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Racconti di Dominazione

Una storia, una storia come tante altre

By 29 Gennaio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

-Per la miseria, ce ne hai messo di tempo, per svegliarti. Ero convinta che il dosaggio fosse quello adatto per la tua stazza, forse son stata un po’ troppo di manica larga.
Dovresti ringraziarmi, era roba costosa.
No no no, non agitarti così.
&egrave inutile, quelle cinture non si allenteranno e finirai con il farti del male.
E non voglio te ne faccia, non da solo e non più del necessario.
Sarò anche bugiarda, ma non son stupida. Mi servi intero.

Nel mettersi cavalcioni sulla sedia, la giovane donna non distoglie lo sguardo dal suo interlocutore, seduto di fronte a lei a non più di due metri di distanza.
Infila la mano destra nella tasca della felpa nera, larga al punto che ne cela quasi completamente le forme e, con lentezza voluta sfila un portasigarette in alluminio.
Lo sguardo s’abbassa per andarsi a posare sull’oggetto mentre viene aperto e da questo vien sfilata una sigaretta.
Il suono che produce, quando vien lasciato cadere a terra con noncuranza, sembra riecheggiare nel silenzio della piccola stanza, stanza scarsamente illuminata da una singola lampadina che penzola dal soffitto.
La ragazza che a dispetto del trucco non dimostra più di venticinque anni porta la sigaretta alle labbra, incurante del mugolio dell’altro occupante della stanza; sospira mentre riporta la mano in tasca per sfilare, questa volta, un normalissimo accendino.
Accende la sigaretta e inspira profondamente la prima boccata, arrivando a socchiudere le palpebre.
Soffia con fare teatrale il fumo in direzione dell’uomo, bloccato alla sedia per braccia e gambe da normalissime
cinture.

-Oh, spero non ti dia fastidio stia fumando una delle tue.

Fosse per la sola intonazione della voce, potrebbe sembrare sincera. Ma lo sguardo tradisce lo scherno.
Inspira una seconda boccata di fumo prima di chinarsi leggermente in avanti, andandosi a poggiare con il torace contro lo schienale della sedia.
Un rivolo di fumo s’alza dalla mano lasciata ciondoloni lungo il fianco, mano con la quale regge la sigaretta.

-Dicevo, mi servi intero. Almeno fino a quando non mi arriva la conferma del pagamento.
Dopo potrai lasciarti dietro tutta questa storia.
Certo, un po’ zoppicante, con un bel po’ di cose da spiegare a tua moglie e con i tuoi figli che non ti guarderanno più come un esempio da seguire, ma sarai libero di proseguire per la tua strada.
Ah si, i conti saranno a secco per un po’.
Cazzo, certo che fumi delle sigarette di merda.

L’ultima frase vien pronunciata con enfasi maggiore rispetto le precedenti quasi fosse quella parte più importante del discorso.
A dar maggior risalto alla cosa, l’espressione di disgusto che compare sul volto quando solleva il braccio destro per osservare la sigaretta. Non cambia postura e rimane così, scomposta e in silenzio, per alcuni istanti, assorta nel fissare la sigaretta, rigirandosela tra le dita per leggerne la marca.

Senza alcun preavviso l’uomo inizia ad emettere suoni che sarebbero dovuti essere delle urla ma, per il bavaglio di fortuna che gli copre la bocca, si riducono ad una serie di mugolii concitati. Si agita, per quanto gli &egrave possibile viste le cinture che gli impediscono buona parte dei movimenti.
Al mugolio si aggiunge il suono dei piedi della sedia che, per il peso dell’uomo, ad ogni strattone traballa.
&egrave questo suono che sembra richiamare l’attenzione della ragazza.

-Però, se proprio devo essere onesta, avrei voluto vedere l’espressione di tua moglie quando ha guardato la prima parte del video. Non quella in cui la implori di pagare, ma quella in cui scopavamo.
Per la maggior parte del tempo si vede il tuo culone peloso che si muove a casaccio, ma in un paio d’inquadrature ti si riconosce benissimo.
E ti si sente. Oh, se ti si sente parlare.

Lasciata cadere a terra la sigaretta, la giovane si alza in piedi e, dopo aver scostato la sedia, s’avvicina al suo muto interlocutore.
Quando riprende a parlare, lo fa con tono particolarmente duro, che non cela un forte disprezzo.

