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Racconti di Dominazione

Mia sorella Giuseppina 37

By 4 Marzo 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Giuseppina, così bella, così innocente, commette un errore. Pensa che sia tutto finito, ma è in agguato il fato..
Lui vede subito la possibilità di poter trarne vantaggio.
La storia si divincola nei giorni che si susseguono. La piccola giovane Giuseppina non sa cosa le accadrà..
Leggete e scoprirete..

i miei racconti dove troverete elencati tutti i Capitoli
http://www.iomilu.com/viewuser.php?uid=843

Mia sorella Giuseppina
Cap.1
http://www.iomilu.com/viewstory.php?sid=5496

Gli ultimi 6 capitoli
Cap.30/36
http://www.iomilu.com/viewstory.php?sid=9930
http://www.iomilu.com/viewstory.php?sid=9932
http://www.iomilu.com/viewstory.php?sid=10225
http://www.iomilu.com/viewstory.php?sid=10271
http://www.iomilu.com/viewstory.php?sid=10312
http://www.iomilu.com/viewstory.php?sid=10558

Giuseppina, così bella, così innocente, commette un errore. Pensa che sia tutto finito, ma è in agguato il fato..
Lui vede subito la possibilità di poter trarne vantaggio.
La storia si divincola nei giorni che si susseguono. La piccola giovane Giuseppina non sa cosa le accadrà..
Leggete e scoprirete..

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Mia sorella Giuseppina
Cap.1
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Cap. 37

In un primo momento si sentiva sollevata, ad essere lontana da Tonino, ma mentre camminava nell’atrio, fra tutti i ragazzi, le sembrava di essere fuori luogo. Stava pensando che sarebbe stata certamente fermata da un bidello o da un professore a causa del suo abbigliamento, ed allontanata, ma notò che non era l’unica, ad indossare una minigonna. A causa dell’inizio del bel tempo e dell’approssimarsi della fine della scuola, molte portavano abiti più adatti per andare a passeggio, che ad un luogo così pieno di gente che aveva occhi solo per le scollature ed i bordi delle mini. ‘Tuttavia, era sicuramente l’unica ad indossare un vestito che la faceva apparire una vera troietta.’ Pensò sentendo un commento pesantissimo al suo fianco. Chiuse per un attimo gli occhi e proseguì per la sua strada.

Le sembrava che tutti stessero aspettando il suo passaggio per poterla osservare. Notò come molte conversazioni si fermassero improvvisamente, per restare, coloro che le conducevano, muti ad osservarla. Si sentiva al centro dell’attenzione e a disagio. Portò una mano al bordo inferiore del vestito e l’abbassò per quanto poteva. Sperava che riuscisse a coprirla, almeno un po’.

Passando in mezzo ad un gruppo di ragazzi, ebbe la sensazione che un tocco fuggevole le accarezzasse il sedere. Fu un attimo, ma era certa che fosse quel vestito, ad attirare atti pesanti come quello. O forse era stato solo un episodio accidentale, come altri accaduti in passato.

Arrivata all’inizio della scalinata che l’avrebbe portata al piano superiore, vide che l’andirivieni degli studenti si era molto intensificato. Non sapeva come affrontare le scale ma, seguendo il flusso per non rallentare l’andatura, sfidò il percorso con coraggio ed attenzione. Sapeva che i ragazzi che stavano proprio sotto di lei godevano, non per modo di dire, di un’ottima vista della parte più bassa delle sue chiappe. E difatti si alzò subito, dietro Giusy, un sussurro entusiastico. Voleva porre una mano a spingere ancora più in basso l’orlo del vestito, oltre le due pliche che sottolineavano le sue natiche, ma sapeva che quel tentativo di proteggersi dagli sguardi importuni sarebbe risultato del tutto inutile.

Era curiosa di sapere cosa gli altri riuscissero davvero a vedere, quanto del suo sedere fosse esposto, ma continuò imperterrita a salire le scale. Aveva anche un altra preoccupazione: i seni ballavano liberi e ciò la costringeva a muoversi piano e con circospezione. Le pareva che quella mattina avessero aggiunto più scale e che il supplizio non terminasse mai.

Entrata in classe, trovò il professore già seduto in cattedra, a parlare con un compagno. Come sempre entrò e salutò, notando come entrambi si voltassero a guardarla mezzo inebetiti e con gli occhi spalancati come oblò di una nave. Vide anche altri studenti guardarla con gli stessi occhi, sgranati e lucidi, che correvano per tutto il suo corpo su e giù, in continuazione. Molti ragazzi fissavano il suo seno quasi totalmente esposto, senza far nulla per nascondere la loro eccitazione. Le venne in mente solo in quel frangente, che il tessuto leggero e trasparente stava mostrando, più del dovuto e che i capezzoli duri risultano perfettamente in vista.

