In mattinata feci due telefonate, furono entrambe lunghe e la prima non facile.
Nel primo pomeriggio chiamai la schiava e le dissi cosa doveva fare e come comportarsi quando sarebbe uscita dall’ufficio.
Era primavera inoltrata, Emma indossava un vestito stretto e nero che le arrivava alle ginocchia, sopra il vestito, una giacchetta. Il vestito era attillato, ma non striminzito come quello rosso, faceva risaltare le forme generose e metteva in mostra le cosce piene e rotonde, attaccate una all’altra. Le avevo detto che doveva indossare le décolleté e delle autoreggenti nere. Il nylon strusciava sulle cosce, attirava gli sguardi, la schiava era imbarazzata, ma mise il pilota automatico e il più rapidamente possibile si avviò verso la metropolitana. Era imbarazzata e impacciata sul tacco dodici che portava quasi solo in casa e raramente, per strada era un’altra cosa. Prima di uscire dall’ufficio le avevo ordinato di farsi un selfie a figura intera e di mandarmelo. Attirava gli sguardi come una calamita, il che la faceva sentire a disagio e vergognare ulteriormente. Scese per le scale traballando e sudando, era stressata, ma eseguiva gli ordini.
Eddy era un nero alto almeno centonovanta centimetri, spalle larghe, gambe lunghe, prestante e snello allo stesso tempo, indubbiamente bello ed elegante nel suo completo nero e camicia bianca. Aveva gli occhi neri, i capelli neri e corti, le labbra carnose, un magnifico stallone. Lo avevo conosciuto qualche anno prima quando di notte faceva il buttafuori nelle discoteche di Milano e di giorno la guardia davanti ai negozi di lusso, ogni tanto si prestava anche come guardia del corpo. Poi, dopo aver litigato con diversi delinquenti, avendone mandato in ospedale parecchi, aveva deciso che era meglio cambiare aria e si era trasferito a Roma. Mi doveva qualche favore e sapevo che quello che gli proponevo non gli dispiaceva.
Affiancò Emma nel mezzanino e le disse chi era e chi lo mandava. Emma sapeva che qualcuno si sarebbe fatto vivo, ma nessuno le aveva detto che si trattava di un nero, non era spaventata dalla pelle scura, ma non se l’aspettava e quando Eddy la prese per un braccio, scartò e tremò. Eddy sorrise, “tanta roba” pensò, strinse. – Tranquilla, prendimi a braccetto e seguimi. –
Emma lo prese a braccetto e man mano che mosse i primi passi si sentì meglio, aggrapparsi a quel colosso le sembrò, al momento, rassicurante, sicuramente si sentì meglio sui tacchi. Eddy si avviò verso il binario e mi chiamò. – Tutto a posto – mi disse, – quando arrivo sul posto ci risentiamo. Te la passo. –
Quando fu al telefono, prima che potesse parlare, dissi – fai quello che ti ordina Eddy, come se fossero i miei ordini. – Non aspettai che rispondesse e misi giù.
Qualche minuto dopo mi chiamò Romolo. – Sono sul posto, non c’è nessuno. –
– Stanno arrivando, stai calmo e guarda e soprattutto non ti fare vedere, esci solo quando ti chiama Eddy. –
Eddy indossava un vestito nero, su un leggero maglioncino nero, nere erano anche le scarpe. In metropolitana la gente li guardava e intorno a loro si era fatto il vuoto, il nero e la bianca. Il nero alto, bello, statuario, la bianca che più bianca non si poteva, in quel momento anche mortalmente pallida, formosa, tremolante, burrosa. Attirava gli sguardi dovunque, cominciavano dal seno ingombrante, proseguivano sulle cosce tremolanti, terminavano sulla boccuccia imbronciata e chi era dietro aveva parecchio da guardare anche da quel lato. Eddy la teneva con una mano sul gomito e l’altra sul sostegno, anche lei aveva l’altra mano sulla maniglia in alto. Quella posizione portava il vestito a risalire scoprendo la coscia fino alla balza dell’autoreggente e mostrando due dita di bianco. Emma stava zitta, guardava nel vuoto, non aveva il coraggio di guardare nessuno mentre Eddy beffardo, con il suo sorrisetto, guardava tutti e quando il suo sguardo si fermava su qualcuno il tizio abbassava gli occhi o guardava altrove-
Eddy strinse sul gomito e la spinse in avanti, scesero dalla metropolitana e rapidamente furono fuori. – Dove mi sta portando? – trovò il coraggio di chiedere Emma.
