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Racconti di DominazioneTradimento

Mi prendo anche il tuo culo.

By 23 Ottobre 2022No Comments

Roberta viveva un periodo piuttosto travagliato, caratterizzato da ansia e sottile insoddisfazione ed era in collera con suo marito che, anche quel week end, non aveva saputo rinunciare alla sua passione per la pesca.
Il suo cattivo umore era accresciuto e rivolto anche a se stessa perché in quel radioso e caldissimo sabato di Luglio aveva rinunciato al mare con le amiche ostinandosi a voler attendere ad alcune incombenze domestiche che aveva sempre rimandato. Così a malincuore si era messa al lavoro.
Era scesa in garage per procurarsi del materiale, ivi custodito, notando in cortile un’auto con il cofano motore aperto e un uomo che stava armeggiando indaffarato. Il mezzo ostruiva parzialmente il passaggio alla sua proprietà e l’uomo rendendosene conto si scusò proponendo di rimediare all’istante. Roberta aveva provato un certo imbarazzo per il suo abbigliamento improvvisato – d’altro canto non pensava di incontrare nessuno nel suo palazzo quasi deserto in un infuocato sabato estivo – e si rendeva conto di avere la necessità impellente di una doccia.
– Si figuri, non reca alcun disturbo. – Rispose un po’ a disagio nel suo negligente aspetto.
– Grazie, per la sua gentilezza, ma sono comunque a buon punto e toglierò il disturbo a breve. Mi permetta di presentarmi. Mi chiamo Ruggero e sono il cugino dei signori Alteri – due anziani coniugi che lei conosceva poco più che di vista -, presso i quali ho fatto una breve visita lungo il viaggio di ritorno a casa, a Crotone. Dovevo assolvere a un impegno di lavoro non lontano di qui e ora finalmente sono in vacanza. Per fortuna questo piccolo inconveniente capitato al motore non è particolarmente complicato e le libero subito il passaggio.
Lei gli sorrise e, a sua volta, si presentò.
Ruggiero fu affascinato da Roberta che indossava short scoloriti, una informe maglietta che portata senza reggiseno rendeva il ballonzolare morbido delle procaci mammelle una visione ad alto tasso erotico. Notò il bel culo della signora e le gambe tornite che terminavano in deliziosi piedi che calzavano infradito rosa. La notevole avvenenza di quel corpo e la sua conturbante carica sessuale scossero i sensi sempre all’erta di Ruggero. Fu inevitabile il confronto fra quella donna e sua moglie Cetta, che calata ormai nella parte di pigra, grassa matrona appagata, aveva perso qualsiasi accenno di sex appeal.
A Roberta quell’uomo bruno, dal fisico magro e vigoroso che l’aveva squadrata intensamente dalla testa ai piedi, spogliandola con gli occhi, suscitò immediatamente un vivo interesse. Dietro una formale correttezza e un linguaggio gentile intuì la sua carica erotica di cacciatore sessuale. Notò le narici di Ruggero dilatarsi nel percepire gli odori del suo corpo di femmina sudata e manifestarne un certo compiacimento. Quell’uomo era di certo un porco libidinoso dalle inclinazioni feticiste – aveva notato l’attenzione che l’uomo aveva dedicato ai suoi bei piedini fissandoli insistentemente – e questo costituiva per lei un valore aggiunto. Roberta e suo marito erano una coppia affiatata e solida, ma lei al presentarsi di opportune occasioni non aveva esitato a concedersi qualche trasgressione. La sua spregiudicatezza l’aveva poi indotta a raccontare al coniuge durante i loro amplessi, come fossero solo pure fantasie erotiche, gli adulteri realmente vissuti.
Roberta iniziò a fantasticare che Ruggero avrebbe potuto lenire la sua condizione di noiosa rabbia in cui versava e che rappresentasse la possibilità di un piacevole mordi e fuggi: un intrigante veloce avventura, senza strascichi o impegni, con uno sconosciuto che avrebbe potuto rivelarsi alquanto intrigante.