Anche la sua amica Sara ‘2’ ha allargato gli occhi nel vederla arrivare. Scuote la testa incredula ma sorridente. Mentre Giuseppina le passa vicino la ferma:
‘Il tuo vestito mi piace un sacco.’ Dice, schiarendosi la voce. ‘è molto bello, ma certo non aiuta a passare inosservati’
‘Hai deciso di finire la scuola con eleganza.’ Aggiunge, non riuscendo a sua volta a distogliere lo sguardo dalle belle tette.

Giusy sorrise di rimando senza rispondere e si diresse al proprio posto fra l’attenzione divertita ed eccitata di tutta la classe. Anche quelli che stavano arrivando e non l’avevano ancora vista vennero informati dai propri compagni, che dopo averla additata, la osservavano di nuovo, interessati e compiaciuti.

Le guance le bruciavano: era sicura di essere terribilmente rossa in volto ed appariva ‘ lo sapeva, ma non poteva farci nulla – in evidente imbarazzo. Non si sentiva a suo agio, vestita in quel modo. Non si era ancora seduta e poteva solo immaginare che lo stare su una sedia così bassa con quell’abito così corto, sarebbe risultato solo un problema. Voleva farlo, comunque, con garbo e stando molto attenta ai movimenti, per evitare che si potesse vedere più del dovuto.

Una volta seduta tentò di verificare quanto i suoi timori avessero un senso. Osservò in basso e si accorse che malgrado tutti i suoi sforzi, l’orlo della gonna copriva a malapena l’incavo fra le gambe. Era certa che chiunque fosse stato di fronte a lei, avrebbe potuto notare come fosse senza mutandine. Se l’insegnante si fosse fermato, in piedi, al suo fianco, avrebbe potuto sbirciare senza problemi nella scollatura per nutrirsi della vista delle sue tette quanto e come avesse voluto. Forse anche di più, se solo si fosse piegato in avanti. Tuttavia, lui era ancora in piedi, a fianco della lavagna, pronto a chiudere la porta. I loro sguardi si incrociarono, e lei potè notare come lui si fosse soffermato, incantato, ad osservarla spudoratamente tra le gambe. Le strinse fortemente non riuscendo a pensare a cos’altro poter fare. Aprì il libro e il quaderno, abbassando lo sguardo, come se le pagine bianche fossero diventate la cosa più interessante della terra, in quel momento.

Aveva paura dei ragazzi davanti a lei. Sperava in cuor suo, che non si voltassero. Finalmente la porta venne chiusa e la lezione ebbe inizio. Doveva essere solo un ripasso generale in previsione della maturità, per via dell’approssimarsi della fine delle lezioni.

Tranne che per il fatto che l’insegnante sembrava aver molti problemi di concentrazione, le parve, dopo un po’, che i compagni l’avessero dimenticata, e tutto procedesse come di consueto. Sentì allentarsi la morsa della paura, e così, all’intervallo, si curvò per prendere i libri dallo zaino dimenticandosi di porre sufficiente attenzione.

Quasi immediatamente una dozzina di compagni fra maschi e femmine si voltarono ad osservarla. Chi con più spudoratezza, chi tentando di celare il proprio interesse, senza tuttavia riuscirci, si avvicinarono per osservare o per scambiare qualche fuggevole saluto.

Dai loro sguardi, Giuseppina poteva capire che stavano guardando nella sua scollatura, fra le tette. La parte superiore dell’abito, dal tessuto molto trasparente, non le permetteva in alcun modo di nascondere la propria nudità. Quelli che si erano avvicinati di più per vedere in basso, dentro la scollatura, poterono notare come la gonna durante la lezione, si fosse sollevata leggermente lasciando intravedere le piccole labbra alla congiunzione delle gambe.

Rispose ogni volta con garbo ed educatamente. Sentiva tutti gli occhi su di lei e quando le arrivò l’esclamazione, pronunciata con voce strozzata: ‘Merda santa! Guarda Fra!’ Cercò di capire chi l’avesse fatta.

Nel voltare la testa aveva accavallato le gambe: subito, due compagni si portarono dietro le sue spalle, evidentemente interessati a guardare cosa si potesse ammirare in basso. Seguì il loro sguardo arrossendo già prima di sapere cosa stesse mostrando: si accorse che una parte della sua vulva glabra offriva uno spettacolo straordinario ed, almeno apparentemente, del tutto privo di pudore. Cercò di ricomporsi immediatamente ma senza risultati troppo apprezzabili, lasciandola in uno stato di assoluto imbarazzo. Quando entrò la professoressa, tutti andarono ai loro posti ed in classe tornò il silenzio. Alle sue spalle poteva sentire come i bisbigli si protraessero ed era certa che il discorso fosse centrato su di lei.

Capiva di essere eccezionalmente rossa in volto, da quanto le bruciavano le guance.

Tutto continuò normalmente. La professoressa spiegò, illustrando il senso della lezione, senza quasi notare -almeno così sembrava- il modo in cui era vestita Giuseppina. Lei non riusciva a prestare molta attenzione: era concentrata spasmodicamente sul tentativo di non mostrare più del dovuto, benché i suoi sforzi non ottenessero molto successo.

