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Prime Tentazioni: Il Richiamo degli Slip Blu – Capitolo 1: Venerdì – L’inizio della vacanza

By 14 Dicembre 2024No Comments

Quando l’auto si fermò davanti alla casa, una piccola ondata di emozione mi attraversò. La mia prima vacanza tra amici: un weekend lontano da casa, solo noi quattro. La casa era più carina di quanto mi aspettassi, con i suoi muri bianchi e un giardino che profumava di oleandri. Dietro, oltre una collina, si intuiva il mare, un azzurro intenso che sembrava chiamarmi.

Scesi dalla macchina con un sorriso che non riuscivo a trattenere. “Finalmente!” esclamai, tirandomi lo zaino sulle spalle.

I ragazzi, Mattia e Lorenzo, erano già davanti alla porta con le chiavi, intenti a discutere su chi avrebbe scelto la camera migliore. Erano simpatici e sempre allegri, ma il nostro rapporto non andava oltre una solida amicizia. Con loro era tutto leggero, privo di quei sottintesi che spesso complicano le cose tra ragazzi e ragazze. Un po’ più distante invece era il legame tra me e Ilaria. Certo, eravamo amiche, ma c’era qualcosa di più: un’intesa nascente che mi faceva desiderare di conoscerla meglio, di passare più tempo con lei.

“Non è male, vero?” disse Ilaria, accanto a me, indicando la casa con un sorriso soddisfatto.

Mi voltai a guardarla. Con la sua pelle diafana e quei capelli neri ricci che incorniciavano il viso, sembrava uscita da un film. Gli occhiali sottili sottolineavano i suoi occhi castano chiaro, lunghi e affascinanti, e il naso, leggermente largo, le dava un’aria simpatica e spontanea. Era slanciata e aggraziata, con gambe lunghe che sembravano disegnate per sfilare. Nonostante il seno piccolo, il suo corpo snello emanava un’eleganza magnetica, e il fondoschiena sodo completava una figura che non poteva passare inosservata.

“È perfetta,” risposi distrattamente, cercando di non fissarla troppo a lungo.

La casa, piccola ma accogliente, aveva un soggiorno che si apriva su una cucina semplice, con due camere e un bagno. Io e Ilaria avremmo condiviso una stanza, mentre Mattia e Lorenzo avrebbero dormito nell’altra.

“Dobbiamo dividerci l’armadio,” disse Ilaria, tirando fuori una pila di vestiti dalla sua valigia.

“Va bene, prendo quello che resta,” scherzai, sistemando il mio zaino accanto al letto vicino alla finestra.

“Molto generosa,” rispose lei ridendo, alzando un sopracciglio.

Mi piaceva la sua ironia, quel modo leggero e divertente di affrontare tutto. Mentre disfacevo la valigia, osservai la stanza: due letti singoli, un piccolo armadio e una finestra che lasciava entrare una luce calda. Mi sembrava già casa.

Ci mettemmo a sistemare le nostre cose mentre i ragazzi facevano rumore in soggiorno. Non avevo grandi aspettative su questa vacanza: pensavo che sarebbe stata semplice e divertente, un’occasione per rilassarmi e rafforzare il legame con Ilaria. La nostra amicizia era nata da pochi mesi, ma avevo già capito che lei era diversa da chiunque avessi conosciuto.

Quando finimmo di sistemare i bagagli, Ilaria si mise a cercare i suoi occhiali da sole.

“Non li trovo! Li avevo messi qui…” borbottò, frugando tra i vestiti sul letto.

“Eccoli,” dissi, indicandoli accanto al cuscino.

Lei si chinò per prenderli, e io, senza volerlo, mi ritrovai a osservare il suo fondoschiena, perfettamente delineato dai pantaloncini corti. Era un’immagine che si fissò nella mia mente per un istante più lungo del necessario, ma scacciai subito quel pensiero, scuotendo la testa e tornando a concentrarmi sul mio zaino.

Decidemmo di scendere in spiaggia per approfittare degli ultimi raggi di sole. Mi tolsi i jeans e indossai un pareo sopra il costume. Prima di uscire, mi specchiai velocemente: la mia pelle chiara, segnata da qualche lieve lentiggine, risaltava sotto la luce del sole che entrava dalla finestra. I miei capelli castani, mossi e morbidi, mi scendevano sulle spalle con noncuranza, incorniciando un viso che, tutto sommato, mi piaceva. I miei occhi grandi, di un castano scuro, sembravano curiosi e pieni di entusiasmo.

Il mio fisico era semplice: un seno piccolo, quasi delicato, ma proporzionato al mio corpo esile. La pancia piatta, le gambe sinuose e un fondoschiena che mi aveva sempre dato un po’ di sicurezza. Ero consapevole di essere carina, ma mai avevo pensato di poter competere con qualcuno come Ilaria.

“Anto, sei pronta?” mi chiamò lei dalla porta.

“Arrivo!” risposi, prendendo la borsa da spiaggia.

Camminammo insieme verso il mare, lasciandoci alle spalle la casa. I ragazzi erano davanti, intenti a chiacchierare tra loro, mentre io e Ilaria seguivamo più lentamente. Parlavamo del weekend, dei nostri piani per la serata, e ogni tanto scoppiavamo a ridere per qualche battuta.

I suoi capelli si muovevano leggeri nel vento, e la luce del tramonto illuminava il suo viso, rendendo i suoi occhi ancora più magnetici. Cercai di non pensarci troppo, convinta che fosse solo l’entusiasmo della vacanza a rendere tutto così perfetto.

Quando arrivammo sulla spiaggia, il rumore delle onde ci accolse, e io mi sentii finalmente libera. Era l’inizio di un weekend che già prometteva di essere speciale.

