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Racconti di Dominazione

Lo scettro delle mogli (n. 2: Marianna)

By 25 Agosto 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Il resoconto del caso trattato da Steven mi tornò molto utile quando mi trovai anch’io a dover assistere un uomo che si trovava in condizioni analoghe a quelle di Roger, anche se il suo caso era effettivamente diverso.
Innanzitutto, la vicenda non si svolgeva in America, ma in una città dell’Italia centrale. E poi, Marianna e Giorgio (questi i nomi coi quali chiamerò qui i protagonisti della vicenda, non essendo autorizzato a rivelare quelli autentici) provenivano dallo stesso ambiente sociale. Si conobbero e si fidanzarono, infatti, quando erano entrambi studenti universitari, lei della facoltà di Giurisprudenza e lui della facoltà di Lingue Straniere. Avevano circa vent’anni, molte speranze e una certa allegria: tutto sommato si somigliavano abbastanza. Anche fisicamente non c’era una gran differenza fra i due, poiché avevano entrambi un corpo asciutto e snello; Giorgio, castano e dagli occhi color nocciola, era alto sul metro e settantacinque; Marianna, capelli neri lisci e lunghi sino alle scapole, era appena un po’ più bassa di lui. Sebbene, come si &egrave detto, fosse snella, amava fare sport sin da quando era adolescente: aveva cominciato col nuoto, passando poi al judo. Giorgio invece non era mai stato attratto particolarmente dallo sport e preferiva dedicare il suo tempo alle letture.

Marianna apprezzava molto la cultura del suo ragazzo e aveva una vera e propria venerazione per la sua intelligenza: era capace di starlo ad ascoltare per ore affascinata e con un’espressione imbambolata nello sguardo. Decisero molto presto, ancor prima di laurearsi, di andare a vivere insieme; nei primi tempi dovettero fare un po’ di sacrifici per mandare avanti la casa, tra spese alimentari, affitto e bollette, e si adattarono a fare lavori saltuari. La loro unione sembrava quindi cementata da una grande armonia e da un’intesa a prova di bomba.

Anche sul piano dei rapporti sessuali tutto filava a gonfie vele; se però, nei primi tempi della loro relazione, il loro modo di fare l’amore era stato sempre piuttosto tradizionale, con lui sopra e lei sotto, a un mese circa dall’inizio della loro coabitazione si verificò un episodio che vivacizzò la loro vita amorosa.

Sia Marianna che Giorgio si trovavano in cucina e avevano cominciato a discutere scherzosamente, com’erano soliti fare. Ad un certo punto, la ragazza disse:

– Comunque tu sai bene che, se un giorno noi due dovessimo litigare seriamente, mi sarebbe facile avere la meglio.

– E perché? – domandò stupito il ragazzo.

– Come perché? – fece lei. – Perché ho dalla mia le mosse di judo, e potrei stenderti facilmente.

– La fai troppo facile! – esclamò Giorgio divertito, ma assumendo un’aria di sfida.

– Non mi credi? Guarda che posso dimostrartelo in ogni momento! – dichiarò Marianna, sempre scherzosamente, ma fingendo di essere seria.

– Anche adesso? – ridacchiò il ragazzo.

– Certo, anche adesso.

– E allora, che aspettiamo?

Era cominciato tutto come un gioco, ma ora i due si guardavano perplessi ed elettrizzati allo stesso tempo, pregustando una nuova emozione.

– L’hai voluto tu, mi hai sfidata e ora farò sul serio… – annunciò Marianna con un sorrisetto.

– Oh, quante arie che ti dài, signorina! – la prese in giro Giorgio. – Forse ti sopravvaluti un po’…

– Poi non lamentarti… – lo avvisò la ragazza.

Un attimo dopo, spostatisi nel soggiorno, erano già uno di fronte all’altra, a qualche passo di distanza, che si studiavano.

– Coraggio, fatti sotto! – disse Marianna. – Che c’&egrave? Hai paura?

– Tz! – fece Giorgio, alzando le spalle. E per dimostrarle che non la temeva, fece un passo verso la sua ragazza; e questa, agilissima, lo afferrò saldamente per un braccio e lo mise al tappeto, senza che lui si rendesse ben conto del come e del perché.

Ma non era finita lì: rapidamente Marianna si accovacciò sul suo ragazzo, e dopo averlo fatto girare sul dorso, gli piantò le ginocchia sulle braccia, immobilizzandogliele.

– Hai visto cosa intendevo? – sussurrò. – Se avessimo litigato, ora saresti in una brutta posizione: potrei farti tutto ciò che mi venisse in mente.

Giorgio deglutì e sorrise in modo nervoso e un po’ forzato.

– E che cosa mi faresti, per esempio? – disse.

– Oh, una donna arrabbiata &egrave capace di tutto, credimi – fece lei: – però io non sono arrabbiata con te, anzi…

Detto questo, cominciò a carezzare il viso di Giorgio.

– Aspetta – disse lui, che non voleva cedere senza lottare: – non &egrave mica detto che tu riusciresti davvero a fare tutto ciò che vuoi.

– Ah sì?

– Io potrei ribellarmi e disarcionarti, e poi potrei anche prendermi la rivincita.

– E vediamo! – esclamò Marianna, con un sorriso che al ragazzo parve sottintendere eccessiva sicurezza di sé.

Giorgio cominciò quindi a dimenarsi furiosamente, cercando di scrollarsi di dosso la ragazza, ma non riusciva neppure, per quanti sforzi facesse, a liberare le proprie braccia. Marianna continuava a sorridergli soddisfatta e irridente, e questo fece innervosire il ragazzo, tanto che i suoi tentativi di liberarsi si fecero addirittura rabbiosi; ad un tratto, poiché aveva le gambe libere, pensò di usarle come “arma di emergenza” e le sollevò rapidamente, sino a colpire un paio di volte la schiena di Marianna.

– Ma guarda un po’ che bastardo! – esclamò lei, e girando appena il busto, afferrò le gambe di Giorgio e le serrò tra le braccia in modo da non consentirgli più di muoverle. – E adesso vediamo che fai! – sogghignò.

Giorgio continuò ad agitarsi come un forsennato, finché non si rese conto che era tutto inutile.

– Allora, che fai? Ti arrendi? – gli chiese Marianna.

A malincuore, il ragazzo disse di sì.

– Guarda come sei rosso! – fece lei. – Ma perché ti sei accanito tanto? Non avevi capito che non potevi liberarti? Io mica ti lascio scappare, sai?

Sorridendo, e senza mollare le gambe del ragazzo, che teneva strette sui fianchi, Marianna si chinò e lo baciò teneramente sulla bocca, sorprendendolo.

– Ecco che cosa posso farti, per esempio… e giusto perché non sono arrabbiata, ma innamorata… – mormorò.

Finalmente lasciò andare le gambe del ragazzo e disse:

– Sai che altro potrei farti?

– Che cosa? Lasciarmi alzare, finalmente? – fece Giorgio.

Lei fece segno di no, con la testa, e appoggiando le mani sulle scapole del ragazzo, si sollevò un po’. Lui, potendo muovere finalmente le braccia, se le massaggiò.

– Rimani dove sei, per favore – disse la ragazza.

– Neanche per sogno, Marianna, fammi alzare! – ribatté Giorgio, e così dicendo provò con entrambe le mani ad allontanare da sé la ragazza.

– E’ la guerra che vuoi? – fece lei con tono scherzoso, afferrandogli i polsi.

Cominciò poi a fare forza, per bloccare al suolo le braccia del ragazzo; ma lui opponeva tenacemente resistenza.

– Lasciami andare, su! – disse Giorgio. – Che c’&egrave? Ti sei montata la testa, per essere riuscita a farmi cadere una volta?

– Una volta? Io posso farti cadere tutte le volte che voglio! – replicò Marianna, continuando a tenere saldamente i polsi del ragazzo e a spingerli verso il suolo.

– Come fai a esserne sicura? – disse lui, che cercava disperatamente di non farsi immobilizzare le braccia.

– Perché in queste cose sono più brava di te, mio caro – affermò la ragazza, e il suo tono scherzoso non riusciva a celare una certa fierezza.

– E chi te l’ha detto? – insisté Giorgio.

– Te lo sto dimostrando – fece lei, e qualche attimo dopo riuscì finalmente a vincere la resistenza di Giorgio e a inchiodargli i polsi al suolo, sopra la testa. – Ecco! E adesso che mi dici? – esclamò soddisfatta.

– Fanatica! – rispose lui, cercando col sorriso di mascherare il disappunto che gli causava il fatto di non essere stato in grado di fronteggiare adeguatamente la forza della sua ragazza.

Marianna, sempre tenendogli le braccia fisse al pavimento, si chinò su di lui e lo baciò nuovamente sulla bocca, e poi ancora, per la terza volta; gli baciò quindi tutto il viso, dagli occhi al mento, poi il collo, vicino all’orecchio destro, in preda ad un vero slancio amoroso.

– Ecco cosa ti farei – sussurrò, – ma non ho mica finito…

La ragazza a quel punto, sempre tenendolo per il polso, mosse un braccio di Giorgio fino a portarlo al proprio petto, e strofinò la mano del ragazzo sulla tetta sinistra, attraverso il vestito.

– Ma che fai? – disse lui, confuso e vagamente eccitato.

– Non commentare, please! – fece lei. – Ti sto solo facendo vedere cosa sono capace di farti…

– Sei matta… – mormorò Giorgio sorridendo.

Marianna lasciò i polsi del ragazzo e indietreggiò un po’, fino a trovarsi inginocchiata sulle cosce di Giorgio; lo guardò negli occhi con un’aria maliziosa e poi gli abbassò con gesto rapido la lampo dei pantaloni.

– Oh, ma che intenzioni hai? – disse lui, sempre sorridendo.

– Sono serie, non preoccuparti – rispose lei, e affondò tranquillamente la mano nei boxer del suo ragazzo, impadronendosi del suo sesso già semieretto. – Ah, ma allora ti stavi divertendo? – commentò. – E facevi tante difficoltà?

Giorgio arrossì un po’ e lei, ormai davvero eccitata, si abbassò i jeans e le mutandine e cominciò a strofinarsi il pene del ragazzo sulla vulva già umida.

Giorgio si meravigliò nel vederla così determinata: di solito era lui quello che prendeva l’iniziativa nell’intimità; evidentemente, il loro gioco di poco prima doveva aver caricato la ragazza di una certa sicurezza, spingendola finalmente a realizzare alcuni suoi desideri nascosti. I preliminari terminarono presto, e Marianna sistemò il membro ormai duro e grosso del suo ragazzo nella vagina e cominciò a impalarsi, con spinte ritmiche e sempre più impazienti e ingorde.

Benché colto di sorpresa, Giorgio si sentiva invaso da un’eccitazione mai provata e lasciava che i suoi sensi godessero pienamente quegli attimi, senza preoccuparsi di condurre le danze. Arrivata al culmine, Marianna gemette in modo insolitamente intenso, stupendo ancora una volta il suo ragazzo, che poco dopo venne a sua volta con una certa abbondanza, che testimoniava il suo apprezzamento.

Rimasero un po’ a guardarsi negli occhi, quasi sorpresi di ciò che era appena accaduto fra loro; poi scoppiarono a ridere all’unisono. Giorgio ripeté:

– Sei una matta.

*

Da quel giorno, qualcosa cambiò nel loro rapporto. Marianna cominciò a pretendere che si provassero nuove posizioni durante l’amplesso; ma in sostanza spesso insisteva perché lo facessero nella stessa posizione di quel pomeriggio nel quale lei aveva messo Giorgio “al tappeto”, come amava ripetere.

