte Lou &egrave addirittura ingiusta con me.

– Ma cosa fa? Ti manca di rispetto? Ti manda a quel paese? – gli domandò Phil, il suo più caro amico.

– Beh… sì, anche questo – ammise Roger.

– A dire il vero, quando l’ho conosciuta, al vostro matrimonio, ho pensato subito che doveva essere un tipo prepotente e piantagrane. Senza offese, eh, Roger!… E comunque, al posto tuo, sai che farei? La lascerei un po’ cuocere nel suo brodo; voglio dire, proverei a essere meno gentile e servizievole, a farle capire che certe cose bisogna meritarsele. E poi, al limite, la pianterei in asso per qualche giorno, per farle capire che sbaglia e per farla venire a più miti consigli.

– Ma io, sai, le voglio bene – obiettò Roger, – non vorrei che mi lasciasse…

– Sei troppo buono, tu! Ecco perché tua moglie ne approfitta! – commentò Phil.

Un altro amico, Sam, intervenne per dire la sua:

– Scommetto che c’&egrave qualcosa che ci nascondi, Roger.

– Io? – fece questi, imbarazzato.

– Ma sì! – ribatté Sam. – Sicuramente tua moglie &egrave fenomenale tra le lenzuola: ecco perché sei tanto attaccato alle sue sottane: e dilla, la verità!

Gli amici di Roger accolsero questa frase con una risata d’intesa, e lui, facendosi rosso, ammise:

– Beh, devo dire che da quel punto di vista va magnificamente, fra noi due…

– Ecco, lo vedi? – fece trionfante Sam. – Lo dicevo io che &egrave questa la ragione per cui te la tieni stretta, la mogliettina. Lo avevo immaginato.

– Però, Roger, ascolta – soggiunse Phil, – anche se Lou &egrave la migliore amante del mondo, non farti mettere i piedi in testa. Se nel matrimonio non c’&egrave affetto, non vale la pena restare insieme. Ho l’impressione che lei approfitti di te, e questo non &egrave bello. Io capisco che tu la ami alla follia, l’hai appena detto; ma se Lou non ricambia fino in fondo quello che tu provi per lei, beh… pensaci bene. Esiste anche il divorzio, sai? Può capitare a tutti di sbagliare. Io per primo, lo sai, sono al secondo matrimonio, e non so ancora se mi fermerò qui…

Un’altra risata generale commentò la facezia di Phil; Roger bevve un altro bicchiere e tacque. La sola idea del divorzio, anche se ragionevole in astratto, lo inquietava: aveva aspettato tanto per trovare una donna come Lou, che gli facesse sentire le gioie di una profonda intesa sessuale, il piacere di sentirsi realizzato e mille volte più vivo; buttare al vento questo tesoro gli sembrava inconcepibile, spaventoso, fuori questione. Un’angoscia indicibile lo assaliva al solo pensiero di dover rinunciare a Lou, alla sua voce, al suo abbraccio, al suo fascino selvaggio. Ora più che mai ne era certo; ora che qualcuno, rappresentando quasi la voce del senso comune, gliene aveva prospettato con schiettezza la possibilità.

Ma che ne sapevano, i suoi amici, del rapporto fra lui e sua moglie? Come potevano decidere per lui, dargli consigli? In quel momento, tutti i problemi che c’erano nel loro matrimonio si dissolsero nella sua mente, e al loro posto rimasero solo disgusto e rabbia: disgusto per quella compagnia, per il posto in cui si trovava, rabbia per avere scelto stupidamente quella sera di rimettere piede in quel bar.

Era solo: ora lo sapeva finalmente. Salutò frettolosamente i presenti, visibilmente teso, e abbandonò il locale. L’aria pura della notte, sul viso e nei polmoni, lo rasserenò.

Quando, dopo due giorni, Lou tornò a casa, Roger era nervoso: la paura di perderla si era impadronita di lui, fino a fargli smarrire tatto e prudenza. Del resto, era la prima volta che la moglie si assentava da casa per più di ventiquattr’ore. Così, cominciò a chiederle ossessivamente dove fosse andata; lei inizialmente rispose calma:

– Ero via per lavoro.

Ma il marito mostrava di non crederle, e ad un tratto esclamò:

– Ma ti sembra questo il modo di fare? Perché non mi hai avvisato? Io ero in pensiero per te!

– Non avevi motivo di preoccuparti: come vedi, sono tornata; ho la pelle dura, io – ribatté lei, ironica.

– Ma che razza di risposta &egrave? – s’inalberò Roger. – Un incidente può capitare a tutti…

– Oh, falla finita! – disse annoiata la donna.

– Ma insomma, io sono tuo marito! – esclamò l’uomo. – Tu non puoi andartene così da casa, quando ti pare, e lasciarmi da solo per giorni e giorni!

Lou cominciò a mostrare segni d’insofferenza e, guardando Roger con aria di sufficienza, commentò:

– E chi lo dice, questo? Tu?

– Non usare quel tono con me! – fece lui.

– Perché? Altrimenti tu che fai? Stammi a sentire, Roger: io sono stanca, dopo tutti i chilometri che ho fatto, e voglio riposare. Non rendermi più nervosa di quello che sono…

– Non cominciare con le minacce: sono stufo! Noi dobbiamo parlare!

La donna sbuffò in maniera preoccupante e osservò in cagnesco il marito.

– Dobbiamo parlare di cosa, Roger? – disse, alzandosi.

Si avvicinò quindi al muro e, quasi con nonchalance, afferrò la mazza da baseball di Roger che vi era appesa; poi, sempre lentamente, si diresse in cucina e cominciò a colpire con la mazza pentole e piatti che si erano accumulati sul lavabo, in sua assenza, e li fece finire per terra con gran fracasso.

– Dobbiamo parlare di questo, dici? – gridò furibonda. – Dobbiamo parlare del fatto che hai lasciato qui un vero porcile, pensando che dovesse lavarteli la schiava del cazzo, i tuoi piatti luridi? Vogliamo parlare di questo, non &egrave così?

Con altri colpi di mazza, la donna continuò a scaraventare per terra piatti e bicchieri, che finirono in mille pezzi. Roger, benché impaurito dalla furia della moglie, si affacciò sulla soglia della cucina e provò a usare ancora un tono fermo e indignato, dicendo:

– Sei ammattita? Ma cosa ti salta in mente?

Subito Lou, agitando la mazza da baseball verso l’uomo, gli fece:

– Ma non volevi parlarmi? Perché non vieni qua e non mi spieghi cosa avevi da dirmi di tanto importante?

Con le gambe che gli tremavano, Roger provò per un’ultima volta a mostrarsi calmo e deciso:

– Ma ti sembra bello quello che hai fatto? Guarda quanti danni! E adesso chi raccoglie quella roba?

– Come, chi la raccoglie? La raccogli tu, stronzo! – urlò imbestialita la donna, che sempre brandendo minacciosa la mazza da baseball, si diresse verso Roger.

Questi, capendo che le cose si mettevano davvero male, si lasciò guidare dai consigli dell’istinto e, facendo dietrofront, si diede alla fuga.

– Non scappare, vieni qua, fifone! – gli gridò dietro Lou, mettendosi a inseguirlo. – Adesso le prendi, hai capito? Io avevo solo voglia di riposare e tu hai avuto il potere di farmi perdere la pazienza.

L’uomo non era mai arrivato ad avere tanta paura della moglie: quegli occhi pieni di collera, quella voce aspra e – soprattutto – quella temibile mazza da baseball agitata come una primordiale clava, lo avevano colmato di un vero e proprio terrore, che lo faceva tremare da capo a piedi; correndo imboccò le scale e salì, sentendo i passi veloci di Lou dietro di sé. Si barricò in bagno e attese, col cuore in gola, gli sviluppi della faccenda.

Non dovette comunque aspettare a lungo: dopo qualche secondo, Lou bussò furiosa alla porta.

– Apri! – esclamò la donna. – Ti ho detto di aprire, Roger! Non farmelo ripetere, cazzo!

– Sei troppo agitata – replicò lui. – Aprirò solo quando ti sarai calmata.

– Allora puoi anche aspettare in eterno – fece Lou. – Io non mi calmo per niente, finché non te le ho suonate di santa ragione, hai capito? Stavolta mi hai fatto incazzare di brutto, Roger! Sai cosa vuol dire?

– Cerca di calmarti, okay? Altrimenti non apro! – ribadì l’uomo.

– Mi fai ridere! Che cosa non apri, tu? Vuoi vedere che, se voglio, io la apro lo stesso, ‘sta cazzo di porta? Lo vuoi proprio vedere, eh? – minacciò Lou.