Arrivati sulla spiaggia, ci accolse una distesa di sabbia fine e dorata, delimitata da rocce che sembravano proteggere quel piccolo angolo di paradiso dal resto del mondo. Il mare si stendeva davanti a noi, calmo e invitante, con sfumature che andavano dall’azzurro tenue al verde smeraldo. C’era una tranquillità quasi irreale: poche persone sparse, il mormorio delle onde e il vento leggero che accarezzava la pelle.

I ragazzi, Mattia e Lorenzo, si scrollarono di dosso la stanchezza del viaggio come due bambini al primo giorno di vacanza. Mattia prese subito il pallone da sotto il braccio. “Forza, chi viene in acqua?” gridò, già avviandosi verso la riva con Lorenzo.

“Non ci pensiamo nemmeno!” rispose Ilaria con una risata, sistemandosi la borsa vicino a un lettino. “Prima ci rilassiamo un po’.”

Seguii il suo esempio, sistemandomi accanto a lei. Avevamo scelto due lettini vicini, rivolti verso il mare, con il sole che cominciava a scendere, ammorbidendo i suoi raggi. Guardai per un attimo Ilaria che si toglieva il pareo, rivelando il suo costume intero nero, semplice ma elegantissimo. Le fasce si intrecciavano sul retro, lasciando scoperta la sua schiena chiara e liscia. Mi passò accanto per sistemare l’asciugamano, e il mio sguardo si soffermò un istante sul suo fondoschiena sodo, perfettamente delineato. Un pensiero fugace mi attraversò la mente, ma lo scacciai subito.

“Anto, me la passi la crema?” mi chiese, indicando la bottiglietta.

“Certo,” risposi, cercando di mantenere il tono di voce normale.

Lei si sedette sul lettino, sollevando i capelli ricci in una coda improvvisata. Cominciai a spalmare la crema sulle mie braccia e gambe, cercando di ignorare il modo in cui le sue mani si muovevano lungo le spalle e le clavicole, scendendo con naturalezza sulla pelle chiara e delicata. La luce del sole si rifletteva sulla sua figura, accentuando ogni curva.

I miei occhi sembravano tradirmi, tornando continuamente su di lei, sul modo in cui il costume aderiva al suo corpo e su quei movimenti sensuali che sembravano del tutto inconsapevoli. Mi scossi, rimproverandomi mentalmente. Ti piacciono gli uomini. Sempre piaciuti. Basta, non c’è niente di strano…

“Di cosa stai ridendo?” mi chiese, interrompendo i miei pensieri.

“Niente, pensavo solo a come Mattia sembra sempre un bambino quando gioca,” risposi, indicando i ragazzi che, nell’acqua bassa, si lanciavano il pallone con esagerata foga.

Lei rise, scuotendo la testa. “Già, ma almeno ci fanno ridere.”

Ci mettemmo a parlare di tutto: cotte passate, sogni per il futuro, persino qualche pettegolezzo sui ragazzi che conoscevamo. “Ma davvero hai avuto una cotta per quel tipo del corso di danza?” mi chiese lei, spalmandosi un ultimo strato di crema sulle gambe lunghe e affusolate.

“Ero giovane e stupida,” risposi ridendo.

“Giovane? È successo l’anno scorso!” ribatté, lanciandomi uno sguardo malizioso.

Era incredibile quanto fosse facile parlare con lei. Mi sentivo a mio agio, come se potessi dirle qualsiasi cosa senza temere di essere giudicata. Ma nonostante la leggerezza del momento, non riuscivo a spiegarmi perché ogni tanto i miei occhi tornassero su di lei, sul suo corpo, sui suoi gesti.

I ragazzi tornarono dopo un po’, lasciandosi cadere sui lettini come fossero reduci da una maratona. “Allora, cosa facciamo stasera?” chiese Lorenzo, respirando a pieni polmoni.

“Ci sarà una festa nei dintorni?” domandò Mattia, speranzoso.

Ilaria tirò fuori il cellulare per controllare. “Mmm, qui vicino non c’è niente. Pare che l’unico posto decente per ballare sia a mezz’ora di macchina.”

Ci fu un coro di lamenti. “Ok, allora ce la prendiamo comoda,” concluse lei, scrollando le spalle.

Alla fine decidemmo di tornare tutti in acqua. Mi tolsi il pareo, rimanendo con il mio bikini semplice, blu scuro, e ci avviammo verso il mare. L’acqua era piacevolmente tiepida, e il contatto con le onde mi fece subito sentire più leggera.

“Dai, facciamo una partita!” gridò Mattia, lanciando il pallone verso Lorenzo.

Formammo due squadre: io e Lorenzo contro Ilaria e Mattia. La palla schizzava da una parte all’altra, e noi ridevamo come matti ogni volta che qualcuno mancava un passaggio o finiva sommerso da un’onda.

Ilaria era sorprendentemente competitiva. Ogni volta che si tuffava per recuperare il pallone, il suo corpo slanciato si muoveva con una grazia quasi ipnotica, il costume aderente che metteva in risalto ogni dettaglio. Cercai di concentrarmi sul gioco, ma era difficile ignorare quei movimenti fluidi e la risata contagiosa che riempiva l’aria.

“Anto, muoviti! Passala!” mi gridò lei, con gli occhi brillanti di entusiasmo.

“Arrivo, arrivo!” risposi, lanciando la palla goffamente verso Lorenzo.

Alla fine, stremati ma felici, ci sedemmo sul bagnasciuga, lasciandoci cullare dal suono delle onde. Il sole cominciava a calare, tingendo il cielo di rosa e arancio, e io mi sentii per un attimo completamente in pace.

Non sapevo che quello fosse solo l’inizio di un weekend che avrebbe cambiato molte cose dentro di me.

Il tardo pomeriggio arrivò con la luce del sole che si faceva più morbida e calda, e l’aria sulla spiaggia si riempì delle risate di un gruppo di ragazze che avevamo incontrato poco prima. Mattia e Lorenzo si lanciarono subito in conversazioni e battute, cercando di attirare la loro attenzione con quell’entusiasmo tipico da vacanza.

