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Racconti di Dominazione

Scritto di una schiava

By 9 Giugno 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Il mio Padrone e la mia Padrona mi hanno ordinato di scrivere questo diario, vogliono pubblicarlo su internet in modo che tutti possano capire come una ragazza ‘normale’ come me, si possa trasformare in una schiava del sesso disposta e fare qualunque cosa i sui Padroni gli ordino, perdendo ogni pudore e ritegno, trasformandosi nella più scafata delle vacche.
Tutto cominciò due anni fa, dopo la laurea presa con ottimi voti, ricevetti molte offerte di lavoro, la più interessante dal punto di vista economico e professionale fu quella propostami da una banca. Così mi ritrovai a lavorare a Torino in una filiale piuttosto piccola della quale ben presto ne diventai responsabile.
I locali dove svolgevo il mio lavoro, si trovavano in uno stabile nel quale vi erano uffici d’altre ditte, l’unico ambiente in comune era una mensa dove tutti i dipendenti andavano a mangiare.
Un giorno, presa la mia borsetta andai in mensa; facendo la coda per prendere il mio vassoio mi ritrovai davanti ad un gruppo d’impiegati di un nuovo ufficio che iniziarono a fissarmi e a fare commenti sulla mia persona.
‘Ciao bella gnocca! Che bel culo, mi fa impazzire’
‘Guardate che gambe! Che figa, se potessi piantarglielo la fare godere come una troia!’
Non ero nuova a commenti del genere in quanto, anche se io non mi trovavo particolarmente attraente, sapevo di piacere molto al genere maschile.
Sono alta un metro e settantadue, ho un fisico magro ed asciutto, ho la fortuna di avere due notevoli seni (una quarta abbondante) e una sottile vita che evidenzia un sedere sodo ed armonioso; i capelli, neri e lisci, fanno da contorno ad un bel viso decorato da grandi occhi azzurro verde e da labbra morbide e naturalmente pronunciate.
Da molto tempo subivo commenti volgari e come sempre mi sentivo offesa, anzi turbata, capii più avanti, quando i miei Padroni mi fecero scoprire e conoscere appieno la mia natura di vacca, che in realtà mi procuravano non turbamento ma piacere.
Ignorai gli apprezzamenti che il gruppo d’impiegati continuava a rivolgermi, sperando che, non ottenendo da parte mia alcuna risposta, rivolgessero la loro attenzione su un’altra ‘vittima’. Speravo, infatti, che la smettessero anche per evitare che i miei collaboratori perdessero stima e rispetto professionale nei confronti della loro responsabile.
Cercai di allontanarmi velocemente dai ragazzi, fu in quel momento che conobbi il mio Padrone, superando un gruppo di persone in coda mi scontrai con lui, colpii con un fianco il suo vassoio, facendo cadere la bottiglia dell’acqua e il bicchiere.
Si girò verso di me e con tono arrabbiato disse ‘Stupida, fai attenzione a dove vai!’
Rimasi immobile colpita dal suo sguardo duro, carico di un magnetismo unico, sembrava che riuscisse a leggermi nell’anima, era impossibile nascondergli qualsiasi pensiero.
Vedendomi ferma e incapace di fare qualunque cosa, con una naturalezza unica disse ‘Raccogli l’acqua e chiedimi scusa, stronza!’
Non capivo più nulla avevo il cuore che mi batteva violentemente nel petto, ignorando l’insulto che in altri casi mi avrebbe fatto reagire in modo violento, m’inginocchiai per raccogliere l’acqua e ancora a terra mi scusai.
Non avrei mai pensato si potesse verificare una cosa del genere.
Rimanevo ferma ancora inginocchiata sul freddo e sporco pavimento della mensa, davanti a decine di persone fra cui alcuni miei impiegati, in attesa del suo permesso per rialzarmi. Era come se le mie gambe avessero riconosciuto il mio Padrone e sapessero che senza il suo consenso non potevano muoversi.
Lui con un sorriso dolce in contrasto con il tono di voce che aveva usato poco prima per ordinarmi di raccogliere ciò che stupidamente avevo fatto cadere, mi mormorò ‘Brava, ora puoi alzarti’, mi sentivo incomprensibilmente felice, non mi interessavano gli sguardi divertiti dei presenti, ero solo contenta del complimento appena ricevuto.
Una volta in piedi, di colpo la magia s’interruppe e realizzai con imbarazzo ciò che avevo fatto, il silenzio era assoluto, gli sguardi dei presenti erano come lame di fuoco che mi colpivano da ogni direzione. Cercavo disperatamente un modo per uscire da quella situazione, con le gambe che tremavano per l’emozione mi allontanai dirigendomi al bagno delle donne.
Mi chiusi a chiave in una toilette e scoppiai a piangere, non capivo cosa mi fosse successo, ero forse impazzita? Non mi era mai successo di vivere una situazione così imbarazzante.
Sapevo di non avere un carattere forte, ma non mi era mai capitato di subire la volontà di una persona per di più estranea, e mentre, seduta sul water, ripensavo a quanto era successo, mi rendevo conto che un’eccitazione mai provata prima, stava invadendo il mio corpo.