Eddy non le rispose, si limitò a stringere sul braccio e ad affrettare il passo, lei trotterellò dietro. Tra i vari locali per cui Eddy lavorava c’era un privè. A quell’ora il locale era semivuoto, Eddy fece qualche cenno di saluto ai colleghi, salutò qualche cameriera che li guardò curiosa e condusse Emma verso una stanza. Ora la schiava era nervosa e un po’ spaventata, intuiva dove si trovavano, non immaginava che in un locale potessero succederle cose brutte, ma quando entrarono in una stanza semibuia ed il nero si chiuse la porta alle spalle cercò di divincolarsi. Eddy la lascò fare, la porta era chiusa e solo lui sapeva come si apriva. Accese le luci e la stanza fu perfettamente illuminata, la telecamera iniziò a riprendere ed ebbi una visione perfetta dell’ambiente. Dopo aver tentato improbabili fughe di qua e di là Emma si fermò e si appiattì contro una parete. Non diceva niente, non gridava, sarebbe stato inutile, la stanza era insonorizzata. C’era uno specchio che nascondeva uno stanzino e dietro quello specchio c’era Romolo. Romolo non era persuaso di quella scelta, aveva scelto il virtuale per non consegnare la schiava nelle mani di qualcuno, poi gli avvenimenti avevano preso quella piega e si era fatto convincere, ora seguiva apprensivo.
La schiava temeva quello che stava per succedere, ma non si rendeva conto di quanto c’era dietro. – Spogliati schiava – intimò Eddy, – altrimenti quel vestitino te lo strappo di dosso e tornerai a casa mezza nuda. –
– Ubbidisci Emma – la incalzai anch’io. Lei si guardò intorno sorpresa, ma non realizzò da dove venisse la voce, solo allora si accorse della cam e capì che nella stanza c’era un microfono.
– Padrone… –
– Non stai ubbidendo come ti ho detto di fare. Sarai punita schiava. Imparerai a rispondere immediatamente al desiderio del tuo padrone, senza esitazione. – Emma non fiatò più.
La schiava si rese conto che non aveva scelta, si levò la giacchetta, scostò le spalline del vestito e lo lasciò scivolare per terra, fece per levarsi il reggiseno che tratteneva le immense puppe, ma Eddy la fermò. – Va bene così – disse Eddy a suo agio e portandosi nel centro della stanza.
– Ora vieni qui. –
Diffidente Emma si avvicinò, lui la prese per i polsi e glieli ammanettò con polsiere di cuoio che legò ad un gancio che scendeva dal soffitto, in un attimo Emma fu catturata e inerme. Eddy tirò la catena ed Emma vide i suoi polsi e le braccia salire in alto sopra la sua testa. Eddy tese al massimo fin quasi a lasciarla sulle punte delle dita, il tacco dodici toccava e non toccava il pavimento, Emma era in ambasce, in un precario equilibrio, sentiva la trazione sui polsi che si trasmetteva a tutto il resto del corpo che tremolava piacevolmente per il piacere degli occhi di Eddy e di Romolo. Il Padrone era ansioso e geloso, ma guardava la scena sempre più infoiato. Quando Eddy si avvicinò alla sua schiava da dietro e con una mano l’accarezzò sulla schiena scendendo fino allo splendido ed importante mappamondo, mentre con l’altra, da sopra il reggiseno, strinse una tetta, Romolo muggì come un toro, a cui stavano portando via la sua vacca preferita, agitandosi sulla poltroncina dietro lo specchio.
Anche Emma si agitò. – Cosa mi farai? – piagnucolò con voce tremolante.
