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Racconti di Dominazione

Il weekend che divenni tua

By 21 Febbraio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Osservo soddisfatta il mio riflesso allo specchio, premendo un fazzoletto sulle labbra per rimuovere l’eccesso di rossetto. è quello rosso, no transfert, il tuo preferito.
Ti ho ascoltato attentamente quando mi hai comunicato che adori una donna con un’impeccabile bocca rosso fuoco anche dopo una lunga seduta di sesso.
Mi sono anche truccata gli occhi secondo il tuo gusto: eyeliner antracite, ultraresistente, in una sottile linea che contorni i miei occhi azzurri e li approfondisca.
I capelli sono acconciati per aggradarti, lisci e lasciati libera sulla schiena.
Ho seguito anche le tue istruzioni per quel che riguarda il vestito: nero anch’esso, scollato sul decoltè e aperto sul dorso, con una gonna corta che lasci intravedere il pizzo delle sottilissime autoreggenti completate da scarpe con un tacco vertiginoso.
Prima di conoscerti non avrei mai pensato che questo look mi s’addicesse, ma da quando sei entrato nella mia vita sono cambiate molte cose.
Il suono del campanello mi riscuote dai miei pensieri: puntualissimo, come sempre.
Corro verso la porta del mio appartamento, emozionata e un po’ timorosa di quello che mi aspetta. Un weekend intero noi due soli, in cui lascerò che tu mi dimostri quanto possa essere piacevole realizzare le mie fantasie.
Apro la porta e tu sei di fronte a me, impeccabile con la camicia blu acceso e informali jeans chiari. Come entri ti getto le braccia al collo, baciandoti subito con passione. Mi sei mancato.
Tu mi stringi, lasciando che le nostre lingue giochino tra loro, mentre le tue mani sfiorano gentilmente la mia pelle nuda fino al fondo della gonna, prima di infilarvisi sotto e salire a stringere le mie natiche nude.
Sento il tuo compiacimento nel notare che non indosso intimo, come mi avevi chiesto.
Senza interrompere il nostro bacio mi spingi indietro, fino al salotto, a ridosso del tavolo al centro della stanza. Mi ci fai sedere sopra e solo allora ti tiri un filo indietro, giusto quel tanto che basta per sussurrarmi sulle labbra di chiudere gli occhi e aprire la bocca.
Eseguo, fremendo per l’aspettativa.
Sento qualcosa di freddo sulla lingua e una sfera mi riempie la bocca. La succhio voluttuosamente, percependo il tuo sorriso anche senza riuscire a vederlo. L’altra sfera mi picchietta contro il mento.
Palline cinesi. Me ne avevi parlato.
Con una lieve pressione sulle spalle, capisco che mi vuoi stesa. Mi lascio andare sul piano di legno, mentre tu mi sollevi le gambe, facendomele tenere aperte e piegate per scoprire la mia femminilità. Sento il tuo sguardo che accarezza il mio pube depilato, secondo le tue indicazioni.
Il tuo dito si fa strada lentamente tra le mie grandi labbra, soffermandosi sull’anellino argenteo che ha sancito il mio impegno a sottomettermi a te. Quando me l’hai proposto ho pensato che fosse un gesto folle. Ora ne vado orgogliosa. è il simbolo che ti appartengo.
Prosegui la tua lenta esplorazione scendendo verso la vagina, raccogliendo i primi umori e continuando a spalmarli con calma su e giù.
Mugolo piano contro il metallo, ora meno freddo sulla mia lingua.
Voglio essere presa e tu lo sai.
In una spasmodica tortura infili piano un primo dito dentro di me, saggiando con calma le mie pareti già calde e morbide. Lo muovi in lenti cerchi, ma io voglio di più. Il secondo si fa attendere poco, allargandomi un poco di più, ma senza farmi sentire abbastanza piena.
Poi improvvisamente li ritrai.
Sollevo i fianchi verso di te, pronta a essere penetrata. Vogliosa di essere penetrata.
Ma non sei tu riempirmi.
Mi sfili di bocca la pallina e la premi contro la mia vagina, spingendola all’interno.
Apro gli occhi e ti guardo. Adoro quel tuo sorriso malvagiamente malizioso. Sai che non mi aspettavo che potesse essere così piacevole, sentire un oggetto estraneo venire risucchiato dalla mia umida fessura.
