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Racconti Erotici Lesbo

Lo Specchio

By 10 Maggio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Laura si piaceva.

Lo si capiva dal suo passo deciso quando scendeva dall’autobus che la accompagnava in università, dal modo sicuro in cui entrava nell’affollata aula magna, dalla maniera in cui si sedeva, quasi sdraiata, con le calze strappate in bella vista e gli stivali neri che poggiavano sul banco davanti a lei, in fondo, dove tutti potevano vederla tranne il professore, lontano al centro della sala. Lo potevano intuire tutti, guardando il modo in cui si vestiva, così diverso da tutte quelle ragazze ”alternative e insicure”, le quali finivano per indossare una divisa di ipocrisia. Laura, questo lo si vedeva da lontano, non aveva bisogno di divise, di costumi o di vestiti speciali per essere unica, la si sarebbe notata ovunque, con chiunque, qualsiasi abito lei indossasse.

Non era solo il carattere di Laura che la rendeva unica, la sua personalità era forte, determinata, sicura, è vero, ma anche il suo corpo lasciava poco spazio alla mimetizzazione. Era alta, tanto per cominciare, molto più alta delle sue amiche, le quali si trovavano a fissarla dal basso esterrefatte ogni qualvolta lei arrivasse e, sebbene non fosse certo una giocatrice di basket, con il suo metro e settantotto finiva per sovrastare anche molti degli uomini che conosceva. Oltre all’altezza, poi, c’era la sua fisionomia: aveva spalle larghe, come quelle di una nuotatrice, ma più morbide, più femminili, spesso nascoste dai suoi lunghi ricci rossi, che si sarebbero visti al buio dato il loro colore acceso. I suoi seni, mai troppo sfoggiati ma nemmeno nascosti, erano grandi come meloni maturi e, molti avrebbero scommesso, altrettanto dolci e piacevoli da assaporare. La vita della ragazza era più piccola; non certo quella di una bambolina anoressica ma comunque più piccola di quello che ci si sarebbe aspettato da una ragazza fornita di curve e spalle come le sue. Il ventre appena accennato, sodo, candido e la schiena, decorata da un solco che la percorreva dall’alto verso il basso, erano preludi alla sinfonia di rotondità che erano i suoi glutei e le sue cosce, perfetti esempi di geometria naturale, quasi fossero stati disegnati con il compasso, ed alle sue gambe, irresistibilmente lunghe e dritte, sebbene un po’ più grandi di quelle delle sue amiche.

Che Laura fosse pazza di se stessa lo si capiva anche dal suo rapporto con gli uomini. C’era sempre un ragazzo intorno a lei, uno spasimante, un pretendente che, puntualmente, andava in bianco. Lei si divertiva così, a godere nell’essere ammirata senza ricambiare con complimento o stimolo alcuno, era tutto volto ad essere un rafforzativo della sua già immensa sicurezza. Le piaceva farsi dire quanto fosse bella, farsi desiderare, ammirare, sfiorare, a volte, dando a tutti l’illusione che stesse per cedere alla millesima lusinga o carezza per poi voltare le spalle a tutti, come per dire a tutto il mondo “Mi basto io!”

C’erano solo due contraddizioni nel mondo di Laura; due piccole imperfezioni nel suo stile di vita che crepavano lentamente la sua armatura luccicante, indebolendo quel modo di essere così spavaldamente naturale e fine a se stesso. Il primo era Davide.

Davide era, da qualche mese oramai, il “ragazzo” di Laura. I due si frequentavano, uscivano insieme, si baciavano. Non era la prima volta che ne avesse avuto uno ma, questa volta, Laura esitava nel liberarsi del suo compagno, nonostante fossero passati mesi dal loro primo appuntamento. Il vantaggio di Davide, la qualità che gli aveva permesso di resistere tutto quel tempo era sua totale e completa inutilità. Davide non aveva nulla di eccezionale, non si ribellava mai, non fiatava se non interpellato; fisicamente era magro e minuto, sessualmente era poco più che un giocattolo ed era di compagnia quanto un muro. Queste qualità, per quanto potessero sembrare terribili afflizioni, rendevano il ragazzo gradevole a Laura che, già troppo occupata ad amare se stessa, non poteva certo permettersi di affezionarsi ad altri. Davide, quindi, le faceva comodo: l’unica cosa che doveva fare per assicurarsene la fedeltà totale era concedergli qualche piccolo e breve favore sessuale e lui, in cambio, sarebbe stato il suo cagnolino.

Proprio la presenza di Davide, aveva suscitato in Laura un dubbio, il secondo piccolo difetto nella suo brillante e sfacciato modo di affrontare la vita. Il pensiero giunse a laura una sera a casa sua mentre, dopo aver guardato un film con il fidanzato, ella stava, come spesso capitava, compiacendolo, passando le labbra lentamente e noiosamente sul suo membro, indurito ma ancora piuttosto piccolo. Non la infastidiva farlo contento le sere, dopo un film guardato in silenzio, anzi, sapere di dare tanta gioia ad una creatura che mai, in altre condizioni, si sarebbe potuta permettere una donna come lei, la faceva sentire socialmente appagata, come se avesse fatto una buona azione. Mentre la sua lingua si arrovellava intorno al misero membro del compagno, Laura prese ad immaginare, pensare, meditare e, mentre le prime gocce di sperma le riempivano la bocca, ebbe, improvvisamente, un’epifania.

Qualcosa le mancava, qualcosa di importante, qualcosa che l’avrebbe completata. Nonostante tutti gli uomini e le donne con cui era stata, nonostante avesse finalmente trovato qualcuno la cui compagnia era tollerabile, nonostante lei fosse tutto ciò di cui pensava di aver bisogno, Laura comprese improvvisamente che voleva, necessitava, desiderava disperatamente qualcosa di più. Non sapeva cosa questo potesse essere ne come ottenerlo ma, deglutendo il seme del compagno, che squittiva di piacere come un topolino, Laura comprese che un misero servo che le chiedesse solo un pompino ogni tanto per fare quello che lei desiderava non era tutto ciò che lei potesse volere.

Quella stessa notte, mentre Davide dormiva, rannicchiato come un gatto nel letto, Laura si alzò, colta dall’improvvisa necessità di contemplare se stessa e si mise in piedi davanti allo specchio.

“Come sei bella…” pensò, passandosi le mani sul corpo da sopra la grossa maglietta bianca che usava per dormire.

Ammirandosi, Laura prese il suo beauty case ed iniziò a truccarsi. Minuto dopo minuto, movenza dopo movenza, Laura si fece bella davanti allo specchio e li, dopo un’oretta di make-up, si osservò nuovamente allo specchio, ancora più bella di prima.