Dopo un istante, Roger cominciò a sentire terribili colpi sulla porta: il suo cuore agitato riprese a battere forte. I rumori si fecero sempre più intensi e preoccupanti: evidentemente la donna la stava colpendo con la mazza da baseball, con incredibile ed energico accanimento.

– Ma sei impazzita? Cosa vuoi fare? Sfasciare anche la porta? – urlò Roger.

– E’ colpa tua: ti avevo detto di aprirla e non l’hai fatto – gli rinfacciò la donna, continuando a dare potenti colpi di mazza sulla porta.

Questa era fatta di un legno piuttosto sottile, e non poteva resistere a lungo a tanto furore; infatti, ad un certo punto, cominciò a spaccarsi, nel punto in cui la mazza continuava a colpire. Roger vide con terrore le crepe formarsi nel legno.

– Per favore, Lou, smettila! – supplicò, ma la moglie sembrò non dargli ascolto: i colpi continuarono ad abbattersi, forse persino più furiosi.

– Ti ho detto di venire fuori! – esclamò la donna, mentre il legno ormai cedeva e l’apertura si andava allargando.

Roger tremava tutto e si rannicchiò accanto al water, in fondo alla stanza, come per allontanarsi il più possibile dal centro del pericolo. Finalmente i colpi cessarono: forse Lou si era arresa, vedendo che non era così facile aver ragione di quella porta – o almeno questo era ciò che sperava l’uomo. In realtà, si era soltanto riposata per qualche attimo, perché dopo un po’ i colpi ripresero, più forti e frequenti di prima.

– Esci, se non vuoi che finisca di sfasciare tutto! – disse Lou. – Così non fai altro che farmi arrabbiare di più.

– Okay, okay, basta: ti apro – annunciò Roger. – Ma tu smettila di dare quei colpi!

– Va bene, fai presto – replicò la moglie.

Cauto, l’uomo si alzò e si avvicinò alla porta; la mano gli ballava penosamente, mentre faceva girare la chiave nella serratura. Ruotò poi bruscamente la maniglia, e fece un passo indietro, per mettersi al riparo dall’ira della donna.

Lei stava lì, appena oltre l’uscio, con un’espressione cupa e determinata in volto, e con la mazza da baseball stretta saldamente nella destra.

– Esci di là, Roger, avanti: non costringermi a venire dentro – intimò, con voce ferma ma piuttosto bassa.

L’uomo provò a guardarla negli occhi, chiedendole con lo sguardo: “Ma cosa ti ho fatto?”. Però capì subito che lei non era disposta al perdono, e voleva tutta intera la sua soddisfazione. Roger uscì quindi dal bagno e rimase davanti alla moglie, in attesa delle sue istruzioni; non smetteva di tremare. Lou cominciò a battere leggermente la mazza da baseball sul palmo della propria mano sinistra, come per intimidire ulteriormente il marito.

– Ma come? – disse la donna, con voce apparentemente calma. – Sono appena tornata e non mi chiedi come sono andati i miei affari?

Roger non afferrò il senso di quella domanda, ma l’espressione terribile negli occhi della moglie, e quella mazza che lei continuava a battere ritmicamente sul proprio palmo, gli fecero comprendere che non poteva sottovalutarla, e così replicò meccanicamente:

– Come sono andati i tuoi affari, Lou?

La donna scosse la testa, con un mezzo sorriso, e indicando il pavimento mormorò:

– Non così: in ginocchio.

L’uomo seguì saggiamente il suggerimento; poi alzò gli occhi per osservare quelli della moglie, e un’idea gli balenò nella mente: avrebbe dovuto mostrarsi più zelante. Quindi, senza che Lou gliel’avesse chiesto, s’inchinò fino a sfiorare con le labbra la punta di una scarpa della donna e, abbracciandole le caviglie, le chiese nuovamente:

– Come sono andati i tuoi affari, Lou?

– Abbastanza bene, Roger. Mi fa piacere che tu me lo chieda – rispose la moglie, con apparente indolenza e reale soddisfazione, sfumature che l’uomo riuscì a percepire.

Subito dopo, però, Lou gli fece perfidamente comprendere che, nonostante i suoi sforzi, non si era affatto messo al sicuro.

– Mi dispiace vedere che in mia assenza non ti sei comportato bene, e hai anche trascurato la pulizia della casa – disse infatti. – In cucina, tutti quei piatti sporchi… Non sta bene, Roger. Ora li dovrai ricomprare quasi tutti, così imparerai la lezione. E poi, io volevo dormire, te l’ho detto, e invece mi hai fatto venire un gran mal di testa. Quand’&egrave che imparerai a comportarti come si deve? Devo sempre trattarti come un ragazzino?

Roger, quasi alla disperazione, accarezzò le caviglie della donna, attraverso le calze. Cos’altro poteva pretendere, sua moglie, da lui? Non si era umiliato a sufficienza?

– Spogliati e vatti a stendere sul letto – disse Lou a un tratto.

– Perché? – domandò il marito, con un filo di voce. Non si fidava di quella richiesta.

– Non fare ancora domande, Roger. Ho mal di testa – rispose lei, facendogli capire che non erano gradite altre discussioni.

Quando la donna, qualche minuto dopo, entrò in camera, trovò il marito steso supino sul letto, e sorrise compiaciuta.

– Togliti anche quelle e girati a pancia in giù – mormorò, indicando con la mazza da baseball le mutande blu che Roger indossava.

Questi, nel vedere ancora quell’arma tra le mani della donna, deglutì preoccupato, però fece quanto lei gli aveva chiesto.

– Benissimo, Roger – commentò Lou, con tono soddisfatto. – Sei proprio un amore, con quel culetto in mostra – aggiunse, e sfiorò con la punta della mazza la parte anatomica dell’uomo da lei appena nominata.

– Ma che cosa vuoi fare? – domandò Roger, teso.

– Farti capire alcune cose, in modo che tu non sbagli più, la prossima volta – fu la risposta della moglie.

L’uomo riprese a tremare, ma non gli sembrò il caso di mostrarsi impaurito: doveva rimanere saldo, ad ogni costo, qualsiasi cosa accadesse.

– Il tuo culetto &egrave veramente uno splendore – ribadì Lou, sfiorando ripetutamente le natiche del marito con la mazza da baseball, – perciò mi dispiace molto prendermela con lui… ma &egrave solo colpa tua…

Pochi istanti dopo, Roger avvertì sui glutei un primo, micidiale colpo; sussultò, strinse i denti, ma impedì a se stesso di gridare.

– Hai capito, Roger? Allora, di chi &egrave la colpa? – chiese la donna, con voce dura e al tempo stessa attraversata da un sottile piacere.

L’uomo non parlò, cercando ancora di non capitolare. Un secondo colpo di mazza si abbatté sul suo tenero posteriore; ma Roger tenne duro e non una sillaba gli uscì dalle labbra.

– Roger, ti ho fatto una domanda: di chi &egrave la colpa? – lo incalzò Lou.

Poiché l’uomo non parlava, la moglie gl’inferse un altro colpo di mazza, sempre nello stesso, delicato punto. Roger riuscì ancora a contenersi, meravigliandosi lui stesso della propria capacità di resistenza.

– Sto perdendo la pazienza – lo avvisò la moglie: – visto che sei testardo, ora te ne darò una bella serie, finché non arriverai a supplicarmi di smettere…

L’uomo rilassò completamente i muscoli, immaginando forse che in tal modo avrebbe potuto resistere più a lungo al supplizio. Lou, dal canto suo, realmente furiosa, cominciò ad assestare con la mazza da baseball una serie di colpi in rapida successione sul povero sedere del marito; e man mano che procedeva, il furore le aumentava dentro, e con quello cresceva anche l’energia dei colpi. Come aveva predetto, Roger cedette, e la supplicò ad alta voce di smettere.

– Ah sì, Roger? La devo smettere? – fece lei. – E tu che mi dici? Di chi &egrave la colpa?

– La colpa di che?

– La colpa! Perché, secondo te, ora ti trovi su questo letto a prenderle? Perché in cucina ora c’&egrave una montagna di piatti rotti? Di chi &egrave la colpa?

– E’… &egrave mia – mormorò Roger controvoglia.

– Oh, benissimo! E chi li raccoglierà, tutti quei cocci? Chi laverà la cucina da cima a fondo? – chiese ancora Lou.

Ma l’uomo stavolta non rispose: no, non intendeva umiliarsi ancora. Però faceva troppo affidamento sulla propria capacità di resistenza.

– Non mi rispondi? – fece la donna. – Guarda che &egrave inutile… Tu ti comporti come un marmocchio, Roger, e io ti tratto per quello che dimostri di essere.

E alle parole seguirono immediatamente i fatti: la mazza da baseball, maneggiata abilmente da Lou, si abbatté ancora spietatamente sulle natiche nude e indifese dell’uomo, producendo piccoli schiocchi e, soprattutto, un sempre più intenso dolore.

