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Racconti di Dominazione

Paura

By 18 Febbraio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments


– Mhhh
Un gemito quasi impercettibile se non fosse stato per il denso silenzio in cui ogni cosa era immersa.
Il corpo trasmetteva segnali che il cervello, ancora troppo assopito, non riusciva ancora a decifrare.
Qualcosa non andava.

– Mhhhh

Le terminazioni nervose lanciavano impulsi attraverso la rete neurale, ma il cervello non era ancora pronto a riceverli.

Il segnale era chiaro: dolore.

La donna si mosse leggermente ed usci lentamente dal torpore di quella che sembrava una notte insonne.
Aprì gli occhi o almeno così credette.
Nero.
Si trovò a sbattere più volte le palpebre, per niente certa che i suoi occhi fossero veramente aperti.

– Ma dove mi trovo? Si chiese mentre cercava di ricordare dove e come fosse andata a letto. Non le vennero in mente le solite immagini della sera prima. Non le venne in mente niente.

Buio come il muro nero davanti ai suoi occhi.
Aveva la bocca arsa e la lingua dolorosamente gonfia.

– Devo aver bevuto un po’ troppo ieri sera! Ma’che giorno &egrave? Devo andare al lavoro?
Nonostante cercasse dei brandelli di ricordi che l’aiutassero a capire, non riusciva ad avere un’immagine chiara della sera precedente.

Un dolore intenso, ma sopportabile arrivava dalle estremità.
Il cervello cominciò ad analizzare le migliaia di informazioni che arrivavano contemporaneamente dal suo corpo.
Dolore, freddo, un lieve mal di testa.

Si spostò di lato per alzarsi dal letto, ma scoprì di non potersi muovere che di pochissimi centimetri.
In un solo istante uscì dal torpore e scoprì, per la prima volta nella sua vita, cosa significasse avere paura, lasciarsi sopraffare dal panico.

– Ma! Cosa significa! Perché sono legata!!!

Urlò e si agitò come un coniglio caduto in trappola.
Strattonò più volte le mani per liberarsi.
Cercò una ragione, una spiegazione a quella situazione, ma questo non fece che accrescere il panico.
Non sapeva dove si trovava, né che giorno fosse, né da quanto tempo fosse stata legata e distesa in quella posizione.
Cominciò a sudare, nonostante il suo corpo fosse in preda a tremiti che potevano sembrare causati dal freddo.

– Calma’calma. Riprendi il controllo e rifletti.

Parlava a se stessa e la sua voce ebbe l’effetto di calmarla.

– Valuta le cose che sai, cerca dei riferimenti
– Vediamo’.la stanza &egrave completamente buia
– Cerca degli spiragli di luce da qualche parte

La luce era la via d’uscita.
Alzò leggermente la testa ruotandola a destra e sinistra per catturare qualche fotone sfuggito ad una fessura troppo larga.
O fuori era notte o quella stanza non aveva porte o finestre.

– Non &egrave possibile e lo sai. Da dove sei entrata puoi anche uscire.

La vista non l’aiutava molto. Si concentrò sul tatto.

– Sono su una superficie non eccessivamente morbida, forse un letto o qualcosa di simile.

Parlava ad alta voce.

No. Le mani, tese all’indietro, potevano sentire i bordi del giaciglio su cui si trovava.

– Sembra una specie di lettino. Qualcosa tipo quello usato per i massaggi o dai dottori
– Sei vestita? pensò

Stranamente dovette passare in rassegna il suo corpo per scoprire se qualche lembo di tessuto fosse a contatto con la pelle. Partì dai piedi e risalì mentalmente verso le cosce, la pancia, le braccia. Era nuda.
Non indossava jeans, slip o maglietta.
Sentiva le caviglie ed i polsi stretti in una morsa leggera.
Cercò di muovere lentamente, per non accrescere il dolore, prima un piede e poi l’altro. Fece lo stesso con le mani. I movimenti erano limitati a pochi centimetri.

– Oddio!! Che ci faccio nuda, legata ad un lettino in una stanza buia?
– Pensa’.pensa ‘qual &egrave l’ultima cosa che ricordi?

Un’immagine apparve nitida tra le altre.
Stava ballando in un locale che frequentava spesso. Di fronte a lei la sua amica si stava strusciando spudoratamente contro il bacino di uno sconosciuto. Avevano bevuto troppo. Sentiva la testa che girava, ma si stava divertendo come sempre. Erano circa le quattro del mattino ed era assetata. S’incamminò in direzione del bar per l’ultimo drink della serata.
‘Un Cuba, per favore!’
‘Non serviamo alcolici dopo le due!’ urlò il barista mentre serviva una Coca Cola ad una bella ragazza seduta sullo sgabello di metallo accanto a lei.
‘Facciamo così!!’ gridò la ragazza cercando di superare il fragore della musica ‘prenditi una Coca! al rhum ci penso io’
Il barista la fissò per un lungo momento prima di porgerle il bicchiere pieno di ghiaccio e colmo sino a metà di liquido scuro.
La ragazza prese la bottiglia di Havana club che aveva accanto al suo bicchiere e gliene versò una buona dose.

Laura la ringraziò con un sorriso e tornò sulla pista da ballo con il suo drink.
Questa era l’ultima cosa che ricordava. Poi buio assoluto!

Lo stesso buio in cui era immersa.

– Come sono arrivata qua?
– Non sulle mie gambe, me ne ricorderei altrimenti
– Mi ci hanno portata, ma chi? E perché?

Sapeva che le risposte a quelle domande non le sarebbero piaciute e così cambiò pensiero.

– Devo trovare il modo di liberarmi

Strattonò la mano destra, e poi la sinistra.

– Ahiiiii!! Maledizione!!!

Gridò, lasciandosi ricadere pesantemente sul lettino; rassegnata a rimanere bloccata in quella posizione.

– Aiutooooooooooooo!! Qualcuno mi senteeeee!! Aiutooooooooooo!!
Urlò a squarciagola sperando di trovarsi in un appartamento con mura sottili.

– Se non si sono presi il disturbo di chiudermi la bocca &egrave perché evidentemente posso urlare quanto mi pare.
Stava razionalizzando la situazione e questo le parve positivo; significava che poteva ancora riflettere senza che il panico le oscurasse i pensieri.

Era legata molto bene. Capì che non sarebbe riuscita a slegarsi da sola. Era in trappola, prigioniera di qualcuno che di certo non aveva buone intenzioni.
Non era ricca, quindi non era rapimento per soldi.
A quel pensiero le lacrime cominciarono a scorrere sulle guance, mentre si divincolava debolmente e senza troppa convinzione per trovare una via di fuga da quelle corde.
Forse il rapimento per denaro le era sembrato un male minore rispetto a quello che temeva.

Sì bloccò di colpo. Ferma . Immobile, con un braccio e la testa sollevati in maniera innaturale.
Aveva sentito un rumore o era stata la sua immaginazione.
Un fruscio lieve. Il rumore di vestiti mossi quando una persona cambia posizione.

– C’&egrave qualcuno?

Silenzio.
Aveva davvero sentito qualcosa?

– Chi c’&egrave? Se c’&egrave qualcuno dica qualcosa!!!