“Mmmm..fantastica…” sussurrò accarezzandosi i seni, “Ma ti manca ancora qualcosa…”

Senza troppi indugi, Laura si spogliò completamente, rimanendo nuda davanti allo specchio. Poi, aprendo il suo traboccante guardaroba, scelse un completo intimo nero, sottile, minuscolo, in un materiale simile al latex che aveva qualcosa di estremamente “sado-maso” che la faceva sembrare una vera mangiatrice di uomini. Dopo averlo indossato, Laura si guardò le curve, girando su se stessa, per poi agguantare un vestito corto, nero e rosso, colmo di pizzi e laccetti. Indossandolo, Laura si sentì improvvisamente una creatura notturna, una vampira assetata di sangue e lussuria. La ragazza si ammirò nuovamente allo specchio, passandosi una mano sotto la gonna e sospirando nel sentirsi l’indice passare sopra le striminzite mutandine nere.

“Sei stupenda…” disse, prima di chinarsi ed indossare delle calze a rete estremamente provocanti “…davvero eccezionale!”

Infilandosi un paio di stivali neri molto appariscenti, la ragazza si passò le mani su una gamba, rialzandosi mentre si guardava nello specchio, cogliendo le sue forme grandi e succulente dalla scollatura.

“Sei…” mormorò ancora, mentre la mano le scendeva tra le cosce. Poi, le mancò il fiato per parlare.

Preda dei suoi stessi pensieri, vittima delle sue stesse mani, Laura si sentì perdere in un vortice di brividi e piacere mentre il suo indice destro accennava ad entrare, fattosi largo tra i suoi abiti, nella sua vagina già bagnata al solo pensiero di quel che l’aspettava. La ragazza si sentì quasi svenire, cadde indietro, sedendosi sul fondo del letto, per poi lasciarsi scivolare verso il pavimento, finendovi lentamente, delicatamente e ritrovandosi a gambe aperte, davanti alla sua immagine riflessa, mentre strofinava libidinosamente le dita contro se stessa, con la medesima espressione in viso di chi sta trovando il nirvana più assoluto.

Eppure, in quel tripudio di sensuale autoerotismo, Laura sentì per la prima volta un vuoto. Per quanto fosse bella, per quanto si piacesse, si amasse e fosse tremendamente brava nel darsi piacere, per la prima volta comprese che quel piacere era finto, artificiale, frutto di un amore per qualcuno che, in fondo, non esisteva, se non in lei. Così, oramai nel pieno dell’inarrestabile tumulto della lussuria, Laura si ritrovò, anziché immersa in un mare di piacevoli pensieri, ad assaporare l’agrodolce sapore di un orgasmo pieno solo a metà, condito amaramente da un desiderio tanto eccitante quanto irrealizzabile.

Se solo ci fosse stata, se solo fosse esistita una persona, uomo o donna, che fosse in tutto e per tutto come lei, che ragionasse come lei, apparisse come lei, amasse quel che lei amava, volesse quel che lei desiderava, che avesse le medesime curve, gli stessi capelli ricci, la identica ed insaziabile voglia di averla che aveva lei, il medesimo profumo, gli stessi occhi, le stesse sue cosce, i suoi seni, il suo culo. Solo al pensiero Laura si ritrovò nuovamente persa in un lago di umori, incapace di trattenere le sue dita dal ricominciare, lentamente, a fotterla, facendola ripiombare in un abisso di mugugni e sospiri.

“Quanto sei scema!” Una voce le gridò, facendola sobbalzare. Forse Davide si era svegliato? Era stata sorpresa a masturbarsi davanti allo specchio?

Laura alzò gli occhi ma, attraverso lo specchio, vide chiaramente che il suo ragazzo dormiva ancora come un sasso.

“A cosa ti serve un’altra quando esisto io?” Insistette la voce, che improvvisamente suonò particolarmente femminile e familiare alle orecchie di Laura.

La ragazza abbassò di poco lo sguardo, rimanendo sbalordita nel vedere la sua immagine, nello specchio, intenta a fissarla, in piedi, con le mani ai fianchi, mentre lei era ancora seduta in terra.

“Ma che cazzo succede?!?” disse Laura scuotendo la testa e tentando di coprirsi le cosce, abbassando la gonna corta del suo vestito. “Tu chi cavolo sei?”

“Io?” rispose l’immagine “Io sono quello che vuoi.” E così dicendo, la ragazza riflessa si fece avanti e, con un passo piuttosto deciso, quasi un balzo, attraversò lo specchio ed entrò nella camera.

Laura sussultò nuovamente, strisciando in terra all’indietro, rannicchiandosi contro la base del letto, terrorizzata, mentre la figura uscita dallo specchio le si avvicinava con tranquillità, chinandosi in avanti senza timore alcuno e sfiorandole il viso con le mani.

“Guardami…” disse, accarezzandole il mento mentre le volgeva il volto verso di se. “Io sono uguale a te. Sono il tuo desiderio, sono tutto quello che ti manca.”

Laura era rapita, fissava gli occhi castani della ragazza, confusa e frastornata, mentre essa le si avvicinava sempre di più, poi, sentì le labbra calde del fantasma appena uscito dallo specchio unirsi alle sue, e la sua lingua penetrarle dolcemente in bocca. Impotente, impaurita ed al tempo stesso affascinata, Laura non resistette, chiuse gli occhi e si lasciò baciare.

La lingua del riflesso era calda, avvolgente, si muoveva proprio come avrebbe fatto quella di laura, se ella avesse mai potuto baciare se stessa. Le sue mani, percorrevano il suo corpo, toccando tutti i punti giusti, scaldandolo, lentamente, mentre esso smetteva lentamente di tremare e si scioglieva come neve al sole sotto il tocco delicato di un essere apparentemente perfetto.

Laura si sentì afferrare i seni ed essi esplosero in una serie di lampi, brividi che le percorrevano la schiena incessanti, fino a scenderle tra le natiche, rilasciando una scossa che, trasmessa a tutto il suo pube, la faceva bagnare di più ad ogni stretta delle dita di quella creatura misteriosa che, baciandola, le massaggiava il petto, tanto dolcemente quanto avida ed ingorda di sensazioni forti. Staccando per un attimo le labbra da quelle della sua copia laura lasciò trapelare un gemito, solo per poi venire nuovamente catturata dalla bocca della sua immagine. Ad ogni tremito, ad ogni mugolio, ad ogni respiro, una delle due mani scendeva, allontanandosi dal suo seno mentre l’altra vi rimaneva, continuando a massaggiare, e scendendo, lenta ma inesorabile, sul suo stomaco, sull’ombelico, oltre il ventre e fino sotto il bordo della gonna per poi risalire, curiose, tra le sue cosce grondanti di piacere.