– Ahia, ahia, basta! – esclamò a un tratto Roger, cercando a fatica di contenere le lacrime. – Ti prego, Lou… che cosa vuoi da me?

– Non hai risposto alla mia domanda – fece lei, implacabile. – Chi raccoglierà i cocci e ripulirà la cucina?

– Io, Lou. Lo farò io – promise Roger, completamente rassegnato. – Può bastare, adesso? Ti prego…

– Non ancora! – dichiarò la donna. – Non voglio più essere seccata da te, in quel modo, quando torno da uno dei miei viaggi di lavoro.

– Ma perché? Cosa ho fatto?

– Mi hai assillata, scocciata, con tutte quelle domande su dove sono stata e cosa ho fatto!

– Ma ero preoccupato…

– Un accidente! E soprattutto, non azzardarti più a dirmi, con aria minacciosa del cazzo, che cosa devo fare e che cosa non devo fare, okay? Sono stata abbastanza chiara, Roger?

Un altro colpo di mazza finì a questo punto sul sedere dell’uomo, quasi a sottolineare l’importanza delle ultime parole.

– Eh? Sono stata chiara? O vuoi che ti ripeta tutto dal principio? – fece Lou.

– No, no, basta, ti prego. Ho capito – mormorò annichilito Roger.

– Prima mi hai detto che io “non posso andarmene da casa quando mi pare, per giorni e giorni”. E’ vero o no? L’hai detto o no, Roger? – domandò la donna.

– Sì – confermò lui, senza entusiasmo.

– Naturalmente l’hai detto senz’altro per sbaglio. Non ci hai riflettuto, immagino. Quindi ammetti che era un errore, e che io posso fare tutto ciò che voglio, senza dar conto a nessuno, neanche a te. Non &egrave così, Roger? Era questo che volevi veramente dire, pensandoci bene?

Il marito non rispose, stavolta: che cosa voleva, Lou? “Vuole che io rinunci completamente alla mia personalità? che rinunci a farle qualsiasi osservazione?” si disse Roger. Ma non poté mantenere a lungo la propria posizione: un’altra serie di colpi sulle terga già doloranti lo convinse a cedere ancora.

– Allora, Roger? – ribadì la donna. – Volevi dire in realtà il contrario di quello che hai detto: lo ammetti, sì o no?

– Sì, Lou, lo ammetto: puoi fare quello che vuoi, non ti dirò più niente – dichiarò infine il marito, esausto.

– Ecco, lo vedi che cominci a imparare? – commentò Lou, con una punta di sarcasmo, e sfiorando delicatamente con la mano i glutei arrossati di Roger, aggiunse: – Qui dobbiamo metterci un po’ di pomata, adesso.

Quella sera, l’uomo dovette sfacchinare a lungo in cucina, per sbarazzarsi della poltiglia di cocci e per lavare le pentole e le stoviglie ancora sporche. Come se non bastasse, era stato costretto dalla moglie a rimanere nudo, o quasi: alle gambe portava, sempre per imposizione di Lou, un paio di autoreggenti nere, segno del castigo “da femminuccia” al quale era stato sottoposto.

Al momento di andare a dormire, Lou, seduta sul bordo del letto, volle il marito inginocchiato fra le sue gambe, perché le pettinasse a dovere il cespuglio della passerina.

– In questi giorni, stando fuori, ho dovuto fare da sola, ma non &egrave la stessa cosa – commentò la donna: – ormai mi hai abituata troppo bene.

“Com’&egrave vero!” pensò tristemente Roger.

Docilmente, quasi con fare languido, e con lo sguardo concentrato sull’intimità della moglie, lui affondava il pettinino in quell’ispida selva, che gli sembrava quasi una folta barba. Lou gradiva quella devota attenzione, e vedere il marito così intento, sentendo nello stesso momento il pettinino sfiorarle appena le succose labbra del sesso, le procurava un’ebbrezza senza eguali, che si trasformava spesso in uno stato di latente eccitazione.

A Roger quella sera sembrò di captare ad un tratto il profumo di quell’eccitazione, e sollevò gli occhi per osservare quelli di lei.

– Continua a pettinarmela – sussurrò Lou, con aria complice.

L’uomo continuò il suo lavoro con la stessa diligenza, e l’odore della moglie sembrava diffondersi man mano nell’ambiente. Ad un certo punto, Lou allargò maggiormente le gambe e poi, sollevandole, le appoggiò sulle spalle del marito. L’odore della donna sembrò quasi accendersi, in quel momento; per di più, Roger avvertiva ora il calore delle cosce della moglie, quasi a contatto con le proprie guance.

– Baciamele – disse semplicemente Lou, e l’uomo, sorpreso dalla voglia che lui stesso provava, girò il viso da un lato e baciò profondamente una coscia della donna.

Poi lo girò dall’altro lato e schioccò un altro bacio. Quindi riprese a pettinare il nero cespuglio di Lou, ma ad un certo momento sentì il viso serrato in una calda morsa. In effetti, la donna aveva cominciato a stringere le cosce, intrappolando la testa del marito e incrociando le caviglie dietro la schiena di questi.

La calda carne di Lou serrava le guance e le mascelle dell’uomo, che rivolse uno sguardo interrogativo al volto della moglie; lei gli sorrise divertita e, afferrandolo per i capelli, lo tirò verso il proprio ventre, finché il volto di Roger non finì proprio nel rigoglioso giardino che poco prima stava curando.

In quello stesso istante, l’uomo sentì le cosce della moglie stringersi maggiormente intorno alla propria testa, in maniera da tenerla prigioniera laggiù, contro il suo sesso.

– Hai perso la lingua? – fece la donna, provocante. – E’ il momento di usarla bene, dopo tutte le sciocchezze che le hai fatto dire oggi…

Roger, anche se leggermente spaventato dalla foga della moglie, non se lo fece ripetere, e immerse la lingua nel cespuglio odoroso di Lou, a caccia del suo tesoro nascosto. La fece guizzare qua e là, finché non sentì la grande fenditura carnosa, che cominciò a lambire e a solleticare. I mugolii della donna gli fecero capire che si stava muovendo ottimamente.

Come a suggerirgli d’intensificare le sollecitazioni, Lou gli dette ripetute strizzate alla testa, servendosi della morsa delle cosce. Roger leccò allora come un disperato, per cercare di dare maggiore piacere alla moglie, e lei si lasciò andare a sospiri sempre più profondi.

Con la punta della lingua, l’uomo individuò il clitoride e cominciò a umettarlo e a coccolarlo. Lou, ipereccitata da quel trattamento, strinse follemente le cosce, fin quasi a soffocare il marito contro il proprio sesso.

– Ancora! – esclamò la donna. – Continua lì e non fermarti assolutamente!

La lingua ormai quasi gli doleva, ma Roger continuò a farla guizzare sul bottoncino sensibile della moglie; a un tratto si sentì premere la testa dalla mano di Lou, e subito dopo sentì fremere il corpo di lei; ad ogni ondata del proprio orgasmo, la donna strinse ancora le gambe, sicché Roger si sentì ritmicamente compresso contro il cespuglio di Lou.

– Usala di più per leccare e meno per dire cazzate, la tua lingua, da oggi in poi – mormorò la donna, liberando finalmente la testa di Roger dalla stretta delle proprie cosce.

Andò subito dopo in bagno, e il marito si stese sul letto e sprofondò nel sonno; ma dovette riaprire gli occhi nel cuore della notte. Lou infatti, che aveva appena finito di vedere alcuni programmi, dopo avere spento il televisore che tenevano in camera, scosse energicamente l’uomo e gli fece:

– Ho una voglia arretrata, datti da fare.

Roger quasi non riusciva a mantenere aperte le palpebre, ma a Lou non sembrava interessare questo “dettaglio” e, messasi a cavalcioni sul marito, cominciò a massaggiargli sbrigativamente il pisello, anche lui insonnolito.

– Lou, ma che ti prende? – disse il marito.

– Ho voglia; svegliati, fai il marito, una volta tanto! – replicò lei, dandogli pizzicotti sul petto e schiaffetti sulle guance, per ridestarlo del tutto.

– Ma che modi sono, scusa? Stavo dormendo! – protestò l’uomo.

– Pazienza! Chi dorme si può sempre svegliare… Non poltrire e fai il tuo dovere… femminuccia! – ribatté Lou, frizionandogli il membro con entrambe le mani.

La voglia accumulata si fece sentire anche nel corpo di Roger, tanto che l’erezione, energicamente sollecitata dalla moglie, si sviluppò in un lampo. Lou sistemò il pene del marito all’imboccatura della vagina, già abbondantemente umida, e cominciò senza indugio a galoppare, esclamando:

– Ohp, ohp! Avanti, cavallino!