La voce spezzata dal pianto. Una voce che non riconobbe, da quanto era distorta dal panico.

– Oddio!! Perché mi stai facendo tutto questo?!

Pianse sino a quando nemmeno una lacrima poteva più uscire dai dotti lacrimali. Pianse disperatamente e si dimenò sino a quando la stanchezza non la colse improvvisa.
Senza rendersene conto si addormentò.

– Ahhhhh!!

Urlò di sorpresa. Qualcosa la toccò e la riportò in una realtà fatta di legacci, buio e paura. Si ricordò immediatamente dove si trovava.
Si spostò di lato per evitare quel contatto, ma le corde che la inchiodavano a quel letto non le permisero di sfuggire.

Quando sentì di nuovo quel tocco, capì che era una mano; una mano nuda.
Il palmo appoggiato sul suo ventre, le dita aperte.

– Chi sei? Cosa vuoi? Lasciami andare ti prego!! Se &egrave il denaro che vuoi posso dartelo! Ma ti prego non farmi del male!!

La mano rimase ferma nella stessa posizione, quasi fosse stata staccata dal corpo e semplicemente appoggiata sul suo ventre.
Lei rimase immobile. Non perché la pressione fosse forte, ma quel tocco era così deciso che non ebbe la forza di reagire in alcun modo.

Era paralizzata dal panico.
L’unico movimento nella stanza erano le gocce che scorrevano sulle guance, scivolando decise verso il cuscino.

– Ti prego! Slegami! Farò tutto ciò che vuoi, ma non farmi del male! Piagnucolò senza troppa convinzione.

La rabbia annientò la paura e risalì impetuosa a darle coraggio.

– Brutto figlio di puttana! Slegami ho detto! Lasciami andare!
Urlò tentando inutilmente di sollevarsi.

Ricadde di nuovo pesantemente sul lettino, esausta e rassegnata.

– Come fai a dire che &egrave un uomo? Pensò dubbiosa.

Si concentrò sulla mano. Troppo grande, troppo forte per essere quella di una donna.
Quando la sentì muoversi ebbe un sussulto.
La mano si fermò immediatamente.
Sembrava non volerla spaventare. Era quasi come se stesse cercando di farla abituare alla sua presenza.
La sentì muoversi di nuovo, risalire lentamente verso lo sterno. La pelle scorreva dolcemente sotto quel tocco deciso. La sentì passare tra i seni ed adagiarsi intorno al suo collo.
Laura sapeva che era completamente in suo potere; era in balia di quella mano. Sarebbe bastata una pressione maggiore per soffocarla.

– Che strana la vita. Pensi di avere tutto sotto controllo; poi un giorno di rendi conto che in realtà puoi decidere ben poche cose e ti ritrovi con la mano di uno psicopatico attorno al collo.

Riusciva ad essere filosofica anche in un momento come quello, mentre le lacrime scorrevano veloci sulle guance.
Piangeva in silenzio, quasi che ogni gemito avrebbe potuto coprire un rumore prezioso, in grado forse di darle una via d’uscita.
La pressione sul collo diminuì sino a cessare e sentì una lieve carezza che asciugò le sue lacrime.

– Come fa ad essere così preciso nei movimenti?

La sua immaginazione iniziò a creare situazioni da film dell’orrore. Vedeva un uomo vestito di nero, con indosso i visori notturni che usano i militari; vedeva coltelli ed attrezzi da tortura.

– Ti prego! Mugolò ‘ Non farmi del male!

La sua mano destra fu stretta delicatamente e sentì che stava armeggiando con i lacci intorno al polso.

– Mi slega! Mi libera! Pensò, incredula.

Ma la mano passò subito oltre e si strinse intorno al suo avambraccio. Continuò la carezza sino alla spalla e, dopo un attimo di esitazione, si posò sul suo seno.
Lo strinse delicatamente quasi a volerlo afferrare completamente, a voler riempire il palmo.
Un’altra mano si appoggiò delicatamente sull’altro seno.
Non riusciva a capire se erano della stessa persona.
Possibile che ci fossero più persone in quella stanza?
Possibile che lei fosse lo spettacolo di qualche strano gioco?

Dai movimenti le sembrò che le due mani appartenessero alla stessa persona.
Le sentì risalire di nuovo verso il collo.

Laura era paralizzata. La paura le provocava spasmi allo stomaco ed un tremore incontrollabile.

Il tocco lieve delle due mani sul suo seno era qualcosa di stranamente rassicurante. Era calmo e tranquillo. Sembrava che quell’uomo volesse assaporare senza fretta ogni centimetro della sua pelle.
Percepì la mano in prossimità del suo cuore e lei lo sentì battere contro il palmo.
Rimase così per un tempo che le sembrò interminabile, sino a quando il battito divenne regolare.
Potevano essere passati minuti o ore. Non aveva la sensazione del tempo.
La mano si staccò dal suo corpo e poi più nulla.

Rimase così, paralizzata dalla mancanza di sensazioni; nessun suono, nessuna immagine, niente!
Dopo qualche tempo pensò di essere rimasta sola. Credette di essersi addormentata dato che non aveva sentito l’uomo uscire dalla stanza.

– Sono sola? Come ho fatto ad addormentarmi? Quanto tempo &egrave passato?

Il corpo sembrava quasi anestetizzato. I legacci erano più morbidi, o almeno questa era la sensazione.
Inaspettatamente si sentì profondamente sola.
Se prima aveva pregato che quell’uomo se ne andasse, ora desiderava la sua presenza. Temeva di essere stata abbandonata lì, a morire su quel lettino.

Due mani l’afferrarono per le caviglie.
Il suo corpo scattò per la sorpresa cercando di rannicchiare le gambe.

– Sei tu?

Le parve subito la cosa più stupida che avesse mai chiesto.

– Rispondimi ti prego! Dimmi qualcosa!

La voce rotta dalla rabbia, sfociò in un urlo secco
– Parlami!

Le mani risalirono lentamente lungo i polpacci ed arrivarono alle cosce aperte.
Laura era spaventata, ma quasi contenta di sentire di nuovo quel tocco morbido sulla sua pelle.
Conosceva la sua sorte.
Essere violentata.
Dentro di se aveva già previsto il finale. L’aveva anche accettato, nella speranza che lui non le provocasse dolore.

Le mani arrivarono al bacino e strinsero la vita sottile di Laura, quasi a voler prendere le giuste misure.

Tornarono sui seni, accarezzandoli dolcemente e intrappolando delicatamente i capezzoli.
Laura aspettava.
Aspettava il momento in cui lui l’avrebbe penetrata.
Ma il tempo passava e le carezze divennero un vero e proprio massaggio senza fine.
E senza volerlo il suo corpo cominciò a reagire a quelle carezze lente ed esasperanti.
Sentì una mano scendere verso il ventre sino al pube.

– Oddio!! Pensò rassegnata
– Ci siamo.

