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Racconti Erotici Lesbo

Silvia ed io

By 21 Settembre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Ero al mio terzo anno di università e nel mese di maggio preparavo un esame, come al solito all’ultimo momento. Un giorno, tornando dal lavoro, mia madre mi annunciò che aveva dato la mia disponibilità ad Elisa, la sua migliore amica, per aiutare la figlia Silvia per gli esami di maturità.
Ovviamente, mi incavolai: come si permetteva di decidere del mio tempo!
Ma dopo una breve discussione sui miei impegni e sulla necessità della ‘povera- Silvia, figlia unica, genitori separati, come al solito lasciai correre (ci sarebbe da litigare ogni momento).

Silvia non me la ricordavo bene, l’avevo vista si e no tre o quattro volte anni prima, e mi aveva dato l’impressione di essere una bambina viziata e stupida, chiacchierona e sempre al centro dell’attenzione: insomma il contrario di me, taciturna, sempre per conto mio, ed insofferente alle persone invadenti.

Il primo giorno, lei arrivò a casa mia con quasi un’ora di ritardo, e si trattenne nell’ingresso di casa con mia madre un quarto d’ora a raccontarle del traffico incontrato, dell’autobus che non passava e della mia casa che non si ricordava bene, avendola vista solo tanto tempo fa. Io intanto dalla mia camera ascoltavo il chiacchiericcio e mi facevo prendere dal nervoso sempre di più, tanto che quando finalmente Silvia entrò nella mia stanza tutti i miei buoni propositi di essere gentile e disponibile andarono a farsi benedire. L’accolsi freddamente, con uno ‘Ciao, siediti’, lei sedette ed io continuai: ‘domani dovrai essere puntuale, altrimenti non potrò aiutarti’. Capì dalla mia faccia che era meglio non replicare e si sedette senza neanche salutare: mi sembrò un buon inizio, se fossi riuscita a tenere le distanze, forse mi avrebbe lasciata in pace.
Le chiesi di mostrarmi i testi da utilizzare, e mentre davo una veloce lettura al programma, lei si alzò e cominciò a girare nella stanza ed a curiosare tra le mie cose, ma senza toccare niente. Dopo qualche minuto le chiesi nuovamente di sedersi e iniziammo la prima lezione. Le spiegai le parti più complicate, e lei pendeva dalle mie labbra, ma non mi dava impressione che stesse seguendo, anzi aveva un sorrisetto ebete, come se mi stesse prendendo in giro. Quell’atteggiamento durò un po’, ma cercai di non badarci, pensando che poi alla fine, quando lei avrebbe dovuto ripetermi quei concetti, non sarebbe riuscita ad azzeccare una sola parola.
Invece, il giorno dopo Silvia non solo arrivò puntuale, ma aveva studiato a fondo e con impegno. Mentre lei parlava, io cominciai ad osservarla più attentamente: capelli rosso-biondi, carnagione chiara, molto magra, forse troppo, bei denti’ era più carina della ragazzina che avevo conosciuto, e mi sembrava anche molto intelligente. Da quel giorno, decisi di lasciare perdere i miei pregiudizi, e di aiutarla seriamente. Arrivava puntuale, preparata e seguiva attentamente la lezione, a volte mi guardava così insistentemente che quasi mi metteva in imbarazzo.
Mia madre mi raccontava spesso dei suoi problemi familiari; un giorno mi disse che la madre di Silvia avrebbe dovuto viaggiare per motivi di lavoro e che l’avremmo ospitata a casa per qualche giorno. Mi chiese se mi dispiaceva farla dormire nella camera con me: questo mi scocciava un po’, dopotutto la mia camera, dopo il matrimonio di mia sorella, era diventata il mio piccolo regno, ma accettai lo stesso.
La prima notte che Silvia dormì nella mia camera, venni svegliata all’improvviso da strani rumori. Sentivo come dei singhiozzi soffocati provenire dal suo letto e pensai stesse piangendo; un poco mi dispiacque per lei. Poi, all’improvviso, compresi quello che stava succedendo: Silvia si stava masturbando. Mi sentii profondamente a disagio, il fruscio del lenzuolo e il suo respiro che si faceva sempre più affannoso sembravano amplificarsi nel buio e nel silenzio della notte. Di tanto in tanto le sfuggiva qualche gemito simile al guaito di un cagnolino, poi cercava di controllarsi ed il respiro affannoso si fermava qualche istante, per poi riprendere più soffocato, probabilmente dal cuscino.
Mi sentii imbarazzata al pensiero che la stessi spiando, e soprattutto che stessi cercando di immaginare l’espressione del suo viso, i movimenti del suo corpo’ il mio disagio aumentò scoprendo che mi ero bagnata ed avevo voglia anch’io di toccarmi. Non ne ebbi il coraggio, e restai immobile nel buio ad ascoltarla, fin quando non la sentii trattenere il fiato ed emettere un suono roco. Continuò ad affannare ancora per un po’, poi il respiro si regolarizzò, segno che si era infine addormentata. Io invece non riuscivo a prendere sonno, avevo il cuore in tumulto ed una smania simile al dolore al basso ventre che non mi faceva stare tranquilla, pensai di andare in bagno per ‘tranquillizzarmi’, ma poi alla fine cercai di addormentarmi e ci riuscii, sebbene con molta fatica.

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