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Racconti di Dominazione

Lorenza e il professore

By 12 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

La giornata era stata di quelle generalmente positive, senza grossi problemi, ero quindi di buonumore tanto che in ascensore mentre rientravo in casa mi ero ritrovata a canticchiare una canzone che mi ronzava in testa dalla mattina.

Appena varcata la soglia del mio appartamento invece il mio umore cambiò improvvisamente, la spia della segreteria lampeggiava, e sinceramente dall’avvento dei cellulari non &egrave che trovassi poi tanti messaggi al mio rientro, solo lui, solo il mio padrone continuava saltuariamente a lasciare ordini con questo sistema.

Ero sicura che era lui, ma mi mancava il coraggio di ascoltarlo, avevo programmato una serata tranquilla in casa, dedicandomi solo a me stessa.

Il ronzio del nastro introduceva la sua voce, come avevo immaginato: ‘vieni alle 21 a casa mia, vestiti da troia come piace a me, un’altra cosa, ci sarà anche un mio amico, vuole conoscerti, ti aspetto’.

La solita agitazione prese il posto del buonumore e in pochi minuti mi ritrovai a preparami eccitata e spaventata, era la prima volta che venivo invitata a casa sua con intenti ‘particolari’ e alla presenza di una terza persona.

Alle nove esatte ero al cancello della sua villetta, Eugenio abitava in centro ma in un complesso leggermente isolato dalle altre palazzine, dal garage si poteva accedere direttamente all’interno della casa, e questo mi dava la possibilità di sistemare gli ultimi dettagli dell’abbigliamento, coglievo di solito l’occasione per sfilare le mutandine e mettere il collare di cuoio sicura che nessuno potesse più vedermi.

Conoscevo ormai perfettamente i gusti di Eugenio sull’abbigliamento: gonna a portafoglio, camicia di seta, scarpe col tacco e intimo studiato nel dettaglio, calze e reggicalze a contrasto con reggiseno e eventuale perizoma, colori forti sgargianti, volgari.

Mi attendeva sulla porta con un caldo sorriso, era ancora fortunatamente solo.

Un bacio, due chiacchere sulla giornata lavorativa, controllo dell’abbigliamento e subito su due piedi la rivelazione: ‘viene a cena quel professore di cui ti parlavo, Alberto &egrave un uomo coltissimo, intrigante carismatico, e poi lo sai quanto lo stimo, voglio stupirlo devi essere brava’.

Come faceva a sapere di noi? Dei nostri giochi, della mia sottomissione? Non osai chiedere altro, stava già salendo le scale.

Eugenio lo aspettava sulla porta con il bicchiere in mano ed un sorriso eccessivo stampato in faccia, io ero seduta sul divano fumavo distrattamente cercando di celare la curiosità e l’agitazione.

Era veramente un bellissimo uomo, 10/15 anni più dei nostri, capelli e barba folti sale e pepe, bel vestito, chic informale.

Entrò e mi venne subito incontro senza sorridere: ‘Ciao Lorenza, Eugenio mi ha confidato di essere come me, un Master, un uomo che pretende dalla sua donna la devozione totale, il suo errore però &egrave stato parlare di te come di una schiava portata, una Geisha, da qui la mia richiesta senza scrupoli di incontrarti, sei pronta? Sai già quanto sono odioso, severo, esigente? spero te ne abbia parlato’.

No, non lo sapevo, quel vigliacco di Eugenio non mi aveva parlato di lui se non dell’aspetto professionale.

Avevo notato il suo darmi del tu spontaneamente e sapevo perfettamente che non mi era permesso altrettanto quindi abbassando lo sguardo cercai di rispondere:

‘Mi scusi professore, ma non ero stata avvisata di questo incontro, ed il mio padrone non mi aveva mai presentato nessun altro master, perdoni quindi la mia insicurezza, ma questa &egrave per me una novità’.

‘Non preoccuparti, lasciati guidare, se &egrave vero quello che mi ha detto Eugenio, sarà anche per te una piacevole esperienza’.

Non era certo riuscito a tranquillizarmi, anzi la sua sfrontatagine mi imbarazzava, ma era soprattutto Eugenio ad essere nervoso, si capiva che subiva la sua presenza e leggevo nei suoi occhi l’imbarazzo nei miei riguardi.

La nostra non era un’avventura era una storia d’amore, erano più di due anni che stavamo insieme, e non avrei mai immaginato che avesse il coraggio di farmi una cosa simile senza parlarmene, la mia completa sottomissione riguardava solo la sfera sessuale, nella vita normale eravamo molto leali l’uno verso l’altra.

La cena si concluse comunque in armonia, ero intervenuta pochissimo, solo per rispondere a qualche domanda, non era nel mio carattere ma non ero dell’umore giusto e comunque non riuscivo a rilassarmi, neanche il vino mi stava aiutando.

Ad un tratto Alberto si alzò, di scatto, venne dietro di me allungò una mano verso i miei capelli, ma non erano quelli a interessargli infilò un dito all’interno del collare e si rivolse verso Eugenio: ‘&egrave largo, deve essere più stretto, non dirmi che glielo lasci così comodo?’

‘ di solito non controllo, fai quello che credi’.

Che vigliacco! Non era vero, era sempre lui ad allacciarlo a quel buco, era stato un suo acquisto, un collare bellissimo di pelle nera finemente intrecciata con un grosso anello cromato sul davani, niente di volgare, un oggetto esteticamente bello.

Purtroppo, per il professore, era solo un mezzo di costrizione ed infatti si preoccupò subito di stringerlo, fece in modo di farmi male, di aggravare la mia agitazione, lo detestavo, evitavo di guardarlo, non per rispetto ma perché temevo che trasparisse il mio astio.

Agganciò lìindice all’anello centrale e mi sollevò di peso, era forte e determinato non mi diede la possibilità di scegliere, mi alzai in piedi e rimasi a testa bassa davanti a lui: ‘non sei il mio tipo, non penso che ti scoperò, ti userò solo per divertirmi, spogliati, non completamente lascia l’intimo, inginocchiati sul tappeto con la testa sul divano e le braccia dietro la schiena, non fiatare, non muoverti se non ti viene ordinato’.

Eseguii il comando alla lettera, ma di intimo indossavo ben poco, quindi rimasi a terra a pecorina con le chiappe ben sollevate e nude, non dovetti attendere molto per i commenti di Alberto: ‘ha un bel culo, la depili tu, o lo fa da sola? Com’&egrave il buco comodo? Te l’avevo detto che &egrave un mio debole, mi piacciono le schiave col culo sfondato’.