Le sue tette sobbalzavano e richiamavano l’attenzione di Roger, che le accarezzò, le strofinò e le palpò, godendo al contatto della loro soffice e voluttuosa consistenza.

– Forza, fammi sentire che ce l’hai ancora bello duro! – lo incitò la donna, accelerando il ritmo delle proprie spinte.

Il marito fece quindi scivolare le mani verso le natiche di Lou, e quasi vi affondò le dita, estasiato dall’ampiezza e dalla tonicità di quella zona appetibile del corpo di lei. Anche la donna gradiva quei massaggi intimi, e raddoppiò i suoi gemiti. Il galoppo si fece rapidamente frenetico, quasi come se lei desiderasse succhiare tutto il piacere possibile dall’asta eretta dell’uomo; e in effetti raggiunse per ben due volte l’acme, prima che Roger, a sua volta, arrivasse al proprio traguardo, eiaculando con particolare veemenza e scaricando così una voglia intensa accumulatasi negli ultimi tempi.

Lou finalmente fermò la galoppata e si stese supina accanto al marito, accendendo una sigaretta; sembrò improvvisamente distaccata, e non gli rivolse uno sguardo né una parola. Lui ebbe quasi l’impressione di essere stato usato, come un giocattolo di carne, e ci rimase male. Provò a dirle qualcosa, ma Lou continuava ad aspirare il fumo, guardando il soffitto, come se lui non ci fosse neppure.

Roger si voltò dunque su un fianco, dando le spalle alla moglie, e la ignorò a sua volta.

Da quel giorno, una scena simile si ripeté spesso, tra loro: Lou svegliava il marito in piena notte, specie se era stata assente da casa un giorno o due, e gl’imponeva di farsi “montare” – come lei stessa usava dire – dopodiché si rimetteva al proprio posto, accendendo il televisore o fumando una sigaretta, senza più badare affatto a lui.

La frustrazione di Roger andò crescendo giorno dopo giorno; avrebbe voluto far capire alla moglie che non gradiva esser trattato così, ma non sapeva da che parte incominciare per dirglielo. Una domenica, mentre Roger era in bagno a radersi la barba, Lou entrò a sua volta e si piazzò dietro di lui; per un po’ sembrò semplicemente intenta ad osservare il marito; poi, improvvisamente, gli abbassò le mutande e cominciò ad accarezzargli il sedere.

– Ti prego, Lou, non in questo momento – fece l’uomo, preoccupato di tagliarsi col rasoio.

– E perché no? – ribatté la moglie. – E’ un momento buono come un altro, per sentire il tuo culetto liscio.

Presto le dita della donna iniziarono a percorrere la fenditura tra le natiche, e il marito ripeté:

– Ti prego, no…

Ma le dita di Lou si fecero sempre più intraprendenti, costringendo Roger a sospendere la rasatura; ad un tratto, l’uomo sussultò e si voltò di scatto verso la moglie, chiedendole incredulo e spaventato:

– Ma cosa fai?

Non poteva quasi credere che fosse successo davvero, ancora una volta; eppure era così: Lou gli aveva appena introdotto a tradimento un dito nell’orifizio anale.

– Ma come puoi fare certe cose? – aggiunse Roger, scostandosi immediatamente dalla donna.

Lei aveva un sorriso malizioso e un’aria tranquilla, e commentò:

– Sono sicura che queste cose ti piacciono…

– Smettila con queste storie, Lou! – esclamò l’uomo, con la rabbia che lo spavento aveva generato in lui.

– Ma guardati! Sei tutto rosso! – lo canzonò lei.

– Devi smetterla, Lou! Dico sul serio: questi giochi non mi vanno. Mi pare di avertelo già detto.

– E se io invece non smettessi per niente? – lo affrontò la donna, spavalda.

Devi smetterla.

– E perché?

– Perché io non voglio.

– Non &egrave una buona ragione. Lo sai che se io voglio fare qualcosa, tu non puoi certo impedirmelo.

A Roger spiaceva sentirsi dire certe cose, anche se erano la pura verità.

– Bene – disse l’uomo, – allora mettiamola così: se finora ti sei permessa certi abusi, sappi che da oggi in poi non li tollererò più.

– Abusi? Che cosa vorresti dire, Roger? Che io non ho il diritto di fare quello che faccio, in questa casa?

– Certo che no! E lo sai anche tu! Ora hai superato il limite, e io non sono più disposto a sopportare…

– Non c’&egrave nessun abuso, mio caro! Il mio diritto viene dal fatto che sono io quella che ha le palle, qui dentro. Credo di avertelo già dimostrato; o l’hai già dimenticato? Sono io che ho il diritto di governare questa baracca.

– Questo &egrave da vedersi!

– Ah sì? E’ da vedersi? E dove lo vuoi vedere? Su uno schermo panoramico, Roger? Vuoi per caso un’altra serie di legnate?

– Ecco l’unico linguaggio che conosci! – rinfacciò Roger alla moglie. – Ti esprimi solo con le mani, menando a destra e a sinistra…

– E’ il linguaggio più spiccio ed efficace, perché fa capire subito chi &egrave che ha diritto a prendere in mano la situazione – ribatté Lou e aggiunse: – Mi stai sfidando, Roger? Non sei ancora convinto che sono io la più tosta?

L’uomo ebbe un attimo di titubanza, essendosi reso conto che, nella foga della discussione, si era spinto un po’ oltre le proprie intenzioni.

– Va bene, sarai la più forte, ma non credo che questo ti dia il diritto di strafare e di calpestare la mia dignità – disse.

– Ma stattene a cuccia, se hai fifa, femminuccia! – fece sarcastica Lou.

– Ecco, adesso ricominci a mancarmi di rispetto – si lamentò l’uomo.

– Piantala di frignare, Roger! – eslcamò la moglie. – Rassegnati al fatto che devi stare a cuccia.

Sembrava proprio che si divertisse a trattare in questo modo il marito, che, esasperato, esclamò a sua volta:

– Va bene, ma tu non permetterti più di farmi quello che hai fatto poco fa!

– Oh, sì che lo farò, Roger, stanne sicuro: come e quando mi andrà.

Lou parlava con aperta aria di sfida; ma l’uomo su quel punto non voleva cedere.

– No, tu non lo farai! – s’impuntò.

– Oh, ma sei testardo, peggio di un ragazzino – osservò la moglie. – Ti dimostrerò subito chi di noi due ha ragione, così la smetterai…

Udendo queste parole, Roger pensò che fosse opportuno sgombrare il campo, impegnandosi in una ritirata strategica, e sgattaiolò fuori del bagno; ma la donna, lesta, gli fu dietro e, lanciatasi al suo inseguimento, si gettò per terra, afferrandogli le gambe, in un vero e proprio placcaggio, che fece ruzzolare l’uomo al suolo.

– Benissimo, Roger – fece Lou, salendogli immediatamente addosso, – &egrave proprio la posizione che volevo, grazie…

L’uomo cominciò a dimenarsi selvaggiamente, per cercare di sgusciare via, ma la moglie si sedette letteralmente sulla sua schiena, le mani appoggiate dietro il suo collo, e prese poi a sussultare violentemente, assestandogli poderosi colpi col proprio sedere.

– Ti piace questo ballo? – sogghignò Lou, mentre si divertiva a tormentare il marito in quel modo.

Dopo un po’, Roger cominciò a lamentarsi per il dolore che quei colpi gli procuravano, e tentò ancora, con movimenti bruschi, di liberarsi.

– Stai fermo là! – lo ammonì la donna, dandogli un po’ di pugni appena sotto il collo.

– Ma che vuoi fare, Lou? Spezzarmi la schiena, accidenti? – si lamentò Roger.

– Stai buono! – fece lei, e gli dette ancora qualche pugno. – Forse riesco a metterti in movimento le idee, perché ti si sono atrofizzate…

– Lasciami andare, Lou, te lo chiedo per piacere… Ho la schiena che mi fa male! – la supplicò l’uomo.

– E’ colpa tua – ribatté lei: – hai detto che io non avrei potuto fare una certa cosa… e invece posso: posso tutto ciò che voglio, e intendo dimostrartelo ancora una volta, visto che lo dimentichi facilmente.

Detto questo, la donna voltò leggermente il busto, appoggiando le mani sul fondoschiena del marito.

– Che stai facendo? – chiese questi, allarmato.

– Ora vedrai… stai buono, ti ho detto!

Lou, appoggiando tutto il proprio peso su Roger, affinché questi non potesse muoversi, si girò rapidamente, in modo da avere davanti a sé il sedere e le gambe del marito, e si sedette nuovamente a cavalcioni su lui. Quindi, afferrò ai lati le mutande di Roger, e cominciò a spingerle, per scoprirgli le natiche.

