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Racconti di DominazioneTradimento

L’oscura passione

By 9 Dicembre 2022No Comments

Era riuscita a organizzare un incontro amoroso adulterino che si prospettava piacevolmente piccante, ma non si aspettava certo la deriva oscura che in quella circostanza si celava.
Leo e Martina avevano prenotato con gli amici un pranzo presso un agriturismo sulle colline, non distante da casa, con l’idea di passare il pomeriggio presso la piscina di cui la struttura era dotata.
Prima di giungere alla località prescelta notarono le indicazioni di un’azienda vinicola della zona che il marito conosceva di fama e, appassionato com’era di vini e sempre alla ricerca di nuovi validi prodotti, insistette per visitarla. La struttura si presentava molto gradevole, ben ordinata e dava l’impressione di efficienza.
Il titolare li accolse cordialmente e, dopo una visita alla sua cantina, li invitò a una degustazione. Rodolfo, un cinquantenne abbronzato dai capelli brizzolati che sfoggiava una forma fisica invidiabile, apprezzò subito la bella signora procace e ne notò – la sua grande esperienza non poteva ingannarlo – lo sguardo malandrino. Considerò analizzando la morbida femmina:
– Qualche chiletto in più c’è, ma non guasta, anzi…”
I due si studiavano e si sentirono attirare reciprocamente per una ragione squisitamente chimica. Rodolfo si accorse subito dell’interesse della donna nei suoi confronti e, quando guidò Martina al tavolo in cui si sarebbero accomodati
e dove facevano bella mostra di sé alcune bottiglie, le appoggiò una mano nell’incavo ascellare sfiorando così la radice del seno con un gesto apparentemente casuale. Lei ebbe un brivido e lo guardò incontrando un volto impassibile.
Mentre erano seduti all’ombra di un pergolato intenti ad assaggiare i suoi prodotti, l’anfitrione conversava molto piacevolmente e con competenza illustrando le caratteristiche e qualità delle sue vigne e della sua produzione.
Martina, che sedeva accanto a Rodolfo, percepì dapprima uno sfioramento della mano del loro ospite sulle sue cosce. Non si sottrasse, ma scoccò un’occhiata e fece un cenno che vennero interpretati, correttamente, come un incoraggiamento a continuare. Il marito intanto parlava appassionatamente di vino e Rodolfo rispondeva educato fingendo interesse ma intanto, protetto e invisibile per la posizione e per l’ampia tovaglia che scendeva dal tavolo, continuava nella sua azione. Martina, sollevando alternativamente le natiche senza dare troppo nell’occhio, si sfilò rapidamente le mutandine che già stavano inzuppandosi, poi le fece sparire abilmente nella borsetta. La mano di Rodolfo senza più ostacoli frapposti giocava incalzante con la vulva gonfia e bagnata, si introduceva in quella fessura calda, mentre le cosce della donna si discostavano per facilitarne il gradevole compito.
Martina il cui volto era contratto per non manifestare ciò che cercava disperatamente di nascondere, avrebbe voluto invece esprimere in un urlo liberatorio il suo godimento. Era per lei una tortura, anche se piacevole.
Leo non si accorse di nulla nonostante l’accelerazione del respiro della moglie, della sua bocca dischiusa in un muto gemito e dei suoi occhi sognanti. Rodolfo poi portò la mano destra, protagonista del gioco erotico, alle labbra e con voluttà se la annusò e succhiò. Martina si compiacque mentre suo marito non notò nulla: pensava al vino, lui.
Al momento di salutarsi Rodolfo si intese con Martina con un semplice cenno che solo loro due capirono; in sostanza cioè era un invito a rincontrarsi in seguito.
Martina apprezzava molto i piaceri della vita e di tanto in tanto si concedeva qualche scappatella fedifraga. Provava un sottile ma profondo piacere a comportarsi, dietro la sua aria tranquilla, da consumata troietta. Nella testa della donna era balenata, appena aveva visto Rodolfo, l’idea di un rapporto breve intenso e senza strascichi, una sorta di piacevole degustazione spensierata e poi via ciascuno per la sua strada.