Eddy le diede una sberla formidabile sulle chiappe e strizzò la tetta che aveva in mano.
– Sbagli continuamente. Non ubbidisci, parli senza permesso ed ora mia dai del tu. Forse perché sono nero e non mi devi rispetto? – Eddy colpì di nuovo sull’altra chiappa e torse il capezzolo. –
Emma stavolta si lamentò – per favore… nooo… la rispetto. –
Eddy spadroneggiava sul corpo di Emma, le levò il reggiseno e l’accarezzò possessivo. – Di chi sono queste magnifiche tette? –
– Sue Signore, ma la prego… mi liberi e farò quello che vuole. Tuttooo. –
Eddy era di fronte alla schiava, allargò l’elastico delle mutandine e tirò verso giù. – Certo che farai tutto. – Intanto le mutandine scivolavano sulle immense e tremolanti cosce della schiava, scavalcavano le ginocchia e cadevano ai piedi di Emma. – Padrone… per favore… –
– Mi dicono che sei una vacca, ma ancora non sei pronta. – Eddy strinse la mano sulla fica della schiava ed Emma rantolò. Poi strinse il clitoride tra le nocche dell’indice e del medio e la schiava miagolò. – Così è meglio troia. – Emma arrossì, la sua pelle s’imporporò per tutto il corpo e la fica iniziò a colare. – Sei una baldracca. – Emma non rispose, ma miagolò.
Edyy le infilò due dita in bocca, la schiava chiuse gli occhi e succhiò.
– Brava, ma perché per arrivare a questo punto devi far perdere tempo ed esasperare il tuo padrone? – Eddy immerse le grandi mani nere nelle pallide e burrose tette della schiava che gemette.
– Non lo so Signore, non lo faccio apposta, sono fatta così. –
Eddy sistemò una barra di cinquanta centimetri con ai termini due cavigliere e le chiuse sulle caviglie della schiava, abbassò di qualche centimetro la catena ed Emma si ritrovò con le gambe larghe e di nuovo i piedi per terra. – Quante gliene devo dare Signore? –
– Dagliene dieci, non è mai stata frustata seriamente, quindi iniziamo piano. Deve imparare ad essere pronta al primo comando e non quando si eccita. –
– Nooo Signore, la pregoooo… Ho ubbiditoooo… –
Eddy prese dalla parete di lato una frusta, si portò di fronte alla schiava e la provò sferzando l’aria davanti ad Emma che iniziò a tremare e per quello che poteva, poco, ad agitarsi, gemere e piangere. – Noooo, noooo, non mi batta… per favore ubbidirò… sempre e subitoooo. –
La mia voce all’altoparlante. – Ovvio, ma è necessario Emma. Così te lo ricordi. –
La frusta scelta da Eddy non era molto lunga, era larga alcuni centimetri, abbastanza rigida, simile ad una bacchetta flessibile, il nero voleva sentire le frustate che dava. Il nero era magnifico, sia io che Romolo, in quel momento, lo invidiavamo. Eddy abbassò un po’ la catena e la schiava si ritrovò ad essere più comoda. Il nero spinse leggermente sulle spalle di Emma che si ritrovò ad incurvarsi protendendo le natiche, poi l’uomo passò alle spalle della schiava. Si muoveva elegantemente ed aveva gesti e modi aggraziati, si era levato la giacca, per il resto era ancora completamente vestito. In quel momento, mentre si accingeva a battere la schiava, sembrava che stesse per compiere l’atto più naturale del mondo. Fletté la frusta e per sciogliere i muscoli diede alcuni colpi nel vuoto sferzando l’aria. Emma non poteva vedere cosa succedeva alle sue spalle, ma poteva sentire e quelle sferzate la riportarono immediatamente alla realtà, era preoccupata e aveva paura. Emma non sapeva bene cosa aspettarsi, Romolo non l’aveva mai battuta seriamente. Doveva essere doloroso e lei non sopportava il dolore, almeno così credeva. Dieci frustate non erano molte, ma bisognava vedere qual era lo strumento utilizzato e chi le dava, quello che sentiva la preoccupava ed ancor di più