Il palmo della mano scese maggiormente, lo sentì passare sui peli corti, sino ad abbracciare completamente il suo sesso. Era come un dolce e caldo abbraccio.
Le dite andavano a sfiorare l’anello di carne tra le sue natiche.
La sensazione di calore che scaturiva dalla pelle dell’uomo era meravigliosa.
Una morbida carezza.
La mano sì fermò in quella posizione per diversi istanti e poi si mosse avanti ed indietro facendo un po’ di pressione.
Il clitoride di Laura reagì immediatamente a quel massaggio.
Si gonfiò e s’inturgidì avido di piacere.

– Mhhh

Un gemito le sfuggì. Si morsicò un labbro, immediatamente quasi per punizione.
Non voleva. Non avrebbe voluto’non avrebbe dovuto!!
Eppure quello che quell’uomo le stava facendo le dava un morboso piacere.

Sentì due dita aprire dolcemente le labbra del suo sesso, fermarsi per un lungo istante, quasi a voler ammirare lo spettacolo e poi un dito scorrere in mezzo, nella profondità di quel taglio.
Laura tentò di aprire maggiormente le gambe. Il desiderio di offrirsi maggiormente si fece sempre più deciso, ma le caviglie erano bloccate.

Sentì pizzicare leggermente il clitoride e poi accarezzarlo lentamente.
Laura dovette reprimere un altro gemito. Le sembrava innaturale godere di quella situazione.
Lei era una vittima. Le vittime non godono.

Un dito si spostò in basso, verso la morbida apertura che attendeva di essere colmata; arrivò al suo buchetto e vi si appoggiò, imprimendo solo una debole pressione.
Il desiderio di sentirlo entrare aumentò velocemente.
Il cuore batteva forte.
Le pareti interne della vagina cominciarono a pulsare e contrarsi avide di un contatto, desiderose di quello sfregamento che avrebbe portato piacere.
Voleva godere.
Laura si trovò ad alzare il bacino, ad andare incontro a quel dito per farlo entrare, solo un pochino di più.
Il respiro si fece superficiale e veloce. Il suo corpo, incurante della situazione, voleva godere.
Se quel dito, che lei desiderava così tanto, fosse entrato avrebbe scoperto quanto lei fosse bagnata, pronta per riceverlo.
Non voleva dirglielo, ma lo pensava, lo desiderava.

– Sììììì! Ti prego! Fallo entrare! Spingilo dentro!

Le altre dita continuavano a giocare con il suo clitoride.
Era una tortura di piacere.
Voleva godere. Voleva venire.
Il respiro la tradì, mentre il suo carceriere, ormai di certo cosciente di quello che le stava accadendo, continuava a far crescere in lei il desiderio di essere riempita.
Una mano andò ad stringere un capezzolo e lei inarcò la schiena maggiormente.

Sentì l’entrata del suo sesso allargarsi leggermente e sospirò di piacere mentre qualcosa stava entrando in lei.

Bastò quello che farle perdere il controllo.

– Ah! Ssssssssìììììììììììì!!! Vengooooo!! Ahhhhhhh!!

Fu un orgasmo dirompente.
L’uomo smise di toccarla improvvisamente, mentre il suo piacere proseguiva ormai libero di esplodere.

Il piacere la travolse e quando raggiunse il massimo della forza, Laura sentì qualcosa, un dolore concentrato in un solo punto, sul basso ventre, proprio sopra la sua vagina.
Si bloccò di colpo, lasciando quell’orgasmo sospeso nell’aria.
Quel dolore acuto si spostò e lei realizzò cosa fosse.
La lama di un coltello veniva fatta scorrere sul suo corpo.
Se vi fosse stata la luce, l’uomo avrebbe potuto vedere la paura nei suoi occhi, ma al buio non serviva.
Il panico prese il posto del piacere’.la paura s’impossessò di ogni singolo pensiero, non lasciando spazio per altre emozioni.

– Nooooooooo! Ti prego! Non farlo!
Forse l’aver goduto era stato il suo errore. Forse non avrebbe davvero dovuto. Forse era una prova a cui l’uomo la stava sottoponendo e lei non l’aveva superata.

– – Scusa’non volevo! Perdonami!

La punta graffiava la pelle senza inciderla.
La lama risalì sino al cuore e si fermò.

– No!No!No! Ti prego! Farò tutto quello che vuoi!

Quando non sentì il freddo metallo contro la sua pelle, Laura chiuse gli occhi, immaginò la lama sollevata sopra al suo corpo ed attese il colpo.

– Oddio!! Fa che sia veloce

Pensava che sarebbe morta di lì a pochi istanti e non rivide la sua vita in fotogrammi come aveva visto nei film, non pensò ai suoi cari. Pregò solo che tutto si risolvesse in pochi attimi.
Trattenne il respiro.

Percepì uno strappo in prossimità del suo polso e si ritrovò a poter muovere il braccio.

L’uomo aveva tagliato la corda che la intrappolava.
La stava liberando.

‘Non abbiamo ancora finito io e te’.. Sei mia Nightwings’
Sussurrò l’uomo prima di uscire dalla stanza

Nightwings! Lui conosceva lo pseudonimo che usava in chat! Lui la conosceva!
Ma era libera!
Questa era la sola cosa che le importava!
Era viva ed era libera.

Almeno così credeva.

…continua

Ho recentemente pubblicato un sito.
Se avete voglia di partecipare…..siete i benvenuti

www.nightwings.iomilu.org


Si liberò la mano e le caviglie, sempre tendendo l’orecchio verso un qualsiasi rumore.

Il buio. Non sapeva cosa avrebbe trovato in quella stanza. Si sentiva terribilmente nuda ed indifesa ed anche un semplice gesto come quello di appoggiare i piedi a terra le sembrava terrificante.

Il pavimento risultò essere piacevolmente caldo. Sapeva di dover procedere con cautela nel caso vi fossero stati degli ostacoli nella stanza, così come sapeva di avere poche speranze nel trovare una via d’uscita, ma conoscere la sua prigione l’avrebbe rassicurata un po’.
Bastarono pochi passi per incontrare una parete liscia e fredda. La ispezionò lentamente, tastando ogni centimetro con pazienza nel tentativo di trovare una fessura che indicasse una porta o una finestra.
Seguì tutta la parete sino ad incontrare quella successiva ed alla fine di quello che le sembrava un giro completo trasse la sua conclusione. Aveva scoperto tre porte, tutte senza maniglie. Niente finestre, niente quadri, niente mobili. Una stanza vuota con un lettino al centro.

Era una stanza preparata ed usata solo per qualcosa che aveva paura di immaginare.

Tornò più volte ad ispezionare le porte per cercare un interruttore o qualsiasi cosa potesse aiutarla ad uscire.

Quando capì di non avere nessuna speranza, la disperazione prese il posto della ragione.

– Fammi uscire bastardo!!! Fammi uscire di qui!!

Le urla ed i pugni alla porta erano accompagnati da lacrime che cadevano ritmiche sul pavimento.

Quanto tempo trascorse a picchiare contro quella porta e girare a vuoto in quella stanza, evitando di ritornare verso quel lettino che era il simbolo della sua prigionia?

Si rannicchiò in un angolo della stanza e assaporò il tepore che saliva dal pavimento di legno.
Rimase in quella posizione e pianse sino allo sfinimento. Si addormentò.

