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Racconti Erotici Lesbo

LESBO E’ UN’ISOLA DEL MAR EGEO

By 10 Luglio 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Saffo era una grande poetessa, ma &egrave passata alla storia perch&egrave era lesbica. Il termine lesbica deriva da Lesbo, che era la sua isola natale. Pare che fosse esile, con la pelle scura e gli occhi simili a due tizzoni ardenti. Io sono bionda, ho gli occhi azzurri e non passerò alla storia. Quand’&egrave che si capisce di essere dell’altra sponda? Come lo si comprende? Non mi sono mai posta il problema. Io, da bambina, giocavo con le bambole e non con i soldatini. Ho avuto qualche ragazzo, innocenti flirt fatti di timide carezze, bigliettini romantici e un pò puerili, e alcuni baci che non sapevano di nulla. Un tale si &egrave preso la mia verginità in cambio di una scopata da quattro soldi. Ricordo ancora le sue mani goffe, la lingua incapace di procurare la minima emozione, e alla fine un pene timido e incerto che si limitò a funzionare per una trentina di secondi. Poesia meno di zero. Coinvolgimento totalmente assente. Ma io credevo che funzionasse così. Pensai che il sesso non facesse per me. D’altra parte, le esperienze delle mie compagne di scuola non erano tanto differenti, salvo alcune fortunate eccezioni. Andai a sfogliare un’enciclopedia, e corsi alla voce “frigidità”. Bene, quello era il mio caso. Nessun problema. Il mondo &egrave pieno di altre cose: cieli azzurri, prati verdi, montagne innevate, mari dai colori dello smeraldo; oppure i sommi poeti, gli scrittori dalla fervida immaginazione, i film dei registi innovativi, la musica. Il sesso poteva essere tranquillamente ignorato. E fu esattamente quello che feci, sino al giorno in cui sperimentai Maddy. Maddalena aveva un anno più di me, era alta, già completamente sviluppata, con grandi seni e lunghe gambe forti. La conoscevo da pochi giorni, mi era simpatica e la reputavo una gran bella ragazza. Eravamo al mare, a Grado, e credo che fossimo entrambe attraenti, nei nostri vestitini che lasciavano intravvedere due corpi giovani e abbronzati. Un giorno entrò nella mia stanza e mi disse che voleva depilarmi le gambe.
Scoppiai a ridere. “Ma io non ho bisogno di depilarmi le gambe!” “E invece sì.”, replicò Maddy. “Non se ne parla!” Lei scosse la testa. “Adesso vediamo!” Giocammo per un pò alla lotta, ma faceva molto caldo e mi arresi quasi subito. Mi immobilizzò spalle al letto. “Chiudi gli occhi.”, mi disse con una strana voce. Io obbedii. Quello che successe fu assolutamente inaspettato. Sentii una lingua calda e morbida che, trovato un varco nella mia bocca, entrava e circuiva la mia, la accarezzava, la vezzeggiava. Non c’era niente in comune con le ruvide esplorazioni cui ero abituata. Non era frenetica e maldestra: ma calma e incredibilmente abile. Dopo un attimo di esitazione, ricambiai. Era un gesto spontaneo, non ragionato: fu istintivo come respirare una boccata d’aria quando si riemerge da un tuffo nel mare. Mentre ci baciavamo sempre più appassionatamente, sentivo l’odore del suo corpo, e mi piaceva. Era sudata e sapeva di salsedine, di sole, di sabbia e di giovane donna eccitata. Mi tolse la maglietta e liberò i miei piccoli seni; non portavo il reggiseno dato che lo consideravo superfluo. Le sue mani incominciarono ad accarezzarli, dapprima delicatamente, poi con febbrile urgenza. Me li strinse con forza, strappandomi un gemito di dolore, ma subito tornò a essere dolce e rassicurante. Si levò a sua volta la maglietta, si liberò del reggiseno e mi schiacciò una mammella sul viso. “Baciami.”, mi ordinò e io feci come diceva, accostando le labbra al suo grande seno. Lo lambii delicatamente, quindi lo succhiai. Non l’avevo mai fatto in precedenza, ma certe cose non si imparano sui libri di testo. Maddalena aveva chiuso gli occhi e il suo respiro si era fatto affannoso. Tuttavia, riprese rapidamente l’iniziativa: mi sfilò gli slip, si stese sopra di me e iniziò a leccarmi. Egoisticamente non ricambiavo, persa in un mondo di piacere che non avevo mai conosciuto; ma mi resi conto che dovevo farlo, che volevo farlo. Inizialmente mi dimostrai incerta, poi trovai il giusto ritmo e capii che le stavo rendendo quello che lei dava a me. Quando arrivò l’orgasmo, mi sentii travolgere. Fu una sensazione quasi intollerabile, una gioia infinita, senza limiti. Un viaggio in un paese incantato di cui non avrei mai creduto di possedere un giorno le chiavi. Mi misi a piangere. “Cosa c’&egrave Alessandra?”, mi chiese mentre si rialzava. Sbagliai la risposta. Stupidamente, dissi: “Ti amo!”
La vita mi ha insegnato che, prima di parlare, bisognerebbe pensarci tre volte. La mia improvvida dichiarazione d’amore conseguì un unico risultato: Maddy incominciò a evitarmi. A posteriori, la capisco perfettamente. Lei voleva solo divertirsi, farsi una ragazza più giovane; ma probabilmente a casa aveva un fidanzato che la aspettava, e comunque non era interessata a instaurare una relazione con una biondina appiccicosa. Invano, le ronzavo attorno, inventando i pretesti più stupidi per restare sola con lei. Mi vestivo in modo appariscente, suscitando le ire di mia madre e la bonaria disapprovazione di mio padre. In spiaggia le passavo accanto, sculettando e assumendo pose da diva fatale nel patetico tentativo di attirare la sua attenzione. La mia strategia si dimostrò fallimentare, e quando lei partì inventò una scusa per non ricambiare il numero di telefono. Avrebbe cambiato casa di lì a poco, mi disse, e promise di farsi viva lei. Naturalmente non mi ha mai chiamata.
Tornata a Milano, cercai di dimenticarla. Non era facile, perch&egrave alla sera inevitabilmente pensavo a lei. Ricostruivo, fotogramma dopo fotogramma, quello che era successo fra noi; rivedevo con gli occhi della mente i suoi grandi seni, le sue lunghe gambe e quel viso, che seppur non bellissimo, aveva un fascino per me inconfondibile. Sola nel mio letto, al buio, iniziavo a toccarmi, immaginando che quella mano fosse la sua. Ma non funzionava. Mi mancava il suo odore, la sua presenza: era un vuoto artificio che non portava a nulla. Piangevo rabbiosamente, chiedendomi dove avevo sbagliato. E, a tratti, la odiavo; mi aveva ingannata, si era presa gioco di me, era una ragazza cattiva e senza scrupoli. Poi mi passò. Decisi che le donne non facevano per me, non ero una lesbica, ero una tipa normale; e stranamente questo pensiero mi rassicurò. Oscuri sensi di colpa avevano già cominciato a circolare dentro di me, e in questo modo riuscii a scacciarli. Mi misi con un ragazzo della Milano bene. Era simpatico e gentile, e soprattutto possedeva una caratteristica che lo rendeva unico. Non era interessato al sesso. Non si spingeva mai oltre al bacio della buona notte, e a me andava bene così.

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