Ancora con le lacrime che scendevano abbondanti sul mio viso, mi resi conto che il mio sesso era in fermento.
Come potessi essere eccitata in quel momento, mi era incompressibile. Ho perfino pensato di essermi sbagliata, che potesse essere dovuto a qualcos’altro quel sentore di umido che avevo in mezzo alle mie cosce.
Era talmente inspiegabile il mio stato d’animo che, appena ripresami dalla crisi di pianto mi sollevai la gonna per capire a cosa fosse dovuto ciò che provavo, le mie mutandine erano zuppe del piacere che colava dal mio sesso, ero inequivocabilmente eccitata. La mia mano automaticamente s’infilò dentro il mio slip immergendosi in un ambiente caldo e umido, incontrò subito il mio clitoride gonfio di piacere, appena lo sfiorai un brivido percorse il mio corpo teso e famelico di sensazioni.
Come se fosse comandata da un’altra persona, il mio braccio iniziò a muoversi spingendo le mie dita più in basso, s’infilarono fra le labbra grondanti d’umori e con un movimento ritmico iniziai ad esplorare ogni parte del mio sesso, l’eccitazione salì alle stelle, l’altra mano corse a toccare i capezzoli, ormai duri come pietre e sensibili ad ogni sfregamento con il tessuto del reggiseno. Velocemente aprii la camicetta e li liberai.
Era un crescendo continuo di emozioni e sensazioni, il pensiero ritornava sempre a ciò che era avvenuto in mensa, allo stato di umiliazione e annullamento in cui mi ero ritrovata alla richiesta di quello sconosciuto e la cosa accresceva la mia eccitazione a livelli mai provati fino ad allora.
Il respiro era ormai corto e il torace si sollevava velocemente, quando, immaginandomi nella situazione in cui ero: seduta su un water, masturbandomi velocemente e in profondità, sollecitando ogni parte interna del mio sesso grondante di sugo con le mie fameliche dita, con i seni ormai completamente scoperti e stimolati con rudezza dall’altra mano, venni urlando con un’esplosione di scariche che percorsero tutto il corpo, lasciandomi completamente esausta e senza forze.
Ci vollero parecchi minuti per riprendermi, quando sollevai la mano, ancora imprigionata nelle mutandine, la trovai zuppa di umori, l’odore di sesso ormai permeava tutto l’ambiente, fu per questo e per la paura che qualcuno mi avesse sentito urlare che feci passare parecchi minuti prima di uscire dalla toilette.
Dopo essermi sistemata i vestiti, cercai di pulirmi il sesso da tutto il sugo che colava, le mutandine ne erano ormai troppo intrise per tenerle, avrei rischiato di macchiare anche la gonna, decisi, così, di togliermele. Era la prima volta che stavo senza l’intimo, era terribile, mi sentivo nuda e vulnerabile.
Mi lavai le mani parecchie volte come servisse a cancellare la vergogna che sentivo nascere in me, erano passati molti anni dalle mie giovanili esperienze di masturbazione e per questo mi sentivo stupida, in colpa, avevo, anche, paura che qualcuno capisse che mi ero masturbata come una linfomane in crisi d’astinenza da sesso.
Quando uscii dal bagno, ormai la mensa era quasi vuota, scappai via sentendomi oggetto di sguardi accusatori da tutti i presenti.
Uscendo il ragazzo alla cassa mi sorrise e mi salutò come tutti i giorni, ma arrossii immediatamente pensando che quel sorriso fosse beffardo e riferito a quanto successo prima, me ne andai via di corsa senza rivolgergli neanche uno sguardo.
Preso l’ascensore mi diressi immediatamente in ufficio, ero agitata e ogni volta che qualcuno si avvicinava a me, controllavo meccanicamente che la borsetta, dove avevo nascosto le mutandine zuppe di umori, fosse ben chiusa.
Il pomeriggio fu un inferno continuavo, chiusa nel mio ufficio, a pensare a quanto era successo cercando di trovare una spiegazione, ma non ci riuscivo.
Con una lentezza esasperante finalmente le lancette dell’orologio arrivarono a segnare le 17.00, gli uffici della filiale iniziarono a svuotarsi, aspettai finché tutti furono usciti e poi quasi di soppiatto mi avviai all’uscita.
Anche l’attesa dell’ascensore fu interminabile ma una volta arrivato sali selezionando subito il pulsante del piano terra, convinta che ormai le disavventure della giornata fossero finite.
Ma non fu così, infatti, l’ascensore si fermò due piani sotto i miei uffici; con il cuore in palpitazione aspettai che le porte si aprissero terrorizzata che ci fosse qualcuno presente alla mensa, per fortuna entrò solo la donna delle pulizie, tirato un sospiro di sollievo premetti quasi istericamente il pulsante della chiusura porte.
La discesa fu ancora interrotta, all’apertura delle porte si presentò nella sua magnifica bellezza lo sconosciuto della mensa.
Sentii immediatamente il cuore battermi in gola le tempie mi scoppiavano e un leggero tremore s’impadronì delle mie mani.