Si rivolgeva chiaramente solo ad Eugenio, io ero li solo in mostra, venivo considerata un oggetto privo di reazioni umane, e decisi di adeguarmi, mi sforzai di non dare peso a quelle dichiarazioni, espresse più per provocare una mia reazione che per altro.

Eugenio rimaneva sulle sue, era ancora seduto al tavolo mentre il professore aveva preso posto sul divano poco distante da me, fumava guardando insistentemente verso di me, sentivo i suoi occhi che mi attraversavano pesanti come due macigni.

Dalla mia posizione vedevo ben poco, ma gli altri sensi erato tutti più acuti ed infatti non mi sfuggì il rumore della cinta di Alberto che scorreva attraverso i passanti, si stava sfilando la cintura, sapevo già cosa sarebbe accaduto da li a poco ed infatti un istante dopo cominciò a colpirmi sulle natiche, forte sempre più forte, soffocavo i lamenti nel cuscino per non dargli soddisfazione ma durai solo qualche secondo, era veramente impossibile non urlare, Eugenio mi frustava spesso, anche forte ma senza lasciarmi mai segni permanenti, ero sicura che questa volta sarebbe stato diverso, le zone colpite mi bruciavano da morire ma contemporaneamente mi stavo bagnando in maniera incontrollabile, trattenevo il respiro in attesa del colpo successivo sollevando però le natiche verso l’alto.

Eugenio si alzò, si avvicinò per godersi lo spettacolo, era la prima volta che vedeva la sua donna frustata da un’altra mano, e forse ne traeva un godimento maggiore.

Il mio aguzzino si rivolse a lui chiedendo se ero mai stata battuta duramente e che resistenza avevo, Eugenio rispose distrattamente: ‘ sei libero di fare quello che vuoi, regolati in base ai tuoi gusti, non mi sembra che stia soffrendo troppo da come tiene alto il culo’.

Che stronzo, non mi sembrava possibile che fosse proprio lui a parlare così, decisi di vendicarmi di lui, del mio uomo, mi sarei lasciata andare nelle mani del professore lasciandogli tutte le possibilità.

‘Lorenza, ascoltami bene, contrariamente alla mia etica, non ti darò la possibilità di smettere quando vuoi attraverso un codice, o una parola, Eugenio mi ha lasciato carta bianca e sono deciso a continuare, sono un appassionato di bondage giapponese, ho portato le mie corde, sono di canapa, ruvide e rigide, alzati in piedi senza fiatare, allarga le gambe e lasciati fare’.

Dopo circa un quarto d’ora il mio corpo si presentava attraversato da un disegno fittissimo di corde, come una grande carta geografica attraversata da linee pesanti color ecrù, erano strette, collegate tra loro, tiravano sempre di più ad ogni movimento togliendomi il respiro, era come un forte abbraccio, un amante che ti tiene stretta in una morsa, la corda passava anche in mezzo alle piccole labbra, interrota da due nodi, uno grande sul clitoride ed uno più piccolo sull’ano, veramente insopportabile procurava un continuo dolore e piacere senza mai farti raggiungere l’apice dell’orgasmo, Il capo della fune venne fissato alla trave centrale del salone in modo che potessi restare appena sulle punte dei piedi, di solito quando venivo legata così non portavo le scarpe e le braccia erano legate in alto, era sicuramente più facile rimanere stabili ma così con le braccia legate dietro la schiena e le scarpe col tacco, perdevo continuamente di stabilità irritando il professore.

Subii ancora per un tempo che mi sembrò interminabile, delle sferzate potenti, precise, mirate, poi la corda fissata al soffitto venne allentata e riuscii finalmente a mettermi sulle ginocchia ritrovando un filo di fiato, alcune lacrime bagnavano le mie guance ed anche l’interno delle cosce era bagnato ma di altri umori’ Alberto appoggiò la cinta sul divano, si abbassò accanto a me e slegate le corde che coprivano i genitali, comincio a stringere tra l’indice ed il pollice il mio clitoride gonfio, raggiunsi immediatamente l’orgasmo perdendo anche qualche goccia di pipì, continuò a masturbarmi infilando due dita nella mia figa, ed ecco il commento che stavo aspettando: ‘Avevi ragione Eugenio, ha la figa bagnatissima, le piace si &egrave eccitata con la frusta, &egrave proprio una troia’, poi si rivolse a me duramente sollevandomi la testa per i capelli: ‘ti piace? Ti piace farti frustare dagli sconosciuti? Non hai pudore a mostrarti così puttana? Possibile? Ho avuto molte schiave ma poche di loro subivano sinceramente, molte fingevano e si sottomettevano solo per non perdermi, ma evidentemente erano donne serie con una morale, non cagne in calore come te, che fai comunque la sostenuta, la professionista seria, mi disgusti! Se non fosse presente il tuo uomo ti farei supplicare pietà’ .

Mentre parlava continuava a masturbarmi, passando le dita dalla figa al buco del culo, all’inizio due, poi tre e sempre più in fondo, ogni tanto allargava le dita in modo da dilatarmi l’ano, fino a quando non mi sentì gemere di piacere, a quel punto si alzò si slacciò la patta e sfoderò un grosso pene eretto, era circonciso, la cappella rosso scuro umida di umori, me lo infilò in bocca arrivandomi in gola: ‘ingoialo schiava, fino in fondo, spompinami per bene, con calma, tanto non ti regalerò nessuna sborrata, per ora non la meriti, ci vuole ben altro per farmi godere e poi te l’ho già detto, non sei il mio tipo, vai bene solo per essere maltrattata, schiavizzata, Eugenio, voglio rivederla, a casa mia stavolta, sono più attrezzato voglio dedicarle qualche ora pesante’.

Si alzò senza attendere nessuna risposta, la sua era un’affermazione, sapeva che Eugenio non gli avrebbe negato niente, si ricompose, e rivolgendosi al suo amico si congedò: ‘Vi lascio, fottila ne ha bisogno, ci vediamo venerdi sera a casa mia’.

Non una parola per me, neanche uno sguardo, l’odio che provavo per lui era al colmo, ma non potevo nascondere che quell’uomo mi piaceva, mi umiliava il suo rifiuto nei miei confronti, avrei voluto che si perdesse nella mia bocca o magari che mi scopasse ma aveva apertamente mostrato disprezzo nei miei confronti e questo mi feriva mortalmente.

Non ebbi molto tempo per riflettere su quella personalità, mi aveva raggiunto Eugenio che baciandomi sulla bocca percorreva ogni centimetro di pelle libera dalle corde con una carezza continua, mi sussurrava parole all’orecchio: ‘sei stupenda, se potessi ti lascerei per sempre così, legata, esposta, disponibile, ma ho voglia di scoparti e mi sembra che anche tu non resisti più’.