La ragazza si sentì cadere, priva di forze, ma il corpo caldo del suo doppione le fece da appoggio e la sostenne. Improvvisamente, Laura fu avvolta dal profumo paradisiaco di chi la stava possedendo, un aroma di spezie e di fiori venuti da terre calde ed esotiche a scaldarle corpo e mente ancor di più, nella fornace ardente che, tra lei e la misteriosa creatura che l’avvolgeva, si stava creando.

“Mi vuoi?” Disse il riflesso, avvolgendola con le braccia ed alzandole l’abito, sfiorandole le natiche con dita calde ed umide di lei.

“Si…” rispose lei “…sono tua, fai di me quello che vuoi…”

L’immagine riflessa, ora più che mai reale, si abbassò lentamente, tenendo le mani sulle spalle di Laura finché le sue braccia non furono tese, poi, le lasciò scivolare lentamente verso il basso, sfiorandole i seni. La ragazza era preda della libidine, incapace di fare altro che offrirsi al tocco di quelle mani. Le sembrò quasi di poter sentire, nei palmi e nelle dita, la propria carne, afferrata da quella creatura così simile a lei che ora, dal basso, le risaliva le cosce con le labbra, giungendo presto al centro di esse e posandosi, delicatamente, sul sottile strato di lattice che ne divideva la parte più calda dall’aria fresca della stanza.

Bastò quasi un soffio perché l’intimo si abbassasse, cadendo come una foglia morta alle caviglie di una Laura sempre più eccitata, sempre più preda di se stessa. Il suo riflesso ora guardava attentamente lo spiraglio di paradiso che aveva svelato, accarezzandolo col fiato da sotto la gonna del vestitino. Quando le labbra tiepide e soffici della creatura dello specchio si posarono su di lei per la prima volta, Laura credette di svenire. Il brivido le attraversò tutto il corpo, scuotendola dalle radici fino alla punta, dal profondo del ventre fino alle punte dei suoi capezzoli inturgiditi. Un gemito non le bastò per esprimere quanto provava, ne furono sufficienti i successivi che, come anelli di una catena si susseguirono l’un l’altro, insinuandosi tra i suoi respiri affannati mentre ella tentava disperatamente di tenere gli occhi aperti, contrastata da quella sensazione edilliaca che pareva spingerla a chiudere le palpebre e lasciarsi andare del tutto.

“Mi…” riuscì a balbettare mentre portava le mani alla nuca della sua copia perfetta, afferrandone la chioma folta e selvaggia tra le dita “…mi stai divorando! Sto per impazzire!”

La creatura non la ascoltò, anzi, affondò la lingua tra le grandi labbra di Laura e ne assaporò ogni succo, impavida ed inarrestabile, usando le dita delle mani per accarezzarle, da sotto la gonna corta, le natiche, il perineo, poi l’ano e le cosce umide di gocce cadute dalla fucina rovente che, pochi centimetri più in alto, cucinava l’anima della ragazza pezzo per pezzo. Laura si sentì tremare, prima debolmente, poi sempre più forte, fino a quando le sembrò che le gambe non potessero più tenerla in piedi. Fu allora che, dopo un piccolo gemito di soddisfazione, la creatura le portò una mano alla vagina e, con una delicatezza inaspettatamente letale, le accarezzò con un dito il clitoride.

Fu quel gesto tanto piccolo quanto maligno a far crollare il mondo di Laura. Improvvisamente, nulla, dalla penombra della sua stanza, all’aria fresca di tarda notte, al ruvido contatto del tappeto con i suoi piedi, aveva più un senso di essere, un o scopo, un motivo di esistere. Per lei, tutto si concentrava in quella sensazione che le fece, improvvisamente, irrigidire il corpo, come se fosse stato di un unico, solido, pezzo di roccia per poi rilassarlo completamente, lasciandola precipitare in una spirale di piacere incontrollabile, insostenibile ed inarrestabile, un piccolo spiraglio apertosi nella porta della follia.

“Ti voglio…” Sussurrò la voce risalendo il corpo di Laura, accarezzandone ogni centimetro prima di baciarla lungamente sulle labbra “…baciami, toccami…prendimi.”

Laura si sentì tornare lentamente alla realtà, le sue gambe grondavano dei piaceri in cui la misteriosa creatura l’aveva fatta calare, il suo corpo era caldo e privo di controllo e la sua mente era offuscata ed annebbiata. Ciò nonostante, ella tentò di riprendersi e, quasi istintivamente, afferrò il corpo della sua copia proprio come essa afferrava il suo.

“Sto impazzendo…” sussurrò la ragazza “…ma voglio essere tua…”

Le mani di laura si appoggiarono, per la prima volta, a quelle della sua immagine riflessa e le due figure, come due speculari ritratti, iniziarono a sfiorarsi, dapprima esitanti e delicate, poi sempre più impulsivamente decise. Insieme si portarono le mani al collo, tirandosi verso l’un l’altra come galassie gemelle in rotta di collisione. Le loro lingue si sfiorarono, prima di penetrare passionali nelle loro bocche, contorcendosi mentre le due si toccavano le spalle, le braccia, i seni.

Specularmente, i loro abiti rossi si abbassarono, liberando, di ciascuna, un seno, ancora coperto da quello scampolo di intimo nero, ultimo baluardo di protezione per i loro capezzoli. Le loro labbra continuarono a baciarsi, poi ansimare, poi gemere e baciarsi nuovamente, mentre si accarezzavano, stringevano e massaggiavano la mammella esposta, sentendo l’una il contatto del palmo dell’altra, un doppio piacere che le conduceva, sempre più velocemente, a desiderare di toccarsi, vicendevolmente, ancora di più.

Come gemelle in perfetta sintonia, le mani delle ragazze ripresero a scendere, accarezzandosi il ventre, stringendosi le natiche, afferrandosi le cosce e, con un sospiro eccitato che sapeva di liberazione, alzandosi contemporaneamente le gonne in modo che le loro mani potessero addentrarvisi, quella del riflesso a toccare la nuda e bagnata pelle di Laura, quella della ragazza a poggiarsi sul lattice caldo del perizoma del suo riflesso, scorrendone i lati, avanzando da dietro in avanti fino a toccarne l’estremità superiore e scendendo di qualche centimetro prima di fermarsi, trovandosi a stringere una fonte di calore inaspettatamente gonfia ed incontenibile.

