Skip to main content
Racconti di Dominazione

Squash

By 15 Febbraio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Non sapeva dove l’avrebbe portata sapeva solo che l’aveva bendata ed ora stavano salendo in macchina.
Non aveva il coraggio di chiedere niente ma come la teneva per mano le comunicava che voleva prendersi le sue emozioni e lei lo avrebbe seguito. Lei era sua. E amava quel suo modo di non dirle cosa stava per succedere. Di caricare la tensione, di metterle paura e poi tirargliela via. Di stupirla facendole vedere fino a che punto riusciva ad arrivare. Lei che quando Lui glielo chiedeva era sempre titubante era sempre lì a dire che non ne era in grado ma che quando Lui la prendeva per mano e l’accompagnava andava ovunque rimanendone sempre meravigliata.
Era persa nei suoi pensieri quando la macchina si &egrave fermata.
L’ha sentito scendere ed aprire il cofano. Non parlava lei attendeva. Sentiva i rumori e cercava di visualizzare l’origine. Stava togliendo qualcosa dal baule. Una borsa non leggera ma nemmeno una valigia. Sente lo sportello aprirsi e Lui che le prende la mano. Vuole che scenda. Chissà dove sono. Un parcheggio forse. Lei non riesce a capire.
La guida attraverso un prato sente l’odore di erba bagnata ai lati ma sotto i piedi il terreno &egrave solido deve essere un vialetto.
La ferma prima di salire dei gradini. Le sussurra quanti sono e rallenta mentre sale. Dove la sta portando? Lei continua a chiederselo. E poi ha paura. Paura di incontrare qualcuno. E di sentirsi in imbarazzo. Per quei retaggi di morale che si portava da quando era bambina e che nonostante fosse donna e avesse scelto di essere sua non riusciva a dimenticare.
I suoi timori si materializzarono dopo aver attraversato le porte scorrevoli e assunsero la voce di ‘Ben arrivato Signor ‘.’ . Un tono che faceva trasparire tutto il disagio di guardare una scena non consueta ma insieme la professionalità che non gli permetteva di farlo trasparire. La reverenza verso un cliente si direbbe abituale e anche con una posizione di rispetto. A cui si poteva far passare anche queste stranezze.
Dove siamo avrebbe voluto chiedere ma non ci riusciva ad aprir bocca in un misto di timore e rispetto. Stava maturando la certezza che era un albergo anche se la confidenza che l’inserviente dimostrava le suonava strana.
Una porta si apre da qualche parte alla loro destra e il vapore e i suoni la travolgono come una doccia gelata. La prima consapevolezza &egrave c’era gente. Chiacchiericcio maschile corpi sudati. L’acqua calda delle docce.. Il profumo dei bagnoschiuma. L’atmosfera della palestra era uscita da quella porta anche se era tardi. Lei non pensava che qualcuno potesse fare sport a quell’ora.
Un’atmosfera che strideva pesantemente con l’atmosfera ovattata di questa che lei aveva immaginato essere la hall di un albergo di lusso..
Le sagome di corpi caldi e profumati la sfiorano.
‘Arrivederci signori..’ La voce dell’uomo che aveva di fronte pronta a salutare dei clienti.
Ma che caspita sta facendo qui bendata per mano a un uomo che avrebbe seguito ovunque’
Le porte scorrevoli che si aprono per portarli fuori e di nuovo l’atmosfera ovattata e loro.
‘La sua prenotazione &egrave tra qualche minuto’
‘Quello che vi avevo chiesto?’
‘Si Federico sta finendo di fissare le corde’
Le domande si moltiplicavano non riusciva ad immaginare nulla e niente era vicino a quello che avevano fatto fin’ora.
Di nuovo la porta sulla destra di nuovo gente che andava via.
Lei silenziosa sperava di passare inosservata non respirava nemmeno quasi per non farsi notare.
Ogni apertura di quella porta era un schiaffo al suo imbarazzo.
‘Stanno andando via tutti ormai abbiamo quasi chiuso siete gli ultimi..’
Mai parole le erano sembrate così dolci..
Avrebbe dovuto sopportare solo ancora qualcuna di queste aperture.
