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Racconti erotici sull'IncestoTradimento

Il secondo cugino. Buon sangue non mente

By 2 Maggio 2024No Comments

Terminata la giornata di lavoro mi ritrovai nel mio grazioso appartamento che avevo acquistato alcuni anni prima, spinta dalla necessità di avere un confortevole punto d’appoggio a Zolbiria, la città che mi vedeva spesso impegnata per lavoro, lontano da casa. I ragazzi già grandi e il marito non ne risentivano per quei tre giorni che la loro madre e moglie trascorreva lontano da casa, e così non mi dovevo sobbarcare fastidiosi e stancanti viaggi da pendolare.
Tolte scarpe e calze e disseminati disordinatamente gli abiti, tutta rilassata, – la libertà di essere sola era impagabile a volte -, davanti a un piacevole spuntino stavo godendomi la serie televisiva preferita, quando squillò il telefono. All’altro capo dell’ apparecchio mio cugino Sergio che dopo una serie di convenevoli – era parecchio tempo che non ci sentivamo – mi chiese se avessi potuto ospitare per qualche giorno suo figlio Tony che si sarebbe recato a breve in quella città per alcuni colloqui di lavoro.
– Con piacere, sono ansiosa di riabbracciare Tony. Sono anni che non lo vedo e chissà come sarà cambiato! Ricordo che mi chiamava zia Lea e c’era un bel rapporto fra noi; poi aveva certe espressioni simpatiche e se usciva con battute così divertenti! Non potei far a meno di pensare che il ragazzo le appariva talvolta morboso nel suo manifestare interesse per lei.
Ci accordammo sulle modalità della permanenza del ragazzo a Zolbiria per la settimana ventura e dopo aver chiacchierato del più e del meno, con la promessa – che difficilmente si sarebbe realizzata in realtà -, di incontrarci quanto prima, ci augurammo la buona notte e riattaccammo.
Il cugino Sergio! Quanti ricordi si risvegliavano in me!
Le nostre rispettive famiglie – Sergio ed io eravamo figli di due fratelli -, trascorrevano parte dell’estate in campagna. Sergio di un paio d’anni più grande di me era il mio compagno di giochi e il nostro affiatamento era perfetto, totale, andavamo sempre d’amore e d’accordo.
Ma con l’affacciarsi dell’adolescenza notai un cambiamento da parte del cugino nei miei confronti, una malcelata malizia nei suoi atteggiamenti, allusioni che non comprendevo. Si rese evidente, dapprima in maniera nascosta e poi manifesta, una sua ossessiva attrazione nei confronti dei miei piedi di fanciulla fino al giorno in cui Sergio dopo avermi chiesto di togliere le scarpe giocò, annusò, sbavò su quelle estremità in modo appassionato. Non fu per lui un ostacolo che i miei piedini fossero sudati e acremente odorosi per aver indossato a lungo calzature, ma al contrario aggiungeva valore.
Non posso nascondere che fui turbata e fissavo con gli occhi sgranati e a bocca aperta le iniziative belluine del cugino. Se lui ne ricavava un’indubbia soddisfazione, pure io finii col subire il fascino di quell’oscena parafilia, preludio all’ingresso in una realtà erotica che si disvelava a me per la prima volta. Avvertivo che quello che vivevamo sconfinasse nel proibito e nell’illecito, ma questo era una molla a proseguirlo. Iniziò fra noi una complicità fatta di sguardi, di accenni il cui significato era estraneo al resto della famiglia e apparteneva solo a noi due cugini e che non appena le condizioni apparivano favorevoli si sostanziava in quell’eccitante divertimento, embrione di una sessualità che, adesso compressa nell’autoimposizione di limiti da non superare in un gioco erotico estenuante, sembrava tuttavia in procinto di esplodere. Vivevamo l’emozione del proibito trattenuto dagli argini dell’educazione della morale: tortura si, ma eccitante. Ma l’occasione, in un pomeriggio quando la vacanza era ormai agli sgoccioli, infine si presentò. I nostri genitori si recarono in città per acquisti e noi due ragazzi, scegliemmo di non seguirli ritrovandoci così soli in casa. Sergio mi prese per mano conducendomi nella sua stanza. Rimanemmo in silenzio guardandoci, studiandoci, poi lui disse:
– É la nostra occasione. Spogliamoci, prima tu Lea però…
Incerta, arrossendo, ubbidii rapita da un erotica emozione che ormai si era impadronita di me.