A differenza della prima ora, molti compagni davanti si voltavano per darle uno sguardo veloce. Qualcuno più audace degli altri si abbassò per sbirciare da sotto al banco, ricomparendo poco dopo, tutto rosso in volto. Giusy era certa che oramai tutta la classe sapesse o per lo meno supponesse che sotto al vestito non ci fosse alcun indumento intimo. ‘Non ha reggiseno.’ Pensavano i ragazzi, sentendo il cazzo indurirsi rapidamente. ‘E nemmeno le mutandine!’ Persino loro, i suoi stessi compagni, non riuscivano, increduli, a capire bene cosa potessero aver realmente visto.

Teneva le gambe ben accavallate e strette, ma non aveva idea di quanto minuscola fosse la porzione di figa davvero preclusa ai loro sguardi avidi.

Quando la campanella suona, annunciando la terza ora, il cuore ebbe un fremito. Avrebbe voluto scappare a nascondersi in bagno ma non trovava il coraggio di muoversi. I ragazzi davanti a lei aspettavano solo quel momento, pensò, tentando d’immaginare cosa potessero aver visto per tutta la mattina e cosa potrebbero vedere ancora. Sentiva il brusio eccitato delle giovani voci che parlavano fra di loro guardandola ed indicandola l’uno all’altro.

Notò anche qualcosa di diverso: oltre a gettarle sguardi accidentali, ed a parte alcuni saluti freddi e distaccati, non una ragazza le aveva rivolto la parola. Anche la sua amica Sara restava seduta composta nel banco vicino. Il suo viso esprimeva un malcelato nervosismo. Giuseppina poteva solo immaginare cosa le ragazze potessero pensare di lei. Sapeva che non volevano aver nulla a che fare con una compagna che si comportava, ai loro occhi, come una puttana e non riusciva a dar loro torto. Si sentiva triste, per questo. Si aspettava dei giorni a venire, che sarebbero risultati molto difficili e lunghi. Forse in quella città non avrebbe più avuto amici con cui parlare e confidarsi. Non riusciva a vedere che un futuro tetro e difficile.

La prossima ora era quella che più temeva. Sapeva cosa le aveva chiesto Tonino e senza pensare lo aveva accontentato pur sapendo che lui non sarebbe stato lì, a controllarla. Esaminò il suo stesso operato: le gambe affiancate, ed il bottone sbottonato, ha potuto vedere distintamente il taglio della figa e parte dell’aureola di un seno. Quando Tonino le aveva dato quell’ordine, nel dubbio lei aveva sbottonato sia il bottone superiore che quello inferiore. Ora si sentiva il cuore battere a mille ed una terribile voglia di piangere. Alzò lo sguardo e colse l’espressione compiaciuta del compagno vicino. Sapeva che stava offrendo uno spettacolo unico e inimmaginabile.

Mr. Carter, l’insegnante di inglese, trascorse l’intera ora in piedi, andando avanti e indietro, leggendo e dettando. Di tanto in tanto si fermava vicino ad un alunno per controllare cosa scrivesse e correggendo eventualmente l’errore, per poi continuare la dettatura.

Ogni volta che Giuseppina aveva potuto alzare gli occhi dal quaderno, si era accorta di come il professore avesse lo sguardo appiccicato alla scollatura delle tette o direttamente alla sua figa.

Finalmente la campana annunciò la pausa per la ricreazione. Si sentiva frustrata e con i nervi a fior di pelle. Aveva bisogno di un poco di pace e pensò di andare a rifugiarsi di nuovo nel bagno. Prima di alzarsi si allacciò i bottoni e tirò un po’ giù l’orlo della gonna. Appena uscita dall’aula il bidello la fermò: ‘Signorina bella, avevamo un impegno oggi, o sbaglio? Ti aspetto al termine delle lezioni, o saranno guai seri.’

Con tutti gli avvenimenti che si erano succeduti quella mattina, si era dimenticata
dell’appuntamento. Abbattuta e sconfortata, abbassò lo sguardo ed annuì, muta. Non lo vide neppure andare via. Tornò sui suoi passi e si sedette disperata al suo posto, dietro al banco, cercando di non piangere.

Squilla la campanella che segna la fine delle lezioni per quella mattina e l’inizio della pausa pranzo. Calda e rossa in volto, respira profondamente alcune volte e si incammina. Ha dovuto ricorre a tutto il suo coraggio per uscire nel corridoio ed affrontare dapprima gli sguardi della classe e poi dell’intera scuola. Corre in bagno per soddisfare l’impellente bisogno di liberare la vescica e poi, nuovamente, verso l’appuntamento con Tonino. Come se niente fosse, ha sorriso alle amiche mentre si accodava al gruppo dei suoi compagni. Ha cercato di pensare in positivo anche se gli avvenimenti degli ultimi giorni avevano preso una piega che la stavano preoccupando. Sperava che oggi non si ripetesse ciò che era successo il giorno prima.

