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Racconti Erotici Lesbo

Una ragazza per bene

By 26 Gennaio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Era una serata programmata da mesi, avrei dovuto recarmici sola, ma da qualche tempo uscivo con un’amica e mi era balenata l’idea di coinvolgere anche lei.
Era intrigante il pensiero di vederla alle prese con una serata di quel genere.
La conoscevo da qualche tempo e la nostra amicizia andava via via consolidandosi.
Eravamo simili sotto moltissimi aspetti e le affinità di pensiero erano davvero molte, anche se alcune differenze risultavano essere veramente rilevanti: tanto io ero spregiudicata e libera, quanto lei timida ed inibita.
Spinta dalla confidenza che si stava creando tra noi due, a volte mi raccontava di alcune sue fantasie erotiche, era così carina quando arrossiva dalla vergogna che mi era inevitabile sorridere e la cosa che più mi divertiva era l’osservare come cercasse ogni volta, di rinnegare di aver, anche solo per un momento, pensato a situazioni così turpi, così volgari e passionali. Ma con il passare del tempo e l’insistenza di lei nel raccontarmi le sue fantasie, mi resi conto che probabilmente avrebbe voluto dar corpo ai suoi pensieri.
Ne era spaventata, attratta e spaventata al contempo, ma vedevo i suoi occhi intorbidirsi di desiderio, mentre la sua voce, falsamente, mi raccontava che mai, avrebbe accettato di affrontare simili situazioni.
Il suo borghese perbenismo mi stimolava, a volte la provocavo volutamente per vederla reagire, cogliere il rossore del suo viso, catturare il suo sguardo per osservarne i cambiamenti, immergermi in quegli occhi che rispecchiavano la confusione che albergava nella sua mente.
A volte toccavo il suo corpo, la sfioravo, facendole credere che fosse stato un gesto innocuo, involontario, del tutto casuale, come quel giorno che all’entrata di un locale gremito di gente, mi appoggiai alla sua schiena, premendo volutamente il mio seno contro di lei, per un secondo trattenne il respiro, mentre mi strusciavo platealmente, con la scusa di spostarmi per affiancarla, arrossì violentemente ma non fece cenno ad evitare quel contatto, anzi, in qualche modo si mosse seguendo il mio corpo, quasi non volesse staccarsene.
Un gioco sottile, un corteggiamento spietato, volevo il suo desiderio, la volevo ai miei piedi, volevo che quella piccola donna per bene, diventasse una lasciva e voluttuosa femmina, volevo traviarla, per regalarle quei sogni di cui tanto si vergognava, ma che altrettanto desiderava, senza aver il coraggio di ammetterlo.
Quella sera andai a prenderla al solito posto e mentre saliva in macchina le accennai che avremmo incontrato una coppia di amici che non vedevo da lungo tempo.
Sapevo che il suo carattere socievole, mi avrebbe consentito di proporle questa variazione di programma, vedendolo accettare senza problemi, lo sguardo che mi lanciò in quel momento invece mi sorprese, ma mi riempì di soddisfazione, uno sguardo adombrato ove in fondo vi si leggeva una punta di risentimento, sembrava una bimba con il broncio e mentre mi rendevo conto che i miei giochi avevano esordito il loro effetto, le sorrisi dolcemente, consapevole in quel momento, che il suo unico desiderio era quello di rimanere sola con me, a questo punto la sua voglia era diventata palese.
Forse per lei questo pensiero non era ancora razionalmente compreso, forse cercava ancora spiegazioni diverse o forse non voleva ammettere a se stessa ciò che sentiva, forse si stava chiedendo ancora una volta, se le sue pulsioni fossero normali, se i suoi desideri fossero corrisposti o fosse tutto quanto, solo una mera illusione.
Mi comportai normalmente, dandole l’impressione che il suo turbamento, i suoi pensieri non fossero stati scoperti.
Il mio sorriso non l’abbandonò nemmeno per un secondo, le accarezzai il volto, mentre a voce bassa, le dissi di stare tranquilla, che la serata sarebbe stata piacevole, che la coppia che avremmo incontrato le sarebbe piaciuta.