“Ti piace?” Chiese il riflesso.

“Cosa…cosa…” esitò Laura, intimorita, ma non a sufficienza dal distoglierla dalle dita che le accarezzavano la vulva.

“E’ quello che volevi, no? Sono te, in tutto e per tutto, ma con quel qualcosa in più di cui non puoi fare a meno…”

“E’…caldo…” sussurrò la ragazza, sentendo un fuoco di eccitazione scorrerle su per il braccio.

“Lo vuoi?” chiese il riflesso, strusciando l’escrescenza sul palmo di Laura, facendole sentire la sua crescente durezza, la sua invidiabile consistenza. La ragazza annuì con la testa, già ipnotizzata dal calore dell’inaspettata sorpresa.

“Liberalo…” Le disse allora l’immagine. “…è tuo.”

Laura sfilò quindi il fallo caldo dalla tasca in cui era a malapena contenuto. Era diverso dal pene dei ragazzi, più liscio, più caldo, più eccitante. La ragazza lo strinse tra le mani, sentendo il sangue scorrervi dentro, pulsante e vigoroso. Accarezzandolo, Laura percepì l’eccitazione dello spettro che, improvvisamente, si lasciava andare, incapace di ribellarsi al proprio istinto animale, calandosi nelle dolci carezze delle mani morbide e sensuali della sua creatrice.

“Menalo…” disse e Laura fu subito colpita da quella parola. Non era un termine che avrebbe usato una ragazza, così rude, così imperativo, eppure, in cuor suo, sapeva che era la parola giusta, quella che avrebbe usato lei. Un nuovo brivido le attraversò la spina dorsale mentre abbassò per la prima volta la mano, rivelando la testa di quella anomala meraviglia, portandone indietro la pelle. Poi, Laura tirò fermamente verso di se.

Vi fu un coro di gemiti improvviso e le due Laure si accasciarono l’una sull’altra, in qualche modo sconvolte da ciò che avevano appena provato. L’immagine riflessa era comprensibilmente affannata e compiaciuta, avendo appena sentito quella mano, tanto decisa quanto amorevole, scorrerle sul membro sensibile ed eccitato ma la sconvolta espressione di Laura era, in realtà, altrettanto giustificata.

“Cosa…” gemette la ragazza guardando se stessa negli occhi con lo stupore di una bambina.

“Rifallo…menalo ancora ti prego…” supplicò il riflesso.

Laura strattonò nuovamente l’ormai incandescente verga del suo riflesso, poi lo fece ancora e ancora, a velocità sempre più elevata. Ad ogni carezza, ad ogni colpo, corrispondeva un gemito corale delle due, le quali si accasciarono su loro stesse, diventando una il supporto dell’altra. Laura non riusciva a capire. Aveva fatto la stessa cosa già mille volte con tanti altri ragazzi, perché ora le piaceva così tanto? Cos’era quella sensazione che le risaliva dalla base del pube al ventre, per poi scorrerle lungo la schiena fino alla nuca.

“Lo senti?” le chiese ansimante il riflesso. “Senti quello che provo quando mi fai una sega?”

La ragazza annuì.

“Lo senti come se quel cazzo fosse tuo?” insistette e Laura annuì nuovamente.

“Avanti…” ordinò quindi lo spettro “…fammi godere.” E così dicendo baciò la ragazza ancora una volta.

Laura sorrise. Per la prima volta, da quando tutto questo era cominciato, l’eccitazione che le scoppiava nel petto non le faceva paura. Finalmente si era lasciata andare, dimenticando quanto fosse folle l’idea di fare l’amore con la propria immagine riflessa. La sua mano riprese a muoversi delicatamente, accarezzando ogni centimetro dell’asta la quale, ingrandendosi ad ogni movimento, le pulsava tra le falangi, inumidendosi e favorendo ancor più la fluidità dell’atto. Le due ragazze, ancora in parte vestite, sospiravano simultaneamente, all’unisono, toccandosi insaziabili ogni centimetro scoperto mentre i loro movimenti si accentuavano, velocizzandosi.

Prima sospiri, poi piccoli gemiti fecero spazio pian piano a sussurri amorosi, poi a qualche grido di piacere, poi ad urla sfrenate, quando al movimento delle mani di Laura si unirono le dita del suo riflesso, le quali le si infilarono nuovamente tra le cosce. Le due si inarcarono all’indietro, finendo per tenersi aggrappate ai genitali della compagna in un precario equilibrio di piaceri e baricentri, le loro cosce grondanti di umori ed eccitazione.

Laura alzò lo sguardo al soffitto, che vedeva sfuocato e confuso, come fosse ubriaca, poi socchiuse le palpebre e perse ogni lucidità nello sguardo, la sua lingua si mostrò leggermente, penzolando dalle sue labbra.

“Finiscimi…” ragliò, priva di ogni controllo, aumentando ancora il ritmo dei movimenti della sua mano, la quale ormai sfrecciava sul membro lucido ed enorme della compagna. “…fammi godere.”

I due corpi si riavvicinarono, le dita ancora a cimentarsi nella rapida masturbazione degli organi altrui, e le labbra delle ragazze si unirono. Non potendo parlare, le due continuarono a comunicare il proprio piacere mugugnando, ad altissimo volume, mentre le loro lingue si intrecciavano. Poi, i loro corpi si sentirono improvvisamente sconfitti, vuoti, sopraffatti, ed iniziarono a tremare mentre un brivido caldo li percorreva. Infine, vi fu un breve attimo di silenzio, prima dell’esplosione.

Dalla punta del membro del riflesso, uno fiume bianco partì, con la forza di una cascata sfrecciando lontano mentre Laura non esitava nel menarlo ancora e ancora, come a volerne pompare tutto il liquido. Fu proprio l’originale a staccare per prima le labbra dalla sua copia, gridando incessantemente, nonostante il poco fiato, mentre la sua vagina iniziava a grondare. Le due si dimenavano, ansimando ed ululando nell’orgasmo, sfinendosi l’un l’altra fino a quando ogni tremito non le abbandonò, ogni goccia le lasciò, ogni energia terminò. Esauste, le due si lasciarono precipitare al suolo, ritrovandosi in terra, accasciate fianco a fianco ad assaporare il piacere post-orgasmico.