la preoccupavano le sue cosce grassocce erano aperte, lì in basso era esposta. Mentre era presa da queste congetture il primo colpo arrivò inaspettato sulla parte alta delle natiche, fece appena in tempo a stringere che il dolore le arrivò al cervello, l’urlo le uscì dalla bocca senza neanche accorgersene. – Ahaa… – Eddy si era messo di lato alla schiava e ne aveva preso le misure. Emma aveva stretto i denti e reagito al dolore, ma non aveva neanche assorbito il primo colpo che già arrivava il secondo, come il primo disegnò una striscia rossa per tutta la larghezza del culo, arrivò più in basso del precedente e fu più violento. Emma non era preparata, non aveva stretto ed irrigidito il culo ed il colpo penetrò più a fondo nella carne e nei nervi, le sue ampie natiche assorbivano che era una bellezza, ma faceva male lo stesso. L’urlo che emise fu più forte del primo. Il nero si concesse una pausa, si avvicinò al culo della bionda per esaminare gli effetti del suo lavoro, ciò che vide lo lasciò soddisfatto, i segni rossi tendevano al viola, lì dove la schiava era stata colpita la carne pulsava, la tastò lievemente, scottava. Emma sentendosi toccare si agitò sulle gambe e sulle natiche, quel tremore eccitò ancora di più Eddy.
– In futuro ne prenderai tante, ma questa voglio fartela ricordare, la prima punizione è come il primo amore, non si scorda mai. –
Emma non rispose, sapeva che chiedere compassione non sarebbe servito a niente e poi non era stato chiesto il suo parere. Eddy passò la mano aperta sulla vulva della schiava e l’accarezzò per tutta la sua lunghezza. Un gemito uscì dalle labbra di Emma.
– Coli come una baldracca. Buon per te, soffrirai di meno. – Eddy si rimise in posizione. Seguirono altri cinque colpi, come i primi portati di lato e sempre leggermente più bassi del precedente, il terzo fu il più violento, poi gli altri furono, man mano che Eddy si stancava, meno forti, ma ormai Emma sudava freddo ed i capelli le si erano rizzati sulla nuca, il supplizio continuava e non colava più. Ad ogni colpo il seno della schiava ballonzolava lubricamente in avanti. Anche l’ottavo ed il nono furono leggeri, ma arrivarono dove la schiava era già stata colpita e rinnovarono dolori e lacerazioni che stavano a stento rimarginandosi. Emma ululò come una bestia. Per il decimo colpo Eddy cambiò, prese un frustino molto sottile e si portò davanti alla schiava che ormai aspettava che tutto finisse. Mentalmente Emma aveva contato i colpi ed ora agognava l’ultimo, la fine. Lo vide che caricava, stava per colpirla davanti, ma dove? Sulle tette, sarebbe stato terribile. Chiuse gli occhi. Il colpo fu molto violento, portato dal basso verso l’alto e penetrò come un coltello tra le grosse tette, proprio a metà del seno pendulo. Il dolore fu lancinante, ne seguì un grido bestiale che durò a lungo, fin quando non si spense lentamente in un lamentoso tormento sempre più flebile, poi Emma si lasciò andare ad un pianto disperato, il trucco si disfece colando per le guance.
Emma penzolava sulle corde che la tenevano sospesa a circa un metro da terra. Emma stava pensando che prenderle non le piaceva, ma che quello era il prezzo da pagare per fare felice un Padrone. Non era quello che voleva? Si rispose di sì.
Fu a quel punto che Romolo fece il suo ingresso nella stanza. Emma rimase scioccata, ma trovò il modo di dire – Padrone, per favore liberami. Farò sempre quello che vuoi. Lo giuro, ubbidirò sempre immediatamente. –
Romolo era combattuto, ma resistette. – Fino a quando non diventerai brava Eddy e Master Daniele continueranno ad educarti. – Emma singhiozzò e pianse rassegnata.