Arrivammo davanti alla casa dei nostri ospiti, senza esserci scambiate nemmeno una parola.
Il suo musetto imbronciato non l’abbandonò nemmeno per un secondo, continuava a giocare nervosamente con la borsetta, guardando verso il basso.
Lui ci accolse, mentre scendevamo dall’auto, con la consueta galanteria, era un bell’uomo di mezz’età, distinto e garbato, un sincero sorriso accolse il mio arrivo atteso da tempo, lei, la sua donna, ci aspettava sulla soglia di casa.
Mi avvicinai alla mia piccola amica, accarezzandole la schiena, sostenendola per farle sentire che le ero vicina, sentivo che i suoi sensi erano in allarme, poteva sembrare una normalissima serata, ma quasi una sorta di sesto senso l’aveva resa attenta, mi si strinse quasi a cercare protezione, mentre per assurdo, salutò senza sorridere, quasi con arroganza la coppia che ci ospitava.
La guardai seria, fissandola per un lungo istante, facendole intendere che ero oltremodo contrariata dal suo atteggiamento così ostile e in quel momento rividi nei suoi occhi la confusione che le stava travolgendo la mente.
Una lotta tra la sua razionalità, che le mostrava una tranquilla serata tra amici e un suo atteggiamento irrazionale e maleducato, contro i suoi sensi che la facevano vibrare, dandole la sensazione che nulla di quella situazione fosse normale, una sorta di istinto animalesco che la eccitava e spaventava allo stesso modo.
Entrammo in casa, lasciammo i cappotti nell’androne, salimmo due rampe di scale e fummo condotte in una saletta illuminata da moltissime candele profumate e dalla luce di un camino acceso.
Lei non parlava.
Gli occhi le si dilatarono e osservava, attenta, ogni cosa che le stava intorno.
La nostra ospite si tolse le scarpe e con passo lieve ed elegante attraversò la saletta, camminando sul morbido tappeto persiano che faceva bella mostra di se al centro della stanza, passò davanti ad uno stereo, lo accese, riempiendo la stanza di musica oscura, ipnotica, per poi recarsi verso un baule di legno massello scuro, appoggiato alla parete.
Lei non capiva, guardava la scena con un’espressione quasi incredula, senza parlare, era evidente la sua confusione, si voltò verso me, quasi a cercare conferma che tutto fosse normale, che tutto andasse bene, risposi al suo sguardo senza parlare, sorridendole lievemente, lentamente riportò lo sguardo sulla ragazza che ora, era inginocchiata davanti al baule, ne estrasse qualcosa, che consegnò a lui.
Lui mi si avvicinò e mise tra le mie mani una sciarpa di seta nera.
Ero davanti a lei, le mostrai la sciarpa, chiedendole bruscamente:
– E’ questo che vuoi?
Sussultò come strappata da un sogno, comprese in un attimo la situazione, un sospiro le sfuggi dalle labbra, l’espressione del viso era quella di una persona che ancora sta lottando con la voglia di fuggire lontano e il desiderio folle di restare, con la curiosità di vedere dove tutto questo potesse portare.
Poi si arrese a se stessa, chinò lo sguardo, arrossì lievemente e rispose con un sommesso si.
Le appoggiai la sciarpa sugli occhi e le dissi:
– Sai che se vorrai abbandonare questo gioco potrai farlo, ma dovrai farlo ora. Se deciderai di fermarti, ci rimetteremo i cappotti e torneremo a casa, ma sai, che se questa sarà la tua scelta, io e te non giocheremo mai più, dimmi ora, vuoi abbandonare?
Alzò di scatto il viso guardandomi spaventata, gli occhi le si riempirono di lacrime, un No secco e deciso, carico di orgoglio, usci dalla sua bocca, quasi a voler dimostrare di non aver paura.