Laura chiuse gli occhi e, per qualche minuto, non sentì più nulla, era come se fosse caduta in un vuoto interdimensionale, privo di ogni significato ed emozione, un luogo pacifico e tiepido, lontano dal mondo reale. La sua mente confusa si lasciava andare ed il suo corpo cedeva alla stanchezza ed alla piacevole sensazione del nulla assoluto. Con gli occhi serrati e la testa appoggiata al fresco pavimento, la ragazza si lasciava trasportare dal proprio inconscio, leggiadramente sospinta da una brezza di soddisfazione e leggerezza.

La sensazione non durò a lungo però. Presto, il sogno vuoto e pacifico prese a mutare. Mille mani emersero dal nulla, come a formare pareti, mura, una gabbia di falangi, di palmi, di dita che si protendevano a lei e la toccavano. Inizialmente Laura ne ebbe paura, poi lasciò che le pareti si avvicinassero, proprio come aveva fatto con il suo riflesso. Si lasciò toccare ed esse si diedero da fare per compiacerla, infilandosi sotto il vestito, sotto il suo reggiseno, dentro la sua parte più calda. Laura si sentì nuovamente scaldare, convinta che il sogno le stesse facendo rivivere gli attimi di estasi appena passati, poi, improvvisamente, la ragazza si sentì soffocare.

La mancanza d’aria era lieve, piacevole, ma comunque spaventosa. Laura non si era mai sentita così prima, calda, bagnata, eccitata da una forza invisibile che le toglieva il respiro, quasi afferrandola per la gola e stringendo. Le piaceva, nemmeno lei poteva descrivere quanto a se stessa, ma al tempo stesso la terrorizzava, le faceva rendere conto che per sopravvivere al sogno doveva interromperlo, doveva terminarlo, doveva svegliarsi, doveva aprire gli occhi.

L’immagine era sfuocata, così come ogni senso di Laura anche la vista aveva bisogno di riprendersi, di riassettarsi dopo un momento di sogno così intenso, una sagoma oscura si muoveva su di lei, ignota, sfuocata, misteriosa. Il suo udito, ancora stordito, non le suggeriva nulla, così come il suo olfatto. Solo due cose le erano chiare; la prima di queste era il calore.

Era caldo, infatti, caldo come il fuoco quell’oggetto che la sorvolava, scottandole quasi la pelle candida del viso, la quale si arrossiva e tornava a bagnarsi di gocce di sudore. Non le era chiaro cosa fosse, non ancora, ma era scottante, rovente, questo era certo. La seconda cosa che Laura non poteva fare a meno di notare però la scuoteva assai di più: quella dolce sensazione di soffocamento, quell’asmatica quanto eccitante mancanza di fiato che l’aveva indotta a svegliarsi non era scomparsa.

La ragazza batté le palpebre, onde schiarirsi la vista e vide, finalmente, l’oscura presenza che su di lei incombeva, strangolandola dolcemente e caldamente, facendole mancare il respiro per il piacere. Confusa ed ignara se ancora sognante o sveglia, Laura gorgogliò ed ansimò divertita quando finalmente si rese conto di quanto le stava accadendo.

Il riflesso era ancora li, ancora presente, ancora vero e, tuttora vestito del succinto abito rosso, abbassatosi per rivelare un seno, ancora serbato dall’intimo nero, esso, se così si poteva definire, le si era chinato sopra, inginocchiandosi sopra il suo volto, e liberatosi definitivamente del perizoma di lattice da cui la sua creatrice l’aveva liberato, protendeva l’enorme membro, che spuntava orgoglioso da sotto la gonna del vestito, alzandola quanto era necessario, verso le sue labbra, penetrandole dolce ma sicuro fino a giungerle in bocca, poi in gola.

Inizialmente sorpresa, Laura ritrovò presto la calma, una volta riportato alla norma il suo respiro e, mugugnando ad ogni spinta della propria identica compagna, fece largo al membro del riflesso, lasciando ch’esso potesse riempirle ancor più l’esofago. Ben presto, guardando gli occhi eccitati della sua controparte, ella si ricordò di come essa poteva provare le sue stesse sensazioni e di quanto questa notevole capacità fosse, fortunatamente, anche sua. Decise quindi di farsi impazzire, di spezzarsi di piacere come mai le era stato possibile far prima, usando il proprio doppione come strumento di piacere diretto ed indiretto. Così pensando, e sogghignando quanto poteva con la lunga e rigida asta che le sfondava incessantemente la bocca, la ragazza inalò quanta più aria poteva ed, abbandonandosi al dolce soffocare, avvolse la lingua intorno alla verga rovente che le si piantava in gola, prendendo a succhiare con tutta se stessa.

“Gggaaaaaah!” esplose in un gemito incontenibile l’immagine riflessa, mentre Laura anch’ella tremava dei propri piaceri sotto di essa. Lo spettro afferrò la ragazza per i capelli e si spinse ancor più dentro di lei, forzandola, invadendola mentre poggiava delicatamente le natiche piene e rotonde sui suoi seni.

Laura sentiva il membro della compagna pulsare, quasi avesse vita propria, come se un cuore vi battesse dentro, incessante, implacabile, ed a ogni movimento, ad ogni spinta, ad ogni penetrazione della sua gola ardente, ella sentiva il suo pube bagnarsi, eccitarsi, come se stesse succhiando e leccando se stessa, oltre alla sua perfetta copia, la quale ora le cavalcava il viso ad occhi spalancati, posseduta dal demone dell’estasi, i suoi seni gonfi che rimbalzavano dal basso vero l’alto. I gemiti proseguirono lunghi ed all’unisono, fino a divenire quasi costanti, dei lamenti di piacere intenso ed irrefrenabile. Lo spettro pareva aver perso ogni controllo di se stesso, oramai schiavo della bocca di Laura e della sua fame, ingorda, di sensazioni piacevolmente intense, consapevolmente incontrollate.

Il riflesso pareva impazzire di più ad ogni pennellata, ad ogni tocco, ad ogni carezza della lingua della sua creatrice, i suoi occhi si alzarono al cielo, privi di volontà, ed in quel momento Laura iniziò, improvvisamente, a percepire il pieno desiderio della creatura che stava assaporando. I suoi muscoli si irrigidirono e il suo pube iniziò a sgorgare fiumi di inaspettato piacere, il lieve tremito si fece incontenibile terremoto e lo sguardo della giovane perse anch’esso lucidità e coscienza.

L’immagine si sollevò, spinse un’ultima volta a fondo, facendo si che l’asta penetrasse la bocca di Laura con ogni suo centimetro, spingendosi fino in fondo in modo che ella toccasse, come una brava mangiatrice di spade, l’elsa del suo strumento di piacere con le labbra, poi, dopo aver ascoltato il piacevole annaspare della compagna si portò indietro dolcemente, estraendosi con lentezza dalla bocca della compagna, tra i respiri affannati di lei e i mugugni di piacere che provenivano indomabili dalla sua bocca.