Io e Ilaria, invece, ci scambiammo uno sguardo complice. “Direi che possiamo lasciarli a divertirsi un po’,” suggerì lei, alzandosi dal lettino e scuotendo via la sabbia dalle gambe slanciate.

“Perfetto. Doccia e relax, allora?” risposi, raccogliendo le nostre cose.

Con i ragazzi ancora impegnati a impressionare le nuove amiche, tornammo verso la casa.

Una volta a casa, la frescura degli interni ci accolse piacevolmente. “Vai prima tu, io voglio rilassarmi cinque minuti sul divano,” disse Ilaria, sprofondando nei cuscini con un sospiro teatrale.

Annuii, dirigendomi verso il bagno. Mi tolsi il bikini lentamente, sentendo la pelle che si liberava dal tessuto umido e salmastro. Entrai sotto il getto caldo della doccia, e l’acqua scivolò lungo il mio corpo, lavando via il sale e la sabbia. Passai le mani tra i capelli, massaggiando lo shampoo, e chiusi gli occhi per qualche istante, lasciando che il profumo fresco riempisse l’aria. Ogni movimento era lento, quasi ipnotico, e il vapore cominciava a coprire gli specchi intorno a me.

Quando finii, mi avvolsi in un morbido asciugamano e tornai in camera. Lì, mi asciugai con calma, la pelle ancora leggermente umida che assorbiva la morbidezza del tessuto. Scelsi un intimo semplice ma carino: un reggiseno bianco con pizzo leggero e uno slip abbinato. Mi sistemai davanti allo specchio, prendendo l’asciugacapelli, osservando distrattamente la mia immagine riflessa.

Il vapore della doccia aveva reso i capelli leggermente più mossi, e il calore dell’asciugacapelli li faceva scendere morbidi sulle spalle. Notai il modo in cui il reggiseno si adattava al mio corpo, accarezzandolo senza stringere. Mi sentii per un attimo soddisfatta della mia immagine, un raro momento di complicità con me stessa.

Proprio mentre mi perdevo in quei pensieri, la porta si aprì di colpo e Ilaria entrò. Era coperta solo da un asciugamano bianco, legato in modo approssimativo sul petto, lasciando scoperte le spalle e le gambe. I capelli ricci erano già sciolti, e una ciocca le cadeva davanti agli occhi.

“Scusa se ti disturbo,” disse, con un sorriso distratto. “Devo solo prendere il mio elastico per i capelli. Non lo trovo da nessuna parte.”

La guardai, cercando di mantenere un’espressione neutra, ma era impossibile ignorare il modo in cui l’asciugamano si muoveva leggermente ad ogni suo passo. Mi chinai per aprire un cassetto, tirando fuori un elastico.

“Eccolo,” dissi, porgendoglielo.

Lei si avvicinò e lo prese dalle mie mani, ma si fermò un istante per osservarmi. “Anto, ma da quando sei così… perfetta?” chiese, con un tono leggero ma malizioso.

“Cosa intendi?” risposi, cercando di ridere, ma sentendomi improvvisamente un po’ a disagio sotto il suo sguardo.

“Il tuo corpo. Voglio dire, guarda che gambe! E poi il tuo sedere è davvero perfetto,” disse, sorridendo mentre mi scrutava senza alcun imbarazzo.

Arrossii, sentendo un calore che non avevo previsto salire lungo il collo. “Ma smettila, non esagerare.”

“No, davvero,” insistette, avvicinandosi di più. “Sei stupenda. Posso?”

Non aspettò una risposta e mi sfiorò il fianco con la punta delle dita, un tocco leggero ma inaspettato. “Guarda quanto è liscia la tua pelle. Usi qualche crema speciale?”

“Non… non saprei,” risposi, sentendo un brivido al contatto. Non era la prima volta che una mia amica faceva un complimento al mio corpo, ma c’era qualcosa nel tono di Ilaria, nella sua vicinanza, che mi metteva stranamente a disagio e al tempo stesso… incuriosita.

Lei sorrise, tornando al suo elastico. “Be’, se mai avrò bisogno di consigli di bellezza, so chi chiamare.”

“Piuttosto, guarda te,” dissi, cercando di cambiare discorso e indicandola con un cenno. “Con quel corpo puoi permetterti qualsiasi cosa.”

“Dici?” chiese, inclinando la testa con un sorriso soddisfatto. L’asciugamano sembrava scivolare leggermente mentre si muoveva, lasciando intravedere un accenno della curva del seno.

“Direi proprio di sì,” risposi, cercando di mantenere un tono leggero, ma le parole mi uscirono più sincere di quanto avessi voluto.

Lei mi fece un cenno con la testa, poi si avviò verso la porta. “Ok, ora tocca a me. Ma giuro, Anto, devi davvero imparare ad apprezzarti di più. Sei incredibile.”

Rimasi ferma per un momento dopo che uscì, cercando di capire perché il cuore mi battesse così forte. Non era niente di strano, mi dissi. Era solo una mia amica che faceva complimenti.

Eppure, qualcosa in quel momento aveva lasciato un’impronta difficile da ignorare.

Mi rivestii con calma, scegliendo un paio di pantaloncini corti di cotone e una canotta bianca leggera. Il caldo era opprimente, e il ventilatore acceso riusciva appena a smuovere l’aria nella stanza. Mi sedetti sul letto con il libro che avevo portato, cercando di concentrarmi sulla trama, ma i pensieri vagavano ancora alla doccia e a quel momento con Ilaria. Mi rimproverai mentalmente: “È solo un’amica, smettila di pensarci.”

Qualche minuto dopo, sentii il rumore della doccia che si spegneva, seguito dai passi di Ilaria. Alzai lo sguardo e la vidi entrare in camera, con i capelli ricci ancora bagnati e un accappatoio bianco che sembrava scivolare leggermente sulle sue spalle.

“Ah, finalmente un po’ di freschezza,” sospirò, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Ci vorrà ancora un po’ prima che tornino i ragazzi, vero?”