– No, Lou, lasciami stare! – esclamò lui, sempre più preoccupato, e iniziò di nuovo a dimenarsi e ad agitare furiosamente le gambe, per cercare di sottrarsi al proprio “destino”.

– Non fare il ragazzino – disse Lou, e cominciò a sculacciare senza pietà il marito.

– No… ahia! Lou, non voglio! – gridò l’uomo.

– Stai zitto: devo darti la lezione che meriti, stupido! – replicò la moglie, raddoppiando l’intensità delle sculacciate.

Con la forza della disperazione, Roger provò allora, puntellandosi con le mani, a sollevare da terra il busto, sperando così di riuscire a scrollarsi di dosso Lou, ma la donna si voltò di tre quarti e gli diede alcuni tremendi pugni al centro della schiena, esclamando:

– Stai giù! Stai giù, ho detto, per la miseria!

Benché dolorante, Roger era però ormai deciso a resistere fino all’estremo limite delle proprie forze, e continuò a puntellarsi con le mani al suolo, per cercare di sollevarsi.

– Vuoi il gioco pesante: ho capito – commentò la donna, decisa, dal canto suo, a vincere la propria partita.

Ruotò quindi rapidamente su se stessa, rimanendo seduta sulla schiena del marito, e, stendendosi poi su lui, gli circondò il collo col proprio braccio, in una micidiale presa di lotta.

– Allora, Roger, vuoi piantarla o no di fare il ragazzino con me? – disse, stringendo il collo del marito tra il bicipite e l’avambraccio.

– Lasciami, Lou, lasciami! – fece l’uomo, che parlava a fatica, avendo la gola compressa da quell’implacabile morsa di carne e muscoli.

– E tu ti arrendi e fai il bravo, Roger?

Poiché il marito non rispondeva, la donna si girò di lato, finendo di fianco per terra, e trascinando l’uomo con sé; strinse poi il braccio ancora più forte e ripeté:

– Ti arrendi?

Roger, al quale cominciava a mancare il respiro, si rese conto di non avere altra scelta e mormorò faticosamente:

– Sì.

– Benissimo, Roger – fece Lou, lasciando andare il collo del marito, – adesso mettiti a pancia in giù e non ti muovere per nessun motivo, okay?

Poiché l’uomo, riluttante, esitava, la donna gli sferrò un pugno sul collo, esclamando:

– Ehi, sei sordo? Hai sentito cosa ho detto?

– Non &egrave giusto, Lou – mormorò Roger, stendendosi bocconi sul pavimento del corridoio.

Aveva voglia di piangere, perché si sentiva più che mai indifeso davanti alle prepotenze della moglie. Lou, sarcastica, commentò:

– Cosa ne sai, tu, di cosa &egrave giusto e di cosa non lo &egrave? Sei solo un marmocchio capriccioso, che deve essere messo in riga… Non &egrave così, Roger?

La donna era di nuovo a cavalcioni su lui, ma stavolta più in basso, sulle sue cosce, e aveva cominciato ad abbassargli le mutande. L’uomo, coi nervi scossi, tratteneva a fatica le lacrime.

– Hai un culetto invitante, &egrave giusto che io ne approfitti – commentò Lou, che godeva chiaramente nel constatare ancora una volta l’ampiezza del potere che esercitava sul marito.

Roger rilassò i muscoli, mostrandosi completamente passivo, e sentì le dita della moglie sfiorargli le natiche nude, poi scendere lungo la fenditura, e infine sentì il medio intrufolarsi nell’orifizio, violandolo; ebbe quasi l’impressione che quel dito fosse una lancia, che lo trapassava da parte a parte, impadronendosi anche della sua coscienza e del suo io. Ma, cosa più sorprendente ai suoi occhi, una parte di lui si sentì gratificata e complice – la sua parte più segreta, arrendevole, che offrì, quasi visibile omaggio alla donna e al suo ardore, un principio di erezione, laggiù nella zona della virilità.

– Ecco fatto: ti ho dimostrato che ti sbagliavi. Potevo farlo e l’ho fatto. E se mi andrà, lo farò ancora – dichiarò trionfante Lou, alzandosi e lasciandosi andare ad una risatina di soddisfazione.

Roger rimase per un pezzo dov’era, pancia a terra, come svuotato: ormai anche quella barriera era stata infranta, e non rimaneva che accettare il fatto compiuto, in silenzio.

Gli capitò in seguito di svegliarsi nella notte, di soprassalto, sentendo la mano della moglie che gli tastava le natiche; quasi sempre si limitava alle carezze, ma in qualche occasione un dito s’insinuava dentro di lui, come quel giorno in cui aveva dovuto cedere dopo un’inutile lotta. Roger non riuscì mai ad abituarsi del tutto a quelle intrusioni, ma dopo le prime volte, si rassegnò alla situazione e non si fece più prendere dall’ansia; imparò perfino ad accettare l’eccitazione che evidentemente provava in quelle circostanze, e che si materializzava nell’ingrossamento imbarazzante del pene.

Ma tutto questo, in fondo, era poca cosa rispetto a ciò che sarebbe accaduto non molto tempo dopo.
***Avvertenza per i lettori più sensibili: Il capitolo contiene situazioni psicologicamente forti, anche se comunque riferite sempre e soltanto a personaggi di pura fantasia adulti e consenzienti.***


Lou cominciò ad assentarsi sempre più a lungo da casa, e anche questa situazione l’uomo dovette accettarla con rassegnazione, per amore della pace coniugale e della propria incolumità. Un giorno, però, entrando in cucina, vide qualcosa che lo raggelò: la moglie stava pulendo una pistola.

Roger era come pietrificato: non riusciva a credere ai propri occhi.

– Che c’&egrave? – fece Lou, senza scomporsi. – Non hai mai visto un affarino come questo?

– Ma da quando possiedi una pistola, tu? – domandò il marito, disorientato.

– Oh, da molto tempo – rispose la donna, e indicando la valigetta che si trovava sul tavolo davanti a sé, aggiunse: – Col lavoro che faccio, &egrave necessario averne una. Sai quanti dollari vale la roba che ho qui dentro?

– Ma non me ne avevi mai parlato – osservò l’uomo.

– E ho fatto bene: una femminuccia impressionabile come te, si spaventa al solo sentire nominare un’arma. Non &egrave così, Roger? A giudicare dalla faccia pallida che hai in questo momento, direi di sì – ridacchiò la donna.

– Senti, io sono preoccupato. Perché mi tieni all’oscuro di tutto? Io sono tuo marito – disse Roger, – e ho il diritto di saperle, certe cose. Tenevi in casa un’arma e non mi hai detto niente?

– Oh, falla finita! Questa – fece Lou, agitando un pezzo della pistola, – non &egrave roba per animucce delicate come te. Questa spara, sai? Fa “bum”!

– Io non sono tranquillo… Non ci vedo chiaro. Che cosa stai combinando?

– Ma niente, Roger! Niente! Lo vedi? Ti agiti come quelle donnette isteriche di una volta, e poi dici che non ho ragione?

– Ma tu la sai usare, vero? Un tempo la portavi, immagino.

Sulle prime Lou non replicò, limitandosi a fare un sorrisetto, e continuando a pulire l’arma; poi alzò lo sguardo, incontrando quello del marito, e mormorò:

– Già, Roger. La so usare eccome, non preoccuparti. Lo sai da dove vengo, no? Non te l’ho mai nascosto.

– Che cosa c’&egrave veramente, in quella valigetta? – chiese Roger, con fare nervoso.

– Cosa vuoi che ci sia? Il mio campionario – rispose tranquilla la donna, e seguitò a pulire la pistola.

– Allora voglio vederlo – dichiarò il marito, avvicinandosi alla valigetta.

– Solo io conosco la combinazione – disse Lou.

– Aprila, Lou. Apri la valigetta, per piacere: ho il diritto di sapere…

Con un sorriso, la moglie scosse il capo e commentò:

– Se proprio ci tieni…

Quindi armeggiò intorno alla serratura della valigetta, e con uno scatto questa finalmente si aprì. Roger rimase praticamente fulminato dallo stupore, nell’osservare le scintillanti pietre di varie dimensioni che la valigetta conteneva.

– E tu ti porti ogni volta tutta quella giostra in giro? – domandò allibito.

– Dipende – rispose la moglie con indifferenza: – questa volta il carico &egrave abbondante… Ed &egrave per questo che dò una speciale ripassatina al mio gingillo.

– Lì dentro… ci saranno… decine di migliaia di dollari tutti insieme! – constatò Roger, che non riusciva a capacitarsi.

– Da far girare la testa, vero? – disse Lou. – Ma noi dobbiamo tenerla sulle spalle, Roger.