Sente le tette ballare libere e i capezzoli strusciare sul tessuto leggero ma non vuole fare tardi come la mattina precedente. Nota come molti dei compagni la lascino passare fra di loro per poterla vedere meglio e più da vicino. Demoralizzata e infastidita, arriva al solito posto, indossa gli occhiali e aspetta appoggiandosi al muro. Può sentire il cuore battere all’impazzata e cerca di calmarsi facendo alcuni altri esercizi di respirazione. Cerca di ricordare dove era parcheggiata la macchina di Tonino e in silenzio prega.
‘Dio, ti prego: fai che oggi non si ripeta ciò che è accaduto ieri.’

Seduto sugli scalini, Tonino la vede camminare spedita. Come gli era già accaduto la settimana prima, aspettava che lei gli mandasse un segnale, indossando, cioè, gli occhiali scuri, e quando ciò avviene, si avvicina. E’ eccitato: non avrebbe mai pensato di ripetere l’esperienza del giorno precedente, ma d’altra parte non riusciva a togliersela dalla testa. Quante seghe si è fatto, sognandola, in quei due giorni che non l’aveva vista! Oltretutto Tonino le aveva promesso uno sconto sul compito che gli era stato affidato.

Si alza con il cazzo già in tiro nei pantaloni e con la voglia di rivederla nuda. Mentre percorre i pochi passi che li separano, pregusta già le labbra calde e umide di lei che si stringono attorno al suo pene.
‘Il Signor X dice che devi venire con me.’

Sconfortata, Giusy abbassa la testa. Involontariamente smette di respirare per qualche attimo. Si rende conto che oggi vivrà un replay, un deja vu ben stampato nella sua mente.

Confusa e impaurita lo segue stringendosi al suo braccio. Resa cieca dagli occhiali scuri, cammina incerta lungo il perimetro della scuola. Aspetta da un momento all’altro di sentirgli pronunciare la fatidica frase, la stessa del giorno prima: ‘Attenta agli scalini.’

Il ragazzo non dice altro, ma quelle tre parole servono a far ricomparire una folla di fantasmi davanti agli occhi della ragazza.

Vorrebbe piangere e stringe più forte la mano sul suo braccio. Sente una porta metallica aprirsi e la musica che si diffonde oltre al consueto forte odore di nafta. Si chiede dove siano e ipotizza che si tratti del locale caldaia della scuola.

Una volta chiuso il pesante portello cerca di sentire quello che le sta accadendo attorno, ma percepisce solo la musica proveniente da chissà quale stereo. Si lascia guidare ancora per alcuni passi e una volta ferma, il braccio del suo accompagnatore l’abbandona. Resta sola, cieca e senza percepire alcun rumore: attorno a lei c’è solo la musica fortissima che le impedisce di ascoltare ogni altro suono.

Il ragazzo si allontana e nella penombra, l’eccitazione, già violentissima, fa risaltare alla sua mente come il vestito di Giuseppina sia semi trasparente.

‘Spo’. Spogliati come sempre. Sii più sensuale e sexi che puoi. Quando hai finito inginocchiati e siediti sui talloni.’ Sente il cuore che gli batte in gola, ed ha il fiato corto. Trema, addirittura, per quanto è eccitato.

Terrorizzata e impaurita, per il ripetersi degli stessi avvenimenti del giorno prima, la ragazza si muove lentamente. Non le piace che lo sconosciuto la stia guardando con quella bramosia, e sa in cuor suo che non è sola con lui. Attorno a sé, anche se la forte musica ne attutisce i rumori, sente la presenza di molti lupi famelici, che aspettano solo di potersi nutrire del suo corpo. Si muove sensualmente seguendo il ritmo della musica. Le sue mani, tremando, slacciano lentamente i bottoni e tolgono infine il vestito.

Lui continua a deglutire, senza riuscire a credere del tutto allo stupendo spettacolo che gli si sta parando di fronte agli occhi. Si sente eccitato a dismisura e il cazzo preme gonfio nei pantaloni, come se fosse pronto a romperli, per quanto si è ingrossato e indurito. Giuseppina gli piace sempre di più. Vederla ballare nuda con le tette che danzano al ritmo della musica, e la figa che si vede e intravede alternativamente, lo sta facendo impazzire. Vuole liberare il pene dolorante, ma si vergogna per la presenza degli altri. Anche se li ha già visti nudi se ne vergogna ancora. Resta concentrato sulla figura plastica e stupenda di lei. Osserva la carne uniformemente abbronzata, i capezzoli duri che spiccano sui globi dei seni non eccessivamente grossi, ed è sempre più desideroso di poterli nuovamente impastare.

La figa completamente rasata, risalta nella penombra dell’angusto posto. Diversamente dal giorno prima, non sa se preferirla così o con la sottile striscia di peli.