Laura era sconvolta, priva oramai di ossigeno in corpo e di senso nella mente ma tuttora vogliosa di essere presa, di essere fottuta, di essere posseduta come solo una sua copia perfetta, mente e corpo, avrebbe potuto fare. Solo quel riflesso irresistibile poteva toccare ogni tasto, sconvolgere ogni nervo, torturarla fino a farla impazzire del tutto. Non c’era domani per Laura. Se doveva perdere per sempre la ragione, avrebbe voluto farlo così, per mano sua, per mano di un piacere incontenibile che lei stessa si sarebbe inflitta.

Il riflesso, in piedi sopra il corpo della ragazza, si sfilò finalmente l’abito rosso. Laura l’osservò attentamente mentre rivelava il suo corpo formoso ed invitante, diverso dal proprio solo e soltanto per quell’enorme, calda, irresistibile verga di piacere che le aveva pocanzi sfondato la bocca. Sfilatasi in un movimento fluido e sensuale anche il reggiseno, l’immagine ondeggiò per qualche istante sopra di lei, quasi involontariamente, permettendo alla ragazza di osservarne ogni particolare come mai aveva potuto fare prima con se stessa, poi, si chinò, inginocchiandosi ancora, stavolta von il volto all’altezza dei seni della sua controparte, portando le braccia alle mammella ancora coperte della compagna, stringendole forte, come per spremerle e sospirando di piacere, in perfetto sincrono con lei.

“Ti voglio…” dissero in coro le due.

Il riflesso, ancora apparentemente privo di controllo alcuno, afferrò il vestito di laura dalla scollatura e, con una forza quasi animalesca lo strappò fino alla vita. Con un movimento immediato e scattante, essa estrasse i seni della giovane dalle coppe del reggiseno, lasciandoli ricadere sul tessuto prima di stringerli tra le dita nuovamente.

Laura gemette, preda del piacevole dolore, i suoi occhi colmi di desiderio osservarono le dita massaggiarle le mammelle, come a volerla mungere, mentre il corpo della sua copia si abbassava per scivolare tra le sue gambe spalancate, appoggiando il glande dell’immensa asta contro le sue grandi labbra.

“Se spingerò in avanti…” disse il riflesso ansimante di desiderio “…sentirai la mia carne penetrarti. È grande, più grande di qualsiasi uomo tu abbia mai avuto, più dura di quanto tu abbia mai desiderato. Ti sfonderà, pulsando ed allargandosi dentro di te, strofinandosi contro le pareti della tua vagina, giocando con la tua cervice fino a farti divenire sua schiava. Ti farà godere tanto da pensare di svenire ma sarà solo la metà del tuo piacere…”

L’immagine avanzò di pochi millimetri, inserendo l’estremità più anteriore del proprio membro tra le pareti paradisiache della vagina della propria creatrice, la quale sussultò, come fosse stata invasa da un inaspettato senso di anticipazione.

“…perché quando ti penetrerò…” continuò l’immagine “…sentirai ogni movimento, ogni terminazione nervosa, ogni pulsazione del mio cazzo come se fosse il tuo e ti renderai conto che da un tale piacere non c’è ritorno. Mi implorerai di fare più forte ed io obbedirò, perché le sensazioni che io proverò saranno le medesime, grideremo come nessuno ha mai gridato prima, fottendoci fino allo stremo delle forze ed allora, se del nostro cervello sarà rimasto anche un timido accenno, esploderemo insieme, unite, vincolate eternamente da quell’orgasmo irripetibile.”

Lo spetto sospirò, come avesse atteso quel momento per secoli.

“Lo vuoi?” Chiese.

“Si.” Rispose Laura, con la fretta di chi non può più resistere alle proprie tentazioni.

“Allora chiedimelo… come tu vorresti ti fosse chiesto…”

Laura espirò profondamente, era consapevole di quanto desiderava essere presa da se stessa, da quell’essere identico a lei, in grado di condividere con lei ogni sensazione. Mai però, avrebbe creduto che solo con le parole qualcuno avrebbe potuto accenderla come era ora accesa lei, quasi già sull’orlo dell’orgasmo prima ancora di cominciare.

“…scopami…”

Fu sufficiente. Lo spettro fu pervaso da un tremore di piacere che lo percorse, trasmettendosi a Laura come corrente in una spina e raggiungendole il cervello come un fulmine di voglia e passione. L’immagine spinse in avanti e si fece largo nel corpo di Laura, rude, forte, impaziente, con tutta la potenza di un treno in corsa e tutta la tenacia di uno stallone da corsa. Le due ragazze gridarono insieme, avvolgendosi l’un l’altra con braccia e corpi e subito cercandosi, con le dita, in ogni punto, dalle labbra rosse e seducenti alle natiche rotonde e sensibili, dalle schiene definite e sinuose alle cosce roventi e morbide, dall’ano, che solo sfiorato si contraeva e dava il la a sfoghi di immenso godimento, ai capezzoli grandi e rosei, pronti quasi a scoppiare sotto la pressione dei seni gonfi, come quelli di una nuova madre, ricolmi di vita e nutrimento.

Era tutto divino, indescrivibile, indecifrabile persino dalla più aperta delle menti umane, ogni colpo di stantuffo sprigionava endorfine come acqua da una fontana, invadendo la mente di laura ed allagandola di piacere mentre ella non poteva far altro che vivere il momento, tentando di non abbandonare del tutto la realtà, sopraffatta dalle sue stesse sensazioni.

“Oddio…Oddio…” lamentò piacevolmente la ragazza mentre lo specchio le ansimava sul seno, penetrandola con tutto se stesso “Più forte…fottimi più forte…”

Il riflesso accelerò, sollevandosi sulle ginocchia per penetrare ancora più a fondo in modo che laura potesse sentirlo inoltrarsi dentro di lei, impalandola nel modo più intenso possibile. Ambo le copie riuscivano a malapena a respirare, completamente stravolte dalle loro sensazioni, disperse in un mare di lussuria ma vogliose di spingersi, in esso, ancora più al largo. Tra un gemito, uno strillo ed un grido, Laura riuscì a trovare il modo di allungare le mani verso il petto della sua compagna, tenendole i capezzoli tra le dita per poi stringere, consapevole che il piacevole sconforto di quella tenaglia sarebbe giunto tanto forte a lei quanto all’immagine sua.