Per camuffare il mio stato d’animo cercai di non rivolgergli lo sguardo, pregando che la donna delle pulizie ci accompagnasse fino a terra, ma non fu cosi’, infatti, due piani dopo, la signora usci lasciandoci soli in quell’ambiente che ora mi sembrava strettissimo e caldissimo.
Sentivo il suo sguardo perforarmi il corpo, sentivo il respiro capace di percepire gli odori del mio sesso che incredibilmente iniziava di nuovo ad eccitarsi.
I secondi erano lunghi come secoli e, tra un respiro e l’altro, sentivo il mio corpo morire.
‘Blocca l’ascensore!’
La sua voce mi rimbombò nel cervello, non capivo più nulla, ancora una volta le mie mani si mossero da sole premendo il pulsante della fermata d’emergenza.
Non avendo il coraggio di guardarlo direttamente, i miei occhi si abbassarono verso il basso, arrossii mi sentivo emozionantissima. Ero imbarazzata per quello che era successo, non riuscivo a trovare una giustificazione, in realtà inconsciamente sapevo già che l’unica spiegazione era che quell’uomo aveva un totale potere su di me.
‘Girati!’
Altre parole furono impresse a fuoco nella mia testa, il mio corpo si girò dandogli le spalle.
Non potevo più vederlo, ma sentii un passo e la sua presenza avvicinarsi, ero eccitatissima, avevo paura di ritrovarmi di nuovo in ginocchio ai suoi piedi ma neanche per un momento ho pensato di muovermi, ero ferma in attesa che mi facesse qualcosa.
Percepii la sua mano muoversi lentamente fra noi due, fino a toccare il mio fianco destro, sentii un calore immenso partire dal quel punto propagarsi in tutto il mio corpo per poi accentrarsi sul mio sesso pulsante, sentivo i miei umori colare, l’odore di sesso invadere il piccolo ascensore.
La sua mano iniziò a scendere verso il bordo della gonna per poi infilarsi sotto, il movimento fu lento e sicuro, per neanche un momento percepii da parte sua debolezza o indecisione.
Come se me lo avesse ordinato telepaticamente sporsi il mio fondoschiena verso di lui e divaricai, per quel che lo permetteva la gonna, le mie gambe esponendogli in modo osceno il mio sesso.
La mano dello sconosciuto risalì piano fino al mio sesso immergendo le dita nel pelo ormai intriso di umori. Mi sembrò di impazzire. Dovetti appoggiarmi alla parete dell’ascensore per non cadere a terra. La mia testa si reclinò all’indietro in cerca d’ossigeno, fu in quel momento che lo vidi in faccia, era serio, consapevole che non mi sarei opposta a nessuna sua richiesta, certo che mi avrebbe potuto scopare lì in quell’ascensore o in mensa davanti a tutti senza incontrate alcuna resistenza da parte mia, la cosa angosciante e che lo sapevo anch’io e la cosa aumentava ancora di più la mia eccitazione.
Ormai gli umori mi macchiavano in modo visibile la gonna e il rumore prodotto dalla sua mano era un segnale inequivoco di quanto sugo stava producendo il mio sesso.
Le sue dita dopo aver stretto forte il mio clitoride, procurandomi dolore, s’immersero nel mio sesso e con un movimento ritmico e deciso esplorarono la mia intimità.
Improvvisamente ritirò la mano, bloccando l’onda di piacere che percorreva il mio corpo, mi sembrò di impazzire, avrei sofferto meno se mi avesse strappato il cuore.
Mi girai e incapace di parlare lo supplicai con lo sguardo di non interrompere quello che stava facendo, non m’importava di nulla se non di risentire la sua mano dentro di me. Mi mancava il respiro e le lacrime iniziarono ad inondare i miei occhi.
Alzò la sua mano bagnata dei miei umori, portandola tra il mio e il suo viso, e guardandomi quasi con disgusto disse: ‘Che troia schifosa’.
Mi sentivo una nullità, ero come se lo sconosciuto avesse rivelato a tutto il mondo la mia troiaggine fino ad allora sopita e nascosta , non avevo il coraggio neanche di respirare.
Sempre guardandomi negli occhi avvicinò la sua mano bagnata alla mia giacca e con un movimento deciso si pulì su di essa, dicendo: ‘Domani alle 10.30, ti voglio nel mio ufficio!’
Ero ancora con le gambe aperte e la gonna arricciata alla vita, quando lui riattivò l’ascensore, arrivato a terra uscì come se non fosse successo nulla.
Quando compresi che lui non era più vicino a me, le mie ginocchia cedettero e mi ritrovai a seduta a terra, ricordo ancora la sensazione di freddo sul mio sesso bagnato al contatto con il pavimento sporco.
Passarono parecchi minuti prima che il mio cervello riprendesse il controllo del mio corpo. Quando realizzai che ero a terra nell’ascensore aperto, senza mutande, con la gonna raccolta alla vita, le mie gambe ancora dischiuse, il mio sesso boccheggiante esposto alla vista di chiunque fosse passato lì davanti, con estrema fatica mi rialzai.