Nella tua mano spunta un altro piccolo giochino, un ovulo azzurrino. Me lo avvicini alla bocca e lo inumidisco con la lingua, gustandomi anche il sapore dei miei umori sulla tua pelle.
Poi lo allontani, facendo sì che raggiunga la prima pallina… e che la seconda lo segua a sua volta.
Sgrano gli occhi, mentre un’involontaria contrazione mi scuote.
Mi tendi la mano e mi aiuti a rimettermi seduta, reclamando le mie labbra.
Non mi faccio pregare, cercando di mettere in questo bacio tutto il desiderio che provo per te.
– Piano, piccola vogliosetta… Il weekend è appena iniziato… – mormori, percependo il mio disappunto per l’interruzione. Mi fai alzare e il leggero tremore dentro di me mi fa capire cosa fosse la prima sorpresa della serata: non delle semplici palline cinesi, ma delle sfere con l’anima.
– La cena ci aspetta. – continui poi, serafico. – Hai preparato tutto? –
Faccio un cenno affermativo con il capo, mentre indico la borsa appoggiata al divano.
Annuisci soddisfatto, mentre te la carichi in spalla: – Andiamo? –
Ti seguo docilmente, intrecciando le dita alle tue. E nel camminare capisco cosa intendessero i forum su internet definendo questo giocattolo ‘una sottile tortura’. Lo stimolo continuo sulle mie pareti più intime è dannatamente piacevole, mentre ti cammino a fianco su questi trampoli scomodi. Ma so di apparire comunque aggraziata. Ho fatto le prove, mentre ti aspettavo!
Nel tragitto in automobile verso il ristorante, i continui sobbalzi della macchina mi rendono difficoltoso seguire il filo della nostra conversazione soprattutto quando, con un brillio di malizia negli occhi, scegli appositamente un tratto di strada sconnessa.
A ogni buca il piacere aumenta con la lenta vibrazione dentro di me.
Entrando nel ristorante, mi sembra che tutti gli occhi siano puntati su di noi, come se sapessero cosa celo sotto il vestito. Ma la tua mano appoggiata possessivamente sulla mia schiena nuda è rassicurante.
Il cameriere ci fa accomodare in un’alcova appartata, nella calda intimità di un divanetto che si snoda attorno a un tavolino apparecchiato per due.
Ti osservo mentre leggi il menu, senza badare al mio: so già che ordinerai per entrambi. Ed è una cosa che adoro.
Sorrido, ripensando al nostro primo incontro: ero entrata nella biblioteca comunale in cerca di una lettura leggera per la sera. La mia attenzione era stata attratta dal primo volume di una trilogia di cui le mie amiche mi avevano parlato con entusiasmo. Mi ero vergognata un poco nel presentarmi per la registrazione del prestito di quel libro erotico, ma tu non avevi dato cenno di aver capito il mio imbarazzo.
Il romanzo mi aveva coinvolto talmente tanto che il giorno dopo mi sono presentata per la restituzione, portando con me i due seguiti.
Quando due giorni dopo li avevo resi nuovamente, avevi alzato lo sguardo dal computer e mi avevi sorriso.
– Se le sono piaciuti, dovrebbe provare questo. – mi avevi consigliato, allungandomi un altro volume tra quelli ammucchiati alla tua destra.
Era la storia di una donna matura che scopriva il piacere di venire sottomessa da un più giovane vicino di casa. Leggendolo, era nata in me la fantasia di provare una sensazione simile.
Nel riconsegnarteli poco tempo dopo, mi avevi invitato a uscire.
E io avevo scoperto che dietro il volto innocente del professore di lettere che arrotondava lo stipendio lavorando come bibliotecario si nascondeva un padrone malizioso.
E ne ero rimasta affascinata.
Soprattutto perchè il nostro rapporto era più intenso, più personale, di quello raccontato su quelle pagine.
Il cameriere che torna mi riporta al presente, alla bottiglia di vino bianco frizzante che stappa di fronte ai nostri occhi, versandone un poco nei calici.
– Alla realizzazione dei tuoi sogni. – dici con falsa innocenza, facendo tintinnare il tuo bicchiere contro il mio. Arrossisco leggermente. Io so di che sogni tu stia parlando.
Sto per bere un sorso di vino quando un’improvviso vibrare mi scuote e io sussulto di piacere e sorpresa, gemendo piano.
Tu sogghigni e il cameriere mi guarda stupito.
