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Racconti Erotici Lesbo

Vacanze in colonia estiva

By 2 Ottobre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Il mio nome è Elisa, e quanto vi sto per raccontare è ciò che ricordo di una delle mie prime vacanze passate in una colonia estiva della svizzera francese di cui serbo dentro me ancora le sensazioni di quei momenti vissuti con un intensità estrema.

 

La mia famiglia era di modeste condizioni, ed in quegli anni il lavoro nella provincia di Varese scarseggiava alquanto benché fossimo negli anni antecedenti il boom economico. Mio padre che faceva il sarto da donna seppe da suoi colleghi di lavoro che si trovava facilmente da lavorare nella Svizzera francese, e mi par di ricordare che qualche suo conoscente vi fosse già andato alla ricerca. Informatosi sulle prime modalità per l’espatrio se ne partì in quel di Losanna.

 

All’epoca non era semplice entrare in un paese straniero per cercare lavoro, tantomeno la Svizzera, non come adesso che basta un barcone e poi trovi gli assistenzialisti che ti danno tutto dalla casa al permesso di soggiorno. All’epoca mio padre, preso il treno per Losanna dovette scendere forzatamente a Briga appena aldilà del Sempione, per le visite mediche alquanto severe ed approfondite. Quindi ricevette il visto che gli consentiva il soggiorno di sei mesi dopodiché sarebbe dovuto tornare in Italia ed aspettare un certo lasso di tempo, non ricordo bene, prima di poter fare gli altri sei mesi che gli avrebbero consentito di risiedere successivamente nella Confederazione Elvetica e lavorarci regolarmente, solo dopo un anno di residenza avrebbe avuto la facoltà di farsi raggiungere dai familiari.

 

E così fu, all’età di sette anni andai con mia madre in quella città, con tutte le difficoltà della non conoscenza della lingua francese. Ma noi eravamo gente lavoratrice e la buona volontà che ha sempre contraddistinto la nostra famiglia ha fatto sì che in poco tempo riuscissimo a farci intendere e benvolere facilmente, anche se dovevamo scontrarci spesso con l’odio di alcuni svizzeri verso gli stranieri soprattutto italiani.

 

Fui iscritta alla scuola cattolica del Valentino a Losanna, gestita da preti per i maschi e dalle suore per noi femmine. Dato che per la mia età non c’era posto in prima venni parcheggiata in seconda temporaneamente, ma in breve tempo riuscii ad adattarmi al livello scolastico da non necessitare di ripetere l’anno. Imparai assai velocemente il francese tanto da risultare almeno nella grammatica una delle migliori della mia classe. Ricordo che l’insegnante dava il compito da redigere in classe ed al termine si poteva uscire anche prima dell’orario regolamentare.

 

In quegli anni per il periodo delle vacanze, dato che i miei non avevano molti soldia volte ci appoggiavamo ai familiari residenti a Milano. Fu in uno di quegli anni, che i miei mi iscrissero alla colonia estiva della scuola, ubicata in un piccolo paesino agricolo nella zona dello Jura, la catena montuosa che divide la Svizzera dall’ovest dalla Francia, ove vi era il collegio gestito solo da suore. Si dormiva in grandi cameroni con le file di letti addossati ai lati della lunga camerata e si mangiava tutti nella grande mensa. Mi torna alla mente ancora adesso il ricordo di alcuni odori tipici come il caffèlatte o l’odore della minestra di patate che per parecchi anni mi hanno così tanto nauseato.

 

Ora, essendo ricordi d’infanzia, perdono il loro alone negativo, benché li senta tristi, ma è una tristezza velata dal peso degli anni passati del non poter più rivivere quei mesi così spensierati.

 

Durante quel mio primo anno in collegio, assieme ad alcune compagne del gruppo imparai a fumare. Compravamo dal tabaccaio del paesino di Montricher, le North-Pole al mentolo, che ti gelavano la bocca, almeno all’epoca questa era la nostra sensazione.

