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Racconti di Dominazione

Webcam

By 24 Settembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Aurora si avvicinò al computer. Il cicalino che suonava insistente, indicava una chiamata in arrivo, e lei sapeva benissimo di chi si trattava: era il consueto appuntamento serale con il suo padrone.
Era iniziato mesi prima, per gioco. All’inizio solo un chattare innocente, che con il passare dei giorni si era fatto più incisivo, più personale.
Lei ed il suo sconosciuto interlocutore si erano addentrati in discorsi delicati e, alla fine era uscito fuori che Aurora, sotto sotto, aveva sempre desiderato essere sottomessa, mentre lui si eccitava terribilmente a dominare le donne.
Era iniziato con piccoli ordini che lei doveva eseguire e che lui controllava per mezzo della webcam.
Le prime volte si trattava di stupidaggini, tipo vestirsi in una certa maniera, poi però le richieste si erano fatte sempre più pressanti e più difficili, al punto che lei, qualche volta aveva cercato di imbrogliare, visto che non poteva opporsi in maniera palese alle sue richieste. Lui allora, quando la scopriva, per punizione, le faceva fare qualcosa di ancora più difficile.
Aurora si mise la mascherina sul volto, perché avevano deciso entrambi che era meglio non svelare completamente le loro sembianze, anche se probabilmente vivevano a centinaia di chilometri di distanza l’uno dall’altra e non si sarebbero mai incontrati.
‘Buona sera Alba.’ Lei aveva scelto come pseudonimo, una parola quasi uguale, come significato, al suo vero nome.
‘Ciao Max. Come stai?’
Avevano cominciato a parlasi attraverso Skype, come ogni sera.
‘Scusa Max, puoi aspettarmi un minuto?’
‘Dove vai?’
‘Solo un attimo in bagno, devo far pipì.’
‘No, aspetta, mi è venuta un’idea.’
‘Come, no? Mi scappa, la devo fare. Dai, torno subito.’
‘Puoi farla anche qui.’
‘Per favore, sei impazzito? Non posso mica farla per terra.’
‘Falla nei Jeans.’
‘Ma stai scherzando?’
‘Affatto. Il tuo master e padrone ti sta ordinando di farti la pipì dentro i pantaloni. Ora ti alzi, ma rimani sempre davanti alla webcam, e la fai per bene, tutta, dentro i tuoi jeans.’
‘No, per favore …’
‘Ti stai forse ribellando al tuo master?’
L’intonazione della sua voce si era fatta aspra e minacciosa.
‘No, scusa. Va bene, lo faccio’
La voce di Aurora aveva un tono contrito.
Ora era in piedi, a mezzo metro dalla scrivania del computer.
‘Non ci riesco …’
‘Ci devi riuscire. Rimarrai lì, in piedi, finché non ci riuscirai.’
Le veniva da piangere, perché le scappava da morire ma non riusciva a farla così, completamente vestita. Non è facile farsela addosso, volontariamente, da adulti.
Alla fine cominciò a sentirsi calda e bagnata, le prime gocce cominciavano ad uscire inzuppandole lo slip. Fu sufficiente questa sensazione per vincere le sue resistenze psicologiche e avvertì il flusso che ormai usciva liberamente.
Vedeva bene la macchia scura, che si allargava progressivamente in mezzo ai pantaloni, mentre sentiva che alcune gocce scendevano lungo le sue cosce.
I rivoli caldi, mano mano che scendevano in basso, si raffreddavano scorrendo sulla sua pelle e le ultime gocce, che raggiunsero i suoi piedi nudi, dentro le pantofole, erano ormai fredde.
‘Brava! Hai visto che ci sei riuscita?’
‘Sì, però adesso fammi andare in bagno. Mi do una lavata, mi cambio e poi porto fuori il cane, che è da questa mattina che non esce.’
‘No!’
‘Non vorrai far pisciare anche Billa dentro casa?’
‘Ma no. Il cane lo devi portare fuori. Dico solo che ora ti togli i jeans e le mutandine bagnate, ti metti la minigonna rossa ed esci così, senza lavarti.’
‘Ti prego, non mi far fare questo. Solo una passata veloce con la doccia, e poi non posso uscire senza slip, con quella minigonna cortissima.’