– Le bollicine… – mi giustifico, pregando che se ne vada in fretta.
Adesso capisco. Un ovulo vibrante tra due palline con l’anima. Troppo piacevole.
Come è iniziata, la sensazione svanisce e io sospiro, non so se con sollievo o con disappunto.
Vuoi giocare con me.
E io sono pronta a lasciarti fare.
Durante la cena azioni più volte questo giocattolo infernale, aumentando e diminuendo l’intensità del massaggio, senza mai permettermi di raggiungere l’orgasmo. Ti gusti i miei mugolii, i miei movimenti sotto il tavolo, la stretta della mia mano sulla tua nel tentativo di arginare le mie reazioni.
Nel momento in cui ci servono il dessert, il piacere è così vicino che mi cade il cucchiaino sul tavolo.
E tu interrompi il gioco.
– Devi imparare a controllarti. – mi sussurri, rimettendomi dolcemente una ciocca ribelle dietro l’orecchio.
Ansimo velocemente, cercando di riacquistare il controllo. Vorrei vedere te!
Quando ci alziamo a cena finita, mi guardo intorno imbarazzata, sperando che nessuno si accorga di quanto io sia bagnata tra le gambe.
Risaliamo in macchina, la tua mano appoggiata distrattamente sulla mia coscia.
Mi chiedi se va tutto bene e io annuisco. Non so dove stiamo andando, ma la tensione cresce dentro di me insieme al desiderio di toccare l’apice del piacere.
Parcheggi di fronte a un locale anonimo, con un’insegna rossa a cui non presto attenzione. So solo che non sono mai stata qui.
Paghi l’ingresso per entrambi e, come entriamo, l’odore di sesso e mirra mi fa sfuggire un altro gemito.
La tua mano scende liberamente sul mio sedere, mentre mi guidi all’interno del club-privè, verso il bancone.
Mi arrampico sullo sgabello al bancone e tu ti posizioni dietro di me, osservandomi mentre mi guardo attorno incuriosita.
Fai ripartire il vibratore mentre mi ordini un margarita e io gemo più liberamente, conscia che qui non devo nascondere le mie emozioni. Il tremore è da subito intenso e io mi chino istintivamente in avanti, appoggiandomi al legno lucido.
– Calma, piccola. Aspetta che si liberi la nostra dark. – mi provochi, mentre una delle tue mani mi afferra possessivamente un seno. Mi rilasso contro di te, scorgendo una ragazza che ci guarda con attenzione. è seminuda e il suo compagno sta giocando distrattamente tra le sue gambe con una mano.
Le sorrido, godendomi il tuo tocco.
Che veda pure che sono tua.
Che mi invidi.
Sorseggio il mio drink, mentre tu mi mormori all’orecchio che presto avrò ben altro da bere, le tue mani ad accarezzare il mio sedere e stringerlo. Le tue labbra che mi stuzzicano il collo e la schiena.
Finalmente un uomo in fondo alla sala ti fa un cenno e tu mi togli il bicchiere dalla mano.
Ti seguo, traballante, la mia intimità scossa dalle vibrazioni intense.
Mi porti in un’alcova simile a quella della cena, ma con vetri scuri alle pareti e un divanetto di pelle nera attorno a un basso tavolino. L’illuminazione è soffusa, tendente al rosso.
Ti siedi al centro del sofà e mi attiri, ancora in piedi, tra le tue gambe, costringendomi a chinarmi per baciarti.
Poi mi rifai mettere dritta: – Ora la mia troia ballerà per sedurmi. – ordini.
Non so bene cosa fare.
Rallenti la vibrazione, forse per consentirmi di pensare con più lucidità o forse per punirmi per la mia incertezza.
Al diavolo le inibizioni!
Inizio a muovere lentamente il bacino, sollevandomi i capelli sulla nuca e lasciandoli poi ricadere sulle spalle.
Ondeggio le anche, mentre le mie mani scorrono sul mio petto, sollevandomi i seni per offrirteli.
Mi metto a cavalcioni su di te, strusciando i fianchi sui tuoi, facendoti percepire la sottile vibrazione dell’ovulo e delle sfere al mio interno, premendomi sulla tua erezione.
Sporgo e ritraggo le tette di fronte al tuo viso, guidando le tue mani sulle mie cosce e sul mio sedere.
Poi mi risollevo, sedendomi sul tavolinetto di fronte a te.