Ma sapevo bene cosa temeva più di tutto, potevo vedere dal suo volto, in quel momento, la morsa che le attanagliava lo stomaco, vedevo crescere in lei la sensazione di poter perdere l’opportunità di avere me, quel desiderio che aveva negato più volte a se stessa, ma che da tempo avevo compreso e che ora anche lei, nel dubbio di perdermi, aveva accettato.
L’ultima cosa che vide prima di essere privata della vista fu un ambiguo sorriso che sfiorò il mio volto.
Le afferrai il viso in modo brusco, mi avvicinai lasciando che percepisse il mio respiro sulle sue labbra, le sue gambe cedettero un secondo, spie involontarie della voglia che aveva di sentire il sapore della mia bocca, le rubai il respiro, annusai il suo odore, le respirai sulle guance, sul collo, rimasi a pochissimi centimetri dalla sua pelle facendole saggiare il calore della mia, l’avvinghiai, come tra le spire di un serpente, che lieve le scivolava addosso, tornai a respirarle sulle labbra, ma le negai quel bacio che, ora, ogni fibra del suo corpo reclamava.
Mi allontanai da lei, negandole sadicamente, anche il tocco delle mie mani, ora era sola, completamente sola, in balia dei suoi sensi e dei suoi pensieri.
Non si mosse, rimase in piedi, cercando di percepire un qualsiasi rumore che la rassicurasse, che le facesse capire di non essere sola in quella stanza, ma oltre al rumore assordante del suo cuore impazzito, solo la musica le faceva compagnia.
Minuti interminabili, passati avvolta nel buio artificiale di quella sciarpa, sola!
O forse no.
Mani femminili, anonime, sfiorarono inaspettatamente il suo seno, strappandole un gemito, per poi lasciarla ancora sola.
Attimi lunghissimi di solitudine.
Ancora mani che sfiorarono le sue gambe, scendendo fino a toglierle le scarpe, poi più nulla.
Mani che dolcemente le si appoggiarono alla schiena, accompagnandola verso il morbido tappeto, poi ancora sola.
Mani, questa volta, non solo più due, che la spogliarono, sfilando lievemente i vestiti, scoprendo a sua carne che ad ogni tocco vibrava, mani, tante mani sconosciute che accarezzavano la sua pelle liscia e caldissima, provocandole brividi che la increspavano ovunque.
Mani sul viso, sul seno, sulle natiche, sul ventre, mani ovunque, poi più nulla.
Un agonizzante gioco, che alternava attimi passati a percepire sulla pelle carezze non conosciute, a minuti di inquietante solitudine, circondata solo dalle note di quella musica stranissima.
Rimase ferma, in silenzio, solo il ritmo del suo respiro era cambiato.
Sola, i compagnia di mille pensieri.
Ora più nessuna paura, solo il desiderio di andare avanti, ogni timore si era volatilizzato lasciando il posto ad un’eccitazione che la portava a spasimare perché quelle mani continuassero a toccarla, fino ad impossessarsi di lei.
Sola, con quel desiderio che diventava sempre più imperioso.
Con i sensi affinati dalla momentanea cecità, si accorse che qualcuno le si era avvicinato, percependone il calore del corpo, qualcosa di indefinito sfiorò la pelle del suo seno, un tocco lieve, qualcosa di liscio, vellutato, fu un lampo comprendere cosa fosse, sentì che ciò che la sfiorava era un corpo nudo di donna, erano i seni di un’altra donna, che accarezzavano i suoi. Il respiro le si fece breve, brividi simili ad una lieve scarica elettrica le partivano dal basso ventre, ogni centimetro della sua pelle e della sua mente stavano ricevendo carezze nello stesso momento, sentiva su di se le forme dolci e morbide di femmina, ne assaporava il calore, l’odore, le forme, altri seni appoggiati ora alla sua schiena, era avvolta, completamente avvolta da corpi femminili che l’accarezzavano delicatamente, corpi premuti contro il suo, mani che l’accarezzavano, l’eccitazione che cresceva, rubandole il senno, facendole girare la testa.
