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Sensazioni

La conoscenza di Vanessa

By 1 Dicembre 2025No Comments

Racconto di situazioni realmente accadute. Per riservatezza ho modificato i nomi delle persone e dei luoghi.

In una fredda giornata di marzo arrivai a scuola, come al solito di corsa, ero angosciato dall’idea di essere in ritardo temendo fosse già suonata la campanella, con il pensiero di dovere entrare velocemente in classe per iniziare la lezione. Malgrado fossi di fretta, a fianco della nota bidella che vedevo da anni, notai una bella ragazza che non conoscevo.
Durante l’intervallo rividi la bionda con i capelli lunghi che mi aveva colpito all’inizio della giornata, era veramente carina, con due gambe bellissime, il suo sguardo profondo avrebbe potuto mettere soggezione a qualsiasi uomo, malgrado avesse un fisico minuto. La conobbi perché si presentò: “buongiorno prof., cosa insegna? Io mi chiamo Vanessa e lavoro in questa scuola per una breve supplenza”. Non era una mia collega ma faceva la bidella. Mi sentii quasi travolto dalla sua spontaneità, ma quasi imbarazzato perché avevo recepito il suo egocentrismo e mi resi già conto che lei voleva colpirmi. Risposi pacatamente che insegnavo matematica, lei cercò di continuare la conversazione chiedendomi in quali classi ma venne interrotta dalla collega che le fece sistemare alcune circolari. Ovviamente la rividi ogni giorno fino alla fine delle lezioni di quell’anno scolastico, era un po’ volgare e talvolta parlava in dialetto, ma mi risultò simpatica e molto estroversa, aveva inoltre un sex-appeal non comune. Il giorno dopo, durante un’ora buca, uscii in cortile sedendomi su un gradino della scala esterna di accesso alla scuola. Lei mi raggiunse accomodandosi vicina a me. Iniziammo a conversare del nostro lavoro, lei aveva avuto la sua prima supplenza da bidella che sarebbe durata qualche mese, io le dissi “sono di ruolo da 6 anni e spero di non perdere il posto qui, se mi dovessero trasferire l’incubo è sempre di dovere andare a Morlasca”. Il rischio di venire trasferiti in altre scuole e in Comuni della provincia ha sempre angosciato me e i miei colleghi. Lei mi guardò stupita chiedendomi perché ce l’avessi con Morlasca, io risposi che è il luogo più lontano da raggiungere da dove abito e per chiunque abiti in città e lavori nelle scuole è da evitare. Lei ridendo mi disse: “io sono di Morlasca”. Restai senza parole, pensando alla fatalità, nel mentre la guardai intensamente, lei non distolse il suo sguardo dal mio, mi stava già sfidando o provocando. Poco dopo disse che stava con il suo uomo che l’aveva ospitata in città, ma doveva assolutamente cornificarlo. Io mi stupii molto e subito mi pervase un brivido di eccitazione che non trapelai rimanendo impassibile. Lei ci stava provando, ma io ero sposato e avevo una forte remora a causa di quello che ritenevo fosse un mio pregio e le comunicai subito “purtroppo io ho un difetto: sono fedele!”.
Tra me e lei iniziò un gioco inconscio di sfide reciproche. Lei mi provocava ogni volta che poteva. Si presentava in servizio con il grembiule, ma sotto indossava minigonne da sballo, accavallava le gambe guardandomi sbirciare le sue delizie e mi sorrideva. Mi invitava a uscire la sera e nei fine settimana. Io ero attratto da lei, ma ligio e irremovibile per i principi morali in cui credevo, tra questi il caposaldo era la fedeltà. Non ho mai ceduto, ma mi incuriosiva e mi sentivo orgoglioso che una donna mi desiderasse. Lei continuava il suo gioco di seduzione: si fece assegnare il compito di portare le circolari nelle classi in cui insegnavo io, entrava mi salutava chiedendomi sempre qualcosa davanti agli studenti di ogni classe e, manifestava esplicitamente confidenza con me, il suo atteggiamento mi imbarazzava ma da un lato mi solleticava procurandomi un certo piacere emotivo. Un giorno mi invitò ad andare ad andare in discoteca con le sue amiche, ovviamente rifiutai. Le parlai della mia passione per le moto, lei subito mi disse: “bene ecco come possiamo vederci, mi porti a fare un giro in moto”. Sorrisi e le dissi: “quante te ne inventi!”. Da qualche giorno avevamo iniziato a darci del tu. Provocammo l’invidia di alcuni miei colleghi maschi che la guardavano sempre e avevano capito che con loro non ci stava perché lei era attratta da me. Fece scandalizzare la vice preside dopo l’ennesimo sguardo sensuale che mi rivolse mentre accavallava maliziosamente le gambe in minigonna senza grembiule per farsi notare. Un’altra volta, ancora in presenza della vice preside e di altro personale della scuola si chinò in avanti con le gonne corte esponendo il bel culetto con una postura invitante che stimolava pensieri peccaminosi (quali l’idea di prenderla da dietro, almeno quello è stato il mio pensiero improvviso a vederla così).
Un altro giorno mi consegnò il ritaglio di un quotidiano contenente un articolo di cronaca titolato: “cerca di masturbarsi usando l’aspirapolvere, che gli aspira il membro tranciandoglielo” e commentando mi disse: “mi raccomando prof., stai attento! con me non correresti quel rischio!”.