Si salutarono con Ruggero che le lanciava occhiate ardenti mentre Roberta si allontanava. Una volta in casa, in procinto di concedersi una doccia, Roberta si spogliò. Indugiò ad ammirarsi allo specchio: era obiettivamente una donna desiderabile e oggi si sentiva una Messalina che fremeva, desiderava intensamente di essere presa, scopata, violata. Si passò, sfregando i palmi, le mani sui seni, facendone inturgidire i capezzoli che svettarono al centro di deliziose, rosee, areole.
Il corpo completamente nudo, la schiena e il capo abbandonati sullo schienale della poltrona, le cosce allargate, le forme morbide e calde sarebbero piaciute ad un artista come soggetto per dipingere l’allegoria della lascivia. Le sue mani dopo esser appoggiate agli inguini, avevano pinzato le grandi labbra e le sollevavano; le dita febbrili si immergevano ora nella fessura umida, tormentando gustosamente il clitoride, ora esploravano il buco del culo. La sua carne era bollente. La vagina, sopraggiunto l’orgasmo, si riempì del liquido caldo del suo piacere che colò all’esterno. Lei raccoltolo se lo spalmò sulla pelle impiastricciandosela. Gli odori del suo sudore e delle secrezioni provocate dalla masturbazione sarebbero svaniti sotto la doccia ristoratrice che l’aspettava ma un pensiero perverso, improvvisamente, la indusse a cambiare idea. Decise di seguire l’istinto, di assoggettarsi irrazionalmente alle sue pulsioni erotiche più profonde e bestiali senza ostacolarle. Così com’era, bagnata dei suoi umori, indossò le mutandine che giacevano sul pavimento, un paio di leggings e una canotta, portata sfrontatamente senza reggiseno, calzò le sue fedeli, usate, sneakers. Quell’uomo – il suo istinto ne era certo – era interessato a lei con tutti i suoi odori e sapori di femmina e lei gliene avrebbe fatto graziosamente omaggio. Spettava a lui cogliere la situazione,
Sbirciando dalla finestra aveva notato che Ruggero aveva ormai concluso il suo lavoro e decise senza perdere tempo di sfruttare l’occasione prima che fosse troppo tardi. Giunta in cortile, passò accanto all’uomo, lo salutò e si fermò con fare provocante, avvicinandosi alquanto a lui fino a sfioralo. Si divertì a immaginare che l’odore della figa di cui erano intrise le sue mutandine e la sua pelle potessero essere percepite dall’uomo e ne scatenassero i libidinose istinti.
– Ma dove va con ‘sto caldo?
– A fare una passeggiata, ne sento il bisogno.
Nel breve scambio di convenevoli, Roberta, apparentemente a caso, inserì nel discorso la descrizione nei minimi dettagli del tragitto che intendeva percorrere. Le sue forme inguainate dagli indumenti aderenti erano assai attraenti: a Ruggero lo spettacolo inscenato ad arte non sfuggì – era impossibile – come del resto il provocante incedere sculettante della donna che si allontanava. Lui, se la mangiava con gli occhi, ma non disse nulla limitandosi a salutarla apparentemente freddo e distaccato.
Roberta pensò che se l’uomo non avesse raccolto l’invito esplicito, beh allora….
Percorse la strada, che si snodava lungo la vicina collina, solitamente molto frequentata ma ora desolatamente vuota. Regnava il silenzio, che il frinire delle cicale sottolineava, più che rompere. Il sole picchiava duro ma nei punti in cui le cime delle robinie si univano, la loro ombra spessa, limitava la vampa del sole. Di lontano si scorgeva la striscia del mare dove tutta la città sembrava essersi data convegno.
Roberta vide sopraggiungere un’auto, nella strada deserta che, dopo averla superata, invertì il senso di marcia e finì per affiancarla. Era, ovviamente, Ruggero.
– Salve, sto verificando che la meccanica sia a posto e per caso la incontro – ma che scusa puerile, pensò lei -.
Salti su che la accompagno a casa. Questo caldo è terribile, insopportabile, farà male al suo bel corpo.
Roberta salì accanto al conducente. Nessuno dei due aveva l’intenzione di tornare a casa. I loro occhi ardenti si incrociarono e lei schiuse la bocca invitante.
