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Racconti di Dominazione

Un’estate bollente

By 6 Ottobre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Ero un ragazzo molto carino, dolce e servizievole, studioso ed obbediente. Dal carattere fragile, facile alle lacrime se venivo offeso, ma anche piuttosto determinato se desideravo qualcosa. Mi piaceva rendere felici le persone, in qualsiasi modo.
Era l’età nella quale da tempo si guardano le femmine ma mi accorgevo che le vivevo soprattutto come amiche e sorelle, intimamente ero una di loro. I miei genitori avevano sempre desiderato una femminuccia ma ero arrivato io, loro mi avevano, forse inconsapevolmente, tirato su come se fossi una bambina, con metodi delicati e protettivi.
In effetti assomigliavo anche fisicamente ad una ragazza, abbastanza alto ma minuto, affusolato, con le gambe lunghe ed il culetto rotondo, il corpo del tutto privo di peli (quei pochi solo sull’inguine) e con le labbra carnose, gli occhi chiari e le ciglia lunghe. I capelli castani ed ondulati. Il pisello piccolo. In me c’&egrave sempre stato molto poco di maschile, oltre che nel fisico, anche nell’atteggiamento remissivo ed indulgente.
Da sempre ho provato una grande attrazione per gli uomini, tutti, ma soprattutto quelli maturi e protettivi, quelli molto più grandi di me. Ero innamorato dei miei zii che riempivano l’unico nipote di regali e di attenzioni.
Algida ed eterea fanciulla, non dimostravo assolutamente la mia età. Ero ancora ingenuo ed inesperto ma spuntarono due amici di un paio di anni più grandi, due gemelli che mi insegnarono cosa si potesse fare con un cazzo eretto e cosa fosse un orgasmo, erano alti e robusti e divennero i miei angeli custodi; mi proteggevano da quelli che mi prendevano in giro chiamandomi femminuccia. Io gli ero veramente grato e quando mi chiesero di prendergli il pisello in mano e fare su e giù non mi parve vero. Del resto avrei fatto qualsiasi cosa mi avessero chiesto. Ma si limitarono alle seghe. Gliene feci tantissime, in tutte le situazioni, ogni volta che capitava.
Nel frattempo, però, il mio sguardo finiva sovente sui ‘pacchi’ degli uomini, mi capitava di fantasticare sulle dimensioni, su come sarebbe stato tenere in mano i loro cazzi. Tenuto conto del fatto che io non sono affatto dotato le mie fantasie si erano evolute sul modo nel quale avrei potuto giocare con quelli che mi immaginavo fossero grossi pali, sull’esperienza di cui quei signori potevano possedere riguardo all’utilizzo. Su come potevano servirsi di me che gli avrei adorati e serviti. Capitava anche che qualcuno di loro incrociasse il suo sguardo con il mio, magari colpito da quell’androgino studentello dall’atteggiamento e dalle sembianze così femminili.
Ero talmente preso che quando una persona di una certa età formulava una qualsiasi richiesta, per me diventava un ordine, mi piaceva obbedire.
Era un tripudio quando eravamo nello spogliatoio della palestra, seminudi o nudi sotto al doccia, io dovevo porre attenzione alle violente erezioni che mi colpivano in quel caso. Il massimo era quando l’istruttore, un quarantenne in gran forma, il pomeriggio, durante qualche torneo di sport maschili nei quali io facevo la riserva, troppo fragile e femmineo per poter giocare, si faceva la doccia con noi, il suo grosso cazzo penzolante mi mandava in estasi. Se per poterglielo toccare fosse stato necessario scalare una montagna nudo e sulla cima farmi picchiare da un orango, lo avrei fatto. Non mi degnò mai neppure di un battito di ciglia, la sua totale eterosessualità non poteva essere scalfita, la mia mancanza di atletismo mi rendeva insignificante ai suoi occhi.
Dopo questi momenti nello spogliatoio cercavo i miei protettori che masturbavo furiosamente, rendendoli felici. Mi mettevo in mezzo, un cazzo per ogni mano, divenni bravissimo. Da me, così dolce e carino, accettavano, anche se sostanzialmente eterosessuali, anche qualche languido bacio di gratitudine.
Da tempo mi masturbavo anch’io. Fin dalle mie prime seghe avevo imparato che se mi massaggiavo il buco del culo con un dito godevo di più. Questa pratica serviva anche per spegnere il malessere che mi pervadeva il corpo, alimentato dalle mie fantasie. Mi ero anche accorto che il mio ano era particolarmente sensibile. Poi qualcuno mi spiegò cosa voleva dire ‘prenderlo in culo’, nel mio intimo non vedevo l’ora di provare.
Ad un certo punto i due gemelli scomparvero, per motivi di studio, quasi completamente dalla mia vita.
Per un breve periodo non toccai altri cazzi. Rimase solamente la mia immaginazione. La timidezza faceva si che non si concretizzasse fino a quel giorno, quando la mia attrazione per i ‘maturi’ avrebbe indirizzato il mio futuro.
Avevo notato che da qualche tempo un vicino di casa, un dirimpettaio, si appoggiava al davanzale della finestra e mi osservava con insistenza. Inizialmente il suo sguardo su di me mi imbarazzava, poi non ci feci più caso. Tra l’altro, il tizio era avvantaggiato dal fatto che casa mia, un grande appartamento posto in un palazzo moderno dotato di ampie vetrate, si trovava allo stesso piano della sua. In effetti anch’io, incuriosito, avevo cominciato a guardarlo, senza notare nulla di interessante o di insolito.
Vicino ai sessant’anni, tarchiato, peloso, con il ventre prominente, decisamente brutto.
Non abitava lì da molto, qualche mese. Dalle chiacchiere che avevo udito nel vicinato ero venuto a conoscenza del fatto che era stato cacciato di casa dalla moglie (si vociferava che l’aveva tradita con un uomo), si chiamava A.. Al lavoro faceva i turni, spesso la notte, quindi era facile che fosse in casa di giorno, quando io ero quasi sempre solo.
Ormai mi ero abituato alla sua presenza e nonostante mi piacesse camminare per casa in mutande non mi facevo problemi. A volte restavo addirittura nudo, mi muovevo ancheggiando senza preoccuparmi del fatto che lui poteva essere lì a guardarmi, anzi, mi capitava di farlo apposta. In più di un’occasione, durante le mie ossessive masturbazioni, stavo lì con il cazzo in mano ed il dito nel culo, la cosa mi eccitava tantissimo.
Ultimamente incrociavamo gli sguardi e lui mi salutava con un cenno della mano, sorridendomi. Io rispondevo, educatamente ma senza minimamente ricoprirmi.
Un pomeriggio, eravamo in piena canicola e per la strada non c’era un’anima, mentre mi trovavo sulla terrazza a prendere il sole, per la prima volta mi chiamò, alzando la voce: ‘Senti, avrei bisogno di aiuto, devo spostare un armadio ma &egrave pesante’. Io mi sorpresi, non ero certo un forzuto, ne lo sembravo. Come sempre in casa non c’era nessun altro. Feci un cenno di assenso, attraversai la strada ed entrai nel suo appartamento.
Era un bilocale, piccolo e un po’ disordinato.
‘Ciao, figliolo, ti ringrazio. Quello &egrave il mobile, dobbiamo solamente spingerlo più in là’.
Mi aggrappai al mobile con le mani per iniziare a spingere. Lui si mise dietro di me, appoggiò anch’esso le mani sull’armadio, praticamente ce l’avevo addosso, puzzava lievemente di sudore, perfettamente sopportabile. Del resto era un giorno di inizio luglio, piuttosto caldo, eravamo vestiti succintamente, lui in pantaloncini corti e canottiera, la pancia che forzava sull’indumento, i peli che uscivano da tutte le parti, sembrava un orso. Io seminudo come sempre, solo con un paio di pantaloncini da mare, con le infradito ai piedi, sguardo solitamente dolce, un vera principessina.
Mi accorsi che lui spingeva il mobile in modo blando ed inutile, in compenso, da sotto la sua pancia prominente appoggiata sulla mia schiena, sbucava qualcosa di grosso e duro che mi forzava il solco fra le natiche e si strusciava. Per un attimo pensai fosse un ginocchio, ma mi resi conto, subito dopo, che era ben altro. Ero imbarazzatissimo ma mi meravigliai con me stesso che questo non mi dava fastidio, anzi mi eccitava.
Il mio fantasticare si stava trasformando in realtà.
E. se ne accorse: ‘Ma che bravo ragazzo, allora ti piace! Ci avevo visto giusto… una fighetta sempre nuda e sculettante!’.
Mi strusciò ancora un po’ il membro contro il culo, leccandomi il collo e la schiena, sbavandomi addosso: ‘Dai, girati, che te lo faccio vedere!’.
Ci staccammo, spostò appena i calzoncini e sgusciò fuori un grosso cazzo peloso, ritto come un pennone, con una enorme cappella di un viola scurissimo, totalmente scoperta, impressionante. Come nei miei sogni.