Finalmente, dopo essersi entrambi laureati, decisero di sposarsi, anche perché Giorgio aveva cominciato a lavorare come insegnante di lingue in una scuola privata: non guadagnava molto, perché lo pagavano in base alle ore di lezione, ma era una buona base per cominciare a fare sul serio.

Marianna era fiera di lui come sempre, e nei primi tempi del loro matrimonio non poteva contribuire molto a far quadrare il bilancio domestico, giacché lavorava senza compenso come praticante in uno studio legale. Ma almeno aveva un po’ di tempo per dedicarsi alla casa, e lo faceva volentieri.

Tutto sembrava andare a meraviglia, nonostante le ristrettezze economiche, e i due sembravano veramente formare una giovane coppia modello. Fra loro, come accade in ogni matrimonio, si erano però andate consolidando alcune abitudini speciali, e in particolare Marianna, dal pomeriggio in cui aveva messo Giorgio al tappeto, non perdeva occasione per stuzzicarlo, dimostrandogli la propria forza fisica.

Si trattava di piccole cose, che tuttavia, accumulandosi giorno dopo giorno, erano diventate una vera e propria “tradizione” del loro ménage: se c’era per esempio da aprire un barattolo particolarmente “ostinato”, era Marianna a farlo, dimostrando a Giorgio come fosse più rapida ed efficiente di lui nello svitare i coperchi ermeticamente chiusi. E così, quando c’era da sollevare e spostare qualcosa di pesante in casa, Marianna immancabilmente dimostrava al marito che lo faceva meglio di lui e con meno fatica.

C’era un baule enorme e pesantissimo, nel loro scantinato. Una volta Marianna disse al marito:

– Perché non lo sposti un po’, così puliamo sotto e dietro? Chissà quanta sporcizia c’&egrave.

Giorgio provò a spostarlo, ma non riusciva a farlo muovere neppure di un millimetro.

– Forse dovremmo svuotarlo; solo così si riuscirebbe a spostare… – propose.

– Macché! – disse la moglie. – Sai quanti oggetti ci sono dentro? Non abbiamo un posto dove sistemarli, occupano troppo spazio. E poi saranno pieni di polvere!

– E allora come intendi spostare ‘sta cassa?

– Togliti, ché ci penso io! – esclamò la donna, scuotendo la testa e facendo cenno a Giorgio di scansarsi.

Un po’ riluttante, lui si fece da parte; Marianna si chinò e messasi di fianco al baule, cominciò a spingerlo con entrambe le mani, riuscendo a spostarlo di mezzo metro. Si voltò poi con espressione trionfante verso il marito e commentò:

– Se non le faccio io, le cose…

– Non fare la commedia! – disse Giorgio. – Probabilmente hai solo avuto più fortuna di me, sei riuscita a trovare qualcosa di scivoloso sotto, e così il baule si &egrave mosso facilmente.

Sapeva anche lui di dire assurdità, ma non voleva perdere la faccia davanti alla moglie.

– Ah sì? Vogliamo fare una prova, allora? – lo sfidò lei. – Vieni un po’ qui e sollevalo.

– Con tutti gli oggetti dentro? Ma ti rendi conto di quanto pesa? E’ un baule che misura più di un metro di lunghezza per quaranta centimetri di larghezza e quasi cinquanta di altezza, pieno zeppo di roba varia.

– Tu fai la prova. Che ti costa? Vediamo se riesci a sollevarlo… Non dico completamente. Basta che tu riesca a sollevarlo da un lato.

Borbottando, Giorgio si convinse infine a provare. Ma per quanta forza mettesse nelle braccia, non riuscì in alcun modo a sollevare da terra il baule neppure quanto bastava per infilarci sotto un’unghia.

– Adesso provo io – sorrise Marianna. – Scansati, tu!

La donna si chinò, come aveva fatto poco prima, e dopo un po’ di concentrazione strinse saldamente gli angoli della cassa dal lato corto, e con un certo sforzo la sollevò lentamente da quel lato, finché uno spigolo della base, il più vicino a lei, le arrivò all’altezza delle ginocchia; solo lo spigolo opposto della base poggiava ancora al suolo.

Si voltò verso il marito, sempre reggendo la cassa, e gli sorrise ironicamente, dicendo:

– Ma perché insisti? Ormai dovresti aver capito che in queste cose ci so fare meglio io. La forza, in questa casa, &egrave prerogativa mia. Non ti devi offendere, tesoro: tu sei bravo in molte altre cose…

In effetti, la ragazza, dopo aver ottenuto nel judo la cintura nera, aveva cominciato a praticare il kickboxing, e si teneva costantemente in forma usando anche i pesi, a differenza del marito, sempre refrattario a qualsiasi attività fisica, tranne qualche corsa nel parco. Marianna aveva incrementato negli anni l’intensità dell’esercizio fisico, anziché attenuarla, e aveva raggiunto una forma invidiabile, che aveva anche benefici effetti psicologici: erano aumentate infatti la sua fiducia in sé e la sua determinazione e si era rinforzata la sua latente attitudine al comando. Tutto questo, a lungo andare, doveva inevitabilmente avere ripercussioni anche sul suo matrimonio.
A un anno dalle nozze, Giorgio cominciò finalmente a guadagnare qualcosa in più: pur non lasciando l’attività nella scuola privata, aveva iniziato a lavorare come traduttore, e in più gli capitava spesso di fare qualche supplenza nelle scuole pubbliche. Marianna, avendo a disposizione più tempo di lui, era ben contenta di fargli trovare sempre la cena pronta e la casa pulita e in ordine.

Passò così quasi un altro anno, e finalmente una sera, rientrando a casa, Giorgio trovò la moglie tutta raggiante ed euforica.

– Indovina! – disse la donna.

– Cosa?

– Mi hanno assunto, ce l’ho fatta!

– Dove?

– Sai, non te l’avevo detto, volevo farti una sorpresa: avevo partecipato a un colloquio di lavoro in una grande azienda, e proprio oggi mi hanno comunicato che ho superato le selezioni e faccio parte del loro staff legale.

– Complimenti! – disse Giorgio, contagiato dalla felicità della moglie.

– E’ un lavoro buono, sai, di grande responsabilità, e con prospettive di carriera – spiegò Marianna.

Inutile dire che quella sera festeggiarono fino a tardi…

Inizialmente nessuno dei due se ne accorse, ma a poco a poco il nuovo lavoro di Marianna modificò i ritmi della loro vita in comune e le loro abitudini. Gli orari di lavoro dell’azienda erano infatti intensi, e c’erano spesso straordinari da fare. La donna, sempre più presa dalla sua attività, che soddisfaceva in pieno le sue aspettative, era ormai fuori casa tutto il giorno o quasi, cinque giorni su sette, e quando rientrava, in genere verso le nove e qualche volta anche più tardi, era stanchissima.

Giorgio, invece, aveva orari più flessibili: la scuola lo occupava solo quattro giorni alla settimana, due giorni di mattina e due di pomeriggio, e il lavoro di traduttore lo svolgeva in casa, organizzandoselo come meglio credeva. Fu quindi naturale per lui, anche per alleviare le fatiche della moglie, occuparsi delle faccende domestiche, all’inizio dividendosi i compiti con Marianna e poi, man mano che il lavoro della moglie nello staff legale della multinazionale si faceva più impegnativo, facendosi progressivamente carico di tutta la gestione della casa.

Marianna, lavorando sodo, era arrivata in poco tempo a ottenere la stima dei dirigenti, sicché riuscì a scalare rapidamente le posizioni e, quando il direttore dello staff legale si dimise per passare ad altro incarico, l’azienda chiese proprio a lei di prendere il suo posto. In pochi mesi, gli equilibri del suo matrimonio erano completamente cambiati: ora non solo stava quasi tutta la settimana fuori casa, riuscendo a vedere il marito quasi soltanto nel weekend, ma guadagnava molto bene, tanto che ormai era lei a mandare realmente avanti la baracca, dal punto di vista economico.

Era cambiato tutto molto in fretta, e né Marianna né Giorgio avevano avuto il tempo di rifletterci e di metabolizzare quella specie di rivoluzione. Nell’intimità i loro rapporti continuavano a essere eccellenti, e non perdevano occasione per scambiarsi gesti affettuosi; però ormai era Giorgio ad aspettare Marianna a casa e a prepararle gustose cenette, per farle dimenticare lo stress della giornata, ed era lui a chiederle i soldi per la spesa o per pagare qualche bolletta, specialmente quando i suoi introiti di traduttore calavano, per mancanza di commissioni, o quando non aveva qualche supplenza a portata di mano.

Un sabato, a cena, Marianna annunciò:

– E’ arrivato il momento di comprarci una casa tutta nostra. Basta con l’affitto e con ‘sta casa cadente!

– Sarà un bel sacrificio! – obiettò Giorgio.

– Ce lo possiamo permettere – lo rassicurò la moglie: – ho fatto tutti i conti, e con quel che guadagno ora, il mutuo non peserà troppo sul nostro bilancio.

L’uomo ebbe come una scossa al cuore: Marianna sembrava aver deciso già tutto, praticamente senza consultarlo, e per di più avrebbe pagato il mutuo coi propri soldi, senza nemmeno chiedergli un contributo. Ebbe in quel momento la sensazione che davvero tutto sarebbe stato diverso, da quel momento in poi, e non si sentì propriamente a suo agio.

Tuttavia, si impegnarono entrambi nella ricerca della casa da acquistare, e per la verità Marianna, prima di firmare il contratto preliminare e dare la caparra, domandò il parere del marito, accertandosi che anche a lui piacesse la casa che stavano comprando. Era una villetta a due piani, molto più grande e più moderna dell’appartamento dove avevano vissuto nei primi anni di matrimonio, e Marianna volle scegliere personalmente nel tempo libero i mobili per arredare gli otto vani da cui era composta. Otto vani, ai quali, a parte i servizi, andava aggiunto il terrazzino luminoso e spaziosissimo.

Giorgio si rassegnava sempre più a lasciarla fare: ormai anche nel suo subconscio era penetrata l’idea che dopotutto era lei a tirar fuori i soldi, e aveva il diritto di spenderli come meglio credeva. La presa di possesso della loro nuova casa fu come uno spartiacque: si lasciavano alle loro spalle la vita semplice e un po’ avventurosa dei primi anni della loro unione, per entrare in un’esistenza strutturata intorno a un tenore di vita diverso, ricco di oggetti, di spazi e di comodità. E tutto questo per merito di Marianna.

Ormai era lei a prendere le decisioni importanti per entrambi, e Giorgio doveva solo assisterla, coccolarla all’occorrenza, e prendersi cura della casa. A lungo andare, però, l’uomo cominciò a sentire nostalgia dei vecchi tempi: dov’era finita la ragazza che lo ascoltava parlare, incantata e ammirata? Adesso, quando riuscivano a passare un po’ di tempo insieme, Marianna, stanca e annoiata, faceva fatica a starlo a sentire, e quando lui le illustrava i problemi legati alla gestione della casa, lei rispondeva quasi seccata:

– Ma veditela tu, non posso pensare anche a queste sciocchezze!

Giorgio cominciò pian piano a sentirsi nervoso e insoddisfatto, e anche nell’intimità le cose non funzionavano più come una volta; c’erano settimane in cui, un po’ per la stanchezza della donna e un po’ per la frustrazione del marito, non si toccavano neanche, e a letto si limitavano a chiudere gli occhi per cercare il sonno.