Apro le gambe, le sollevo aperte, offrendoti la visione di quanto sia bagnata. Le riabbasso, accarezzandomi da sola fino al pube, con la scusa di sollevare il vestito.
Poi mi giro, il ventre appoggiato sul tavolino di vetro freddo, tenendo il vestito sollevato sul sedere che tento di muovere sinuosamente davanti al tuo sguardo.
Capisco che apprezzi, l’ovulo vibra dentro di me al massimo della sua velocità.
Continuo a darti la schiena, mentre mi sollevo di nuovo in piedi e, tenendo le gambe lacrime, spingo il culo verso di te, mimando un amplesso, come se mi montassi premendomi contro un muro.
Senza preavviso, le tue mani mi afferrano i fianchi e mi tirano addosso a te, facendomi sentire il tuo pene caldo e rigido finalmente libero dai pantaloni contro la mia parte più sensibile.
Non smetto di muovere il bacino, mentre mi stringi forte i seni e allungo le braccia per intrecciare le mie dita ai tuoi capelli, il tuo petto forte premuto sulla mia schiena accaldata.
Sento la tua asta dura sfregarsi sulle mie labbra depilate, ormai completamente vogliose, mentre si bagna dei miei umori.
Mi liberi il seno dal vestito, lasciandolo strabordare dal vestito.
Poi torci leggermente il mio piercing, facendomi quasi urlare. Nel mentre la tua cappella bollente preme contro il mio buco libero e inizia a farsi strada dentro di me.
Mi copri la bocca con una mano, abbassandomi contro di te con l’altra mano stretta al mio fianco.
Mi stai inculando.
E, che io sia dannata, mi sta piacendo terribilmente più del solito. Tanto di più che sono io stessa a premere verso il basso per sentirti entrare sempre più dentro.
Ansimo ormai senza controllo, ma tu cerchi di calmarmi: – Piano, piccola troia vogliosa, piano. –
– Scopami! – gemo, cercando di prenderti tutto, tentando di risucchiarti più a fondo.
– Non ancora, puttana. – La tua voce è decisa, ma anche roca per il desiderio.
E sapere che mi vuoi… Sentirmi chiamare così da te… E’ davvero afrodisiaco.
Mi allarghi le gambe con le mani, sfiorando la pelle sensibile dell’interno delle cosce.
– Ti prego… – ti supplico, nel tentativo di muovere i fianchi. Ti voglio tutto dentro di me.
Non mi ero mai sentita così piena… Così desiderosa…
E non credo di poter resistere ancora in questa tensione.
Le tue dita si staccano da me e io sgrano gli occhi quando una lingua calda accarezza il mio clitoride gonfio. Abbasso gli occhi e mi scappa un singulto di puro piacere: le tue mani stanno guidando la testa della donna che ci stava guardando prima, premendola contro di me.
E il piacere è intenso.
Non mi ero mai eccitata con un’altra donna, pensavo mi facesse schifo.
Ma questa stronza sa come leccare.
– Non devi venire, puttana… – mi ringhi nell’orecchio, muovendo lentamente il bacino per scoparmi. – Se provi a venire non ti scoperò mai più.
Mi concentro sul tuo cazzo nel mio culo, singhiozzando.
Non posso resistere, devo venire.
Quella lingua ruvida, quelle labbra che tirano il mio anellino….
La mia figa sta per esplodere…
E io inizio a tremare convulsamente tra le tue braccia…
Sto per raggiungere l’orgasmo, lo sento…
Non posso…
Ma tu conosci bene il mio corpo, le mie reazioni. Un attimo prima dell’apice del piacere, stacchi la sua bocca da me, spingendola via.
Mi stringi forte, restando immobile.
Respiro velocemente, cercando di calmarmi.
– Ti prego… – piagnucolo, la voce tremante. Lo so che vuoi ti supplichi.
– Per favore, padrone! – insisto, premendo il culo verso di te.
Con un agile movimento, mi ribalti sul divano sotto il tuo corpo sodo.
E finalmente mi scopi.
Il tuo cazzo di marmo entra ed esce dal mio buco ormai rilassato, implacabile. Sempre più a fondo, sempre più piacere. Le pareti della mia vagina che continuano a vibrare…
Di più, di più… Dammi di più…
Poi lo sento, il tuo seme caldo che mi schizza dentro, mentre crolli su di me.
