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Racconti Erotici Lesbo

Un’altra, piccola, storia.

By 25 Febbraio 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

A distanza di diversi mesi sono tornata in quel negozio. Per varie vicissitudini non era più capitato ma di recente sono tornata da quelle parti e ho visto il negozio, ho dato un’occhiata veloce alla vetrina, la commessa era la stessa. Non sono entrata il giorno in cui l’ho visto, ma qualche giorno dopo.
Mi ha riconosciuta, ha sorriso dicendomi “bentornata”. Ho spiegato i motivi della lontananza dal negozio, abbiamo parlato un po’, poi mi sono messa a cercare qualcosa. Ha sempre cose molto belle, almeno per i miei gusti. Ho cercato, ho scambiato opinioni con lei che ho saputo essere la proprietaria, a metà con il cognato, del negozio. Mi ha consigliato un paio di vestiti che secondo lei mi sarebbero piaciuti. Effettivamente mi piacevano; quindi li ho portati con me in camerino. Ho chiuso la tenda e mi sono tolta il vestito che indossavo per cominciare a provare le cose che avevo preso: un paio di pantaloni, una maglietta. Mi piacevano ma non mi convincevano troppo. Ho aperto, è arrivata lei per aiutarmi. A lei piacevano ma non ho capito se sinceramente o nel suo ruolo di venditrice. Mi ha consigliato però di provare i vestiti di cui avevamo parlato poco prima. L’ho fatto, ho tolto i pantaloni e ho indossato il primo. un vestito leggero, colorato, estivo. Bellissimo. Sorridevo quando ho aperto di nuovo la tenda e le ho chiesto se lo aveva anche di una taglia inferiore perché mi sembrava un po’ abbondante in vita. Mi ha detto di attendere un momento che avrebbe chiuso la porta, essendo l’ora di pranzo “vado a chiudere, a pranzo faccio pausa ma lei rimanga a provare tutto, non si preoccupi, ho tutto il tempo, faccia con calma. Mi fa piacere averla rivista”. L’ho ringraziata, ha preso la taglia più piccola e me l’ha passata. Non ho chiuso il camerino, non ce n’era bisogno e, soprattutto, avevo voglia che lei rimanesse a consigliarmi. Avevo voglia che mi guardasse, in realtà. Ho tolto il vestito grande e sono rimasta con i collant e il reggiseno. Lei era lì, mi parlava del vestito, della qualità, del cotone. L’ho indossato, effettivamente era più adatto a me. Calzava meglio. “Le sta benissimo, è perfetto di taglia. va indossato senza calze naturalmente e anche con un reggiseno più adatto, che non si veda. Oppure senza, per chi come lei può permetterselo” ha detto sorridendo. Sentirla parlare così mi piaceva, mi eccitava. Mi piaceva che mi desse del lei, non pensavo alla possibilità che stesse facendo questo per vendere. Non sembrava così. Ma non contava nemmeno, in quel momento, per me. “Provi a levare le calze, vediamo come va, come se fosse estate”.
L’ho fatto, senza pensarci un momento. Ho tolto il vestito e ho sfilato le calze, riponendole sul panchetto del camerino. Mentre prendevo il vestito da mettere mi ha detto che ricordava bene, che era sicura che avrei apprezzato molto il vestito addosso. Lo apprezzavo, era perfetto e senza calze in effetti acquistava ancor più valore, ancora più leggerezza. Mi guardavo allo specchio, lei guardava me e mi diceva come calzava bene, diceva che metteva in risalto il mio corpo, che era perfetto per me. Mi ha fatto girare e ha detto: “Le dispiace se proviamo a levare il reggiseno? mi sembrano proprio fuori posto queste bretelline in vista” Non mi dispiaceva, no. Affatto. Le ho chiesto di slacciare il bottoncino posteriore del vestito. Ho fatto scendere la parte superiore fino alla vita e ho slacciato il reggiseno, levandolo. Sono rimasta un momento così, davanti allo specchio. Ho visto il suo sguardo che da dietro mi fissava, Mi guardava il seno nudo. “ricordavo bene” ha detto. “Ha un seno molto bello”. Grazie, le ho detto. Lei è molto gentile. “Non lo dico per gentilezza, è la verità, guardi come le sta bene il vestito” Ha detto, mentre rimettevo su la parte superiore. Sì, mi stava bene. Mi piaceva sentirmi guardata, apprezzata. Mi piacevano le sue parole, i suoi sguardi. Mi eccitavano. Ho tolto il vestito, rimanendo a seno nudo, con solo le mutandine addosso. Le ho detto che avrei provato anche l’altro dei due che mi aveva consigliato. Questo aveva le spalle coperte, con le maniche corte, con dei bottoncini a chiudere sul seno. Mi ha guardata, poi senza dire niente ha slacciato i primi tre bottoni. “Ecco, così è perfetto, guardi” Non sarà un po’ troppo così? le ho chiesto sorridendo. “No, così è perfetto, si vede la forma del seno, è molto sexy, mi creda”. Ho ringraziato. Ho tolto il vestito e ho sentito il telefono squillare. Ho risposto, così com’ero, con il seno nudo. Parlavo e lei non si muoveva da lì. Mi guardava, sorridendo. Mi eccitava. Ho chiuso la telefonata. Era ora di andare, per me. Le ho detto che dovevo andare, avrei preso il primo, per oggi. Mi sono rivestita, ho pagato. Le ho detto che sarei tornata il giorno seguente. “Spero di vederla domani, allora” ha detto.
Certamente, ho detto. Sono andata, di nuovo. Non il giorno seguente ma due giorni dopo. Ho preso qualche ora di permesso, volevo avere il mio tempo, cercare qualche vestito con calma. Sono entrata nel negozio quasi a ora di chiusura per il pranzo, sperando di poter rimanere con calma. Mi ha salutata con un sorriso che non voglio dimenticare. Uno di quelli che riempiono di gioia, rari. Stava servendo una cliente, le ho detto di non preoccuparsi, che avrei cominciato da me a dare uno sguardo. Dopo qualche minuto la cliente è uscita e ha pagato. Lei ha preso il telefono e l’ho sentita parlare con qualcuno. Diceva che sarebbe rimasta in negozio perché avrebbe dovuto sistemare dei campionari che erano appena arrivati. Lo aveva fatto per poter rimanere con me, con calma. Il pensiero mi ha fatto provare un brivido.