– Mi avevi detto che guadagnavi bene, ma ora capisco quanto! E… la tua percentuale qual &egrave?

– Oh, Roger, non essere così venale! – sorrise la donna. – Io rischio parecchio di mio, e poi sono brava… Tutto questo vuol dire trenta per cento, sai? Ed &egrave un gran bel gruzzolo, te lo assicuro.

– Ma com’&egrave possibile che tutt’a un tratto tu, dal niente, sia finita in un affare così grosso? – disse l’uomo, senza riuscire a staccare gli occhi dai preziosi.

– So farmi apprezzare – rispose laconica la moglie, che facendo scattare una molla fece venire alla luce un doppio fondo nella valigetta, lasciando Roger ancor più stupefatto, dato quel che poté vedere: mazzette di banconote allineate in bell’ordine.

– Sei contento, adesso, Roger? – disse Lou, richiudendo finalmente la valigia.

– Tutti quei soldi… – mormorò l’uomo incredulo. – Ma dove diamine devi portarli?

– Come, dove? In banca – fece la moglie, con l’aria di chi dice un’ovvietà.

– Tu maneggi tutti quei soldi!… – ripeté Roger, come se non riuscisse ad abituarsi all’idea.

– Sì, Roger: non vedo quale sia il problema – disse Lou, che dopo avere terminato di pulire la pistola, aveva cominciato a caricarla.

– E’ che tutto questo &egrave semplicemente assurdo! – sbottò finalmente il marito: – Più ci penso e più mi convinco che stai cercando guai…

– No, forse sono gli altri che ne trovano, se provano a venirmi addosso – fece Lou, puntando la pistola verso il muro, come se si preparasse a sparare.

– E poi, tenere un’arma carica in casa &egrave un’imprudenza – disse Roger.

– Oh, Roger, non frastornarmi con le tue fobie da femminuccia! – tagliò corto la moglie.

– Io non l’ho mai avuta, un’arma, non ho voluto mai averla, e adesso ecco che mia moglie gioca a fare la pistolera, proprio in casa mia…

– Io non ho mai giocato, con questa.

Così dicendo, la donna accarezzò il calcio della pistola.

– Sì, ma io non ce la voglio, in casa mia – dichiarò Roger.

– Non cominciamo con le discussioni, tanto sai che sono perfettamente inutili, con me.

*

Purtroppo, quello che a Roger era parso un semplice presentimento, si fece realtà: una mattina l’uomo si vide piombare nel drugstore due poliziotti, che gli diedero una convocazione al distretto di polizia per il giorno seguente.

Al distretto, gli uomini in divisa gli fecero un sacco di domande, specialmente intorno al suo furgone; Roger spiegò che da tempo lo usava sua moglie; i poliziotti sulle prime gli chiesero guardinghi: “Ne &egrave sicuro?”, poi gli fecero un’altra raffica di domande su Lou.

L’uomo tornò a casa con la testa sottosopra e si stese sul divano; dal silenzio che c’era intorno, arguì che sua moglie non c’era. Colto da un’idea, andò a guardare in garage e scoprì che non c’era neppure il furgone. Ma come? Lou era andata via improvvisamente, senza avvisarlo?

Roger si stese nuovamente sul divano, cercando di riordinare le idee. Era chiaro che qualcosa non girava per il verso giusto… Già, ma forse la domanda corretta da farsi era: che cosa aveva combinato Lou? Ad ogni modo, la donna non tornò a casa né quel giorno né il giorno successivo. Poi finalmente squillò il telefono nel salone e Roger andò a rispondere: Lou lo chiamava da ufficio di polizia, dove era stata condotta in stato di arresto.

Il marito accorse da lei immediatamente; i poliziotti gli spiegarono che la donna era accusata di far parte di una banda che trafficava in gioielli e preziosi rubati o contraffatti; “una cosa in grande stile”, secondo le parole dell’ufficiale col quale Roger ebbe un breve colloquio.

Lou, quando poté vedere il marito, gli chiese di farla uscire il prima possibile, pagando la cauzione. E l’uomo, non appena il giudice ne ebbe fissato l’ammontare, sborsò la somma.

Ma la donna, una volta a casa, anziché mostrarsi riconoscente nei confronti del marito, che oltretutto si era visto sequestrare il furgone in quanto “corpo del reato”, fu più che mai intrattabile e irascibile. Sembrava insomma che non solo non riuscisse ad accettare il fallimento dei suoi sogni di facile e criminoso arricchimento, ma che addirittura desse in qualche modo a Roger la colpa di quel fallimento. Così, cominciò a bere più di prima, a fracassare oggetti tutte le volte che si sentiva nervosa e ad insultare con odio il marito.

C’era un’altra cosa che aveva ferito l’uomo, oltre e forse più della scoperta che la moglie gli aveva nascosto le sue attività illecite: a quanto si era saputo, nella banda di cui Lou faceva parte, c’era anche il suo ex marito, ed ex carcerato, Stanley. Una sera, Roger, non potendo più tenere dentro di sé quel peso, chiese chiarimenti alla moglie.

– E’ vero che ti vedevi di nuovo con questo… Stanley, e che &egrave stato lui a metterti in testa la stupida idea di far soldi in quel modo? – domandò senza mezzi termini.

Lou, come sempre più spesso le accadeva, si era scolata una bottiglia di whisky e se ne stava sdraiata sul divano; nell’udire le parole del marito, si mise a sedere con sguardo torvo e replicò:

– Ma tu che vuoi? Perché non t’impicci degli affaracci tuoi, stronzo? Ti metti a fare anche tu lo sbirro, tu che sei una mezzasega?

– Io sono tuo marito e ho il diritto di sapere – disse Roger, sforzandosi di rimanere calmo.

– Fottiti! – replicò la donna, facendo per giunta il gesto col dito medio teso verso l’alto.

L’oscenità e la mancanza di riguardi della moglie addolorarono l’uomo, che però insisté col suo tentativo di chiarire.

– Io voglio sapere se c’era ancora qualcosa tra voi due. Me lo devi dire – mormorò.

– E se anche fosse, tu che vuoi? Saresti un cornuto, e allora? Uno come te le corna se le cerca! – berciò Lou, e aggiunse: – Ma poi che c’entri tu? Devi solo stare zitto! E’ tutta colpa tua se adesso &egrave finito tutto così!

– Non &egrave colpa mia, Lou: avete fatto tutto voi, tu e questo Stanley. Ma che credevate di fare? Pensavate di essere i più dritti del mondo? Non lo sapete che certe cose devono finire così?

– E chi lo dice? Le mezze cartucce come te? Ma vai a farti fottere!

– Lo dice chi &egrave onesto e lavora sodo tutto il giorno, come me. Io non riesco ancora a credere di aver potuto vivere per tanto tempo con una donna che mi mentiva. Mi hai ingannato per tutto questo tempo… Ma perché, Lou? Perché?

– Ma lasciami in pace. Non capirai mai un cazzo di come vanno le cose nel mondo!

– No, tu devi parlare. Me lo devi dire. Lo hai fatto per amore di questo Stanley? E’ lui che ami veramente, non &egrave così?

– Ti ho detto di andare a farti fottere! Ma cos’altro vuoi da me, eh? Cos’altro vuoi, dopo avermi completamente rovinata?

– Io non ti ho rovinata; io ti sono stato vicino, invece. Io mi sono fidato di te. E tu mi hai mentito.

– Sentila, come frigna, la femminuccia!

C’era un tono di forte disprezzo nelle parole di Lou, che aggiunse:

– Ti ho trattato per quello che sei, non ti lamentare, ché non ho nemmeno i fazzoletti per asciugarti gli occhietti.

– Perché sei così ingiusta con me, Lou? Perché non ti rendi conto che, se c’&egrave uno che ti vuole bene con tutto se stesso, quello sono io?

– Perché sei patetico! Vomitevole! Togliti dai piedi!

– Allora &egrave Stanley che ami. Non &egrave vero?

– Adesso mi hai proprio seccato! – urlò la donna, lanciando contro Roger il bicchiere dal quale aveva bevuto un ultimo goccio. – Tu e quell’altro siete uguali! Io non so proprio perché vi ho sposati, prima uno e poi l’altro. Siete solo la mia rovina! Inetti! Buoni a niente! Dovreste scomparire dalla faccia della terra, tutti!

Lou era stata colta da uno dei suoi attacchi di furore, e cominciò a sbattere le sedie di qua e di là, a scaraventare per terra oggetti fragili, a strappare le tende riducendole a brandelli, a sventrare cuscini… Il marito non sapeva assolutamente come fermare quel cataclisma, e pensò bene di salire al piano superiore, rifugiandosi in camera da letto; rimase lassù per un bel pezzo, ad ascoltare impotente un concerto di rumori assortiti e preoccupanti, tra i quali prevaleva quello dei vetri fracassati di bicchieri e bottiglie.