 

Durante le ore libere della giornata ce ne andavamo nel bosco prospiciente il collegio dove avevamo costruito una capanna fatta con frasche di pino, ben nascosta alla vista dal sentiero, e lì tutte insieme scoprivamo e fantasticavamo su tutto ciò che era nuovo per noi e per la nostra età. Si parlava quando in gruppo, ognuna delle proprie esperienze dei propri pensieri si casti che sconci, e su questi ultimi le nostre fervide menti fantasticavano, e non poco. Ben presto il solo parlarne ci risultò arido, avevamo bisogno di qualcosa di più forte.

 

Iniziammo a comperare qualche bottiglia di birra, ma l’odore della bevanda ci tradì presto, le suore, volpone, percepirono l’odore della bevanda nell’alito e fummo severamente castigate. Ma durò poco, un giorno una nostra amica più smaliziata, ci svelò che aveva saputo da suo fratello maggiore, che aveva avuto lo stesso problema a casa con i genitori, che se si beveva vodka o gin non si sarebbe sentito per niente l’odore nell’alito ed inoltre era molto più forte della birra.

 

Il problema si presentò su come fare per acquistare una bottiglia, ma ciò si risolse in modo semplice in quanto la sola bottega del paesino dove effettuavamo tutte le nostre compere, non aveva grande smercio, e dunque il vendere un articolo costoso come un superalcolico faceva comodo e non avrebbe certo riportato alcunché alle suore del collegio.

 

La mia prima sbornia fu dunque con quella bevanda. Era l’età in cui si voleva fare le gradasse con le amiche, ed il bere facilmente nei piccoli bicchieri come avevamo visto nei primi film di james bond, ci portò a conoscere un po’ più a fondo il lato oscuro dell’alcool. Avevamo acquistato una bottiglia di non so che marca polacca, l’unica della bottega, e la tenevamo ben sotterrata in un ripostiglio segreto nella nostra capanna durante la nostra assenza.

 

Quel giorno trangugiammo con molta leggerezza vari bicchierini della trasparente bevanda così simile all’acqua. Passato l’impatto del primo sorso che ci tolse quasi il respiro e colorì le nostre gote, con stupidità giovanile si beveva d’un fiato il piccolo bicchiere ingannatore mostrando sicurezza e minimizzando il forte sapore a contatto della gola.

 

Non a tutte, il bere a dismisura fece lo stesso effetto prò, per esempio a me ed altre amiche fece vomitare dopo neanche un’oretta, con un successivo mal di testa, dolore che non avevo mai provato prima tantomeno di quell’intensità. Invece alla mia amica Chantal, una ragazzona svizzera, bionda con lunghi capelli sciolti, tolse addirittura i freni inibitori. E mentre alcune di noi cercavano di tenerla ferma per impedirle di spogliarsi completamente, ricordo di due sorelle maligne che invece la incitavano a continuare come una sfida, al veder sino a dove sarebbe giunta.

 

Quelle due sorelle, Sylvianne e Maud, avevano fama di vere porche, sporcaccione e quant’altro, però ce le tenevamo buone perché più smaliziate ed inoltre erano le rifornitrici del gruppo di tutte le cose proibite. Inoltre sul loro conto giravano parecchie dicerie sul fatto che piacesse loro tocasi sia con maschi che con femmine in luoghi nascosti. Quel giorno dopo la vomitata e successivo mal di testa non volendo farci scoprire dalle suore, appena rientrate in collegio, Chantal ed io, riuscimmo a convincerle che avevamo preso freddo nel bosco e dunque non avendo molto appetito ce ne saremmo andate in branda a smaltire il nostro malessere.