Così fu e un nuovo, corale grido, tanto intenso da parer disperato riempì l’aria della stanza, primo di una lunga serie che lasciò subito intuire quanto il piacere non fosse ancora pronto a culminare, quanto ancora poteva crescere in loro. Convinta di aver domato se stessa, certa di poter reggere alla immensa sensazione che le pervadevo il corpo, Laura strinse ancora i capezzoli del riflesso, avvolgendole poi le dita intorno alle mammelle e premendo, forte, fermamente, fino a quando lei stessa non si sentì il seno scoppiare, come se dovesse, da un momento all’altro, rilasciare un fiume di latte puro. Fu allora che, piacevolmente intenta a toccare se stessa tramite il suo alter ego, ella non fu colta nuovamente alla sprovvista da una sensazione familiare, si, ma inaspettata.

Un tocco, un caldo e soffice tocco, giocava sobbalzante e sornione sul perimetro dell’ano di laura; un’innocente dito, attento e solerte, danzava intorno al suo foto più nascosto, attento a non entrarvi ma ben intento a farsi notare, superando per evidenza di sensazione il palo che ancora si agitava avanti ed indietro nella sua vagina, come un sussurro che si fa udire sopra mille grida. Laura sbarrò gli occhi, irrigidendo il corpo, rimanendo aggrappata ai seni della sua copia mentre si preparava, fisicamente, a sentire quel dito penetrarla laddove, in quel momento, era più sensibile, fece un respiro profondo ed attese.

Nulla, nulla accadde che non stesse già accadendo un istante prima. Il pene del riflesso non esitò, le sue anche non rallentarono e le sue dita continuarono a danzare, delicate, intorno all’ano di Laura, sornione quanto prima, lontane dal volervi entrare. La ragazza le attese, prima un secondo, poi due, poi trenta, desiderando sempre più di sentirle entrare in lei, di avere una di quelle dita, forse due, o anche tre, dentro di se, mentre il suo antro più dolce veniva sfondato dal gigante bastone della sua controparte. Il desiderio la fece dapprima distrarre, poi ne accrebbe la voglia, trasformandone la natura umana in animalesca, la mente libera e controllata in schiava di quell’attesa. Laura voleva sentirsi penetrata, li, nel culo, voleva che ambo i suoi buchi fossero colmati e quella volontà, unita al pensiero costante che ciò potesse avvenire, la faceva bagnare come la terra sotto un monsone.

“…fallo…” chiese Laura, ma il riflesso scosse la testa.

“Le voglio…dentro di me…” ed ancora l’immagine si negò, continuando piuttosto a giocare con lei, continuando a scoparla, a riempirla con la sua carne mastodontica.

“Non è quello che vuoi.” Rispose lo spettro dopo qualche secondo “Sai cosa vogliamo…”

Il movimento dell’immagine riflessa rallentò, poi si fermò e, delicatamente, ella si tirò fuori da Laura, alzandosi poi in piedi e retrocedendo, poggiandosi contro una cassettiera, dal lato opposto della stanza. Laura prese fiato e si alzò, guardando la sua controparte mentre, senza toglierle lo sguardo di dosso, essa apriva il cassetto più alto, infilandovi una mano ed estraendone uno dei suoi giocattoli preferiti, un grosso fallo nero, tozzo e corposo, che immediatamente unse della propria saliva, infilandolo prima tra i grandi seni, poi in bocca.

Laura si guardò, osservò con attenzione quello che, fino a qualche minuto prima, non era altro che il suo riflesso nello specchio e che, ora, era la sintesi perfetta di tutto quello che, nella vita, lei desiderava. Una copia perfetta, bella quanto lei, con gli stessi capelli accesi, le stesse spalle, le stesse braccia forti, i medesimi seni, così naturalmente grandi, la medesima pancia appena pronunciata e le cosce, copie perfette delle sue, che così tanto invitavano a tuffarsi in un mondo di piacere. I suoi occhi caddero poi sul suo membro, l’unica differenza tra lei e il riflesso, l’unica cosa che lei non aveva, il primo ed unico membro che lei avesse mai veramente desiderato. La sua copia lo aveva appena estratto dalla sua colante vagina eppure lei, già, lo desiderava nuovamente in se, come se mai vi fosse stato.

 

Dando le spalle alla sua creazione, la ragazzi si voltò, camminando verso il muro opposto per poi fermarsi a circa mezzo metro da esso, poi, allargò le cosce e si piegò lievemente in avanti, poggiando le braccia contro il muro, in alto, ed inarcando la schiena in modo che anche il suo seno ed i suoi grandi capezzoli, poggiassero contro la parete fresca della stanza. Infine, affannata più per l’eccitazione che per la fatica, la bella giovane socchiuse gli occhi e, mordendosi le labbra carnose, attese l’arrivo del suo desiderio più grande.

Vi fu un piccolo sussulto, un piccolo movimento, quasi impercettibile, che non impedì a Laura di tenere gli occhi socchiusi ed il labbro inferiore tra i denti quando sentì appoggiarsi alla sua vagina il giocattolo nero che la sua copia brandiva come una spada medievale mentre, contemporaneamente, il glande tiepido e pulsante della sua asta le si poggiava all’ingresso della sua altra entrata, quella posteriore, riservata solo a rari e sconvolgenti piaceri. Poi, nuovamente, vi fu un’esitazione.

“Ti dimentichi…” disse nuovamente lo spettro “…che io non sono solo una tua copia perfetta. Sono il tuo desiderio, sono il tuo sogno. Non solo ti appartengo, tu appartieni a me ed, io, di te, conosco ogni piccola voglia.”

L’immagine spinse lievemente, abbastanza da farsi sentire e far mugugnare Laura per l’anticipazione ma senza entrare in lei.

“Sei una donna forte, quasi invincibile. Non ti sei mai arresa ad alcun uomo, nemmeno a quelli più audaci ma a me… a me puoi arrenderti, io sono tua, dopotutto. Getta le armi Laura, come hai sempre voluto poter fare. Chiedimi, pregami, implorami; confessa quanto mi desideri. Solo allora mi avrai.”

“Io..” Esitò Laura, prima di sentire una nuova piccola spinta attizzarla come un carbone sul fuoco.

“Io…” Cercò ancora di sussurrare, fermandosi nuovamente nel sentire il suo giocattolo scorrerle dolcemente su e giù per la vagina.