I movimenti erano faticosissimi, era come se le mie carni deluse da quel piacere interrotto si fossero trasformate in piombo, mi riabbassai la gonna, ormai visibilmente macchiata, mi sistemai la giacca anch’essa segnata dal sugo lasciato dalla mano dello sconosciuto e mi diressi strascicando alla macchina.
Mi chiusi dentro e scoppiai a piangere, non per quello che era successo ma perché mi mancava quell’uomo, come sarei riuscita a resistere fino all’indomani mattina senza di lui?

Continua’..

Scriveteci: tinymock@yahoo.it

Dobbiamo continuare? Scriveteci: tinymock@yahoo.it Ero a pezzi, lo specchietto retrovisore della macchina rifletteva l’immagine di una donna sul punto di una crisi isterica, ero in lacrime, con i capelli spettinati, la giacca macchiata del mio sugo e un odore da baldracca.
Rimasi immobile per molto, prima di riprendermi quel poco da permettermi di guidare fino a casa. Durante il viaggio, il pensiero continuava ad andare all’incontro avuto in ascensore con lo sconosciuto, e ogni volta che pensavo alla sua mano sul mio sesso, ondate d’eccitazione percorrevano il mio corpo. Avevo fame di sesso e desideravo solo una cosa: la sua mano nuovamente dentro me.
Non riuscivo a darmi pace. Sconvolta, accostai in una piazzola decisa a masturbarmi per la seconda volta nella stessa giornata, sperando, così, di darmi un po’ di sollievo. Le mie mani corsero subito al mio sesso voglioso, trovando un lago. Iniziai subito a stuzzicarmi il clitoride procurandomi scosse di piacere, il mio sugo colava abbondantissimo sul sedile e, non preoccupandomi delle eventuali macchie che avrei potuto lasciare sui sedili, continuavo ad infilarmi le dita in profondità cercando di sollecitare ogni parte interna del mio sesso.
Il mio corpo sussultava percorso da brividi, ma qualcosa mi bloccava, il piacere fisico non si allineava con quello mentale, non riuscivo a raggiungere l’orgasmo.
‘Noooooooooo, che mi succede?’ urlai, mentre con rabbia iniziai a prendere a pugni il volante con le mani bagnate del mio sugo. Ero tesa come un violino, sapevo che se non avessi goduto subito sarei impazzita.
Le dita non erano sufficienti, quindi con movimenti isterici, afferrai la borsetta in cerca di qualcosa che mi avrebbe aiutato a raggiungere l’orgasmo.
Afferrai la prima cosa che la mia mano trovò, la preziosa stilografica Montblanc che i miei genitori mi avevano regalato per la laurea e me la piantai in profondità nel sesso, ma realizzai subito che non bastava ancora.
Mentre con la mano sinistra continuavo il su e giù dentro la mia figa, con la destra cercai qualcos’altro nella borsa. Trovai l’astuccio del tampax, lo unii alla penna cercando di spingere il più a fondo possibile il tutto cercando di raggiungere l’agognato godimento.
Erano svariati minuti che mi masturbavo furiosamente con le gambe spalancate e la gonna raccolta in vita senza tuttavia riuscire a raggiungere l’orgasmo. Ero ormai stanca e stavo per mettermi a piangere, quando realizzai che dietro la mia automobile ve n’era un’altra parcheggiata, spaventata mi voltai per vedere dove fosse il guidatore.
Lo vidi, affacciato al finestrino dal lato del passeggero che guardava lo spettacolo osceno che stavo producendo. Da quello che potevo vedere si stava masturbando nell’oscurità del parcheggio. Lo spione era un vecchio lardoso sulla sessantina, il suo viso eccitato era sudato e con la barba incolta, il suo ghigno mostrava uno sorriso sdentato e un osceno riporto di capelli unti svolazzavano colpiti dal vento.
Urlai spaventata cercando di coprire il mio sesso oscenamente spalancato, con ancora in mano la stilografica e il tampax colanti del mio sugo, mi tirai giù la gonna.
Il guardone ghignando continuava a segarsi facendo correre la mano su una nerchia di notevoli dimensioni, poi apri la porta della macchina dicendo: ‘Dai baldracca continua ad aprirti la figa con quello che hai in mano’
Ero paralizzata e schifata dal suo fetore che invadeva l’abitacolo coprendo l’odore del mio sesso.
‘Dai troia, se non vuoi che ti spacchi il culo, fammi vedere la figa sgocciolante!’
Continuavo a fissarlo con uno sguardo di disgusto, oltre l’odore mi schifava anche il suo abbigliamento: era sporco, le mutande da dove usciva il randello erano macchiate di giallo e la camicia che indossava era lurida.
‘Muoviti, troia! Non te lo ripeto un’altra volta!’, urlò sputando ad ogni parola.
Terrorizzata che quell’essere mi mettesse le mani addosso, scoprii nuovamente il mio sesso, che incredibilmente era ancora gocciolante di godimento.
‘Toccati, troia!’ sbraitò l’uomo.
Spaventata, ripresi a masturbarmi. L’eccitazione riprese a scorrere nuovamente nel mio corpo, con la mano libera mi scoprii i seni mostrandoli come una vacca al maniaco.