-Sul serio hai creduto che mi lasciassi scopare perch&egrave ti ho trovato irresistibile? O magari hai creduto fossi una di quelle rincoglionite che dopo l’uscita delle cinquanta sfumature di grigio si son convinte che quella fosse una nuova moda Da seguire a tutti i costi?

Non conclude la domanda che la gamba sinistra si &egrave sollevata quanto basta per permettere al piede, fasciato non da uno stivale ma da una normalissima Converse nera, di posarsi in maniera decisa sull’inguine dell’uomo, a pestargli per quanto possibile visto il volume del ventre, i genitali.
Sorride, sorride apertamente nel vedere gli occhi dell’uomo sgranarsi, il viso farsi paonazzo.

-Lo so, lo so. Avevo detto che non ti avrei fatto del male. Per caso, ricordi se ti ho anche detto che sono una bugiarda?

Lascia che la porta sbatta, rumorosamente, alle sue spalle e, allontanandosi da questa, muove alcuni passi all’interno della stanza.
A differenza di quella appena lasciata, questa &egrave arredata da qualcosa che non siano due sole sedie.
E non c’&egrave puzza d’urina ed escrementi.
A questo pensiero, la giovane donna sospira rumorosamente, inspirando a fondo l’aria pulita.

Dall’altra stanza non giunge alcun suono.

Sfila le Converse logore che porta ai piedi e le scalcia via, rimanendo scalza se non fosse per un paio di calze a righe nere e viola. I jeans, scuciti in più punti, ne celano la lunghezza.
Avanza ancora, fino a raggiungere la finestra e, scostata la tenda, rimane in silenzio ad osservare il buio quasi totale della notte senza luna, buio che cela la campagna circostante.
La ragazza rimane immota a lungo, salvo il movimento delle dita dei piedi che, a scandire il respiro, si muovono, chiudendosi e rilassandosi.

-sempre meglio che esser circondata da maiali curiosi
Borbotta le poche parole tra se e se mentre, con fare svogliato, s’allontana dalla finestra per raggiungere il divanetto ed il tavolino poco distante da esso.
Sollevate entrambe le braccia, si lascia cadere seduta sul divano, certa d’atterrare sul morbido.
Il fondoschiena, fasciato dai jeans, non si può certo dire voluminoso.
Quando abbassa le braccia, le posa sullo schienale del divanetto mentre distende le gambe, andandole a posare sul tavolino.
Sulla seduta del divano, poco distante dalla sua figura, giace il telecomando del televisore posto a pochi metri dal divano.
Gli occhi si muovono per la stanza, osservandone il mobilio prima di permettere allo sguardo di posarsi sull’elettrodomestico più amato e più odiato al mondo.

-Certo che sei proprio un bel tipo te, Roberto. Un televisore e non hai neppure collegato l’antenna. La prossima volta compra un’automobile senza ruote.

Urla, rivolgendosi all’uomo privo di sensi che si trova nella stanza accanto e, dal tono utilizzato, sembra quasi si aspetti d’essere udita.
Porta in ogni caso le dita a posarsi sul telecomando. Per quanto siano curate, le unghie, in alcuni punti lo smalto nero si &egrave scrostato.

-pum, pum.

In maniera che potrebbe apparire infantile, scimmiotta degli spari in direzione del televisore, accendendolo; i puntini bianchi e neri che si muovono frenetici sullo schermo precedono, di poco, la schermata del lettore dvd collegato al monitor.
Il triangolino verde del play lampeggia alcune volte nell’angolo sinistro mentre le prime immagini iniziano a scorrere.
L’uomo ripreso di spalle &egrave nudo dalla cintola in giù e, celata er buona parte dalla sua figura, una donna si trova ginocchioni.
Le braccia che artigliano le natiche dell’uomo lasciano poco spazio all’immaginazione, così come le incitazioni dell’uomo.
L’inquadratura &egrave fissa ma il divano visibile poco distante dai due &egrave lo stesso sul quale lei si &egrave seduta.
Serra con forza le labbra in un moto di rabbia, quando l’uomo si muove per afferrare la donna per la testa e inizia a muover il bacino, inondandola d’epiteti, di oscenità.