L’affare superava di molto i venti centimetri di lunghezza, anche il diametro era notevole. Uno di quei flaconi professionali di lacca per capelli: ‘Dai avvicinati, tesoro, toccalo’. Nonostante le mie fantasie ed il piacere di renderlo felice le dimensioni mi spaventavano, pensai di rifiutare, ma la mia mano si mosse da sola, glielo afferrai, automaticamente cominciai subito a fare su e giù, la sensazione fu piacevole, pulsava nella mia mano che non riusciva a circondarlo completamente.
‘Ma guarda un po’, sei abile, si vede che ti fai le seghe, ora tira fuori anche il tuo!’. Calai il costume ed il mio cazzetto ritto svettò davanti a lui.
‘Ti sei eccitato! Bene, bene! Ora ci divertiamo.’
Me lo toccò. Per qualche istante ci masturbammo a vicenda, intanto mi passava la mano nel solco del culo, poi: ‘Okay, ora però me lo baci un po’, dai, non ti preoccupare, vedrai che non &egrave male’.
Si sedette sul tavolo, poi mi pose le mani sulla testa e me la spinse giù, verso il suo cazzo, mentre mi avvicinavo un odore pungente di piscio colpiva le mie narici, una goccia di liquido proprio sulla punta del glande. Sapevo cosa fosse un pompino dai racconti dei miei amici ma non ne avevo mai praticato o visto praticare. Opposi una minima, simbolica, resistenza senza ottenere nulla. Assaggiai la goccia con la lingua, era salata: ‘Dai, apri la bocca!’. Lo feci e lui mi spinse dentro il cazzo, esclamando: ‘Succhialo, così, bravo!”, stavo succhiando, il sapore era forte ma questa pratica mi piaceva, mi sapeva di sottomissione: ‘Per ora va bene così, poi ti insegnerò a farlo meglio, continua… brava zoccoletta!’. Me lo spinse fino in fondo alla gola, io cercai di tirarmi via, perché mi erano venuti alcuni conati, mi usciva il muco dal naso, ma lui mi teneva fermo: ‘Dai ancora un po’ che poi ti piace’, nonostante tutto, infatti, coscienzioso, continuavo a succhiare ed a muovere la lingua, per alcuni minuti mi scopò la bocca, tutto in gola e poi fuori : ‘Ti insegnerò a fare dei bei pompini, intanto ora passa la lingua per benino dappertutto, sotto la cappella e sul buchino, poi sulle palle, dopo succhiale, dai!’.
Io, obbediente, feci come diceva lui, mugolava.
Si voltò ed io gli dovetti passare la lingua anche fra le natiche, nel solco puzzolente.
Poco dopo: ‘Va bene, andiamo per gradi, adesso facciamo un’altra cosa, anche questa ti piacerà, lascia fare tutto a me’.
La sua voce tremava, era eccitatissimo, gli era piovuto in casa questo regalo, questa cagnetta vergine e totalmente disponibile, intendeva approfittarne fino in fondo, non l’avrebbe più mollata.
Mi accompagnò in camera da letto, l’altra stanza dell’appartamento, mi fece sdraiare sulla schiena, sul bordo del letto, con il culo che usciva leggermente fuori, mi sfilò definitivamente il costume che mi era rimasto attaccato alle ginocchia.
Ora ero completamente nudo.
Mi tirò su per i piedi, piegandomi quasi in due, mi resi conto che era sua intenzione sverginare il mio culetto pulsante, liscio, rotondo ed umido di umori.
Nonostante tutto, inizialmente, non volevo, cercai di abbassare le gambe, ma lui le afferrò tenendole aperte, era forte: ‘Non aver paura, ti preparo per benino’. Iniziò a leccarmi il buco: ‘Mhh… &egrave buono come una figa, dolce come il miele’. Ci infilò a fatica una delle sue grosse dita, poi un’altra, cominciò a ruotarle, mi lamentai rumorosamente.
Lui, tappandomi la bocca con l’altra mano: ‘Shhh… non fare così che ci sente qualcuno! Ora le tolgo’.
Scomparve alcuni secondi, tornò con un tubetto in mano, conteneva una non precisata crema.
Ne spinse dentro un po’, assieme a tutto il dito.
Rovistò in un cassetto del comodino lì accanto, trovando un vecchio portafogli in pelle impolverato. Me lo mise fra i denti.
‘E’ vuoto, stringi almeno così non urli. Ora arriva il bello, rilassa il buco il più possibile, spingi leggermente, come per cagare… non stare duro che fa più male. Ti svergino e ti sbrago il culo per bene, &egrave inevitabile, hai visto che cazzone che ho. Dopo qualche volta che ti avrò inculato non sentirai più dolore, ti allargherai e bagnerai come una figa e mi chiederai di mettertelo sempre più dentro’. Frappose le braccia fra le mie gambe aperte, mi leccò i capezzoli e appoggiò il grosso glande allo stretto orifizio bagnato di saliva e unto di crema: ‘Resisti, vedrai che poi godrai come una troia! Mi piace questa posizione, guardarti negli occhi mentre ti rompo il culetto’.
Ero spaventato ma soggiogato, era quello che volevo, essere posseduto, usato, nel mio subconscio avevo sempre desiderato essere un buco, una femmina serva del piacere altrui.
Diede una prima spinta, inizialmente la grossa cappella non voleva saperne di entrare, scivolava da tutte le parti, veramente grande rispetto al buchino che doveva aprire. Improvvisamente si fece strada, penetrò con fatica ‘crack!’, strappando le crespe inviolate, faceva veramente male.
Inizialmente non riusciva a farlo entrare per più di metà, probabilmente il mio retto era troppo stretto e corto per quel palo gonfio di sangue, fatto sta che anziché fermarsi iniziò a pompare, ad ogni colpo spingendo con più forza, quasi con cattiveria, le unghie piantate nelle mie cosce, mi guardava dritto in faccia, godendo della mia sofferenza. Mentre stringevo con i denti, rompendo il portafogli, raschiavo con la gola perché non potevo urlare: ‘Arghhhhh’ grhhhh’ gnnnnn’.’. Il dolore era pazzesco. Doveva esserci del sangue.
Poi il cazzo sfondò, allargò il varco e raddrizzò la curva del retto, udii il rumore di uno schiocco, uno altro ‘sgnack’, dalle mie profondità.
Era tutto dentro. Mi aveva veramente ‘rotto il culo’.
Ma pian piano il mio corpo si adattò, il mio sfintere prese la forma del suo membro, sentivo quell’affare che si muoveva prepotentemente, violandomi…
Incredibilmente, ora mi stava piacendo, anche provare quel dolore al limite della sopportazione mi piaceva, sempre di più mentre pompava con un crescendo di spinte.
Mi piaceva il rumore, lo sciaquetio che si udiva ad ogni spinta, lo sfregamento che avvertivo chiaramente sulle pareti del retto, la stimolazione della mia ghiandolina. Infine, per completare l’opera, arrivò una prepotente sensazione all’inguine, sborrai, godetti di culo come un maiale, un orgasmo devastante che non avevo mai provato prima. Nitrivo come una cavallina alla monta. Piacere e dolore.
Ero fregato, mi resi conto che l’avrei per sempre preso nel culo, era troppo bello, anche la sofferenza mi dava piacere se proveniva dal mio culo.
Lui continuava a muoversi con forza, ad ogni colpo mi spostava in avanti, per poi tornare indietro. ‘Ti allargo per benino, ora sei una mia proprietà, ti inculerò centinaia di volte. Mi implorerai di farlo’.
A. sorrise biecamente, aveva capito che ero nelle sue mani.
Proseguì a scoparmi, sbuffando.
Ad un certo punto, stanco, diminuì il ritmo e poco dopo avvertii che lo stava sfilando. Mi tirai su, me lo mise davanti alla faccia: ‘Su bella, finisci con la bocca!’.
Rimasi interdetto, era tutto sporco, impiastricciato di crema, sangue ed altre porcherie.
Il buco del culo era rimasto aperto come una caverna.
Ovviamente non ero un pompinaro esperto, così ricoperto il cazzo mi faceva ancora schifo, in seguito mi sarebbe passata, nella mia bocca sarebbe entrata qualsiasi cosa.
‘Finisco con una sega!’, lui: ‘Va bene però devi bere tutto’.
In ginocchio davanti a lui lo masturbai con due mani, il cazzone era scivoloso ma scorreva bene, gigantesco a pochi centimetri dalla mia faccia. Improvvisamente mi fece un cenno, io lo appoggiai fra le labbra dischiuse, continuando a muoverlo. Respirando con forza iniziò a sborrare, gemendo mi riempì subito la bocca ed io, altra prima volta, la trattenni un istante poi buttai giù tutto, con lunghi sorsi. Aveva un sapore dolciastro, per me nuovo. ‘Brava dolcezza, impari tutto alla svelta’.
