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Racconti Erotici

La trasformazione di Jennifer – Cap.8

By 14 Aprile 2020No Comments

Erano sdraiati per terra, lui dietro a lei. Marco continuava a lenire il seno con la crema che aveva sulla mano. Il dolore si stava attenuando. Il piacere ricevuto da Marco l’aveva riempita. Marco si sollevò e teneramente la tirò in piedi. Poi guardandola dritta negli occhi le disse:

          Sei stata brava e coraggiosa, ora devi andare a casa a riposarti. La settimana è stata dura e domani…

          Grazie Padrone

Jennifer si avviò a prendere i suoi vestiti, li mise e uscì. Andò a casa e si infilò nella doccia dove rimase un’ora intera. Uscì e si passò la crema sul corpo, delicatamente e a lungo. Pensava a Marco. Era duro. Ma anche gentile. Era forte. Sentì un brivido in mezzo alle gambe. Ripensò allo sguardo sadico di Amilcare e un brivido di paura scese sulla schiena. Non le piaceva. Ma doveva piacerle per Marco e per se. Per Marco? E Giorgio? Cosa doveva fare con Giorgio? Era meglio lasciarlo ormai.

Lo chiamò e lo fece venire a casa sua. Fecero l’amore. Ma lei ormai non provava nulla. Pensava solo a Marco. Appena finirono lei lo guardò e lui capì.

          Giorgio, scusami, ma non abbiamo più niente in comune. La passione se mai c’è stata non c’è più

          Ma perché, cosa ti ho fatto, io ti amo

          Io non più mi dispiace. Finiamola qui, ti farei solo soffrire

Giorgio si mise a piangere. Era proprio un debole. Lo accompagnò fuori e lo salutò.

E se ne andò lasciandola sola coi suoi pensieri. Una porta della vita si era chiusa. Domani sarebbe iniziata una nuova vita. Era la puttana dell’ufficio. Poteva essere usata dai colleghi e dai clienti secondo il volere di Marco e di Amilcare. Quest’ultimo poteva infliggerle tutto il dolore che voleva. Il tutto per Marco, per i 4.000 € e per le provvigioni sui clienti. Beh guadagnava un bel po’ di soldi.

Marco nel frattempo pensava a Jennifer. Era veramente bella. Si stava innamorando della sua schiava? No questo no, ma sicuramente era bella, e la stava educando bene. Lui era un maestro del bastone e della carota. Alla fine tutte si “innamoravano” di lui, perché sapeva come prenderle, fin dove spingersi, fin dove arrivare, quando fermarsi e quando dare piacere. Amilcare invece era solo un sadico bastardo che si divertiva a soggiogare con la paura e il dolore. Era un maestro nell’infliggere il dolore ai suoi sottomessi. Maschi o femmine. Si anche con i maschi. Nel suo ufficio due dipendenti erano schiavi. E lui si divertiva con le sue scarpe a punta sui testicoli. Ma la sua preferita era Carla.

Amilcare tornò a casa, parzialmente soddisfatto. Si aveva frustato per bene quella cagna altezzosa di Jennifer, ma non l’aveva spremuta come sperava e soprattutto gli avevano scucito un sacco di soldi. Mentre apriva la porta di casa quella sua rabbia cieca e gelida montava dentro di lui. Una volta aperta la porta trova la sua Carla, la sua cagnolina, in ginocchio con le pantofole in bocca, lo sguardo verso il pavimento in segno di sottomissione, e soprattutto quel bellissimo seno florido, una quarta abbondante, estremamente sodo, che Amilcare si divertiva a martoriare il più possibile. Carla era la sua schiava, aveva trenta anni e ormai era totalmente annullata. Era proprietà completa di Amilcare, dipendeva completamente da lui e dai suoi umori. Sapeva quale era il suo posto e ormai lo accettava. Il suo svago era una volta al mese con Marco, che era solo un po’ più gentile di Amilcare e soprattutto aveva quel bellissimo arnese in mezzo alle gambe che sapeva far funzionare per bene; le dava molti orgasmi. Amilcare guardò il suo animale domestico, poi prese dal mobile all’ingresso la frusta di Carla, la guardò e le disse:

          Guardami e ringraziami

          Grazie padrone

E sibilò il primo colpo. Grazie padrone, e sibilò il secondo colpo, grazie padrone, poi il terzo, grazie padrone, il quarto, grazie padrone il cinquantesimo, grazie padrone, l’ottantesimo, grazie padrone, a 100 e all’ennesimo grazie padrone, Carla aveva il viso sfatto dal dolore e dalle lacrime e il suo padrone si fermò, non per pietà ma per stanchezza. Amilcare le disse: sono stanco, oggi ho frustato quella cagna di Jennifer. E’ entrata nella scuderia anche lei. Potrai sfogare la tua rabbia su di lei, come su Giovanni e Michele, i nostri due schiavi. Sei contenta? Grazie padrone, disse Carla con sguardo fiammeggiante. Non vedeva l’ora.

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