“Credo di sì,” risposi, tornando a guardare il libro senza riuscire davvero a leggere. “Sono ancora al mare con quelle ragazze, a quanto pare si stavano divertendo parecchio.”

Ilaria fece un sorriso divertito, camminando lentamente verso il suo letto. “Tipico. E noi qui a morire di caldo. Sai che c’è? Mi sa che mi sdraio anch’io e leggo un po’ con te. Hai portato un bel libro, a quanto vedo.”

“È carino,” risposi. “Ma forse con questo caldo avrei dovuto portare qualcosa di più leggero.”

Ilaria annuì, distratta, poi, con una naturalezza che mi colse completamente di sorpresa, si fermò davanti al letto e sciolse il nodo del suo accappatoio. Lo sfilò con un gesto fluido e rilassato, rivelandosi completamente nuda.

Per un istante il tempo sembrò fermarsi. Le sue spalle eleganti e la curva dolce della schiena erano illuminate dalla luce che filtrava dalle persiane. Il suo fondoschiena, sodo e perfetto, era un quadro di sensualità naturale che non potevo evitare di osservare. Sentii il mio respiro bloccarsi, e il libro nelle mie mani diventare improvvisamente irrilevante.

“Fa troppo caldo per vestirmi subito,” disse lei con noncuranza, senza voltarsi. Aprì il cassetto e tirò fuori un paio di slip azzurri e una canotta bianca, che infilò con movimenti lenti e tranquilli. Ogni gesto sembrava amplificato nella mia mente, come se stessi guardando una scena al rallentatore.

“Molto meglio,” dichiarò infine, girandosi verso di me con un sorriso disarmante, completamente ignara del mio turbamento. Si lasciò cadere sul letto accanto al mio, con il libro in mano. “Che leggi, alla fine? Mi sono sempre fidata dei tuoi gusti.”

“Uhm… è un romanzo,” risposi, cercando di nascondere il rossore che mi sentivo sulle guance. “Un po’ impegnativo, ma carino.”

“Tipico di te,” commentò con un sorriso complice, appoggiandosi sul fianco per sfogliare il libro che aveva portato. “Io invece ho bisogno di qualcosa di più semplice. Anche se, con questo caldo, riesco a leggere a malapena due righe prima di perdermi nei miei pensieri.”

“Succede anche a me,” ammisi, sforzandomi di mantenere la conversazione normale.

Mentre parlavamo, il mio sguardo tornava inevitabilmente a lei. La canotta bianca, sottile e aderente, lasciava intravedere il profilo dei suoi seni piccoli ma sodi. Gli slip azzurri si adattavano perfettamente alle sue curve, esaltandone la semplicità disarmante. Mi sentivo confusa, come se la mia mente stesse cercando di catalogare quella visione in un contesto familiare, ma non riuscisse a trovarlo.

La conversazione continuò tranquilla, scivolando su argomenti leggeri come libri, film e aneddoti divertenti. Ilaria era così a suo agio che sembrava quasi non accorgersi del mio sguardo che ogni tanto la seguiva.

“Comunque, sei davvero brava a scegliere cosa portarti in vacanza,” disse a un certo punto, voltandosi per guardarmi. “Io mi sono dimenticata mezzo mondo.”

“Tu sei bravissima ad adattarti,” replicai, ridendo. “Io invece impazzisco se mi dimentico qualcosa.”

“Ma dai, guarda come sei organizzata. Anche nel tuo modo di stare qui… rilassata, ma precisa. È qualcosa che mi piace molto di te, Anto,” disse con un sorriso genuino.

Mi colpì quel complimento, fatto in un tono semplice ma così sincero. Mi resi conto di quanto volessi costruire qualcosa di più con lei, un’amicizia che fosse più profonda e significativa. Tuttavia, dentro di me, un’altra voce più ambigua sembrava voler emergere, una voce che non riuscivo a definire.

Alle 18:30, il rumore della porta d’ingresso segnò il ritorno di Mattia e Lorenzo. “Siamo a pezzi, ma è stata una gran giornata,” annunciò Lorenzo dalla sala.

“Noi ci siamo riposate, e ora tocca a voi fare la doccia,” rispose Ilaria con tono scherzoso, alzandosi dal letto e stiracchiandosi, sempre con quella leggerezza che sembrava impossibile ignorare.

I ragazzi borbottarono qualcosa, dirigendosi verso il bagno. “Dai, quando tornano, usciamo a fare la spesa. Almeno stasera ci sfondiamo di cibo e alcolici,” disse lei, sorridendo.

Annuii, cercando di riportare il mio cervello a una normalità che, accanto a lei, sembrava sempre più difficile mantenere.

La spesa fu un momento caotico ma divertente. Tra discussioni su cosa comprare, scherzi e battute sui nostri gusti, riempimmo il carrello con tutto il necessario: ingredienti semplici per cucinare, snack per le emergenze e, ovviamente, una quantità quasi spropositata di birre e alcolici. Tornati a casa, ci dividemmo i compiti in cucina: Lorenzo si mise ai fornelli con Mattia a supervisionarlo, mentre io e Ilaria sistemammo la tavola e ridemmo dei tentativi disastrosi dei ragazzi di seguire una ricetta trovata online.

“Ecco perché ordino sempre d’asporto,” disse Ilaria ridendo, mentre ripuliva il bancone con un panno. “Ma almeno ci provano.”

“Credo sia più che altro un modo per vantarsi di qualcosa davanti a noi,” ribattei scherzando.

Alla fine, la cena risultò sorprendentemente buona, e tra complimenti e brindisi, la serata prese una piega sempre più allegra. Le prime birre scivolarono via facilmente, rompendo ogni residuo di stanchezza.

Dopo cena, ci trasferimmo in soggiorno, dove Mattia tirò fuori una confezione di carte da gioco. “Obbligo o verità?” propose con un sorriso furbo.