‘Ora basta! Se non ubbidisci immediatamente ti faccio uscire senza gonna, con il culo scoperto.’
Aurora si spogliò davanti alla webcam e indossò la minigonna, ma prima di uscire, prese di nascosto un paio di mutandine in camera sua, che si mise in ascensore, fuori della portata del suo master.
Era già abbastanza dura uscire con il freddo, senza calze, con le gambe e la pancia sporche e bagnate, e non aveva nessuna intenzione di assecondarlo fino in fondo.
Al suo ritorno sentì la voce di Max proveniente dal computer.
‘Via qui, Alba.’
‘Eccomi.’
‘Come si dice?’
‘Eccomi, padrone.’
‘Tira su la gonna!’
‘No! Per favore.’
‘Nooo? Come sarebbe? Tirati subito su la gonna, voglio controllare una cosa.’
Maledizione! Era fregata. Ora avrebbe scoperto il suo misero trucchetto e l’avrebbe punita.
Sollevò in parte la stoffa rossa, scoprendo completamente le cosce.
‘Ancora. Devi sollevarla completamente.’
Aurora continuò ad alzare la gonna, lentamente, e scoprì un pezzo del suo piccolo slip bianco.
‘Lo sapevo. Ero sicuro che avresti imbrogliato. Peggio per te. Adesso ti togli le mutandine, ed anche la gonna, e torni fuori. Il tuo cagnolino sarà contentissimo di farsi un’altra bella corsa nel parco. E non voglio vederti prima di una mezz’ora buona. Intesi?’
‘Max. ti prego. Come faccio ad uscire così? La giacca è corta, se sto ferma mi copre a malapena il sedere, ma se cammino ‘ per favore, fammi mettere almeno il giaccone blu, che è un po’ più lungo.’
‘Ora basta, sai benissimo che non puoi discutere i miei ordini, se non la fai subito finita, ti faccio uscire solo con la camicetta. Pensa che spettacolo, una bella ragazza che se ne va in giro per il parco, verso sera, con il culetto di fuori e la fica all’aria, portando a spasso il suo cane.’
Aurora, ormai rassegnata, si sfilò le mutandine e poi slacciò la gonna, che cadde ai suoi piedi.
La giacca bianca di velluto era corta e le copriva appena le chiappe, mentre sul davanti, solo facendo dei passi corti avrebbe evitato che i due lembi di stoffa, aprendosi, potessero mostrare il suo sesso a tutti i passanti.
Prese il guinzaglio ed uscì di nuovo. Billa, passato un primo momento di perplessità, l’aveva seguita, contenta di questo supplemento di uscita serale.
Aurora era spaventata ed emozionata allo stesso tempo. Non si sentiva tranquilla ad uscire a quell’ora e farsi un giro nel parco semi deserto, vestita, cioè svestita, in quella maniera. Si rendeva conto che potevano anche esserci dei pericoli, però era molto eccitata all’idea di fare qualcosa di trasgressivo, per ubbidire al suo padrone.
L’aria era fresca, ma per fortuna le sue gambe si erano asciugate.
Doveva camminare piano e con molta attenzione. Aveva incrociato un paio di persone che l’avevano guardata con insistenza. Non aveva avuto il coraggio di voltarsi, ma era sicura che i loro sguardi, insistenti ed intrusivi, l’avevano seguita per parecchie decine di metri, mentre si avviava verso la villa comunale.
Avrebbe fatto tutto quello che voleva il suo padrone, perché doveva ubbidirgli sempre e perché era contenta di farlo.
Ecco si stava eccitando. Sentiva di nuovo bagnato in mezzo alle gambe, ma sapeva bene che questa volta non era pipì.
Più avanti, vicino alla fontanella, c’era un gruppo di ragazzi che fumavano e bevevano birra. Meglio girare alla larga, ma Billa aveva sete e, dopo aver dato un bello strattone al guinzaglio, si mise a trotterellare, attirata dall’acqua.
Così Aurora aveva dovuto accelerare il passo e sentiva la stoffa che si sollevava dietro mentre il compasso delle sue gambe, ora molto più esteso, aveva aperto la giacca sul davanti, facendole arrivare direttamente l’aria fresca della notte sulla sua vagina bagnata e semi aperta.