L’elettricità era nell’aria, e prima o poi si sarebbero viste le scintille. Infine una sera la tensione esplose. Tutto derivò dal fatto che Giorgio disse a Marianna, appena rientrata dal lavoro, che la macchina grande, la Mercedes, era in riparazione dal meccanico. Lei chiese perché, e lui spiegò di aver avuto un incidente. Marianna andò allora su tutte le furie, dandogli dell’incapace e dicendo che a causa sua in quella casa si buttavano i soldi dalla finestra.

In realtà era da tempo che la donna voleva dare una strigliata al marito: provava uno strano impulso che a fatica riusciva a dominare. Giorgio, sentendo l’ingiustizia di quelle accuse, reagì dicendo che lei si comportava come se avesse il “potere assoluto” in casa, e che lui era stufo. Marianna disse a quel punto:

– Tu non hai nessun rispetto dei sacrifici che faccio per mettere insieme i soldi che ci permettono di vivere decentemente. Ti comporti come un ragazzino irresponsabile! Sono io che ne ho abbastanza!

Giorgio non riuscì a ingoiare un simile rimprovero, che rimarcava oltretutto che era la moglie a “mandare avanti la baracca”, ed esclamò tra i denti:

– Stronza!

Marianna, ferita a sua volta da questo epiteto, e imbufalita, gli dette un’energica spinta, che lo fece finire col sedere per terra. L’uomo si alzò, imbestialito, e avvicinatosi alla moglie, le diede una sberla. Non l’aveva mai fatto, e si rese subito conto di aver commesso un errore: oltre a essere sinceramente dispiaciuto per aver alzato le mani su di lei, pensò immediatamente al fatto che Marianna era più forte e allenata di lui. Provò quindi ad avvicinarsi di nuovo a lei, e a chiederle scusa; la donna lo respinse infastidita, e si girò dall’altra parte.

Giorgio insisteva a chiederle scusa, e lei all’improvviso gli diede una gomitata nello stomaco, poi si girò rapidissimamente con la gamba sinistra tesa in avanti e diede al marito con quella un calcio poderoso nel fianco, quindi sferrò un energico pugno che lo colpì alla guancia, e senza perdere tempo aggiunse anche una ginocchiata diretta ancora nello stomaco.

L’uomo, stordito e attonito, si piegò in avanti, e la moglie ne approfittò per assestargli una gomitata nella nuca, che lo fece crollare dolorosamente in ginocchio. Piena di furore, Marianna lo schiaffeggiò in viso più volte senza pietà, dicendo fra una sberla e l’altra:

– Non ci provare mai più!

Poi finalmente si allontanò e si diresse in camera sua; prima di entrarci, si voltò ancora verso il marito, che era rimasto in ginocchio in fondo al corridoio, e ripeté con tono di terribile ammonimento:

– Mai più!

Più tardi Giorgio provò a bussare alla porta della loro camera da letto; non ricevette risposta, perciò decise di aprire la porta e cacciando la testa dentro disse:

– Scusami. Ti chiedo ancora scusa.

Marianna, fulminandolo con lo sguardo, replicò semplicemente:

– Sei uno stronzo, lo sai?

– Hai ragione – fece lui, abbassando lo sguardo.

– Adesso che cosa dovrei farti, secondo te? – disse la donna.

E lui, quasi in un bisbiglio:

– Non so.

– Dovrei perdonarti?

– Sì, ti prego.

– Troppo comodo. Devi pagare per quello che mi hai fatto.

– Vuoi chiedere la separazione?

Marianna sogghignò:

– No, voglio darti una possibilità. Ma te la devi guadagnare.

– Come?

Ci fu un certo silenzio, nella stanza; Marianna godeva della sua nuova condizione di potere, e sembrava riflettere su ciò che doveva dire; Giorgio pendeva dalle sue labbra. Infine la donna disse, scandendo lentamente le parole:

– Devi dimostrarmi che sei veramente pentito.

Giorgio replicò:

– Sono disposto a tutto. Io ti amo.

– Bene. Hai un solo modo per dimostrare che sei sinceramente pentito: fare quello che io ti dico, alla lettera e scrupolosamente. Fa’ conto di dover attraversare un periodo di prova.

Ci fu un altro lungo silenzio. Fu ancora Marianna a interromperlo:

– Allora, Giorgio? Qual &egrave la tua risposta? Non l’ho sentita…

– Accetto – mormorò lui.

– Senza condizioni, naturalmente – precisò la moglie. – Stasera, tanto per cominciare, non dormirai qui – aggiunse.

– Lo immaginavo – disse il marito: – avevo già preparato il divano…

Marianna fece “no” col dito.

– Niente divano, Giorgio. Ti tratti troppo bene. E non lo meriti. Stanotte te ne andrai in soffitta.

– Ma lì fa un caldo tremendo…

– Abbiamo detto niente discussioni, mi pare – fece la donna, inflessibile.

La mattina dopo, Giorgio le portò la colazione a letto, come talvolta usava fare. Marianna, ancora assonnata, sorrise soddisfatta vedendolo comparire col vassoio e sentendo il profumo del caff&egrave.

– Vedo che sei sulla buona strada, ma per farti perdonare ci vuole altro – commentò, cominciando a sorseggiare il caffelatte.

– Io sono veramente dispiaciuto, Marianna – disse l’uomo. – Vorrei non aver perso la testa, ieri sera.

– Capisco – mormorò la donna, – ma ora io sono arrabbiata con te. E per far tornare le cose come prima, mi devi dimostrare che ci tieni davvero a me.

– Non chiedo di meglio – fece Giorgio, e captò nello sguardo della moglie una particolare luce che non aveva mai notato, simile a un improvviso e breve lampo di maligno compiacimento.

– Allora, per prima cosa, vieni con me in bagno – disse lei.

Il marito si chiese cosa significasse quella richiesta, ma non parlò, limitandosi a fare ciò che Marianna diceva. Voleva soltanto far pace con la moglie, ed era disposto a soddisfarla in tutto pur di raggiungere l’obiettivo.

Una volta in bagno, la donna si spogliò ed entrò nella cabina doccia, dicendo al marito di spogliarsi a sua volta e di seguirla.

– Ma perché? – fece lui un po’ stupito. – Dobbiamo fare qualcosa di… particolare?

Non gli sembrava possibile che Marianna, in collera con lui, volesse fare l’amore; e infatti non si trattava precisamente di questo.

– Devi solo lavarmi, non pensare ad altro – spiegò la donna.

– Lavarti? E hai bisogno di me per questo? – domandò Giorgio meravigliato e anche un po’ seccato.

– Vuoi o no dimostrarmi che ci tieni a me? Vuoi o no che io ti perdoni? – fece Marianna.

Giorgio capì che non era il caso di discutere, e che non aveva alternative. Mentre l’acqua scorreva, passò le mani sul corpo della moglie, insaponandolo tutto dal collo ai piedi, passando attraverso il petto. Quando le strofinò le tette, non poté impedirsi di provare una certa eccitazione, che alimentò il suo senso di frustrazione.

– Che c’&egrave? – disse Marianna con un mezzo sorriso. – Ti piace toccarmi lì, eh? Lo so, ma non aspettarti che io ti conceda quel che vorresti. Sai benissimo che non lo meriti.

– Ti prego – fece l’uomo con occhi supplicanti. – Non resisto, ti desidero così tanto…

– Non se ne parla proprio – fu irremovibile Marianna. – Oggi tu devi fare solo il bravo servitore, ci siamo capiti?

– Fino a quando durerà questo supplizio? – sospirò Giorgio, insaponando la pancia della moglie.

– Finché non mi sentirò in vena di perdono.

– Lo fai apposta a umiliarmi così.

– Può darsi – sorrise la donna: – in fondo &egrave quello che meriti, per come ti sei comportato. Quello schiaffo lo devi pagare caro.

Giorgio s’inginocchiò per insaponare le gambe e i piedi della moglie, che lo guardava dall’alto con aria di condiscendenza, proprio come se lui fosse un umile servo. In quella posizione l’uomo portò anche, titubante, una mano al pube della donna, non sapendo se gli fosse concesso di insaponarle anche la vulva. Guardò negli occhi Marianna, per capire come dovesse comportarsi.

– Avanti, che aspetti? – sussurrò lei. – Non vorrai mica lasciarmi zozza proprio là?

Si divertiva a veder tremare la mano di Giorgio, e a vederlo così confuso, incerto e al tempo stesso eccitato. Le dita dell’uomo s’insinuavano nella peluria pubica della donna, e strofinavano delicatamente le grandi labbra.

– Avanti, ma cos’&egrave tutta ‘sta timidezza? – lo prese in giro la moglie. – Sembra che non me l’abbia mai toccata prima! Fai bene il tuo lavoro, su…

Così Giorgio strofinò con più intensità, e le sfiorò anche il clitoride; Marianna sembrò trattenere a stento un sospiro, poi sentì un dito del marito scorrere nel carnoso solco, verso la vagina, e a quel punto gli afferrò il polso energicamente, bloccandoglielo.

– Basta così, carino! – esclamò. – Non cerchiamo di approfittarne…

– Ma me l’avevi detto tu – si difese lui.

– E tu subito a ravanare come un porco!

Mortificato, l’uomo si alzò, mettendo in mostra (benché in quel momento avrebbe piuttosto voluto nasconderlo) un principio di erezione, che Marianna sembrò osservare divertita e compiaciuta. La donna cominciò a canticchiare, e il marito le si mise dietro e le insaponò la schiena. Quando arrivò a sfiorarle i glutei, si fermò di nuovo incerto, e Marianna lo incitò:

– Forza, per la miseria, non possiamo stare qui fino a domani! Muovi quelle mani!

Giorgio le strofinò quindi energicamente le natiche sode e piene, sentendo di nuovo l’eccitazione salire, e inavvertitamente la punta del suo pene, ormai del tutto eretto, toccò per un attimo la moglie nel centro della schiena.

– Scusami – mormorò confuso l’uomo, prevenendo un possibile rimprovero.

– Di niente – sussurrò Marianna con intonazione ambigua.

Finita la doccia, Giorgio dovette asciugare la moglie, profumarla e aiutarla a vestirsi. La sensazione più strana l’avvertì quando le infilò le mutandine, tirandogliele su lungo le gambe sino al cavallo, e le autoreggenti, sentendo scivolare la stoffa leggera sulla pelle delle cosce che lui adorava.

– Non posso nemmeno baciarti, accarezzarti un po’? – domandò a quel punto, con un desiderio disperato.

– Per oggi mi hai toccato a sufficienza – rispose la moglie, scostandosi da lui.
La sera, quando tornò dal lavoro, stanca come sempre, Marianna si sedette in poltrona e chiamò il marito.

– Cosa c’&egrave? – domandò lui premuroso.

– Le scarpe, Giorgio. Levamele, e mettimi le pantofole.

Per un attimo l’uomo la guardò perplesso, chiedendosi: “Anche questo, adesso?”. Lei ormai gli dava veri e propri ordini.

– Perché mi guardi così? – domandò Marianna. – Vuoi fare o no quello che ti ho detto?

D’istinto, Giorgio avrebbe voluto risponderle: “Se me lo chiedi così, no”. Però sapeva che era in ballo il loro matrimonio, e si sentiva colpevole per come si era comportato il giorno prima. Doveva farsi perdonare, e del resto aveva accettato le condizioni che la moglie gli aveva posto.

Così, senza badare al suo orgoglio, andò in camera da letto e prelevò le pantofole della donna; tornato in salotto, s’inginocchiò davanti a lei e le sfilò le scarpe.

– Un momento! Voglio un bel massaggio! – disse Marianna.

Sospirando, il marito si adattò a effettuarle un massaggio ai piedi, dai talloni alla pianta, e poi sino alla punta delle dita.