Ho cercato tra le scaffalature del negozio qualcosa, un vestitino, un pantalone. Poi ho sentito che chiudeva la porta del locale e si è avvicinata, molto. Mi ha detto che avremmo avuto tempo per fare le cose con calma, fortunatamente, e mi ha chiesto se avevo in mente qualche cosa di preciso o se volessi qualche aiuto. Ho detto che il suo aiuto lo gradivo sempre. Anche se avevo già preso un paio di capi. Li ho portati in camerino per provarli. I pantaloni non mi piacevano, il vestito meglio, anche se non proprio il mio genere. Lei è arrivata per vedere come stava, ha detto che era comunque bello ma capiva che non fosse proprio il mio genere. Mi ha detto che aveva lei una cosa che poteva starmi bene. Ho aspettato che tornasse, nel frattempo ho tolto il vestito che avevo indossato. sono rimasta con il reggiseno e il perizoma che avevo indossato quel giorno. Aspettavo con impazienza il suo arrivo, ha aperto la tenda chiedendo se poteva, ho risposto che doveva, mi ha sorriso guardandomi in intimo. “Ecco, provi questo, sono sicura che le starà benissimo. È molto sexy, secondo me” L’ho ringraziata, ho fatto per socchiudere la tenda ma lei ha detto che la porta era chiusa, non c’era bisogno di tirare la tendina. Non c’era bisogno, ha detto. Mi hanno eccitato quelle parole, mi ha eccitato che mi chiedesse esplicitamente di potermi guardare mentre indossavo quel vestito. Mi sono girata di schiena per indossarlo. Sentivo il suo sguardo sulla mia schiena, sul mio culo. Mi piaceva. Il vestito era nero, a mezza manica, un bottone posteriore, lungo alle ginocchia, attillato. Non ho rimesso le scarpe, non erano adatte. “Aspetti, ci vuole la taglia più piccola.” L’ho tolto, ho aspettato che la prendesse e l’ho indossato. “Ora è perfetto, vede? Aderisce perfettamente al suo corpo. Sente come calza, come segue le sue curve?” Dicendolo, con la mano ha sfiorato il mio fianco. Ero in uno stato di eccitazione felice. Mi sentivo completamente su di giri, ma non volevo farlo trasparire troppo. Cercavo di risponderle, di sorridere. Di guardarmi nello specchio. Ma incrociavo il suo sguardo che passava dal vestito ai miei occhi. Le ho detto che in effetti mi sentivo sexy con quel vestito. Ha confermato. “Provi a levare il reggiseno, io ne ho uno dello stesso tessuto, e sentirà come sta”. Ho sfilato il vestito, dandolo a lei, ho tolto il reggiseno. Ero coperta solo dal perizoma, in quel negozio chiuso. A piedi nudi. Mi sentivo attraente ai suoi occhi. Ho rimesso il vestito. Mi ha detto di guardarmi allo specchio nel camerino, si è messa dietro di me. sentivo la stoffa del vestito sul corpo nudo, sul seno. Sui capezzoli. Eccitati.

