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Racconti di Dominazione

Mia sorella Giuseppina 42

By 29 Aprile 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Giuseppina, così bella, così innocente, commette un errore. Pensa che sia tutto finito, ma è in agguato il fato..
Lui vede subito la possibilità di poter trarne vantaggio.
La storia si divincola nei giorni che si susseguono. La piccola giovane Giuseppina non sa cosa le accadrà..
Leggete e scoprirete..

Mia sorella Giuseppina Nr. 1
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Mia sorella Giuseppina 42

Giuseppina si avviò verso l’ aula, sperando che l’insegnante non avesse ancora cominciato la lezione. Se la cattedra fosse stata ancora libera, i ragazzi sarebbero stati ancora in pieno casino, e lei avrebbe avuto la possibilità di intrufolarsi tra loro, senza dar troppo nell’occhio. Il problema del suo abbigliamento non sarebbe certamente scomparso ma, almeno, l’attenzione di suoi compagni non sarebbe stata puntata del tutto su di lei.

Appena passò la soglia, le sue speranze caddero miseramente: la professoressa era lì, di fianco alla lavagna, come ogni mattina. Le rivolse uno sguardo nel quale si leggeva un freddo rimprovero:
‘Hai dimenticato l’orologio a casa, per caso?’

Se ce ne fosse stato ancora bisogno ‘ ma non ce n’era: Giuseppina sentiva già su di se gli occhi puntati, increduli e molto interessati di tutta la scolaresca ‘ la frase della Signora Cappelli avrebbe fatto di lei una specie di parafulmine, capace di attirare a sé, al suo bel corpo l’attenzione più sfrenata e morbosa.
‘Ti sei alzata molto tardi, oggi? Vedo che ti sei preparata di fretta: Ti sei dimenticata, praticamente, di vestirti’.’

Ci fu, immediatamente, un rincorrersi frenetico di risatine molto eccitate: Giuseppina sentiva una quantità di occhi attaccati sul suo seno e sulle cosce. Per di più, mentre si avviava al suo banco con il viso rosso ed in silenzio, il passo veloce procurava l’apertura della gonnellina mezzo slacciata, ed il pube depilato e solcato da uno spacco delizioso, faceva bella mostra di sé, causando deglutizioni forzate ai ragazzi delle ultime file. Uno dei maschi, mentre passava, spinse in fuori il braccio per sfiorarle il fianco, senza far nulla per non farsene accorgere, ciò che provocò altri risolini divertiti ed una blanda, molto blanda reprimenda della professoressa, che non riusciva, neppure lei, a trattenere l’ilarità, sotto l’esibita severità cui il suo ruolo la obbligava.

Il tempo non passava mai. Le sei ore di lezione risultarono un calvario senza fine, per Giuseppina che, tuttavia, non poteva evitare di sentirsi terribilmente eccitata dalla situazione. Sarebbe voluta sprofondare sottoterra ma anche potersi carezzare per dare un po’ di sollievo alla sua figa palpitante. Durante il primo intervallo corse nei bagni, si chiuse dentro uno dei separè e la sua mano destra corse subito a strofinare freneticamente il clitoride che sporgeva in fuori con una rigidità che lo faceva assomigliare al modello di una prua di nave. Il liquido secreto era talmente abbondante, da farle temere che qualcuna delle compagne, entrando dopo di lei, avrebbe potuto perfino pensare che si fosse urinata addosso, nel vedere la pozza di liquido che era colata per terra, prodotto dalle sue ghiandole supereccitate.

Il sollievo risultò assolutamente momentaneo. Tornata al suo banco, Giuseppina continuò a sentirsi bersaglio di sguardi avidi. Vedeva i ragazzi tormentarsi senza ritegno la patta dei pantaloni; ma anche alcune delle loro compagne tendevano a sfregare le cosce con frenesia, dopo averle dato un’occhiata di traverso, fintamente distratta.

Gli intervalli successivi non le consentirono di alleviare in alcun modo, ancora, la tensione: l’intera classe l’aveva circondata ed isolata con varie scuse banali come quella di commentare in maniera assolutamente insulsa l’andamento delle varie lezioni. Giuseppina si rese conto che solo l’ambiente scolastico la salvava ‘ ma sino a quando? ‘ da un assalto concentrico e violento.