E finalmente anche io posso urlare e godere.

Impiego un lungo momento per riprendermi da questo orgasmo.
Sento i tuoi ansimi veloci sul mio collo sudato.
La tua erezione è ancora lì, piantata dentro nella mia pancia. E io istintivamente la stringo.
Adoro sentirti così duro dopo che sei venuto.
Sento improvvisamente freddo quando esci da me e per un attimo odio sentire il vuoto che lasci sfilando il pene lentamente, facendomelo godere in tutta la sua lunghezza.
Ma il vuoto dura poco: velocemente, lo sostituisci con qualcosa di morbida plastica che mi allarga di nuovo lo sfintere e lo tiene leggermente dilatato. Oddio, ci mancava solo il dildo.
– Cazzo. – gemo, mentre la mia figa continua a contrarsi, ancora eccitata.
– Devi tenere il mio seme dentro di te, troia. E ti voglio già aperta quando ti scoperò di nuovo. –
Tremo, incapace di risponderti.
Mi lasci riposare un attimo, mentre ti riassetti. Poi mi fai alzare.
Sto per rimettere a posto la scollatura, ma tu fermi la mia mano: no, vuoi che i miei seni restino esposti agli sguardi altrui.
I capezzoli si induriscono al solo pensiero.
Sono tua, se vuoi esibirmi… fallo.
Mi prendi per mano, riportandomi verso l’uscita. E stavolta a me non interessano gli sguardi di chi può vedere i segni del sesso sul mio corpo.
Arriviamo alla macchina e tu mi apri la portiera.
Sto per salire, ma mi blocchi.
Afferri i miei polsi e me li tieni uniti dietro la schiena con una mano, mentre con l’altra cerchi qualcosa nel cruscotto. Manette. Con cui mi blocchi le braccia.
Ora non posso ricoprirmi nemmeno volendolo.
Poi ti sfili la cintura dai pantaloni e un’ombra di paura passa nei miei occhi. Vuoi picchiarmi?
Tu mi sorridi, rassicurante. Mi fai unire le cosce e con la cintura me le leghi unite, poi mi aiuti a sedermi nella macchina.
Sali anche tu e mi leghi la cintura in modo che mi passi sotto i seni, tenendoli ancora più sollevati di quanto non faccia già la scollatura abbassata.
Vorrei protestare, ma un tuo bacio gentile sulla pelle arrossata dalla presa delle tue dite e un lieve pizzico del capezzolo soffocano ogni rimostranza.
Avii il motore e abbassi il finestrino.
Ed è di nuovo una tortura, ogni buca… ogni movimento dell’automobile…
E la carezza fredda dell’aria indurisce ancora di più i miei capezzoli e consente a chi ci affianca di vedermi così, umiliata ed esposta.
Non oso dirti nulla, non solo perchè hai acceso la radio come quando non vuoi parlare, ma anche perchè tutto questo rende questo viaggio ancora più eccitante.
Ci porti nel parcheggio sotterraneo di un motel di classe, uno di quelli che vedi di solito pubblicizzati sui siti internet. E il mio fremito di eccitazione cresce. Anche per il vibratore di nuovo acceso al massimo.
Mi apri la portiera, come un cavaliere e mi liberi dalla cintura e dalla costrizione alle gambe. Mi aiuti a scendere.
Credevo che mi avresti tolto anche le manette, ma quelle le lasci dove sono.
Ti fai carico delle mie borse e poi mi afferri i capelli sulla nuca, spingendomi davanti a te, verso gli ascensori.
Incespico e tu mi tiri di più la coda.
Quando arriviamo al piano terra, mi aspetto che le porte si aprano sulla nostra stanza. Invece siamo nella hall.
Arrossisco più di prima, provando il folle desiderio di scappare. Ma non è quello che vuoi tu.
Mi spingi sempre tenendomi per la coda verso il tizio della reception, un uomo di mezza età che fissa da subito le mie tette con uno squallido sguardo voglioso.
– I signori desiderano? – chiede, senza distogliere la vista dal mio seno.
– Su, cagna, dì al signore cosa vuoi. – ordini, freddo, strattonandomi.
Dovrei scappare.
Dovrei mettere fine a tutto questo.
Ma sono troppo eccitata.
E queste sensazioni sono più intense e più perversamente piacevoli che nei sogni.
