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Racconti di Dominazione

SONO SOLO UNA COSA

By 16 Marzo 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

Una cosa. Per lui sono solo una cosa, meno che un giocattolo. Non è neppure bello. Insomma, passabile, normale, normalissimo anzi. Poi è vecchio. Il mio patrigno, il secondo marito di mamma, dopo che è morta, è tornato in America dalla prima moglie. Entrambe, se non sbaglio, di me neppure vogliono sentirne parlare. Legalmente però lui ha avuto la patria potestà. Legalmente dipendevo da lui che di me se ne fregava. Ha messo tutto a posto tramite un avvocato quando ho compiuto i diciotto anni, un mese fa. Qualche soldo, la parte più piccola di un appartamento in una villetta isolata appena fuori Milano, neanche troppo scomodo per andare al liceo che frequento.

Avrei preferito il classico, ma loro, a suo tempo, mi hanno iscritta allo scientifico. Sarà una pedalata fino allo stradone e poi il tram. Se piove però in tram ci monterò fradicia. Se è bello, neanche prenderò il tram e comunque, dallo stradone, in dieci minuti arriverò a scuola in bici.

Ho traslocato due mesi fa, in piena estate. Dopo appena una settimana, faceva ancora caldo, ho fatto il bagno nella piscina, o Dio, poco più di una tinozza. Ero certa che lui non ci fosse, più che sicura. Avevo anche bussato da lui senza risposta. E’ arrivato mentre stendevo il costume ad asciugare…vergognandomi come una ladra ho indossato la vestaglia, ma di certo se ne era accorto, ed ha la macchina fotografica al collo…mi ha anche fotografata? Si mi ha anche fotografata e non una sola foto. Una poi delle foto è oscena, mi gratto tra le gambe…Sai, mi dice, con queste ti ricatto per tutta la vita.

Ridendo, io sono esterrefatta, mi solleva da terra, mi bacia nonostante le mie ripulse, mi tocca dappertutto, basta, si fermi o grido…e chi ti sente? Mi porta di peso in casa, mi tocca, mi carezza, passa con le dita anche li in basso ed io perdo la testa. Mai avevo baciato qualcuno, assolutamente mai, il resto poi… E’ peggio di un polipo, continua, io ansimo terrorizzata, caccio un urlo ma siamo ormai in casa nella sua camera. Due schiaffoni mi fanno tacere, stordita, mi abbandono per un attimo, scalcio e mi schiaffeggia di nuovo, ansimo terrorizzata, dolorante, senza fiato. Si sta spogliando, sono giovane ma abbastanza grande per sapere cosa vuol fare. Grido e sono altre botte.

Mi dibatto ma inutilmente, è un uomo, troppo forte per me, alla fine sono legata ed imbavagliata.

Altre fotografie, un rullino intero. E dove mai potrà farle stampare? Poi penso ad altro, a niente altro che a quello che sta per succedermi. Mi benda gli occhi, si allontana per poi tornare poco dopo. Mi slega i polsi per poi legarmeli diversamente, sul davanti. Anche le caviglie sono legate, unite e le gambe sono tenute tese verso i piedi del letto.

Dal piccolo frigobar ha preso una bottiglietta di acqua minerale, la stappa e me la porge. Bevo a garganella, non pensavo di avere tanta sete. Per bere mi ha slegato i polsi. Me li rilega sono nuda, seduta sul letto, non posso difendermi ed ho imparato a sberle a non gridare. Non che possano sentirti, mi da però fastidio, mi dice sorridendo. Mi serra le spalle, mi bacia, mi carezza ovunque possa arrivare… non rispondo ai suoi baci, non ho mai baciato un uomo ma neppure mi difendo più, subisco e basta. Si sposta, un braccio mi tiene accosta a lui, l’ altro, la mano, scende mi carezza tra le gambe. Non provo niente solo rabbia, schifo, desiderio di sottrarmi, fuggire…ma come? Poi lentamente sussulto, questo no…questo no, non in questo modo…ma sussulto tradita dal mio stesso corpo, è la prima volta, forse una volta, una mattina nel dormiveglia, involontariamente…ma neppure cerco di trattenermi, sono travolta da questa sensazione, mi toglie il fiato, la sorpresa? Lui lascia che mi stacchi un poco dal suo corpo, alzo il capo sussulto mentre la sua mano continua, non smette un attimo, arrovescio il capo ad occhi chiusi, no, non a me, non così, non così. Ho sete, gli dico, ho in realtà la bocca riarsa, mi porge una bottiglia diversa, bevo a canna.