Mi fece sedere sulle sue gambe e mentre mi accarezzava lascivamente mi raccontò che era stato cacciato da sua moglie quando l’aveva sorpreso in casa con un conoscente. Solo che questo indossava della biancheria intima femminile mentre E. lo inculava. ‘Ma ora ci sei tu, mi verrai sempre a trovare. All’inizio pensavo fossi una fanciulla, poi ho visto mentre ti segavi ed ho capito, anche il ditino nel culo era eccitante. Sei portato per il cazzo, ti sei fatto sverginare per benino e io ce l’ho bello grosso, lo hai sopportato bene. Sei uno che gode di culo. Mi sono fatto un sacco di seghe, appoggiato alla finestra, guardandoti nudo e pensando al tuo buchetto, ma ora &egrave mio. Tu sei mio, farai tutto quello che voglio, cose che neppure immagini’.
Poi, subdolamente: ‘Sai, pensa se si sapesse in giro che ti ho inculato e poi mi hai ingoiato la sborra… io sono diventato famoso per queste cose, sono sputtanato, ma tu…’. In pratica mi fece capire che era meglio per me stare al gioco. Ero veramente ‘suo’, sarei diventato il suo schiavetto sessuale. Ma io ero disponibilissimo, curioso di vedere fin dove sarei arrivato.
Da quel giorno non fui più in grado di dire di no.
Tornai a casa camminando a gambe larghe per il dolore allo sfintere. Era rimasto aperto, sentivo l’aria entrarmi liberamente nell’intestino, la crema lubrificante mi colava lungo le gambe assieme ad un filino di sangue, infilai un dito avvertendo i bordi slabbrati e lacerati.
Non feci tempo a guarire del tutto che E. mi chiamò per replicare, ormai ero la sua ‘fidanzata’. Mi disse che anche se c’era ancora il bruciore non importava, anzi, gli dava piacere. Mi dovevo abituare, era evidente che io ero nato per farmi inculare, per servire quelli come lui. Il mio nome divenne ‘Puledrina’, da cavalcare continuamente.
Tornai da lui molte volte, qusi tutti i giorni, mi aspettava alla finestra e mi salutava, era un segnale.
Mi ordinò di tenermi ‘allenata’, mi dovevo infilare nel culo degli oggetti che lui sceglieva e tenerli lì finché fosse possibile: grossi pennarelli, cetrioli, zucchine e qualsiasi cosa anche avesse una forma tale da poter essere trattenuta dentro, in qualsiasi occasione. Spesso ero lì con altre persone, ignare del fatto che io avevo nel culo qualche grosso affare falliforme. Rammento del manico di una padella che io svitai e col quale mi penetrai. Mia madre lo cerca ancora adesso, non si capacita della sua scomparsa. Ricevetti i complimenti di A. perché era veramente molto lungo.
Nel corso di quell’estate questo non accadde solamente per un breve periodo, una vacanza nel corso della quale divenni una troia sfondata, della quale vi racconterò e che contribuì ad aumentare la sua libidine, a togliere qualsiasi freno alla sua mente depravata.
Lui ed il suo appartamento erano sempre più sporchi e trasandati, ma mi piaceva stare lì, razzolavo nella sua sporcizia, mi fece di tutto ma io mi umiliavo per lui, perché le sue depravazioni mi portavano a godere come un porco.
Mi faceva camminare per casa tutto nudo, a volte dovevo muovermi a quattro zampe, mi seguiva e mi colpiva sul culo, nel quale poteva essere stato infilato un utensile da cucina a mo’ di coda, fino a che non lo pregavo di smettere, così, per divertirsi. Sempre glielo succhiavo a lungo, poi mi inculava a sangue in tutte le posizioni sfogando le sue voglie. Il mio culo, come mia aveva predetto nel corso della prima volta, era ormai bello slabbrato e non provavo più alcun dolore, solo piacere. Sempre dopo le inculate leccavo il suo membro scuro, quello che c’era appiccicato non mi faceva più schifo, anzi, lavavo tutto per benino, ingoiando. Nettavo anche il suo buco del culo, che non si era lavato dopo l’ultima cagata. Era la pulizia più profonda che E. dava al suo corpo.
Stare in ginocchio davanti a lui mi dava una grande soddisfazione.
Ero diventato il suo schiavo, un lavabo, uno sborratoio.
La sua sborra densa e cremosa divenne una bevanda abituale o una frequentissima lavanda per il mio canale anale, a volte stava a guardare mentre la spruzzavo fuori dal buco spanato. Quando era più carico del solito gli piaceva che la cacassi in un recipiente, un catino, dal quale poi, carponi, dovevo leccarla via, come un cagnolino.
Quando non potevo andare a casa sua perché da me c’era qualcuno ed avrebbe notato la cosa, ci davamo appuntamento in un parco dall’altra parte della città, dove ci infrattavamo o in qualche altro sordido luogo di incontri dove lui, prima di avermi conosciuto, si recava per rimorchiare qualcosa.
Questi ‘trasferimenti’ iniziarono subito dopo la vacanza di cui vi ho accennato, quello che successe e raccontai ad A. fece esplodere ulteriormente al sua forsennata libidine. In questi posti, poi, ci capitava di incontrare qualche suo conoscente, un altro di quei porci che cercano compagnia, a volte più di uno. A. mi cedeva a loro e stava a guardare, gli noleggiava la sua puledrina, eccitandosi mentre questi mi facevano tutto quello che volevano.
Io impazzivo di gioia quando queste persone sfogavano su di me i loro istinti più bestiali. A loro, abituati ad incularsi fra vecchi laidi, non sembrava vero di avere a disposizione questo giovane corpo, così assolutamente disponibile. In questi casi A. mi faceva indossare un minuscolo perizoma che mandava il visibilio i suoi amici. Quando ci vedevano arrivare si formava una vera e propria coda.
Poi partecipava anche lui, mentre mi inculava mi sculacciava, mi faceva male in vari modi, rimproverandomi del fatto che mi ero fatto fare quelle cose dai suoi amici, che ero una giovane troia insaziabile. Anch’io ero convinto di questo e godevo a dirgli di si, che mi meritavo al punizione ma che il suo cazzo era più grosso e mi faceva godere più di tutti. Era vero. Nel corso di questi incontri, qualcuno di questi signori ebbe l’idea di pisciarmi addosso e di farmi bere la sua orina. A., che non aveva ancora preso in considerazione questa pratica si adeguò subito, addirittura, in alcuni casi, mi faceva un clistere di piscio, orinandomi nell’intestino mente mi inculava, oppure pisciava nel catino dove io cacavo la sborra e dovevo leccare ed ingoiare giudiziosamente tutto quel liquido rivoltante.
Poi A. scomparve dalla mia vita.
Io ero stato assente qualche giorno, per motivi di studio. Quando tornai seppi che gli era venuto un ictus, l’avevano ricoverato e poi era finito in un istituto, semi paralizzato. Andai a trovarlo una volta, era bloccato sopra una sedia a rotelle, anche se era ovviamente impotente trovai il modo di leccargli e ripulirgli il cazzo moscio per un’ultima volta.
Il sentore che qualcosa non andava si era già avuto durante i nostri ultimi incontri, si stancava dopo poche pompate, non giocava più come prima e dovevo essere io a sedermi sul suo cazzo e fare su e giù per farlo venire.
Fui molto dispiaciuto, la sua porcaggine ed il suo pilone mi sarebbero mancati…
Da allora, &egrave proseguita la mia vita da troia, schiava del cazzo, molti altri potenti ed implacabili padroni hanno potuto disporre a loro piacimento del mio corpo, del mio culo spalancato, della mia voglia di umiliazione. Nel corso della stessa estate nella quale A. mi ha deflorato, &egrave iniziata la mia vita da troia totale, sottomessa e smaniosa.
Insieme ad altri cinque amici avevamo organizzato una vacanza al mare. Era trascorso circa un mese dalla mia prima volta, ci erano state varie fantasiose inculate e dilatazioni varie, ora ero bello aperto e umido. Avevo chiesto il permesso di partire al mio anziano amante ‘padrone’ il quale aveva acconsentito, a patto che io tenessi allenato il mio culo e la mia bocca, quindi che mi facessi usare il più possibile per poi raccontargli le mie avventure.
Al mare dormivamo tutti assieme in un bungalow. Sempre in costume e senza nessun problema a mostrarci nudi. Io sentivo una cosa allo stomaco quando li vedevo così, con il cazzo bene in vista. Avrei voluto toccarglieli, chiedergli di incularmi, di sborrarmi addosso, ma mi sembrava non fosse possibile.
Rimuginavo per trovare altre soluzioni. C’era una pineta e si diceva che fosse frequentata dai froci ma io avevo paura ad andarci da solo.