Continua’

Due giorni, erano passati appena due giorni ed era già arrivato il fatidico venerdi.

Presi il pomeriggio libero, ero troppo agitata per concentrarmi sul lavoro e poi avevo bisogno di tempo per prepararmi a dovere.

Alberto mi irritava ma avevo comunque pensato a lui continuamente nei giorni trascorsi dal nostro primo incontro, mi ossessionava il suo rifiuto, il suo disprezzo, cercavo di architettare un piano concreto per cambiare la sua opinione nei miei confronti ma le sue erano state parole chiare: ‘non sei il mio tipo” ed era veramente difficile trasformarsi nel ‘tipo’ che non si &egrave.

Non sarebbe certo bastato cambiare look o atteggiamento, ripassavo mentalmente tutti i miei propositi con la convinzione interiore di sprecare solo energie.

Passai gran parte del pomeriggio a fare le solite cose che fanno le donne quando hanno un appuntamento con un uomo, bagno, depilazione, trucco e scelta dell’abbigliamento.

Avevo già deciso che a casa del professore ci sarei andata da sola, ad Eugenio avevo detto di aspettarmi lì, avevo anche deciso che mi sarei vestita a mio gusto, senza assecondare le manie del mio uomo, quindi decisi per un completo nero, gonna e giacca, camicia in seta bianca e calze a guepiere bianche, intimo in voille nero minimalista e le solite scarpe nere coi tacchi, nessun gioiello.

Arrivai a casa di Alberto con una manciata di minuti di anticipo, parcheggiai e occupai il tempo che rimaneva per il controllo finale del trucco e dei capelli, vidi dallo specchietto che Eugenio era già arrivato, la sua auto era parcheggiata poco dietro la mia, chissà di cosa stavano parlando, forse stavano accordandosi per i limiti, o forse nessuno dei due aveva intenzione di prestabilirli.

Scesi, cercavo di trovare il giusto controllo, mi ripetevo continuamente di stare calma, di rilassarmi, d’altronde nessuno mi obbligava veramente, ero io che volevo incontrarlo, mi avevano lanciato una sfida e non intendevo tirarmi indietro, forse sarei anche riuscita a far perdere al professore quel suo odioso autocontrollo.

Salendo le scale trovai una domestica ad attendermi sulla porta, cazzo, anche un’estranea in casa, speriamo che se ne vada subito dopo cena, ma avendo già inquadrato Alberto, ero sicura che avesse una colf.

Seria, senza guardarmi in faccia mi accompagnò nel soggiorno: ‘I signori sono nello studio del professore, vado ad avvisarli, intanto si accomodi pure’. Il classico ambiente maschile, divani e poltrone di cuoio scuro, libreria a vetri in stile e tappeti orientali, in un angolo, un tavolo tondo apparecchiato per due, perché per due? Era chiaro che il posto mancante era il mio, che bastardo, ero eccitata da morire ma il mio amor proprio si ribellava ad un trattamento del genere, ed Eugenio? Che parte aveva Eugenio, quella del muto testimone o aveva voce in capitolo? Ero la sua donna, possibile che non prendesse le mie parti neanche un poco?

Era comunque il professore ad interessarmi, avrei analizzato il comportamento di Eugenio in un’altra occasione.

Eccoli, entrarono chiaccherando e ridendo ma il loro atteggiamento aveva qualcosa di falsato, si vedeva benissimo che non erano amici, che la loro cordialità reciproca era dettata solo dalle circostanze.

Eugenio si avvicinò baciandomi sulla guancia, perché non sulla bocca come avveniva da due anni a questa parte? Era strano, freddo, anzioso: ‘Ti sei vestita da educatrice inglese?’ Ero sicura che non avrebbe approvato il mio look, ma l’avevo fatto apposta, per fargli capire che non mi ero vestita per lui.

Il professore mi salutò baciandomi la mano; ‘ben arrivata Lorenza, spero che tu non abbia fame, sei stata invitata per ben altro’.

– ‘Non si preoccupi professore, sono troppo agitata per mangiare’

– ‘Non sono affatto preoccupato’

– ‘Meglio così, non vorrei mai essere un pensiero per lei’

– ‘Non lo sei!’

Dopo quest’ultima odiosa affermazione, mi prese per il braccio e mi spinse nell’angolo opposto del soggiorno, estrasse dalla tasca della giacca, una coppia di manette: ‘spogliati, come l’altra volta tieni solo l’intimo, inginocchiati, la testa verso il muro, le natiche aperte ed esposte, non fiatare, non ti &egrave permesso’

Mi assicurò i polsi con le manette ad un elemento del calorifero, e si allontanò lasciandomi inginocchiata ed esposta vergognosamente.

La rabbia, la vergogna mi stringevano lo stomaco in una morsa micidiale, che stronzo, e della peggior specie, inoltre, da dove ero posizionata non vedevo più niente se non un angolo di muro insignificante, ma le voci, i rumori mi arrivavano distintissime, li sentivo mentre si accomodavano al tavolo per la cena, sentii anche la domestica che trafficava con le stoviglie e le varie portate, che angoscia, pensavo continuamente a cosa potesse pensare di me quella donna, ma forse era abituata a scene simili, notai infatti che il tubo metallico a cui era fissata la catena delle manette, aveva lo smalto scrostato in vari punti, quindi non ero ne la prima ne l’ultima che subiva quel trattamento’ una delle tante, ecco come mi sarei definita in quel momento.

Come immaginavo la cena durò pochissimo, i due uomini avevano conversato di vari argomenti ma quello che li animò di più, fu la descrizione da parte di Alberto del suo dungeon, spiegò ad Eugenio quanto tempo ci aveva impiegato ad organizzarlo, dove aveva comprato l’attrezzatura e quanto fosse fiero di se stesso, Eugenio, non faceva che stupirsi e chiedere dettagli, che cretino, era un uomo intelligentissimo che si abbassava a gratificare un esaltato come Alberto, ma dove era finita tutta la sua ironia e il suo senso critico? Che strano, ero irritata per l’atteggiamento di Alberto e non ero affatto preoccupata della presenza, in quella casa estranea, di una ‘prigione sadomaso’, quanto tempo sarebbe passato ancora, prima di vederla?

Si alzarono da tavola e si accomodarono a fumare nelle poltrone proprio dietro me, ecco, due spettatori attenti per quello spettacolo riprorevole, ma come l’altra volta decisi di lasciarmi andare a dimostrazione della mia superiorità, non mi avrebbero certo sentito lamentare o piagnucolare, almeno fino a quando non fosse stato il dolore a prendere il soppravvento.