Iniziai anch’io ad eccitarmi guardando la sua cappella, ormai violacea, che veniva ricoperta dal movimento sempre più veloce della mano. All’improvviso, con un rantolo disgustoso, esplose in un orgasmo impressionante, una valanga di sperma invase l’auto, colpendo i sedili e il cruscotto, molta mi fini’ addosso, sul viso e sulle tette e, con una precisione da manuale, un abbondante getto colpì il mio sesso.
Ero esterrefatta dallo stato d’eccitazione che raggiunsi, ma incredibilmente non riuscii ancora a raggiungere l’orgasmo.
Continuavo a masturbarmi facendo scorrere sempre più velocemente la stilografica nella figa, torturandomi il clitoride con la mano libera.
Il maniaco deridendo la mia vaccagine si raschiò la gola formando un grumo di saliva che sputò sulla mia faccia e si allontanò insultandomi pesantemente: ‘Sei la zoccola più scafata che abbia mai conosciuto, se non mi facessi schifo ti scoperei! Addio troia!’
Ero in uno stato penoso con le gambe spalancate masturbandomi come un’ossessa, infilandomi una penna e un tampax nella figa, bagnata del mio sugo e della sborra del sudicio guardone, torturandomi il clitoride e i capezzoli, ignorando il suo scatarro che sentivo colarmi dalla fronte sul viso fino a lambire le labbra socchiuse.
Urlai di nuovo, una rabbia isterica m’invase, ero allo spasmo dall’eccitazione, ma non riuscivo a venire. Mi misi a piangere disperata, cosa mi stava capitando?
Piansi per molto tempo, cercando di analizzare la situazione in cui mi ero ritrovata, di percepire le sensazioni del mio corpo e del mio animo. Avevo scoperto un lato della mia personalità e della mia sessualità finora sconosciuti e ora volevo capire perche’ non riuscivo a darmi piacere, placando cosi’ la fame di godimento che aveva invaso il mio essere.
Lentamente l’eccitazione si affievolì, mi guardai attorno: era un disastro. L’abitacolo puzzava del mio sesso, del tanfo del balordo e della sua sborra che ormai iniziava a seccarsi. Mi asciugai il sesso con dei fazzoletti di carta e cercai di pulire, per quanto difficile, i segni del seme lasciati dal guardone. Senza molti risultati e con le mani lorde di sperma secco, chiusi la portiera ancora aperta e mi diressi verso casa.
Il viaggio riuscì a darmi la lucidità sufficiente per capire cosa era avvenuto, stavo pensando ad ogni secondo passato in macchina a masturbarmi davanti al guardone, quando all’improvviso capii. Era difficile da accettare, ma avevo finalmente compreso: non ero venuta perché non c’era lui, lo sconosciuto della mensa che tanto mi aveva sconvolta.
L’uomo dallo sguardo magnetico, aveva bloccato la mia libido, non c’era niente che mi eccitasse se non il pensare a lui, a come mi aveva toccato, a come aveva piegato la mia volontà ai suoi comandi.
Aveva tarpato le ali della mia sessualità, infatti pensando a ciò che era accaduto nel parcheggio provavo piacere, ma non godimento, provavo la stessa cosa pensando ai rapporti sessuali che avevo con il mio ragazzo i quali erano stati, fino ad allora soddisfacenti, ma che ora mi sembravano solo lontani e freddi ricordi.
Ero angosciata da quella rivelazione. Come sarebbe cambiata la mia vita se non fossi riuscita a coinvolgere quell’uomo nella mia vita sessuale? Arrivai a casa consapevole che la vita sarebbe cambiata radicalmente, che da quel giorno nulla mi avrebbe stimolato tanto da farmi godere se non fosse stato partecipe lo sconosciuto della mensa.
Infilai la chiave nella porta di casa pensando, di nuovo, ad una sola cosa: al tempo che doveva ancora passare perché giungessero le dieci e mezza del giorno dopo, quando finalmente avrei rivisto l’uomo padrone della mia sessualità, quando finalmente avrei potuto supplicarlo chiedendogli di donarmi l’orgasmo tanto agognato, capace di placare l’eccitazione persistente che sconvolgeva i mio corpo.

Continua’.

Fateci sapere se dobbiamo continuare.
tinymock@yahoo.it

Un saluto a tutti i lettori, in modo particolare a quelli che ci hanno contattato via email. Abbiamo conosciuto persone molto molto interessanti, i loro consigli e incoraggiamenti ci hanno convinto a proseguire il racconto.
Oltre per i dovuti ringraziamenti, scrivo questo breve cappello per chiedervi un parere. I racconti sono stati scritti a 4 mani da me, Mock, e Tiny, la mia compagna. Ciò che avete letto &egrave scaturito dalla fantasia di entrambi (e preciso di fantasia per rispondere ai molti che me lo hanno chiesto), ora siamo a chiedervi consiglio su come proseguire. Io sono propenso a un seguito più ‘maialo’ mentre Tiny vorrebbe qualcosa di più mentale, meno fisico.
Fateci sapere la vs opinione.