La vede sistemarsi nella posizione che le ha imposto e come il giorno prima attende, titubante. Esita ancora vergognoso, ma bramoso per l’emozione. Non se ne è accorto, ma uno dei ragazzi che erano in attesa, si è avvicinato già nudo e con il cazzo vistosamente duro che svetta puntando in avanti e in alto. Senza dire una parola, appoggia la cappella alle labbra della ragazza che in breve apre la bocca e lo ingoia facendolo scomparire quasi tutto.
La testa di lei, dopo un beve attimo, si muove velocemente lungo il rigido paletto di carne, e solo dopo che il ragazzo ha dato alcune violenti spinte in avanti, Giuseppina agguanta il suo membro, serrandolo nel pugno. Pochi secondi, e dopo un gemito che sovrasta la musica, il compagno di scuola trema in modo del tutto incontrollato e lei arresta il movimento.

Tonino e tutti, possono vedere chiaramente come è intenta a ingoiare. Lecca e succhia ancora per qualche attimo facendo sussultare il ragazzo, fino a quando questi non si scosta arretrando. Il cazzo semi eretto, rosso e umido, dondola in piena vista, mentre il suo proprietario si accinge a tornare dove ha lasciato i pantaloni.

Giuseppina non ha il tempo di passarsi la lingua sulle labbra che subito un altro fortunato cazzo esige di usufruire del perfetto lavoro della sua bocca.

Il nuovo arrivato, per quanto stravolto dalle sensazioni che la bocca della sua vittima gli sta procurando, si chiede come Tonino possa continuare ancora a filmare tranquillo.
Quest’ultimo, in effetti, di tranquillo non ha proprio nulla. Lo spettacolo è tanto eccitante che non riesce più a resistere. Si spoglia velocemente e resta mezzo nudo, con il cazzo durissimo. Alcune gocce di liquido seminale sgorgano dal meato, inumidendo la cappella. Capisce che anche il secondo ragazzo ha goduto, quando lo vede stringere le mani attorno alla nuca di Giusy, per tenerla ferma con il grosso pene piantato profondamente nella sua bocca.

Lei cerca di divincolarsi e geme, ma non può far altro che ingoiare velocemente lo sperma che in enorme quantità le si riversa direttamente in gola. Respira con fatica ed è costretta ad aprire la bocca per non soffocare. Parte della sborra le cade lungo il mento e giù fra le tette.

La mano molla finalmente la presa, e Giuseppina, con estrema soddisfazione, abbandona il cazzo per respirare e deglutire liberamente. Il ragazzo la prende per i capelli e la obbliga con forza a piegare la testa: ‘Troia! Tira fuori la lingua e leccalo! Voglio vederlo pulito!’

Con i capelli che le fanno male per la forte stretta dello sconosciuto, Giusy cerca di eseguire al meglio, ma il ragazzo, divertendosi, sposta il cazzo a destra e a sinistra facendole sbattere la cappella sulle guance e sulla lingua. Quando la lascia libera, lei si accascia sui talloni cercando di non piangere. Si sente la faccia sporca, ma non trova neppure la forza di pulirsi. La violenza e l’umiliazione subite l’hanno atterrita. Attende, e sa che non dovrà aspettare ancora molto, prima che il suo tormento continui.

Come indica il numero sul biglietto ‘3’, ora tocca a lui, eccitato allo spasimo, effettua un respiro profondo. Tremando per la voglia incontenibile, le si avvicina e preso il cazzo in mano lo guida alla sua bocca. Nota Tonino, con la videocamera, farsi più vicino ma questa cosa non gli dà fastidio, tanto più che, proprio mentre abbassa lo sguardo, Giuseppina ingoia quasi tutto il suo pene. Sussulta e resta senza fiato per alcuni secondi mentre lei, ferma con la cappella stretta fra le labbra, fa roteare la lingua. Si irrigidisce, per il piacere che sta provando. Si era sparato seghe in continuazione sperando di resistere più del giorno prima e invece stava già per godere. Vorrebbe resistere ma non ne è più in grado. Irrigidisce i muscoli e trema tutto vistosamente.

Ormai abituata, e riconoscendo i segnali, Giuseppina sa che il ragazzo che sta succhiando è pronto per venire. Mette una mano a coppa sotto alle palle per accarezzarle e stringe l’altra attorno al paletto di carne. Quindi la muove come se facesse una sega, continuando al contempo a succhiare: pochi secondi dopo, lo sente gemere e il cazzo pulsante le si svuota in bocca.

Terminata l’operazione, la ragazza si riposiziona sui talloni e cerca di ingoiare a fatica un poco di saliva. Sente le guance che le dolgono, come le ginocchia. Non deve aspettare molto, prima che un quarto cazzo le venga spinto in bocca. Continua a succhiare -deve farlo!- senza tregua. Non le hanno rivolto una parola, a differenza del giorno prima, quando l’avevano insultata e minacciata. Sperava che il supplizio terminasse al più presto e invece, finito l’ennesimo cazzo da soddisfare, deve accettare di succhiarne un altro e un altro ancora.