Laura si sentì quasi svenire mentre il fallo le percorreva le cosce, girando intorno al suo orifizio come uno squalo intorno alla preda. Allo stesso modo, il pene dello spettro, poggiato delicatamente sul suo ano, le pulsava contro la pelle, facendola contrarre e tremare. La ragazza non ne poteva più, voleva essere infilata, voleva quel momento, voleva abbandonarsi, voleva chiedere, voleva pregare di essere scopata.

“Ti prego scopami…” sussurrò “Sfondami il culo, aprimi la figa…fammi tua…ti prego…voglio godere…”

Gli occhi di Laura si spalancarono nel sentire i due falli, come tuffatori sincronizzati, entrarle dentro simultaneamente, spingendo violentemente contro il suo corpo e premendola al muro, schiacciandola tra il peso della spinta e la parete fredda. Fu un improvviso colpo che la costrinse a un lungo e liberante grido di soddisfazione, ad un implorante richiesta di continuare, di sfondarla, di fotterla, desiderio sostenuto non solo dalle sue voglie ma anche da quelle dello spirito che l’impalava, che la ragazza sentiva come sue nel pube, nel ventre, nel petto.

“Fottimi…fottimi più fotre…sto per impazzire!”

Le spinte si fecero più intense, più pressanti, più martellanti, costringendo Laura ad avanzare, come aveva fatto mille volte prima nei suoi sogni più perversi, per sentirsi schiacciata, presa, quasi intrappolata dal suo stesso desiderio. Il tremore che le iniziò a percorrere la spina dorsale non fu che il punto d’inizio delle piacevoli sensazioni che, da li a pochi secondi, la catapultarono in un vortice di perdizione mentre gridava alla sua copia perfetta, oramai intenta a trapanarla con colpi ritmici e veementi, di spingere ancora, di continuare, di fotterle l’ano con ogni fibra della sua verga incessante mentre con la mano spingeva il fallo nero nella sua vagina oramai traboccante di ogni forma di piacere.

“Scopami! Scopami voglio venire!” Gridò, mentre l’immagine accelerava ancora, moltiplicando esponenzialmente i piaceri e le urla di entrambe.

Laura si sentì scaldare, come fosse stata la resistenza di una lampada incandescente, divenendo rovente, bruciando dall’interno, riversando in sudore, umori e lacrime di piacere ogni sua goccia, facendole colare il trucco messo qualche minuto prima, davanti allo specchio ancora senza vita. La ragazza iniziò a tremare, così come fece la sua copia, perdendo il controllo di se stessa come della sua compagna mentre le due si contorcevano per il piacere, premute contro quel muro oramai bagnato della loro passione.

“Vengo…mio dio sto per esplodere!” Gridò Laura e l’immagine prese a sbatterla con una frenesia quasi surreale.

Era quasi il momento di esplodere quando Laura sentì l’essere sfilarsi da lei. Inizialmente non capì, poi si rese conto. Ogni sua sensazione non era solo sua ma dell’altra e, così, ogni sensazione dell’altra era sua. Sentendo il peso della copia alleviarsi dalla sua schiena, la giovane portò la testa all’indietro, lasciandosi afferrare per la chioma scintillante, proprio come ella avrebbe voluto, e facendosi trascinare a terra, sorretta per i capelli, e portata con la bocca verso il caldo pene gigante, ancora bagnato di lei, che l’attendeva. Sentendosi infilare la carne in gola, Laura gioì, perché così come poteva sentire quel cazzo infilarle l’esofago, poteva sentire nel suo ventre, il piacere che il suo riflesso sentiva, li, nel pube, dove il desiderio di tanti anni attendeva di essere liberato. Così, Laura si preparò, rilassando i muscoli e lasciandosi fottere la bocca fino in fondo.

Quando arrivò fu una vera e propria esplosione. I movimenti del riflesso si fecero sempre più intensi nella bocca di Laura, mentre la sue mani spingevano sempre più avanti la sua testa, affondando colpo dopo colpo, con sempre maggiore intensità e decisione, poi, i respiri intensi ed i mugolii si unirono in un unico, lungo, crescente raglio animalesco, bestiale, liberatorio e come un fiume in piena il seme della creatura inondò le fauci della ragazza, la quale, un’ultima volta, fu spinta in avanti fino in fondo, fino a poggiare la fronte contro il ventre della compagna. Il torrente di sperma pervase la bocca e la gola di Laura che lo trattenne, quanto poteva, prima di iniziare, lentamente, a deglutire, abbeverandosi da quella fonte apparentemente infinita.

Laura lo sentì, era come un fulmine, come se potesse sentire quella verga attaccata al suo corpo, come se ogni goccia di seme provenisse da lei. I suoi neuroni lanciavano scossa dopo scossa di stimolante intensità e la sua mente ormai esausta non poté che abbandonarsi e cedere. L’orgasmo fu brutale, accompagnato ad una serie di cagneschi guaiti di incontrollata ingordigia. Mentre deglutiva insaziabile il liquido seminale dell’ancor gemente riflesso, versandone involontariamente una buona parte sui suoi seni eccitati, la ragazza sentì il calore tra le sue cosce diventare insostenibile, portò indietro gli occhi, lasciandosi andare ad uno sguardo follemente assente e con un ultimo, intenso gemito liberatorio rilasciò un fiume di orgasmo femminile, che spruzzò come una fontana dalla sua vagina, piovendo sul pavimento e sullo specchio, dal quale tutti i suoi piaceri avevano preso forma.

Lentamente, i battiti cardiaci rallentarono ed i respiri si fecero, tra un sospiro soddisfatto e l’alto, più miti. Laura deglutì le ultime gocce del fiume di piacere della sua copia, leccandone fino all’ultima goccia dal membro, leggermente meno rigido, assaporando e percependo i piccoli piaceri del contatto post orgasmico e lasciando raffreddare, col defluire dei suoi umori più intensi, l’interno delle sue cosce.

La ragazza era esausta, ancora confusa da quanto era appena accaduto. Il pavimento della stanza era fradicio, ricoperto di fluidi corporei, sperma e sudore. I suoi capelli rosso accesi erano bagnati per la fatica ed il suo corpo reso appiccicaticcio e sensibile dall’estenuante esperienza. Lasciandosi cadere sul suolo, nell’umido risultato dei suoi sforzi, Laura sentì il piacevole calore del corpo dello spettro, tiepido ed avvolgente quanto il suo, posarsi su di lei come una soffice, eccitante coperta umana. Nel calore intenso e rilassante del momento, tanto paradisiaco quanto amaro, la ragazza sentì la sua mente affievolirsi e le sue palpebre chiudersi come i petali di un fiore.

Laura lasciò distendere il suo corpo e cadde in un sonno profondo.

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