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Racconti Erotici Lesbo

Adriana cap4

By 26 Febbraio 2020No Comments

Zara mi chiamò dopo un paio di giorni dal nostro primo incontro, ma non fu per l’iniziazione al club dei cornuti.

“Perchè non passi a casa mia, così facciamo due chiacchiere fra donne ?” mi domandò dopo le solite frasi di circostanza.

“Non vedo perché no.” le risposi sperando che si sarebbe parlato poco per fare ben altro.

Ci accordammo per venerdì dopo cena, e non mi rimase che registrami il suo indirizzo sul cellulare. Una volta rientrata a casa dissi a mio marito dell’appuntamento con Zara, sottolineando il fatto che lui non poteva esserci, quasi a rimarcare la mia nuova indipendenza.

Il venerdì subito dopo cena mi preparai per andare da Zara, e decisi d’osare con un abbigliamento a dir poco aggressivo. Scelsi infatti un completo di color rosa composto da una gonna ben sopra il ginocchio, e una giacca il cui unico bottone era appena sotto il seno. Come unico intimo presi delle autoreggenti della stessa tinta, e conclusi il tutto con delle belle decolté nere tacco dieci in vernice nera.

“Almeno ti piace farlo con una donna ?” mi chiese mio marito vedendomi vestita in modo così sexy.

“Dipende.” gli risposi mentre mi specchiavo per vedere se fosse tutto a posto “Ci sono donne che sanno far godere più degli uomini, e altre che non sanno neanche fare un ditalino come Dio comanda. Credo però che Zara appartenga alla prima categoria, ma stai tranquillo al ritorno ti racconterò tutto.”

Uscii di casa e la mia unica preoccupazione fu di non mostrare il culo mentre arrivavo alla macchina, poi mi diressi dalla mia mentore ascoltando della buona musica.

“Son proprio curiosa di sapere di cosa vorrà discutere quando capirà che sotto sono nuda.” dissi a me stessa mentre suonavo al suo cancello.

Zara infatti viveva in una vera e propria villa appena fuori città, il cui solo ingresso era grande come metà del mio appartamento. Arrivata al portone un impeccabile maggiordomo mi condusse nel suo studio, e poco dopo arrivò Zara che sfoggiava un bellissimo tailleur verde chiaro.

“Mia cara ma sei bellissima !” mi disse dandomi un casto bacio sulla guancia.

“Se è per quello anche tu sei uno splendore.” le risposi sempre più affascinata dalla sua forte personalità.

“Che ne dici se ti scatto qualche foto con questa.” mi propose porgendomi una piccola maschera bianca “E’ per il mio album personale.”

Mi fissai la mascherina al viso per poi iniziare a muovermi cercando d’assumere pose da modella, mentre lei scattava in continuazione con la sua macchina professionale. Quando iniziai a giocare con la gonna lei comprese al volo la mia nudità, ma non disse nulla, neanche quando poggiai un piede su un tavolino per mostrarle al meglio le mie gambe. Zara rimase apparentemente impassibile, anche quando mi piegai in avanti mentre le davo le spalle, scoprendo il sedere quel tanto che bastava per confermarle, casomai ce ne fosse stato ancora bisogno,  la mancanza d’intimo.

“Adesso però basta giocare.” le dissi mettendomi davanti a lei per poi darle un bacio in bocca stanca del suo immobilismo “O vuoi farmi credere che mi hai voluta qui solo per fare delle foto e non del sesso.”

Lei non disse nulla, ma poggiò la macchina fotografica su una sedia, e una volta che ebbe le mani libere mi strinse a sé per ricambiare il bacio, con uno più lungo e sensuale.

“Siediti qui.” mi disse indicandomi la scrivania, sulla quale mi accomodai senza capire cos’aveva in mente.

Zara mi prese con entrambe le mani la gamba sinistra, che mi baciò scendendo da sotto il ginocchio sino alla caviglia, poi mi tolse la scarpa per continuare a farmi sentire le sue labbra su tutto il piede. Quasi istintivamente aprii un po’ le gambe, e lei fece lo stesso giochino con la gamba destra, soffermandosi però più a lungo sul piede, senza mai smettere di fissarmi la passera. Pur trovando molto piacere quello che mi stava facendo, non seppi trattenermi a lungo, così scivolai dalla scrivania per mettermi davanti a lei, e affondare la lingua fra le sue labbra.

Mentre ci stavamo baciando le aprii la giacca che feci cadere a terra, per poi slacciarle il reggiseno che fece lo stesso percorso. Zara aveva due tette a dir poco perfette, una terza che sembrava scolpita nel marmo e che sembravano dire prendimi. Non ebbi quasi il tempo di baciare come meritavano due simili capolavori, che fu lei a togliermi prima la giacca, per poi sfilarmi la gonna, lasciandomi così con le sole calze. Non volendo rimanere più vestita di lei, le slacciai la gonna che cadde a terra, ed infine le abbassai le mutandine che rimasero a metà delle cosce.

“Vediamo se così ti piace.” le dissi tornando a sedermi sulla scrivania, per poterle mettere delicatamente un piede sul seno e l’altro fra le gambe.

Zara iniziò a strusciarsi contro il piede che aveva appena sotto la passera, mentre l’altro le finiva fra le labbra, per ricoprirlo con la sua saliva. Il vederla giocare con le mie estremità era qualcosa d’oltremodo eccitante, forse anche perché era la prima volta che mi succedeva, e ben presto ebbi la voglia di provare quello che sentiva lei.