A poche decine di metri dal bungalow si trovava uno stabilimento balneare con un bar alla moda dove, fin da primo giorno, ci recavamo ogni volta possibile perché c’era la musica e pieno di giovani. Il gestore era un tipo figo sulla quarantina e si occupava del bar con i suoi dipendenti. Aveva sempre la camicia aperta e dei bei pettorali. Si trombava tutte quelle mignottelle che frequentavano il posto, però avvertivo spesso il suo sguardo su di me, mi osservava in maniera strana, forse perché io facevo la stessa cosa, era evidente il suo interesse, ma la gran mole di lavoro gli impediva di abbordarmi. La terza sera che eravamo lì riuscì a fermarmi e mi chiese perché lo fissavo in quel modo. Io devo essere diventato rosso come il fuoco, non per la vergogna ma per la gioia. Gli dissi: ‘Sai, hai un bel fisico, mi piacerebbe frequentare una palestra per diventare come te. Sei un bell’uomo’.
Lui mi rispose che anche io ero molto carino anche se non muscoloso. Che dovevo rimanere così: ‘Ad onor del vero, certi momenti sembri una ragazza, &egrave difficile che tu riesca a modificare il tuo aspetto, comunque mi piacerebbe conoscerti da vicino’. Ammiccò ed io gli guardai significativamente il pacco, allungò le mani appoggiandomele furtivamente sul culo, feci un po’ la ritrosa scostandomi ma compresi subito che quella era la mia occasione, ci saremmo rivisti il mattino seguente.
Il giorno dopo andai lì presto, tranquillo perché il locale apriva nel pomeriggio. Lui stava sistemando le fatture assieme all’altro barista, un possente mulatto muscoloso di origine dominicana. Entrai sculettando, nell’occasione ero coperto solamente da un costumino celeste, attillato, piuttosto piccolo, infilato fra le natiche come un perizoma e da una canottierina corta, con dei disegni colorati, una fighetta.
Successe tutto in fretta, ricordo come fosse ora:
‘gli sorrido e lui: ”Bravo, sei venuto presto. Non &egrave che vuoi esaminare i miei pettorali più da vicino?’. Io annuisco e lui mi indica una scala sul retro. Porta in una piccola stanza al piano di sopra. E’ adibita a magazzino ma c’&egrave un lettino dove dorme quando non fa in tempo ad andare a casa.
Mentre salgo noto che strizza l’occhio al suo robusto collega.
Sopra la branda ci sono le lenzuola disfatte, mi siedo, lui arriva dopo qualche minuto.
E’ già a petto nudo, allora io inizio subito e gli lecco i capezzoli e gli accarezzo il torace, lui abbastanza meravigliato dalla mia intraprendenza così contrastante con il mio angelico aspetto, mi da un pizzicotto sul culo e mi informa che &egrave totalmente attivo, io lo guardo languidamente, sbattendo le ciglia: ‘Invece io sono totalmente passiva, una ragazza’. Gli dico anche che può farmi tutto quello che vuole, proprio tutto perché sono una Puledrina in calore che cerca stalloni.
Lì per lì non capisce il vero significato di quest’ultima frase.
Allora io mi tolgo quel poco di abiti che ho addosso, &egrave abitudine, a casa di A. sono sempre completamente nudo, a disposizione. Lui indossa ancora i bermuda, io glieli tiro giù. Svetta fuori un bel cazzo tornito, non come quello di A. ma, comunque, di grosse dimensioni. Lo prendo immediatamente in bocca, &egrave buono e sa di pulito, mi impegno ma lui mi vuole inculare subito, perché non ha molto tempo, deve andare dal commercialista. Mi bacia sulla bocca, infilandomi la lingua fino in gola, poi mi fa mettere alla pecorina, io stò li ad aspettare il cazzo, fremo nell’attesa, sono passati un po’ di giorni dall’ultima potente inculata di A., non mi sono più infilato nulla e sento la mancanza. Mi lecca un po’ il culo per bagnarlo, ci infila due dita: ‘Ehi, troietta, vedo che ce l’hai bello morbido e spanato, sembra una figa. Ora ti trombo’.
Avverto il cazzone sull’entrata umida, un unico colpo deciso e potente, tutto dentro. Stranamente mi fa piuttosto male, &egrave comunque un bel cazzone e io sono fuori allenamento, mi vengono le lacrime agli occhi ma non per il dolore, per la goduria, mi piace quando mi fanno male al culo, quando lo sento allargarsi così bene.
Sbrodolo come una vacca, un cazzo nuovo, il primo durante quella vacanza. Mi penetra a fondo, con movimenti decisi e potenti, &egrave bravo, si vede che ha rotto un gran numero di culi. E’ sorpreso dalla mia ampiezza e profondità, anche lui mi dice che sono fatto per essere inculato, per dare piacere, che non devo fare nulla per modificare il mio aspetto, che sono per davvero una ragazza, ho la struttura da piccola troia da riempire, mi manca solo la figa, anche se il mioculo gli piace di più, non ha nulla da invidiarle’
Le sue parole mi riempiono di gioia.
Mi sborra nell’intestino con scrosci copiosi, grido di piacere e vengo insieme a lui.
Rimane sorpreso dal mio orgasmo, ancora più sorpreso quando, dopo avergli nettato tutte le parti intime con la lingua, rilascio il liquido biancastro che fuoriusciva dall’orifizio in un piatto di plastica, domandandogli se lo devo leccare.
Lui &egrave incuriosito perché non ha mai visto farlo, mi domanda chi mi aveva insegnato: ‘Il mio padrone A.. Io faccio tutto quello che vuole lui, qualsiasi cosa. Sono la sua Puledrina, mi ha domato e mi possiede’.
‘Cazzo, sembri un angioletto invece sei una troia totale’ ribadisce lui ‘Questa cosa può mandare fuori di testa le persone’.
Appoggio per terra il piatto e mi accovaccio, a quattro zampe. Comincio a leccare, non prima di avergli chiesto di giocare ancora con il mio culo, che sto dimenando, di sculacciarmi, darmi pizzicotti o infilarci qualcosa, per me &egrave normale domandare queste cose, con A. lo faccio sempre.
E’ abbastanza interdetto e mi dice che non vuole fare nulla di tutto ciò, anche se poi si avvicina e mi accarezza il buchetto tutto bagnato, infilandoci ancora le dita, poi aggiunge. ‘Sei stata educata proprio bene, Puledrina, la prossima volta facciamo tutto. Torna domattina alla stessa ora, che vediamo di sfruttare questa tua predisposizione, oggi ho dei giri da fare ma domani sono libero, giocheremo come mi hai chiesto ed anche di più”
La mattina dopo vado di nuovo lì, addirittura con un quarto d’ora di anticipo rispetto al giorno precedente. Avevo dormito male per l’eccitazione. La zona anale mi pulsava come una lampadina di Natale.
Lui stava facendo colazione con il dominicano, mentre saluta con un cenno del capo, l’altro mi osserva attentamente. Mi dice: ‘Aspetta un momento, oggi andiamo da un’altra parte, un posto tranquillo’. Mi viene offerto un succo di frutta, mentre bevo osservo, piuttosto colpito, il suo collega, che &egrave veramente un bestione, una massa di muscoli.
Appena termina di mangiare saliamo sul suo scooter, guida per circa un chilometro, in un viale all’interno della grande pineta. Noto una struttura in legno, una casetta su due piani.
Saliamo subito al piano di sopra, dove mi tolgo subito la maglietta e lo slippino, sono già pronto.
Noto un letto, sopra ci sono alcuni cuscini, disposti sopra un telo che lo ricopre completamente.
Quando arriva, con fare deciso mi ordina di stendermi a pancia in giù sul letto e di dispormi i cuscini sotto alla pancia. Io non vedo l’ora, metto i cuscini davanti al cazzo, che penzola giù, ho il culo ben rialzato, &egrave chiaro il motivo.
Sono eccitatissimo, il culo mi si bagna come una figa, voglio essere sfondato, in qualsiasi modo.
Sarò accontentato. Il barista ha con se delle cinture in spugna, tolte agli accappatoi. Mi informa che mi legherà al letto, io gli rispondo che può farmi tutto quello che vuole. Lui si rende conto che la cosa mi eccita tantissimo.
Lega i polsi e le caviglie ben stretti, io godo talmente che il cazzo mi sbrodola, sono pronto a tutto.
Mi lascia lì legato, ma prima di scendere mi allarga le natiche e mi sputa nel buco del culo.
Poco dopo sento il rumore di un altro motorino che si ferma davanti alla casa.
Dei passi sulle scale, io dalla mia posizione posso vedere solo parte dell’entrata ma riconosco subito il barista. Non &egrave solo, con lui c’&egrave il dipendente dominicano, il culturista.
Il barista: ‘Sai, visto come la pensi ho deciso che oltre a me voglio far divertire qualche amico, per primo Roger, vedrai che ti piacerà’.