Venne svegliata da una luce intensa che filtrava attraverso le palpebre chiuse. Quando uscì dal suo sogno fatto di spiagge calde, mare tranquillo e sole abbagliante, si trovò a coprirsi gli occhi con il braccio per diminuire il dolore.
La luce era troppo forte per i suoi occhi abituati al buio. Una luce feroce e dolorosa.
La voglia di vedere dove si trovava era troppo forte; apriva e sbatteva le palpebre per catturare brandelli di immagini.

Quando gli occhi si furono completamente abituati vide la stanza come se l’era immaginata. Vuota.
Uno strano lettino al centro di una stanza completamente vuota e lei, nuda, rannicchiata su un parquet scuro.

La luce gialla proveniva da tubi fluorescenti che correvano lungo il soffitto ed esaminando velocemente le porte che aveva trovato, poteva confermare che non avevano maniglie o serrature di alcun genere.
Osservando con minuzia tutte le pareti scoprì di non essere completamente sola.

– Figlio di puttana!! Mi osservi allora! E mi senti anche?!! Eh! Bastardo! Puoi sentire la mia voce!? Fammi uscire!!!

Gridò verso una delle microscopiche telecamere fissate ai quattro angoli della stanza.

Si sentiva così nuda!! Chi c’era ad osservarla? Un uomo, più uomini? Immaginò persone connesse ad un sito molto particolare che guardavano con interesse ogni suo movimento, ogni suo gesto disperato.
Ma forse era solo la sua fervida immaginazione.
La cosa che le importava di più era uscire da quella stanza, viva.

Cosciente di essere nuda, si sedette in un angolo della stanza, rannicchiando le ginocchia al petto per nascondere la sua nudità, pur consapevole che non vi era un angolo in cui non era ripresa.

Un rumore metallico la distolse dai suoi pensieri. Il rumore di una serratura o qualcosa che si apriva.

La porta alla sua sinistra si aprì e vide entrare un uomo.
Era alto, molto alto. Un metro e ottanta? No, forse anche di più. Molto grosso, con spalle larghe e braccia muscolose. Indossava una specie di maschera lucida; una di quelle indossate dagli attori nelle scene sado maso, e reggeva un vassoio di metallo. La porta dietro di lui si richiuse con lo stesso rumore metallico, forse azionata da un congegno a distanza.

Senza prestarle minimamente attenzione si diresse verso il lettino e vi appoggiò il vassoio.

Chi era il suo carceriere? Era lui che l’aveva toccata in quel modo? Era sotto il tocco della sua mano che aveva goduto?

Si vergognò di essersi lasciata andare in quel modo.

– Mangia qualcosa.

Sì, la voce era la stessa. Lo guardò negli occhi per capire chi fosse. Non riconobbe quello sguardo diretto, ma non sembravano gli occhi di un uomo malvagio.
Il colore era di un verde profondo.
La voce era di una tonalità bassa e senza inflessioni dialettali.

Laura era stata come ipnotizzata dalla scena. Mosse solo il capo per seguire i movimenti dell’uomo che entrò ed uscì subito dopo. Non ebbe nemmeno la forza, il coraggio o la prontezza d’animo di dire o chiedere qualcosa, di reagire, o scaraventarsi contro di lui.

Rimase stordita e confusa per un lungo periodo rivedendo la stessa scena decine di volte, cercando di scoprire dettagli preziosi che l’avrebbero aiutata a comprendere più cose possibili sul suo carceriere’.il gigante dagli occhi verdi.
Il tempo in quella stanza perse ogni valenza.

Si alzò e lentamente si avvicinò al vassoio. Vide un piatto con dello spezzatino ancora fumante; prese meccanicamente il pane che emanava ancora un piacevole calore e lo addentò. Il profumo della carne fece brontolare il suo stomaco e solo allora si accorse che aveva una fame terribile.

Nel vassoio vi era anche un bicchiere di acqua ed una rosa rossa in un piccolo vasetto di metallo.

Prese la rosa, la guardò da vicino e l’annusò. Guardando verso una telecamera afferrò il bocciolo con la mano e lo stritolò, staccando tutti i petali che fece cadere sul pavimento.

Era il suo modo di dire’sono prigioniera, ma non mi avrai.

Afferrò il piatto ed il pane e li portò nel suo angolo, divorando lo spezzatino come se fosse stata la cosa più buona che avesse mai mangiato.

Le ore successive le trascorse girando in tondo nella stanza come una tigre in gabbia. Si sedeva e si rialzava, sopraffatta dalla noia e dalla mancanza di speranze.

Quando l’uomo tornò nella stanza per riprendere il vassoio, lei questa volta reagì. Aveva riacquistato forze e coraggio. Gli corse incontro sferrando dei pugni confusi contro il torace ed urlando di lasciarla andare.

Bastò una presa decisa dei suoi polsi per farla smettere

– Non costringermi a legarti di nuovo!

Quando l’uomo l’immobilizzò e la guardò fissa negli occhi lei rimase immobile e docile.

– Ti prego! Lasciami andare! Cosa vuoi da me!? Perché mi tieni rinchiusa qui?

– Presto capirai

Uscì di nuovo e la lasciò sola.
Ad un nuovo rumore metallico un’atra porta si aprì. Laura attese di vedere qualcuno entrare.
Aspettò.

Nessuno entrò questa volta ed allora si avvicinò prudentemente; aprì e vide un piccolo bagno completamente illuminato. Un water ed una doccia. Osservò bene la stanza priva di finestre ed anche lì vide le telecamere posizionate ai quattro angoli.

La rabbia prese di nuovo il sopravvento.

– Non mi spierai anche in bagno! Stronzo!

Uscì dalla stanza, ma non appena la porta si richiuse dietro di lei, si pentì immediatamente.

Non era ancora andata in bagno e si accorse che effettivamente le scappava terribilmente la pipì.

– Riapri la porta! Bastardo!!

Urlò verso la telecamera. Era arrabbiata. Non sopportava di sapere che lui potesse controllare anche quando poteva e non poteva andare in bagno.

– Apri! Ti prego!

Piagnucolò disperata.
La porta non si riaprì e lei trascorse le ore successive a pensare unicamente a come trattenere la pipì.

Quando sentì di nuovo quel rumore, corse in bagno, dimenticando completamente le telecamere e svuotando finalmente la vescica.
Quando ebbe finito guardò in alto e, sapendo di essere osservata, abbassò gli occhi pieni di lacrime.
Guardò la doccia ed aprì l’acqua calda.
Una doccia bollente l’avrebbe distratta per un po’.
Si gettò sotto il getto caldo e ne assaporò la piacevole sensazione.
I lunghi capelli biondi si intrisero di acqua ed utilizzò il sapone che trovò in una nicchia nel muro per insaponarsi le braccia e le gambe. Non voleva essere sensuale per il suo spettatore; voleva solo far scivolare via la sensazione di paura che provava.

Improvvisamente l’acqua divenne gelida, senza nemmeno passare attraverso la sensazione di tiepido.
Uscì immediatamente dal getto della doccia e cercò un asciugamano con cui asciugarsi e riscaldarsi. Scoprì che non ve ne erano.
Con le braccia strette attorno al corpo lasciò il bagno. Le gocce fredde scorrevano lungo il corpo ed i capelli bagnati le si erano appiccicati alla schiena aumentando il disagio.