Accucciata in quel modo umiliante, ascoltai i loro commenti osceni, era soprattutto Eugenio a sottolineare le mie qualità e i miei difetti, il professore si limitava a qualche battuta ogni tanto, ma sentivo il suo sguardo penetrarmi oscenamente.

La conversazione scemò all’improvviso, sentii Alberto alzarsi e venire proprio dietro le mie spalle: ‘ Lorenza ascolta attentamente, tu sai perché sei qui, tra poco inizierà la nostra avventura’ ti condurrò nel mio salottino privato, avrai sentito sicuramente i discorsi di prima, ma forse non sai ancora una cosa, il tuo padrone non sarà presente, sta per lascirci, siamo d’accordo che questa sarà la mia e la tua serata, quindi se &egrave vero che sei devota ad Eugenio come sostieni, sappi che lui ti ha prestata completamente a me, stasera sarò io il tuo padrone ed ubbidire a me, sarà come ubbidire indirettamente a lui’ .

Silenzio, silenzio di tomba, apparte il martellare del mio battito cardiaco, forse erano in attesa di un mio commento, ma perché sprecare energie? Era già stato tutto pianificato, ecco perché Eugenio non mi aveva baciato sulla bocca, non ero sua quella sera!

Udii rumori e movimenti vari poi Alberto accompagnò alla porta Eugenio congedandolo cordialmente, e lui uscì senza neanche salutarmi, l’avrebbe pagata, l’avrebbe pagata cara, forse a peso d’oro.

Il professore tornò, mi liberò dalle manette e mi aiutò ad alzarmi: ‘Stasera sei particolarmente bella, quel senso di angoscia dipinta sul tuo volto mi fa impazzire,

stai tranquilla non ti succederà niente che non ti faccia bagnare’.

Ero già bagnata, da prima, da quando mi aveva ammanettato, sentivo il perizoma appiccicato alla pelle leggermente arrossata dalla recente depilazione, se ne sarebbe accorto anche lui molto presto.

Mi spinse verso il corridoio, una porta pannellata con decorazioni in stile, introduceva in quel suo famoso daungeon, l’ambiente era comunque piacevole e rilassante, al centro della stanza si trovava un lettino imbottito e rivestito di cuoio scuro, lungo la parete di destra si trovava un mobile a vetri che conteneva vari oggetti, alcuni familiari tipo vibratori e cunei di lattice altri di strana fattura, dall’uso assolutamente sconosciuto per me, cominciai a tremare, mi ero cacciata in un’avventura pericolosa, ne ero certa.

Alberto sembrava calmo, sorrideva fissandomi ironico.

– ‘ Sei agitata? Hai paura?

– ‘ Si, la prego professore’

– ‘ Stai tranquilla, come prima volta, ho in mente di lavorare solo su un certo tipo di addestramento, &egrave una tecnica orientale, importante per il controllo dello sfintere anale. Ho avuto l’impressione che il tuo padrone non sia molto esigente su questo argomento’.

– ‘ Non &egrave colpa sua, a lui piacerebbe, sono io che sono refrattaria a tutte le pratiche anali’.

– ‘ Bene, molto bene, perché qui tu non potrai essere refrattaria a niente, e questa sera lavoreremo sodo sulle tue paure’.

Prese una corda di canapa che teneva arrotolata a portata di mano, mi fece inginocchiare su un tavolo basso di fattura etnica, e prese a legarmi strettamente, le corde passavano su tutto il corpo togliendomi il respiro, poi fece alcuni giri in modo da stringere le cosce contro i polpacci e mi ritrovai prestissimo accovacciata con la faccia verso il piano del tavolo e le natiche esposte verso di lui.

Mentre lavorava concentrato sui nodi, mi parlava lentamente in modo suadente:

– ‘ Ti avevo già detto di essere un appassionato di bondage giapponese vero? Veramente adoro tutte le pratiche di sottomissione e disciplina orientali e questa, &egrave una tra le più raffinate’.

Era chiaro che non si aspettava nessuna risposta da me ed infatti rimasi in silenzio cercando di mantenere il controllo anche se ero eccitatissima e sentivo la mia figa bagnarsi sempre più, Eugenio non era mai riuscito a controllare la sua eccitazione durante le nostre pratiche, questa nuova atmosfera mi stava facendo impazzire. Lo sentii trafficare con la sua attrezzatura, senza fretta, gratificato del suo potere.

– ‘ Sei una splendida donna, se non fossi così ambiziosa, se riuscissi a tenere basso lo sguardo sempre, saresti il mio ideale, ma in fondo &egrave questo che mi attira di più, distruggere il tuo orgoglio, e questa &egrave la pratica più adatta, vediamo quanto tempo riesci a trattenere un clistere di glicerina calda’.

Senza smettere di spiegarmi bene tutte le sue mosse,introdusse una cannula sotile nel mio retto e cominciai a sentire il caldo liquido che si espandeva nelle mie viscere, cercavo di contrarre la muscolatura sperando di non emettere rumori imbarazzanti ma scoprii presto che il fastidio così diventava dolore, provai quindi a rilassarmi ma cominciavo ad avere crampi forti ed insistenti:

– ‘Non resisto più, la prego mi consenta di andarmi a svuotare’

– ‘ Andarti a svuotare dove? Non penserai di alzarti da qui così presto vero? Il gioco &egrave proprio queso, continue introduzioni di liquido e svutamento solo al mio comando, rimanendo in posizione, così piegata non riuscirai a controllare niente mia dolce Lorenza, ad ogni fuoriuscita non autorizzata, riceverai cinque frustate, vediamo chi si stanca prima’.

Era chiaro, trattenersi non serviva a niente, lui voleva umiliarmi e punirmi, non avevo più alcun potere e forse, a questo punto non ne volevo.

Il gioco continuò per parecchio tempo, ogni introduzione sostituiva la cannula con una più grande, ogni tanto mi autorizzava a liberarmi posizionando sutto le mie natiche esposte, un contenitore di ceramica finemente decorato, ricevetti per tre o quattro volte le cinque frustate punitive che mi aveva promesso, non riuscivo a trattenere la glicerina, anche perché continuava a introdurre e togliere il beccuccio ritmicamente dopo ogni clistere, ero sfinita, sudata ma soprattutto eccitata. Speravo che anche la sua eccitazione fosse diventata incontrollabile, chissà forse avrebbe deciso di scoparmi questa volta.