Eddy si avvicinò come un gatto fa con un topolino e le sollevò il viso. La baciò sulle labbra e l’accarezzò lungo tutto il corpo strizzandole i capezzoli. A Emma piacque come il nero, ora, la stava trattando. Era bello, l’aveva crudelmente frustata, ma ne era soggiogata, completamente e i suoi baci erano più di un balsamo. Nonostante la sofferenza lo desiderava tantissimo e tremante si era protesa verso di lui per farsi baciare ancora. Non capiva neanche lei come mai resisteva sempre. Lui si negò e la schiaffeggiò in faccia. Piccoli schiaffetti che l’avevano umiliata, lei si offriva e lui la respingeva, lei lo voleva e lui si negava. Ora che aveva deciso di darsi con tutta se stessa. Si protese ancora verso il Padrone, agognando i suoi baci e le sue ruvide carezze. Eddy allentò la corda che scendeva dal gancio e finalmente Emma appoggiò di nuovo i piedi per terra. Neanche il tempo di rilassare la schiena che lui, implacabile, la fece piegare a novanta gradi e la sculacciò. Romolo, si passava la lingua sulle labbra, sotto era tutto un agitarsi, assisteva stupito ai cambiamenti della schiava, era una troia, si stava concedendo a quel nero che non aveva visto mai come una cagna. La schiava cercava di sfuggire, il suo corpo guizzava come poteva per cercare di evitare le pacche sulle natiche di burro, ma per Eddy era facile trattenerla, bastava tirare la corda ed era di nuovo alla sua portata. La puniva blandamente, schiaffi o sculacciate, strizzate al seno ai capezzoli o alla fica. Bollente. Emma avrebbe fatto di tutto per godere ed avrebbe fatto di tutto per lui. Però, ancora non capiva che prima veniva lui e poi lei. Glielo avrebbero insegnato. Lui l’aveva frustata, sculacciata, baciata, accarezzata, stava impazzendo.
Eddy non era violento, ma lei doveva imparare. La pelle della schiava era delicatissima e si arrossava facilmente, lui le aveva lasciato dei segni, ma sarebbero spariti presto, forse quello nel mezzo delle tette sarebbe durato un giorno ancora. Eddy si spogliò, per Emma era un dio, ma anche i due uomini dovettero riconoscere che era un bell’esemplare.
Eddy la rimise in sospensione e si sistemò, in piedi, tra le sue cosce grassocce e tremule, tenute separate dai due tiranti delle caviglie. Romolo quando capì ebbe un violento singulto. Era entrato dentro la sua schiava e Emma gemeva, non più di dolore, ma di piacere. Si agitava e si muoveva freneticamente, nonostante fosse sospesa in aria, come un’indemoniata. Godeva e veniva, ma non si stancava. Lo voleva, dentro di lei. Il suo corpo vibrava impaziente di accoglierlo, lo voleva fino in fondo. E lui affondava, la baciava e la mordeva, l’accarezzava e la pizzicava su quel corpo morbido, sontuoso. Emma si scioglieva sotto quelle aspre e ruvide carezze, in quel momento desiderava che fossero ancora più ruvide.
Lui smise di fotterla, la fece ruotare, ora al posto della fica si trovò alla giusta altezza della bocca. L’afferrò brutalmente per i capelli trascinandole la bocca sul suo cazzo, ritto, duro e lubrificato dagli umori della schiava. Emma leccò, leccò il cazzo, leccò le palle e leccò ancora. Poi lui le tirò i capelli in alto e lei aprì la bocca. La penetrò e la fece ondeggiare facendola andare avanti ed indietro fottendola tra le labbra. Poi venne e l’inondò di sborra, un lungo fiotto si riversò fino alla gola, il resto le inondò il viso e le colò tra le immense tette.
Eddy andò via e Romolo si prese cura della sua schiava. La sciolse, la cullò tra le sue braccia e poi la portò a casa. – Sei stata brava, forse stai imparando. Dopodomani ti riporto qui, così vogliono Master Daniele e il Signor Eddy. – Emma non disse niente, ma dentro di sé era appagata.