“Classico,” commentò Ilaria, prendendo un’altra birra dal tavolo. “Ma va bene, facciamolo.”

Ci sedemmo a cerchio sul tappeto. Le regole erano semplici: chi rifiutava di rispondere o di completare un obbligo doveva bere.

Primo giro
Il primo a iniziare fu Lorenzo, che puntò Mattia: “Obbligo o verità?”

“Obbligo,” rispose lui, sfidando il compagno di bevute.

“Fai dieci flessioni con la maglietta tirata sopra la testa.”

Tra risate e prese in giro, Mattia eseguì l’obbligo senza esitazione, mentre Ilaria e io lo incitavamo scherzosamente.

Secondo giro
Toccò a me scegliere, e puntai Ilaria. “Obbligo o verità?”

“Verità,” rispose lei, rilassata, sorseggiando dalla sua bottiglia.

“Qual è stata la tua cotta più assurda?” chiesi, cercando di non suonare troppo curiosa.

Ilaria rise, appoggiando la bottiglia sul tavolo. “Ok, una volta mi sono presa una cotta per il mio istruttore di nuoto… Aveva il doppio dei miei anni. Non so perché, ma c’era qualcosa nel modo in cui nuotava.”

La risposta scatenò risate generali, anche se una parte di me non riuscì a non immaginarla mentre osservava qualcuno con quello stesso sguardo deciso e seducente.

Terzo giro
Quando toccò di nuovo a Lorenzo, scelse Ilaria: “Obbligo o verità?”

“Obbligo,” disse lei, lanciandogli uno sguardo di sfida.

“Allora… Spalma la crema su una delle gambe di Antonia, come se foste in spiaggia.”

Ilaria scoppiò a ridere. “Davvero? Non potevi inventarti qualcosa di più originale?”

Io arrossii visibilmente, ma non potevo rifiutare. “Va bene, facciamolo,” dissi, cercando di sembrare più tranquilla di quanto mi sentissi.

Ilaria si inginocchiò accanto a me, prendendo un flacone di crema idratante dal mobile accanto. Le sue mani erano lente e decise mentre la stendeva lungo la mia gamba, e anche se cercai di non darlo a vedere, il contatto mi fece sentire un brivido lungo la schiena.

“Ecco fatto,” disse lei con un sorriso soddisfatto, sedendosi di nuovo al suo posto.

Il gioco si fa più intenso
Con l’aumentare delle birre, gli obblighi e le verità diventarono sempre più audaci.

“Mattia, obbligo o verità?” chiese Ilaria.

“Obbligo.”

“Bacia Lorenzo sulla guancia,” ordinò lei, ridendo.

Mattia si lamentò, ma alla fine si piegò in un gesto teatrale, scatenando applausi e risate da parte nostra.

Quando toccò a me, Lorenzo mi sfidò: “Obbligo o verità?”

“Verità,” risposi, cercando di evitare qualcosa di troppo imbarazzante.

“Chi è stata la tua cotta più recente?” chiese lui, con un sorriso malizioso.

Esitai un momento. “Non lo so, non ne ho avute di recenti,” dissi, cercando di mascherare il mio imbarazzo.

Ilaria mi lanciò uno sguardo curioso, ma non disse nulla.

Il cambio di programma
Intorno alle due, il telefono di Mattia squillò. Era una delle ragazze conosciute in spiaggia, che ci invitava a raggiungerle per continuare a bere.

“Ragazzi, dobbiamo andare,” disse Lorenzo, alzandosi in piedi con entusiasmo.

Ilaria e io ci scambiammo uno sguardo complice. “Sai che c’è? Noi restiamo qui,” disse lei con noncuranza, appoggiandosi al divano. “Abbiamo ancora birre, e preferiamo rilassarci un po’.”

“Come volete,” rispose Mattia, scrollando le spalle. I ragazzi uscirono in fretta, lasciandoci sole.

La serata continua tra le due
Ilaria si alzò per prendere un’altra birra, porgendone una anche a me. “Alla nostra salute,” disse, alzando la bottiglia.

“Alla vacanza,” risposi con un sorriso.

Il silenzio nella casa era diverso da prima, più intimo. Le risate e i giochi di poco prima sembravano lontani, lasciando spazio a una calma che, per quanto rilassante, mi faceva sentire vulnerabile. Ma con Ilaria accanto, iniziavo a chiedermi se fosse così sbagliato sentirmi in quel modo.

Le birre erano ormai a metà, e il silenzio rilassato che riempiva la stanza si mescolava al suono sommesso delle onde in lontananza, filtrato attraverso le finestre aperte. L’aria della sera era calda e avvolgente, amplificando la sensazione di intimità tra di noi. Ilaria era seduta accanto a me, il corpo rilassato, ma i suoi occhi luminosi e vigili tradivano una curiosità insolita.

“Devo dire che questa serata è stata interessante,” iniziò lei, giocando distrattamente con l’etichetta della sua bottiglia. “Non avrei mai immaginato che i ragazzi fossero così competitivi, anche a obbligo o verità.”

Ridacchiai. “Sì, sono sempre pronti a fare spettacolo. Ma almeno ci siamo divertite.”

Lei annuì, poi si girò leggermente verso di me, appoggiando un gomito sullo schienale del divano. “E tu, Anto? Hai mai raccontato un tuo segreto davvero intimo a qualcuno?”

Mi irrigidii per un momento, sorpresa dalla piega improvvisamente seria della conversazione. “Non lo so,” risposi, cercando di non tradire il mio nervosismo. “Dipende cosa intendi per ‘intimo’.”

Ilaria inclinò la testa, un sorriso malizioso incurvava le sue labbra sottili. “Qualcosa che non hai mai detto a nessuno. Un pensiero, un desiderio… qualcosa di nascosto.”

Ci pensai per un momento, cercando di trovare una risposta che fosse sincera ma che non mi facesse sentire troppo vulnerabile. “Forse… certe insicurezze. Sai, cose che mi fanno sentire un po’ fuori posto.”