Per un attimo ebbe paura: era sola nel parco deserto, davanti ad un gruppo di ragazzi che forse avevano anche bevuto troppo. Avvicinarsi a loro con la fica all’aria, non era una buona idea.
Tirò forte il guinzaglio costringendo Billa a rallentare. Era quasi buio, forse non avevano visto.
Ormai aveva raggiunto la fontanella e la cagna aveva cominciato a bere, slappando rumorosamente con la lingua.
I ragazzi la guardavano ridacchiando tra di loro. Sentiva i commenti su di lei e sentiva anche che si stava eccitando sempre di più, nonostante la situazione di possibile pericolo.
‘Ehi! Bella bionda. Vieni a farti una birretta con noi, che ti facciamo divertire.’
Billa aveva finito di bere e così riprese il cammino.
Per continuare il giro doveva per forza passare vicino ai ragazzi. Avrebbe voluto farlo velocemente, ma si ricordò il problema della giacca e così fu costretta a sfilare davanti a loro con estrema calma, permettendogli di osservare bene le sue gambe nude e parte delle chiappe che spuntavano sotto la giacca.
Uno di loro si alzò dalla panchina, le venne dietro e le piazzò una mano sul culo, infilando le ditta sotto il bordo della giacca.
‘Avevate ragione, sotto non ha proprio nulla.
Aspetta, vieni qui.’
Aurora si mise a correre, inseguita dalla grida dei ragazzi, incurante di quello che avrebbe mostrato tenendo quell’andatura.
‘Ehi, belle chiappe, aspetta, fermati. Vieni qui che ti facciamo un bel giochino.’
Si fermò solo quando fu parecchio lontana da loro.
Accidenti, aveva corso il rischio di essere violentata e non l’avrebbe certo salvata Billa, una cagna vecchia ed inoffensiva.
Gli ordini del padrone diventavano sempre più duri, più difficili da seguire, ma sapeva che non si sarebbe mai ribellata.
Nonostante la paura, o forse proprio grazie a questa, si era eccitata ancora di più.
Si passò un mano tra le gambe: il suo sesso era completamente zuppo ed aperto.
Si trattenne un po’ nel parco cercando di non passare vicino alle poche persone che lo frequentavano a quell’ora e, tutte le volte che si avvicinava qualcuno, rallentava il passo o, addirittura, si fermava.
Ormai la mezz’ora era passata, poteva tornare a casa.
Max l’aspettava.
‘Bene, bene.
Solo un ultimo piccolo controllo, prima di salutarci. Vieni davanti alla webcam e togliti la giacca. Voglio essere sicuro che non hai provato a farmi fesso per la seconda volta.’
Aurora eseguì prontamente.
‘Ok. Brava.
Vedo anche che ti è piaciuto.
Buona notte. Ci vediamo domani sera.’
Aurora quella sera, a letto si masturbò a lungo, ripensando all’esperienza strana ed eccitante.
Chissà cosa avrebbe escogitato l’indomani Max.
Il suo padrone era veramente imprevedibile. Il gioco di sottomissione tra lei e Max, era iniziato in maniera assolutamente innocua: una semplice chat notturna con uno sconosciuto.
Con il passare dei giorni i discorsi, però, si erano fatti più interessanti, prendendo una piega sempre più intima, poi, su richiesta di Max erano passati a parlarsi direttamente con skype, finché, sempre lui, aveva proposto l’aggiunta della webcam, mitigata dalla mascherina, per evitare che potessero vedersi in faccia.
Max le faceva spesso dei regali, che le spediva in fermo posta.
In questa maniera le loro identità restavano celate, perché Max scriveva sul pacco un mittente di fantasia, mentre alla voce destinatario, presso l’ufficio postale, era indicato solo il numero della sua carta di identità.
Anche la minigonna rossa, che lei aveva indossato nella prima passeggia serale e che poi era stata costretta a togliersi, era un regalo di Max.
Stava aspettando la sua chiamata e qualcosa le diceva che la richiesta sarebbe stata sorprendente e dura, decisamente dura, per lei, e avrebbe avuto a che fare con l’ultimo pacchetto che aveva appena ritirato e che non aveva ancora aperto, seguendo gli ordini del suo padrone.