– ‘ Professore’ dissi con un filo di voce ‘penso di essere più pulita di bicchiere di cristallo’

– ‘ Cara mia, dobbiamo ancora sperimentare insieme, il clistere punitivo,questi erano solo di pulizia, tra poco ti riempirò l’intestino con due litri di liquido tiepido, stai calma, a parte la cannula, che sarà di dimensioni significative sia in lunghezza che di diametro,diciamo che &egrave più una sonda intestinale che un beccuccio, il liquido, a questa temperatura &egrave facilmente trattenibile e comunque ti aiuterò con l’inserimento nel tuo bel culetto di un cuneo che fungerà da tappo’.

– ‘La prego, mi dia il tempo di riprendermi, lo faccia dopo avermi slegato’

– ‘Stai scherzando, il bello viene adesso, adoro le donne altezzose come te che strisciano supplicando perdono, ed ancora non ti ho sentito suplicare’.

– ‘ Rilassati dolcezza, ecco la punizione che aspettavi, e non dirmi che non vedi l’ora, la tua figa sta colando vergognosamente, forza, un bel colpo di tosse, un bel respiro e”

Il dolore era lancinante, stava cercando di infilarmi con forza una lunga sonda di gomma, nonostante la lubrificazione il mio ano faceva resistenza, lo sentii più volte imprecare, infine arrivò il colpo secco che aspettavo, un urlo mi uscì dal cuore, provai la sensazione di essere impalata, violata, la pancia si stava gonfiando a vista d’occhio e le corde stringevano maledettamente, una sensazione assoluta, non avevo mai provato nulla di simile, fece il giro del tavolo venne davanti a me, si accucciò alla mia altezza guardandomi negli occhi:

– ‘ Allora Lorenza cosa si prova ad essere in balia delle proprie perversioni?’

– ‘ Pensavo di essere in balia delle sue di perversioni professore’

– ‘ Dai tuoi umori non si direbbe, e comunque la tua irriverenza non mi pare ti stia aiutando, o forse stai puntando al rialzo? Io non ho problemi ad andare oltre, sei tu che mi sembri in difficoltà’.

– ‘ Come immaginavo il tuo uomo si vanta tanto ma non ti aveva mai allargato a dovere il culo, a pensare che in un rapporto di dominazione &egrave la prima cosa da fare, tutte le schiave devono averlo ben allenato.

Cominciai a piangere, non mi vergognavo più, stavo male, e cominciai a supplicare, cominciò a slegarmi lentamente tenendomi al corrente del livello di liquido che mancava, un litro, mezzo litro’

– ‘ Ecco &egrave finita, adesso tolgo la cannulla, trattieni il respiro, ora ti infilo il tappo e potrai alzarti’

Se possibile, il cuneo fu la prova più dura della serata, dovetti aiutarlo spingendo il più possibile per farlo entrare tutto, quando finalmente mi alzai ebbi un capogiro, forse la debolezza stava facendo la sua parte, mi aiutò, mi fece sedere sul tavolo basso e cominciò a masturbarmi con un fallo nella figa, l’orgasmo che provai fu esplosivo, credetti addirittura di aver perso i sensi, fu un’esperienza sublime, poi mi infilo il cazzo eretto e bagnato in bocca, continuò a farsi spompinare nonostante i crampi mi impedissero di stare dritta, durò poco per fortuna, venne quasi subito, mi costrinse ad ingoiare strattonandomi per i capelli, poi mi lasciò correre in bagno.

Quando uscii lo trovai sulla porta con i miei vestiti in mano:

– ‘ Vestiti, puoi andare, sei stata brava nonostante tutto ma non illuderti, continuerò a servirmi di te e, ho il permesso di Eugenio di invitarti quando voglio’.

Alberto mi piceva, avevo pensato a lui a lungo, quel suo modo di fare così sicuro mi intrigava da morire, oltretutto era un uomo colto e raffinato, qualsiasi donna ne sarebbe rimasta affascinata. Eugenio, il mio uomo, aveva capito la situazione, dopo le due serate passate con lui, aveva iniziato a guardarmi con occhi diversi, avevamo fatto sesso nei giorni successivi e tra noi le cose avevano preso una strana piega.

Avevo l’impressione che Eugenio fosse orgoglioso del desiderio che il professore dimostrava nei miei confronti, era sicuramente un meccanismo contorto ma reale.

La conferma me la diede proprio lui, cominciò a spogliarmi in modo violento, non era mai stato così istintivo, mi strappò gli slip, mi spinse verso il muro, mi stava addosso in modo nuovo, faceva domande incalzanti, ossessive:

– ‘ Ti &egrave piaciuto, ti sei bagnata come una troia, ti sei fatta fare quello che voleva, adesso la paghi, mi sembra giusto”

– ‘ Mi ha costretta, aveva il tuo permesso e ne ha approfittato’

– ‘ Lui aveva il permesso di sottometerti, ma tu non avevi il permesso di goderne, la verità &egrave che sei una troia, ti piace Alberto e ti piace essere la sua schiava in prestito, meriti una lezione’.

Mi trovavo in una situazione assurda, Eugenio era diventato violento, eccessivo come non era mai stato, approfittava di me con la scusa di farmela pagare, il nostro rapporto ‘schiava-padrone’ diventò in pochi giorni un vero rapporto sado-maso. Acquistò al sexy shop alcuni gadget, ne vidi solo alcuni, collare con guinzaglio, una nuova frusta e alcuni cunei di varie dimensioni, si procurò anche alcune corde di varie lunghezze. Una sera, mi disse con solennità che doveva parlarmi, che aveva fissato alcune regole che dovevo rispettare e che ero libera di scegliere se accettare o meno, ma che se non fossi stata d’accordo, non avrei più rivisto il professore. Che tranello! Sapeva benissimo che volevo rivederlo, quindi finsi di riflettere sulla proposta e diedi il mio benestare.

-‘ Bene amore mio, sono contento, siediti e ascolta bene, da oggi le cose cambieranno, tutte le sere mi aspetterai inginocchiata dietro la porta d’ingresso, porterai il cuneo nel culo per almeno due ore, lo voglio comodo anch’io, guarderai la televisione o farai qualsiasi altra cosa con le corde strette intorno al tuo bel corpicino, starai nella mia ‘morsa’ giornalmente, subirai un giorno si e uno no, un bel clistee punitivo, verrai frustata ad ogni mancanza, sarai sempre ben depilata, niente mutandine quando sei con me, ne in casa ne fuori, devi chiedermi il permesso per fare i tuoi bisoni fisiologici, &egrave severamente vietata la masturbazione, se scopro che ti sei fatta un ditalino riceverai una punizione supplementare, sono libero di aggiungere regole nuove senza avvisarti, quando andrai fuori per lavoro, indosserai una cintura di castità che ho ordinato, l’ho fatta fare su misura da un artigiano, &egrave uno strumento fastidioso e doloroso, quindi ti consiglio di evitare impegni superflui, per il tuo bene. Alberto ti avrà tutta per se solo due volte al mese, se vuole vederti di più, potrà farlo solo alla mia presenza, in entrambe le situazioni, obbedirai in silenzio a tutti i suoi desideri’.