Con mia immensa meraviglia, poco dopo, esausta, sfinita, tremante sono nel mio letto. Un collare ed un metro o poco più di catena mi permette di orinare nel vaso, niente altro Stranamente mi addormento quasi subito.

Mi sveglia lui a metà mattina. Tenendomi per la catena mi accompagna in bagno. Unisce un altro spezzone di catena e mi lascia. Più tardi, in cucina mi mostra una serie di foto. Le guardo incredula.

Chiunque vedendole direbbe che io sia del tutto consenziente. Una sopratutto. Quella scatta quando mi toccava tra le gambe ed involontariamente ho arrovesciato il capo. Ma non solo quella. Mai si vede che sono legata, alla sua mercè, mai che mi dibatto senza speranza per sottrarmi…E non sono poche, una dozzina almeno. Se queste vanno in giro passi per puttana, lo sai. Non rispondo ma dentro di me so che ha ragione.

Sei giovane, bella, ma sei anche mia. La mia schiavetta. Fai conto di essere secoli e secoli fa e di essere stata venduta al mercato. Con queste non puoi fare niente. Denunciami e nessuno le troverà se non chi dico io. Denunciami ed io vado in galera sia pure per poco ma tu finisci sui giornali e sei marchiata a vita come puttana. Una puttana che mi si è data spontaneamente, mi ha lusingato mostrandosi nuda in piscina, che è entrata senza protestare anzi, attirandomi, lusingandomi, precedendomi nuda in camera mia, nel mio letto.

Le foto, queste foto convinceranno polizia e giudici, giornali e tuoi compagni di scuola. Poi, per sempre qualcuno provvederà a che la cosa continui. Sarai marchiata per sempre.

E’ quasi livido, poi arrossisce, stringe le foto fin quasi ad accartocciarle. Ti avrò, sarai la mia schiava, mi chiamerai Padrone, ubbidirai a qualsiasi mio ordine, anzi, imparerai a prevenirli i miei ordini.

Serro i pugni, esito, poi mi scappa un no, un no deciso. Lui sorride. Ci sono molti modi per punire una schiava riottosa. Sorride ancora, sembra un lupo. Ho paura ma sono decisa. Passerò per puttana, penso ma tu finirai in galera. Gli sorrido a mia volta. No, ripeto. Posso al massimo tacere di cosa sia successo. Mi arresto. E dove vado? Io resto qui, dico poi, non la denuncio ma lei mi da tutte le fotografie.

Mi sorprende la rapidità con cui mi balza addosso. Scendiamo delle scale di cui ignoravo persino la esistenza, poi una cantina con poche cose tra cui una panca. Mi dibatto ma alla fine sono stesa e legata sulla panca. Vedo con piacere che sono riuscita a graffiarlo, sanguina persino un poco sul petto. Non mi imbavaglia. Voglio sentirti urlare, chiedere pietà. Forse griderò, stronzo ma non mi farai fare quello che dici.

Urlo al primo colpo. Avevo giurato a me stessa di resistere, di non gridare, per un poco almeno. Il bastone mi martoria la pianta dei piedi. Colpisce sopratutto i talloni. Grido, urlo, ma i colpi continuano, lenti distanziati l’ uno da l’ altro, non smette più, svengo ma una pioggia di acqua, acqua tiepida? No è urina, mi sta pisciando sul viso. E’ forse questo a spezzarmi. Riapro gli occhi, non vedo molto, ho lo sguardo annebbiato, piango, sussulto, capisco di essere vinta…Lo capisce anche lui.

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