Ecco il cicalino. Max era in linea.
‘Ciao Max.’
‘Ciao Alba. Mi sembri in forma.
Hai ritirato il mio regalino?’
‘Sì, certo, eccolo’, disse mostrando la scatola ancora sigillata, ‘lo posso aprire?’
‘Non ancora. Potrai aprirlo domani mattina. Ti preannuncio che contiene un capo di abbigliamento che potrai, anzi dovrai indossare domani.
E’ qualcosa di particolarmente originale e sono sicuro che lo troverai molto eccitante.’
Aurora era un tipo curioso e Max si divertiva a fare di questi giochini. L’avrebbe lasciata con il pensiero per tutta la notte, l’avrebbe fatta schiattare ma non le avrebbe detto cosa conteneva il pacchetto e, naturalmente, lei non si sarebbe potuta azzardare ad aprirlo prima del tempo.
Aurora lo supplicò, ma lui non le disse nulla, si limitò a prometterle che l’avrebbe chiamata la mattina dopo, alle sette e mezza, ed avrebbero aperto insieme la scatola.
Aurora si svegliò prestissimo e si mise davanti al computer con una tazza di caffè ed il pacchetto misterioso.
Quando finalmente Max la chiamò, prese il telefono con una tale furia che quasi rovesciò il caffè.
La scatola era piena di frammenti di polistirolo colorati e, dopo aver rovistato a lungo, si trovò tra le mani una catenella d’acciaio.
‘Che cos’è.’
‘Il tuo nuovo slip. Le mutandine che dovrai indossare oggi.’
‘Ma come faccio a mettermi ‘sta roba?’
‘Adesso ti do le istruzioni. Fruga bene perché nella scatola c’è un altro oggetto che serve a chiuderlo.’
Aurora tirò fuori un grosso lucchetto di metallo, a combinazione.
‘Togliti la camicia da notte.’
Aurora era abituata a dormire senza biancheria intima e Max lo sapeva bene, così, quando si tolse la camicia da notte di cotone rosa, rimase completamente nuda, con i capelli biondo rossicci che le ricadevano sulle spalle.
Max l’aveva fatta spogliare diverse volte, negli ultimi tempi, e lei ormai era abbastanza abituata al suo sguardo interessato, che sembrava fissarla attraverso lo schermo del pc.
Sentì i suoi occhi che si posavano sulle sue tette grandi ed ancora ben sode, nonostante fosse vicina alla quarantina, poi avvertì lo sguardo che scendeva e si spostava in mezzo alle sue cosce, sulla sua fica accuratamente depilata.
Aurora, con il lucchetto tra le mani, aspettava che Max parlasse.
‘La catena più grande devi passarla intorno alla vita, avvicinando sul davanti i due anelli terminali più grandi ‘ brava! Così.
Ora li fai passare entrambi nel lucchetto ‘ perfetto.
Adesso prendi l’estremità libera della catena piccola, che è fissata a quella grande, nella parte posteriore, e che ti pende in mezzo alle gambe.
Esatto ‘ ora la tiri e la vai ad infilare nel lucchetto.’
‘E’ troppo corta, non arriva …’
‘Tira. Ho detto che devi tirare per bene …’
‘Ma se tiro ancora mi finirà dentro …’
Esattamente, deve entrare bene nella tua fichetta. Dai tira ancora, vedrai che ci riesci.’
‘Ahhh! Ahi! Ecco …’
‘Bravissima. Ora fai scattare il lucchetto.’
CLICK!
‘Benissimo. Adesso puoi vestirti ed andare in ufficio.’
‘Così?’
‘Naturalmente.’
‘Max, non posso stare tutto il giorno con questo affare. Ti prego.’
‘Non serve pregarmi, perché, anche volendo, non te lo potrai togliere senza il mio aiuto. Questa sera, se fai la brava, ti dirò la combinazione.’
Sola allora Aurora si rese conto che non avrebbe potuto disfarsi di quello strano indumento in nessuna maniera e che sarebbe stata costretta a tenerlo addosso tutto il tempo che Max desiderava.