Stavo seduta sul divano con le mani sul volto, ero eccitata e spaventata, non lo avevo mai sentito tanto risoluto, mi sembrava una persona nuova, diversa, sapevo che non aspettava nessun commento e non ne feci, mi venne vicino mi baciò sulla bocca e andò a prendere la sua nuova attrezzatura:

– ‘ Nuda, a pecorina sul tavolo, silenzio assoluto, non ho voglia di sentire le tue solite lamentele’

– ‘ Ti prego amore, fai quello che vuoi ma gradualmente, non esegerare’

Presi la posizione richiesta, ero già tutta bagnata, vedevo i fili dei miei umori che mi colavano tra le coscie, lo vidi armeggiare con una bacinella d’acqua, si avvicinò e cominciò a radermi, iniziò dalla figa ma si dedicò con cura anche alla zona del retto, non avendolo mai fatto prima, mi stupì per la sua maestria, l’operazione durò poco ma fu molto eccitante, mi parlava vantandosi dei risultati:

– ‘ Che bella passerina, sembra quella di una bimbetta, anche il culetto tutto bello liscio, mi fa impazzire’.

Quando non utilizzava il pennello da barba,, me lo infilava nel culo, lasciando fuoriscire le setole, ero ancora indolinzita per il trattamento che mi aveva riservato Alberto nel nostro ultimo incontro, eppure mi piaceva da morire, cercavo di immaginare la scena che aveva davanti il mio uomo, cominciai a godere, raggiunsi l’orgasmo prima che lui finisse la sua opera:

– ‘ Sei proprio una gran puttana, vieni anche così, facendoti rasare il culo, non mi sembra una gran punizione, ma adesso arriverà anche quella, stai tranquilla’.

Cominciò a sculacciarmi forte a piena mano, avevo ancora il pennello nel culo e lo sentivo meglio a ogni botta ricevuta. Mi fece scendere dal tavolo solo quando le mie chiappe diventarono rosse scarlatte:

– ‘ Scendi, vai sul tappeto e aspettami li in ginocchio schiava’.

Arrivò con le sue nuove corde, non aveva ancora la maestria del professore ma mi stupì comunque, mi ritrovai in poco tempo tutta stretta tra nodi e doppi passaggi, prima di fissare gli ultimi nodi, mi infilò un grosso cuneo ben lubrificato nel culo, fece in modo che la corda lo tenesse ben fermo al suo posto e mi aiutò a stendermi sul divano:

– ‘ Bene tesoro, ora te ne stai qui bella tranquilla senza lamentarti, quando ne avrò voglia ti slegherò, meno ti muovi meglio &egrave, questo tipo di legatura tende a stringersi fino a limitare il respiro’.

Prese un bavaglio tra i suoi nuovi gadget, di quelli con la pallina di gomma che tengono la bocca aperta, lo legò strettamente dietro la mia nuca e mi lasciò sola andandosene nel suo studio. Ero terrorizzata, odiavo restare sola da legata, mi veniva un’angoscia terribile, non potevo neanche chiamarlo in caso di emergenza, ero comunque su di giri, delle sensazioni nuove si impadronirono di me, mi sentivo veramente sua, lo amavo alla follia, adesso il suo gioco mi era chiaro, mi lasciava in balia di Alberto solo per avere la possibilità di essere più severo nei nostri giochi, ero sicura che tra i due c’era un patto chiaro, il professore doveva riferire tutto quello che succedeva nei nostri incontri così Eugenio aveva argomenti a sufficienza per punirmi severamente.

Mi ero quasi appisolata, nonostante il supplizio delle corde e del cuneo, ma si sa, l’uomo si abitua a tutto, e poi chissà, forse le endorfine prodotte dal mio corpo eccitato fungevano da analgesico, si avvicinò, mi slegò velocemente senza dire una parola, mi tolse il cuneo, mi sollevò di peso e dopo avermi messo a pecorina sul divano cominciò a fottermi violentemente, prima nella figa e poi nel culo.

– ‘ Sei mia, sei di mia proprietà, adoro vederti sottomessa ai miei capricci, adesso ti sborro nel culo, adesso che comincia ad allargarsi &egrave il posto migliore per godere’.

Mentre mi inculava violentemente, giocava con il mio clitoride, mi fece venire più volte ed infine si perse dentro di me, fu probabilmente la più bella scopata che avessimo mai fatto, ma una nuova convinzione si fece strada in me, sarebbe stata solo la prima di una lunga serie, e tutto anche grazie alle sue nuove regole.

Cinque giorni che non vedevo Eugenio, era all’estero per lavoro e non sarebbe rientrato prima di mercoledi.

Avevo davanti un week-end tranquillo, tutto lettura e bricolage, ogni tanto pensavo al professore, chissà se era al corrente della partenza del mio uomo, ero sicura che se lo avesse saputo si sarebbe fatto vivo, ma non avevo ancora capito quanto i due uomini fossero complici e quanto antagonisti, e non avevo voglia di rovinarmi quei girni di tregua, quindi accettai un invito noiosissimo per il sabato sera ma che poteva tornarmi utile per la mia professione.

Un’associazione umanitaria della mia città, organizzava una serata per raccogliere fondi da dare in beneficenza, mi aveva invitato la presidentessa, moglie di uno tra i maggiori clienti del mio studio e non potevo proprio mancare.

Conoscevo abbastanza bene l’ambiente che avrei trovato, età media 65 anni, maggioranza di donne della borghesia cittadina, autorità politiche e ecclesiastiche, optai quindi per un look discreto, abito scuro e poco trucco.

Arrivai con qualche minuto di ritardo, ma di solito a questi eventi non arrivava mai nessuno puntuale.

All’ingresso del ristorante trovai la mia ospite che molto cerimonisamente mi invitò a salire nella sala per la cena, avrei trovato i segnaposti con i nomi su ogni tavolo, lasciai il cappotto al guardaroba e mi affrettai sulle scale, il tavolo col mio posto era già quasi completo, mancavano oltre a me altre due persone, mi presentai agli altri e mi sedetti.

La signora imbalsamata accanto a me, piena di gioielli ed eccessivamente truccata cominciò subito a commentare la serata:

– ‘ A visto &egrave venuto anche l’arcivescovo, ed il governatore del Rotary, siamo anche in attesa del sindaco con signora, &egrave proprio una bella serata che ne dice?’.