Eddy, alla presenza di Romolo, nelle due settimane successive lo rifece parecchie volte, Emma migliorava, diventava sempre più reattiva e pronta, ormai ubbidiva immediatamente agli ordini, sia di Eddy che di Romolo. Io, spesso, ma non sempre, mi collegavo e vedevo cosa combinavano, ogni tanto intervenivo per riprendere Emma, devo dire che quella schiava mi attizzava sempre di più.
Romolo, dopo un paio di settimane, era soddisfatto della sua schiava, stava diventando il suo docile ed ubbidiente giocattolo, così come la voleva. Romolo sentì il dovere di ringraziarmi. – Devi venire a Roma, Emma sarà contenta di servirti. –
Era ormai estate piena. – Quando vai in ferie? –
– Tra quindici giorni per tre settimane, finalmente. –
– E la schiava? –
– Purtroppo dovrò abbandonare la cagna per quel periodo, magari l’affido a Eddy. –
– Caricala su un treno ad AV e mandala da me, la tengo io. –
E così fu, ma questa è un’altra storia che non ha niente a che fare con il virtuale e che non racconterò qui. Posso solo dire che, dopo quel mese che Emma trascorse con me, la schiava subì un’altra trasformazione, da schiava zerbino la trasformai in una geischa, una bella schiava di tutt’altro valore e importanza. Il fatto è che, quando la conobbi dal vivo, vidi che come zerbino era proprio sprecata, aveva potenzialità immense. Doveva solo acquistare fiducia in sé stessa e autostima. Emma rimase sempre docile e sottomessa, ma divenne attiva e intelligente, una schiava perfetta, ma anche una dama che poteva accompagnare un uomo dovunque. Soprattutto, concluse gli studi, e iniziò a lavorare con successo.
Romolo, quando la rivide, dapprima si incazzò, a lui avere un giocattolino su cui sfogarsi piaceva, ma presto, anche lui, apprezzò la mutazione.
Un anno dopo Emma faceva il suo ingresso in un lussuoso ristorante della capitale, si era laureata ed era diventata avvocata. Era diventata una signora elegante e sicura, matronale, ma rassicurante e sottomessa, molto sottomessa. Indossava tacchi alti, ma non eccessivamente, già con il tacco otto diventava abbondantemente più alta della maggior parte degli uomini. Un vestito celeste le scendeva morbidamente sui fianchi e sulle natiche, fino alle ginocchia, le calze di seta strusciavano tra le cosce. Il suo corpo florido e burroso, i suoi occhi celesti e la sua bocca attiravano sguardi di fuoco dagli uomini, e d’invidia dalle donne. Il filo di perle, la faceva più grande, ma nel suo nuovo ruolo ne aveva bisogno.
Lavorava sempre per Romolo, era sempre la sua schiava, ma lui aveva completamente cambiato atteggiamento. Arrivò e si sedette al tavolo del suo Padrone che l’aspettava con due clienti. Ricevette meritati complimenti per come si era comportata in tribunale, i due clienti ne erano ammirati, della sua bravura e del suo… gli sguardi andavano continuamente verso quel filo di perle, sotto il quale era nascosto un bel tesoro, anche abbondante. Il suo padrone la guardava orgoglioso, Romolo la schiavizzava e se la fotteva giornalmente, ma ormai l’adorava. Ultimamente pensava spesso al divorzio, ma Emma l’aveva fulminato. – Stiamo bene così. Tu Padrone ed io schiava. Questi sono i nostri ruoli. –
Per chi mi vuole scrivere in privato: Koss99@hotmail.it
Se mi vengono proposte storie interessanti posso scrivere su commissione.
Qui pubblico solo anteprime. I miei racconti completi sono pubblicati su:
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ciao ruben, mi puoi scrivere a gioiliad1985[at]gmail.com ? mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze...
Davvero incredibilmente eccitante, avrei qualche domanda da farvi..se vi andasse mi trovate a questa email grossgiulio@yahoo.com
certoo, contattami qui Asiadu01er@gmail.com
le tue storie mi eccitano tantissimo ma avrei una curiosità che vorrei chiederti in privato: è possibile scriverti via mail?
Complimenti, argomento e narrazione fantastici.