– Oh, ma sei proprio bravo! – sussurrò la donna. – Mi stai facendo rilassare veramente…

“Meno male che le piace” pensò Giorgio, “forse si addolcirà prima del previsto”.

Questo pensiero gli faceva pesare di meno il senso di umiliazione che provava in quel momento.

Ma i giorni passavano senza che la situazione si modificasse un granché. Tutte le mattine Giorgio doveva portare la colazione alla moglie, in camera da letto, poi insaponare la donna sotto la doccia, e così via. Fu una sera che finalmente accadde qualcosa di diverso, che spezzò quel ciclo ormai ripetitivo e sempre meno piacevole per l’uomo.

Lui, come di consueto, aveva appena sfilato le scarpe a Marianna, quando questa, che era particolarmente su di giri, non riuscì a trattenersi dall’accostare un piede al viso del marito, imponendogli di baciarglielo. Giorgio, preso alla sprovvista, guardò la donna negli occhi, esitante e un po’ contrariato.

– Cosa c’&egrave, Giorgio? – fece lei. – Ti fa specie baciarmi i piedi? Forse non sei più interessato al mio perdono…

Vincendo la riluttanza, l’uomo finalmente posò le labbra sul dorso del piede destro di Marianna, e lei commentò:

– I miei piedi sono belli. Ero sicura che li avresti apprezzati. Avanti, fammi vedere quanto ti piacciono…

Giorgio si sentì preso in giro, e questo sembrò ulteriormente eccitarlo – non sapeva lui stesso dire perché. Come se volesse di colpo farsi perdonare tutte le sue mancanze passate e future, tuffò il volto sulle estremità della moglie e le coprì di baci; poi, non ancora contento, gliele leccò in lungo e in largo, soffermandosi particolarmente sulle piante; infine succhiò le dita ad una ad una, con apparente avidità.

Soddisfatta, Marianna esclamò:

– E’ splendido quello che fai! Dovremmo ripeterlo ogni sera, mi scioglie completamente la tensione.

Giorgio non disse nulla, ma gli parve di percepire, nel tono e nel viso della donna, uno spiraglio di benevolenza, che lo fece sperare. Un paio di ore dopo, Marianna chiamò il marito perché la raggiungesse in camera da letto: non accadeva da quando avevano litigato.

– Stasera mi devi fare un servizio speciale – mormorò la donna, stesa sul letto, quando vide Giorgio entrare.

– Volentieri – disse lui, non sapendo bene cosa aspettarsi.

– Ho gradito molto il trattamento di prima – spiegò Marianna, – e adesso voglio un supplemento.

Giorgio la guardò con aria interrogativa, e lei specificò:

– Voglio che mi lecchi i piedi e i polpacci.

– Tutto qui? – fece l’uomo, che non riusciva a nascondere un po’ di delusione.

– So cosa stai pensando – disse Marianna, – ma &egrave ancora presto. Devi dimostrarmi fin dove sei disposto ad arrivare, pur di non perdermi.

– Non te l’ho già dimostrato abbastanza? Mi sono ridotto a farti da cameriere, anzi da schiavo, senza nemmeno fiatare. E ancora non ti basta? Credi che sia facile, per me, sfiorare tutte le mattine il tuo corpo nudo senza poter abbracciarti e arrivare fino in fondo?

– Oh, lo immagino, e non credere che non apprezzi i tuoi sacrifici. Anzi, se vuoi saperlo, li trovo estremamente… erotici.

– Ah sì? – fece Giorgio, perplesso.

– Certo – disse Marianna – e forse sarà una mia impressione, ma giorno dopo giorno, sotto la doccia, te lo vedo diventare sempre più grosso… E vederlo in quelle condizioni, per me, credimi, &egrave uno spettacolo gratificante e… tonificante!

– Ma allora, se ne hai voglia, perché non lo facciamo?

– Alt! Ti ho detto che non &egrave ancora il momento! Per ora devi accontentarti di leccarmi dove ti ho detto. Se stasera sarai abbastanza carino con me, domani ne riparleremo.

– Ti diverte tormentarmi, eh? Non ti facevo così… – commentò Giorgio.

– Ah, neanch’io immaginavo fosse così piacevole – ammise la donna.

L’uomo comprese di non avere scelta e s’inginocchiò ai piedi del letto. Afferrò con entrambe le mani la caviglia destra della moglie e cominciò a leccarle la pianta del piede, ad occhi chiusi, come in trance.

Marianna si limitava a qualche mormorio di apprezzamento e lo lasciava fare. La lingua del marito fece il giro della sua caviglia e poi risalì lungo il polpaccio, guizzando rapida, e fermandosi al ginocchio. Poi sembrò spiccare un salto, trasferendosi sull’altro ginocchio, e di lì scese verso l’altro piede, zigzagando in fretta sulla morbida pelle del polpaccio. Fece il giro della caviglia, stuzzicò il tallone e s’impennò verso le dita.

La donna, sempre più coinvolta, sospirava estasiata. Di lì a poco, Giorgio riprese a stimolarle il piede destro, leccandoglielo con incredibile golosità. Poi le spennellò ancora il polpaccio, senza risparmio, fin quasi a consumare la saliva, e lo stesso fece col piede sinistro e il relativo polpaccio. Quindi cominciò a lavorarle le ginocchia, con leccate lente ed ampie, come quelle di un cane devoto.

Marianna, mormorante, apprezzava. Quando però Giorgio provò a spingersi più su con la lingua, lambendole una coscia, la donna gli mise una mano intorno alla gola, senza complimenti, e stringendola un po’ per ricordargli chi prendeva le decisioni lì dentro, disse:

– Non provare a fare il furbo. Per stasera, niente di quello che ti sei messo in testa, qualunque cosa sia.

Il marito, spaventato da quella mano che stringeva la sua gola e che sottolineava che non era prudente innervosire o contrariare Marianna, desistette immediatamente e si rimise in piedi.

– Per stasera va bene così – mormorò Marianna. – Devo dire che sei stato abbastanza bravo. Ora puoi andartene in soffitta a meditare.

Giorgio si sentiva più abbattuto che mai: dopo avere sperato in una serata d’amore, veniva scacciato e quasi deriso, e, come accadeva ormai da dieci giorni, costretto a reprimere il suo desiderio. Quanto ancora avrebbe dovuto pagare per quello schiaffo?

Ma il sospirato perdono arrivò proprio il giorno dopo. Marianna lo esentò dai servizi più umilianti e gli annunciò che avrebbero ripreso a dormire insieme. Giorgio si sentì sollevato, e per la felicità gli parve di toccare il cielo; in segno di gioia baciò più volte la moglie sulle guance e sul collo, e lei lo lasciò fare, divertita.

Tuttavia, dopo l’iniziale euforia, l’uomo riflettendo comprese che il loro rapporto era inesorabilmente cambiato: quell’esperienza non poteva rimanere senza conseguenze. Lui aveva scoperto un aspetto della personalità di Marianna che prima non conosceva a fondo, e d’altronde lei, per sua stessa ammissione, aveva scoperto che il potere aveva risvolti eccitanti.

Niente sarebbe stato più davvero come prima: l’innocenza era perduta. Quella sera fecero l’amore, e Marianna pretese di stare sopra di lui e di cavalcarlo.

– Mamma mia, come ce l’hai duro, stasera! – osservò. – A quanto pare, un po’ di astinenza ti fa bene…

A queste parole, l’uomo si eccitò ulteriormente e sentì il membro tendersi all’estremo, per la gioia della moglie, che s’impalò come una vera furia, con spinte avide e profonde. Veder ballare e sobbalzare le tette della donna durante le spinte dell’amore fece vibrare di piacere la fantasia e la carne del marito: gli sembrava che non ci fosse spettacolo più affascinante e coinvolgente sulla faccia della Terra. Marianna raggiunse però presto il climax, gemendo profondamente, e poi si stese esausta sul corpo di Giorgio.

Purtroppo non tutti i giorni facevano l’amore. Il più delle volte, quando si mettevano a letto, Marianna chiedeva al marito di massaggiarla in ogni parte del corpo usando oli balsamici che lei aveva acquistato appositamente. Ormai la donna aveva scoperto il piacere del massaggio e non intendeva rinunciarvi.

Giorgio pazientemente passava le mani imbevute degli oli sul corpo della moglie, cominciando dalla parte posteriore: faceva pressione sui muscoli della schiena di Marianna, li manipolava, glieli stiracchiava e poi faceva scendere le mani sino ai glutei, manovrandoli come se fossero farina da impastare.

Marianna si voltava poi supina, e Giorgio cominciava a massaggiarle il petto, armeggiando con le mammelle ed eccitandosi oltre ogni dire, mentre la donna gli sorrideva sorniona. Poi le mani dell’uomo andavano finalmente più giù, sulla pancia e quindi sul pube. Se provava a stuzzicarle la passera o il clitoride, Marianna subito lo bloccava:

– No, caro! Non &egrave il momento: ora si massaggia e basta.

E così Giorgio faceva scendere le mani a massaggiarle le cosce, una per volta, una mano sul lato interno e una su quello esterno; la moglie sembrava gradire particolarmente quel passaggio, e si lasciava andare a mormorii di apprezzamento. Ma il lavoro di Giorgio non era finito: infatti faceva morbidamente scendere ancora le mani sui polpacci della donna, quindi sulle caviglie e infine sui piedi, che trattava con speciale cura. Sapeva infatti che Marianna considerava il massaggio in quella zona del suo corpo come un vero e proprio tranquillante naturale.

Dopo tutto questo lavoro, che in genere lo faceva sudare, Giorgio desiderava in genere far l’amore con la moglie, ma lei non sempre lo accontentava. Quattro volte su cinque, l’uomo doveva andarsene a dormire insoddisfatto. Col passare del tempo, la cosa lo rendeva sempre più triste: si sentiva più che mai innamorato e attratto da sua moglie, ma temeva che lei non provasse più niente per lui.

Non sapeva però come esprimere la sua scontentezza e la sua frustrazione, e quasi senza accorgersene cominciò a trascurare i lavori domestici a lui affidati. Sperava forse così di attirare l’attenzione di Marianna, di mostrare il proprio malessere e di poter avere con lei un chiarimento.

– Ho notato che non cucini quasi più. Mangiamo sempre cibi freddi o roba presa in rosticceria – disse una sera la donna.

– Beh, ultimamente ho molto da fare, e mi resta poco tempo per spignattare – spiegò Giorgio, con una certa freddezza.

– Ah sì? E che cos’hai da fare, per esempio? – chiese Marianna.

– Ho molto lavoro ultimamente, molte traduzioni… molte supplenze in giro.

– Oh beh, se quello lo chiami “molto da fare”, cosa dovrei dire io, secondo te? Sai bene che, per esempio, fra due giorni devo andare a Parigi, e la settimana prossima a Londra. E per lavoro, eh! Mica per divertirmi!

– Certo che lo so! – esclamò il marito, nervoso.

– E allora, se lo sai, chi di noi due ha più “da fare”, qui dentro? Io o tu?

– Ma che c’entra?

– C’entra eccome, bello mio! – si scaldò la donna. – Quando ero io quella che stava di più a casa, la mia parte la facevo. Te lo ricordi o te lo sei già dimenticato?

– Certo che lo ricordo – ammise riluttante Giorgio.

– Non ti facevo mai mancare un piatto di minestra calda. Anzi, ti preparavo anche piatti complicati di cui eri ghiotto – continuò Marianna: – e non dirmi che non ti faceva piacere. Adesso che &egrave il tuo turno, trovi tutte le scuse per non fare quel che ti spetta. Come lo devo interpretare, questo?