– Una camera dove il mio padrone possa scoparmi come la troia vogliosa che sono. – dico, cercando di sembrare sicura di me. L’effetto che ottengo invece è una voce rotte.
Sento le gote in fiamme, mente l’uomo mi sorride malevolo e mi allunga le chiavi della nostra stanza.
– Stanza 102. Terza porta a sinistra. –
Osservo le chiavi tese verso di me e vorrei insultarlo. Come crede che possa prenderle?
Ma un nuovo strattone ai capelli mi riempie gli occhi di lacrime e mi fa capire come TU vuoi che le prenda.
Allungo la bocca, afferrandole tra i denti.
Come una cagna, penso con umiliazione eppure con eccitazione.
Sei soddisfatto. Lo sento, anche se non ti vedo.
Mi trascini verso la nostra camera e, di fronte alla porta, mi costringi ad inginocchiarmi.
Allunghi la mano sotto la mia bocca e io ci lascio cadere la chiave.
Non vedo l’ora che tu apra, ma tu mi afferri di nuovo la testa e me la premi contro il tuo pacco, i bottoni freddi sulla mia pelle.
Sei di nuovo duro.
E il portiere ci sta di nuovo guardando.
– Continua a fare la brava cagna e questo sarà il tuo premio. Sei contenta? – mi dici a voce alta, premendomi fino a togliermi il fiato.
Faccio cenno di sì con la testa.
Farei di tutto purchè tu mi scopassi come si deve.
Ti ritrai, ma non ti muovi.
– Allora abbaia, cagna. –
Ti guardo ad occhi sgranati, supplicandoti di non farmi questo ma senza parlare.
Tu rimani rimani immobile, severo.
– Bau bau. – abbaio, sentendo di nuovo lacrime di cocente umiliazione salirmi agli occhi.
è quello che mi merito per essere così puttana, penso.
Tu sorridi ed apri la porta.
Ma non mi aiuti ad alzarmi.
Mi fai entrare camminando sulle ginocchia, e ad ogni movimento le sfere e il dildo si fanno sentire più acutamente, quasi dolorosamente.
Siamo finalmente soli.
Mi ignori, mentre sparisci dietro a una porta per abbandonare da qualche parte le borse.
Non oso seguirti, non me lo hai ordinato.
Mi sembra che stia via un’eternità, ma poi torni da me, scalzo e senza camicia.
Sei davvero un uomo affascinante.
Mi aiuti a rialzarmi, baciandomi con dolcezza sulle labbra.
– Vuoi continuare? – mi domandi.
Potrei far finire tutto qui, me ne rendo conto.
Ma non è ciò che voglio.
Voglio scoprire fin dove può portarmi quest’uomo splendido.
Faccio un cenno affermativo col capo e mi tiri all’interno della prima camera.
Un tavolo di cristallo, un divano con davanti un altro strano tavolinetto è l’unico arredamento della stanza.
Mi fai inginocchiare sul tavolino basso, legandomi di nuovo le caviglie unite. Quindi blocchi polsi e caviglie insieme costringendomi a mantenere una posizione leggermente arcuata, i seni spinti in fuori.
E in questo momento capisco a cosa serva il tavolinetto.
Le cinghie che cadono da una parte e dall’altra si uniscono attorno a un collare che mi leghi al collo.
Ora sono completamente immobilizzata di fronte a te.
E i miei capezzoli sono di nuovo duri.
Ti allontani un secondo e torni con una mascherina, che usi per bendarmi.
Tremo, spaventata. Sono del tutto in tuo potere.
Mi piace.
Sento la punta del tuo pene strofinarsi sul mio viso e apro la bocca. La strusci un paio di volte sulla mia lingua.
– Ti piace il sapore, troia? –
– Sì, padrone. –
Lo passi ancora sulle mie labbra, sotto il mio naso.
– E il suo profumo, puttana? –
Lo adoro, il profumo del tuo cazzo.
– Sì, padrone. – mi limito a rispondere.
– Ora faremo un gioco. Al mio comando altri cazzi entreranno da quella porta. Ti entreranno in bocca a turno. E tu dovrai capire quale sarà il mio. Se sbaglierai, rimarrai lì legata fino a quando vorrò io. Se indovinerai, avrai il tuo premio. D’accordo, cagna? –
Tremo, spaventata.
Altri uomini?
No, non voglio che qualcun altro giochi con il mio corpo.
Esito.
Ma voglio troppo il tuo cazzo. Non potrei resistere così eccitata senza.
