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Racconti di Dominazione

Renata, la mia prima sottomessa…

By 17 Novembre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

La mia &egrave una grande città, se non si frequentano più gli stessi ‘giri’ &egrave facile perdersi di vista per anni, ma la scorsa settimana, mentre mi recavo da un cliente, ho rivisto un ‘fantasma’ del mio passato’
Sono passati trentacinque anni, ha messo su qualche chilo, ma gli occhi verdi, il taglio della bocca, la camminata, sono inconfondibili come il suo modo di vestire lievemente zingaresco’
Ci incrociamo, la guardo, ma non mi riconosce, persa come sempre nei suoi pensieri’ devo ammettere che &egrave praticamente impossibile per lei riconoscermi, porto occhiali da sole e per me il tempo &egrave stato decisamente più inclemente che con lei’
Allora ero un giovane studente universitario ventenne, forse bello ma senza dubbio vigoroso, pieno di testosterone e spavalderia, quell’estate fui assunto con un contratto temporaneo da una importante società di servizi per coprire un vuoto di organico durante una importante manifestazione internazionale.
Ero l’ultimo arrivato, per cui mi assegnarono il turno serale, il più scomodo, e mi misero alle dirette dipendenze di una manager esperta nel settore, che chiamerò Renata, un’elegante e glaciale trentenne, bionda, occhi verdi…
Aveva atteggiamenti rigidi e scostanti, ma stranamente, provai un certo interesse per lei, stupendomi, dopo qualche giorno, che lei ricambiasse. Passammo alcune lunghe serate conversando, poi l’ultima sera, mentre completavamo le formalità di chiusura dello stand (ed a contratto praticamente scaduto) la strinsi in un angolo e la baciai… mi aspettavo una sua reazione negativa, ma, con stupore, sentii la sua lingua farsi strada tra i miei denti’ quella stessa sera l’accompagnai a casa, ero decisamente giovane ed inesperto, ma compensai la mia inesperienza con un certo ardore mentre lei, letteralmente, mi guidava dentro di se.
Iniziammo un’intensa relazione, e non mi stupii più di tanto quando una sera mi disse:
‘Sabato vieni a cena a casa mia, sarà una serata speciale”
Quel sabato comprai una bottiglia di vino ed un mazzo di fiori, e mi recai a casa sua. Mi fece entrare nell’appartamento in penombra, indossava una lunga vestaglia di seta viola piuttosto scollata che lasciava intuire il suo corpo nudo. Le luci erano tutte spente, ma sparse sui mobili vi erano diverse candele accese, che creavano una strana atmosfera, quasi surreale’ in sottofondo un giradischi suonava i Notturni di Chopin’
Cenammo a lume di candela, quasi in silenzio, mentre di solito parlavamo di tutto, e notai che lei evitava di guardarmi negli occhi, tenendoli bassi verso il piatto’
Finita la cena lei si alzò e si recò in camera da letto, tornando dopo qualche istante con una scatola di legno, il classico portagioie… invece di sedersi mi si avvicinò e si inginocchiò, porgendomi la scatola’ la presi e la aprii, pensavo di trovarvi della bigiotteria ma invece vi erano dei nastri colorati, alti e robusti, come quelli che usano le sarte per rinforzare i bordi delle gonne e dei calzoni.
Stupito alzai lo sguardo con fare interrogativo e le vidi una lacrima negli occhi mentre diceva:
‘légami, prendimi con brutalità, fammi male per favore”
Ancora oggi non so bene perché reagii in quel modo’ allungai una mano ed accarezzai una lacrima sul suo viso, poi mi alzai in piedi, la presi per i polsi e la sollevai brutalmente trascinandola in camera da letto. La feci inginocchiare di fianco al letto, schiacciandole la testa sul materasso, le sollevai la vestaglia scoprendole il sedere, rimanendo fermo per un attimo ad ammirarlo, poi mi sfilai la cintura dei calzoni, e cominciai a colpire’ una, due’ cinque, sei violente cinghiate. Sul sedere cominciarono a comparire delle striature rosa con delle chiazze rosse’ mi fermai un attimo a tirare il fiato ed a riflettere su quello che stavo facendo’ allungai la mano in mezzo alla sue gambe, la ritrassi piena di liquido vischioso’ non l’avevo mai sentita così bagnata’ quindi il gioco le piaceva. Ero notevolmente eccitato anch’io, mi sbottonai i calzoni e la penetrai con foga, ma era talmente fradicia da ridurmi la sensibilità’ continuavo a guardare le sue natiche arrossate, il solco che si apriva e chiudeva facendomi intravedere l’ano rosato circondato da una lieve peluria bionda’ quasi d’istinto sfilai il pene dalla vagina e lo puntai più in alto’ subito incontrai una certa resistenza, poi all’improvviso sprofondai letteralmente dentro, come risucchiato’ Renata emise semplicemente un flebile sospiro’ era una situazione nuova per me’ la punta libera con una stretta notevole alla radice’ continuai a pompare e poco dopo venni ‘