– Non facciamone un dramma: mi manca il tempo, tutto qui.

– Insisti? Ti ho già dimostrato che non puoi venire a dire a me una cosa del genere. Sono io che mi sbatto dalla mattina alla sera per mantenere in piedi il nostro tenore di vita – disse Marianna, battendosi enfaticamente una mano sul petto.

– Io faccio la mia parte, non puoi negarlo – replicò stizzito il marito.

– Ma quale parte? Ma fammi il piacere! La “tua parte” basta appena per comprarti i fazzoletti di carta con cui ti soffi il naso…

– Così mi offendi – osservò Giorgio.

– E offenditi! La verità fa male, eh? – disse la donna.

Seccato, ferito nel suo amor proprio, l’uomo sbatté il suo tovagliolo sul tavolo e si alzò.

– Guarda, non fare queste scene, perché se c’&egrave qualcuno che se la dovrebbe prendere, qui dentro, quella sono io! – esclamò Marianna.

– Non vedo perché – commentò freddamente Giorgio.

– E allora te lo dico io! – fece la moglie, alzandosi da tavola a sua volta. – Qui &egrave tutto sulle mie spalle, e tu non vuoi dare nessun contributo, nemmeno aiutando in casa!

– Ma non &egrave vero – provò a dire l’uomo, ma la moglie lo interruppe brusca e autoritaria:

– Zitto! Fammi parlare! Io comincio ad averne abbastanza del tuo menefreghismo. Da ora in poi, mettiti in testa che devi collaborare.

Giorgio era al tempo stesso intimorito dal contegno aggressivo della donna, e offeso per quelle che riteneva accuse ingenerose.

– Io non capisco cosa vuoi da me – disse.

– Ah non capisci? – fece Marianna. – Non mi dire! Se sei così immaturo da non saperti nemmeno organizzare le tue giornate, non ti preoccupare: vorrà dire che le organizzerò io per te. Ti darò ogni giorno precise istruzioni su quello che dovrai fare.

– Ma che stai dicendo? Ma che ti sei messa in testa? – reagì Giorgio.

– Senti, io sono abituata a dirigere uno staff di venti persone, perciò posso benissimo organizzare e dirigere anche il tuo lavoro casalingo.

– Ma io non sono un tuo dipendente, sono tuo marito!

– Marito o no, tu sei il classico tipo che se non c’&egrave qualcuno a dirgli che cosa deve fare, non sa far altro che perdere il suo tempo. Sembri un adolescente, certe volte, per quanto sei immaturo. Ti giuro, ci sono momenti in cui devo trattenermi dal riempirti la faccia di schiaffi.

Giorgio rimase allibito, sentendo la moglie parlare così. Era dunque questo ciò che pensava di lui… Ma come si permetteva di esprimersi in quel modo e di trattarlo come un minorenne? L’indignazione dell’uomo era pari alla sua paura, e questi due sentimenti gl’impedivano di parlare.

– Cominceremo da stasera – disse Marianna, prendendo un foglio e una penna da un cassetto della credenza e iniziando a scrivere. – Qui troverai elencato tutto ciò che devi fare domani, e mi raccomando: fai tutto per bene.

– No, io non ci posso credere – fece il marito. – Tu devi avere sbattuto la testa. Ma chi credi di essere, per trattarmi così? Io sono una persona, non un pupazzo. Un uomo. Adulto, capisci?

– Adulto? – sogghignò la donna. – Per come ti comporti, non si direbbe, se devo essere sincera.

– Marianna, a tutto c’&egrave un limite…

– Ecco, bravo, ora l’hai detto! – esclamò lei, fissando il marito negli occhi con aria estremamente seria. – A me interessano i fatti, non le chiacchiere. E i fatti dicono che non ti stai comportando da uomo adulto, non mi stai dando l’aiuto che mi aspetto da te; non si può andare avanti così, Giorgio. Vuoi essere trattato come un ragazzino? Benissimo, da ora in avanti sarai accontentato.

– Sei ingiusta…

– Stai zitto! – fece Marianna, interrompendo l’uomo. – Se siamo a questo, &egrave perché tu non hai fatto la tua parte. E allora &egrave necessario che te la insegni io.

– Senti, Marianna, io non sopporto più questo tuo atteggiamento. Va bene?

– Ora mi hai stufata, &egrave chiaro? – sbottò la donna, alzandosi di scatto e facendo il gesto di dare un manrovescio al marito. – Se non la smetti, ti arriva subito un ceffone, hai capito? Lo vuoi proprio?

Giorgio osservò la moglie, ferma in quell’atteggiamento minaccioso: non riusciva a credere ai propri occhi. Si chiese per un attimo cosa fosse giusto fare: sfidarla? E con quali conseguenze? Lui non aveva la minima possibilità di uscire vincente da un confronto fisico. Ma allora doveva chinare subito la testa e umiliarsi ulteriormente, rinunciando alla lotta?

– Tutto questo non ha senso – disse soltanto, evitando lo sguardo della donna.

– Non per te, forse – ribatté lei. – E allora? La pianti subito o hai deciso di prenderle?

– Lasciamo perdere… Non mi sembra il caso di arrivare a questo – fece Giorgio.

– Bene… e allora seguirai le mie istruzioni senza fare altre storie?

Abbattuto, scoraggiato, l’uomo annuì.

Quella sera i due dormirono insieme, ma senza neppure toccarsi. Il giorno dopo, nel leggere le “istruzioni” che la moglie gli aveva scritto, Giorgio si chiese seriamente se avesse ancora senso tenere in piedi quel matrimonio. Ma si rese conto di amare ancora Marianna e di non poter fare a meno di lei; forse la donna stava attraversando un periodo difficile, forse aveva perso un po’ la testa a causa delle tante responsabilità di cui doveva farsi carico… L’uomo insomma comprese che il proprio posto era ancora lì, con quella donna, in quella casa.

Certo però si accorse di essersi trasformato ormai quasi in un dipendente della moglie: tutti i giorni Marianna gli consegnava una lista dettagliata di cose da fare, e lui faceva il possibile per rispettare le consegne. In qualche modo ci teneva a compiacere la moglie, a far sì che fosse sempre soddisfatta di lui.

Lei notò l’impegno del marito e un giorno commentò:

– Allora ho fatto bene a inaugurare questo nuovo corso. Hai proprio bisogno di essere comandato a bacchetta, tu.

Giorgio ingoiò anche questa osservazione in silenzio: l’importante era evitare di arrivare a un’altra sgradevole scenata e di provare ancora l’orribile sensazione di essere ridotto a un ragazzino tremante, minacciato e terrorizzato da Marianna.

Tutte le sere, dopo cena, lei si faceva trovare nuda sul letto, pronta a ricevere il massaggio totale da parte del marito. Ormai lui era diventato molto esperto, e sapeva come compiacere la moglie anche sotto quell’aspetto. Ma sempre meno spesso lei era disposta a fare l’amore. Si ridussero a farlo prima una volta alla settimana, poi una volta ogni dieci giorni…

– Ti viene meglio quando ti astieni per un po’ di tempo – spiegò la donna un giorno, rispondendo alle insistenti richieste di Giorgio. – Ce l’hai più duro e grosso – aggiunse, – e poi mi piace che tu conservi pazientemente il tuo seme per me, nelle palle. Vuol dire che sei mio, veramente e unicamente mio.

L’uomo, udendola parlare così, si sentiva ancora più eccitato, e subito dopo frustrato, per non poter soddisfare il suo desiderio.

Una domenica, Giorgio notò che la moglie era particolarmente euforica. Subito dopo pranzo, lei lo invitò a seguirla in camera da letto, perché doveva “assolutamente” fargli “vedere una cosa”. Quando furono in camera, la donna invitò il marito a spogliarsi.

– Dai, cosa aspetti? – lo incitò con un sorriso ammiccante.

– Credevo dovessi farmi vedere qualcosa – osservò lui stupito.

– Infatti &egrave così – confermò lei, – ma prima devi spogliarti… poi vedrai la sorpresa!

Non appena Giorgio fu completamente nudo, Marianna da un cassetto del proprio comodino tirò fuori una videocamera.

– Che cosa vuoi farci, con quella? – domandò l’uomo, con un sorriso che non poteva nascondere un certo disagio.

– Semplice… voglio riprenderti – rispose la moglie sorridendo maliziosamente.

– Vuoi riprendere soltanto me… così, nudo? – fece lui, imbarazzato e incredulo.

– Certo… Questo affare l’ho comprato apposta… Mi piace l’idea di riprenderti in una… posa eccitante.

– Ma allora… filmiamoci mentre facciamo l’amore, no? – propose Giorgio, che cominciava a sperare: non lo facevano da otto giorni, lo ricordava bene.

Marianna, sorridendo, scosse la testa:

– Sei tu il mio soggetto preferito – disse: – lo sai che mi piace vederti eccitato, col tuo pisellone dritto all’insù. Oggi dovrebbe essere la giornata giusta, perché non lo fai da un po’, e sicuramente ti verrà immediatamente su appena lo sfiorerai… bello grosso come piace a me!

– Ma stai scherzando, Marianna? Cos’&egrave che dovrei fare? Toccarmi mentre tu mi riprendi con quell’affare?

– Sì, hai capito bene. Muoviti, dai, fammi vedere come te lo coccoli…

La videocamera era già accesa, tra le mani di Marianna, seduta sul bordo del letto; e Giorgio non sembrava gradire molto la situazione; tuttavia, sentir parlare la moglie in quel modo, dopo giorni di astinenza, e vederla osservare con attenzione le sue parti virili ebbe un certo effetto sulla sua libido: l’uccello in effetti cominciò lentamente a svegliarsi. Le riprese erano iniziate, tra i commenti soddisfatti di Marianna.

– Oh, vedi che ci sai fare? Ora un bel primo piano! – annunciò la donna.

Giorgio ebbe quasi l’istinto di coprirsi, ma appena la sua mano sfiorò il glande, l’eccitazione raddoppiò, anche perché la moglie commentò:

– Mm, sì, dagli un bell’incoraggiamento!

A quel punto, l’uomo sembrò entrare nell’atmosfera di quel gioco, e iniziò ad accarezzarsi il membro; con l’arretrato che incombeva, non gli ci volle molto a raggiungere un’erezione completa e particolarmente tesa: il pisello svettava tra le sue gambe con impettita fierezza, e Marianna, da consumata regista, disse al marito di allontanare le mani dai genitali, mostrando alla camera “quel grande spettacolo”.

Poi, dopo essersi assicurata un bel primo piano con lo zoom, la donna aggiunse:

– Adesso vieni più vicino… Voglio che si veda bene come si muove il tuo pisello duro quando cammini. E’ molto eccitante, quel movimento…

Giorgio si stupì della fantasia erotica della moglie, ma, eccitato anche lui dalla situazione, l’accontentò.

– Adesso sbattitelo sulla pancia – disse ancora Marianna, continuando a riprenderlo: – voglio che si noti la sua consistenza, il suo rimbalzo… e voglio sentire il suono che fa.

Giorgio ancora una volta non ebbe difficoltà ad accontentarla.

– Bravo… Adesso voglio che tu faccia un’altra cosa… molto divertente – disse la donna, spiegando cosa aveva in mente: – Prendi quelle mie mutandine, lì sulla sedia, e strofinatele sull’uccello, come se fosse, non so, una bottiglia da spolverare.

L’uomo la guardò perplesso, ma lei insisté, e infine Giorgio, ormai attratto da quella fantasia, prese le mutandine della moglie e tenendole con due mani, le usò per strofinarsi il pene: la rigidità di questo venne messa in maggiore evidenza da quel gesto, con gran soddisfazione di Marianna.