Sto per dirti che accetto, quando capisco.
Non vuoi le mie parole.
– Bau bau. – abbaio, annuendo quel poco che riesco.
E tu sei di nuovo soddisfatto.
– Brava, la mia cagnolina. – dici, accarezzandomi le labbra. Mi rilasso un poco, poi tu prosegui: – Qualsiasi cosa accada, ricorda che non potrai bere nulla da loro. Capito, troia? –
Bere?
Cosa vuole farmi?
Ho paura, ma non posso scappare ora.
– Bau bau. – Un altro abbaiare, ancora umiliazione e sottomissione.
Ma mi fido di te.
Nessuno mi fa sentire donna come te. Troia e libera. Cagna sottomessa e femmina realizzata.
Sento la porta aprirsi e inizio a fremere.
Quanti saranno?
Come saranno?
Cosa mi faranno?
Ma ormai il gioco è iniziato.
Un primo pisello già duro si fa largo tra le mie labbra.
Ma non è il tuo. Il sapore è troppo acido, non è di pietra come quello del mio padrone.
– E’ il mio cazzo, troia? – mi domanda la tua voce.
Faccio cenno di no col capo, senza riuscire a parlare per la carne calda che mi immobilizza la lingua.
E poi scopro qual è il mio premio: lo sconosciuto mi scopa la bocca e si fa succhiare fino a sborrarmi in faccia.
E come lui finisce di riversarmi il suo seme addosso, un altro pene è già nella mia bocca.
Ma nemmeno questo sei tu. Troppo stretto, non ha la tua possenza.
– E’ il mio cazzo, troia? – ti sento chiedere di nuovo.
E di nuovo la mia risposta è negativa. E ancora una volta vengo macchiata dallo sperma di chi non so.
E il gioco continuo, cazzo dopo cazzo, schizzo dopo schizzo sulla mia faccia e sulle mie tette.
Ma mai nessuno è il tuo.
Perdo il conto dopo il quinto, non so dire quanti cazzi hanno usato la mia bocca per il loro piacere.
E io voglio ancora il tuo.
Solo il tuo.
Sento che le lacrime scivolano fuori dalle mie palpebre, assorbite dalla maschera.
Perchè? Io voglio il mio padrone, non questi sconosciuti.
Voglio te, solo te.
Voglio berti, sentire il tuo cazzo aprirmi la figa e il culo, non questi oggetti che mi stanno torturando.
Finalmente il gioco finisce.
E io so di essere ricoperta di sperma da capo a piedi, che mi cola nel vestito, tra i capelli.
Sono una puttana sporca.
La benda scivola via dai miei occhi e impiego un attimo per riabituarmi alla luce.
Poi ti vedo.
E una rabbia sorda mi invade.
Sei seduto sul divano. Una stronza ti sta cavalcando, si sta godendo il cazzo del MIO padrone nella sua figa indegna, mentre un’altra bastarda sta leccando la tua asta e il clitoride della sua amica.
Ringhio.
E tu sorridi.
Vuoi che ti guardi?
Vuoi che sia gelosa?
Ebbene lo sono, ma non ti darò la soddisfazione di ammetterlo.
I tuoi occhi rimangono fissi nei miei mentre con poche spinte poderose fai venire quell’essere immondo che ti sta sopra.
Ma tu non sei venuto.
Lo saprei, se fosse così.
Senza più curarti di lei, la getti di lato sul sofa, mentre l’altra serpe continua a leccarle via gli umori.
Ma tu ormai non le consideri più.
Stai venendo da me, dalla tua schiava devota.
Perchè ormai è chiaro: sono io l’unica che può servirti.
Mi accarezzi le labbra: – Hai bevuto mi chiedi? –
Scuoto la testa: lo sai che non l’avrei mai fatto.
Sorridi.
– Hai sete? –
– Sempre, del mio padrone. –
E finalmente è il tuo cazzo che mi entra in bocca. Ti succhio con forza la cappella, pompandolo velocemente.
La mia bocca è l’unica che devi volere.
Muovo la lingua in fretta all’asta, cercando di inghiottire quanto più cazzo posso, mettendomelo in gola fino a tossire.
Lascio che la saliva mi coli dalla bocca.
Faccio rumore mentre succhio, perchè so che ti piace.
