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Racconti di Dominazione

Oltre il muro

By 19 Dicembre 2023No Comments

Non può mancare il buio, non può mancare un sottofondo adatto, non può mancare l’atmosfera folle e vagamente oscura che sappiamo costruire ogni volta.
Devo avere qualcosa di “mio” da aggiungere a quella stanza, scelgo io la musica e mi porto via qualche scatto di te.
La prima foto te la scatto così, prima della tempesta, quando l’aria non è ancora pervasa di quell’odore che lasciamo dopo ogni viaggio.
Dicono che le immagini si portino sempre via un pezzetto dell’anima del soggetto, ma solo se ne si ritrae anche lo sguardo.
Non voglio dirti di chi siano le note che sentirai, che ti accompagneranno in quel viaggio, di cui avrai memoria fino a consumarle come un vecchio nastro.
Voglio solo che entrino dentro di te prima di fare qualsiasi cosa, prima di avvicinarmi, di lasciarti reagire, di immaginare come sarà questa volta.
Saranno quelle note a sfiorarti per prime stasera, e saranno le ultime a lasciarti sola.
Saranno calde, saranno lievi e poi violente, diventeranno fredde come metallo.
Si faranno strada sotto la tua pelle, dove mai niente e nessuno è mai arrivato, decideranno se calmare o alimentare quel fuoco che ti vive dentro.
E tu non potrai fare niente, per la prima volta.
Eccole che arrivano, ti fanno dilatare le pupille, non te le aspettavi così.
Ti trovano impreparata, e non è da te.
Questo ti fa arrabbiare, non vuoi e non devi mai sentirti indifesa. Mai.
Non ti accorgi nemmeno quando arrivano giù in fondo allo stomaco e iniziano a scuoterlo.
Salgono su senza fermarsi davanti a niente, ti arrivano in gola, su fino alla testa, e ancora fino alle estremità di tutte le dita.
Ho deciso di bendarti, anche se non volevi. Lo so, non era nei patti, ma ti ho promesso che ti farò impazzire di un piacere forse mai provato in vita tua. Hai acconsentito.
Su mio primo ordine ti sei spogliata, lentamente, sotto il mio sguardo.
Ti lasci cadere in avanti, sprofondando tra le lenzuola.
Le note hanno sapientemente coperto le mie mosse, mi hanno permesso di avvicinarmi senza essere scoperto. Ora posso tutto.
Afferro sicuro le tue caviglie, le lego delicatamente portandole fin dietro la schiena, con una corda sottile, di colore nero.
Le tue mani assicurate alla testiera in ferro battuto, separate l’una dall’altra.
Voglio che non siano libere, ma che all’occorrenza tu possa usarle per inarcare il corpo verso l’alto, mostrandomi di sfuggita i lati del seno.
Il tuo viso premuto contro il cuscino cerca di catturare ogni minimo suono, vuole sapere dove sono, cosa sto per fare.
Le note spariscono, ma solo dalla tua percezione.
L’unico suono è il mio respiro, insieme al fruscio delle mie mani che scorrono dalle tue caviglie, fino alle ginocchia e ritorno, per finire sotto i piedi. Tremi.
Forse temi che scopra i tuoi lati terribilmente fragili.
Le mie mani massaggiano con forza ma con cura, rilassati, questo non è che l’inizio. Risalgono lungo i fianchi, insieme su entrambi i lati.
Definiscono le tue forme, mi fanno da guida per distinguerti meglio nell’oscurità.
Arrivano dietro le spalle, continuano a massaggiare, non sono mai state così calde.
Il mio corpo si appoggia alle tue gambe, ancora piegate dietro la schiena, non mi fermo e continuo a spingerle verso di te, ti sento gemere quando toccano il mio petto rimasto senza camicia.
Non hai neanche sentito i bottoni aprirsi qualche secondo prima, quando le mie mani hanno iniziato a muoversi.
La cintura è gelida contro le tue ginocchia, uno scatto improvviso pervade il tuo corpo, il primo vero brivido. Le mani sono arrivate fino alle tue, stringendole per qualche secondo.