– Adesso appenditele… Sì, appendi lì le mie mutandine – fu la successiva indicazione di regìa della donna.

E Giorgio, benché un po’ imbarazzato, appese gli slip della moglie al proprio uccello eretto.

– Mm… ma che bell’attaccapanni che abbiamo! – commentò Marianna, con voce sensuale non priva di ironia, zoomando con gusto sulla scena.

– Può bastare, adesso? – chiese l’uomo.

– Ma come? Se non abbiamo ancora fatto niente? – rispose la moglie. – Adesso devi dare qualche tiratina alle mutandine… Sì, devi tirarle in giù, così fai sobbalzare un po’ il tuo uccellino. Dai, avanti, &egrave così carino quando balla!

Giorgio non poteva certo rifiutarsi di soddisfare una richiesta simile, carica di complimenti. E Marianna riprese la nuova scena con avidità.

– Senti, Marianna, perché non lo facciamo, adesso? Io ho voglia di te! – provò a proporre l’uomo.

Sapeva, capiva che la donna doveva essere già eccitata, e contava su questo.

– Lo so che ne hai voglia, caro, e mi fa piacere farti questo effetto – disse lei, – ma tu devi essere tanto gentile da farmi prima realizzare queste mie fantasie… Era da tanto che ci pensavo.

– Ma davvero ti piace filmarmi così? – chiese Giorgio, ancora incredulo.

– Sì, molto – ammise Marianna: – e sai cos’&egrave che mi eccita di più? Sapere che quel bel pisellone duro &egrave tutto mio, e viene su soltanto per la voglia di me. Questo filmatino me lo rivedrò spesso, e sono certa che ogni volta mi bagnerò incredibilmente.

Giorgio era davvero stupito da queste dichiarazioni della moglie: non la conosceva affatto, sotto questo aspetto, e non aveva mai immaginato che fosse dotata di una così sbrigliata e un po’ morbosa sensualità.

Quel filmato, comunque, non rimase un caso isolato; Marianna infatti prese l’abitudine di riprendere con la videocamera, almeno una volta alla settimana, le parti intime del marito, specie quando era eccitato. In un’occasione filmò Giorgio mentre si faceva la doccia, con annessa masturbazione; in un’altra lo pregò di prepararsi la colazione in cucina, nudo e col bastone virile in bella evidenza tra le gambe, per esserselo precedentemente stuzzicato; un’altra volta ancora lo riprese in garage mentre, ovviamente nudo e in tiro, armeggiava intorno all’auto…

I periodi astinenza si fecero più prolungati, perché Marianna sosteneva che il pisello del marito era tanto più spettacolare quanta più voglia conteneva. Ma accanto alla voglia, nell’animo di Giorgio si andava accumulando la frustrazione.
Una sera, in camera da letto, esasperato dall’ennesimo rifiuto della moglie, Giorgio sbottò:

– Già, tu pensi solo a te stessa! Ormai mi usi solo come uno stimolo per le tue fantasie solitarie, quando mi riprendi con la videocamera. Ma io sono una persona, Marianna. Sono un uomo! E soprattutto, sono tuo marito! Non mi va più di essere considerato una marionetta a tua disposizione. Mi capisci?

Erano ancora entrambi vestiti, lei seduta sul bordo del letto e lui in piedi, che passeggiava nervosamente. La donna lo guardò con estrema freddezza e replicò:

– Ma cosa pretendi?

– Non chiedo niente di speciale! Voglio poterti amare… in modo completo, normale, come &egrave giusto che sia, fra marito e moglie.

– Il tuo modo “normale” risulta molto noioso per me – disse Marianna, con lo stesso tono freddo.

– Ma come? Ma cosa ti &egrave successo? – fece Giorgio. – Siamo sempre stati bene insieme, io e te; ti &egrave sempre piaciuto il modo in cui facevamo l’amore, me l’hai detto tante volte…

– Ero più giovane – disse la moglie, scuotendo la testa, – non avevo tanta esperienza e mi accontentavo di quello che mi davi. Ma poi si cresce e si capiscono tante cose. Per esempio, ho capito ciò che mi piace veramente. Ho scoperto me stessa, in questi ultimi tempi, Giorgio.

– Ah sì? E cosa hai scoperto di te stessa? Che ti piace filmarmi l’uccello? E’ questo che hai scoperto?

– Ho l’impressione che piaccia molto anche a te, a giudicare da come ti ecciti quando ti filmo – mormorò la donna.

– Va bene, d’accordo, può essere eccitante come diversivo – ammise il marito, arrossendo, – ma ci vuole anche altro… La nostra vita di coppia non &egrave più quella di una volta, te ne rendi conto? Prima c’era un’intesa completa fra noi. Ora non c’&egrave più… generosità. Tu pensi solo a soddisfare te stessa, da un po’ di tempo: questa &egrave la verità!

– Non c’&egrave più generosità, dici? Forse perché da parte mia ce n’&egrave stata fin troppa, in passato. Ad un certo punto mi sono resa conto che non facevo altro che cercare di soddisfare te; e adesso &egrave giusto che dia più spazio ai miei desideri.

– Sai da quando non facciamo l’amore, io e te? – disse Giorgio, senza nascondere il suo nervosismo: – Da più di dieci giorni, ormai… Forse dodici, forse tredici…

– Mm – lo stuzzicò Marianna, – vorrà dire che quando farò il mio prossimo filmatino, il tuo amico sarà proprio bello da vedere.

– Ecco, lo vedi? Io sono convinto che tu ti diverti a tormentarmi così. Ci prendi gusto. E questa &egrave crudeltà, lo sai? Non mi consideri più una persona. Sono solo quello che deve sgobbare in casa e tra i fornelli, che ti deve far trovare la cena pronta e i pavimenti puliti… e sono quello che deve offrirti immagini eccitanti da filmare perché tu possa fare sesso da sola, o meglio in compagnia delle tue fantasie.

– Ma se &egrave così, devi esserne contento, mi sembra – affermò la donna con un sorriso: – in fondo &egrave un lavoro molto semplice. Molto più semplice di quel che faccio io, che ho la responsabilità di un intero staff sulle mie spalle.

– Lo dici per offendermi, &egrave così chiaro! E non &egrave la prima volta! – esclamò Giorgio.

– E perché mai? Sto semplicemente constatando una verità.

– Ma quale verità? Il tuo scopo &egrave quello di umiliarmi… e ci stai riuscendo perfettamente, devo ammetterlo. Ma non credere che io possa resistere in eterno. Io rivoglio la mia dignità, in questa casa!

– E chi te la toglie? – fece Marianna, alzando le spalle con indifferenza.

– Trattami come un uomo… come un marito! – insisté Giorgio.

– In questo mondo, ognuno riceve il trattamento che merita – replicò la donna con voce calma.

– No, io non merito di essere trattato così. E non lasciarmi più quei bigliettini tutte le mattine, sul tavolo della cucina, per dirmi cosa devo fare. Non capisci che &egrave insopportabile? Non lo accetto più!

– Vogliamo discutere di nuovo di questa faccenda? – disse Marianna, con fare annoiato.

– E’ ora che tu ti ricordi che non sono il tuo servitore!

– Ma non sei un servitore, caro; sei un immaturo. A proposito, domani che hai intenzione di cucinare?

Questa domanda colse Giorgio di sorpresa; aggrottò le ciglia e un po’ stizzito rispose:

– Fagioli. Pasta e fagioli.

– Che razza di idea, i fagioli! Questo &egrave ciò che vorresti preparare tu, ma io voglio invece un bello spezzatino. E niente fagioli – disse la donna.

Giorgio la guardò imbronciato: ignorando le sue proteste, lei gli stava dando degli ordini, come sempre.

– E se a me andassero i fagioli? E’ da tanto che non ne mangiamo – fece notare l’uomo.

– Oh, a me non importa quel che va a te. Io ho desiderio di uno spezzatino… bello, tenero – ribatté la moglie.

Lei lo stava sfidando, era chiaro; lui avrebbe dovuto risponderle: “E allora cucinatelo tu!”, ma si trattenne prudentemente dal farlo.

– Cos’&egrave che non va, nello spezzatino? – fece Marianna.

– E’ che… porta via molto tempo – provò a spiegare il marito.

– Perché, tu che avresti da fare, domani? – lo incalzò la donna.

– Proprio domani… ho delle supplenze per tutta la giornata.

– E per questo vorresti rifilarmi per cena i fagioli in scatola, eh? Le tue supplenze contano più della cena di tua moglie? Ma te lo ricordi o no chi te li paga, i tuoi fagioli, e anche tutto il resto?

– Ecco, e con questo tu chiudi ogni discussione – mormorò seccato Giorgio.

– La chiudo sì, la chiudo! Ci mancherebbe altro! – esclamò Marianna. – E non farmi incazzare sul serio: non ti conviene!

La voce della donna si era fatta minacciosa. Giorgio provò un brivido di paura, ma cercò di nasconderlo mostrandosi spavaldo.

– Sto cercando di dirtelo da mezz’ora, e te lo ripeto: non sopporto che mi tratti così, sono veramente stufo, Marianna – dichiarò. – E non credere di spaventarmi con le tue minacce: da questo momento non prendo più ordini da te. Vedrai! Sono tuo marito, e pretendo di essere trattato…

– Bello! mi piace quando fai così, sei eccitante! – lo interruppe la moglie con tono di scherno. – Ma ora ti dimostro che so farti abbassare immediatamente la cresta, galletto dei miei stivali…

Giorgio guardò stupito Marianna alzarsi rapidamente dal letto e, prima che lui potesse capire cosa stesse accadendo, lei gli afferrò i polsi.

– La vuoi smettere di fare il macho con me? Non credo sia il caso, ti rendi semplicemente ridicolo – sussurrò la donna, cominciando a stringere forte i polsi del marito: le mani di Marianna non erano particolarmente grandi, ma non lo erano neppure i polsi di Giorgio, che quindi lei riusciva a contenere senza problemi nella sua stretta; e questa si fece in pochi attimi sempre più intensa, sino a sembrare all’uomo, che la subiva, una vera e propria morsa.

L’espressione del volto di Giorgio mutò, rendendo manifesto il dolore che provava.

– Oh, che c’&egrave? Ti &egrave già passata la voglia di fare il galletto? – lo prese in giro Marianna.

– Ma io non faccio il galletto: cosa dici? Lasciami andare, per favore: mi stai facendo male – si lamentò Giorgio.

– Ma come? Non sei abbastanza forte da liberarti, maschietto mio? – disse la donna, sempre più divertita.

Come incitato da questo affronto, il marito provò ad agitare bruscamente le braccia, per liberare i polsi dalla stretta, ma riuscì a muoverle solo di pochi centimetri, perché Marianna era in grado di contrastare tranquillamente la sua forza.

Con un sorriso, lei cominciò poco dopo, senza mollare la presa, a spingere l’uomo, costringendolo a fare alcuni passi all’indietro. La resistenza che Giorgio cercava di opporre era del tutto inadeguata, e così si ritrovò in pochi attimi con le spalle contro il muro. Marianna, a quel punto, spinse le braccia del marito, sempre senza grandi difficoltà, fino a immobilizzarle contro la parete, ai lati della testa; lo guardò quindi negli occhi, con espressione soddisfatta, e fece un passetto in avanti, sino a far aderire il proprio corpo a quello di Giorgio.

Marianna gli arrivava a metà del naso, eppure riusciva a tenerlo così, schiacciato contro il muro, senza fare troppa fatica.

– Va bene, Marianna, hai dimostrato ancora una volta cosa sai fare – mormorò l’uomo, – però adesso lasciami andare.