Cominciò a tremare e battere i denti.
Aveva freddo e non poteva riscaldarsi in nessun modo.
Si rannicchiò di nuovo sul pavimento caldo per trovare un po’ di sollievo, proprio nel momento in cui l’uomo entrò nella stanza con un asciugamano aperto.

Laura vi corse incontro e l’uomo la ricoprì con il telo caldo, stringendola tra le braccia sino a quando lei smise di tremare.

Le strofinò i capelli con la spugna come si fa con i bambini e le diede un bacio sulla fronte prima di lasciare la stanza, portando con se l’asciugamano.

Sopraffatta dalla sensazione di calore del telo e rincuorata dalla forte stretta delle sue braccia, lei si sentì di nuovo bambina. Era grata per quel gesto.

La solitudine le pesava molto; passò ore ed ore in silenzio girando per quella stanza, esaminando quel lettino; scoprì che era una specie di lettino di quelli che si vedono negli studi dentistici. Era solo più grande. Poteva forse essere regolato in diverse posizioni ed altezze. Alle due estremità vi erano due sbarre che potevano, anch’esse, salire e scendere; erano servite per legarle polsi e caviglie.

Con il tempo si abituò anche a dormire sul lettino, quando non aveva troppo freddo. Il suo carceriere le portava regolarmente qualcosa da mangiare, e lei trovava tutto squisito. Le chiedeva se le era piaciuto o se voleva qualcosa in particolare.

Cominciarono a parlare sempre un po’ di più. Lei aveva imparato a distinguere dai suoi occhi verdi le sue emozioni. Sapeva quando sorrideva o quando era serio.

Lui non rispondeva alle sue domande sul perché la teneva prigioniera o chi fosse in realtà, e quindi lei aveva smesso di domandarglielo.

Si sedeva sul pavimento accanto a lei e discutevano per ore sulla vita e sulla morte e sul senso di cose che normalmente gli uomini ritengono importanti.

Lei era affascinata dalla sua voce calma e profonda ed a volte, gli faceva delle domande solo per ascoltare la sua voce.

– E’ giorno o notte?
– Giorno
– C’&egrave il sole?
– No, piove.
– Ma che giorno &egrave? Da quanto tempo sono chiusa qui?

Quando non voleva rispondere semplicemente ignorava la domanda o se ne andava.
Il momento che detestava maggiormente era quando lui la lasciava sola.
I periodi trascorsi senza la sua presenza divennero insopportabili.
La sua nudità divenne così normale che lei stessa si sorprese a non conoscere il vero significato della parola vergogna.

Un giorno, mentre lui, appoggiato alla parete ,parlava tranquillamente seduto sul pavimento lei salì a calvacioni sulle sue gambe e stette lì ad ascoltarlo mentre il suo pube sfregava dolcemente contro i suoi jeans.

Lui continuò a parlare come se niente fosse e, se quel gesto l’aveva eccitato, non lo diede a vedere.
Laura, quando lui se ne andò, rimase delusa. Ricordò le sue mani su di lei il primo giorno in cui era ancora legata e cominciò a desiderare di nuovo quelle mani, voleva sentirle sul suo corpo, voleva sentire la voce del suo gigante dagli occhi verdi sospirare per lei.
Cominciò a mutare il suo comportamento.

Sotto la doccia, la cui temperatura,ormai aveva capito, era controllata da lui, cominciò ad accarezzarsi sensualmente utilizzando il sapone per far scorrere meglio le mani sul suo corpo. Apriva le gambe e si soffermava sul suo sesso massaggiando lentamente il clitoride e godendo del fatto che lui la stesse guardando.
Ogni volta che lui le permetteva di usare il bagno era un nuovo spettacolo.

Un giorno lui entrò con una fascia in mano. La fece girare e la bendò.

– Perché mi bendi?

Era qualcosa che non aveva mai fatto prima e Laura si spaventò. Non conosceva comunque quell’uomo e, dopotutto, la teneva prigioniera contro la sua libertà

– Vieni, siediti sul lettino

Laura era diventata docile come un agnellino.

– Siediti sul bordo, con le gambe fuori e sdraiati sulla schiena

– Non posso guardare? Perché?

Lui non rispose e si limitò a spingerla delicatamente verso il lettino per farla sdraiare. Le alzò le gambe sino a farle appoggiare i piedi sull’asta di metallo.

– Non muoverti.

– Va bene.

Conosceva bene i suoi passi e capì che era uscito dalla stanza senza richiudere la porta. Per un attimo pensò che quella era una buona occasione per scappare. Bastava togliersi la benda e correre verso quella porta aperta, verso la libertà.
Ed invece attese a lungo che lui tornasse. Temeva che quella fosse una prova e che lui l’attendesse appena fuori dalla porta? O forse semplicemente non voleva deluderlo?

– Brava, piccola!

Si sentiva vulnerabile in quella posizione con le gambe aperte e sollevate. Aveva paura.
Sentiva dei rumori di qualcosa di metallo, ma non riusciva a decifrare cosa fosse.

– Cosa stai facendo? Cosa mi vuoi fare?

Lui non rispose e lei sentì una sensazione di freddo in corrispondenza del suo pube. Il freddo fu accompagnato da un leggero massaggio che partiva dal basso ventre ed arrivava sino alla piccola apertura dell’ano.
Un oggetto venne posato sul basso ventre e, accompagnato da una leggera pressione, trascinato verso il basso. In quel momento capì cosa le stava facendo. La stava depilando.
Sentì il rumore dell’acqua in cui veniva immerso il rasoio e seguì tutte le operazioni sulla sua pelle.
L’operazione di depilazione richiese molto tempo; lui era delicato e sicuro nei movimenti. Quando ebbe finito Laura aveva voglia di toccare la sua pelle nuda, di sentire quanto fosse liscia.
Quando terminò, l’uomo rimosse i residui di sapone con un panno tiepido e lasciò la stanza senza dire nulla.

Laura non sapeva cosa fare.
Non le aveva detto che poteva alzarsi. Avrebbe potuto muoversi?
Rimase ancora in quella posizione, in attesa.
Lo sentì entrare di nuovo, ma i passi erano più leggeri.

Percepì un lieve tocco sulle labbra della vagina, che doveva risultare oscenamente aperta.
Ancora un tocco’un lieve bacio.

Rimase paralizzata. Trattenne il respiro.
Una bocca incredibilmente morbida si schiuse attorno al suo sesso indifeso. Sentì le labbra risucchiare dolcemente al loro interno il suo clitoride gonfio. Gemette di piacere.

– Mhhh sìììì

A differenza di altri uomini che aveva accolto tra le sue gambe lui non usava la lingua sul clitoride. Nel tempo trascorso in quella stanza aveva imparato ad esaltare le sensazioni sensoriali. Sentiva la bocca dell’uomo stringersi intorno al clitoride e succhiarlo delicatamente; rilasciarlo e poi risucchiarlo delicatamente.
Il suo sesso cominciò a rispondere a quelle stimolazioni.