E poi ti pompo più in fretta, stringendo le labbra, perchè è così che vuoi che faccia. Seguo il ritmo imposto dalle tue mani tra i miei capelli.
E ti succhio in fretta, bevendo ogni goccia del tuo sperma.
Perchè non ne voglio sprecare nemmeno una goccia.
E quando finalmente sei soddisfatto, io mi accorgo che siamo di nuovo soli.
Mi strofini di nuovo la cappella sulle labbra, e io la seguo con la lingua.
Poi mi liberi i polsi e le caviglie, mi togli il collare. E io ti crollo tra le braccia. Mi fanno male le gambe.
Il clitoride è troppo gonfio, la figa mi pulsa troppo.
Ma non so se avrei la forza per un orgasmo.
Mi sorreggi, aiutandomi ad alzarmi.
Mi accompagni sotto la doccia, spogliandomi del vestito ormai inservibile.
Poi ti chini e mi aiuti a sfilare i tacchi, accogliendo con divertimento il mio sospiro di sollievo.
Mi sfili anche le calze, accarezzandomi le gambe con le tue mani calde.
E il mio corpo vibra sotto le tue carezze, mentre mi insaponi e lavi via la sporcizia che quegli sconosciuti mi hanno lasciato addosso.
Anche io ti insapono, cercando di risvegliare in te il desiderio. Toccandoti come so che ti piace.
E mentre sento la tua voglia risvegliarsi, mi sollevi contro il muro, prendendomi in braccio.
Mi avvinghio a te, le gambe strette attorno alla tua vita, anelando al tuo cazzo che finalmente sostituisca questi oggetti.
Ma tu non mi vuoi prendere così, contro le piastrelle fredde.
Tenendomi sollevata, ti dirigi verso la grande vasca con idromassaggio che prima non avevo notato.
E mi trascini con te in acqua, a cavalcioni su di te, mentre le tue mani continuano a stringere le mie natiche il mio seno.
– Ti supplico… – riesco a mormorare.
Non ce la faccio più.
Il desiderio è così forte da fare male.
Mi baci con passione, mentre la tua mano si fa largo tra le mie gambe, liberandomi con uno strattone secco dalle sfere e dall’ovulo.
Urlo, mentre il tuo cazzo mi entra dentro.
E ti cavalco con foga, volendone di più.
Urlo anche quando mi sfili di colpo il dildo, voltandomi in modo da potermelo infilare di nuovo del culo.
Mi monti con passione, spingendoti dentro di me senza pietà.
Ma è quello che voglio.
Sono una troia e voglio essere inculata dal mio padrone.
E tu lo fai, mentre ti incito a prendermi con più forza.
Finchè il mondo esplode attorno a me e l’unica cosa che sento è il piacere che mi squassa e il tuo schizzo che mi si riserva dentro per la seconda volta.

Sono le tue braccia che mi sollevano che mi riportano alla realtà.
Sono distrutta, mi fa male ovunque. Ma non sono mai stata così soddisfatta e appagata.
Mi aggrappo al tuo collo, mentre mi trasporti con calma verso il nostro letto. Il materasso è morbido e soffice e io gemo, in estasi.
Ti ritrai da me e io mormoro una protesta. Ma dopo un attimo sei di nuovo vicino a me.
Sento il materasso cedere sotto il tuo peso mentre ti stendi accanto a me.
Sento la tua mano farsi strada tra le mie gambe. No, ti prego, non di nuovo!
Ma invece che eccitarmi, mi accarezzi gentilmente, spalmando della crema fresca sulla mia pelle arrossata e dolente, sfiorando solo per un secondo il mio anellino dorato.
E io sospiro, con gratitudine, lasciandomi andare alle tue cure.
Apro gli occhi per osservarti per un attimo. E non mi sei mai parso più uomo di adesso.
Mi sorridi: – Sei stata davvero brava, stasera. –
Mi rendo conto che è il momento per dirtelo.
Sollevo una mano e ti attiro verso di me, ti bacio dolcemente le labbra.
– Voglio essere davvero la tua troia. – ti confesso. – La tua donna, la tua puttana… Ma solo tua. –
Tu mi sorridi di rimando, trascinandomi addosso a te.
Il bacio finisce e io mi rilasso sul tuo petto. Troppo stanca per non dormire.
Ma prima che Morfeo mi tragga a sé, riesco ancora a sentire le tue parole sussurrate nella luce soffusa: – Certo che sei mia… –

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