Grazie
tinymock@yahoo.it

Entrata in casa, sentii i miei genitori parlare con mia sorella, erano in cucina al piano terra e stavano discutendo su cosa mangiare per cena. Non sapendo come giustificare il mio stato penoso, salii silenziosamente e velocemente al piano di sopra. Entrata nella mia camera mi sedetti sul letto e, cercando di rilassarmi, chiusi gli occhi prendendomi il viso fra le mani. Sentivo l’odore forte delle croste di sborra secca che avevo ancora sui palmi invadere la stanza.
La situazione in cui ero finita, mi era ancora difficile da accettare. Un solo pensiero continuava a venirmi in mente: lo sconosciuto della mensa mentre mi toccava. Ripercorrevo ogni momento di quell’esperienza, riuscendo a rivivere ogni sensazione fisica che quell’uomo mi aveva donato, sentivo il suo profumo e il mio odore, le ondate di piacere che percorrevano il mio corpo e il dolore causato dall’interruzione della masturbazione che l’uomo mi aveva donando.
Il sesso riprese a fremere, sentivo di nuovo il mio sugo sgorgare fra le mie cosce e per l’ennesima volta mi ritrovai eccitata, questa volta, però ero consapevole che sarebbe stato inutile cercare di darmi piacere. Ormai avevo accettato il legame che si era creato tra l’uomo della mensa e il mio piacere sessuale.
Mi stavano riaffiorando le lacrime agli occhi, quando la porta della mia cameretta si aprì. Era quella rompi di mia sorella che, ovviamente senza bussare, entrò per vedere se ero rientrata.
‘Potevi almeno salutarci! Mamma stava aspettando il tuo ritorno per iniziare a cucinare’ disse con la solita insolenza.
La guardai con rabbia e alzandomi risposi ‘Ti ho detto mille volte che devi bussare prima di entrare nella mia camera, esci subito da qua!’
Con la bocca aperta dallo stupore nel vedermi in quello stato penoso, mi chiese con apprensione ‘Ma cosa ti &egrave successo? Sei lurida e puzzi come una capra?’
Non ci vidi più, mi partì uno schiaffo che la colpi sul viso.
‘Esci subito, stronza!’ urlai e con poca grazia la spinsi fuori dalla camera.
‘Se ti sento anche solo accennare qualcosa su di me a mamma e papà, te ne prenderai di molto più forti’ dissi, chiudendole la porta in faccia. La sentii piangere ed entrare nella sua camera lanciandomi insulti d’ogni tipo.
Non avevo idea allora, di quanto quello schiaffo mi sarebbe costato in futuro, né delle conseguenze che avrebbe causato, in quel momento lo vivevo come la giusta reazione alla maleducazione di quella rompi di mia sorella.
Decisi di farmi una doccia, entrai in bagno e fui sconvolta dall’immagine che rifletteva lo specchio che avevo di fronte a me. L’immagine della ragazza carina, elegante e composta era ora sostituita da quella di una donna distrutta dalla tensione, sporca di sperma e del proprio sugo. Mi sembrava di guardare un’estranea spettinata, con gli occhi gonfi dal pianto e rossa in viso per lo stato di perenne eccitazione.
Iniziai meccanicamente a spogliarmi, sentivo l’umido del mio sesso colare ancora fra le gambe e i capezzoli duri e sensibili puntare verso l’alto. Il seno duro e sodo nonostante le dimensioni, si alzava seguendo il ritmo veloce del mio respiro.
Aprii l’acqua della doccia e vi entrai. Iniziai a lavarmi togliendo ogni traccia di sperma del guardone, sentivo l’acqua calda sciogliere lo sperma incrostato sul seno e sul mio sesso. Iniziai ad insaponarmi il corpo e quando arrivai alla mia intimità, partirono scosse d’eccitazione, le gambe mi si piegarono e per poco non caddi. Ero triste e sconsolata, lo stato perenne d’eccitazione insoddisfatta in cui mi trovavo era debilitante, non riuscivo più a svolgere gesti normali come una doccia senza impazzire.
Uscii dalla doccia e, indossato l’accappatoio, mi affacciai nel corridoio e urlai a mia madre che ero rientrata ma che, non stando bene, avrei saltato la cena.
Ero sdraiata al buio, con addosso solo l’accappatoio, decisa a dormire. Ero sicura che una nottata di sonno profondo mi avrebbe aiutato a superare quel momento critico, ma il mio corpo e la mia mente erano ancora percorse da fremiti di piacere, sentivo il mio sesso umido implorare una masturbazione.
Avevo caldo, sudavo come se avessi la febbre il mio corpo era teso come un violino, mi giravo nel letto cercando una posizione comoda, il tessuto dell’accappatoio copriva il mio corpo appiccicandosi alla pelle per il sudore.
Mi sembrava di essere legata e costretta dentro una camicia di forza, il respiro mi veniva a mancare e in cerca d’ossigeno, allentai la cintura, per permettere all’aria fresca, che entrava dalla finestra, di accarezzare il mio corpo portando un po’ di pace.
Mi girai scoprendo i seni imperlati da gocce di sudore, l’odore del mio sesso si mescolava agli effluvi delle mie ascelle, aprii le gambe sentendo ancor più colare il mio sugo, pensai che se fosse continuato cosi’ avrei macchiato anche il materasso, ma non avevo la forza di fare nulla se non sperare che l’insoddisfazione e la frustrazione che mi devastavano si placassero.