“Come cosa?” chiese lei, con uno sguardo che mi fece sentire completamente scoperta.

Scrollai le spalle, cercando di stemperare la tensione. “Non lo so, magari il mio corpo, certe volte. Non sempre mi sento a mio agio con me stessa.”

Ilaria mi guardò, le sue sopracciglia si aggrottarono leggermente come se stesse riflettendo. Poi, con una calma disarmante, disse: “Anto, sei bellissima. Te l’hanno mai detto?”

La mia gola si seccò. “Certo, ma non sempre mi ci sento,” ammisi a bassa voce.

Lei scosse la testa con decisione. “Sai cosa penso? Che spesso ci vediamo in modo molto più critico di quanto facciano gli altri. Io ti guardo e vedo una ragazza che ha un corpo perfetto, una bellezza naturale… e un fondoschiena da urlo.”

Risi nervosamente, cercando di mascherare il rossore che sicuramente mi stava colorando le guance. “Adesso stai esagerando.”

“Per niente,” insistette lei, sorridendo con una dolcezza che raramente le avevo visto. “Non ti rendi conto di quanto sei attraente, vero?”

Abbassai lo sguardo, le dita giocherellavano con il bordo della mia maglietta. “Beh… grazie. Ma, e tu? Come ti vedi?”

Lei sorrise in modo enigmatico. “Io? Mi piaccio. Certo, anche io ho i miei giorni no, ma in generale sono a mio agio con me stessa.”

La sua sicurezza mi affascinava, ma mi metteva anche a disagio, come se stesse insinuandosi in un territorio che non avevo ancora esplorato.

Poi, con un tono quasi casuale, lasciò cadere la domanda: “E tu, Anto? Hai mai pensato di stare con una ragazza? Anche solo per provare?”

Sentii un’ondata di calore invadermi, e non ero sicura se fosse dovuta all’alcol o al modo in cui mi fissava, con quello sguardo intenso che sembrava voler leggere ogni mio pensiero. “Ehm… no,” balbettai, cercando di non sembrare troppo imbarazzata. “Non ci ho mai pensato, a dire il vero.”

Lei inclinò leggermente la testa, gli occhi castano chiaro brillavano di una curiosità che mi metteva a nudo. “Davvero? Mai? Nemmeno una volta?”

Scrollai le spalle, sentendomi improvvisamente molto consapevole di me stessa. “No, credo di no. Mi sono sempre piaciuti gli uomini. Non che abbia niente contro l’idea, è solo che… non mi è mai venuto in mente.”

“Interessante,” mormorò lei, prendendo un altro sorso di birra. “Sai, molte persone non ci pensano finché non succede. Magari un incontro, una situazione… o una persona.”

Non riuscii a rispondere subito. Le sue parole sembravano insinuarsi lentamente nella mia mente, piantando semi di pensieri che non ero sicura di essere pronta a coltivare. “E tu?” chiesi, cercando di spostare l’attenzione su di lei. “Hai mai avuto una relazione con una ragazza?”

Lei sorrise, poggiando la bottiglia sul tavolino. “Sì, qualche volta. Non è poi così diverso da stare con un ragazzo, a parte alcune… dinamiche.”

“Dinamiche?” ripetei, con una curiosità che non riuscii a reprimere.

Lei rise, un suono caldo e rilassato che riempì la stanza. “Sì. C’è più complicità, almeno per me. Come se ci fosse una comprensione naturale, un’intimità diversa.”

Le sue parole mi lasciarono senza fiato. Per la prima volta, mi trovai a interrogarmi su qualcosa che non avevo mai considerato possibile. E mentre cercavo di capire cosa provavo, non potei fare a meno di notare come il suo sguardo sembrasse esplorarmi con una dolcezza e una curiosità che mi facevano sentire al centro del suo mondo.

La luce soffusa della stanza era appena sufficiente a distinguere le sagome dei mobili e i contorni dei nostri letti. Dopo l’ultima birra, ci eravamo ritirate, ma l’atmosfera era tutt’altro che tranquilla. Un misto di stanchezza e leggera euforia sembrava avvolgerci, amplificato dall’intimità crescente di quella serata.

Mi ero infilata sotto le coperte, il corpo rilassato ma la mente ancora in fermento. Sentivo il fruscio leggero delle lenzuola di Ilaria mentre si sistemava nel letto accanto, e il suono della sua voce mi raggiunse, morbido e curioso.

“Anto, tu hai mai avuto un segreto così grande da non riuscire a raccontarlo a nessuno?”

Rimasi in silenzio per un attimo, colta di sorpresa dalla domanda. “Non lo so… Forse sì,” risposi alla fine. “Ma dipende cosa intendi per ‘segreto’.”

Lei ridacchiò, un suono basso e vibrante che sembrava risuonare nel buio. “Qualcosa di… proibito. Di inconfessabile.”

La mia gola si seccò leggermente. “Non credo di avere niente di così interessante,” scherzai, cercando di nascondere il mio imbarazzo.

Ilaria si girò verso di me, il suo sguardo, anche se nascosto dall’ombra, sembrava bruciare attraverso l’oscurità. “Non ci credo,” disse con una sicurezza disarmante. “Tutti abbiamo qualcosa.”

“Allora dimmi il tuo,” ribattei, nel tentativo di spostare l’attenzione su di lei.

“Uno?” replicò lei, con un sorriso che si percepiva anche nella sua voce. “Va bene, ti racconto questo: una volta, al liceo, mi sono innamorata della mia migliore amica.”

Rimasi senza parole per un momento, incapace di trovare una risposta. “Sul serio?” riuscii a dire alla fine.

“Già,” confermò lei. “Era bellissima. Intelligente, divertente… ma ovviamente non ricambiava. Però mi ha fatto capire tante cose su di me.”

“Cose tipo?”