Sentiva le contrazioni delle pareti della vagina che attendeva di essere riempita. Sentiva i suoi umori aumentare e scivolare lentamente verso l’esterno. Il cuore sembrava impazzito ed i suoi sospiri sempre più marcati.

Anelava di desiderio e non faceva nulla per nasconderlo. Prese la testa dell’uomo e la trattenne in quella posizione. Non indossava la maschera e sentì i suoi capelli lunghi tra le sue dita. Cercò il suo viso per poterlo conoscere meglio. Fece scorrere le mani sul naso e sulla bocca, sugli zigomi alti e sul collo. Avrebbe voluto guardarlo negli occhi, ma non poteva.
Quando l’uomo si staccò dal suo sesso, lei era bagnata e fremeva in attesa di lui, del suo membro.

Forse vi erano altre persone che in quel momento stavano assistendo alla scena, ma a lei non importava. Voleva solo essere riempita da lui.
Ma perché mi ha bendata?
Per non vedere il suo viso? E se non fosse nemmeno lui?

Quando sentì qualcosa appoggiarsi all’entrata della suo morbido sesso ebbe un sussulto ed un fremito di piacere guizzò lungo la spina dorsale sino ad esplodere nel cervello. Si spostò verso il basso ed alzò il bacino pronta ad accoglierlo.

lo sentì entrare piano, dilatando leggermente il suo buchetto stretto e facendosi strada dentro di lei centimetro dopo centimetro, senza fretta; gustò ogni istante di quella lenta invasione sospirando di piacere.
Lo accolse dentro di lei con spasmi interni che tradivano tutta la voglia repressa che aveva dentro.

Voleva solo godere.
Il suo cazzo era abbastanza lungo da toccare il collo dell’utero e si adattava così bene alla sua vagina che ne gustò la consistenza per alcuni secondi prima che lui lo ritraesse quasi completamente.
Quando ritornò in lei lo fece con un colpo brusco e deciso

– Ah!!

Urlò di dolore. Urlò di piacere.
Lo sfregamento ed i colpi veloci che seguirono la portarono ad uno stato di piacere estremo.
L’uomo sospirava profondamente mentre la scopava a gambe aperte.

– Oh! Sììì!! Continua! Dammelo tutto! Sino in fondo!! Sìììì sto per venire!

Senza nemmeno una parola, solo accompagnato da gemiti, l’uomo la riempi di sperma, scaricando tutto il suo piacere dentro di lei.

Diminuì il ritmo sino a fermarsi, non concedendole di arrivare al piacere, e se ne andò.

Laura rimase così, distesa sul lettino, con le gambe aperte e con il magone in gola per un orgasmo negato che le provocò un dolore profondo. Quando sentì la porta richiudersi, tolse la benda e la gettò a terra.
Si ritirò nel suo angolo, sul pavimento e pianse.

– Ti odio!!! Perché mi fai questo?!

Singhiozzò sino a quando non ebbe più lacrime.

Nei giorni successivi Laura non fece più spettacoli per lui e le conversazioni si limitarono a qualche parola. Lei era arrabbiata ed offesa e voleva fargliela pagare per come l’aveva trattata, anzi usata.

Un giorno lui entrò nella stanza, sempre a viso coperto. Si avvicinò a lei che stava seduta sul pavimento, la prese per i capelli, la sollevò un po’ sino a farla inginocchiare.

– Cosa fai? Ahiiiii!!! Mi fai male! Cosa ho fatto!??

– Succhia!

Disse l’uomo aprendo la cerniera dei pantaloni e tirando fuori il membro.

Era ancora molle e Laura lo vedeva per la prima volta.
Lo osservò un po’ e le venne il magone.

– Perché mi fai questo? Perché mi tratti così?

Chiese alzando gli occhi verso di lui. In realtà quello che voleva dire &egrave che se lui glielo avesse chiesto lei sarebbe stata felice di farlo perché non voleva, non desiderava altro che lui. Ma lui la trattava come un oggetto e la feriva.

– Zitta! Prendilo in bocca e succhiamelo!

Lo prese tutto in bocca e lo sentì morbido e delicato. Le piaceva farlo crescere nella sua bocca, sentire che diventava lentamente duro contro la sua lingua. Lo succhiò sino a quando divenne turgido e non poteva più tenerlo tutto in bocca. Prese a leccarlo con la lingua e poi a stringerlo tra le labbra.

– Mhhhhhh

L’uomo gemeva sotto i colpi pazienti della sua lingua e lei godeva di quei gemiti.
Sentì che si stava bagnando, desiderosa di compiacere quell’uomo e di sentire di nuovo quel cazzo duro riempirla sino a farle male.
Del liquido denso usciva tra le gambe andando a bagnarle le cosce, mentre le sua bocca non smetteva di succhiare ed ingoiare quel membro duro sino alla cerniera dei jeans.

– Sììì’..troia succhialo tutto! Ti piace prenderlo in bocca, vero?!

– Sì! Mi piace!

L’uomo accompagnava i suoi movimenti con il bacino e spingeva la testa di Laura contro il suo cazzo. Si sentiva posseduta da lui. Non desiderava altro che essere scopata da lui.

– Sììì’fammi venire!
Cosììììì’.continuaaaaa’.vengooooo

Laura si trovò con la bocca riempita di caldo liquido. Voleva sputarlo fuori; non le piaceva il gusto. Ma lui lasciò il membro ancora duro nella sua bocca costringendola con la mano in quella posizione sino a quando non fu costretta ad ingoiare tutto.

– Brava, così mi piaci!

La lasciò lì in ginocchio ed uscì dalla stanza mentre rimetteva a posto il sesso dentro i pantaloni.
Laura rimase così a lungo prima di alzarsi e posizionarsi davanti alla porta del bagno. Guardò verso la telecamera e la porta si aprì.
Ormai non avevano nemmeno bisogno di parole.
Pianse sotto la doccia. Pianse perché si accorse di amarlo.

Lui giocava con lei. Era solo il suo giocattolo.

Il giorno seguente, ammesso che fosse davvero giorno, dato che i suoi ritmi erano scanditi solo dai periodi di sonno sul lettino e l’ora del pasto; il tutto intervallato dalle frequenti visite del suo carceriere. Comunque, quello che per Laura era il giorno seguente, iniziò con un risveglio lento, fatto di sogni che non volevano svanire.

Si distese sulla schiena e poggiò i piedi sulla sbarra.
Iniziò lentamente ad accarezzarsi il ventre piatto e scese verso il suo sesso. I peli stavano crescendo rapidamente. Li accarezzò, gustandone la morbidezza.
Scese più in basso e massaggiò il clitoride che subito rispose al leggero tocco. Le dita allargarono le labbra della vagina e cominciarono a giocare con morbido buchetto.

Si accarezzava lentamente, aprendo bene le gambe.
L’altra mano poggiata sul seno, massaggiandolo; il capezzolo stretto tra le dita.

Cominciò a gemere protraendo il momento in cui avrebbe allargato la carne con le dita e avrebbe provato quella piacevo sensazione di riempimento.

Sospirava inarcando la schiena per poter raggiungere meglio l’apertura tra le sue gambe.
Lui stava guardando? La stava osservando mentre godeva?
Non le importava. Quel giorno aveva deciso di venire.