 

Le suore convinte di quanto detto, nella loro bontà ci portarono addirittura del brodo caldo per cena con qualche fetta di pane e di formaggio. Devo dire che quel brodo ci aiutò a smaltire velocemente il subbuglio nella pancia e limitare gli effetti dell’alcool, presto riuscimmo ad addormentarci. Eravamo vicine di branda, e dopo poco tempo, malgrado il brodo e le due fette di pane sentivo un freddo glaciale addosso, chiamai sottovoce Chantal, ma lei non sentiva dormiva della grossa .

 

Dovetti chiamarla più volte perché probabilmente addormentata profondamente dalla sbronza presa, quando finalmente mi rispose le dissi che malgrado la coperta avevo un freddo tremendo. Eravamo sole nella camerata in quanto tutte le ragazze erano in sala mensa, dopodiché ci sarebbe stata la serata della lettura e prima delle dieci nessuna sarebbe giunta in camerata. Lei ci pensò su per un po’, quindi sgusciò dal suo letto e si infilò sotto le mie lenzuola. Aspetta, mi disse ti riscaldo con il mio corpo, l’ho sentito dire che fanno così gli alpinisti quando hanno freddo.

 

Appiccicò il suo corpo al mio, subito sentii il suo calore pervadermi, come era gradevole percepire il suo tepore e dopo il freddo patito precedentemente mi ci accoccolai contro stretta stretta, gustandomi tutto il piacere della sua calda vicinanza. Riuscii ad addormentarmi. Venni improvvisamente svegliata dal suo richiamo perché oramai le ragazze stavano salendo e lei doveva tornarsene nella sua branda. A malincuore la sentii scivolar via, al che mi spostai dov’era lei poco prima cercando di assorbire il calore residuo. Ma presto il freddo lentamente mi pervase di nuovo.

 

Dovetti attendere un bel po’ e tutta raggomitolata che la suora spegnesse le luci e quindi che le ragazze si appisolassero, prima di chiamarla di nuovo per dirgli che avevo ancora un freddo tremendo. Lei tornò nuovamente da me, sotto le lenzuola e si riaccovacciò incollata a me.

 

Le confidai bisbigliando che mi piaceva il calore del suo corpo, le dissi sottovoce: come sei calda. Lei non disse niente, mi cinse solamente con le braccia e mi strinse ancor più a sé. Dovetti appisolarmi perché improvvisamente mi risvegliai sentendo qualcosa di strano. La sua mano da sotto il lungo camicione da notte mi stava accarezzando la schiena scendendo sino sulle mie reni. Lei si accorse della mia rigidezza perché mi chiese cosa avessi.

 

Niente, bisbigliai con voce tremante, sentivo la tua mano calda e mi sono svegliata, ma è una bella sensazione. Ti dispiace? mi chiese, vuoi che continui o che smetta, mi disse. Se vuoi, le risposi in un filo di voce per l’emozione del momento, continua pure, mi piace. Lei riprese ad accarezzarmi la schiena, però questa volta più lentamente, quasi calcolato. La fioca lampadina sopra la porta dove dormiva la suora in fondo al salone creava una minima luminosità che non permetteva di vedere bene, ma a quella debole luce riuscivo a distinguere i lineamenti sfuocati del viso di Chantal, che mi osservava con la testa poggiata a pochi centimetri dal mio viso.

 

Ci guardammo a lungo, fisso negli occhi, e dopo un po’ mi chiese, perché mi guardi? Perché sei molto bella risposi, chissà quanti ragazzi hai che ti corrono dietro. E lei ironica rispose, si ma non mi raggiungono mica, corro più di loro. E poi a me i maschi non mi interessano.

 

A quell’età in effetti anch’io non avevo ancora nessun interesse verso il mondo maschile. Osservavo la dolcezza dei lineamenti del suo volto, i riccioli della folta chioma dei suoi capelli, la fine linea della sua bocca, quando senza dirmi niente lei mi baciò lievemente sulle labbra.