Si lascia sfuggire una breve risata, mentre Roger, davanti ai miei occhi si cala i pantaloni. Un affare mostruoso esce fuori. Un biscione nero che, a riposo, gli arriva a metà coscia, e lui ha le gambe lunghe. Grosso come una lattina di bibita cerca di infilarmelo in bocca ma ci riesce solo quando io la apro ai limiti del possibile. Mi rendo conto che, quando si ingrossa ulteriormente, non ci sta più.
Però lo lascia lì e pompa avanti e indietro, quasi mi sloga la mandibola.
E’ durissimo, finalmente si tira indietro e si posiziona dietro di me.
‘Lo vedi? Ora questo ti aprirà all’inverosimile, ti strapperà le budella. Quando avrò fatto il tuo culo sarà irriconoscibile, una voragine, non sarai mai più come prima, sarai una donna!’.
Io rilasso il più possibile il buco del culo, anche se, in realtà, nonostante le misure non &egrave la cosa più grande che mi ha penetrato, ho ancora in mente la bottiglia di vino con la quale A. mi ha punito il giorno in cui ero stato, su sua richiesta, particolarmente espansivo con gli amici del parco. Ho cacato sangue ma me lo ero meritato.
Anche Roger mi fa un po’ male, mi allarga le natiche fino al limite, mette due dita dentro, il pollice fuori e poi stringe, come una tenaglia. ‘Ehi, esto es solo una puta!’.
Subito dopo me lo spinge dentro senza alcun riguardo.
La mia depravazione non ha limiti, piango per il piacere che provo, gli chiedo di spingere forte, di farmelo sentire fino in fondo.
La spinta &egrave continua, quel mostro si fa strada, come un bulldozer in una galleria.
Ma &egrave bello provare quel dolore che prende al cervello, un tormentoso deliquio. Dal mio cazzetto a penzoloni esce una fontana di liquido vischioso che bagna il letto sotto di me.
Improvvisamente lo estrae quasi tutto, ci sputa sopra e lo ributta dentro, più volte, colpendomi sul culo con schiaffoni poderosi.
Nel frattempo il barista me lo schiaffa in bocca, &egrave bellissimo, due cazzoni, uno davanti e uno dietro.
Loro pensano infatti che avrei chiesto pietà, di togliere quel paracarro dal mio corpo, invece, li sorprendo ancora: ‘Dai Roger, spaccami, scopami, dai’ ancora! Ancora!’.
In definiva &egrave solo un cazzo.
E ancora una volta vengo di culo, ma &egrave una cosa cerebrale, che nasce dal fatto di essere ‘usata’ in quel modo.
Anche il barista viene, mi sborra in gola, io bevo tutto mentre vengo sballottato dalle spinte di Roger, che grugnisce come un porco.
E come un porco sborra, lo tira fuori un attimo prima, mi inonda il culo, la schiena, i capelli, &egrave eccitante ma un po’ mi dispiace perché in questo modo non posso leccarla.
Mi lasciano lì legato, per parecchi minuti, tutto sporco e gocciolante di sborra.
Poi torna il barista: ‘C’era un altro lavoretto pronto per il tuo culo, ma lo faremo un’altra volta’.
Vengo slegato, tutti ci rivestiamo, salgo sul suo motorino, il costumino mi entra nel culo, totalmente aperto. Mi piace anche questo. Quando arriviamo una grossa chiazza umida resta a bagnare la sella.
Vado sulla spiaggia dove ci sono i miei amici, mi guardano interrogativamente, io non dico nulla ma uno di questi mi sussurra in un orecchio : ‘Io lo so dove sei stato’.
Nient’altro, per ora.
Faccio un bel tuffo, per ripulirmi, ma ho ancora voglia, quelle parole appena percettibili mi hanno fatto rimescolare tutto. Qualcuno sa’
Da quel momento la vacanza al mare prese tutta un’altra piega:
‘il pomeriggio, subito dopo pranzo, sono solo nel bungalow.
Fa molto caldo, gli altri sono in spiaggia ma io ho preferito riposare un po’.
Arriva F., quello che mi ha sussurrato di sapere, con lui c’&egrave un altro amico, M., un tipo magrolino ma con una gran cazzo. Rimane sovente nudo e mi &egrave capitato di guardarglielo con ammirazione.
Si siedono sulla sponda del letto, e F.: ‘Ma bravo, allora &egrave vero che sei frocio, una zoccola, lo sappiamo che ti sei fatto sbattere dai baristi’. M. continua: ‘Sai, ce l’ha detto un uccellino’ e stamattina ti abbiamo visto entrare nel capanno, ti abbiamo seguito’.
Io non so cosa dire, sono un po’ spaventato ma subito dopo mi tranquillizzo perché comprendo cosa vogliono da me.
F. lo tira fuori: ‘Facci vedere cosa sai fare!’.
Glielo prendo in mano e lo masturbo per alcuni istanti, non prima di avergli fatto colare un po’ di sputo sulla punta.
A questo punto anche M. si denuda, allora gli prendo in bocca il cazzo, poi anche quell’altro, tutti e due insieme.
Sono buoni, entrambi in bocca, li faccio andare avanti e indietro, sbrodolandomi di saliva.
Mentre li succhio, il primo mi dice che mi avevano sgamato da un po’ ed ora avevano ricevuto la conferma e che, in verità, era da qualche tempo che loro due pensavano di farmisi, cercavano l’occasione.
M., a quel punto mi spinge sul letto, mi alza le gambe e me lo infila dentro. Scivola che &egrave un piacere, sono ancora aperto, dopo il cazzone del dominicano.
‘Accidenti, come sei largo, &egrave entrato subito!’, esclama M. guardandomi in faccia, e io: ‘Che c’&egrave non ti piace?’, lui: ‘No, no, certo che mi piace, sei meglio di Clara’. Clara &egrave la puttanella del quartiere, che si fa sbattere praticamente da tutti.
A questo punto si alternano, giocherellando, passano dal culo alla bocca, ancora tutti e due in bocca, mi allargano il culo con le mani e rimirano il mio ano accogliente: ‘Accidenti, come &egrave rosso, si vede che lo usa’ si sta trasformando in una figa!’, si esalta F, mentre ci mette dentro le dita della mano.
Propongono di fare una doppia, come quelle nei filmini porno che ci sono sui loro cellulari, io mi siedo sopra M e mi infilzo. F. si posiziona in modo da penetrarmi anche lui, lo lascia scivolare sul cazzo dell’amico poi entra. Si muovono alternativamente ma sono io che dirigo, cercando di favorirli in ogni modo. Mi piace questa cosa.
Mi vengono in mente i gemelli, a come mi sarei potuto divertire con loro, altro che seghe!
Mentre mi godo i due cazzi nel culo, gli altri tre vacanzieri irrompono nella camera: ‘Ma bravi i nostri frocetti!’.
Noi rimaniamo lì, fermi nel nostro groviglio di corpi, in attesa degli eventi.
‘Ma si, divertiamoci anche noi! Scopiamocelo!’ esclama uno degli ultimi arrivati mentre si denuda. In breve anche gli altri due sono nudi, con il cazzo in tiro.
Mi rendo conto che aspettavano tutti l’occasione di scoparmi. Bastava dirlo!
Mi ritrovo a soddisfarli tutti e cinque, due nel culo, uno in bocca gli altri due in mano. Scopata totale. Si alternano nel mio orifizio, culo, bocca, mani.
Saliva, umori, sudore, succo anale.
Provano, addirittura ad incularmi in tre, si fanno male, tribolano un po’ ma poi ci riescono.
Dopo iniziano a godere, ho la sborra dappertutto, anche se ho chiesto, invano, di venirmi in bocca, che voglio berla.
Da quel momento passo la maggior parte del mio tempo a maneggiare cazzi. Quelli del barista e dei suoi numerosi amici, nonché quelli dei miei coinquilini, in qualsiasi momento della giornata ne abbiano voglia.
Mi scopa anche una donna, poi ve lo racconto. Ancora un’avventura balneare, in quella torrida vacanza:
…poco prima, al risveglio, ho soddisfatto i miei compagni di vacanza, sollazzandoli con la mia bocca ed il mio culo. Ormai questo rituale si ripete ogni mattina.
Ora sono in ‘pausa’, sdraiato sulla spiaggia, mi sto abbronzando sotto al sole potente del primo pomeriggio.
Tutti mi usano, ormai, quasi fossi un oggetto, un puro strumento per procurarsi piacere, in ogni modo gli venga in mente, in qualsiasi momento, il mio corpo &egrave un giocattolo.
Arriva un amico del barista, un tipo smilzo (lo chiamerò così) al quale ho fatto un pompino il giorno prima, penso che vuole farmisi ancora ma, stavolta, assieme a lui c’&egrave una tipa che avevo notato al bar. Piuttosto robusta, giovane, alta e grossa. Lunghi capelli biondi, indossa un costume intero, nero.
‘Ciao’ mi saluta: ‘Ci manda il barista, ha detto che devi venire con noi, di rammentarti il trattamento a sorpresa che ti aveva promesso’.