Nel momento in cui stava per infilarsi dentro un dito, sentì il rumore della porta che si apriva.

Ho vinto io! Pensò esultando ”Alla fine sei arrivato!

Attese immobile in quella posizione, ma nessuno entrò.
Guardò verso l’entrata, ma la porta era chiusa. Guardò allora verso il bagno, ma anche quella era chiusa
.
– Possibile? Possibile che fosse la terza porta? Gli aveva chiesto più volte spiegazione, cercando di capire dove portasse, ma lui non aveva mai risposto

Era troppo curiosa per continuare e si alzò di scatto dirigendosi in quella direzione.

Quando aprì la porta scoprì un piccolo ripostiglio illuminato a giorno con una serie di oggetti famigliari: vibratori di ogni forma e colore, plugs anali in jelly e gonfiabili ed ancora manette e fruste. Un intero sexy shop con articoli di vario genere e per tutti i gusti.
E così lui voleva vederla continuare?!
E, se era questo che voleva, certo lei non l’avrebbe deluso.

Prese un vibratore che le piaceva, fatto in jelly, morbido e di discrete dimensioni. Non amava gli eccessi in fatto di misure.

Si stese sul lettino, ma questa volta a pancia in giù.
Voleva negare un po’ dello spettacolo al suo spettatore. E lei sapeva che sarebbe comunque venuta in quella posizione.
Guardò la telecamera e mise il vibratore in bocca per succhiarlo, per bagnarlo e per provocare l’uomo dall’altra parte.

Lo posizionò all’entrata della sua figa e lentamente lo spinse dentro.

– Mhhh sììììììììììì!!!!

Cominciò a muoverlo dentro e fuori mentre il clitoride sfregava dolcemente sul lettino.
Era già bagnata ed il vibratore scivolava perfettamente.
Gli occhi chiusi per gustare il momento dell’orgasmo, la bocca semi aperta che sospirava di piacere. I gemiti soffusi che riempivano la stanza.
Laura era stordita e non si accorse che non era più sola.

Stava venendo e sentiva già quella sensazione magnifica partire dalle gambe e risalire veloce.

Fu interrotta bruscamente.
Si sentì prendere dalle cosce e strattonare indietro, mentre il vibratore fu estratto e sostituito, con un colpo secco, da un cazzo vero.
Cercò di voltarsi, ma una mano l’afferrò per il collo e la costrinse contro il lettino.

Il cazzo dentro di lei iniziò a muoversi veloce, deciso ad ogni colpo. La penetrava e la scopava con forza, quasi con rabbia.

– Non hai ancora capito che tu puoi venire solo quando e se lo decido io!!

Laura era confusa, ma il piacere che sentiva copriva ogni altro sentimento.

– Sì! Continua! Ti prego! Scopami!

Iniziò a sentire di nuovo le contrazioni; lei stava per venire. Impossibile nascondere, impossibile fermare quelle sensazioni.

L’uomo dietro di lei lo sentì e si fermò.
Rimase immobile dentro di lei per un tempo che sembrò lunghissimo, sino a che le pareti della vagina si rilassarono e l’orgasmo fu perduto.

– Sei uno stronzo!!!

Laura si agitava sotto di lui, ribellandosi a quella privazione di piacere

– Non puoi farmi questo! Non puoi impedirmi di godere!!

– Sì, invece! Io posso questo ed altro! Perché tu sei e sarai mia! Se vorrai godere dovrai chiedermi il permesso. Hai capito?!?

Laura si rifiutava, la sua mente, il suo orgoglio si rifiutavano di rispondere

– Hai capito!?! Rispondimi!

– Sììì!!! Ho capito!!!

– Brava!

L’uomo riprese a scoparla lentamente e poi con colpi sempre più veloci. Quando sentiva che Laura iniziava a gemere e la sentiva perdere il controllo allora diminuiva il ritmo o si fermava completamente.

Andò avanti per un lungo tempo. Rimaneva fermo con il cazzo duro dentro di lei, sino a quando cominciava a perdere consistenza e poi ricominciava a scoparla, facendolo diventare duro nella sua vagina.

Dopo diversi orgasmi interrotti al loro nascere, Laura cominciò a piangere. Era una tortura così. Voleva venire a tutti i costi e lui non glielo permetteva.
Mentre lei singhiozzava lui scaricò dentro di lei tutto il suo seme, urlando di piacere.

– Siii!! sei mia!

Rimase dentro di lei sino a quando il membro divenne molle e scivolò fuori.

– Non voglio che ti tocchi; non voglio che ti masturbi! Hai capito!?!

– Sì. Va bene. Farò come vuoi tu.

La lasciò distesa a pancia in giù sul lettino e quando Laura lo guardò allontanarsi vide che non indossava la maschera.

Nei giorni successivi, Laura non si masturbò più e lui non la toccò.

Parlavano di tutto, tranne che di sesso e lei desiderava la sua bocca, le sue mani, il suo sesso.
Ma Laura associò il fatto che lui si occupava di lei solo quando in qualche modo faceva qualcosa che non doveva.
E così, ormai sempre più desiderosa di provare ancora un contatto fisico con lui, organizzò qualcosa per disubbidire.

Lui era solito portarle i pasti sul vassoio, sempre accompagnato dal vasetto contenente una rosa rossa, fresca e profumata.

Quel giorno, terminato il pasto, lei prese il vasetto, gettò a terra la rosa e si sdraiò sul lettino a gambe aperte. Quando lui rientrò si fece trovare così, mentre si masturbava con il vasetto lungo e affusolato.

Lui la guardò ed usci dalla stanza senza far altro.
Laura rimase stupita e delusa da quell’atteggiamento. Aveva sperato che lui si sarebbe adirato con lei e l’avesse scopata ancora.

Poco dopo le luci della stanza si spensero e lei si trovò al buio dopo così tanto tempo di luce che fu presa da panico.
Fermò il movimento della mano ed estrasse il vasetto dalla sua vagina.
Rimase immobile ad ascoltare.
Rimase al buio per un lungo periodo, chiedendosi cosa stesse facendo lui.

Lui entrò nella stanza, ma era lui davvero?

– Tu non sai cosa sia l’ubbidienza! Ora vedremo!

Laura era un po’ spaventata, ma comunque contenta; aveva ottenuto quello che voleva. Le attenzioni di quell’uomo.

– Scendi dal lettino!

L’uomo aveva un modo brusco di trattarla, ma lei c’era abituata. Sapeva che poteva essere dolce come nelle loro conversazioni e terribile quando la scopava. Non aveva paura. Ormai si fidava.

– Inginocchiati!

Laura fece quanto ordinato, sapendo cosa l’aspettava e felice comunque di dare piacere all’uomo.

– Sai cosa devi fare! Succhia!

Laura mise il cazzo dell’uomo in bocca e cominciò a succhiarglielo come aveva fatto in precedenza. Gli sembrava leggermente più largo, ma doveva essere l’impressione o forse lui era più eccitato della scorsa volta.

Sentiva i gemiti ed i sospiri dell’uomo che ormai sapeva di amare e desiderare. Quello che le aveva fatto, che le stava facendo aveva avuto come risultato di farle desiderare quell’uomo come mai nessuno nella sua vita.