Ora però solo due dita ripartono per tornare indietro, accarezzano i tuoi polsi, poi le braccia, le spalle, i lati della schiena che si inarca subito, i fianchi, i lati delle gambe che tentano senza successo di divaricarsi, ancora le caviglie, per poi passare all’interno e risalire verso l’alto. Rallentano.
Quando sfiorano quel calore umido, il ventre si ritrae d’istinto per un secondo, per poi tornare in cerca di quelle dita che lo stanno cercando.
Sono già fuggite, verso le rotondità posteriori, e ora non sono più solo due, ma le due mani intere, che stringono… e stringono… e stringono.
Ora fanno male, ti sfugge un gemito dalle labbra. Era quello che volevi.
Le tolgo via all’improvviso e mi alzo dal letto, rimango fermo. Silenzio.
Ecco di nuovo quelle note… Ti hanno portata dove non immaginavi, hanno sgretolato il muro.
Ti senti persa, indifesa, sola.
La solitudine non ti spaventa, ma non senza quelle pareti sicure dietro cui sei roccia invalicabile.
Sobbalzi quando ti afferro d’improvviso di nuovo le caviglie e le porto giù, al loro posto, lungo il corpo.
La mia bocca si avvicina lentamente e passa rovente sui piedi, su per le gambe, l’incavo tra i glutei, percorre la curva della schiena, nella sua parte centrale.
Quando arriva alla base del collo, anche il resto del mio corpo si adagia sul tuo, ti accorgi che non è più vestito, non ti spieghi come abbia fatto, ma senti il calore del mio ventre che preme a pochi centimetri dal tuo.
Cresce al contatto, come piace a te, e non accenna a smettere, mentre scosto i capelli e ti sposto la testa sul lato sinistro, la mia bocca vuole spazio.
Cerchi di muovere le braccia verso di me, ma non puoi. Solo io posso, e decido di stringerti a me con forza, infilando le mani tra te e le lenzuola nere, lasciando salire una mano verso il collo, passando al centro dei seni turgidi e caldi, fino a serrarsi sotto il mento, grantica.
L’altra scende verso il tuo intimo, arriva a sfiorarlo, passa oltre.
Vuoi con tutta te stessa che si fermi e inizi a regalarti un po’ del piacere che meriti, ma non è ancora il momento.
Decido di liberarti una sola mano, la destra. La benda resta al suo posto.
La mia voce ti coglie di sorpresa “Inizia a darti piacere da sola, molto lentamente” e tu esegui.
La mia mano, che prima era proprio lì, lascia il posto alla tua, e si sposta verso la tua bocca.
Indugia sulle labbra per qualche secondo, lo stesso fanno le tue.
Le infiliamo nello stesso istante, sentendo lo stesso umido calore.
“Se mi mordi le dita, stringo il tuo collo”.
La tentazione è troppo forte per te e stringi immediatamente i denti, mentre io serro la presa.
Passano i secondi come minuti, prima che tu decida di lasciar andare quel gemito di piacere decidendo di mollare il morso, per farmi allentare la presa.
La tua mano destra non si è mai fermata nel frattempo, ed è ora di prenderne la guida.
Mentre la raggiungo con la mia, il mio respiro si avvicina al tuo collo, il calore ne inonda la pelle, ne vuoi di più.
Vieni a cercarlo più indietro e ti appoggio i denti sulla pelle, un piccolo morso ti fa impazzire, proprio nel momento in cui le due mani si ritrovano.
Appoggio il mio palmo sul dorso della tua mano, le dita corrispondono esattamente alle tue.
Lascio decidere a te con quali iniziare, ti seguo nei movimenti, entriamo insieme e la mia mano guida i movimenti della tua.
Ora scivolano l’una sull’altra, ormai inondate del tuo umore, e non si fermeranno per alcun motivo al mondo.
Il calore aumenta, i due corpi iniziano a muoversi all’unisono, i tuoi gemiti aumentano, cerchi di lasciare spazio alla mia mano, ma tengo la tua saldamente sotto la mia, il tuo corpo inizia a vibrare.