Non sapeva più, quanti di quei membri di ogni dimensione avesse succhiato e quanta sborra avesse dovuto ingoiare. L’unica cosa certa, era che si trattava di una quantità esagerata, al punto da sentire che le rinveniva in bocca dallo stomaco. Aveva la mandibola stanca e la nausea era tornata prepotente. Sapeva di essere sporca e mezza imbrattata di sperma. Sperava che dopo quello che aveva in bocca, non ce ne fossero più, da soddisfare. Era in totale sconforto. La degradazione cui era arrivata, non avrebbe mai potuto neppure immaginarla, nemmeno nei suoi peggiori incubi. Solo qualche settimana addietro le avrebbe fatto schifo un atto del genere: ed invece, ora aveva soddisfatto non sapeva neppure quanti ragazzi.

Inghiottisce ancora con estrema difficoltà un poco di saliva e prova la sensazione che ci sia un altro davanti a lei. Si augura che sia l’ultimo. Ringrazia gli occhiali scuri che le impediscono almeno di guardare. Non avrebbe mai voluto rivederli, quei ragazzi, lontano da quel posto, da quella situazione assurdamente oscena.

‘Bacialo, prima, cagna.’ Le sussurra la voce dell’ennesimo ragazzo. ‘Bacia il mio cazzo e le mie palle e poi leccalo, troia. Solo dopo potrai succhiarlo. Hai capito puttana?’

Non risponde. Abbassa la testa, sconfitta, e come la rialza si ritrova con il nuovo cazzo a ridosso della guancia. Esegue ciò che le è stato chiesto. A labbra semi chiuse bacia quel palpitante pezzo di carne e, con difficoltà, anche le palle. Inizia a leccarlo partendo dalla radice, per poi proseguire sullo scroto, e spingersi lungo l’asta dura e vibrante, sino ad arrivare oltre la cappella. E’ grosso come gli altri. La pelle è morbida e calda, e vibra ogni volta che la lingua solletica il punto del massimo piacere, sotto la cappella.

Lo ricopre nuovamente di baci per tutta la lunghezza, e ricomincia a leccare. Sente i muscoli del collo e della lingua tirare per l’eccessivo uso che ne ha fatto. Si dice fra se, comparando il nuovo arrivato, che il gusto non è poi così cattivo, come l’odore non è eccessivo. Di maschio, si, ma nella media.

‘Forza troia. Succhialo!’ Le dice il compagno, con la voce rotta dal desiderio.

Dopo essersi leccate ed inumidite le labbra, prende in bocca solo la cappella. Tenendola stretta fra le labbra, rotea la lingua tutt’attorno risucchiando e riconoscendo il gusto del liquido seminale. Si è mossa un poco in avanti con la testa ed alcuni, pochi, centimetri di cazzo sono entrati nella sua bocca. Poi ha iniziato un va e vieni della testa lungo l’asta, sempre più rapido ed ingoiandone al contempo sempre di più.

‘Cagna! Facci vedere come sei brava! Fai vedere che sei capace di ingoiarlo tutto! Vuoi forse continuare fino a domani mattina?’

Avvilita, ha cercato di ubbidire. Poco per volta e lentamente, per paura che lui spingesse in avanti il bacino, ha ingoiato quasi tutto il suo lungo membro. Si è fermata quando la fronte ha toccato la pancia di lui. Ha sentito il tocco di qualcuno prenderle le mani per i polsi, togliendole dalle gambe pelose del ragazzo, per spostarle fino a farle agguantare altri due lunghi membri. Si blocca, sconcertata e impaurita.

‘Troia, non ti fermare. Sega anche i miei amici!’

Anche sforzandosi, non riesce a muovere le mani e la testa secondo lo stesso ritmo. Si sente frustrata e sempre più stanca. Le mani dei ragazzi stringono le sue e le impongono il giusto grado di forza con cui masturbare i cazzi mentre quelle del compagno davanti la prendono per la nuca e la tirano fortemente in avanti. Fa resistenza e ogni volta che il pene le invade la gola troppo profondamente, geme e cerca di divincolarsi. Le sue mani si muovono freneticamente lungo i cazzi e lei non può far altro che assecondare le voglie di quegli assatanati.

Il cazzo che ha in bocca erutta una quantità modesta di sperma, mentre poco dopo la sommergono i getti più copiosi, prodotti dai ragazzi al suo fianco. Sente gli schizzi colpirla ovunque e non può far nulla. è in preda alla disperazione: mentre lo sperma si riversa sulle braccia sente come cola abbondante fino ai gomiti. Tolto dalla bocca il cazzo che la riempiva, i due ragazzi la obbligano a succhiarli a loro volta e la lasciano solo dopo che si sentono soddisfatti e con i loro attrezzi puliti.