Respirai profondamente, mi rialzai ed attesi’. Lentamente si alzò anche Renata, era sudata e scarmigliata, si sfilò la vestaglia, rimanendo nuda, si avvicinò al giradischi per voltare il disco e fu allora che notai un sottile filo di sangue scorrerle lungo la coscia destra.
Ritornò verso di me, mi sfilò gli abiti, si inginocchiò ai miei piedi ed iniziò lentamente a leccarmi, prima i piedi, poi le gambe ed infine, arrivata al pene, dolcemente lo ripulì perfettamente da ogni traccia di sperma’.
Avevo vent’anni, mi ci volle poco per avere un’altra erezione e scaricarmi nella sua bocca, ingoiò tutto e mi ripulì una seconda volta. Soddisfatta del suo lavoro di bocca si alzò e mi sussurrò all’orecchio: ‘Non sono brava a fare queste cose, ma tu mi insegnerai, e tutte le volte che sbaglierò mi punirai come vorrai”
Si recò in cucina, ritornando con la scatola dei nastri, si inginocchiò di nuovo di fronte a me porgendomela, dicendo:
‘prima mi hai fatto male e mi &egrave piaciuto, però adesso légami, e fammi male sul serio”
Continuammo per tutta la notte, girando in continuazione il disco di Chopin, ed ancora oggi, quando sento i Notturni, non posso fare a meno di ripensarci’ ebbi sei orgasmi consecutivi, non riuscii mai più a ripetermi’
L’alba ci ritrovò ambedue distrutti ma appagati.
Sicuramente Renata aveva intravisto in me una naturale predisposizione ad agire in quel ruolo, cosa della quale ero del tutto ignaro, ma da allora io scoprii un nuovo modo di vivere la sessualità, forse primordiale ma intenso e appagante’ che mi segnò per tutta la vita.
Fui un buon allievo perché imparai bene, imparai che per alcuni dolore e piacere sono due entità inscindibili, imparai a capire che le provocazioni a volte sono solo delle disperate richieste di punizione, viste come segno di affetto estremo, imparai a legare gli arti senza bloccare la circolazione, imparai a dosare la frusta per non lasciare segni permanenti, imparai che alcune frasi sono peggio che frustate…
Il primo viaggio insieme lo facemmo a Parigi, dove in rue st.Denis acquistammo delle polsiere, dei frustini ed il classico ‘martinet’ strumento ancora oggi usato nella provincia francese per ‘raddrizzare’ le mogli’ il mio preferito era comunque un frustino corto inglese, in cuoio intrecciato, che ho conservato per anni’
La nostra relazione si consolidò, stabilimmo delle regole e dei limiti’ rivedo ancora il suo sguardo intenso quando concordavamo insieme i “giochi” nei quali immancabilmente lei finiva con l’essere umiliata e punita, spesso crudelmente… studiosa di storia, la sua passione erano gli ‘scenari’ medioevali, prìncipi stupratori, segrete, inquisizione che tortura’ nei quali lei si trasfigurava, ricordo di aver addirittura costruito artigianalmente una gogna e delle cavigliere’
In quegli anni vivevo una doppia vita, di giorno studente universitario modello, frequentavo mie coetanee, avevo anche qualche “fidanzatina”, ma nessuna riusciva a darmi le emozioni che mi dava un incontro con Renata, sempre dopo mezzanotte. Mi sono sempre stupito di come dopo una sessione piuttosto “intensa”, potesse riposare solo alcune ore per poi tornare al lavoro fresca, ricaricata ed aggressiva… io di solito dopo una nottata così ero distrutto…
Talvolta ci prendevamo qualche giorno di vacanza, sempre all’estero o in città dove non era conosciuta, dove amava essere “esibita” come una cagna a mia disposizione, vestiti trasparenti, niente biancheria intima, le situazioni imbarazzanti erano per lei le più eccitanti, come farmi un pompino nell’auto ferma ad un semaforo sotto lo sguardo attonito di un intero pullman di pendolari!
Comunque non fu una relazione facile, spesso aveva crisi di nervi, presumibilmente scatenate da complessi di colpa ancestrali, per cui doveva essere brutalmente ed immediatamente punita, ricordo una sera, tornando da una vacanza in montagna, all’imbrunire dovetti infilarmi con l’auto in una stradina secondaria, trascinarla alla luce dei fari contro un albero, scoprirle il sedere e prenderla a cinghiate’
La sua frase preferita era ‘sono bagnata, puniscimi!’, cominciai a intuirne le motivazioni quando conobbi la madre, una donna dura, autoritaria, mentre il padre era una persona tranquilla e dolce’ forse la madre la puniva da piccola perché scoperta a masturbarsi o voleva essere punita perché desiderava suo padre? Chissà’
Comunque i nostri rapporti continuarono con alti e bassi per cinque anni, poi, terminati gli studi universitari, dovetti partire per il servizio militare. Al mio ritorno scoprii che aveva deciso di farsi una famiglia e dimenticare certe “distrazioni”, sposò un suo coetaneo che le diede un figlio. Ci incontrammo ancora un paio di volte ma l’incanto era ormai svanito e lasciammo definitivamente perdere.
Ma nel frattempo avevo conosciuto Valeria’ però questa &egrave un’altra storia’

Severnes
severmaestro@yahoo.com

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