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Racconti Erotici Lesbo

*IMPROVVISAMENTE L’ESTATE SCORSA**

By 2 Maggio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Venivo a chiamarti per metterti fretta, lenta come sei a prepararti, quando, arrivando scalza e in silenzio alla porta della tua camera socchiusa, ti ho vista di fronte allo
specchio mentre ti accingevi ad indossare un vestito nuovo; per un attimo mi é balenato di fronte agli occhi il tuo corpo seminudo (coperto solo da un sottile slip bianco) prima che, sollevate le braccia, la seta madreperlacea ti scivolasse addosso, come una cascata d’acqua, impigliandosi sui seni e sui fianchi, simile alla corrente di un fiume su massi sporgenti.
Per poi riversarsi improvvisamente intorno alle caviglie, fino ai sandali dal tacco alto e dorato.

Rimasi così, a spiarti, trattenendo il respiro: eri bellissima, vestita di pelle di luna.

I tuoi capelli troppo biondi (avevi esagerato con il colore), insiema alla seta madreperlacea dell’abito presero improvvisamente a risplendere come fili preziosi, riportandomi alla mente
le immagini di certe dive degli anni 30, con il loro biondo platino e la bocca fiammeggiante.
Dopo esserti contemplata per un attimo, scuotesti la testa e, delicatamente, spostando le spalline, iniziasti il processo inverso: l’abito non era di tuo gusto, lo stavi togliendo.
Allora i tuoi movimenti, i giri, i profili, le mosse eleganti si trasformarono in una danza lenta e languida, come se sapessi di avere un pubblico.
Non ti stavi togliendo un abito, ti liberavi della pelle, come un serpente.
Così, mano a a mano che la seta scendeva emergevani i tuoi seni abbondanti, un poco molli, dai capezzoli grandi e poi più giù, il ventre tondeggiante; alzasti una gamba e notai la tua coscia, non proprio perfetta: c’era in te una certa mollezza, come un segno di invecchiamento che si stava precocemente annunciando, un incerto avviso di corruzione, che mi infiammò di colpo.
Il vestito discese ancora, fino a raccogliersi intorno alle caviglie.
E mentre ti chinavi per prenderlo avrei voluto mormorarti:
-Ti prego, spogliati ancora per me, rifallo-
Perch&egrave nel vederti emergere nuda dalla seta lucente io ti ho desiderato così intensamente da dover retrocedere dalla porta, per appoggiarmi alla parete del corridoio, il cuore in subbuglio, il viso in fiamme.
Eppure eri mia ospite già da tempo, ti conoscevo da alcuni mesi, ma niente di simile mi era mai successo prima.
Cercai di ricompormi, entrai in camera, approvai il tuo nuovo abbigliamento ed uscimmo.
Con il mio uomo vicino che mi abbracciava, mi meravigliavo di riuscire a nascondere lo strano, febbrile, improvviso lacerante desiderio che mi aveva preso nel vederti mentre ti liberavi della tua pelle di madreperla.
Quella strana, rituale danza mi aveva completamente ammaliata.

Mi controllai, ti sfiorai qualche volta la mano, come per caso, come succede tra donne e quando tu mi abbracciasti per mormorami qualche stupido pettegolezzo all’orecchio, dalla tua scollatura mi salì alle narici un odore di femmina, mista ad un fruttato Rochas, così intenso da farmi quasi star male.
Quella notte con Luca fui insaziabile: ma mentre lui mi prendeva in tutti i modi possibili e le nostre membra erano così bagnate di sudore da scivolare tra le mani come anguille, io pensavo a te, alla tua fichetta morbida, ai tuoi seni molli e dovetti mordermi più volte le labbra per non gridare il tuo nome nell’orgasmo.

Nei giorni che seguirono le cose cambiarono, tra te e me: cominciasti a percepire il
messaggio, era inevitabile.
Quando il desiderio é così intenso da farti smaniare se non é placato, l’oggetto di tanto sensuale interesse sente le onde di calore che l’avvolgono, per spingerlo come una spirale incantata verso l’autore della ‘fattura’amorosa.
Così un giorno successe quel che era destino succedesse, complice il caldo dell’isola, i suoi profumi intensi, il sesso che praticavamo così spesso con i nostri patners e del quale portavamo in giro orgogliosamente i trofei: occhiaie, lividi, graffi.
E la quasi nudità in cui vivevamo, a stretto contatto con il mare.
Un giorno, i ragazzi erano a pescare, tu andasti fino in paese perché volevi qualche cosa di nuovo da indossare per la serata, mentre io rimasi a casa, a terminare una relazione di lavoro che mi stava perseguitando anche in vacanza.
Ad un certo punto sentii che eri rientrata e la tua voce chiamarmi:
-Fede, vieni a vedere che cosa mi sono comperata-
Volai da te.
Mi accovacciai sul letto, in attesa.
Togliesti canotta e pantaloni, rimanendo in reggiseno e slip; intercettasti il mio sguardo, e lo interpretasti male:
-Sì, lo so, tu non ne porti di reggiseno, ma le mie tette cascano, han bisogno di sostegno-
Rimasi in silenzio, pregando i miei dei che avessi comperato un vestito, qualche cosa che poi avresti potuto togliere per me, con la grazia magica di quel giorno.
Infatti, estratto dal borsone un pugnetto di stoffa rossa e lucida te lo infilasti sopra la testa e frusciando l’abito scese fino alle caviglie, a ricoprirti di una seconda purpurea pelle.
Ti voltasti verso di me, per mostrarmi il lungo spacco decisamente semi-depilzero.
Eri splendida, con quei capelli biondi, quasi bianchi, e l’abbronzatura compatta.
Una enorme coppa di gelato al cioccolato e panna.
-Sei bellissima -mormorai- bellissima.
-Grazie, son felice dell’acquisto, ora faccio un bagno, son morta di caldo-
Dicesti queste parole guardandomi fisso negli occhi, a labbra socchiuse, lucide di saliva.