Senza bisogno di dirle nulla, m’alzai per farla piegare contro la scrivania e potermi quindi chinare dietro il suo bel culo, che coprii di baci prima di scendere lungo tutta la gamba destra. Pur non avendo in alcun modo il feticismo dei piedi, mi sembrò la cosa più naturale del mondo toglierle le scarpa per poterglielo baciare dalla punta delle dita al tallone. Fu lei a sedersi per permettermi di prenderle l’altro piede, toglierlo dalla scarpa, e portarmelo sulla passera. Zara passò più volte il piede fra le mie gambe per poi portarlo davanti alla mia bocca, mentre l’altro ne prendeva il posto.

“Mio Dio ma sei un demonio !” le dissi in preda ad una fortissima eccitazione.

“Te lo do io il diavolo !” mi rispose scendendo dalla scrivania.

Come una furia mi spinse con la faccia contro il muro, per poi afferrarmi un seno con una mano, mentre l’altra di fatto s’impadroniva della mia passera. Zara non mi fece un semplice ditalino, perché le sue dita non solo entravano e uscivano senza darmi tregua, ma alternavano quella furibonda penetrazione ad un vero e proprio massaggio del clitoride.

“Ti prego non ti fermare.” mormorai ormai prossima all’orgasmo.

“Stai tranquilla, voglio solo vederti godere qui e quando sarai nell’arena.”

Come per magia mi ritrovai il suo pollice dentro il buchetto, così arrivai al picco del piacere quasi senza rendermene conto, ma non per questo non appagata.

“Vieni voglio prepararti per domani sera.” mi disse lasciandomi da sola contro il muro.

“Quindi vuoi iniziarmi domani ?” le chiesi come se non sapessi la risposta.

“Sì ma questo già lo sia, intanto voglio renderti perfetta.”

Zara mi prese per mano e mi condusse in uno strano bagno, dove al centro c’era un incrocio fra una sedia da barbiere, e una da ginecologo.

“Siediti lì a metti le gambe sui sostegni.” mi disse aprendo l’acqua di un lavandino.

Con estrema calma e precisione, Zara mi depilò completamente la passera usando un rasoio da uomo, pennello e sapone, facendola diventare come quella di una ragazzina. Dopo averla risciacquata più volte, mi passò una crema idratante che mi tolse ogni bruciore, per poi darle un bacio come a autocomplimentarsi per il lavoro fatto.

“Scommetto che hai una gran voglia di scopare.” mi chiese con tono ironico.

“Perchè vorresti mandarmi a casa così ?” le risposi allargandomi la passera con le dita.

Da un cassetto tirò fuori uno strano strap-on senza cinghie, di quelli che s’infila una sorta di grosso plug nella fica, per far godere chi lo usa come parte attiva. Io mi ritrovai la parte più lunga dentro la passera, e benché non fosse molto grande, iniziai a godere fin da subito.

Più Zara mi scopava, più la vedevo godere, come se quell’oggetto di lattice potesse unire i nostri piaceri in uno solo. Mi ritrovai sdraiata su un tavolino, piegata contro il lavandino e carponi sul tappeto, con lei che continuava a scoparmi senza sosta, mentre mi baciava o le sue mani mi stringevano a sé.  Alla fine ebbi un nuovo orgasmo, questo sì davvero sconvolgente, che mi lasciò senza fiato per almeno un paio di minuti. Quando mi ripresi volli vedere Zara godere come avevo fatto io sino a poco prima, così le tolsi lo strap-on e la feci sedere sulla poltrona dove lei mi aveva depilata. Non sapendo come indossare quell’oggetto così strano lo presi in mano per usarlo come un semplice dildo, mentre inchinata davanti a lei le leccavo la passera.

Zara iniziò a gemere pronunciando parole che non riuscivo a comprendere, ma in ogni caso capivo benissimo che stava godendo, così continuai sino a quando non raggiunse anche lei l’orgasmo.

Restammo un po’ in silenzio entrambe esauste, poi lei mi riportò dove c’eravamo spogliate, ed io mi rimisi i miei pochi vestiti, mentre lei rimaneva nuda a guardarmi.

“Sei sempre sicura di voler venire al mio club ?” mi chiese non appena finì di chiudermi la giacca.

“Sì solo mi devi dire qual’è.” le risposi ricordandomi di non sapere il nome del locale.

“E’ il Capo Horn, sulla nazionale Nord poco dopo la fine della pineta.”

“Come mai questo nome ?” le chiesi incuriosita.

“Così come Capo Horn separa l’oceano Atlantico dal Pacifico, il mio fa passare le donne dall’essere semplici mogli di cornuti, all’avere il pieno possesso del loro piacere, dove gli uomini sono solo uno strumento per godere o poco più. Domani sarà il tuo turno e quello di Zuzanna, una sweet russa giovane moglie di un ricco guardone. Verrete usate peggio di due vecchie troie buone solo per gli extracomunitari senza soldi, i vostri culi saranno sfondati in modi che neanche immaginate, ma tutto ciò al solo scopo di farvi capire che i limiti non esistono, se non nella propria mente.”

Rimasi leggermente sconvolta dalle sue parole, ma non volevo in alcun modo tirarmi indietro, così la salutai per tornare a casa, dove trovai sveglio mio marito, al quale raccontai la serata mentre lo masturbavo senza sosta. Gli dissi anche che l’indomani sera saremmo andati al club di Zara, ma lui non fece alcun commento, anzi sembrava felice che l’attesa fosse finita.

M’addormentai ripensando a quanto mi aveva fatto godere Zara coi suoi giochetti, per nulla preoccupata per quello che m’attendeva fra meno di ventiquattro ore.

 

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