Sergio mi si avvicinò, tenendomi fissi gli occhi addosso e cominciò ad accarezzarmi la pelle. Ben presto le mani del ragazzo corsero sui miei acerbi seni di giovinetta.
Immobile e tremante, osservavo affascinata quelle dita che correvano sul mio corpo e, quando queste si immersero nella fessura ornata di un tenero vello bruno, sentii la mia dolce fighetta riempirsi di umori e provai un’eccitazione mai avvertita prima, sentivo le gambe cedere. Poi fu la volta di Sergio a spogliarsi e fui colpita dal cazzo del cugino – era la prima volta che ne vedevo uno – che mi sembrò gigantesco su quel corpo magro di cui rappresentava una mirabile propaggine. Sergio mi stese sul letto deciso a penetrarmi, ma mi opposi;
– No, ti prego, ho paura, non voglio! – strillavo e piangevo disperatamente.
Lui si rassegnò proponendomi di prenderglielo in bocca e, ormai tranquillizzata, accettai. Esplorai, dapprima con diffidente cautela, con le labbra e la lingua quel cazzo ardente aspirandone l’odore e gustando il sapore acre e selvatico, lo sentii lievitare in bocca, leccai, succhiai sempre più entusiasticamente, rapita da quell’osceno gioco fino alla sorpresa di sentirmi schizzare, riempire la bocca da un liquido caldo e vischioso che dopo un prudente assaggio ingoiai completamente mentre Sergio esprimeva con muggiti il suo compiacimento.
Non ci furono purtroppo alte occasioni fra noi fino al termine della vacanza. Inoltre le estati successive ogni famiglia seguì propri progetti e le vacanze insieme finirono relegate nei ricordi.
Trascorso qualche tempo da quella telefonata, tornai una sera dal lavoro veramente esausta e tesa per i numerosi problemi che avevo dovuto affrontare nel corso della giornata e col solo pensiero fisso in testa di rilassarmi.
Mi liberai, come mi capitava quando volevo allentare lo stress accumulato, di tutti gli indumenti collant, slip e reggiseno compresi, rimanendo tutta nuda. L’idea era di entrare sotto la doccia per distendermi ma mi venne in mente quel giovane collega, Claudio, entrato da poco in azienda che si era dimostrato molto interessato a me e negli ultimi tempi aveva iniziato a corteggiarmi. Non mi interessavano relazioni stabili, ma una piacevole, fugace avventura non mi lasciava indifferente. Progettai così di invitarlo per una piccante serata nei prossimi giorni. Avevo voglia di lasciarmi andare e di divertirmi un po’. Cominciai così, presa dal pensiero, a giocare con le mie grosse mammelle, a impastarle sognando che fossero le mani di Claudio a farlo. La mia passera sotto l’azione del piacevole sfregamento delle dita cominciò a grondare succhi profumati mentre dimenavo il bacino sempre più compresa da quel trastullo.
– Oooh Claudio chiavami ogni buco, sono tua.
Perduta in questo piacevole abbandono ero completamente rilassata e dimentica di tutto, quando un pensiero improvviso mi attraversò la mente.
– Cielo, mi ero scordata del mio ospite – il cugino Tony alloggiava infatti da me per un breve periodo da qualche giorno -, che potrebbe rientrare da un momento all’altro. Non avevo ancora formulato il pensiero, quando udii il rumore dell’ascensore che si fermava al piano. A breve la porta d’ingresso si sarebbe aperta e lui mi avrebbe trovata in quell’imbarazzante stato. Scappai nel corridoio completamente nuda e trovai rifugio nella mia stanza da letto. Col cuore che mi batteva per lo scampato pericolo, dopo qualche minuto, mi posi il problema di recuperare gli indumenti che avevo lasciato sparpagliati fuggendo via precipitosamente.
Già…Tony: quel ragazzo mi dava l’impressione di essere un bad boy, poco interessato alla ricerca del lavoro e nei rari momenti in cui ci incrociavano e mangiavamo qualcosa insieme, la sera al ritorno dal lavoro, percepivo in lui qualcosa di torbido, di ambiguo. Mi fissava con sguardo – lo compresi in seguito – carico di bramosia.
Indossata una vestaglietta in fretta e furia, mi diressi passando attraverso il corridoio buio verso la soglia del soggiorno e lo spettacolo a cui assistetti mi lasciò a bocca aperta: Tony teneva in una mano il mio collant e nell’altra le mie mutandine, se li schiacciava, alternandoli, sul volto e aspirava voluttuosamente. Ero sopraggiunta, camminando a piedi nudi, in completo silenzio e trascorse qualche tempo perché il ragazzo si accorgesse di me.