Ogni giorno che passava mi resi conto che ero sempre più attratto da lei. Una notte la sognai mentre era accovacciata a fianco del letto matrimoniale in cui dormivo, a piedi nudi mi guardava sorridendo e nel frattempo si alzò la gonna, era senza biancheria intima e iniziò ad accarezzarsi in modo lascivo in mezzo alle gambe, prima delicatamente poi con maggiore energia, di fatto si stava masturbando. Dopo quel sogno quando pensavo a lei mi veniva sempre in mente la scena vista durante il sonno dal mio inconscio. A scuola, quando ci incontravamo, lei continuava a provocarmi fino a dirmi frasi del tipo: “ogni lasciata è persa, meglio il rimorso del rimpianto”. Mi sentivo corteggiato, cosa che non avevo mai assaporato in quel modo nel corso della mia vita. Mi sollecitava a sbrigarmi affinché decidessi quando ci saremmo visti fuori dalla scuola di sera facendomi capire che il tempo per potermela spassare con lei sarebbe scaduto alla fine dell’anno scolastico con il suo rientro nel suo paese. Era una sua strategia per stimolarmi a cedere facendomi capire senza dirmelo esplicitamente che me l’avrebbe data ma solo entro un certo termine di tempo: finché lei fosse rimasta in città per lavoro in quell’anno scolastico che stava per concludersi entro 2 mesi.
Io ero sempre più lusingato ma sempre irremovibile e ligio ai miei principi morali, ero certo che non avrei mai tradito mia moglie. Tuttavia in quel periodo ebbi una sorta di infatuazione platonica, ricordo che un giorno tornando in auto da scuola con l’autoradio accesa sentii una canzone le cui parole e il suo ritornello riecheggiarono poi nella mia mente più volte pensando a Vanessa. Diventò la canzone che mi ricordava lei con sommo piacere.
Arrivò l’ultimo giorno di scuola, le avevo preparato una sorpresa. Uno scritto dedicato a lei. Conteneva una similitudine a lei dedicata definendola: “creatura femminile unica”, con una serie di complimenti a lei rivolti. Lei gradì, anche se sono convinto che non comprese in pieno la raffinatezza del mio scritto.
Il giorno che precedeva il termine dell’anno scolastico decidemmo che ci saremmo salutati fuori dalla scuola al termine delle lezioni, andando in un bar a prendere un aperitivo. Lei l’ultimo giorno di lavoro si attardò scusandosi e preoccupandosi perché doveva finire di fare le pulizie. Io le dissi che l’avrei aspettata ma le suggerii di affrettarsi e dicendole: “basta che tu dia una bella scopata alle aule, senza lavarle di fondo, tanto poi iniziano le vacanze e gli studenti non torneranno in classe per tre mesi”. Lei colse la palla al balzo rispondendomi: “mmh una bella scopata, magari!”.
Le confessai che qualche giorno prima mi sarebbe piaciuto chiederle di togliersi le mutandine affinché poi lei me le portasse in classe all’interno di una busta, spacciandola come una importante comunicazione di servizio. Lei, sempre pragmatica, non si stupì né si scandalizzò minimamente, manifestando perplessità per il solo fatto che poi sarebbe rimasta senza il suo indumento intimo. Quel giorno le regalai un rossetto di marca di colore rosso fuoco, lei mi ringraziò e lo gradì molto, anche se sorridendomi maliziosamente mi disse: “é un po’ da puttana ma mi piace”. Prima di congedarci definitivamente lei mi diede il suo numero di telefono raccomandandomi più volte di chiamarla. Mi fissava con il suo sguardo profondo, notai i suoi occhi lucidi e una lacrimuccia scenderle lungo la guancia. Dopo l’aperitivo ci salutammo, lei mi chiese che ci dessimo un bacio sulla guancia, io la guardai esitando, lei insistette asserendo che non c’era nulla di male, ma quando si avvicinò con la bocca la spostò repentinamente e maliziosamente sulla mia, io sentii le sue labbra umide sulle mie, poi fingendo di essersi sbagliata si scusò.
Dopo un po’ di giorni la chiamai e fissammo un appuntamento al suo paese. La invitai a cena pensando che sarebbe potuto accadere qualcosa, ma non accadde nulla e ne fui felice per non essere caduto in tentazione. Ogni tanto la chiamavo al telefono e le mandavo qualche messaggio a cui lei rispondeva prontamente.
Poi, dopo un paio di mesi le capitò un incidente stradale e iniziò per lei un lungo brutto periodo con moltissimi problemi di salute che la tormentarono per almeno due anni. A me dispiacque molto, mi faceva tenerezza e ogni tanto la chiamavo per farle compagnia. Lei gradiva e mi teneva aggiornato oltre che del suo stato di salute di quello che pensava e faceva. Le nostre conversazioni telefoniche erano saltuarie ma la conversazione tra noi scorreva sempre fluida. Parlavamo con spontaneità e avevamo acquisito anche una certa confidenza, qualche volta parlavamo blandamente di sesso. Poi, dato che le telefonate le facevo di nascosto a mia moglie, mi sentivo in colpa. Qualche mese dopo feci un fioretto per mia suocero che non stava bene e decisi che non l’avrei più cercata, così fu fino ad alcuni anni dopo.

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