La donna elaborò subito il suo piano molto semplice. Come prima cosa armeggiando nella borsetta spense il suo cellulare per evitare che squillasse inopportunamente. Poi mentre il pranzo volgeva al termine e già tutti gli amici si apprestavano a trasferirsi a bordo piscina, in maniera concitata spiegò al marito di aver lasciato il suo cellulare all’azienda agricola.
– Ne sei certa?
– Sicurissima. Ricordo con esattezza perfino il punto in cui l’ho lasciato.
– Ma non è importante, passeremo stasera.
– E se poi non troviamo nessuno? È importante per il mio lavoro, c’è tutta la mia agenda. Occorre che vada subito.
– Ti accompagno.
– Ma no, figurati: resta qui con gli amici. Non ci metterò molto.
Lui accolse con sollievo la risposta della moglie; non ne aveva per nulla voglia di lasciare il fresco del luogo, gli amici e di rimettersi nell’auto dalle lamiere arroventate dal sole.
Le strade della campagna erano deserte nel caldo primo pomeriggio. L’asfalto sembrava fondersi e le vampe di calore rendevano tremulo e indefinito l’orizzonte; una cappa d’umidità velava il paesaggio circostante. La campagna era bruna, riarsa e, di proposito, Martina abbassò il finestrino rinunciando all’aria climatizzata per meglio respirare i profumi della campagna immota.
Giunse all’azienda agricola e il cancello si aprì prima ancora che lei suonasse: era attesa. Si rese conto che il caldo e l’agitazione le avevano provocato un’intensa sudorazione che la imbarazzava. Rodolfo le venne incontro, le aprì galantemente la portiera. La guardò soddisfatto: Martina era attraente nell’abito corto a fiori, con rose su fondo chiaro e dalla piacevole scollatura che offriva lo spettacolo di seni prosperosi e morbidi; le sue gambe tornite e abbronzate terminavano con deliziosi piedini che calzavano sandali di cuoio a tacco corto. Avvertì e apprezzò il lieve, afrodisiaco sentore acre del sudore della donna, copioso per il caldo e l’emozione, che lui percepiva nonostante il suo profumo, “Air du temps”, sicuramente.
Tenendola per mano la condusse all’interno dell’edificio e, attraverso una scala di mattoni rossi e un corridoio, fino a una stanza da letto immersa in una fresca penombra, dove solo una lama di luce si faceva strada dagli scuroni della porta finestra non del tutto serrati.
– Spogliati in corrispondenza del raggio di sole.
Lei era imbarazzata, ma ubbidì denudandosi con la sola eccezione dei sandali.
– Sei molto sensuale e pienamente femmina. Le tue curve sono morbide: hai splendide tette naturali e un vero culo da donna.
Martina si sarebbe aspettata un assalto focoso, sesso appassionato e pure selvaggio, ma il comportamento attendista di quell’uomo, nelle cui mani nel frattempo era comparsa una bacchetta di plexiglas, la sconcertava, le creava ansia. Si affacciarono fantasmi di vicende di donne seviziate e uccise, fatte a pezzi, sparite nel nulla. Era nella incomoda situazione di trovarsi isolata e di non poter chiedere aiuto.
I suoi timori crebbero, si fecero sostanza quando Rodolfo, girandole attorno, la toccò con la bacchetta che seguendo il dolce profilo del suo corpo si insinuò a livello del solco sotto-mammario e le sollevò le tette, picchettò crudelmente i capezzoli stappandole un gemito. L’estremità dell’asticciola stondata, scostando il solco gluteo, bussò sulla sua rosetta scura saggiando il tono dello sfintere.
– Appoggia il piede destro sul letto, sgualdrina. – Ordinò seccamente.
La bacchetta trovò così la strada aperta e passando fra le grandi labbra penetrò in vagina, che nonostante Martina non volesse, come animata da un’eccitazione propria, indipendente, cominciò a stillare burro liquido.
– Stai colando: non mi son sbagliato, sei una puttana dentro. A proposito: quando ti dico di spogliarti intendo integralmente, anche i sandali quindi.
Le assestò un colpo sulle natiche non violentissimo ma sufficiente a farla urlare.
Martina slacciò le fibbie e si sfilò le calzature tremando per l’ignoto che l’aspettava, incapace di proferir parola.
– Prendimi l’uccello in bocca. Svelta, fammi vedere cosa sai fare.
Martina prese fra le labbra il cazzo di Rodolfo non del tutto eretto e leccò, succhiò il glande, indugiò sul solco che faceva da confine con l’asta, poi passò a questa insalivandola, ingoiandola nel calore della sua bocca. Cancellando le sue paure si perse in quel gioco, gustando la consistenza crescente di quel cazzo, i suoi odori, i sapori. Risucchiò anche i testicoli in un erotico massaggio che l’uomo, dapprima freddo, dimostrò di apprezzare e la sua erezione raggiunse l’apogeo e lei avvertì il brivido di piacere che gli procurava.
– Ribadisco: sei una puttana in grado di competere con le più abili professioniste. Mettiti a pecora sul letto.
Rodolfo le penetrò facilmente la figa fradicia, avvertì sotto le sue mani il corpo di Martina inarcarsi, flettersi, dimenare il bacino, udì con soddisfazione l’urlo di godimento del suo squassante orgasmo e volle che il suo seme le inondasse, come per affermare il suo possesso.
– Aspetta non ho finito.
Martina, finita l’estasi dell’orgasmo, si senti riassalire dalle sue paure e avvertì con dolore il suo buco del culo violato da un dito, da due dita.
– Ah ah ah, qui sei ancora verginella. Bisognerà provvedere.
Adesso vestiti e vattene. Ti chiamerò io quando vorrò. Sei consapevole che mi devi obbedienza? Oppure desideri che tutti sappiano cosa sei venuta a fare qui, che cosa andavi cercando, eh puttana?
Martina deglutì mentre annuiva. Non capiva, ma si sentiva soggiogata da quell’uomo che l’affascinava e, al tempo stesso, la intimoriva.
Al momento del commiato Rodolfo le lanciò un’oggetto: era un plug anale.
– Usalo, prepara il tuo bel culetto e vedrai che te ne gioverai le prossime volte. Ah, salutami quel cornuto del tuo maritino. Tu hai già ricevuto il regalo, a lui porta questa confezione di vini, con i miei omaggi. A presto

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