Per nulla imbarazzato della mia presenza, del mio fissarlo meravigliata e incredula, non si bloccò ma anzi, con una ammirevole faccia tosta, rilanciò.
– Zia Lea i tuoi odori di femmina sono veramente inebrianti, chissà i sapori!
– Ma Tony cosa…..
– Cosa c’è di male? – Mollò i miei indumenti dei cui aromi si era inebriato e mi venne decisamente incontro serrando le distanze.
– Sai, zia Lea, sei decisamente appetitosa e ti voglio.
– Se ti sentisse tuo padre!
Esplose in una risata.
– Proprio lui, che se potesse…..
Con movimento deciso aprì i lembi della vestaglia esponendo l’opulento rigoglio dei miei seni.
– Che spettacolo meraviglioso!
– Ma Tony, cosa vuoi fare?
– Quello che ho sempre desiderato zia Lea. Scoparti.
Mi volsi tentando una fuga, ma mi fu addosso strappandomi la vestaglia. Da dietro mi afferrò le tette affondando le dita nella morbida carne. Strillai.
– Che bella maialina sei!
Mi spinse fino al mio letto facendomi sdraiare.
Ero un po’ spaventata e mi vergognavo, ma sotto sotto ero lusingata da quelle sue libidinose voglie e il pensiero di un po’ di carne fresca, che mi pulsava dentro, non mi dispiaceva affatto. Presi rapidamente una decisione figlia della pulsione erotica che mi ribolliva in corpo. Così mi mostrai arrendevole, disponibile.
– Va bene, se vuoi prendimi, sono a tua disposizione.
Accarezzò le mie morbide anse, mi toccò, mi leccò, infine mi allargò le cosce e mugolando tuffò il suo volto sulla mia figa beandosi delle odorose delizie da essa prodotte, che la inzuppavano. Nel frattempo le sue mani si intrattenevano con le mie tette, strizzate e straziate. Dovevo riconoscere che mi stava piacendo ed ero sempre più eccitata.
Si spogliò e potei contemplare il suo fisico muscoloso, coperto da svariati tatuaggi. Il suo cazzo completamente sfoderato era uno spettacolo; duro come pietra venne spinto brutalmente nella mia fessura ormai tumida per il piacere, e pestò duramente. Smaniavo e sudavo, le labbra gonfie della figa avvolgevano quella verga che pompava sontuosamente con l’irruenza e il vigore della sua gioventù, facendomi gustare un piacere che da tempo non provavo, smarrito nella routine dei tranquilli amplessi con mio marito. Che furia quel ragazzo!
– Dacci sotto, non osare fermarti che sto venendo. Mmmhhhhhh godooo!
A conclusione di quella focosa scopata Tony volle schizzarmi col mio convinto assenso, ficcatomi il pene in bocca, il suo seme in gola; me lo feci scorrere sulle labbra, lo spostai con la lingua, lo assaporai lentamente e infine lo ingoiai.
Tony si gustò lo spettacolo assai divertito.
– Sei una gran porca, zia Lea!
Mentre seduti in cucina, ancora nudi dopo il sesso, consumavamo uno spuntino, chiesi a Tony, studiandolo – che sberla aveva fra le gambe! -, per quanto si sarebbe trattenuto da me. Mi rispose senza staccare gli occhi dalle mie belle tette che sarebbe stato mio ospite per altre tre notti.
– Benissimo! Se vuoi saranno serate deliziose e senza inibizioni che ci potremo concedere. Ti va l’idea? Se sei d’accordo telefonerò a casa avvertendoli che questa settimana mi tratterrò qui per lavoro.
– E me lo chiedi? Assolutamente entusiasta della proposta.
– Anzi, perché aspettare domani sera.? Il tempo non manca e c’è tanto altro di stuzzicante da sperimentare. Spero tu non abbia sparato tutte le tue cartucce.
– L’avevo capito subito che sotto la tua scorza di convenzionalismo, formalismo si nascondeva una sfrenata, insaziabile troia. Comunque io e il mio cazzo siam pronti. Andiamo.
Risi, lo fissai con uno sguardo carico di lussuria mentre lo precedevo sculettando provocatoriamente verso il mio talamo, e pensai che Claudio avrebbe dovuto pazientare ancora qualche giorno e aspettare il suo turno prima di potersi sollazzare con me.

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