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Racconti di Dominazione

Pegging

By 13 Giugno 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Completamente nudo, stavo al centro della stanza. Le mie ginocchia e parte delle braccia a contatto con una stuoia ruvida, nella posizione assunta da molte specie animali durante l’accoppiamento. Pecorina, doggy style, more ferarum, così viene chiamata a seconda del grado di raffinatezza di chi ne parla. Mi trovavo dentro un’immagine identica a quelle tante su cui avevo esercitato la mia fantasia.
Mentre stava per avvenire quello che, tanto e da tempo desideravo e avevo cercato con grande determinazione, quasi provavo il desiderio di fuggire. Una costante della mia vita. Un vortice di mille pensieri agitava la mia mente: complessi e inibizioni, cultura ed educazione stavano facendo la propria parte.
Da circa un anno, forse più, avevo impiegato una parte del mio tempo libero a frequentare, con una certa assiduità, alcuni siti pornografici. La mia scelta era caduta su quelli orientati alla gente comune, gli ‘amateur’. Perlopiù mi soffermavo sulle fotografie in cui si vedevano donne penetrare i propri partner, queste situazioni mi eccitavano a tal punto da desiderare di provarci anch’io.
Mi iscrissi ai siti di incontri erotici più conosciuti, precisando il mio desiderio e addirittura offrendomi quasi incondizionatamente, ma i risultati furono così deludenti che arrivai a concludere che non esistessero donne interessate a questa pratica. Forse le donne delle fotografie erano semplicemente mogli o fidanzate assoggettate ai desideri del partner. O forse professioniste, ma non presi neppure in considerazione l’idea di rivolgermi a una mistress. Quando avevo perso ogni speranza accadde.
Il contatto con qualcosa di untuoso e rigido azzerò i pensieri e mi riportò alla realtà. Sobbalzai. ‘Ehi, ti ho spaventato? Ho solo sfiorato questo bel culetto!’ disse assestandomi un leggero scappellotto. Udii l’ilare approvazione del marito: indubbiamente la donna traeva sicurezza dalla presenza maschile. Un attimo dopo percepii quella stessa sensazione, di viscida rigidità, là dove i glutei si sfiorano. Finalmente ebbi coscienza di quanto stava per accadere. La conferma arrivò dalle sue mani che afferrarono i miei fianchi per meglio predispormi e forse, lei stessa, con questo gesto, intendeva trovare conferma di quanto stava facendo. Entrambi stavamo vivendo l’inversione di quei ruoli che ci erano consueti.
Mi sentii oggetto, usato e asservito alla donna dominatrice, ma sentivo anche crescere, con la verga artificiale ormai puntata sul buco del culo, il desiderio di esserlo.
Ebbi anche un accenno di erezione che, paradossalmente, riuscì a soddisfare uno strano residuo di orgoglio maschile. Nello stesso tempo, in questo gioco di uguali e contrari, mossi il culo all’indietro favorendo l’incipiente penetrazione: era il segnale, più o meno conscio, che ero pronto a concedermi.
Tuttavia restavo sostanzialmente immobile, rigido, muto, con l’encefalogramma quasi piatto. Gloria lo percepì e, appoggiandosi lungo la mia schiena, la sua statura glielo consentiva, sussurrò: ‘ti voglio’sai? Voglio farti mio’fotterti’scoparti il culo’lo vuoi anche tu, no?’. Quell’istanza cruda e diretta, proferita con dolce sensualità, non ammetteva dinieghi.
‘Si” risposi con un filo di voce, mentre esponevo le mie natiche alla mercè della donna. Sentii i capezzoli irrigidirsi prima ancora che fosse lei a prenderli tra le dita e a tirarli con forza come per strapparmeli. Strozzai un urlo in gola e piegai la testa: credo che avesse valutato che, ormai, ero pronto. Il fresco del gel, che la donna continuava ad applicarmi abbondantemente, sul bordo dell’orifizio, mi dava una piacevole sensazione.
La stretta sui fianchi si fece ancora più salda, ecco! La prima spinta!
‘So che lo vuoi, ma ti stai chiudendo’ti capisco, è un riflesso condizionato” Sentii la stoffa del reggiseno sulla schiena e la sua voce, roca e suadente che danzava nelle mie orecchie. Mi prese nuovamente i capezzoli tra le dita, ormai ero la sua femmina sottomessa. Questa volta la sua voce aveva un tono più deciso: ‘spingi in fuori e respira forte!’ La tensione salì, meccanicamente eseguii gli ordini’un’altra spinta’poderosa, lenta, ma inesorabile. Spingo, respiro, spingo ancora e butto fuori tutto il fiato che ho.
Non so raccontare gli attimi che precedono la presa del palazzo, sento un suo gemito simile a un grido di battaglia: la cavalleria traccia e percorre rapidamente la sua strada, mette a ferro e fuoco la città e sta decapitando il signore: c’è l’ho completamente dentro. Gloria si ferma, questa volta non soffoco il gemito che non è più solo di dolore. Mi piace. Le sue braccia mi circondano, lei geme, intravedo il cazzo del marito svettare turgido, tesissimo. Probabilmente la sta toccando, lei geme, si ferma. Pochi attimi poi il fallo sintetico indietreggia e avanza lentamente, dolcemente. Millimetro per millimetro registro i suoi movimenti nel libro delle mie sensazioni”Ti piace?’ mi chiede tradendo un certo compiacimento, le rispondo di non fermarsi di scoparmi anche più forte. Per tutta risposta si distacca lasciandomi completamente esposto, aperto e ardente per il desiderio, a disposizione di chi voglia servirsi di me. La stanza si riempie dei tipici sospiri e dei suoni che una coppia in amore produce. Immobile nella mia posizione mi godo il concerto, un’altra semi erezione è il plauso che tributo loro specie dopo il crescendo di grida che annunciano l’orgasmo dell’uomo. ‘Noi non abbiamo finito!’ mi dice, maliziosa e divertita, mentre mi accarezza distrattamente le natiche. Come si fa con un oggetto di proprietà. Sento che mi penetra con un dito cui ne segue un’altro subito dopo e un altro ancora, li accolgo con voluttà. ‘Sono stata brava allora, guarda come ti piace! E come entrano bene! Eri così chiuso”. Ho una gran voglia di ricominciare…Questa volta mi afferra per le spalle e mi penetra con decisione, non è del tutto indolore, ma il piacere prende il sopravvento ben presto. Sono soggiogato a lei, detta il ritmo, la profondità e l’intensità nonostante io partecipi attivamente. Come da manuale, alterna colpi lunghi e profondi a rapide successioni, entra, esce, mi colpisce le natiche come ad imprimere il ritmo alla cavalcata. Godo intensamente la penetrazione, mi sento finalmente preso, posseduto’mi annullo nel piacere che arriva. Il suo e il mio.
Mi lascia lì, disteso sulla stuoia, confuso, ma appagato dall’esperienza. Prima di buttarsi tra le braccia del marito mi separa ancora una volta le natiche come a rimirare il pertugio violato e ancora dilatato. ‘Caspita..ti ho rifatto il buco del culo..’, lei stessa sembra incredula per aver detto queste parole, si sfila lo strap-on e si rivolge al marito con un sibilo sensualissimo: ‘ti prego non ce la faccio più”.

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