Alla tempesta seguì la quiete, che parve però al vigile istinto di Roger ancor più insidiosa. Il silenzio regnava in casa già da un quarto d’ora, quando l’uomo decise di alzarsi dal letto per scendere a vedere come andassero le cose; proprio in quel momento, sulla soglia della camera, comparve Lou, come uscita dal nulla.

Roger si bloccò, annientato dalla paura: aveva notato infatti che la donna aveva in mano una pistola – la stessa che un giorno, giù in cucina, lui le aveva visto pulire e caricare. Ad ogni passo che la moglie faceva verso di lui, Roger ripensava alle ultime frasi che le aveva sentito pronunciare: “Dovreste scomparire dalla faccia della terra”, e il terrore nel suo animo cresceva.

– La polizia &egrave venuta a perquisire la casa, ma questa qui non l’ha trovata – mormorò Lou, con un’aria da ragazzina soddisfatta. – Infatti, l’ho nascosta bene… Le so fare le cose, io, quando faccio di testa mia. La mia rovina sono quelli come te, che vogliono sempre dire la loro, senza sapere nemmeno quello che dicono…

– Aspetta, Lou, non facciamo gesti avventati – trovò la forza di dire Roger, pallido in volto, facendo un passo verso la moglie.

– Stai fermo lì! Non muoverti! – gl’ingiunse lei, con aria terribile. Poi, a voce più bassa, aggiunse: – Sei più divertente quando tremi. E’ per questo che voglio fare un gioco con te, ce l’avevo in mente da tempo.

– Un gioco? che gioco? – fece l’uomo, stupendosi di poter sentire ancora il suono della propria voce.

– Un gioco con questa pistola che ti fa tanta paura…

A queste parole della donna, la paura di Roger si fece addirittura insopportabile. L’uomo si sforzò però di mantenere la calma.

– Ti ha sempre fatto paura, dal primo momento che l’hai vista – continuò a dire Lou: – io me ne accorsi. Anzi, feci apposta in modo che tu mi trovassi in cucina mentre la pulivo. Volevo vedere la tua reazione. Io so che tu hai paura persino di toccarla…

La donna rise beffarda e aggiunse:

– Sì, tu hai paura che il male esca di qui, appena la tocchi, e che ti contamini, t’insozzi tutto…

Lou rise più forte, avvicinandosi al marito.

– Lou, stai calma, hai bevuto un po’ troppo stasera – sussurrò Roger, cercando disperatamente di scongiurare il peggio.

– Non dire le tue solite cazzate – replicò la donna, agitando la pistola in faccia al marito.

– No, d’accordo, non dico niente, ma tu sta’ calma…

– Ma guarda come tremi, povero cocchino mio… – ridacchiò Lou, e avvicinando la canna dell’arma a una guancia dell’uomo, aggiunse: – Ora vediamo che effetto ti fa sentirtela in faccia; dovresti squagliarti, addirittura. Il male esce e ti arriva dritto dentro! Non lo senti, Roger?

– Per favore, Lou – mormorò il marito con un filo di voce e gli occhi invasi dal terrore.

– Per favore cosa? Non sto facendo niente. E’ solo un gioco o, se preferisci, un esperimento.

– Non ce la faccio, Lou. Ti prego, non continuiamo…

– Invece stai andando benissimo. E’ proprio così che mi piace.

Dicendo questo, Lou guardò negli occhi il marito, con un’espressione di perversa soddisfazione, e gli fece scivolare la canna della pistola sulla faccia, fino ad accostargliela alle labbra.

– Leccala, Roger – sussurrò la donna, con tono sensuale, e al tempo stesso inquietante.

L’uomo, quasi in trance, tirò fuori la lingua e la passò sulla fredda canna dell’arma, che Lou faceva scivolare lentamente da una parte all’altra.

– Sai che mi sto eccitando a vedertelo fare? – confessò la donna, con lo stesso tono di voce, che sembrava schiudere la porta su un abisso.

– Adesso baciala tutta, e poi bacia la mano che la tiene… perché &egrave la mano da cui dipende la tua stessa vita – aggiunse, e con la mano libera cominciò vistosamente a masturbarsi, mentre Roger, docile e silenzioso più che mai, riempiva di baci la fredda pistola e poi le dita che erano in grado di usarla.

La moglie si sentì invadere da un senso di onnipotenza che si mescolava ad un benessere erotico così acuto da sfiorare l’orgasmo.

– Cosa sei tu, davanti a me, Roger? Non sei niente. Una cosa che in questo momento dipende completamente dal mio volere: ecco cosa sei. Te ne rendi conto o no?

La voce della donna era chiaramente piena della sua voglia.

– Dovresti ringraziarmi perché ti permetto ancora di esistere. Inginocchiati! – esclamò Lou.

L’uomo cadde silenziosamente in ginocchio e si chinò poi sino a toccare con la bocca una caviglia della moglie, cominciando a baciarla con una furia disperata, come se da quei baci dipendesse la propria salvezza.

– Non sei felice perché puoi baciarmi i piedi? – domandò Lou, e il marito rispose subito di sì. – Chi vale di più, tra noi due? – chiese ancora la donna, e Roger, continuando a baciarle le caviglie, rispose:

– Tu.

– Lo sai che meriteresti di finire in una fogna, perché sei soltanto un verme? Lo sai o no? Rispondi! – esclamò Lou, sempre più esaltata dal potere che esercitava sull’uomo.

– Lo so, Lou, lo so – disse lui, rinunciando completamente alla sua dignità; ma davanti ad una pistola era comprensibile, e si sentiva giustificato, anche agli occhi della sua coscienza.

– Se ti permetto ancora di campare, &egrave solo perché mi fai pietà.

Le parole di Lou si facevano sempre più spietate, cattive, e si sentiva chiaramente, nel tono della sua voce, l’influsso dell’alcool che aveva bevuto in abbondanza. Per un attimo Roger si chiese se non fosse stato davvero così fin dall’inizio: forse Lou aveva semplicemente avuto pietà di lui, fin dal primo momento; comunque l’uomo continuò a baciarle le caviglie e spinse anzi la bocca più su, lungo i polpacci.

– Anzi, c’&egrave un’altra ragione per cui ti lascio campare – sussurrò la donna: – mi piace fotterti.

Un attimo dopo, lasciò cadere la gonna per terra e si abbassò le mutande.

– La vedi, Roger? – disse, indicando la passera. – Qui c’&egrave la tua migliore amica… &egrave lei che ha a cuore la tua vita. Che aspetti a ringraziarla?

Con impeto, l’uomo avvicinò la propria bocca al cespuglio della moglie e cominciò a succhiarlo e riempirlo di baci, come se davvero intendesse esprimergli la propria gratitudine.

– Lo sai che un pelo della mia passerina vale molto di più di tutta la tua testa, che &egrave completamente inutile? – mormorò Lou, senza nascondere l’eccitazione che si andava impadronendo di lei, e subito dopo scoppiò a ridere, come se avesse detto una spiritosaggine.

Roger nel frattempo le leccava golosamente le grandi labbra.

– Leccala bene, Roger, leccala fino a consumarti la lingua, altrimenti non sarà più tua alleata, non ti difenderà più…

Le parole della donna terrorizzavano il marito, e lo spingevano a fare di più, sino al parossismo, tanto che lui ebbe l’impressione di non aver mai leccato con tale insaziabile ardore il sesso di Lou.

Ad un tratto, Roger avvertì una sensazione di freddo sulla guancia e trasalì: la moglie gli aveva di nuovo puntato la pistola in faccia.

– Lo sai che cos’&egrave questo gingillo, Roger? – sussurrò lei.

– Certo – balbettò l’uomo.

– Oh no, che non lo sai. Fai conto che questo sia il mio uccello. Certo, Roger, perché tu lo sai che io ho le palle, l’hai dovuto ammettere più volte; e questo vuol dire che ho diritto ad avere anche un uccello, non ti sembra? Beh, te lo presento, &egrave proprio questo qui: non &egrave uno splendore?

– Sì – fece Roger, frastornato, ormai disposto a diventare anche un automa, pur di salvarsi.

– Ti piace, eh? E allora leccalo; lecca anche lui, Roger: non senti che ne ha voglia? Anzi, fagli un pompino…

L’uomo si sentì mancare il respiro, quando Lou forzò le sue labbra con la canna della pistola. Immediatamente dopo, senza nemmeno più badare a quello che faceva, Roger si mise voluttuosamente a succhiare quella cosa fredda e metallica, come se davvero stesse praticando una fellatio. Non si domandava più niente, non si chiedeva che senso avesse ciò che faceva: eseguiva e basta.

– E’ la prima volta che succhi un uccello? – domandò perfida la donna.

