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Racconti di Dominazione

Noi, mamma e padron Salvo

By 15 Gennaio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Che le cose non funzionassero bene tra papà e mamma lo avevamo capito. Litigate, pianti e strepiti erano all’ordine del giorno. Poi, improvvisamente, le cose erano migliorate. Avevano capito che era finita, se n’erano fatti una ragione e ognuno aveva iniziato a fare la propria vita. Avevano iniziato ad uscire la sera, uno per volta: una sera la mamma fuori con qualche amica (o qualche amico) e papà a casa, con me e mia sorella più piccola. La sera dopo fuori il papà, con qualche amico (o qualche amica), e mamma a casa con noi. Non che ne avessimo bisogno, perché io avevo già 21 anni e Daniela 19, ma non volevano lasciarci sole. Poi le cose erano cambiate di nuovo: mamma non usciva più. Le sere, e le nottate, le passava a casa, a chattare. Di giorno era strana: assente, svanita, quasi imbambolata. Distratta. Ma sembrava rifiorita nonostante i suoi 46 anni. Dopo qualche mese, di punto in bianco, prese qualche giorno di ferie, e ci annunciò che andava a trovare un’amica a Roma. Tornò ancora più ringiovanita, ma ancora più svanita. Il suono del telefonino, anche solo per un messaggio, la faceva andare in bambola. Leggeva, e poi si chiudeva in bagno. A fare cosa io e Daniela, nelle nostre interminabili conversazioni notturne, l’avevamo capito. Una sera di aprile, quando era papà ad essere in ‘vacanza’ per qualche giorno, ci chiamò, e ci fece sedere attorno al tavolo. Aveva il fiatone, era imbarazzata. ‘Ragazze’volevo dirvi questo’, e si fermò a riprendere fiato. ‘Domani viene a trovarmi per qualche giorno un mio amico’ starà qui, da noi’. Faceva una fatica incredibile a dire una cosa che a me e Daniela sembrava scontata: aveva trovato un uomo, e ce lo voleva presentare. ‘Guarda che abbiamo capito ‘ dissi io ‘ Hai trovato un altro uomo. Se sei felice tu, lo siamo anche noi’. Credevo di averla tolta d’impaccio, ma non era così. ‘Sì, Sara, sì’ &egrave un uomo che ho conosciuto e che frequento da qualche tempo. Anche se ci siamo visti poco, perché vive in Sicilia’. La Sicilia. Per noi che abitavamo vicino a Como e di mondo ne avevamo visto poco sembrava un posto irraggiungibile. ‘Ma non &egrave solo il mio uomo’ &egrave il mio”. Non capivamo. ‘Il mio’ il mio tutto. Il mio padrone’..’. Disse le ultime parole sottovoce, quasi sussurrandole. Io e Daniela ci guardammo, stupite. ‘Come il tuo padrone?’. ‘Nel senso che mi sento sua, completamente sua. Non posso negargli niente. Non so come spiegarvi. Ve lo dirà lui, domani sera, quando arriverà in aereo’. Il giorno dopo mamma era in preda ad una frenesia incredibile. Finalmente uscì per andarlo a prendere. Aveva delle scarpe col tacco altissimo: non gliele avevamo mai viste. E anche la gonna così corta non l’aveva mai messa prima. Uscì di corsa. Qualche tempo dopo telefonò a casa, dicendo che il volo aveva avuto un ritardo. Lei e Salvo (così si chiamava il suo uomo) sarebbero arrivato solo in tarda serata. Ma lui voleva cenare con noi, per cui ci disse di preparare qualcosa. Finalmente arrivarono. Notai subito una cosa strana. Mamma aveva in mano un pezzo di stoffa nero. Così, a prima vista, pensai ad un paio di slip. Ma l’idea di mamma senza intimo non mi convinceva proprio. Poi entrò Salvo. Portava bene i suoi 63 anni. Capelli bianchi, immacolati, lunghi. Lo stesso colore della barba che gli contornava il volto. Due occhi azzurri come non se ne erano mai visti. Qualche chilo di troppo, forse, ma che dall’alto del suo metro e ottanta e fischia non sfiguravano. E una voce calma, tranquilla. Che ti entrava dentro. Io e Daniela non riuscivamo a staccargli gli occhi di dosso. Ci diede la mano dicendoci: ‘Siete proprio due belle fighe. Come mi aveva detto vostra madre’. Un complimento strano, per uno che si presentava come l’uomo di mamma. Daniela era arrossita, e ridacchiando gli aveva risposto: ‘Grazie’. Io ero rimasta senza parole. Ma quel complimento, che pure mi sembrava fuori luogo, mi aveva fatto un piacere enorme, lasciandomi una strana sensazione di calore dentro. E la stessa sensazione me l’avevano ribadita gli occhi umidi con i quali nostra madre ci guardava. Ci sedemmo tavola. Mamma correva tra tavolo e cucina per portare e riportare piatti. Salvo, quando le passava vicino, non perdeva occasione di infilarle una mano sotto la gonna. Lo faceva senza curarsi che noi non lo vedessimo. E se anche ci fossero sfuggiti quei gesti, certo non ci poteva sfuggire lo sguardo estasiato di mamma quando lui la toccava. Quando non era in piedi, stava seduta accanto a lui fissandolo adorante. Gli riempiva il bicchiere, lo accarezzava, gli si strofinava addosso. Alla fine Salvo disse: ‘La cena &egrave stata ottima. Ora voi ragazze sparecchiate. Io voglio andare a letto con vostra madre’. Lei si alzo di scatto e, sculettando, si diresse in camera da letto, seguita da Salvo che continuava ad accarezzarle il culo. Io e Daniela sparecchiammo, mettemmo tutto in lavastoviglie e ce ne andammo a letto. Era tardi, e il giorno dopo avevamo lezione e dovevamo partire presto. Quella notte la porta della stanza di mamma restò aperta. Per molto tempo sentimmo i suoi gemiti, sentimmo lui che la chiamava troia. Sentimmo lei che lo suppliva di scoparla. Sentimmo lui che le diceva cosa fargli e come farglielo. La cosa ci divertì. Ci addormentammo sorridendo di quanto stava succedendo.