“Tipo che non mi interessano i confini,” rispose con nonchalance. “Maschio, femmina… l’importante è la connessione.”

Non sapevo cosa rispondere. La sua sicurezza mi affascinava, ma mi metteva anche a disagio, come se stesse parlando direttamente ai pensieri che avevo cercato di ignorare per tutta la sera.

“anto” iniziò lei, la sua voce quasi un sussurro, “ma davvero non hai mai pensato nemmeno una volta di baciare una ragazza? Nemmeno per gioco?”

Mi mossi a disagio, tirando un po’ il lenzuolo tra le mani. “No… Non lo so, non ci ho mai pensato seriamente,” risposi, cercando di mantenere un tono disinvolto, anche se la domanda mi aveva colpito come un fulmine.

Lei sorrise, un sorriso lento, quasi malizioso. Poi, con un gesto casuale, si tirò su a sedere, il movimento facendo scivolare la canotta che indossava, lasciando intravedere per un istante la curva del suo fianco. “Interessante,” mormorò, appoggiandosi indietro con le braccia, i capelli ricci che ricadevano sulle sue spalle in onde scure.

“Cosa c’è di interessante?” le chiesi, cercando di sembrare più sicura di quanto mi sentissi davvero.

“Che tu non ci abbia mai pensato,” disse lei, facendo scivolare una mano lungo la propria coscia nuda, come per grattarsi. Era un gesto distratto, ma sembrava studiato per catturare l’attenzione. “Conosco tante ragazze che almeno una volta si sono lasciate andare… sai, per curiosità. Mi sembravi una di quelle.”

Rimasi senza parole, sentendo il calore salirmi alle guance. “Non lo so, forse sono noiosa,” dissi con una risata nervosa, distogliendo lo sguardo.

“Noiosa? Non direi proprio,” ribatté lei. Poi si allungò di lato, come per afferrare qualcosa sul comodino, e la canotta si sollevò ulteriormente, rivelando la linea della sua schiena e un accenno del suo fondoschiena nascosto dagli slip azzurri. Rimasi bloccata, incapace di distogliere lo sguardo, mentre il mio cuore accelerava senza un motivo apparente.

Quando si girò di nuovo verso di me, aveva un sorrisetto divertito. “Che c’è? Sei diventata silenziosa tutto a un tratto.”

“Niente,” risposi rapidamente, tirando il lenzuolo fino al petto per cercare di mascherare il mio imbarazzo.

Lei rise, poi si sdraiò di nuovo, poggiando il mento sulla mano. “Sei davvero carina quando ti imbarazzi, lo sai?”

“Non sono imbarazzata,” mentii, sapendo che il rossore sul mio viso mi stava tradendo.

“Oh sì che lo sei,” disse lei con un sorriso furbo. Poi si sporse in avanti, avvicinandosi un po’, abbastanza da farmi sentire il suo profumo delicato. “Ma è un bel lato di te, Anto. Ti rende… autentica.”

La mia gola si seccò mentre cercavo di rispondere, ma lei continuò, la sua voce più bassa, quasi un sussurro: “Sai, hai un corpo davvero bello. Te lo dicono mai abbastanza?”

Le sue parole mi colpirono come un pugno nello stomaco, ma in senso opposto. Rimasi in silenzio, sentendo il mio cuore battere all’impazzata, mentre lei mi osservava con quegli occhi lunghi e seducenti.

“Non dire stupidaggini,” risposi alla fine, cercando di liquidare la conversazione con una risata nervosa.

“Non sto scherzando,” disse lei, facendosi più vicina. Poi sollevò una mano e sfiorò il bordo del lenzuolo che mi copriva. “Non devi nasconderti così tanto, sai? Sei bellissima.”

La sua mano si ritrasse quasi subito, ma il suo tocco, anche se fugace, sembrò lasciare un’impronta bruciante sulla mia pelle. Lei si sdraiò di nuovo, il sorriso rilassato di chi sembrava totalmente inconsapevole dell’effetto che le sue parole e i suoi gesti avevano su di me.

Cercai di calmarmi, cercando di convincermi che era tutto normale, solo un’amica che faceva complimenti innocenti. Eppure, mentre continuavamo a parlare di argomenti apparentemente innocui, sentivo che c’era qualcosa di diverso nell’aria. Una tensione sottile, come un filo invisibile che ci legava e che solo lei sembrava sapere come muovere.

Ilaria si mosse lentamente, girandosi su un fianco per guardarmi direttamente. La sua mano si allungò casualmente verso di me, sfiorandomi il braccio come se fosse la cosa più naturale del mondo. La sua pelle era calda e morbida, il tocco leggero ma sorprendentemente presente.

“Sai,” iniziò con quella voce morbida che sembrava avvolgermi, “ho sempre pensato che fossi molto bella. Te l’ho già detto prima, ma non credo tu mi abbia preso sul serio.”

Mi irrigidii leggermente, cercando di ridere per stemperare la tensione che sentivo crescere dentro di me. “Ilaria, smettila, sei ridicola,” dissi, ma la mia voce tremava lievemente.

“Non lo sono affatto,” ribatté lei con un sorriso appena accennato. “Sto solo dicendo la verità. Hai un corpo davvero… perfetto.”

“Ok, ora sei davvero esagerata,” mormorai, distogliendo lo sguardo.

Lei rise piano, una risata bassa, quasi un sussurro. Poi la sua mano si spostò, questa volta sfiorandomi il ginocchio attraverso il lenzuolo. “Non sto esagerando, Anto. È che… mi piace guardarti. Sei così naturale, così vera.”

Il cuore mi batteva all’impazzata, e il calore sul mio viso si fece insopportabile. “Ilaria, io… non so cosa stai cercando di fare, ma…”

“Non sto cercando di fare niente,” mi interruppe, inclinando leggermente la testa. I suoi occhi erano profondi e intensi, e sembrava che ogni parola fosse carica di un significato più profondo. “Solo, mi chiedevo… non hai mai pensato di provare qualcosa di diverso? Di uscire un po’ dai soliti schemi?”