Era dietro di me, in piedi, mi guardava attraverso lo specchio. Ha posato una mano sulla mia spalla. “Sente come aderisce? è piacevole, vero?”. Ha spostato la mano sul mio collo, con molta delicatezza. Sentivo i brividi percorrermi il corpo. Tutto. Molto, le ho detto, mi piace molto. Si è avvicinata, sentivo il suo corpo poggiato alla mia schiena. ha messo entrambe le mani sulle mie spalle, le passava sul collo, poi sulle spalle. “Ha un corpo molto sensuale, questo vestito lo valorizza molto. Vede? i fianchi sono evidenti” e seguiva i fianchi con le dita, con grande delicatezza. “Il ventre è perfetto”, sfiorandomi la pancia con un dito. Muoveva le dita con grande delicatezza. Mi eccitava sentire quello che diceva, sentire i brividi delle sue mani che sfioravano la stoffa, che seguivano il mio corpo. “Si possono apprezzare i seni, senza che siano visti”. Dicendolo ha passato rapidamente la mano sul seno destro. Sul capezzolo. Mi guardava negli occhi dallo specchio, mentre lo faceva. Era eccitantissima. Le ho detto che era bellissimo sentire quel vestito addosso, mi piaceva molto. Mi piaceva averla lì, dietro di me, a guardarmi, a sfiorarmi. Ma non gliel’ho detto. Non c’era bisogno. Era evidente dalla reazione del mio corpo, dalla mia espressione, dalla mia voce che usciva lieve, dai miei sguardi.

“Adesso devo riaprire il negozio” ha sussurrato al mio orecchio. Mi ha posato le labbra sul collo e mi ha detto che se avessi voluto provare altro, avrei potuto; ma lei sarebbe uscita dal camerino. Aveva le labbra morbide e calde.

Mi sono rivestita, ho preso il vestito e sono andata alla cassa. Sorrideva. Ho pagato, mi ha dato la busta e un biglietto su cui ha scritto il suo numero. “Possiamo vederci per una cena, quando potrà”. Non ho detto niente, l’ho ringraziata e salutata mettendo il biglietto nel portafogli.

Sono entrata in macchina, mi sono avviata al lavoro. Quando ho terminato la giornata ho preso il cellulare e il biglietto e sono entrata in bagno.

Ho goduto della mia mano, del pensiero di quello che avrei potuto fare con lei, chiamandola. Un orgasmo lungo, intenso, che mi ha fatta tremare di piacere.

Non l’ho chiamata.

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