Obbediente li seguo senza parlare, ci rechiamo nuovamente alla casetta nella pineta, che ormai conosco così bene.
Lo Smilzo mi fa inginocchiare, gli devo praticare un bel pompino, perché ieri gli &egrave piaciuto molto e lo vuole rifare. Mentre la Valchiria sta a guardare, mi do da fare con la bocca, lo faccio venire in pochi minuti, però quando sta per sborrare, la bionda si inginocchia davanti a me e completa l’opera, ingoiando tutto al mio posto.
Un po’ mi dispiace.
Mi metto ancora una volta sul letto, anche in questa occasione vengo legato, però con del nastro adesivo.
Sono sulle ginocchia e con la testa appoggiata al lenzuolo, Il mio ano slabbrato &egrave completamente in balia delle loro voglie, esposto e aperto, pronto a qualsiasi utilizzo intendano farne.
Lo Smilzo mi fa indossare una grossa maschera, di quelle con la veletta di pizzo attaccata sotto, che mi copre praticamente tutta la faccia, tranne la bocca.
Anche la Valchiria, ora totalmente nuda, si copre con una maschera. Io vengo anche imbavagliato, con una di quelle palline colorate BDSM.
Restiamo lì in attesa, non so cosa deve succedere.
Passa circa un quarto d’ora ed arriva il barista, ha con lui una borsa, dalla quale estrae una piccola videocamera digitale, la accende e la rivolge verso il mio culo aperto.
Contemporaneamente, la donna si aggancia, con due morsetti una catenella che gli unisce i due capezzoli, con evidente piacere, poi estrae da una cassetto uno strano attrezzo, &egrave una una sorta di cinturone, davanti &egrave applicato un cazzo di gomma, uno strapon lungo come un serpente, forse più di cinquanta centimetri, mentre all’interno ce n’&egrave uno più piccolo. Facendosi filmare, la troiona lo indossa, infilandosi completamente nella figa il cazzo più piccolo, ansimando un po’.
Dopo avermelo picchiato alcune volte sul culo versa del lubrificante sullo strapon, massaggiandolo su e giù, sorride alla telecamera e prende ad infilarmelo lentamente nel culo. Il biscione entra con qualche sforzo, insinuandosi nelle budella. Non posso neppure gemere ma &egrave molto flessibile, lo sento salire su, fa male, perché ci mette sempre un momento ad adattarsi alle curve dell’intestino, prima cozza contro le pareti. Incredibilmente riesce ad inserirlo completamente. La Valchiria inizia a muoversi anche perché in questo modo si stimola con il dildo che ha nella figa, godendo come una pazza. Fra un urlo e l’altro biascica frasi oscene, forse a favore del filmato che si sta producendo: sul mio culo sfondato, sulla merda che ne sarebbe uscita, sulla mia troiaggine. Io mi lamento, per quanto lo rende possibile la mia bocca sigillata.
Provo un piacere indescrivibile, mi sento un cesso, una profonda cloaca, uno schiavo, un animale ammaestrato: ‘Spingi ancora mia signora! Fammelo uscire dalla bocca!’, posso solo pensarlo, non mi &egrave possibile parlare.
Trascorsi due o tre minuti, estrae il biscione dal mio corpo. Impiega parecchi secondi a tirarlo fuori tutto.
E’ sporco di merda e muco anale.
Le riprese vengono interrotte.
Mi slegano, ma la cosa non &egrave finita. Mi sdraio sulla schiena. Tiro su le gambe che vengono unite alle mie braccia con lo stesso nastro. In questo modo il mio culo dilatato &egrave ancora più totalmente esposto, una porta aperta.
Sono sempre mascherato ed imbavagliato, la Valchiria scompare per alcuni istanti, quando torna, l’attrezzo infernale &egrave pulito lo ha lavato per benino.
Me lo mette in bocca: ‘Bagnalo!’.
Ricopro di saliva quel serpente di gomma, anche perché sono consapevole che tornerà nuovamente a muoversi dentro di me.
Infatti, dopo pochi istanti la telecamera viene riaccesa, la bionda lo appoggia sul mio buco, questo scivola dentro automaticamente, ormai non vi &egrave più alcuna resistenza, sono spanato come un secchio. Prende a muoversi con colpi potenti, con una certa cattiveria.
Il barista appoggia la videocamera, che continua a riprendere, sopra un mobile, si avvicina alla donna, gli abbassa la schiena, quanto basta per infilargli il cazzo nel culo. Lei lancia un grido, lui la pompa furiosamente. Si avvicina anche lo Smilzo, ora i due si alternano nel culo della vaccona, che cola saliva dalla bocca, invasata.
Ormai si dimena come un’ossessa, il dildo mi devasta le budella, io cerco di lamentarmi, di urlare ma non ci riesco.
Finalmente i due maschi sono prossimi all’orgasmo, si pongono ai lati del letto e mi sborrano addosso, mi ricoprono completamente. Lei, continuando a scoparmi, afferra il mio pisellino e mi masturba, anch’io sborro, gemendo come un cane. Mi spalma lo sperma su tutto il corpo, sulla faccia, sul petto, sulle gambe; mi toglie il bavaglio e mi mette le mani sulla bocca, io le lecco avidamente.
In un attimo tutto finisce. Le riprese terminano e tutti si ricompongono.
Vengo slegato: ‘Dai, fighina, andiamo’. Mi apostrofa lo Smilzo.
Riesco a stento a camminare, mi esce roba dal culo, mi hanno riservato un trattamento con i fiocchi.
Torniamo alla spiaggia, un tuffo in mare, ed eccomi nuovo come prima.
La Puledrina &egrave pronta a farsi ancora cavalcare.
Insaziabile.
Rimangono ancora alcuni giorni di vacanza, io li passo alternando rari momenti di riposo in spiaggia a continui e vari giochi erotici, con chiunque lo voglia.
L’ultima notte viene deciso che &egrave la mia ‘festa’, siamo in un angolo di costa appartato, una piccola insenatura raggiungibile solo a piedi, ci sono i miei coinquilini, i baristi e parecchi loro amici, uomini e donne. Io sono una di queste, indosso un paio di mutandine di pizzo ed un vestitino da mare a fiori, svolazzante e cortissimo, una parrucca bionda e due pendenti a forma di cuore. Sono truccato come una puttana, indistinguibile fra quelle ragazze.
Viene acceso un falò per illuminare la scena.
Vengo ‘fatta’ ballare davanti al fuoco e tutti: ‘Dai Puledrina, dai, galoppa!’. Sono felice.
Poi iniziano i giochi, io sono al centro si una vera e propria orgia. Una sinfonia di cazzi, in culo, in bocca, dappertutto. Vengo sodomizzato decine di volte, ingoio litri di sperma. La valchiria, presente alla festa si fa scopare da Roger, poi, non potendo usufruire dello strapon mi infila nel culo la bottiglia di birra che ha con se, fra gli applausi dei presenti.
Arriva l’alba, rientriamo, io sono nudo, perché i miei succinti abiti sono andati distrutti, ho solamente la parrucca in testa. E’ ancora con me, per ricordo…
Il mattino dopo partimmo e tornammo a casa.
Raccontai queste mie avventure balneari ad A. che le apprezzò moltissimo. Ovviamente seguì una serie di fantasiose punizioni, dovute al comportamento da troia che avevo tenuto in vacanza. Mi furono impartite da lui a da altri suoi luridi amici, ai quali concesse il privilegio.
P.S. Poco tempo dopo ricevetti un messaggio nel quale mi si chiedeva di visitare un sito porno, un forum dove potevano essere postati video amatoriali, i più depravati possibile. C’era il filmato della mia performance con la Valchiria. Il mio culo sfondato visto da innumerevoli utenti. La cosa mi lusingò tantissimo. Successivamente all’ictus del quale fu vittima A., non rimasi molto tempo inattivo.
C’erano un paio dei miei compagni di vacanza che ogni tanto mi si facevano, ma sesso tranquillo, inculatina e pompino con l’ingoio.
Ma I frequentatori del parco e degli altri luoghi sordidi nei quali mi conduceva il padrone del mio culo non tardarono a farsi vivi, loro non si accontentavano.
Devo dire che però, nessuno divenne ‘fisso’ come lui, erano tutti incontri saltuari, anche se estremi e frequenti.
In particolare c’era Romolo, un cinquantenne elegante ma profondamente maiale che mi contattava tramite telefono, quando aveva voglia.
I nostri incontri avvenivano, generalmente, in uno scantinato, un magazzino dove era stato posizionato, fra le varie cose, un vecchio letto in ferro battuto coperto da un altrettanto vecchio materasso. Niente di particolarmente strano, oltre al fatto che mi inculava di brutto più volte, spesso portandosi via i vestiti e lasciandomi lì rinchiuso, con addosso un perizomino che amava tanto, fino a quando gli tornava voglia e che quando non si riteneva soddisfatto, fra le varie opzioni, sceglieva quasi sempre quella di farmi leccare il pavimento dopo avermi frustato il culo con i fili elettrici:
‘squilla il cellulare, noto che &egrave il tizio dello scantinato, Romolo, quello che periodicamente mi incula di brutto e tutto il resto sul vecchio letto.