La chiusura era scattata e, a meno di essere particolarmente fortunata, avrebbe impiegato un mucchio di tempo, se avesse deciso di cercare di aprirlo per tentativi, visto che il lucchetto aveva una combinazione di quattro cifre.
Così non le restò altro da fare che vestirsi ed andare in ufficio così.
La catenella d’acciaio, per riuscire ad agganciarsi al lucchetto, si era conficcata profondamente nella vagina, penetrando tra le labbra.
Dava molto fastidio, specialmente quando era costretta a camminare, perché ad ogni passo sfregava dolorosamente.
Aveva cercato di allentare un po’ la tensione, cercando di tirare in basso la catena intorno alla vita, ma Max aveva calcolato perfettamente le sue misure e la catena era calibrata per il punto vita ed era così stretta, che non era scesa di un millimetro, quando lei aveva provato ad abbassarla.
Quella mattina, per fortuna, era uscita in anticipo. Dopo essere scesa dall’autobus, doveva fare parecchia strada a piedi e, in quelle condizioni, ci mise una buona ventina di minuti, perché non poteva camminare troppo veloce.
Si sentiva anche un po’ emozionata: il suo padrone aveva preparato questo attrezzo proprio per lei. Lo aveva fatto preciso, su misura, in modo che Aurora potesse sentirsi dominata, costretta.
Era un’esperienza eccitante e poi ‘ stava succedendo qualcosa.
La catenella aveva sfiorato il clitoride e lei aveva sentito come una piccola scossa.
Cambiò leggermente il movimento, spostando il bacino da una parte all’altra, e la catena lo toccò di nuovo. Una scossa più forte.
Ora, ad ogni passo, la catenella riusciva a toccarlo, prima in maniera leggera, poi sempre di più. Forse era lei che aveva trovato l’andatura giusta, o forse era il clitoride che stava crescendo, sotto quella particolare stimolazione.
Nonostante fosse nuvolo, si mise gli occhiali da sole, per cercare di nascondere la sua espressione soddisfatta, che avrebbe potuto tradirla. Stava godendo da morire e le persone che incrociava per strada, non avrebbero mai potuto immaginare cosa avesse in mezzo alle gambe.
Max, pensò, sei proprio un diavolo.
Arrivata in ufficio si infilò subito nel bagno.
Era quasi arrivata a limite ed era completamente zuppa e talmente eccitata, che le bastarono un paio di toccatine per venire. Tirò lo sciacquone per coprire i suoi mugolii e si tirò giù il collant. Era strano e difficile far pipì con quella catenella piantata proprio .
A pranzo uscì da sola ed andò a mangiare in un piccolo bar, vicino al fiume.
La breve camminata la eccitò così tanto, che, al ritorno, appena rientrata in ufficio, dovette correre di nuovo in bagno.
La sera, arrivata a casa, si mise sotto la doccia.
Guardo la catenella che partiva dal lucchetto e spariva, inghiottita dalla sua piccola fica, rosea e depilata, e ricominciò ad eccitarsi.
Prese la catenella con due dita e cominciò a tirarla leggermente in su ed in giù. Era un movimento piccolo e leggero, ma sufficiente per quello che voleva lei.
L’orgasmo la prese quasi di sorpresa e fu costretta ad appoggiarsi alla parete di piastrelle bagnate del box doccia.
Quella sera, dopo cena, Max le disse la combinazione del lucchetto e lei poté finalmente liberarsi.
Quando andò in bagno, prima di mettersi a letto, si guardò a lungo: intorno alla vita, il segno rosso della catena era ancora visibile, ma la mattina dopo sarebbe sicuramente scomparso.

Già, la mattina dopo ‘ Aurora si alzò, fece colazione e si vestì per andare al lavoro.
In bagno, sul panchetto di lato al lavandino, c’era la catena con il lucchetto.
Max non le aveva certo ordinato nulla, eppure lei si arrotolò il vestito, si tolse le calze e le mutandine nere che aveva appena indossato e si mise la catena.
Sentì con soddisfazione del click metallico della chiusura che scattava poi, rapidamente, si infilò nuovamente il collant e fece scendere il vestito sulle sue gambe.
Era pronta per una nuova giornata e nessuno al mondo, a parte Max, il suo padrone, poteva minimamente immaginare cosa avesse sotto al vestito.

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