La risposta arrivò subito dopo la fine dell’ultima ora. Mentre si avviava all’uscita percorrendo l’ultimo corridoio, la ragazza venne circondata da un gruppo di suoi coetanei, alcuni dei quali maschi, benché a loro si fossero unite anche alcune delle femmine. In maniera cortese, ma decisa, malgrado le sue proteste ‘ deboli, bisogna dire: sapeva cosa stava per succedere, ed il suo corpo era diventato un illanguidito vulcano – la costrinsero a dirigersi verso la porticina che dava accesso allo scantinato nel quale erano installate le caldaie per il riscaldamento. La spinsero dentro con decisione e l’ultimo chiuse la porta per poi bloccarla con un passante interno. In men che non si dica, Giuseppina si trovò al centro di un anello formato dai ragazzi. Fu proprio una compagna poco più grande di lei, ad avvicinarsi e ad allungare le mani per sbottonarle il vestitino, lo sguardo eccitatissimo.

‘Lasciami, lasciatemi andare!’ Gridò Giuseppina con le lacrime agli occhi. Le mani contratte sul corpo per difendersi dall’attacco, aveva lasciato cadere a terra il pacco dei libri. Laura, la compagna che aveva iniziato a slacciare i bottoni tentò di allontanarle, ma Giuseppina le strinse sulle tette ancora più forte. Allora si avvicinò uno dei maschi, Federico, un ragazzo che le piaceva, ma che in quel momento aveva la faccia stravolta dal desiderio. Allungò la mano per continuare l’opera già iniziata ma Giuseppina, istintivamente, allontanò anche la sua mano. Un attimo dopo le arrivò, sulla guancia destra, uno schiaffone che le fece girare la testa. Provò il desiderio spasmodico che fosse presente Tonino: ‘Mi considera una cosa sua’ pensava, ‘quando siamo insieme me ne combina di tutti i colori; ma se lui fosse qui, ora, non permetterebbe che accadesse questa cosa tremenda’.
Eppure, quello schiaffo non le aveva procurato solo dolore: il colpo violento aveva scatenato dentro di lei nuovi desideri, simili a quelli che aveva provato quando, appoggiata sullo sgabellino, nello Studio del padre, aveva sentito la sua mano, bruciante, abbattersi ripetutamente sulle sue natiche e sulla delicatissima pelle delle cosce.

Abbassò, rassegnata, le braccia. Le arrivarono addosso in due. Il vestito cadde in un solo attimo, lasciandola del tutto nuda.

‘Cosa credevi?!’ Le sussurrò Federico. ‘Pensavi proprio di poter venire a scuola con tutto quel bendiddio in esposizione, senza che ti succedesse nulla?’

Non aveva più la forza di reagire. Cominciò a sentire mani dappertutto, sul suo corpo. Dita giovani che si infilavano in ogni suo pertugio, carezze che la percorrevano dal collo sino al pube, per poi fermarsi lì, sulla sua figa, per titillarle il clitoride, mentre altre, come pinzette, le artigliavano i capezzoli procurandole un forte dolore ma aumentando a dismisura la sua eccitazione. Le sue cosce erano ormai percorse da fiumi di secrezioni. Un altro ragazzo, Paolo, le tenne per qualche secondo la mano tra le gambe, chiusa a coppa, e raccolse in un attimo una bella quantità di umori che poi lappò con avidità. Uno inumidì l’indice passandolo sulla vulva bagnatissima, per poi spingerlo improvvisamente nel piccolo ano, facendola gridare per il dolore improvviso.
‘Avevo ragione, avete visto?! Guardate in che condizioni è! Non vedeva l’ora di essere pastrucciata in questo modo, proprio come una troia!’ Giuseppina riconobbe la voce: era quella di Elisabetta, una di un piccolo gruppetto di studentesse che passavano per essere delle santarelline, tutte ‘Scouts’. Ma Giuseppina sapeva bene, da uno dei Capi del Reparto cui Sara 2 apparteneva,che la delicata, pura fanciulla, durante i Campi, quando tutti i lupetti erano addormentati, si infilava in un sacco a pelo già pieno almeno di uno dei Rover, per farsi confortare adeguatamente. Doveva essere stata proprio lei, ad organizzare il party. Ed infatti, la sentì dire dopo un attimo:
‘Adesso fatevi da parte per cinque minuti: devo essere pagata. E bene.’