Questa volta sarà diverso, ci sarà uno dei più alti (o più bassi, dipende dai punti di vista) livelli della mia depravata sottomissione anale.
Rispondo subito alla sua chiamata, anche perché dall’ultima volta &egrave passato un po’ di tempo.
Mi saluta, gentile come al solito, chiamandomi cagna troia rottainculo, mi piace tantissimo.
Mi vuole vedere stasera sul tardi, dopo le undici, che prima porta al cinema la famiglia. Io sono d’accordo. Nel frattempo mi informa che non sarà da solo, che ha parlato di me ad un suo amico, che mi farà sfondare anche da lui, una cosa a tre, io e loro due che mi fottono alla grande.
Non &egrave un grosso problema, succede fin da quando A. mi &egrave prestava a degli emeriti sconosciuti.
Però, stranamente, questa volta dico di no, forse per vedere come si comporta Romolo.
Si incazza e mi manda a quel paese. Riattacca.
Capisco subito di avere sbagliato, lo richiamo immediatamente
Sono pentito e mi sottometto totalmente, più del solito, piagnucolando come una fighetta gli chiedo scusa, lui mi dice che mi sono negato, mi sono comportato male e di prepararmi che per questo mi sfonderanno come un secchio, io rispondo che potranno farmi tutto quello che vogliono, lui ed il suo amico, trattarmi come meglio gli aggrada, qualsiasi cosa, potranno usarmi in tutti i modi che gli verranno in mente, sarò umile e servizievole. Mi prenderanno in parola. Ci mettiamo d’accordo per incontrarci alle undici e quindici, nei pressi di un locale che conosciamo, dovrò essere pulito e profumato, con le mutandine di pizzo che tanto gli piacciono .
Poco prima di uscire mi faccio una peretta, almeno sono bello pulito come vuole lui, eventualmente avrò meno ‘roba’ da ripulire ed ingoiare. Termino con una doccia e con un profumo di marca. Sono già eccitatissimo, tutto un tremito, mentre indosso il perizoma quasi vengo. Un paio di jeans a vita bassa, attillatissimi, terminano l’opera.
Mi fermo sotto un balcone nelle vicinanze del locale. Pioviggina. Arrivano, salgo sull’auto e mi accomodo sul sedile posteriore, dove mi attende l’amico di Romolo. E’ sulla sessantina, faccia da porco e un po’ sudata, con la pancia, leggermente ripugnante, perfetto.
‘Ciao, così tu saresti il frocetto. Sai ho rotto parecchi culi maschili, femminili e mezzo e mezzo, ma so che il tuo &egrave già più che rotto, mi ci potrò divertire. Lui mi ha detto che sei una troia totale, un buco strappato, che fai tutto. In effetti sei femminile, sembri una di quelle ragazze, quelle puttanelle che si vedono in giro, con il culo di fuori’.
Quindi non perde tempo, mi prende la mano e se l’appoggia sulla patta, dopo si abbassa la lampo e tira fuori il cazzo, me lo fa afferrare subito. Noto che &egrave piuttosto lungo, anche se quello dell’altro &egrave più grosso.
Io mi lamento perché non mi piace farlo in macchina, &egrave la mia unica fobia, potrebbe succedere qualcosa, dei malintenzionati, fermarci una pattuglia’
Non mi sta neppure a sentire, mentre Romolo dice qualcosa di divertente l’Amico (non conosco il suo nome) mi afferra per i capelli e mi abbassa la testa, io apro la bocca e l’affare mi arriva subito fino in gola. Sa di buono, di piscio. Mi schiaccia la testa, capisco subito che gli piace comandare. Per me va bene.
Tossisco mentre i due ridacchiano. Lo sfilo un po’ ed inizio a lavorarlo. Loro commentano pesantemente, soprattutto sulla mia bocca da troia e su cosa faranno al mio culo. Ci metto tutta la mia abilità, il tizio mugola.
Mentre vado avanti a spompinare arriviamo ad una recinzione di rete, in periferia, lì attorno ci sono spacciatori, battono puttane e trans, c’&egrave di tutto. L’amico di Romolo scende e senza neppure mettersi dentro il cazzo apre un lucchetto che tiene chiuso un grosso cancello.
L’auto prosegue nel piazzale, il posto sembra abbandonato, ci sono erbacce dappertutto. Nel mezzo c’&egrave un capannone, tutto scassato, con alcuni vetri rotti. L’amico apre la saracinesca con un rumore assordante, la macchina entra.
Si ferma nel centro, il capannone &egrave praticamente vuoto, solamente dei pancali sparsi qua e là, con sopra dei legacci e dei teloni che, probabilmente, servivano a coprire ciò che veniva commercializzato lì. Romolo richiude la saracinesca, siamo chiusi dentro, ora non posso più andare da nessuna parte.
Da una parte c’&egrave una scala che conduce ad un soppalco, saliamo ed arriviamo alla zona uffici, l’amico di Romolo accende la luce. Anche lì ci sono poche cose, fra queste uno scaffale sbrindellato ed una scrivania, con una sedia da ufficio che ha perduto i braccioli. Il locale, però, appare pulito rispetto a tutto il resto, abbastanza ordinato.
L’amico di Romolo racconta che il capannone &egrave suo, da tempo non lo utilizza, ha poco lavoro, però ci porta le puttane che rimorchia lì attorno, per questo l’ufficio &egrave a posto. Meno male, soprattutto se devo leccare il pavimento.
Mi dicono di spogliarmi, stanno guardare mentre lo faccio. Appena vedono le mutandine con il filo interdentale mi dicono di tenerle che sono arrapanti e il culo &egrave comunque libero.
Mi viene ordinato di mettermi a quattro zampe per terra, mi fanno muovere per la stanza in quel modo, dandomi della puttana ed anche qualche pedata sul culo, poi l’amico di Romolo si mette in piedi davanti a me e mi dice che le sue scarpe sono sporche. Io le ripulisco per benino, le lecco tutte fino a che non sono lucide come uno specchio.
Improvvisamente, Romolo, palesemente eccitato dalla mia sottomissione e con due occhi da invasato mi agguanta per i fianchi, mi appoggia alla scrivania, si cala pantaloni e me lo butta di brutto nel culo, dopo aver fatto colare un po’ di saliva sulla cappella. Stranamente mi fa male, anche se sono stato enormemente spalancato molte altre volte, perché ce l’ha grosso e non c’&egrave stata la minima preparazione. Protesto perché so che questa cosa lo eccita, quasi piango, infatti mi viene detto di non frignare, perché quello &egrave ancora nulla. Mi ordina: ‘Fai sentire al mio amico cosa devi dire, cosa ti ha insegnato il caro A.’, io uso le frasi che conosco così bene. Che mi deve sfondare, fare male, che non mi basta mai, che sono il suo cesso, di rovinarmi il culo.
Mi da degli sculaccioni tremendi, io non mi lamento perché so di meritarmeli, ma ho le lacrime agli occhi anche se godo.
Mentre Romolo mi spacca l’ano e mi rende le chiappe livide, Amico si siede sulla scrivania e mi fa cenno di prenderglielo di nuovo in bocca. Obbedisco, ha la faccia crudele di chi sta studiando qualcosa di pesante da praticare. I due cazzi che mi sto prendendo mi piacciono parecchio ma non ho ancora capito che piega prenderà la situazione.
Io succhio e lecco, mentre il cazzo di rude mi ara il culo. Si va avanti per un po’, poi i due si invertono. Il cazzo di Romolo &egrave più saporito, dopo che mi ha sfondato il culo. L’altro mi arriva in profondità, mentre mi sussurra schifezze nelle orecchie, mi dice che non &egrave la prima volta che incula un uomo ma che &egrave sbagliato chiamarmi così, perché ho il buco così sfondato che non ha nulla da invidiare alla figa di una vecchia baldracca, che sono largo come i trans che ha provato.
Romolo dice di avere un’idea, relativa alla punizione che mi aveva promesso riguardo al mio iniziale diniego.
Io so bene che non &egrave un tipo da sofisticatezze sadomaso, il trattamento riguarderà sicuramente il mio culo, rudemente.
Scende le scale e torna poco dopo con alcuni dei legacci che avevo notato prima, delle corde di nylon.
Io capisco quali sono le sue intenzioni e mi predispongo al loro utilizzo, mentre l’amico che &egrave molto forte mi blocca lì, schiacciato sulla scrivania con il suo cazzo nel culo. Sarei restato, comunque, fermo.
Romolo mi lega i piedi alle gambe della scrivania, poi prende altre due funi, me le lega ai polsi poi le fissa alle altre due gambe, quelle che stanno davanti a me.