‘Sei la peggiore cagna che abbia mai conosciuto.’ La voce insultante di uno del branco la fa avvampare ancora per la vergogna esaltata dal desiderio pazzesco che sente salire dal suo addome, mentre i capezzoli, durissimi ed eretti all’inverosimile, le procurano un dolore forte ma piacevole.

Combatte interiormente per non piangere. Sente gli occhi gonfiarsi di lacrime ma non vuole darla vinta a quella banda di bastardi violentatori. Sta tremando come una foglia, ma solo un gemito le sfugge. è fermamente decisa a non farsi vedere debole davanti a loro. Si sente umiliata e disperata. ‘Per quanto ancora deve andare avanti?’ è la domanda senza risposta che non l’abbandona un istante..

‘Sdraiati cagna! Facci vedere come ti spalmi la sborra!’

Demoralizzata, esegue l’ennesimo ordine umiliante, sperando che sia l’ultima degradazione che deve subire. Si ricorda che sta spalmando lo sperma di questi sconosciuti su quello del fratello. Si chiede come potrà affrontare nuovamente la classe con tutta quella schifezza addosso, con l’odore che le arriva fin dentro alle narici. Continua ad andare avanti anche dopo che la ‘crema-di-uomo’ le si è rinsecchita addosso.

‘Ci hai nuovamente eccitati, troia! Facci vedere come sei capace a masturbarti.’

Non ne poteva più, di sopportare i comandi e quella voce. Tuttavia, quelle frasi le procurano un’altra scossa di desiderio. Con voglia malcelata, allarga le gambe e si passa le mani lungo il taglio della figa. Si stupisce di sentirsi calda e bagnata. Dopo aver sondato per alcuni istanti fra le pieghe del proprio sesso e inumidito il dito, incomincia a masturbare il clitoride.

‘Sei proprio una cagna! Guardate come è bagnata!’ I ragazzi tutti ridono all’unisono. ‘Ti sei eccitata solo ad aver succhiato cazzi! Sei proprio una troia, Giuseppina!’

Sa che sta toccando il fondo, ma non riesce a vedere come potrebbe uscirne. Le torna in mente che i suoi torturatori sono quasi tutti dei compagni di scuola e ciò le fa provare un senso di frustrazione crescente, che tuttavia contribuisce ad aumentare ancora di più, se possibile, il desiderio spasmodico che la pervade. Il calore che si spande in lei sgorgando dall’utero la sta stordendo, portandola sempre più in alto, sempre più vicina al piacere. Accelera involontariamente, e sempre più velocemente il movimento delle le dita sul clitoride, mentre l’orgasmo monta in lei.

D’improvviso, la sua mano viene fermata ed allontanata dal grembo. Un gemito di disappunto le esce dalla bocca. Trema e respira con difficoltà.

‘Troia!’ Ancora la stessa voce sibilante. ‘Siamo qui per il nostro piacere, non per il tuo. Alzati, che ti vestiamo!’

Confusa e turbata, con le gambe tremanti, si lascia mettere in piedi. Disperata e con le viscere in subbuglio, non poteva credere che la lasciassero in quello stato. Si sentiva tutta un fuoco. Sentiva che la figa, spasmodicamente palpitante, sta impazzendo dal bisogno ormai incontrollabile di un orgasmo liberatore. Anche l’abitino, scorrendo lungo la pelle mentre se lo infila, la fa tremare. Stringe i denti e le labbra, che sente tremare come tutto il resto del corpo.

Una volta vestita, le palpano il sedere e più volte la fanno fremere e gemere stringendole i capezzoli attraverso il leggero tessuto del vestito. Vuole godere, è allo spasimo, con il cuore che batte impazzito e il fiato corto. La sua figa è un lago, ed i palpiti che la scuotono rintronano nel suo cervello, come un rullare di tamburi.

Si sente la testa girare e si lascia guidare fuori da quel luogo angusto. In cima alle scale, respira liberamente e l’aria fresca la colpisce molto piacevolmente, malgrado che nel cielo splenda un sole caldo. Non si era accorta di essere tutta sudata ed ancora fortemente accaldata: il refrigerio che ricava dall’aria fresca le procura sensazioni finalmente pulite e meravigliose. Arrivata al solito posto in cima alle scale, viene lasciata sola davanti al portone. Conta mentalmente fino a 60 poi si toglie gli occhiali e senza voltarsi resta ancora immobile. Il sole la colpisce e le occorrono alcuni istanti per riprendere completamente la vista.

Si sente tutta sporca e appiccicosa. Si aggiusta il vestito e lo abbassa, prendendo l’orlo con solo due dita per non sporcarlo ulteriormente, e poi si avvia all’interno della scuola. Le piace la sensazione che prova ad essere nuovamente vestita. Non pensa che è senza intimo e che alcuni ragazzi l’osservano, ancora, attentamente, mentre lei sfila davanti a loro.