I ragazzi si scostarono tutti, chiaramente a malincuore. Sara 2 ‘ la chiamavano tutti così, quella Santa puttanella ‘ le si avvicinò e si tolse la T-shirt che portava, mettendo allo scoperto due splendidi seni, non enormi, ma perfettamente dritti, i cui capezzoli sembravano tesi a bucare perfino le pareti di quella stanza disadorna ed inospitale, ma pur sempre riservata. Le circondò le spalle con un braccio e la strinse a se, curvandosi poi per appoggiare la sua bocca su quella di Giuseppina, che tentò di tirarsi indietro. Un piccolo, dolorosissimo morso sul labbro unito ad una pinzatura del capezzolo sinistro, inferto con le unghiette affilate, la convinsero a smettere di resistere ed a lasciare che la compagna facesse ciò che voleva. D’altronde, quando Sara le infilò la lingua in bocca, intrecciandola alla sua, Giuseppina sentì una nuova e più potente vampata di calore salire dal ventre, facendoglielo contrarre sotto la spinta di un desiderio devastante. Nel frattempo, due dita dell”..amica le si erano infilate nella vagina alla sapiente ricerca del Punto ‘G’. Quando la piccola zona venne sollecitata in una maniera che solo un’altra donna sensuale avrebbe potuto conoscere, Giuseppina sentì scatenarsi un orgasmo come poche volte aveva provato, da quel giorno lontano nel quale aveva cominciato a provare lo stimolo a carezzarsi là, dove ogni piccolo tocco le procurava brividi deliziosi. Le gambe le si piegarono e lei – sorretta per alcuni secondi, sinchè qualcuno realizzò velocemente un piccolo giaciglio con il suo vestito ed i maglioni di alcuni dei suoi compagni – venne adagiata in terra. Furono prima le tre ragazze del gruppo, a spogliarsi rapidamente, per poi accosciarsi tra le sue gambe, a turno, per leccarle amorosamente la figa. Mentre una era intenta al piacevole lavoro, un’altra si accosciava sulla sua bocca, chiedendo il medesimo ristoro per la propria carne bollente. La terza si inginocchiava vicino a Giuseppina, per poi portarsi la sua mano sulla vulva, per farsi sditalinare.

L’eccitazione dei maschi era arrivata a limiti incredibili. Le patte dei pantaloni erano tutte spalancate. Nei pochi momenti in cui la ragazza riusciva faticosamente a socchiudere gli occhi, vedeva attorno a sé uno schieramento di cazzi di ogni forma e dimensione, tenuti tra mani che si agitavano sempre più velocemente, sinchè un fiore bianco non compariva sul loro apice per poi schizzare sul suo corpo e su quelli delle altre fanciulle accosciate od inginocchiate vicino a lei. Gli occhi lucidi delle quattro ninfe dimostravano la loro voglia impazzita. Fu Renata, quella che in quel momento stava facendosi leccare da Giuseppina, a chiedere a Federico, quasi implorante, di scoparla sino a farla morire.

Fu uno scatenamento generale: i ragazzi si scagliarono sulle quattro compagne. Giuseppina sentiva i cazzi vigorosi penetrarla in figa ed in culo, mentre altri membri si alternavano incessantemente dentro le sua bocca. La sua eccitazione era arrivata a limiti di vero e proprio parossismo. I gemiti ininterrotti delle altre tre ragazze la facevano impazzire e, come in una reazione a catena, sentiva i propri orgasmi, di cui ormai non teneva più il conto, donarle livelli di piacere sempre più intensi. Ad un certo momento, praticamente svenì, per l’intensità del piacere che provava. Si riprese, accorgendosi che l’ultimo pene stava uscendo dal suo corpo.

Fu in quel momento che si sentì una voce estranea, adulta, dire, con accento soddisfatto:’Bello spettacolo, proprio bello!. Grazie, ragazzi. E voi, troiette, vedrete che vi ricompenserò come neppure potete immaginare.’ Il bidello, vicino alla porta, osservava divertito ed ansante. Il suo cazzo, ormai moscio, pendeva dalla patta dei pantaloni tutto coperto del suo stesso sperma.
‘Tu, troietta maggiore,’ sogghignò, rivolto a Giuseppina ‘non dimenticarti gli impegni’scolastici mi raccomando, altrimenti dovrò parlarne col Preside. Non aspetta altro, te l’assicuro.’ Lei sentì nuovamente il suo viso avvampare, ma stavolta per motivi del tutto diversi.
Poi tutto finì. I ragazzi, soddisfatti, esausti, si rialzarono e si ricomposero. Le ragazze, impiastricciate sino a capelli di sborra, si reinfilarono alla meglio reggiseno e mutandine, magliette e calzoni. Giuseppina era rimasta a terra, esausta per i troppi orgasmi. Poi Paolo le si avvicinò e l’aiutò a rialzarsi. Raccolse il vestito da terra e glielo diede.