Allora non riuscii a trattenermi ; ti chiesi, in un bisbiglio:
-Sì, ma prima spogliati per me, come quel giorno con il vestito d’argento, tu non lo sai ma io ti ho vista, e da allora.. –
-Lo so, lo so che mi hai vista, l’ho capito-
E hai tentato di avvicinarti ma io ti ho fermato:
-Nò, spogliati, e poi fai il bagno-
Così hai ripetuto per me quella danza che parlava di sesso, di carezze proibite, di languori nebbiosi umorosi di femmina, ho rivisto riemergere dalla stoffa il seno morbido, il ventre arrotondato, e trasparire, dallo slip, il triangolo castano tra le cosce piene.
Ammutolita fotografavo con la mente ogni tuo movimento, mentre mi pareva di sentire l’odore della mia passera umida di desiderio spargersi per la stanza.
Mi hai guardato, e la mia eccitazione é salita alle stelle al pensiero di quello che tra poco sarebbe successo; poi ti sei diretta verso la stanza da bagno che si apriva nella camera stessa ed era la più grande e bella della casa.
Ti portasti le mani alle scapole per sganciare il reggiseno: le dita agili sul gancetto, la schiena leggermenente inarcata, i gomiti in fuori.
Un gesto di una sensualità unica.
Restammo in silenzio, mentre aprivi l’acqua e versavi olio e sapone profumati nella vasca.
Poi ti immergesti nella schiuma calda, con un brivido di soddisfazione e :
-Fede, vieni qui, così parliamo più comodamente-
Lentamente entrai anche io nella stanza, dove le piastrelle azzurre si stavano ricoprendo di vapore.
Sopra il tuo corpo la schiuma formava isolotti, divisi dai tuoi movimenti.
Ti alzasti un pò e i seni galleggiarono, come frutti maturi nell’oceano.
Alzasti il viso verso di me, che mi ero seduta sul bordo della vasca ed io vidi la tua bocca, con goccioline di sudore sopra il labbro superiore, aperta, invitante, grande.
Mi chinai rapida sopra di te e ti abbracciai, finendo con le mani nell’acqua schiumosa.
Penetrarti la bocca fu un delirio, mentre le mani ansiose cercavano i seni e scendevano febbrili lungo il tuo corpo.

Allora con mossa rapida mi liberai dei pochi indumenti che indossavo e mi immersi anche io nella grande vasca: ci guardammo per un attimo, poi fummo una contro l’altra, le labbra di nuovo unite, le gambe aperte, nel tentativo spasmodico di compenetrare i nostri corpi.
Tu trovasti per prima la mia passera, mentre io mi attardavo sui tuoi seni grandi, leccando, succhiando sapone, odore di pelle, mangiandoti, mentre gemevi.
Mi penetrasti subito con le dita, ruotandole, premendo contemporaneamente il clitoride, mentre io mi aprivo sempre di più perché volevo prendere dentro di me quanto più del tuo corpo fosse possibile.
E quando anche io arrivai a toccarti tra le gambe, staccai la bocca dalla tua per poter gridare, perché l’orgasmo era arrivato, improvviso, violento come una mazzata.
Mi abbracciasti, baciandomi i capelli, mentre la mia mano continuava ad accarezzarti la micia senza che me ne rendessi conto.
Una volta tornata sulla terra ti feci alzare in piedi, a gambedivaricate, per ammirare dal basso la tua passera aperta, rosea nel bianco della schiuma.
Non resistetti oltre: la mia bocca si protese avida alle tue labbra di donna, mentre con le mani ti afferravo i fianchi, per spingerti contro di me.
Con la lingua ti esplorai tutta, fin dentro il profondo della vagina calda e morbida, sul clitoride duro come un monticello di carne, nel solco tra le natiche e quando ti sentii abbandonata e gemente, pronta, mentre la bocca si pasceva delle tue mucose vermiglie e bagnate della mia saliva e del tuo piacere, ti introdussi un dito dietro, piano, per non farti male e tu ti spingesti ancor più contro di me, mormorando:
-Sì, Fede, sì, così.. –
Il mio dito e la mia ligua continuarono implacabili fino a farti arrivare al nirvana: giuro che ebbi la sensazione di ricevere in bocca un piccolissimo zampillo del tuo nettare.

Poi, sfinite e abbracciate, ci abbandonammo di nuovo tra la schiuma e il profumo arabo dell’olio.
Quella fu un’estate particolare: altre volte, molte, ti spogliasti per me ed io ti ho
desiderato, Giulia, davvero, con tutte le mie forze.
Direi che il piacere di quel rapporto fu aumentato notevolmente dall’idea un poco perversa di tradire i nostri uomini amandoci clandestinamente tra di noi.
Chissà se loro l’hanno sospettato, non lo sapremo mai, le carte son cambiate da allora e il gioco é passato di mano.

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