Non manca molto, sei quasi al culmine, ma non vuoi arrivarci da sola, non lo vuoi mai, e io lo so.
Ma questa volta decido io, e voglio farti godere per prima.
Voglio che tu sia già all’apice quando tra qualche minuto sarò dentro di te.
“Puoi parlare, dimmi una frase sola.” Con un filo di voce mi rispondi “Non fermarti, mi fai morire.”
Stavolta ti accontento e proseguo sempre più veloce e sempre più forte, finché non sento i tuoi respiri aumentare, ancora e ancora, i tuoi gemiti diventare più forti e lunghi, fino ad essere continui.
Voglio farti esplodere i sensi, letteralmente. Manca pochissimo, non mi fermo, come hai chiesto tu.
Ti porto esattamente dove vuoi, dove voglio, dove esplode il tuo piacere e inizia il mio.
Gli spasmi dei tuoi muscoli arrivano inconsulti, stringi le gambe attorno alle due mani in una morsa irremovibile.
L’esplosione arriva all’improvviso e ti scuote tutto il corpo per interminabili secondi.
Il respiro rallenta, la tua bocca è spalancata dal piacere.
Decido di liberarti anche l’altra mano, mollando per un attimo la presa sul collo per slegare la corda.
“Voglio che sia lei a guidarmi dentro di te, adesso.”
Rapida lei scende verso di me e conduce la mia erezione verso quelle bollenti e fluide labbra, facendolo entrare lentamente fin dove riesce a fermarsi.
Ora il mio respiro aumenta sempre di più, ma decido di essere lento, quasi esasperante.
Sei appena esplosa, e non voglio che succeda tutto troppo in fretta.
Entro ed esco, mi piace anche solo di qualche millimetro sentirlo fuori per poi affondare nel tuo calore, lentamente, molto lentamente. A te piace da impazzire e me ne accorgo subito. Così continuo.
Ora puoi sentirmi centimetro dopo centimetro, fibra dopo fibra, dettaglio dopo dettaglio, mentre le mie braccia continuano nella loro morsa imperterrita.
Con entrambe le mani tenti di indurmi ad accelerare, spingendo da dietro con tutta la tua forza, ma oppongo resistenza. Decido io quando.
Lascio passare un tempo infinito nel mio incedere lento e costante, il tuo piacere è ricominciato da zero e sta salendo sempre di più.
Ora è il momento, voglio che ci arrivi nel giro di poco, che sia ancora più esplosivo di prima, e che ci arriviamo insieme. Come sempre. Come piace a me.
Riparto sempre più velocemente, e questo ti fa perdere il controllo.
Le tue mani vanno ovunque, senza controllo. Il mio corpo si fa sempre più imponente su di te.
Ti impedisce qualsiasi movimento e questo per te è piacere puro.
Brividi gelano le gocce di sudore che ormai riempiono la pelle di entrambi, freddo misto a caldo confondono i sensi, stiamo per venire come non abbiamo mai fatto.
Gli ultimi secondi sono così intensi da svenire, decido di sfilarti la benda con i denti, ti volti verso di me e mi fissi indecisa se baciarmi.
Mi scappa un morso sulla tua lingua esattamente nel momento in cui dilaga il mio orgasmo, e dopo un secondo serri le unghie nella mia schiena, segnandomi la pelle, mentre divampa il tuo.
Con l’impeto di una cascata continuiamo a godere per un tempo che pare infinito.
Stavolta però non scappo subito. Resto dentro di te qualche minuto in più, ce lo siamo meritati.
Stai ancora tremando… non voglio farti smettere subito.
Ecco di nuovo quelle note, la musica non si è fermata.
Sono consapevole che quando scomparirà l’ultima flebile nota, il muro tornerà a rialzarti.
Non manca molto. Devo essere rapido a scappare via ancora, prima che si ricomponga.
È il momento per me di andare, non racconterò mai ad anima viva cosa ho visto e cosa ho ritratto dietro quel muro.
Non racconterò a nessuno come quelle note l’hanno demolito in pochi istanti.
È una promessa. Puoi stare tranquilla, niente o nessuno potrà mai abbatterlo come hanno appena fatto loro.

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