Commenti e quant’altro: iosonosaretta@libero.it
Finite le lezioni non avevo troppa voglia di tornare a casa. Volevo starmene un po’ da sola, riflettere su quanto stavo accadendo. Telefonai a mamma per avvisarla che avrei fatto tardi: ‘No, no, non puoi. Devi arrivare presto. E dillo anche a Daniela. Salvo vuole parlare a tutte e due’. Non riuscii a dirle di no. Chiamai Daniela mettendola al corrente. Prendemmo insieme l’autobus per tornare a casa: cercavamo di capire cosa mai volesse Salvo da noi. Ci convincemmo che la sera prima si era comportato in maniera strana perché era stanco per il viaggio, che avevamo visto le cose più grosse di quanto erano in realtà. Che avevamo capito male, insomma. E che, forse, l’annuncio che ci doveva fare era che lui e mamma volevano mettere su una relazione più stabile. Forti di queste convinzioni arrivammo a casa felici e sorridenti.
Salvo era seduto sul divano, in salotto. Mamma in piedi accanto a lui. Si grattò la barba quando ci vide davanti a lui, e poi la sua mano si infilò sotto la gonna di mamma. E vedevamo che a lei questa cosa non dispiaceva affatto. ‘Allora, ragazze, devo dirvi una cosa molto importante. Io amo profondamente vostra madre’. Ecco, quello che ci aspettavamo. Non so perché, ma tirai un sospiro di sollievo. ‘Anche se si tratta di un amore complicato, totale’. Il respiro si fermò in gola. ‘Doveva spiegarvelo lei, ma non &egrave stata capace, vero Antonietta?’.
‘E’ vero’
Spostò i suoi occhi su di lei: ‘E perché non sai stata capace?’.
Mamma non parlava.
‘Non sei stata capace di spiegarlo perché sei solo una vacca scema. Vero?’
D’un tratto mi resi conto che respirare, per me ma anche per Daniela, diventava un problema.
‘E’ vero’
‘E’ vero cosa?’
‘Che sono una vacca scema’, disse mamma con un filo di voce.
‘Non ho sentito’
‘Sono un vacca scema’
‘Dillo bene’, disse con un tono deciso, che non ammetteva repliche.
Mamma alzò gli occhi e li piantò nei nostri: ‘Sono una vacca scema’.
‘Bene. Ma sono certo che loro lo sapevano già. Vero ragazze che lo sapevate?’
‘Sì, mamma &egrave una vacca scema’. Daniela aveva parlato prima ancora che io riuscissi a pensare qualcosa. Mi voltai per chiederle cosa diavolo stava dicendo. Ma dalla mia bocca uscì solo un: ‘Si, l’abbiamo sempre saputo che &egrave una vacca scema’ che mi sorprese.
‘Stabilito questo, dovete sapere che vostra madre si &egrave innamorata di me. Perdutamente. Le ho detto chiaramente che, se vuole stare con me, deve sapere che sono un uomo incontentabile. Non mi basta il suo corpo. Voglio tutto di lei’. Lo guardavamo stupite.
‘Non capite? Mi spiego meglio. Voglio la sua anima. Voglio il suo dolore’ disse alzandosi. Si piazzò davanti a mamma e le diede un ceffone con quelle sue mani enormi. Mamma, con le dita stampate su una guancia, gli prese la mano che l’aveva colpita, l’accarezzo e la baciò e, guardandolo, disse: ‘Per favore, ancora’. Il secondo ceffone arrivò ancora più sonoro del primo.
‘Io voglio che la mia donna soffra per me. Che mi regali il suo dolore per il mio piacere’. Si risedette: ‘E poi voglio la sua dignità’. Schioccò le dita e indicò il pavimento. Mamma si mise in ginocchio, e poi si piegò fino a toccare il pavimento con la fronte: lui gli mise i piedi sulla schiena, come fosse uno sgabello. ‘Voglio anche il suo tempo. La voglio con me. Non che mi interessi solo scoparla quando voglio, perché una troia da fottere la trovo in un attimo. Ma voglio potermi divertire con lei in ogni momento. Per questo domani si licenzierà, e verrà a vivere con me, in Sicilia’. Io e Daniela non sapevamo cosa pensare.
‘Ma siccome voglio tutto di lei, voglio anche voi. Lei vi ha regalate a me. Voi, il vostro corpo, la vostra anima, il vostro dolore, la vostra dignità, il vostro tempo. Pensateci su questa notte: domani mi direte cosa avete deciso. Se verrete, bene: penserò io a voi. Sono ricco abbastanza per mantenerne a decine di puttane. Se non verrete, scordatevi di vedere vostra madre. Se dovesse scegliere tra voi e me non avrebbe esitazioni. E non credete di trovare una sponda in vostro padre. Si sbatte un’altra donna, e non vede l’ora che voi vi leviate dai coglioni per portarsela in casa. E’ tutto chiaro?’. Facemmo sì con la testa, più per inerzia che per convinzione. ‘E adesso scusatemi, ma la mia Antonietta deve svuotarmi le palle. Domattina verrete da me per dirmi cosa avere deciso’. Io e Daniela facemmo dietro front, e ci rintanammo in camera.

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