– Oh, come sei arrogante, macho mio! Non mi dici nemmeno “per favore”? – replicò la donna, stringendo più forte i polsi del marito, per esercitare in modo ancor più evidente il suo potere.

Giorgio, con voce sofferente, disse:

– Per favore… per favore, lasciami andare, adesso.

Marianna premé invece più forte il proprio corpo contro quello del marito, quasi volesse spiaccicarlo contro la parete.

– Ma non mi senti? Te lo sto chiedendo per favore: lasciami andare – ripeté Giorgio, che cominciava davvero a sentirsi imbarazzato da quella situazione.

In quel momento, tuttavia, la moglie iniziò a sentire qualcosa di duro che le sfiorava la pancia, attraverso i vestiti: non ci mise molto a capire che si trattava del sesso di Giorgio che, stimolato dal contatto, stava manifestando il suo gradimento.

– Mm… ma allora ti fa piacere sentire quanto sono forte – commentò la donna, e si strusciò sensualmente tre o quattro volte contro il pube del marito.

Sempre più a disagio, Giorgio la pregò di smetterla.

– Ma piantala, ipocrita! – disse la moglie. – Vuoi negare che ti sta piacendo essere trattato così? Sinceramente non avevo ancora capito che tu hai queste fantasie…

– Non dire sciocchezze, Marianna: quali fantasie? Se tu mi stuzzichi, il mio corpo risponde… sono un uomo, no?

Non sapeva nemmeno lui come spiegare quello che gli stava accadendo.

– Non mi piacciono le ipocrisie – mormorò la donna, e cominciò a torcere selvaggiamente i polsi del marito, costringendolo infine a cadere in ginocchio. – Quella &egrave la tua posizione ideale – aggiunse: – chi &egrave il capofamiglia, qua dentro? Ti &egrave rimasto ancora qualche dubbio in proposito, galletto mio? Sono io che metto in ginocchio te, e non viceversa, come puoi vedere. E allora? Cosa rispondi alla mia domanda? Chi &egrave il capofamiglia? chi prende le decisioni, qua dentro?

Così dicendo, Marianna torse ancora i polsi del marito, che emise un breve grido di dolore, esclamando subito dopo:

– Tu, Marianna! Tu!

– Ti rimane ancora qualche dubbio, per caso? – insisté lei, aumentando l’intensità della stretta.

– No, no, nessun dubbio! Ti prego, ora lasciami andare – supplicò l’uomo.

– Benissimo – mormorò Marianna, e il marito notò che lei lo guardava con aria particolarmente compiaciuta, come se stesse pensando a qualcosa di eccitante.

Infatti la donna allentò un po’ la presa, ma non lasciò andare i polsi di Giorgio.

– E adesso che ti prende? – chiese lui, preoccupato. – Mi lasci o no?

Marianna con la testa fece segno di no; quindi portò le mani del marito all’altezza del proprio pube.

– Visto che sei là, sbottonami i jeans – mormorò.

– Che hai in mente? – fece Giorgio.

– Non fare domande. L’hai capito o no, chi &egrave che decide? – disse lei, e il suo tono si era fatto più sensuale. – Sbottonami i jeans, ho detto – ripeté.

Così dicendo, strinse più forte i polsi dell’uomo, per indurlo a obbedire, e lui le sbottonò i pantaloni e le tirò giù la lampo. Gli sembrava di essere diventato una marionetta a tutti gli effetti, costretta ad eseguire i movimenti che il burattinaio le imponeva, muovendole le braccia. La moglie gli sussurrò di abbassarle i jeans, e Giorgio eseguì.

Poi Marianna portò le mani del marito a contatto delle proprie cosce nude e gli disse di accarezzarle: era comunque sempre lei a guidare i movimenti di Giorgio, e lui non doveva far altro che tenere le mani morbide e rilassate e lasciare che i palmi e le dita sfiorassero le cosce candide e lisce della moglie. Non capiva perché lei facesse tutto questo e non riusciva a credere che provasse piacere in quel modo.

Quanto a lui, non sapeva neppure dire quali fossero i suoi sentimenti, in quel momento: si sentiva ridicolo e sconfitto, ma c’era qualcos’altro in fondo al suo animo, che non riusciva a decifrare. Una cosa soprattutto lo stupiva e lo turbava: sentiva di amare e di desiderare sua moglie, nonostante tutto… anzi forse persino più di prima.

– Abbassami le mutandine – sussurrò Marianna, costringendo le mani dell’uomo a sfiorare l’orlo del proprio slip di pizzo.

Giorgio non poté sottrarsi all’invito neppure stavolta, ed eseguì. Appena il sesso della moglie fu allo scoperto, questa accostò una mano del marito al clitoride e gl’impose di accarezzarlo.

– Ecco, bravo… lo vedi che servono a qualcosa, le tue mani di imbranato cronico? – disse la donna, che sembrava fare di tutto per risultare offensiva.

Giorgio si rese conto che lei era molto eccitata: evidentemente quella situazione la stuzzicava all’inverosimile. Passandosi ripetutamente la mano del marito sulla vulva, Marianna cominciò a mugolare in modo sempre più intenso, finché, con un’espressione di godimento osceno, reclinò la testa all’indietro e si abbandonò ad un furioso orgasmo.

Poco dopo, mollò finalmente i polsi di Giorgio e lo lasciò solo nella stanza, senza dire una parola. L’uomo aveva una gran confusione in testa e provava una gran vergogna; quella sera preferì non dormire in camera con la moglie.

Il giorno seguente, Marianna, tornando a casa, salutò Giorgio con un sorriso e gli annunciò di avere in serbo una nuova sorpresa. L’uomo non fu particolarmente contento della notizia: ormai aveva un certo timore delle “sorprese” della moglie. Per tutta la durata della cena, si chiese cos’altro avesse escogitato Marianna; finalmente, lei gli disse di attendere in cucina e di raggiungerla in camera solo quando lo avrebbe chiamato.

Appena sentì pronunciare a gran voce il proprio nome, Giorgio si precipitò nella camera da letto, ma vedendo la moglie con le mani sui fianchi e un sorriso fiero, in piedi nel bel mezzo della stanza, si bloccò ammutolito. C’era infatti un particolare che non gli piaceva granché: Marianna indossava all’altezza del pube un enorme fallo di gomma, del tipo detto strap on. Non era nuda, in realtà: il fallo spuntava, in tutta la sua irreale baldanza, dalla zip aperta dei suoi calzoni.

– Che c’&egrave? – disse la donna, ridendo della perplessità del marito. – E’ giusto che io abbia un affare del genere fra le gambe, visto che sono il capofamiglia, non ti pare?

– Senti, smettiamola con questi giochi… – balbettò Giorgio, che non riusciva a distogliere lo sguardo preoccupato da quella inquietante protuberanza di gomma.

– Oh, ma senza giochi la vita perde tutto il suo sapore! – disse Marianna.

– Ma adesso stiamo andando un po’ oltre – fece il marito. – Credo che sia ora di tornare indietro: ci siamo fatti prendere la mano, Marianna…

– Ma di che hai paura? – lo provocò la donna. – Io ti sto offrendo l’occasione per riscattarti.

– Ah sì? Non capisco come…

– Te lo spiego subito. Io ho pensato questo: stasera io e te ci affronteremo, in una prova di forza. Se tu farai cadere a terra me, io mi toglierò subito questo simpatico gingillo e faremo l’amore come piace a te; se però sarò io a far cadere te, dovrai farmi godere proprio con questo, mettendomelo dentro. Lo preferisco al tuo, perché, come vedi, &egrave più grosso…

Questo paragone non piacque a Giorgio: Marianna aveva parlato apposta in quel modo, e ora si godeva l’espressione sofferente che era di colpo comparsa sul viso del marito. In ogni caso, l’uomo cercò di mostrarsi indifferente e replicò:

– Tutto qua?

– A grandi linee… sì – rispose sibillina la donna, che, vedendo Giorgio incerto, aggiunse: – Non dirmi che hai paura di confrontarti con me! Rinunci addirittura alla lotta?

Il tono di Marianna era volutamente sfottente.

No, Giorgio non poteva cedere ancor prima di lottare: gli sarebbe sembrata una scorciatoia da vili. E così domandò:

– Che cosa dovremmo fare?

Soddisfatta perché il marito aveva accettato la sfida, Marianna spiegò che si sarebbero dovuti affrontare sforzandosi di gettare per terra l’avversario. La donna illustrò la posizione di partenza: si sarebbero sistemati al centro della stanza, a piedi nudi, col busto leggermente piegato in avanti e le braccia appena sollevate, pronte alla presa.

Al via, i coniugi cominciarono a studiarsi, saltellando in tondo, come due pugili in attesa di sferrare il primo colpo. Impaziente, Giorgio si gettò sulla moglie, convinto di poterla cogliere di sorpresa, e invece lei schivò il suo attacco, e l’uomo si ritrovò steso per terra.

– Alzati, dai! – lo incitò la donna. – Per me sarebbe troppo facile approfittare della tua posizione ora, ma non ci sarebbe gusto: non ti ho neanche toccato, hai fatto tutto da solo.

Giorgio, punto da queste osservazioni ironiche, si rimise in piedi con più rabbia in corpo.

– Non ti dare troppe arie! – esclamò. – Può capitare a tutti di sbagliare.

– Sì, certo, come no? – sorrise la moglie.

Tornarono nella posizione di partenza e ripresero a muoversi cauti in tondo. All’uomo faceva un certo effetto vedere il fallo di gomma che fuorusciva sfacciato dai calzoni di Marianna e che ballonzolava ad ogni suo movimento; la sua sola vista lo incitava a darsi da fare per non farsi battere, ma gli metteva anche ansia.

D’un tratto, la donna fece un balzo e afferrò il marito per le braccia. Giorgio diede furiosi strattoni, per cercare di liberarsi dalla presa, ma non ottenne alcun risultato. Provò allora a spingere Marianna, utilizzando il proprio peso, ma lei fece appena un passo indietro e ritrovò l’equilibrio. Immediatamente dopo, l’uomo sentì che la moglie insinuava una caviglia dietro la sua, facendo intrecciare le loro gambe e cominciando nel contempo a spingerlo.

Capendo che, con quel ben articolato sgambetto, stava per perdere rovinosamente l’equilibrio, Giorgio dette una spinta in avanti, per controbilanciare quella della donna. Marianna stringeva saldamente le braccia del marito poco sotto i bicipiti, e insisteva inesorabile a spingere. Lui a sua volta afferrò le braccia della donna, e cercò di rovesciare la situazione.

Però Marianna fece una mossa che il marito non si aspettava: gli strinse così forte le braccia da fargli male e costringerlo ad allentare la sua presa; poi, fulmineamente la donna si chinò e afferrò l’uomo per il bacino, con un abbraccio soffocante. Giorgio indietreggiò di due passi, per la pressione esercitata dalla moglie, prima di sentirsi sollevare da terra.

La sua prima reazione fu di panico, seguito dallo sconcerto e dal disorientamento. L’aveva fatto di nuovo! L’aveva sollevato come un fuscello! Marianna cominciò a girare su se stessa, sempre reggendo tra le braccia il marito, e infine, con un urlo liberatorio, lo lasciò andare. Giorgio, mollato di colpo, appena toccò nuovamente il suolo, perse l’equilibrio e cadde in ginocchio.

Marianna si piazzò prontamente alle sue spalle, mettendogli un braccio intorno al collo e contemporaneamente un ginocchio contro la schiena.

– Sei pronto? – annunziò ironicamente.

Subito dopo, cominciò a premere il ginocchio contro la schiena del marito e a stringergli il collo col braccio.