Un colpo di vento spalancò la finestra e d’aria colpì il mio corpo, i capezzoli si inturgidirono ancora di più, mi sembrò di sentirli tremare, il mio sesso reagii alla carezza di Eolo con un’esplosione di scosse che mi fecero inarcare il corpo, ero talmente eccitata che sentivo il mio utero contrarsi come se fosse violato da una grossa mazza. Con le mani mi strinsi il sesso come per proteggerlo sentendo un lago uscire dalle labbra aperte, il contatto con le miei mani fu devastante, come presa da un raptus immersi le dita e iniziai una masturbazione violenta.
Quel poco di me stessa ancora lucida urlò mentalmente di fermarmi, conscia che non avrei comunque mai raggiunto l’orgasmo, ma la parte infoiata di me non l’ascoltò e continuo a spingere le miei dita dentro me, torturando il clitoride e le parti più sensibili del mio corpo.
Continuai così per molto, il letto era madido del mio sudore e dei miei umori, l’accappatoio ormai completamente aperto lasciava il mio corpo libero di agitarsi sotto l’azione delle miei mani che lo percorrevano dai seni sudati al mio sesso infuocato.
La tortura continuo per ore finché stremata crollai. Le poche ore di sonno che feci, furono turbate da incubi terribili, sognai l’uomo della mensa che deridendomi mi allontanava schifato dalla mia vaccagine, vidi immagini di una vita senza più piacere, sognai rapporti sessuali con il mio ragazzo dove non provavo più nulla. Accolsi il suono della sveglia quasi con gioia, che scomparì immediatamente quando ritrovai una realtà non migliore degl’incubi che popolarono i miei sogni.
La stanza nonostante la finestra aperta odorava del mio sugo, mi alzai notando il letto disfatto, sembrava un campo di guerra, una sola cosa mi spinse a reagire: l’incontro che avrei avuto alle 10.30.
Mi feci una doccia veloce e mi vesti con un elegante tailleur, volevo far colpo sull’uomo che tanto mi aveva sconvolto, mi pettinai e mi profumai, ero quasi in uno stato decente.
Saltai la colazione per non vedere i miei genitori e quella stronza di mia sorella e uscii velocemente di casa.
Quando aprii la macchina fui scioccata da quanto era lurida e puzzolente, c’erano macchie di sborra secca ovunque e il mio sedile era ancora umido dei miei umori.
Non volendo sporcarmi richiusi la portiera e mi diressi alla fermata del pullman.
Era molto che non utilizzavo i mezzi pubblici, quindi mi stupii quando ne vidi arrivare uno stracolmo di persone. A fatica riuscii a salire trovandomi compressa tra studenti, massaie e pensionati.
Faceva un caldo allucinante e mancandomi l’aria cercai di raggiungere il finestrino più vicino e incredibilmente il mio stato di eccitazione perenne si rivelò nuovamente mettendomi di nuovo in imbarazzo, infatti lo sfregare il mio bacino sullo zaino di uno studente davanti a me, risveglio di nuovamente il mio sesso, che incurante della folla che mi circondava, iniziò a inumidirsi.
Non mi sembrava vero’questa era l’ennesima prova che ormai ero diventata una ninfomane incapace di controllare la sua eccitazione.
Il mio respiro accelerò e l’umidità sul mio sesso iniziò a colare fra le cosce, spandendo il suo odore nel pullman.
Ero a disagio e avevo paura che qualcuno notasse qualche macchia sulla gonna. Il profumo presto arrivò a un gruppo di ragazzini che iniziarono a fare battute di bassissimo livello ma ad un volume tale che non poteva non essere udite dalle altre persone. Mi sentii morire…un rossore invase il mio viso, la tensione aumentò sconvolgendo ulteriormente il mio corpo.
Mancavano ancora parecchie fermate e ogni sosta sembrava eterna, le battute dei ragazzi aumentavano causando sogghigni dei molti uomini presenti.
Stavo aspettando con ansia che il semaforo rosso, che aveva interrotto il nostro viaggio scattasse, quando sentii una spinta sul mio sedere. Pensai che fosse qualcuno che spostandosi mi avesse erroneamente toccato e ripresi quindi a godermi l’aria che entrava dal finestrino sperando che, oltre a rinfrescarmi, diluisse gli effluvi emanati dal mio sesso.
La spinta si ripeté, cercai senza molto successo di spostarmi. Sentii la persona dietro di avvicinarsi ancora di più e la pressione sul mio fondoschiena farsi più insistente. Un viso si accostò al mio e con un sussurro disse ‘Sei tu che profumi così?’
Imbarazzata rimasi immobile, con la coda dell’occhio potevo vedere a fatica un viso brufoloso di un quindicenne accostato al mio. La spinta aumentò ancora, ora potevo sentire chiaramente la forma del suo sesso stampata sul mio sedere.