Ma le voci diminuivano come anche i rumori.
‘Il campo &egrave libero e pronto’
Una voce diversa dall’uomo che avevamo davanti.
‘Faccia una buona partita..’
‘Grazie Federico e grazie per il piacere..’
Il suo braccio tirato leggermente le fanno capire che doveva seguirlo. Vanno verso la porta lei lo sa. Sente il calore e i rumori attutiti. Vorrebbe girarsi e correre via. Lì dentro qualcuno avrebbe guardato quell’uomo che portava una donna bendata per mano. Fissati con aria di disapprovazione. E lei se li sentiva già addosso quegli sguardi di disapprovazione prima ancora di entrare.
Camminava sicuro e la porta si apri subito. Trattenne il respiro e si disse che ora era qui e che non sarebbe andata via.
Lui non parlava camminava sicuro e lei immaginava sorridesse delle sue insicurezze e che fosse orgoglioso di sfoggiarla e di stupire. Che gli facesse piacere tutte le volte che la paura le faceva serrare la mano intorno alla sua. Assorbiva e godeva di tutte le emozioni che lei gli donava.
Si addentravano sempre di più in quel posto le voci per fortuna erano lontane dietro di loro. Sembrava deserto lì dove stavano andando. I loro passi risuonavano nel vuoto.
Si ferma le lascia un attimo la mano le sembra che infili una chiave ed entrano in una stanza.
Quando attraversa la porta lei poggia una mano sullo stipite sente il freddo del vetro.
Sotto i piedi un pavimento di legno si immagina sia parquet.
La guida qualche passo dentro quella porta. Lei si dice che dovrebbe essere circa in mezzo alla stanza.
‘Resta qui mi cambio e torno da te’
La sua voce risuona nel vuoto. Lei &egrave sicura che sia una stanza vuota e la certezza che stessero per entrare in una camera d’albergo per quanto particolare sia si infrange in quel vuoto.
‘Ti prego non mi lasciare qui’
‘Torno subito cucciola, non devi aver paura’
Sfila la mano dalla sua e lo sente uscire.
I minuti passano lenti. Solo silenzio fino a quando non sente dei passi. Veloci poi rallentano dietro di lei fuori la porta si fermano qualche secondo e poi tornano ad essere veloci e allontanarsi.
Il rumore di un’altra porta che si apre. Rumore di cose appoggiate e poi dei rumori che lei non sa decifrare. Sembra’ &egrave un rumore regolare.. una palla direbbe lei. Una palla su un muro.
Quel rumore le fa compagnia e le fa fare ancora più domande. Sente la sua voce. Il rumore della palla che si ferma. Lui che chiacchiera con qualcuno nell’altra stanza.
‘Anche tu a quest’ora.. si sta tranquilli &egrave l’unico orario decente .’
Frasi banali.
‘Magari facciamo una partita uno di questi giorni..’Il tono della conversazione finita..
I suoi passi che si avvicinano.
La borsa posata a terra Il rumore delle scarpe da ginnastica sul parquet.
Quando le si avvicina sente le gambe nude. Sta indossando dei pantaloncini.
”. Cosa vuoi farmi fare?’
‘Shhhh non devi avere paura ho solo voglia di averti con me. Non vuoi farmi compagnia?’
‘Si’ annuisce si lascia guidare in avanti fino alla parete di fondo.
Sente il muro davanti alla faccia. Delle corde scendono dal soffitto le sfiorano il volto.
Le mani di Lui sulle spalle l’accarezzano fino ad arrivare alla chiusura lampo sulla schiena.
Cerca di girarsi lei ma Lui le blocca le spalle.
‘Devi fidarti di me. Oppure vuoi andare via?’
Sarebbe scappata via.. voleva scappare via’ ma voleva anche essere sua e lo voleva molto di più di tutto il resto, molto più di quanto avesse timore delle sue paure.
Cerca di rilassare i muscoli Lui lo sente e comincia a spogliarla piano.
Cerca di non pensare alla palla che sente muoversi nella stanza vicino. Cerca di non ascoltare nulla di altro che i rumori di Lui. Le sue dita che fanno scorrere piano la zip. Le mani che fanno scivolare il vestito a terra.