Lambiva quell’asta con tutto l’amore possibile, godendo del fatto che gli dava piacere.

– Fermati ora! Voglio che ti metti sopra di me e che mi scopi come solo una troia come te sa fare!

– Prima però succhiamelo per bene!

Laura quasi non ci credeva. Era la cosa più simile ad un rapporto normale avessero avuto sino a quel momento.

Al buio cercò il suo cazzo e lo rimise in bocca. Lo succhiò di nuovo partendo dai testicoli e risalendo verso la punta. Aveva voglia di montarci sopra e farlo scomparire dentro di lei.

Lo leccò di fretta, non volendo aspettare oltre il momento in cui lo avrebbe sentito tutto.
Si mise a cavalcioni su di lui, aprì le labbra della sua vagina e lentamente scese sentendo quell’asta di carne penetrarla completamente. Si sentì finalmente completamente riempita e sospirò di piacere. Inarcò la schiena per spingere avanti il bacino e prenderlo completamente e poi lentamente cominciò a muoversi su di lui.

– Oh!! Sìììì!! Lo sento tutto! Lo prendo sino in fondo! Oh!! Sììììì

Ed effettivamente Laura godeva come mai aveva goduto nel possedere un uomo. Si gustava ogni movimento, facendo entrare quel cazzo duro dentro di lei e poi estraendolo piano per poi tornare ad affondarlo più forte in lei.

I suoi umori bagnavano quell’asta di piacere e la facevano scivolare dentro e fuori.
Poggiava le mani su quel petto forte e si abbassava sino alle labbra dell’uomo per scoprirne il gusto.

– Fermati!! Non muoverti!

Laura obbedì. Si fermò in quella posizione mentre lui scendeva con la mano a raccogliere un po’ dei suoi umori e li spargeva sul suo ano, che svettava in alto, aperto dalla posizione in cui era costretta.
Passò il dito attorno all’anello di carne contratta e fece pressione per dilatarlo un pochino.
Laura attese. Sapeva cosa voleva fare. Attese di sentire il dito entrare, dilatarle anche quel piccolo buchino.
Lo massaggiò e lo bagnò per bene.

– Ora.

– Ora? Cosa vuoi dire?

– Non dicevo a te, mia cara.

In quel momento sentì un dolore atroce che la dilatava e la spaccava dietro.

– Ahhhhhhhhhhhhhhhhh

Il dolore fu improvviso e forte.

Un altro cazzo stava cercando di farsi strada dentro il suo ano, e lei si sentiva spaccare letteralmente.
Quello che aveva davanti impediva l’entrata di quello che stava cercando di penetrarla, ma l’uomo dietro di lei non parve accorgersene e spinse ancora più forte.
L’ano si dilatò di colpo ed il secondo membro entrò nel suo culo.

– Sì! Godi troia! Adesso hai due cazzi che ti riempiono!

– Te lo spacco! E ti faccio godere!

La voce era sconosciuta. Si sentì riempita nei suoi buchi e sentiva solo dolore.

– Basta! Ti prego! Toglilo!

Cercò di dimenarsi per fuggire a quella duplice presa, ma i due uomini la tenevano saldamente in posizione.
Cominciarono a muoversi piano in sincronia. Quando uno lo faceva uscire, l’altro lo infilava dentro.

Quando le due cavità interne furono completamente dilatate, presero a scoparla contemporaneamente.
Laura cominciò a sentire meno male e si abituò ai due corpi estranei che la riempivano.

Cominciò a gemere.

– Allora ti piace davvero! Sapevo che saresti diventata la mia troia!

L’uomo sotto di lei, gemeva di piacere, la teneva per i fianchi e dava il ritmo della scopata a tutti e tre; la sollevava e la faceva scendere sul suo cazzo, mentre l’uomo dietro di lei usava il suo culo per sferrare i suoi colpi.

– Sìì..mi piace! Continua!

Laura scoprì che il piacere provato era forte, perverso, unico.

– Apri la bocca!

Era ancora la voce del suo carceriere.
Laura si ritrovo con un altro membro duro che spingeva sulle labbra per fargli aprire la bocca.

– Succhia un altro cazzo! Avanti! Fammi sentire come godi con tre cazzi.

C’era un terzo uomo nella stanza.
Adesso tutti i buchi di Laura erano davvero riempiti.

E lei era lì per dargli piacere.
Aprì la bocca, lo prese tra le labbra e lo succhiò avidamente.

L’uomo davanti a lei venne quasi subito e lei si trovò con la faccia imbrattata di sperma.

Sentiva le pareti della vagina e dell’ano contrarsi di piacere. Gemeva e non aveva più freni. Non gli importava più di niente. Voleva solo godere.
L’uomo sotto di lei accelerò il ritmo e la fece scendere e salire velocemente sulla sua asta.
Urlò di piacere.

– Oh! Sìììì piccola! Sto per venire!! Ti riempio tutta! Ah! Sìììì ! vengoooooooooooo

Laura non resistette a quelle parole, urlate così e mentre lui continuava a scoparla, diminuendo il ritmo, lei fu travolta da un orgasmo lunghissimo e molto forte.

– Sììì’godo!!! Vengo! Sìììì!

L’uomo che le stava ancora scopando il culo continuò a sbatterla sino a quando i gemiti e gli urli della donna crebbero d’intensità e poi le riempì a sua volta anche quel buco.

– Siììì vieni troia che ti riempio il culo!

Quando gli altri due uomini se ne andarono, il suo carceriere rimase con lei disteso sul pavimento, abbracciandola e stringendola forte.

Uscì dalla stanza e rientrò con una tisana calda.

Questa &egrave l’ultima cosa che Laura ricordò prima di trovarsi, vestita con i suoi abiti, sulla sua macchina, davanti a casa sua.

Scoprì che dal suo computer aveva mandato delle mail ai suoi amici ed al lavoro dicendo che era dovuta partire a causa di un parente deceduto nel sud Italia.
Non le rimase niente di quell’esperienza. Niente di concreto almeno.

Trascorse i giorni ripensando ad ogni istante di quella terribile avventura. Indecisa se fare una denuncia alle autorità.

Andò a ricercare tra tutti i suoi contatti in chat l’uomo che le aveva fatto tutto quello.
Fece domande trabocchetto e cercò di scoprirne l’identità.

Niente.

Passarono i mesi e si convinse che forse era stato solo un brutto sogno. Rimosse tutto, tranne il sentimento provato per quell’uomo.

Comprese che le sensazioni a cui lui l’aveva costretta con la forza era ciò di cui, inconsapevolmente ed inconsciamente, aveva cercato per tutta la vita.
Comprese che nessun uomo avrebbe potuto darle sensazioni così forti.

Comprese che voleva lui e nessun altro.

Dopo 6 mesi ricevette una mail :
‘Io so chi sei.
Io so cosa sei.
Io voglio te come nessun altra e tu non desideri che me.
Ricominciamo?’

Ho recentemente pubblicato un sito.
Se avete voglia di partecipare…..siete i benvenuti

www.nightwings.iomilu.org

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