La bocca della donna davanti a lei prese a sfiorarle il collo, scese verso il seno, la lingua guizzò inturgidendo ancor più il capezzolo, le labbra si chiusero ingoiandolo, succhiandolo, i denti di quella bocca, si strinsero lievemente, provocandole contrazioni involontarie nel ventre, sentì che quella donna scivolava ancor più verso il basso, la bocca era ora sul suo ventre, la lingua giocò un po’ con l’ombelico, per poi scendere ancora, lentamente, lentamente, sempre più in basso.
Un movimento involontario del bacino la spostò in avanti, quasi a cercare quella bocca che sembrava essere sparita, si era fermata all’altezza del monte di venere, ma ora, non la sentiva più, avvolta dal buio di quella sciarpa cercò quella bocca, voleva quella bocca sul suo corpo, per un momento si domandò di chi potesse essere, ma a questo punto non le interessava affatto avrebbe potuto essere di chiunque, nel suo buio poteva immaginare ciò che più desiderava.
Un brivido le corse lungo la schiena, mentre si rendeva conto di quel lieve soffio all’altezza del clitoride, poi il guizzo della lingua, le gambe le tremavano, ormai era tesa come una corda di violino.
Soffio’.
La lingua, l’accarezzo più decisa.
Soffio’..
Poi senti sul suo corpo, labbra umide che le avvolsero completamente il clitoride, accogliendolo morbidamente al caldo, succhiandolo delicatamente e accarezzandolo rapidamente con la lingua.
Le gambe cedettero, ma qualcuno la sostenne.
Si lasciò trasportare da quelle sensazioni sconosciute, il suo desiderio di godere ormai era incontenibile, la dolcezza dell’orgasmo che stava per esplodere avvolgeva ogni fibra del suo essere, aumentando il ritmo del suo respiro, gemiti convulsi le uscivano dalla bocca, frasi senza senso, il bacino scosso da movimenti rapidi, quasi a cercare di imporre il ritmo giusto a quella bocca che la tormentava.
Voleva godere, lo voleva con tutta se stessa, il tono della sua voce cominciò ad aumentare, sentiva che l’orgasmo, imperioso, stava per travolgerla.
La bocca si staccò, rapida, dal suo corpo, strappandole un grido di disappunto.
Le fu imposto di mettersi a carponi.
Si rese conto che qualcuno era semiseduto davanti a lei, una mano le si appoggiò alla nuca, guidandola verso quel corpo caldo e invitante e per un brevissimo istante, si chiese chi fosse tra le due donne che sapeva essere in quella stanza, che le stava offrendo ora il suo sesso, ma anche questo ora non aveva più rilevanza, la sua mente cercava a tratti di mantenere un briciolo di lucidità, ma i sensi ormai avevano preso il sopravvento. Istintivamente la sua lingua inesperta, fece capolino tra le labbra, quasi sapesse già quale fosse il suo compito.
Sentì l’odore di lei, per la prima volta nella sua vita, le sue narici furono invase dall’odore di femmina eccitata. Si tuffò sul suo corpo, come un assetato in una fonte di acqua fresca, aprì la bocca, quasi volesse mangiarla, succhiò avidamente gli umori di lei, la sua lingua annaspava alla ricerca del clitoride, movimenti disordinati, avidi, rapidi, senza controllo, sentiva il corpo di lei che si muoveva languido e questo la eccitava, la stimolava, la rendeva fiera, capiva dai movimenti di lei che la sua lingua e la sua passione le stavano regalando piacere.
Presa dalla foga quasi non si accorse che la bocca di qualcuno altro si stava prendendo cura di lei, ma la sorpresa di sentire quella lingua che le sfiorava l’ano la fece trasalire, rimase con il viso sollevato per pochi secondi, piegando le natiche verso l’alto per offrirsi meglio a quella carezza, un lungo gemito rauco le uscì dal petto e, con l’orgasmo che ricominciava a crescere, si rituffò tra le gambe della donna davanti a lei. Ormai era un orgia di gemiti, di corpi vibranti, di sospiri e voglia di godere, lingue che accarezzavano, bocche che provocavano piacere, mani che si cercavano.