‘Fa un po’ freddo.. hai la pelle d’oca’ ‘
Il dito che percorreva il braccio e faceva increspare ancora di più la pelle.
‘Resisterai per me vero?’
Era una domanda che aveva già una risposta e lo sapevano entrambi. Era un modo per ribadire le loro posizioni. Il suo comandare e il donarsi di lei.
‘..Si.’ sussurrò lei
Le dita sulla chiusura del reggiseno a slacciarlo. Un’esitazione di paura di lei. I muscoli che si irrigidiscono al pensiero che sarebbe rimasta nuda. La sua mente aveva appena accettato di rimanere in lingerie e già doveva passare ad accettare il pensiero successivo.
Istintivamente cerca di concentrare l’attenzione al suono della palla sul muro nell’altra stanza. Fino a che l’avrebbe sentito sapeva che erano soli’
Si rilassò solo quando il tonfo della palla sul muro arrivò alle sue orecchie ma la paura di quando non lo avrebbe sentito più non riusciva a scacciarla via’
Le stava slacciando il reggicalze. Le sembrava ci mettesse un’eternità. Il pensiero che sperava finisse presto fu tanto veloce ad insinuarsi nella sua mente che non riuscì ad evitarlo.
Poi il pensiero di chi era lei chi aveva accettato di essere le permise di scacciarlo via e tornò a concentrarsi su di Lui. Non riusciva ancora ad accettarlo e lei lo sapeva e ogni tanto quando Lui la metteva in queste situazioni non riusciva a fermare l’istinto. O meglio non riusciva a fermare l’abitudine ai suoi vecchi pensieri alla sua vecchia morale. A Lui piaceva vederla combattere i retaggi di morale. Vederla mentre scacciava quei pensieri sostituendoli con la volontà di essere sua e di accettare il suo vecchio inaccettabile.
Ed era proprio uno di quei momenti questo e Lui lo percepiva e proprio per questo i suoi movimenti erano lenti lentissimi. Assorbiva tutti i conflitti dentro di Lei e li faceva suoi se ne cibava. Lentamente come merita un cibo speciale e raro.
Accucciato ai piedi di lei le slacciava le scarpe. Aveva bisogno di un appoggio e allungò le braccia davanti trovando subito la parete. Non immaginava che scendere dai quei tacchi le avrebbe dato così sollievo.
Le calze stavano scivolando via e sentiva il freddo non freddo del parquet sotto i piedi.
Le sue mani sui fianchi a far scivolare giù le mutandine.
Si accuccia di nuovo e le rimette le scarpe.
Di nuovo il pensiero a cercare il rumore ritmico della palla. C’era.. Odiava il sollievo che ne derivava.
Sente che raccoglie i vestiti e li porta lontano. E’ nuda completamente indifesa. Lotta con la voglia di coprirsi con le mani. E tiene le braccia forzatamente lungo i fianchi.
Sobbalza quando Lui le prende le spalle e la gira verso di Lui.
‘Ora mi alleno un po’ e ti voglio qui con me.’
Le mette tra le mani un qualcosa che all’inizio non capisce. Poi ne segue i contorni sembra una racchetta. Sente le corde. Ma non &egrave una racchetta da tennis. Immagina qualcosa tipo badminton si ricorda di averla vista una volta. Allungata come questa. Gliela toglie dalle mani e le mette in mano una pallina. Non &egrave un volano. Sta cercando un altro sport nella sua testa quando sente la sua voce.
‘E’ squash sto per allenarmi a squash. Volevo che tu sentissi la consistenza e che visualizzassi dove siamo.’
La sua immaginazione ricerca tutto quello che sa dello squash.. Niente non sa assolutamente niente a parte quelle due tre immagini che ha dei film americani. E una vaga idea di come sia un campo da squash.
Ed effettivamente si rende conto di esserci dentro. Il parquet il suono della voce che rimbalza sulle pareti. Una stanza vuota.