– ‘ Si, sono proprio contenta di esser potuta venire’ e i signori che stiamo aspettando al nostro tavolo invece chi sono?’.

– ‘ Siamo in attesa del l’assessore alla cultura Dottor Rossini e del professor Landri della facoltà di Economia, non li conosce? Strano sono due persone molto in vista nella nostra città, pensi che fortuna averli al nostro tavolo, oltretutto il professor Landri &egrave un uomo molto carismatico e affascinante, vedrà’.

Rivolsi qualche parola anche agli altri componenti del mio tavolo, mi sforzavo di essere comunicativa e gentile con tutti anche se l’ambiente non era certo tra i più coinvolgenti che avessi mai frequentato, arrivò anche l’assessore, tipico intelletuale ex sessantottino, mentre ci presentavano vidi la signora imbalsamata rivolgere un eccessivo sorriso a qualcuno posizionato alle mie spalle, e la sentii dire:

– Ahh’ professore aspettavamo proprio lei, come sta? Che piacere averla alla nostra tavola.

Mi voltai per salutare anch’io, ma la sorpresa e l’imbarazzo nel trovarmi davanti ad Alberto mi fecero barcollare, era accompagnato dalla moglie del mio cliente, l’organizzatrice della serata che mi rivolse un cenno di richiesta di attenzione:

– ‘ Lorenza permettimi di presentari Alberto Landri, &egrave un noto e stimato professore universitario, autore di innumerevoli saggi di economia internazionale avrai sicuramente sentito parlare di lui’.

Gli diedi la mano balbettando il mio nome, lui mi sorrise apertamente e disse ad alta voce:

– ‘Ma si Lorenza, abbiamo già avuto modo di conoscerci, non ricorda?’

– ‘No, mi scusi ma ora non ricordo proprio’.

Finsi di non conoscerlo, avrei voluto essere inghiottita dal pavimento ma sapevo di non avere canche, avrei dovuto affrontare l’intera serata in un modo o nell’altro, cercavo di concentrarmi per studiare un piano d’azione, ma ero paralizzata dall’imbarazzo, che sfiga, proprio lui e proprio al mio tavolo come se non bastasse, la signora che stava alla mia destra per compiacere ulterirmente il professore gli cedette il suo posto:

– ‘ Così avrete modo di ricordarvi dove vi siete già incontrati’.

Sentivo i battiti del mio cuore sovrastare le voci di conversazione generale, mi accomodai e accesi una sigaretta nervosamente.

– ‘ Sei tesa? rilassati non ti fa bene, dov’&egrave finita la tua sicurezza di donna in carriera? L’hai lasciata a casa col tuo uomo?’.

– ‘ Eugenio &egrave fuori per lavoro pensavo lo sapesse, e sulla mia sicurezza non proferisco parola, la prego solo di non mettermi in imbarazzo’.

Durante la cena fortunatamente, Alberto veniva continuamente fatto bersaglio di domande varie, ogni tanto, quando la conversazione non lo interessava direttamente, mi sussurrava qualcosa all’orecchio, qualcosa di imbarazzante, di eccessivo, allungava anche la mano sotto al tavolo fino a introfularsi tra le mie gambe:

– ‘ Sei bagnata? Ti eccita stare seduta qui con tutti questi benpensanti che non immaginano neanche cosa ti piace farti fare in privato, pensa solo se la tua amica, quella che ci ha invitato, sapesse dove ci eravamo già conosciuti, potevi dirle quanto ti conosco già bene e quanto ancora approfondirò’.

Cercavo in tutti i modi di salvare le apparenze, sorridevo come un’ebete contando i minuti che mancavano alla fine. La signora imbalsamata che stava al mio tavolo colse l’occasine per ammicarmi un paio di volte sulla confidenza che il professore dimostrava nei miei riguardi, pensava sicuramente di avermi fatto un regalo nel cedere il suo posto ad un uomo così affascinante permettendogli di sedere al mio fianco, era vero in fondo le ero grata, non avevo sperato fino a qualche ora prima di poterlo rivedere proprio in questi giorni in cui Eugenio aveva lasciato la città? Ed eccomi servita, sola di sabato sera con Alberto al mio fianco che ogni tanto faceva capolino nelle mie mutande. Pensavo continuamente alla piegha che poteva prendere il dopo cena’ ma il pensiero di Eugenio ignaro del nostro incontro mi atterriva, avrei dovuto chiamarlo? Dirgli che mi ero trovata mio malgrado in quella situazione?

O tacere e godermi l’opportunità?

Ogni tanto riuscivo ad ascoltare qualche minuto di conversazione ma quanto mi infastidiva quel modo da ‘prima donna’ che assumeva Alberto ogni volta che qualcuno gli chiedeva qualcosa, era proprio un saccente, del tipo ‘capisco tutto io, sono tutto io’ eppure avrei dato qualsiasi cosa per poterci scopare, ma lui non mi sembrava uno propenso a ‘cose normali’ era inutile illudersi. L’assessore ad un certo punto chiese ad Alberto qualche notizia sull’economia internazionale e lui cominciò il solito bla bla ‘ poi il discorso cadde sul modello giapponese di economia industriale, ed il professore colse l’occasione che forse aspettava dall’inizio della serata:

– ‘ B&egrave io sono un’esperto di Giappone, lo conosco molto bene, e sono incantato oltre che dal loro modello economico anche dalle loro tradizioni, non era con te Lorenza che parlavamo di tradizioni giapponesi? Non sei anche tu un’appassionata di alcune di esse?’

– ‘ Mi scusi professore ma io il Giappone lo conosco pochissimo, a parte il sushi, non conosco nient’altro’

– ‘ Strano ricordavo di aver approfondito proprio con lei l’argomento e io difficilmente mi sbaglio’.

A quel punto, pensai proprio che i nostri commensali avessero intuito tutto, più dal colore del mio volto che dai discorsi, era arrivato il momento di congedarmi, il dolce era già stato servito ed io ero esausta. Chiesi ad un cameriere se era possibile chiamarmi un taxi, ed Alberto subito intervenne:

– ‘ Lasci perdere ci penso io ad accompagnare la signorina, vieni Lorenza &egrave arrivato anche per me il momento di lasciare i nostri ospiti’.

Si alzò diede la mano a tutti, attese che facessi altrettanto e mi prese sottobraccio accompagnandomi verso le scale.