Il brusco cambio di scena tradisce l’amatorialità del montaggio del dvd ma, se non altro, il viso di uno dei due protagonisti &egrave ben visibile, questa volta.
La barba &egrave quella tipica di chi non si rade da qualche giorno e l’aspetto non &egrave quello di chi ha riposato tanto bene nelle ultime notti.
Guarda a lungo in direzione della camera che lo riprende prima di sorridere. Una mano femminile gli carezza il viso.
Le nuove immagini mostrano soltanto i talloncini di due biglietti aerei posati su un piano di legno

L’espressione di rabbia cede posto, poco alla volta, ad un sorriso orgoglioso sulle labbra della donna, sorriso che lascia scoperti candidi incisivi a tradire la spontaneità del gesto.

-chissà che faccia ha fatto, chissà che faccia ha fatto.

La frase vien ripetuta mentre il video scorre, alternando quelli che sembrano spezzoni di vita quotidiana a rapporti sessuali via via più animaleschi.
Alle immagini dell’uomo seduto sulla sedia, con in mano il giornale e la data ben visibile, seguono quelle del corpo nudo di una giovane donna, presumibilmente la stessa delle altre scene, con il viso celato da quello che sembra -ed &egrave a tutti gli effetti- un sacchetto di plastica nera.
Le urla son soffocate ma, ad ogni movimento del corpo, quel poco d’aria che riesce a filtrare all’interno del sacchetto vien utilizzato dalla donna per lamentarsi.
Le braccia son bloccate dietro la schiena da una cintura, identica ad una di quelle che ora bloccano gli arti dell’uomo, in una distorta legge del contrappasso.
Lo schioccare sordo degli schiaffi che la colpiscono sui glutei accompagna il suo lamentarsi e presto, a questi suoni, si aggiungono le parole dell’uomo che la sta, palesemente, sodomizzando

Seduta sul divano, la giovane osserva se stessa subire violenza, la mano destra che ancora regge il telecomando ma la sinistra celata sotto i jeans slacciati in vita.
La mano si muove a ritmo con il respiro della donna dalle gote arrossate, accellerando e rallentando quasi si stesse tenendo, di proposito, sull’orlo dell’orgasmo.
Solo quando dalla stanza accanto giungono dei mugolii e riprende il suono della sedia che batte i piedi al suolo, si abbandona al piacere.
Le dita dei piedi si contorcono per il piacere, nascoste dalle calze che ancora indossa.
Urla, reclinando il capo all’indietro e chiudendo gli occhi, certa che l’unica persona che la può sentire non può farle nulla.

A video, l’uomo eiacula sulla schiena della ragazza, insultandola ancora una volta.

-C’&egrave stato un tempo durante il quale credevo d’essere sbagliata.
La difficoltà ad accettare determinate convenzioni sociali, ad esempio, o il famigerato “comportati da adulta, adesso che lo sei”.
Ma questo &egrave stato parecchio tempo fa -per quanto il concetto di “parecchio tempo” possa essere opinabile se riferito ad una persona sotto la trentina- e parecchi tatuaggi fa.
La prima volta ero terrorizzata, sai?

Nessuna risposta da parte dell’uomo che, imbavagliato e bloccato alla sedia, non può far altro che muover il capo con veemenza a destra e a sinistra, in segno di diniego.
Per contro la ragazza, che &egrave libera di muoversi liberamente per la stanza, si sposta a piccoli passi, mossi apparentemente senza alcuna meta precisa. Le gambe son lasciate scoperte, se si esclude la presenza delle calze a righe nere e viola che arrivano a fasciarne le carni fino a poco sopra il ginocchio.
L’altro uomo, dall’aspetto curato in maniera quasi maniacale, si limita a rimanere in silenzio, posato con la schiena all’unica porta presente nella stanza. Tiene le braccia conserte e osserva, con un sorriso sornione, quanto accade.

-certo che lo sai, te ne ho già parlato. Non ti ricordi più? O era all’altro che ho raccontato la storia dei tatuaggi?

Per quanto la giovane donna pronunci la frase mentre tiene lo sguardo fisso sull’uomo nudo, bloccato alla sedia, la domanda &egrave palesemente rivolta alla figura alle sue spalle.