“Di diverso?” chiesi, anche se sapevo perfettamente cosa intendeva.

“Con una ragazza,” disse lei direttamente, la sua voce bassa e morbida, ma con una punta di sfida. “Con me.”

Rimasi a bocca aperta, incapace di formulare una risposta per qualche secondo. “Ilaria, io… mi piacciono gli uomini,” dissi alla fine, cercando di mantenere la calma, anche se sentivo le mani sudate e la gola secca.

Lei sorrise, quel sorriso che sembrava conoscere già ogni mia risposta. “Lo so. E va bene così. Non sto cercando di cambiarti, Anto.” Si sporse un po’ più vicino, la sua mano ora posata sul mio lenzuolo, sopra la mia gamba. “Ma non pensi che la vita sia troppo breve per non provare almeno una volta? Solo per curiosità, per capire cosa potrebbe piacerti.”

“Non credo sia una buona idea,” dissi, cercando di spostarmi leggermente, ma la sua vicinanza era magnetica, quasi paralizzante.

Lei rise di nuovo, un suono basso e profondo che sembrava riempire la stanza. “Non devi fare niente che non vuoi. Ma guardami, Anto,” disse, spostandosi ancora più vicina. “Non ti chiedo di cambiare. Ti chiedo solo di essere sincera con te stessa. Nessuno lo saprà, nessuno ti giudicherà per
questo.

Ilaria rimase in silenzio per qualche secondo, ma nei suoi occhi c’era un sorriso, una sfida, e qualcosa di incredibilmente morbido allo stesso tempo. Mi sfiorò il braccio con le dita, una carezza lenta e quasi distratta. “Anto,” mormorò, “non devi aver paura. Non sto cercando di costringerti. Ma… se vuoi, puoi toccarmi. Puoi fare tutto quello che ti senti, e fermarti quando vuoi. Prometto che non succederà niente di più di quello che vuoi.”

Quelle parole mi lasciarono senza fiato. Sentivo il cuore battermi forte nel petto, come se cercasse di sfondare la barriera della pelle. Scossi la testa, cercando di far uscire le parole. “Io… io non so. Mi sembra tutto così… strano.”

Ilaria mi sorrise, e c’era una dolcezza che non mi aspettavo in quel momento. Si stese accanto a me, girandosi leggermente sul fianco per essere alla mia altezza. “Anto, è normale sentirsi strani. Ma non ti sto chiedendo di essere qualcun altro. Ti sto solo chiedendo di essere sincera con te stessa. E ti prometto… nessuno saprà mai nulla.”

“Ma io… mi piacciono gli uomini,” balbettai di nuovo, sentendo la pelle scottarmi sotto il lenzuolo.

Lei annuì, tranquilla. “E va bene così. Non sto cercando di farti cambiare idea su chi sei. Ma… ho visto come mi guardi, Anto. Quegli sguardi non mentono. E non c’è niente di sbagliato in questo. Se vuoi, possiamo solo… scoprire insieme se c’è qualcosa che ti piace.”

“Non so nemmeno da dove cominciare,” ammisi, abbassando lo sguardo per non incontrare il suo.

“Puoi cominciare da qui,” disse, prendendomi la mano con una dolcezza che mi sorprese, e poggiandola sulla sua spalla. La sua pelle era calda, liscia sotto le mie dita. “Vedi? Non è niente di strano. È solo… noi.”

Le mie dita si muovevano timidamente, sfiorando la curva della sua spalla, scendendo lentamente lungo il braccio. Ogni movimento sembrava carico di un significato che non riuscivo a definire. Mi fermavo ogni volta che sentivo il respiro di Ilaria farsi più lento, più profondo, come se ogni mio tocco avesse un effetto su di lei.

“Se vuoi fermarti, va bene,” sussurrò, senza spostarsi.

Scossi la testa. “Non lo so. È che… non mi sembra reale.”

“Ma lo è,” rispose con una voce che sembrava un soffio. Poi guidò la mia mano verso il suo fianco, dove la stoffa della canotta si interrompeva e lasciava scoperta la sua pelle. “Qui. Tocca qui, se vuoi.”

Il cuore mi batteva in gola, e le mie dita tremavano mentre seguivano il profilo della sua vita, risalendo leggermente verso la curva del seno, ma fermandomi prima di andare oltre. “Ilaria…”

“Va tutto bene,” disse lei, senza muoversi, lasciando che fossi io a decidere.

Ma era troppo. Mi ritrassi velocemente, portando le mani sul mio grembo e stringendole insieme. “Non posso. È troppo.”

Lei annuì, senza fare una piega. “Va bene, Anto. Non c’è fretta. Non c’è pressione. E, come ti ho detto, non devi fare nulla che non vuoi.”

Il silenzio tra noi era morbido, quasi confortevole. Poi lei si spostò più vicino, stendendosi di nuovo sul fianco e avvolgendomi con un braccio. “Se ti va… possiamo dormire insieme. Solo per questa notte. Non voglio che ti senta sola.”

“Sì,” risposi, quasi senza pensarci.

Ilaria si sfilò lentamente la canotta, rimanendo con il solo slip azzurro, e si infilò sotto le coperte. Io mi tirai su il lenzuolo, cercando di non fissarla troppo, ma la sua vicinanza era innegabile. Si avvicinò ancora, poggiando una mano sul mio fianco, e io sentii il suo respiro caldo contro la mia spalla.

“Buonanotte, Anto,” mormorò, con una voce così dolce da farmi venire i brividi.

“Buonanotte,” risposi piano, chiudendo gli occhi e cercando di calmare il turbinio di pensieri che mi attraversavano la mente. E così ci addormentammo, strette l’una all’altra, con la pelle che si sfiorava appena, e un confine sottilissimo tra ciò che era stato e ciò che poteva ancora accadere.

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