 

Non fui scioccata, anzi trovai del tutto naturale quell’atto, e lo ricambiai naturalmente. Andammo avanti per un bel po’ a sbaciucchiarci, quando qualcosa cambiò, sentii la sua mano insinuarsi lentamente nelle mie mutandine mentre mi baciava con più trasporto. Per me era una amica molto cara e trovai gradevole ricambiare i suoi baci, anche se notavo che vi metteva più foga, più impeto, quando sentii la sua lingua forzare dolcemente le mie labbra, mentre la sua mano accarezzava il mio pancino sotto l’elastico delle mutandine. Cosa fai?. Le chiesi.

 

Ti sto baciando. Mi rispose, come si bacia un’amante. Rimasi sorpresa e le dissi, ma noi siamo amanti? Si, mi rispose, lascia fare a me amore mio, vedrai, ti piacerà. Le parole bisbigliate della sua voce mi davano un senso di tranquillità e la lasciai fare, questa mia arrendevolezza le dette coraggio e poco dopo sentii la sua lingua prendere possesso di tutta la mia bocca che esplorava in modo osceno.

 

Mentre la sua mano fattasi più audace oramai era pienamente appoggiata alla mia passerina che massaggiava con foga insinuando di tanto in tanto un dito nella fessurina. Subivo tutto questo come un atto d’amore e mi lasciai fare, lasciandomi andare alle sue decisioni, continuando a guardarla ed aprendomi lentamente a lei. All’improvviso la vidi trasformarsi, scatenarsi come se non capisse più niente, i suoi occhi erano quasi fiammeggianti, luccicavano nella fioca luce, si mise su di un gomito e continuando a guardarmi ancor più da vicino negli occhi mi infilò di colpo tutto il dito medio nella mia passerina oramai bella umida da tutto quell’accarezzamento.

 

Sentii come una gigantesca onda pervadermi, una sensazione nuova mai vissuta prima prendeva possesso del mio corpo della mia mente dei miei sensi. Un fuoco bruciante come di passione mi pervase tutta partendo e diffondendosi dal centro del mio ventre. Cominciai a non capire più nulla, a non connettere, non riuscivo al pensare a niente, capivo solo che non volevo che smettesse, offrendomi tutta ai suoi desideri, mi bloccava il respiro, ed al momento del suo incunearsi dentro me, socchiusi la bocca dall’estremo piacere, ma solo per ansimare per una strana estasi che mi stava pervadendo.

 

Guardandola negli occhi mi aprii ancor più alla sua mano, lei capii ciò che stavo facendo ed estraendo rapida il suo dito mi ripenetrò di colpo con il medio e l’anulare. La sensazione mi fulminò in un’attimo, sentivo un vuoto allo stomaco, ne avevo paura ma non capivo il perché, ma dopo il tanto pensarci, mi venne la folgorazione, non volevo che smettesse!, volevo essere sua!

 

La guardai e glielo dissi, lei continuò ancor più velocemente a sditalinarmi, sentivo le forze che mi abbandonavano, benché volessi continuare a guardarla, gli occhi mi si chiudevano dal piacere. Lei capì e togliendo le sue dita, le portò alla mia bocca ed io le inghiottii per farle capire quanto fossi a sua disposizione, glieli leccai a lungo, poi, lei rimettendomeli nella mia fica vogliosa, mi baciò prepotentemente affondando la sua lingua nella mia bocca e ci gustammo insieme il sapore mio più intimo.

 

Mi piaceva condividerlo con lei, gustarlo insieme, e respirando affannosamente per l’emozione le dissi: ancora ti prego. Poco dopo esplodevo in un miscuglio di sensi lanciati allo spasimo, lasciandomi tutta a lei che mi baciò con tutta la sua bocca inserendo le sue dita tra le nostre labbra, che leccammo a lungo continuando a guardarci negli occhi, e rosse in volto per l’intensa emozione.

 

Questa è stata la mia prima storia con Chantal. Abbiamo si avuto molte altre esperienze indimenticabili, ma questa è rimasta particolarmente impressa nella mia mente, forgiando il ricordo della mia amante.

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