Al guardaroba, prima di ritirare i cappotti, Alberto mi ordinò di andare in bagno, togliere le mutandine e consegnargliele prima di uscire dal locale, aveva già dato un’occhiata all’ingresso e aveva visto il cappannello di persone ferme a chiaccherare prima dei saluti.

Obbedii ero già eccitata e poi ormai mi ero già sputtanata abbastanza per guardare ancora l’etichetta, avrei semplicemente cercato di fare le cose nel modo più discreto possibile. Facile a dirsi, molto meno a farsi, sulla porta c’era la moglie del mio cliente che congedava tutti i convenuti, chiaramente il professore mi stava aspettando li, mi avvicinai con gli slip appollotolati nella mano, cercai di passaglierli in mano casualmente mentre salutavo e ringraziavo la mia ospite, Alberto aprì la mano guardando il contenuto con calma in modo che il gesto potesse essere notato dalle persone vicine, poi mi ringraziò e li fece scivolare in tasca. A testa alta e sorridente uscii sulla strada,&egrave fatta pensai, speravo solo che l’assurdità della situazione, portasse le persone che avevano assistito alla scena, a cercare interpretazioni diverse.

Raggiungemmo la sua auto senza parlare, mi fece salire dietro tenendo lo sportello aperto, cercò qualcosa nel portaoggetti e si abbassò verso l’abitacolo

– ‘ Stenditi a pancia sotto, metti le mani dietro e non fiatare se non vieni interpellata’.

Mi mise le manette intorno ai polsi, alzò la gonna in modo da scoprire il sedere, mi allargò le natiche e mi infilò qualcosa di freddo, probabilmente un oggetto metallico nel culo, contrassi automaticamente i muscoli.

– ‘ Stai calma, &egrave un portasigari &egrave piccolissimo non può darti fastidio ti ho abituato a ben altro’.

– ‘E le auto che ci passano accanto? Potrebbero vedermi’.

– Ma che intuizione geniale, &egrave per questo che ti ho scoperto il culo cosa pensavi’.

Avevo la figa bagnatissima, ero già su di giri, avrei accettato qualsiasi cosa e decisi di lasciarmi andare, avevo voglia di essere la sua schiava, quella sera più delle altre.

Arrivammo a casa sua in pochi minuti, dovetti salire così com’ero, con le manette e l’intruso metallico che fuoriusciva appena dalle natiche, mi fece stendere sul divano e si allontanò per qualche minuto.

– ‘ Cara la mia bambina tutta bella depilata da poco, stasera sarai punita duramente perché hai finto di non conoscermi, ti vergogni di frequentare i professori universitari?’

– ‘No professore, avevo paura di tradirmi, mi perdoni e comunque accetterò qualsiasi punizione, vorrei solo sapere se Eugenio saprà di questa sera’.

– ‘ Certo che lo saprà, ho un’accordo col tuo uomo, posso vederti quando voglio, soprattutto se lui &egrave fuori città’.

Prese un frustino e cominciò a frustarmi sulle natiche:

– ‘ Non voglio un lamento, se vuoi puoi piangere ma senza emettere un suono altrimenti torniamo subito di là nel dungeon’.

Quando cominciai a contorcermi dal bruciore, smise mi aiutò ad alzarmi, mi spogliò nuda, cominciò a strizzare i miei capezzoli guardandomi negli occhi:

– ‘Stranamente sei bella anche questa sera, sei migliorata dopo le mie critiche, se continui così diventerai il mio ideale di schiava, ora se fai la brava togliamo il portasigari dal tuo buchino e ci mettiamo qualcosa di più idoneo, sei contenta?’

Non risposi, cercai solo di rilassarmi, ero eccitata e volevo venire.

Prese del lubrificante, iniziò a infilarmi un dito nel culo poi due, lo sentivo allargarli per dilatare meglio l’orifizio, a tre dita iniziai a venire, si fermò subito. Mi fece alzare, non avevo notato, a ridosso della parete una sedia di strana fattura, aveva la spagliera decorata con ideogrammi giapponesi dorati e fissati sul sedile due dildi di legno scuro, uno grande e uno leggermente più piccolo, non fu una cosa semplicissima ma riuscii comunque a sedermici sopra facendomeli penetrare nella figa e nel culo, poi mi vennero legate le mani ai braccioli anch’essi finemente decorati.

– ‘ Bene tesoro, ora che sei bella comoda rispondi a qualche domandina, ogni tua titubanza verrà punita, quindi voglio solo la verità con risposte chiare’.

– ‘ Sarò sincera’.

– ‘ Voglio che mi racconti cosa hai fatto di bello con Eugenio ultimamente’

– ‘Mi ha depilata, mi ha infilato il pennello da barba nel culo’

– ‘Poi?’

– ‘Mi ha legato e frustato’

– ‘Andiamo avanti, ti &egrave piaciuto?’

– ‘Non tutto’

Mi arrivò uno schiaffo sul viso a tutta forza.

– ‘ Non &egrave vero, ti &egrave piaciuto eri tutta bagnata, voglio sapere se ti ha inculato’

– ‘ Si, prima con un dildo e poi col suo uccello’

– ‘ Quante volte sei venuta?’

– ‘ Varie volte, forse tre, non ricordo con precisione’

Non riuscivo a stare seduta e ferma, mi facevano male quei perni che sentivo ormai nella pancia e poi volevo venire, avevo voglia di godere, sentivo l’orgasmo impellente, quanto ancora per essere appagata?

– ‘ Hai voglia di essere scopata?’

– ‘Si, ti prego fottimi’ Mi sfuggi il ‘tu’ involontariamente, sperai che non ci facesse caso, inutile dire che mi sbagliavo.

– ‘ A chi ti stai rivolgendo? Fottimi a chi? Pensavo potesse bastare per stasera ma noto che hai bisogno di essere addestrata più duramente, non sei neanche lontanamente la schiava ideale’.

– ‘ Perdono, sono confusa, spossata, chiedo perdono.

– ‘ Ora ti libero, iniziamo l’addestramento vero la prossima volta, comunque parlerò con Eugenio, anche lui dovrà contribuire più seriamente, &egrave finita l’era dei giochetti’.

Mi liberò come promesso, mi fece inginocchiare e si fece fare un pompino tenendomi per i capelli, poi mi fece girare e inginocchiare sulla sedia, mi prese nel culo brutalmente, fino a farmi esplodere in un orgasmo senza fine, continuai a tremare per alcuni minuti, lo guardai mentre si ricomponeva, lo adoravo, ero la sua schiava devota, niente di sentimentale, solo dedizione fisica.

Chiamò un taxi e feci ritorno a casa mia, stava già albeggiando, era un nuovo giorno, una donna nuova rientrava nella sua abitazione.

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