Qualcosa penetrò il suo corpo, scivolandole dentro senza fatica, movimenti ritmici, profondi, lenti, la dilaniavano dolcemente, la sua bocca frenetica cercava di dare piacere all’altra al ritmo crescente del suo, voleva godere e voleva far godere nello stesso momento, accompagnava con movimenti rapidi dei fianchi, quel corpo che si muoveva dentro di lei, cercava di accelerarne il ritmo, impaziente, golosa, ma quel corpo si muoveva piano, entrava in lei profondamente, lentamente, senza variazione, piano, dolcemente, adagio, a fondo e poi fuori e ancora a fondo, piano.
Quella lentezza le stava togliendo la ragione, sentiva l’orgasmo come sospeso, non riceveva soddisfazione nonostante la sua eccitazione fosse al limite.
La donna davanti a lei cominciò a gemere e ad ansimare, a muoversi più in fretta, mentre il corpo dietro di lei, continuava con quel ritmo atrocemente lento, volutamente controllato.
Un attimo di silenzio e sotto i colpi della sua lingua rovente, la donna trattenne il respiro, si irrigidì per poi liberare dalla sua bocca un rantolo roco, lunghissimo, che le fece capire di averla fatta arrivare all’orgasmo, entrò dentro il corpo di lei con la lingua assaporando fino alla fine, gli umori e le contrazioni di quella femmina, sentire quegli scatti abbracciare la sua lingua, liberarono finalmente il suo orgasmo, che esplose violento, mentre dentro di lei, quel corpo continuava a martellarla lentamente, ritmicamente, riempiendola fino in fondo, per poi uscire quasi del tutto e riempirla nuovamente, togliendole fiato e ragione, appagando il suo orgasmo, consumandolo e gustandolo fino al suo ultimo spasimo.
Stravolta nei sensi e nella mente, appoggiò il suo viso, sul ventre caldo della sua compagna di giochi, riprendendo fiato.
Sentì che ciò che si era impossessato di lei, scivolava adagio, svuotandola, un gemito lieve le uscì dalle labbra e il suo corpo si contrasse, cercando di trattenerlo ancora un po’ dentro se, ma inesorabile la lasciò vuota, disperatamente vuota.
Riposò ancora qualche secondo e poco alla volta la sua mente riprese lucidità.
In quel momento, la vergogna si impadronì di lei, era ancora bendata, non vedeva nulla e arrossendo violentemente, per la presa d coscienza per ciò che aveva appena vissuto, si rese conto che la voce della donna che aveva fatto godere non era la mia, trasalì al dubbio che la folgorò: chi l’aveva posseduta?
Sconosciuti’
Cosa aveva fatto? Aveva forse perso la ragione? un uomo sconosciuto si era impossessato del suo corpo, aveva appoggiato la bocca sul corpo di una femmina mai vista prima di quella sera, del quale percepiva ancora l’odore, come aveva potuto lasciarsi andare in quel modo, come era potuto succedere che perdesse il controllo così, e Io, dov’ero io? Come avevo potuto lasciarla così in balia di se stessa, come avevo potuto portarla a fare tutto questo? Perché avevo permesso che tutto questo succedesse?
Si alzò sulle ginocchia e istintivamente si coprì come poteva con le mani, tremava, qualcuno le sfiorò il viso, spostando dolcemente la benda dai suoi occhi, la luce nonostante la poca intensità le colpì gli occhi, le ci volle qualche secondo per poter capire la situazione, alzò lo sguardo e lo vide.
Lui era là, seduto sul baule, vestito e sorridente.
Davanti a lei la ragazza.
Si voltò e mi vide, con un fallo artificiale legato attorno alla mia vita. Io l’avevo posseduta.
Sospirò grata, mentre le sorridevo dolcemente, mi si rifugiò tra le braccia, le sollevai il viso e le regalai quel bacio che tanto aveva desiderato.

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