-Beh facciamo che non ne sai nulla, ok? Così &egrave più divertente.
O hai qualche impegno, per caso?

Gesticola vivacemente mentre riprende a parlare senza attendere risposta alla domanda, un vizio che ha sempre avuto ma che, vista la temperatura particolarmente bassa presente nella stanza, sembra esser accentuato.
La pelle d’oca visibile sulla parte delle cosce lasciata scoperta dalle calze e dal comunissimo intimo nero indossato dalla donna, rivela quanto freddo stia sentendo, a dispetto dell’aria disinvolta con cui parla.
Portatasi alle spalle di quello che &egrave, a tutti gli effetti, un prigioniero, si china lievemente in avanti fino a posare le mani sulle sue spalle. Accenna un lieve massaggio, quasi cercasse di far distendere un attimo l’uomo.

-Avevo una paura fottuta dei tatuaggi, prima d’iniziare a farli. Non era del tutto immotivata, come paura. &egrave che son sempre, sempre, stata propensa alle dipendenze.
E a dirla tutta, avevo paura di trovar conferma ad un altro timore.
E se il dolore non mi fosse sembrato poi così brutto?
Insomma, questa sarebbe stata una di quelle cose che non possono essere accettate, in una società civile e civilizzata come la nostra. Una di quelle cose che mi avrebbero data la conferma d’essere sbagliata.
Beh, ho fatto il primo tatuaggio e ha fatto male.
Ha fatto un male cane.

A voler mettere maggiore enfasi in quel che dice, si china fino a portare le labbra a sfiorare l’orecchio sinistro dell’uomo.
Al ridursi della distanza, si riduce anche il tono della voce che arriva a ridursi ad un sussurro. Per contro, le mani, arrivano ad artigliare le spalle dell’uomo, premendo e affondando le unghie nelle carni.
Quando riprende a parlare, lo fa tenendo lo sguardo fisso innanzi a se, diretto all’uomo alla porta.

-però ho scoperto che, per quanto mi faccia piacere il dolore, &egrave molto più gratificante vederlo, che sentirlo.
Certo, alcune volte il confine é piuttosto confuso ed &egrave facile passare da una parte all’altra, ma nei limiti del possibile preferisco farne.
E quello, credimi, &egrave qualcosa che causa una dipendenza mica da ridere.

Al sorriso che gli rivolge la ragazza, l’uomo che stava in disparte si avvicina ai due e, sciolto l’abbraccio che teneva le braccia bloccate al petto, si ferma poco distante dai due, di fronte alla sedia.

-però, con il tempo, ho scoperto che le ferite che fanno più male non son quelle fisiche. Questo l’ho imparato con te e di questo, credimi, ti ringrazio con tutto il cuore.
Grazie sei il mio più caro tesoro tivubbi e blablabla.

Giusto il tempo che la ragazza concluda la frase con una dolcezza quasi stucchevole nel suo essere artefatta che indietreggia di un solo passo, mantenendo ben salda la stretta sulle spalle dell’uomo.
Il pugno che lo colpisce in pieno viso gli fa reclinare il capo all’indietro, precedendo di poco una lunga serie di latrati soffocati dal bavaglio che gli copre la bocca. Sangue gli scorre, copioso, dal naso.

-dagliene un altro, a questo verme.

L’incitazione, rivolta all’uomo in piedi, non deve esser ripetuta una seconda volta.
Colpito, nuovamente, l’uomo lascia che il capo ciondoli mollemente, portando il doppiomento a toccare il petto.
Urina cade a terra, dal sedile della sedia.
Solo ora la giovane lascia le spalle per portarsi accanto all’uomo in piedi, incurante del fatto che, nel farlo, calpesti la pozza che si sta via via allargando attorno alla sedia.
Gli rifila una scherzosa pacca sul sedere, sorridendogli in maniera complice.

-Ma sul serio ti lasciavi scopare da ‘sto qua?

Per la prima volta l’uomo in piedi apre bocca mentre, dopo aver osservato a lungo la ragazza, le carezza con fare affettuoso la testa.
Le dita affondano tra i corti capelli neri della giovane che gli sorride, annuendo mentre &egrave costretta a tener il viso lievemente sollevato per osservare il suo interlocutore.
L’altro, dal canto suo, riprende a lamentarsi -per quanto gli sia possibile.

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