L’uomo annuì, e lei, continuando a pompargli la pistola in bocca, commentò:

– Lo vedi che impari rapidamente, quando vuoi?

Improvvisamente Lou, dopo un’altra lunga risata, tolse l’arma dalla bocca del marito e gli diede due schiaffi.

– Di’ che sei una merda e che hai sposato una donna migliore di te – ordinò.

Roger ovviamente, sempre sotto la minaccia della pistola, obbedì.

– Di’ che non sei degno di stare con me e che devi ritenerti fortunato perché ti concedo di stare nella mia casa e nel mio letto.

Erano frasi ancor più dure da digerire, per Roger: la casa l’aveva acquistata lui, coi suoi sacrifici; eppure, davanti a quella pistola, non poteva permettersi il lusso di stare a discutere, e così obbedì ancora.

– In effetti tu non hai niente perché non sei niente – soggiunse Lou: – anche ciò che hai addosso &egrave mio. Spogliati completamente e vai a stenderti sul letto… ma non alzarti in piedi! Puoi camminare solo strisciando a quattro zampe.

Quando Roger fu pronto, nudo e supino sul letto, la moglie gli si avvicinò con la pistola spianata, camminando lentamente e godendo nel veder tremare ogni muscolo dell’uomo.

– Cosa pensi che voglia farti, Roger? – mormorò languida.

– Ti prego, fammi vivere! Fammi vivere, non sparare! – la supplicò il marito.

Lei scoppiò a ridere senza ritegno, e commentando: – Sei patetico! – gli puntò l’arma al petto, dalla distanza di due metri, e premé più volte il grilletto.

L’uomo ebbe, in quegli istanti, l’impressione di impazzire, ma in realtà la pistola non sparò. Lou rise ancora più forte e spiegò:

– Non &egrave carica. In realtà, non ne ho bisogno, con te. Sai bene quel che voglio dire, e te lo dimostrerò anche stasera.

Ciò detto, scagliò la pistola contro una parete e si lanciò poi sul marito, mettendosi a cavalcioni sul suo petto e immobilizzandogli le braccia con le proprie gambe.

– Guai a te se solo stai pensando di lasciarmi e di divorziare! – esclamò con occhi terribili la donna, e afferrò la gola di Roger. – Tu sei mio. Dovunque tu andassi, ti troverei, e sta’ sicuro che regolerei i conti con queste mani, senza bisogno di pistole.

– Ma chi ti dice che io voglia divorziare? – obiettò l’uomo, pallido.

– Sai, ora che sto avendo di nuovo guai con la giustizia, tu potresti farti venire l’idea di fare fagotto e piantarmi, tanto per non avere a che fare con una come me… Ma sarebbe un’idea sbagliata, Roger… molto sbagliata!

Per sottolineare le sue parole, e far capire che non scherzava, Lou strinse più forte la mano intorno al collo del marito.

– Siamo intesi, Roger?

– Sì – fece lui, con un filo di voce.

– Perché tu sei mio, e non devi dimenticarlo mai! – ribadì la donna, e lasciò finalmente andare il collo di Roger, dandogli poi un buffetto sulla guancia.

Uno strano sorriso le si dipinse sulle labbra, e l’uomo si chiese che cosa volesse significare, che cos’altro avesse in mente la moglie. Non dovette attendere molto per saperlo: qualche istante dopo, Lou spostò lentamente una gamba, finché non toccò col piede il sesso del marito.

– Tutto quello che faccio ti piace – mormorò lei: – la verità &egrave che tu non puoi stare senza di me; solo io so leggere nei tuoi pensieri al punto da capire ciò che vuoi veramente…

Dicendo questo, la donna cominciò a strofinare lentamente il piede sul pisello di Roger, voltandosi di tanto in tanto per godere lo spettacolo. L’uomo, completamente immobilizzato, si ripeteva nella testa le ultime parole della moglie e si chiedeva se in fondo lei non avesse ragione; Lou sapeva leggergli nei pensieri ed era diventata una parte indispensabile della sua vita, una parte del suo stesso corpo…

Eppure tutto questo gli faceva anche paura: si sentiva esposto, privo di difese; per qualche istante aveva l’impressione di essere precipitato in un’odiosa trappola, ma poi si rendeva conto che era proprio lui a non voler sottrarsi alla propria condizione, e desiderava Lou più che mai, sentendosi incapace di pensare la propria vita lontano da lei. Come in quel momento, mentre la donna si dilettava a strusciare il proprio piede sul suo sesso, fino a farglielo diventare inequivocabilmente duro, fino a far salire nel suo cervello il desiderio di congiungersi con lei ancora una volta, nonostante tutto.

– Guarda come mi desideri – sussurrò Lou, col suo sorrisetto inquietante.

– Sì, ti desidero, hai proprio ragione – ammise Roger, implorandola con lo sguardo di amarlo.

– Come sempre – disse lei: – qualunque cosa io ti faccia, tu mi desideri. Non puoi sapere che sensazione eccitante &egrave questa, per me! E sarà sempre così. Tu non potrai mai liberarti di me, Roger, ricordatelo. Noi siamo legati per sempre.

Lou prese a muovere il suo piede più rapidamente contro il pene del marito.

– Ti prego – disse lui: – non farmi venire così!

A queste parole, la moglie reagì con una risatina sarcastica e sfrontata.

– Mmm… ce l’hai già di marmo! – commentò, leccandosi le labbra.

– Ti prego, Lou – ripeté l’uomo: – non così. Sono tuo marito, dopotutto.

La sua voce non era certo rabbiosa, ma umile, quasi rassegnata.

– Te lo chiedo per favore – aggiunse.

– Mi piace quando parli con quel tono – confessò la donna, ma il suo sorrisetto non prometteva compassione, e il suo piede continuava, impertinente, a fare il proprio lavoro.

– Un marito e una moglie non dovrebbero fare così! – osservò Roger, sentendo tuttavia l’eccitazione salire.

– Davvero, Roger? – sogghignò Lou. – E io invece, guarda caso, te lo faccio fare come un cane che fa pipì contro un lampione… Che ne dici?

L’uomo sospirò, sapendo che qualsiasi opposizione sarebbe stata inutile, e poi ormai stava andando verso il punto di non ritorno; la caviglia di Lou sollecitava sempre più frenetica il suo membro, e l’eiaculazione sorprese Roger nel bel mezzo di una gran risata della moglie.

– Ah, ah! Ma guarda, cane! Evidentemente il lampione era di tuo gradimento: guarda quanta ne hai fatta! – fece Lou divertita, mentre il seme del marito le bagnava la gamba.

Ci fu poi qualche momento di silenzio, durante il quale i due coniugi si guardarono negli occhi.

– Certo che sei divertente: con tutti i guai che ho, sei riuscita a farmi ridere – mormorò la donna, e lentamente si fece da parte, permettendo finalmente a Roger di alzarsi e andare in bagno.

*

Stando alla relazione del mio amico Steven, poco tempo dopo Lou tornò in cella, per avere aggredito alcuni vicini. La vita di Roger divenne ancora più complicata: cercò come poté di star vicino alla moglie, ma lei ormai, esasperata dalla vita del carcere, lo trattava malissimo ogni volta che lui andava a trovarla. Gli amici gli consigliarono di lasciarla perdere e di chiedere il divorzio, ma lui non prendeva neppure in considerazione questa ipotesi.

Quando, tempo dopo, alla donna venne consentito di lasciare il carcere per partecipare ad un rigido programma di recupero, Roger poté finalmente riabbracciarla; ma il week end che passarono insieme nella loro casa finì in modo turbolento: Lou demolì gran parte della mobilia e delle finestre, e solo per non aggravare la posizione giudiziaria della donna, il marito evitò di chiamare la polizia.

Tuttavia, dopo quell’episodio ricorse all’assistenza psicologica di Steven, il quale cercò di fargli capire che era inutile tenere ancora in piedi quel matrimonio: era uno sforzo lodevole, da parte di Roger, ma infruttuoso. Steven però alla fine dovette arrendersi alla tenacia di Roger e mutò strategia, cercando di comprendere la scelta del suo paziente e di aiutarlo a viverla nel migliore dei modi, come dimostrano le ultime righe della sua relazione, che io capisco e approvo:

“Non bisogna giudicare, ma aiutare. Se queste due persone hanno scelto di condividere la loro vita, per quanto bizzarra possa sembrarci, e per quanto criticabile possa apparire quella scelta, dev’esserci una ragione profonda che spiega e giustifica questa realtà. E se Roger si ostina a cercare la felicità proprio nel labirinto impossibile del rapporto con Lou, io devo semplicemente aiutarlo a limitare i danni. Forse un giorno arriverà a trovare la serenità, ma soltanto insieme a Lou”.

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