‘Lo senti la pallina &egrave fredda. Prima di iniziare a giocare bisogna riscaldarla. Colpire il muro in modo forte così si riscalda. ‘
Lascia lei giocare con gli scenari. Non riesce a capire cosa vuole da lei. Si convince che la vuole solo lì. Si prepara a rimanere in silenzio ad ascoltare il suono del suo allenamento. E di regalarle il suo imbarazzo a farlo rimanendo nuda.
Le toglie la pallina di mano. Le unisce i polsi e comincia a legarli insieme con una corda. La gira di nuovo verso il muro. Le mani sopra la testa e legate alle corda che scendevano dal soffitto.
Sente il muro a qualche centimetro dal volto. Potrebbe tranquillamente appoggiarci la fronte.
Sente il rumore della pallina che rimbalza sul pavimento e quello smorzato quando colpisce la racchetta. Gli vengono in mente le immagini del tennis del giocatone che fa un paio di palleggi a terra prima di battere.
Il rumore forte che le arriva alle orecchie la lascia senza fiato. E’ così vicino le sembra di aver sentito anche lo spostamento d’aria ma si continua a dire che &egrave un’illusione che sono i rumori che deve sentire e che sono così forti perché &egrave nella stanza. Ancora la palla che sbatte sul muro ancora così forte. Ancora così vicino.
Diventa ritmico e continuo. Sembrano colpi violenti. Poi si ricorda del riscaldamento della pallina e immagina che sia quella fase.
Continua a combattere l’idea che sta sentendo lo spostamento d’aria. Decide di togliersi le paranoie appoggiando la fronte sul muro.
Non sentirò le vibrazioni così mi metto sicurezza.
Il tonfo sul muro e le vibrazioni che arrivano immediatamente sulla sua fronte.
La sua fragile sicurezza si sta sgretolando e la sua mente ne cerca un’altra. Ok sono sul muro di fondo ma sono in un angolo ha tutto il resto della parete per giocare.
Ha appena finito di formularlo quel pensiero che il rumore della palla sul muro arriva dalla parte sbagliata. Dalla parte opposta . Essere sulla parete di fondo ed esserne al centro &egrave praticamente una certezza.
Lei non &egrave solo la sua compagnia. Lei fa parte del suo allenamento.
Sta ancora viaggiando con l’immaginazione quando un colpo la sfiora a qualche centimetro. Sente il rumore della palla che le penetra le orecchie. Ne sente il calore che produce colpendo il muro.
Cerca di rimanere più ferma che può. Ma non riesce a non sobbalzare quando sente la palla colpirla vicino.
Lui non può non notarlo. Se lo immagina sorridere divertito.
IMMAGINA CHE FACCIA APPOSTA A COLPIRE VICINO AL SUO CORPO PROPRIO PER VEDERLA TRATTENERE IL RESPIRO. E tenerla in tensione.
Racchetta muro pavimento.
Il sibilo dell’aria tra le corde. Il colpo secco sul muro e quello sordo del rimbalzo sul pavimento.
Shhh toc toc
Shh toc toc
Una sequenza ipnotica che impara a seguire.
A volte i colpi sono violenti altri meno. La pallina che le sibila intorno.
Shhh un urlo che non riesce a trattenere quando la pallina le colpisce la schiena. La pallina che smorza la sua corsa e cade sul pavimento ne sente nitidamente i piccoli rimbalzi e la fine della corsa rotolando.
Sente la gomma delle scarpe sul parquet che si avvicinano a lei.
Sente il calore e il dolore del punto dove la palla ha colpito.
‘Non devi urlare’ potrebbero sentirti. Mi vuoi far fare brutta figura?’
Lo sta sussurrando nelle sue orecchie. Le sta praticamente dicendo/ordinando di essere il suo gioco optional durante l’allenamento e di farlo in silenzio.
La consapevolezza che quello sia stato il primo colpo e che Lui non l’abbia colpita forte. Lo sapeva dal modo in cui la pallina aveva rimbalzato. Praticamente smorzandosi. Non era stato tirato con la forza che aveva imparato a sentire. Immaginava che se così fosse il suo corpo avrebbe assorbito solo in parte l’impatto e avrebbe rimbalzato abbastanza da permettergli di continuare a giocare.