– Ehi, mi fai male! – protestò lui.

– Oh, scusa, come sei delicato! La smetto subito, non ti preoccupare – disse la donna, e in effetti, senza allentare la pressione esercitata dal ginocchio, tolse di colpo il braccio dal collo dell’uomo, che così cadde in avanti.

Non appena fu steso bocconi per terra, la moglie si sedette sulla sua schiena, mormorando con soddisfazione:

– Hai perso. Ora preparati a quel che viene dopo.

– E che viene, dopo? – chiese lui preoccupato e nervoso.

– Te lo dirò subito. Intanto vai a stenderti sul letto – disse Marianna, alzandosi in piedi.

Giorgio si alzò a sua volta, ma lentamente e svogliatamente.

– Sei pronto? Vai sul letto – ripeté la moglie.

L’uomo fece segno di no con la testa. – Non mi fido delle tue idee – disse.

– Avevamo fatto un patto, mi pare, e i patti si mantengono, fra persone adulte – gli ricordò Marianna, sottolineando con l’intonazione della voce la parola “adulte”.

– Sono stanco, Marianna, e non mi va di giocare ai tuoi giochi – fece lui.

– Oh, buona la scusa che sei stanco, ma a me non me ne frega niente, guarda un po’. Si era fatto un patto, e pretendo che tu lo mantenga.

– Hai fatto tutto tu…

– No, no! che scuse sono? Tu eri d’accordo. Vuoi dimostrare di essere un bambino anche stavolta? Vuoi che ti tratti come un ragazzino? Scegli tu…

Marianna aveva le braccia conserte e l’aria minacciosa, ma si capiva che l’improvvisa ribellione del marito aggiungeva un pizzico di divertimento in più alla situazione, dal suo punto di vista. Giorgio, dal suo canto, era realmente riluttante a prender parte al gioco che la moglie aveva deciso di giocare. Non voleva essere umiliato ancora una volta, e la presenza di quel fallo svettante e quasi irridente non prometteva nulla di buono.

– Te lo ripeto: stenditi sul letto – disse la donna. – Se entro cinque secondi non l’avrai fatto, ti ci stenderò io.

E cominciò davvero a contare ad alta voce; quando fu arrivata al “cinque”, esclamò:

– Ho capito, hai deciso di fare il ragazzino, e allora devo insegnarti come ci si comporta.

Giorgio stava già avviandosi verso la porta.

– E no, bello! Dove vuoi andare? – fece Marianna, seguendolo rapida. – Devo insegnarti a rispettare i patti.

Così dicendo, gli si parò davanti, impedendogli di raggiungere la soglia della stanza. L’uomo provò a spingere da parte la moglie, ma lei non si fece spostare, e afferrate nuovamente le braccia del marito, cominciò a spingerlo con tutta l’energia che possedeva.

– Tu su quel letto ci andrai, capito? Anche se dovrò portartici io con la forza! – mormorò determinata.

Sembrava diventata una questione di vitale importanza. Giorgio provò a sua volta a opporre resistenza con tutta la forza di cui si sentiva capace, ma la donna cominciò a farlo indietreggiare, passo dopo passo, inesorabilmente.

– Anche in questo ti dimostri un ragazzino: non hai capito che con me non ce la fai? – gli disse Marianna, e sembrava compiacersi delle sue parole e dell’umiliazione che con quelle immaginava di infliggere al marito.

Giorgio raddoppiò gli sforzi fino a farsi rosso in viso, ma non riusciva a contenere la spinta della moglie: retrocedeva un po’ alla volta verso il letto, senza speranze.

– Non &egrave bello venir meno ai patti – disse Marianna, mentre spingeva. – Ho tutte le ragioni per essere incavolata. Tu stasera meriti proprio una lezione coi fiocchi, sai?

– Basta con queste storie, Marianna! – reagì l’uomo. – Quando la smetterai? Io sono tuo marito, e se ti dico di lasciarmi andare immediatamente, tu devi lasciarmi andare e basta. Mi ascolti o no? Ti ho detto di lasciarmi andare!

– Non se ne parla proprio. Avevamo un patto e non l’hai mantenuto, e adesso ne paghi le conseguenze.

– Io non sono un ragazzino, accidenti! Non puoi trattarmi così!

– Ah no? Ne sei sicuro?

– Lasciami andare immediatamente, ti dico!

– Oh, visto che sei l’uomo della situazione, provaci a farmi smettere – lo provocò la donna. – Che c’&egrave? Non ci riesci? Vuoi un piccolo aiuto?

Marianna rise e continuò a spingere il marito verso il letto, che era ormai vicino.

– Hai superato tutti i limiti, Marianna! – esclamò Giorgio.

– Ah sì? Non me n’ero accorta, scusami – ironizzò lei.

– Non fare la troia! – si lasciò scappare l’uomo, esasperato.

– Attento a come parli: non ti conviene innervosirmi, perché potresti pentirtene – lo avvisò Marianna, e dimostrò la sua rabbia dando un violento spintone finale al marito, che cadde supino sul letto con un tonfo.

La donna non gli lasciò il tempo di risollevarsi, perché gli fu subito addosso; si arrampicò rapida lungo il suo corpo disteso e infine si piazzò a cavalcioni sul suo petto. Sorridendo, gli diede un buffetto sulla guancia e gli disse:

– Lo vedi che non conviene venir meno ai patti? Sei proprio un bambino, Giorgio… Devo insegnarti tutto.

– Piantala! – esclamò il marito, girando bruscamente la faccia per evitare le carezze della donna.

– Piantala che cosa? Non ti conviene usare quel tono, sai? – lo ammonì Marianna. – Ti ricordi il patto com’era? Se fossi finito per terra, avresti dovuto soddisfare le mie richieste.

Poiché Giorgio non rispondeva, la donna gli afferrò il viso con ambe le mani e lo costrinse a guardarla negli occhi.

– Ehi, sto parlando con te, campione: te lo ricordi o no? – disse.

– Ti ho detto di piantarla, Marianna – mormorò lui.

– Ah, fai il sostenuto? Ma lo sai che mi hai stufato, con questo atteggiamento? – fece la donna, dimostrando che stava perdendo la calma.

– Sono io che non ne posso più del modo in cui mi tratti – dichiarò il marito.

– Ehi, bello, credi che io mi sia scordata come mi hai chiamato poco fa? Ti sembra che io possa accettare un linguaggio simile in casa mia, da mio marito? – disse Marianna, afferrando nuovamente il viso di Giorgio.

– Scusami… non volevo – mormorò lui. – Però adesso alzati, Marianna.

– Neanche per sogno! Ora te lo faccio vedere io, la troia che cosa fa…

Così dicendo, la donna si spostò leggermente fino a mettersi a cavalcioni quasi all’altezza della gola del marito, gli afferrò la testa con entrambe le mani e gliela tirò bruscamente su, annunciando:

– Ora tu, a questa troia, farai un bel pompino, &egrave chiaro?

Giorgio sbarrò gli occhi ed esclamò:

– Questa roba te la puoi scordare!

– Oh, no, non me la scordo per niente! Noi due avevamo un patto, anche se non ti fa piacere ricordarlo. E poi, quante storie… E’ finto, &egrave di gomma!

– Che c’entra? E’ il gesto che conta, e a me non va di farlo.

– I patti si mantengono – insisté la donna. – Avanti, da bravo, fammi il pompino…

Giorgio serrò ostentatamente la bocca, per sottolineare che non aveva nessuna intenzione di accontentare la moglie.

– Allora devo trattarti come un bambino? – s’innervosì Marianna. – Poi non ti lamentare: sei tu che mi costringi. Vuoi farmelo o no, questo pompino? No?

L’uomo taceva e continuava a tenere la bocca serrata.

– Benissimo, ti avevo avvertito… Imparerai che un patto &egrave una cosa seria – fece la donna, e schiaffeggiò il marito. – Apri la bocca! – esclamò poi.

Giorgio faceva resistenza, e Marianna gli diede altri due schiaffi.

– Aprila, ho detto! Non farmi perdere la pazienza, Giorgio!

Ma lui, ostinato, rimaneva a bocca chiusa.

– Guarda, finora ho scherzato, e ho evitato di farti male – disse la donna, – ma non mi provocare. Te lo dico per l’ultima volta: apri la bocca e fammi il pompino!

L’uomo non sembrava darle ascolto, e allora Marianna gli piazzò una mano intorno alla gola, e cominciò a stringere.

– La apri o no? – fece con voce terribile.

Con occhi spaventati, Giorgio esclamò:

– Ma sei pazza sul serio? Mi stai soffocando!

– Tu fammi questo pompino e tutto andrà bene! – disse la moglie, stringendo più forte. – Allora? Sentiamo un po’ qual &egrave la tua decisione…

– Va bene – disse Giorgio, con la poca voce che riuscì a trovare.

Dopo avergli fatto riprendere un po’ il fiato, la donna diede un buffetto sulla guancia del marito e lo incitò:

– Datti da fare, campione.

Gli tirò poi la testa su, e contemporaneamente gli avvicinò la punta del fallo alle labbra. Dopo un ultimo attimo di riluttanza, Giorgio capitolò; lasciò che il glande dell’affare di gomma gli penetrasse in bocca e cominciò poi timidamente a succhiarlo.

– Oh, ma come sei bravo! Non sembra nemmeno la tua prima volta! – lo prese in giro Marianna. – Di’ la verità, non &egrave che da ragazzo l’hai già fatto con qualche amichetto?

L’uomo, confuso e spaventato dal comportamento della moglie, pensava solo a uscire al più presto da quella situazione: si chiedeva se lei sarebbe stata davvero capace di arrivare a strozzarlo. Di sicuro non volontariamente, ma… se non avesse saputo fermarsi a tempo? Sapeva quanto male era in grado di fare, con quelle mani? Giorgio preferì non pensarci e continuò a succhiare.

– La prossima volta ci penserai bene prima di chiamarmi “troia”. Non ci provare mai più. E adesso succhia, datti da fare, perché mi pare che se c’&egrave una troia, qui, quella sei tu! – disse Marianna, con tono maligno e compiaciuto. – Lo sai che mi piace proprio, questa scena? Mi fa un bell’effetto, scoparti in bocca – aggiunse. – Ho scoperto che a me piace comandare. E’ il mio ruolo. E quello che ti sto facendo fare ti ricorderà meglio di qualsiasi dimostrazione chi comanda e chi ubbidisce, qua dentro. Avanti, adesso fammi vedere fin dove riesci a ingoiare un uccello…

Queste parole preoccuparono l’uomo: il fallo era ben grosso, e lui temeva di finire soffocato. Ma la donna, con un movimento del bacino, prima che lui potesse reagire, glielo spinse più a fondo in bocca; Giorgio ebbe sul momento una sensazione di nausea, ma fortunatamente riuscì a dominarla.

– Come ci si sente, quando si ha in bocca un uccello così? – lo stuzzicò la moglie. – Ti ci dovrai abituare, perché credo che da ora in poi ti capiterà spesso. E’ un ruolo che ti si addice, visto che il capofamiglia sono io, non ti pare?

Giorgio ormai succhiava come in trance, col fallo che gli occupava una buona parte della cavità orale. Marianna rise, aggiungendo:

– Visto cosa succede a non rispettare i patti e a voler fare il bambino cresciuto? Succede che poi la mamma si arrabbia… e tu le devi pure succhiare il pisellone!

La donna rise più forte, divertita dalla sua stessa facezia, e cominciò a pompare a ritmo serrato il pene di gomma nella bocca del marito, la cui faccia si fece blu per la paura di dover ingoiare quell’ingombrante e osceno sigaro.

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