Avrei voluto girarmi tirargli uno schiaffo e urlargli che un ragazzino come lui avrebbe dovuto spararsi seghe per molto altro tempo prima di potersi avvicinare a una donna come me ma’incredibilmente non feci nulla.
Sentii la sua mano appoggiarsi sul mio fianco all’altezza dei seni e la sua voce riconoscere la mia natura, dicendo: ‘Sei una vacca, puzzi come una troia in calore’.
Quelle parole ebbero come effetto l’aumento ulteriore della mia eccitazione. Chiusi gli occhi e inspirai profondamente concentrandomi sulle sensazioni provocate dalla mano dell’adolescente che scendeva verso il mio sedere.
‘Pensavo non esistessero vacche come te, ora so chi immaginare mentre mi masturbo!’
Il sapere che qualcuno avrebbe goduto pensando a me come una vacca mi eccitò ancora di più e con un lamento spinsi il mio sedere verso il suo pube, nel frattempo la mano del ragazzo raggiunse la mia vita e si spinse verso il mio sesso. L’eccitazione era alle stelle, non mi importava più nulla della folla, ero infatti consapevole di quanto fossi diventata troia e dell’impossibilità di nasconderlo al mondo.
La persona davanti tra me e la finestra si avvio verso l’uscita così il quindicenne con una spinta mi blocco tra lui e la finestrino del pullman, subii lo spostamento senza reagire.
Mi scappo un lamento, il mio sesso era un fuoco, il mio succo aveva già inzuppato le mutandine, mi ritrovai velocemente in uno stato d’eccitazione estrema simile a quello del giorno prima.
La sua mano si intrufolò sul mio sesso e, sebbene ci fosse la gonna come divisorio, quel contatto mi sconvolse, iniziai a tremare per l’arrapamento.Se prima l’origine dell’odore che invadeva il pullman era dubbia ora era chiaro che la fonte ero io.
L’altra mano del ragazzo si impadronì del mio seno, iniziò a massaggiarlo stimolando il capezzolo, quella nuova sollecitazione fu troppo, sospirai la mia eccitazione appoggiando la fronte al finestrino. Quando il pullman si fermò di nuovo a un semaforo fu affiancato da un’automobile con a bordo una famiglia composto da padre, madre e due bambini.
Quando li vidi guardarmi, immaginai lo spettacolo che gli stavo offrendo: il mio viso deformato dall’agonia mostrava in modo esplicito il mio stato, la bocca semiaperta lasciava colare un rivolo di saliva che per la troppa eccitazione non riuscivo a deglutire e lo sguardo sembrava quello di una tossica appena fatta.
La voce del ragazzino puntualizzò la cosa: ‘Troia guarda, stiamo dando spettacolo’ e mi diede un serie di colpi col bacino facendomi sentire ancora di più il suo sesso sul mio sedere, la spinta ritmica schiacciava il mio viso e la sua mano stretta sul mio seno contro il vetro sporco dando alla famigliola un ulteriore motivo di scandalo.
Io ero al limite dell’eccitazione ma, come succedeva dal giorno prima, non riuscii a darmi pace con un orgasmo liberatorio, mentre il ragazzino, aumentando il ritmo dello sfregamento del suo sesso sul mio fondoschiena proteso verso di lui, accostò le labbra alla mia guancia e con un bacio sospirò il suo orgasmo.
‘Cazzo, mi hai fatto venire.’ sussurrò con le labbra ancora appoggiate su di me, ‘Peccato che nessuno dei miei amici ci crederà quando lo racconterò, sei troppo vacca per essere credibile’ concluse con un sospiro quasi di delusione.
Nel frattempo, incurante del mio mancato godimento, ritirò le mani dai miei vestiti scompigliati. Rimasi stupidamente immobile come se mantenendo la stessa posizione potessi conservare meglio le sensazioni di piacere. Anche se non c’era più la sua mano, il mio bacino si muoveva inconsciamente mimando i movimenti che poco prima erano imposti dal ragazzino.
‘Merda, per colpa tua mi sono sporcato i pantaloni di sborra, ora come cazzo faccio ad andare a scuola?’ disse il ragazzo allontanandosi da me con lo zaino fra braccia per coprire l’alone che traspariva dal suo vestito.
Io ero ancora lì, contro il vetro che ora era bagnato dalle lacrime che iniziavano a sgorgare per la disperazione causata da quella situazione.
Il pullman si fermò alla fermata successiva e il ragazzino scendendo si rivolse verso di me urlando: ‘Troia mi hai fatto godere come un dio, sei stata fenomenale. Spero di rincontrarti e farti conoscere i miei amici’.
Tutti si rivolsero verso di me e, vistami in quello stato , iniziarono a commentare e a insultarmi. Mi trascinai verso l’uscita senza incontrare ostacoli, la gente, infatti, si spostava indignata al mio passaggio.
Afflitta dagli insulti che piovevano da tutti i presenti, provavo ora anche senso di colpa per ciò che ero diventata. Ero una troia in calore, una reietta che tutti evitavano, ma la mia preoccupazione non era per la gente che si allontanava da me ma per lui, l’uomo che mi aveva ridotto così, ero infatti terrorizzata di essere troppo troia per piacergli.

Continua…

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