La palla aveva ripreso a danzare intorno a lei.
Tratteneva il respiro ora ogni volta che sentiva il sibilo del colpo sulla racchetta.
Non avrebbe urlato’ Il colpo arriva dopo pochi secondi. Sobbalza il dolore che le provoca &egrave molto più forte del precedente infatti la pallina rimbalza sul pavimento e la sente di nuovo dopo poco sul muro.
E’ orgogliosa di non aver gridato.. E sa che lo &egrave anche Lui. Ma sa anche che continuerà a colpirla. Spera solo che non voglia sfidarla. Se così fosse i colpi su di lei non saranno solo un caso. Ma si moltiplicheranno fino a che lei non griderà e implorerà basta.
Un colpo più forte la pelle calda al contatto con la gomma della palla. In mezzo alla schiena e di nuovo il rimbalzo di nuovo la pallina sul muro. E’ tesa e attenta.
I colpi sulla schiena sono dolorosi ma non ha tempo per pensarci ne ha solo per concentrarsi e sentire da dove e quando arriverà il prossimo.
Il suo dorso ormai &egrave pieno di bolli rossi. E’ indolenzita ovunque.
Si rende conto di avere stretto tra le mani le corde con cui &egrave appesa al soffitto e che ci si sta poggiando. Le gambe non la reggono più..
E a parte qualche secondo quando lui non riesce a colpire la pallina non &egrave riuscita a rilassarsi.
Sente un rumore diverso. La pallina che colpisce il muro. La sente cadere praticamente a ridosso al muro..
I passi di Lui che si avvicinano.. Respira a fatica lei e approfitta per cercare di respirare normalmente.
Lo sente raccogliere la pallina ed avvicinarsi. Respiro affaticato di chi ha corso.. Il calore dei muscoli che hanno faticato.
‘Si &egrave rotta la pallina..’ le sussurra all’orecchio.
‘Ci prendiamo una pausa.. Te la sei meritata’
E’ sollevata. Non ha detto &egrave finita ma anche pausa &egrave una parola che la rilassa.
Ora che non deve stare attenta sente la schiena indolenzita. Non saprebbe dire quante volte &egrave stata colpita. Ma immagina la sua schiena come un tessuto a pois rossi.
Non si aspettava il suo braccio che la circonda. E le sue dita a cercare il suo sesso.
Le fruga dentro.
‘Sei bagnata.. ti &egrave piaciuto giocare con me’
Non aveva avuto il tempo di realizzarlo ma si ora che Lui glielo fa notare si ricorda che la prima pallina che l’ha sfiorata le ha fatto scorrere l’adrenalina ed &egrave arrivato direttamente nella figa facendola bagnare.
Ma non ha avuto il tempo per pensarci per razionalizzarlo e nemmeno per rendersi colpo che anche tutti gli altri colpi hanno avuto lo stesso effetto. Ora che le sue dita sono dentro di lei lo sente. Sente i suoi umori e sente il desiderio renderla molto sensibile.
Alle dita di lui bastano pochi attimi per farla gemere.
‘Fammi sentire come godi’
Le dita toccano e giocano con il suo clitoride, continuano a stimolarlo. Lei vorrebbe godere sottovoce.. vorrebbe.. ma lui non smette di masturbarla più velocemente più violentemente. Appena sente i suoi gemiti continua di più e lei non riesce a non godere a non ansimare. Sembra non voler smettere nemmeno quando sente il suo orgasmo stringergli le dita e colargli in mano. Continua a stringere il suo clitoride ormai sensibile. Un nuovo orgasmo e non smette ancora. Sta diventando dolore.. Lei comincia a implorare..
‘Devi godere ancora..’
‘Non ci riesco ti prego..’
‘Non smetterò fino a che non sentirò di nuovo il tuo orgasmo. Lo sai che non smetterò. Decidi tu cosa vuoi’
E difficile ora. E’ difficile ignorare il fastidio che &egrave quasi dolore e fare finta che le dita non siano violente ma dolci. Che la stia portando all’orgasmo, al suo primo orgasmo. La sua capacità di isolare le sensazioni la sta aiutando. Sente solo le dita che la masturbano e ignora il dolore. Il suo orgasmo arriverà molto lentamente ora.. Lo sente però &egrave lì da qualche parte nella sua mente deve solo accompagnarlo all’uscita.