Rimango così, completamente piegato a novanta gradi, con il torace appoggiato alla scrivania ed il culo a loro completa disposizione.
L’Amico si guarda intorno, poi prende una scopa, mi infila il manico e lo dimena ma non &egrave contento. C’&egrave un flacone spray &egrave appoggiato sullo scaffale. E’ uno di quei flaconi di prodotti per le pulizie. Per la polvere. Anche se &egrave grosso (cinque-sei centimetri di diametro), &egrave il più piccolo di quelli che sono lì. Gli altri sono molto più larghi, fortunatamente non usa uno di questi, sarebbe stata dura farlo entrare. Infatti ho capito cosa vuol fare ed io questa volta proprio piango, però non protesto, sono una loro proprietà, da usare come vogliono, un giocattolo. Romolo si dichiara favorevole, quindi me lo mettono davanti alla faccia e mi dicono di bagnarlo bene che mi conviene. Mi da la nausea, ha un cattivo sapore ma lo lecco e ci sbavo sopra pur di prepararlo al meglio.
L’Amico me lo appoggia sul buco del culo, dove ha infilato quattro dita della mano. Sono già aperto e bagnato ma quel coso &egrave di metallo, ha dei bordi e si rivela più grosso di quanto appare. Me lo infila dentro senza pietà, &egrave ruvido, raschia e si fa strada a fatica, io strillo e digrigno i denti ma l’affare prosegue inesorabile la sua corsa, chiedo di smettere, ho paura che mi rompa qualche cosa. Però entra quasi tutto senza danni, &egrave goduriosamente doloroso, poi sono fiero di me.
I due ridono come matti, Romolo mi bacia sul collo chiedendomi se mi piace, se per il mio culo da troia sfondata &egrave abbastanza.
‘No, no, dammene ancora, non &egrave abbastanza!’, dico ciò che si aspetta, ma in effetti basta e avanza, &egrave veramente devastante. Lui muove il flacone, però così fa più male perché essendo grezzo si &egrave appiccicato alle pareti dell’intestino, godo per il dolore. Sono aperto, violato, quell’oggetto mi fa male, loro mi deridono. Bellissimo.
Sarà un problema toglierlo ma ci penseremo dopo.
Invece spinge ancora, lo fa entrare in tutta la sua lunghezza, raddrizza la curva del retto e schiaccia tutto quello che trova, le pieghe dell’intestino. In alcuni momenti, il dolore mi arriva al cervello, sto delirando, penso che ora mi strapperò, mi dissanguerò e morirò felice. Invece non succede, centimetro dopo centimetro il flacone entra dentro e scompare.
Improvvisamente l’amico dice che &egrave una cosa incredibile e decide di scattarmi delle foto con il cellulare, ancora una volta sarò immortalato, sta diventando un vizio, Romolo ne &egrave felicissimo ma afferma che con il suo non &egrave prudente perché può finire nelle mani della moglie e dei figli.
L’Amico inizia a fotografare, ne scatta un casino. Il buco &egrave in primo piano, &egrave aperto e dentro si vede il fondo del flacone. Io lo imploro di non fotografarmi la faccia. Lui mi ordina di stare zitto altrimenti le mette subito in rete, mi infila in bocca uno straccio per farmi ammutolire. Romolo continua dicendo che potrebbero mettere le foto sul mio profilo. A questo punto posso solo sperare che scherzano. Tra l’altro l’amico ha un telefono bellissimo, uno dei migliori in circolazione, le foto vengono chiarissime.
Ma ci ripensano e mi calano sulla faccia, a mo’ di cappuccio, i boxer dell’Amico, ridono ancora.
Ora si stanno veramente divertendo, mi dicono di spingere come per cagare e con fatica Romolo, afferrandolo con due dita, tira fuori dallo sfintere parte del flacone: ‘Almeno si vede meglio’. Ci legano attorno uno strofinaccio per le pulizie, &egrave azzurro, sembra un fiocco sopra l’uovo di Pasqua. Sono continue risate, l’Amico propone di lasciarmi lì, legato con quel coso nel culo. Ogni due giorni passa un pensionato a controllare, ‘E’ un porco, chissà cosa ci infilerebbe dentro, sicuramente se lo incula’, dice il proprietario del capannone. Romolo, sempre più ilare, dice che invece mi porteranno via così come sto e mi lasceranno in mezzo alla strada, nudo e legato, con l’affare infiocchettato tutto nel culo, magari qualche balordo finisce l’opera.
L’Amico propone a Romolo di incularmi mentre lui scatta le foto. Romolo non &egrave d’accordo, allora l’amico gli passa il telefono, mi strappa letteralmente dal culo l’oggetto, piango e gemo come una bestia per il dolore, sembra che le budella escono fuori. Prende il panno e se lo mette sulla testa, in modo che non si veda il viso e poi mi lo schiaffa il lungo cazzo nel culo dolorante, non lo sento neppure. E’ un sollievo rispetto a quello che c’era prima. Ansima mentre pompa con forza. L’altro filma.
Mi viene copiosamente nelle viscere, la sua sborra mi lenisce il dolore al culo. Si sfila e si siede sulla sedia.
Ora tocca a Romolo, mentre mi penetra gli dice di non ripulirsi, che dopo ci penso io.
Viene anche lui, mi sborra dentro, sono farcito come un bign&egrave.
Finalmente mi slegano. Sputo lo straccio che avevo ancora in bocca, loro si appoggiano alla scrivania, io mi accovaccio, dal culo sfondato mi esce un rivolo di sperma e sangue. I due cazzi sono ricoperti delle stesse materie, li lecco e li succhio alternativamente, li vogliono perfettamente puliti.
Sono ancora arrapati e decidono che mi devono sborrare in bocca. Io ci prendo gusto, mangio i due bastoni, mi impegno tantissimo. Ci mettono molto a venire, quasi mi si addormenta la mandibola. L’amico di Romolo mi afferra la testa e mi viene in bocca, bevo tutto fino all’ultima goccia. Un minuto dopo faccio la stessa cosa con Romolo, che mi spedisce la sborra direttamente nello stomaco.
Abbiamo finito. Penso.
L’Amico deve pisciare, c’&egrave un bagno in fondo alla stanza. L’altro gli dice di aspettare che ci pensa lui. Andiamo tutti e tre nell’orinatoio, io camminado gattoni, e loro dietro a ridere sulle dimensioni della mia apertura anale. Nel bagno mi sdraio a cavallo della turca con la bocca aperta. Mi pisciano abbondantemente addosso, parecchia la bevo.
Loro si rivestono, mi fanno rimanere nudo, tutto bagnato d’orina. Indosso le sole mutandine col filo, che stanno su male perché si sono deformate, tutte bagnate.
Quando arriviamo all’auto, Romolo non mi vuole far salire così sporco e puzzolente. L’altro torna indietro e torna con telo di nylon che stende nel bagagliaio. Io capisco e mi sdraio lì, obbediente come un cagnolino.
Mentre rientriamo sento i due che conversano, commentano sul fatto che ci sono un sacco di trans in giro, l’Amico dice a Romolo che potrebbe farmi fare la puttana, scendermi lì e farmi battere, probabilmente sono il più sfondato di tutti. Aggiunge anche che dopo quello che mi hanno fatto non lo vorrò più vedere. Romolo scommette che la prossima volta che mi chiamerà io sarò pronto. Ha ragione. Infatti alza il tono di voce mi chiede se mi &egrave piaciuto, io lo ammetto: ‘Si, mi &egrave piaciuto moltissimo, facciamolo ancora’. Sghignazzano sguaiatamente.
Però mi raccomando per le foto, mi dicono che le terranno loro, poi la faccia non si vede, ma io devo ‘comportarmi bene’, boh…
Mi lasciano in mutandine davanti casa, fortunatamente &egrave tardi e non c’&egrave nessuno in giro.
Mi salutano dicendomi, fra i serio ed il faceto, che la volta dopo mi dovrò vestire da donna, con i tacchi, la minigonna, il perizoma e le autoreggenti, che pensano a tutto loro, magari mi vendono a un tizio che conoscono, che farà al mio culo cose che in confronto quello che gli &egrave successo questa sera &egrave l’equivalente di una suppostina di glicerina.
Appena entrato mi faccio una doccia e non posso fare a meno di masturbarmi, ripensando a quello che &egrave accaduto nel capannone.
Alcuni giorni dopo, Romolo mi invia le foto. Sembrano finte, i magnifici primi piani del mio culo aperto e quelle con il flacone infiocchettato che spunta fuori potrebbero essere dei fotomontaggi, da tanto che &egrave incredibile come quella cosa così rigida sia potuta entrare completamente.
Mi fa male il culo, nonostante gli impacchi d’ammoniaca e le cremine. Ma attendo, sospirosa come una vergine, una chiamata. Timorosa ma incuriosita, cosa potrà fare al mio culo il loro conoscente?

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