‘Rivestiti’, le disse con distacco raggelante, ‘altrimenti ti prendi un accidente.’ In effetti, Giuseppina stava tremando come una foglia, un po’ per l’improvviso crollo della tensione, molto per il freddo che permeava quel locale semisotterraneo. Facendo appello a tutte le poche forze residue, si rimise l’abitino, facendolo entrare dalla testa. Ma anche il vestito, che stava scorrendo lungo la pelle la faceva tremare. Strinse i denti e le labbra, che sentiva tremare come tutto il resto del corpo.

Ansante, Giuseppina cerca di guardarsi attorno, vede solo il buio e il led luminoso della sveglia: 3:47 indicano i numeri. Si muove con fatica, sente uno strano umido fra le gambe ed allora accende la luce sul comodino. Spalanca le cosce e si osserva, pensando di vedere i segni della mestruazione, nota solo il viscido dei propri fluidi. Sperava nel tanto atteso ciclo che oramai ha assunto ritardi notevoli e preoccupanti. Neppure lei sforzandosi, riesce a ricordare la data precisa dell’ultimo
flusso. Si passa la mano lungo il solco fra le gambe e geme. Tremante si mette a sedere sul letto e lo struscio delle lenzuola sulla carne nuda della vulva la fa tremare tutta.

Per quanto strano, si deve autoconvincere di aver avuto almeno un orgasmo. Un sogno l’ha fatta venire intensamente. Ansante, si reca in bagno e dopo essersi data una lavata alla faccia urina quel poco che riesce a fare. Pensa alla giornata precedente: per tutto il giorno aveva succhiato cazzi ma non aveva goduto una sola volta. Anche nel parcheggio del ristorante Tonino aveva voluto che lo soddisfacesse di bocca. Una volta arrivati a casa, suo fratello, prima di dormire, l’ha obbligata nuovamente a succhiargli il cazzo fino a che non è venuto, svuotandosi nella sua bocca.
Pensa a quando è entrata in sala al ristorante, allo sguardo divertito del fratello nel vederla camminare con un abito che non nascondeva nulla della propria nudità. Non si è mai sentita così umiliata. Sua madre le ha rivolto uno sguardo severo che l’ha fatta raggelare.

Ora osserva il letto disfatto e passa la mano sulle lenzuola. La macchia bagnata è enorme. Si porta la mano al naso e l’odore acre le dice che ha anche urinato, oltre ad aver goduto. Si sente ancora le viscere in subbuglio.
‘Cosa faccio, adesso?’ Si chiede preoccupata. Anche cambiando le lenzuola il materasso sarà bagnato e poi si sente tanto stanca. Prende una coperta e la stende sul letto. Poi si mette una tuta e con questa si infila fra le pieghe della coperta. Forse il calore del suo corpo farà asciugare il letto, almeno un poco si dice fra se.

Con la testa posata sul cuscino, cerca di rammentare il sogno traditore e, finalmente, lo rivive tutto, mentre un fremito la assale. Sente le farfalle scorrerle nella pancia solleticandole anche il clitoride. Si morde un labbro pensando alla mail inviata dal Sig.X: ‘Niente masturbazione.’ Sa che ha disobbedito anche se inconsapevolmente e, spera che quell’uomo misterioso non lo venga a sapere. Chissà quanto crudele potrebbe essere la punizione.

Un grazie a Gianfranco, contributo et opera’omnia di un grande amico e mentore..

Maxtaxi
Un grazie particolare a Gianfranco per i suoi suggerimenti.

Aiutatemi a migliorare. Aspetto le vostre critiche.
Sono in attesa delle vostre proposte e suggerimenti da inserire nei prossimi capitoli’

taximassimo@yahoo.it ‘ mail e msg nelle poche volte che sono collegato.

Questo romanzo non deve essere riprodotto elettronicamente o a mezzo stampa senza la mia autorizzazione scritta.
This novel should not be reproduced electronically or in print with out my written permission.

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