La sua mente segue i movimenti delle dita e ne prende solo il piacere. Ci mette un po’ a dimenticare il fastidio ma poi le sente danzare, sfiorarle la carne, cercare il piacere e le segue si adegua, segue il ritmo eh.. geme gode respira veloce’
Si &egrave allontanato non sente più le sue mani non sente la sagoma del suo corpo. Quando &egrave successo?
Si calma quando lo percepisce di nuovo alle sue spalle.
‘Mi piace il tuo godere.. ne voglio ancora”
Sta per dire qualcosa, sta per chiedere qualche attimo per respirare..
Sente la gamba di lui che si insinua tra le sue. Con il suo piede sposta i suoi in modo da lasciarle le gambe divaricate solo un po’ solo quanto basta. Questa &egrave la sua percezione anche se non sa esattamente quanto basta a fare cosa. Lo scopre dopo pochi secondi. Tra le gambe puntato all’entrata della sua fica il manico della racchetta. Sa che &egrave quello perche ne sente la forma che le sfiora i polpacci. Sobbalza.
‘Tranquilla cucciola, niente di più di un dildo.. niente di più’
Le respira quelle parole direttamente sulla pelle. Direttamente sul collo. La accarezzano. Il tono suadente. Quando le parla così potrebbe chiederle di tutto..
Le infila il manico piano ma inesorabilmente. Ha paura nel pensare fino dove ha intenzione di spingerlo in lei. Quando sente entrambe le sue mani che carezzano i suoi fianchi, il suo corpo che si attacca al suo si rende conto che la racchetta non ha bisogno di essere retta &egrave piantata nel suo sesso.
Il calore che emana il corpo accaldato dallo sport e dal desiderio di lui e le sue mani che percorrono la sua pelle ragalandole piccoli brividi le rendono meno spaventosa l’idea.
Le dita che cercano i suoi capezzoli li stuzzicano li inturgidiscono. Sente la sua erezione e i suoi movimenti guidati dall’eccitazione farsi più violenti. Le mani che strizzano il suo seno. Il respiro sul collo. I capezzoli tirati fino al suo gridare.
‘Shhhh ‘ sussurrato nelle sue orecchie e le dita a stringere di più..
Un piccolo urlo quando sente la racchetta cominciare a muoversi a essere spinta ancora di più dentro di lei. Non con le sue mani.. Accompagna con il piede i movimenti su di lei.
‘ Mi eccita saperti piena’
Un tono della dolcezza e della vischiosità del miele. La fa colare. Se solo sapesse che ora potrebbe chiederle qualsiasi cosa desideri e non riceverebbe un no’..
Le gambe le cedono.. Lui la sorregge.. Mentre l’orgasmo scorre di nuovo e le riga le cosce..
‘Piccola cagna’ Mi distrai.. debbo allenarmi’
Il tono pieno di rabbia la scuote e la trascina fuori dallo stato di oblio.
La racchetta strappata fuori la lascia senza fiato come se avesse tirato via un pezzo di lei.
Non riesce a capire cosa ha fatto ma sa che lui &egrave arrabbiato.
‘Guarda come hai ridotto la mia racchetta.’
Lei non riesce a comprendere sente il rumore dell’asciugamano sul grip del manico. Vorrebbe piangere anche se non sa di cosa abbia colpa.
La strattona e la gira. Ora il muro &egrave alle sue spalle.
‘Non voglio nemmeno un gemito da adesso a quando finiamo. Ne sei capace?’
Non risponde.
‘Ok va bene non ne sei capace.’
Le sue dita che le aprono le labbra si infilano nei denti e le spalancano la bolla.
Il sapore della gomma.
‘Tanto questa pallina non la possiamo più utilizzare servirà a qualcosa.’
Le viene da vomitare. La pallina non la fa respirare il sapore &egrave orribile. Stringe i denti. Affondano nella gomma &egrave ancora peggio.