Come di consueto, si infila dentro al bagno e specchiandosi scopre con orrore che ha il vestito abbottonato sì, ma del tutto storto. Un seno è, praticamente, completamente scoperto, e non vuole neppure immaginare quanto possa essere visibile, con ogni probabilità, anche parte di una delle natiche e la figa. Frettolosamente si sbottona per riaggiustarsi, non accorgendosi che una compagna la sta osservando interessata. Ora che è semi nuda si guarda le striature di secco sperma che le è rimasto addosso. Si lava la faccia e visto che c’è, cerca di darsi una rinfrescata anche alle ascelle, al collo e alle braccia.

Come si rialza dal lavandino, scopre con rammarico che la carta per asciugarsi è finita, e si volta, semi bagnata, per usare la carta igienica. Si accorge della presenza della ragazza e rimane come folgorata ed immobile: è lì, seduta su un vecchio tavolino, intenta a fumare una sigaretta. Non si scompone. Si limita ad osservare Giuseppina e dopo aver aspirato profondamente una boccata di fumo, le sorride mentre lo esala dalle narici.

Giusy è mezza bagnata e se cercasse di coprirsi inzupperebbe anche il vestito, rendendolo ulteriormente trasparente. Abbassa la testa e si infila nel bagno asciugandosi frettolosamente.

Con gli occhi semi chiusi, per qualche attimo e con lo sguardo sognante assapora l’odore del fumo che aleggia nel bagno, con la voglia di poter avere una sigaretta fra le labbra.

Con orrore nota che i suoi copiosi succhi vaginali hanno ruscellato fino a metà coscia. Si asciuga delicatamente posando la ruvida carta sulla figa fradicia. Freme ed ancora una volta, si chiede, angosciata, come farà a superare il resto della settimana che le rimane.

Si riabbottona partendo con attenzione dal basso. Risalendo, non può fare a meno di notare come i capezzoli durissimi spicchino attraverso il tessuto. Se ne vergogna e sente le guance ancor più calde. Una sensazione di nausea la disturba: prova a vomitare, ma non ci riesce. Ed allora, con una smorfia di disgusto esce dal gabinetto. Malgrado abbia fatto ogni sforzo per tentare di pulirsi, si sente ancora sporca e appiccicosa ed ha paura che l’odore pungente ed inequivocabile di sperma sia così forte da farsi sentire per tutta la scuola.

La compagna è sempre lì, che si lava le mani. Interdetta, le si avvicina e si curva sul lavandino per bere alcune sorsate d’acqua, per provare a togliersi dalla bocca il forte gusto di sborra. Quando si rialza, un rigurgito la fa star male.

L’altra ragazza la guarda e le sorride.
‘Riconosco quella faccia, so cosa stai provando.’

Preoccupata, Giuseppina la guarda a sua volta con le guance che avvampano di un rosso fuoco.

‘Certi ragazzi non capiranno mai. Loro, dopo aver goduto, ci mollano, lasciandoci sempre insoddisfatte.’

Giuseppina è spaventata. Il cuore le batte all’impazzata, mentre ora che può osservarla, la riconosce come una delle ragazze, Roberta, che come lei è all’ultimo anno di scuola.

‘Non ti preoccupare. Non ho visto nulla. In ogni caso devi dire al tuo fidanzato che ti deve avvisare, quando sta per venire.’ Ride mentre si volta per recarsi verso l’uscita. ‘Se hai voglia di provare qualcosa di diverso, cercami.’ Le strizza l’occhio e tirando fuori la punta della lingua le fa vedere un piercing che successivamente blocca fra i denti.

Il suono della campanella le riporta entrambe alla realtà:
‘Ricordati che abito vicino alla chiesa. Ci vediamo domenica come sempre, o salti anche questa settimana?’

‘Io… Io…’ Balbetta Giuseppina, imbarazzatissima per la proposta inequivoca che le è stata fatta, e si accorge di non sapere cosa rispondere.

Con un sorriso la compagna esce dal bagno mentre lei resta interdetta, ferma ad osservare la porta che si richiude. Si sente bruciare tutto il suo corpo per un nuovo, devastante impeto di desiderio. ‘Dio’ pensa- ‘ho voglia, una voglia pazza di godere!’

Si guarda allo specchio. Si aggiusta i capelli e non può far a meno di notare come i capezzoli sempre dritti e terribilmente duri, spingano il leggero tessuto.

è in ritardo.

Corre.

Maxtaxi
Un grazie particolare a Gianfranco per i suoi suggerimenti.

Aiutatemi a migliorare. Aspetto le vostre critiche.
Sono in attesa delle vostre proposte e suggerimenti da inserire nei prossimi capitoli’

taximassimo@yahoo.it ‘ mail e msg nelle poche volte che sono collegato.

Questo romanzo non deve essere riprodotto elettronicamente o a mezzo stampa senza la mia autorizzazione scritta.
This novel should not be reproduced electronically or in print with out my written permission.

Ultima correzione 06/03/2008

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