Il suono della pallina sulla parete la fa trasalire. E’ tirata con violenza. Sente un grido gutturale che accompagna ogni colpo.
Trattiene il respiro come se se l’aspettasse. La pallina colpisce violenta la sua pancia. Fino a piegarla leggermente. Assorbe quasi tutta la potenza e la pallina rimbalza lentamente. Sente lui che viene a raccoglierla e i tonfi sul muro ricominciano a pochi centimetri dalle sue orecchie.
Un altro colpo la prende sul seno. Di nuovo la pallina che rotola finendo la sua corsa.
Non respira più. Non fa altro che aspettare i colpi. Stringendo i denti sulla pallina di gomma nella sua bocca per non gridare. Domani il suo seno sarà irriconoscibile. Completamente livido. Sente il dolore. E Lui non ha intenzione di smettere. Due lacrime le rigano le guance. Non riesce a fermarle. Sono miste a dolore, tensione, orgoglio. E’ talmente tesa che non si rende conto che &egrave un po’ di tempo che non la prende più. Il rumore della pallina sul muro &egrave regolare e meno violento. La rabbia &egrave passata.
Non sente più nulla si &egrave fermato. Si rende conto ora che non sente più nemmeno il rumore della pallina nell’altra stanza. Chissà da quanto tempo &egrave finito.
Chissa se &egrave passato qui davanti. Chissà se l’avrà vista nuda lì su quel muro..
Il colpo della pallina a pochi centimetri dalle sue orecchie la fa sobbalzare. Ha ripreso di nuovo a colpire forte. Ma non su di lei..
Un altro paio di volte la pallina si smorza addosso a lei ma si rende conto che non &egrave voluto &egrave solo un caso.
Riesce anche a pensare a tutto quello che &egrave successo. A rendersi conto che &egrave in mezzo a un campo da squash nuda a fare da bersaglio. Si chiede come mai non le sembra così strano.
Una ventina di minuti forse meno non riesce ad avere la percezione del tempo che quando &egrave con lui si dilata seguendo le sue fantasie. E’ di nuovo vicino a lei. Sudato accaldato. Il respiro affannato dallo sforzo.
Sente le sue dita sfiorare la sua pelle. Tocca le arrossature lasciate dai colpi.
Le dita fredde di lui sembrano darle sollievo.
La lingua sulle sue guance a leccarla lasciando una scia bagnata.
‘Erano le mie. Sono salate le tue lacrime. Mi eccitano. Lo senti?’
Il suo sesso eretto sfiora le mie gambe da sotto la stoffa dei pantaloncini.
Le dita che si infilano nella sua bocca a tirare fuori la pallina che senza rendersene conto stava stringendo tra i denti. E’ viscida della sua saliva.
‘Abbiamo finito. Ti porto a casa ora. Ho voglia di te.’
Le sue mani a slegare le corde e a liberarla. E’ indolenzita e tesa. Si massaggia i polsi sente i segni lasciati dalle corde stertte per tanto tempo.
‘Sei stata brava cucciola. Più di quanto credi.’
Non capisce perché non accenna a toglierle la benda.
‘Sei pronta?’
‘A fare cosa?’ sussurra
‘ A guardare’
Cosa significa? Non capisce. Annuisce ma non sa nemmeno lei perché.
Le dita di lui a togliere il raso dai suoi occhi.
‘Sono orgoglioso di te hai dimostrato a me e a loro cosa significa appartenere a qualcuno’
Ha sentito le sue parole ma non vuole capirle. I suoi occhi non riescono ancora a mettere a fuoco quello che vede davanti a lei. La parete di vetro. Delle panchine. Due, tre , quattro persone appoggiate al muro stanno guardando loro.
Lei le palline il muro. Guarda i segni sui polsi. I segni rossi sul suo corpo. Quelli quasi neri sul suo seno. Non si sente più le gambe. Tutti i suoi timori.. Il suo imbarazzo.. E’ nuda’ Il mondo comincia a girare. Non sente più il pavimento sotto i piedi. E’ tutto buio ora.

Leave a Reply