Mentre procedevano lentamente Ruggero appoggiò la mano destra sul ginocchio di Roberta, accostò l’auto, spense il motore e tirò il freno a mano. Lei non si mosse e la mano prosegui lungo le cosce della donna fino alla sua intimità. Considerata la passività di Roberta incoraggiante, lui le scostò gli slip e uno, poi due e infine quattro sue dita si fecero strada nella figa già umida. Lei era eccitatissima e cominciò a gemere ma non era tranquilla, temendo che la loro presenza potesse essere notata, se fosse passato qualcuno. Così invitò l’impaziente Ruggero a ripartire e gli fornì indicazioni per raggiungere un luogo più tranquillo che in pochi conoscevano.
Attraverso un viottolo nascosto dalla vegetazione giunsero a un folto e ombroso tunnel di canne nei pressi di un ruscelletto completamente asciutto in quella stagione. Ruggero spense il motore e invitò la donna a scendere dalla vettura e prendendola in braccio l’adagiò sul suolo erboso. Si baciarono impazienti. Quel luogo selvaggio e ben nascosto sembrava la location giusta per un rapporto sfrenato dal sapore atavico.
Ruggero le leccò la pelle rorida del collo, l’incavo delle ascelle odorose, le cosce, le gambe,
le tolse le sneakers e indugiò a odorare, baciare e succhiare avidamente quei piedi prima che il loro inebriante, caldo e acre aroma che esalavano, svanisse: l‘afrore della donna che lo stimolava nei suoi istinti primordiali, l’aveva trasformato in un’inarrestabile animale assetato di sesso. Roberta un poco sorpresa ma intrigata dal comportamento belluino di lui finse, blandamente peraltro, di opporsi a quell’impeto ma poi vi si abbandonò. Ruggero le sfilò la canotta, liberando così le voluminose e morbide mammelle che si alzavano e abbassavano al ritmo del respiro frequente e che divennero preda delle forti mani che le palparono impastandole, e della sua bocca che succhiò, fino a farli dolere, i capezzoli divenuti duri come proiettili.
Ruggero avvicinò il volto alle mutandine di lei, imbevute dal nettare della precedente masturbazione e dal nuovo che sgorgava copioso. Accolse in bocca quegli slip zuppi e odorosi, poi li strappò allargandoli fino alla rottura con un colpo secco. Pur sentendosi esplodere, prima che la sua lingua ne prendesse possesso, indugiò ad ammirare la rosea fessura che ammiccava rugiadosa di sudore e secrezioni profumate. Roberta si sentiva disinibita e godeva a comportarsi da spregiudicata femmina in calore. Adesso voleva solo sesso senza pensieri. Ruggero leccò quella figa fradicia che lo faceva impazzire: lei si dimenava e attirava con le mani verso il suo pube la testa di lui per rendere il contatto più stretto.
Roberta a sua volta, baciò, percorse con la sua lingua quella verga dalla consistenza marmorea, lucida, percorsa da un reticolo venoso e dal largo glande, succhiandola con grande trasporto e assaporandone il gusto pungente.
Non temeva più, ma perfino la compiaceva, il pensiero che un voyeur potesse scorgere – e magari riprendere con una videocamera – il suo tradimento, la dissolutezza dei suoi comportamenti. Anche lei cedeva alle sue pulsioni primitive di femmina eccitata. Si sentiva spensieratamente una gran puttana.
– Sei un vero porco. Adesso però vieni al sodo e fammi vedere quanto vali oppure se sei solo scena – Le piaceva molto provocarlo con lo scopo di infuocarlo di più.
Ruggero, che non vedeva l’ora di dimostrarglielo, indossò un profilattico di cui aveva immancabilmente una scorta pronta all’uso. Il loro sesso fu travolgente, lui la penetrava con forza, lei con le gambe intrecciate sulla schiena del suo amante, e inarcandosi lo aiutava a spingersi dentro più profondamente; gemeva e lanciava urla strozzate per un orgasmo squassante. I loro corpi accaldati, lucidi di sudore, profumavano di sesso.
Poiché l’uomo manteneva un’erezione invidiabile, Roberta lo stimolò.
– Ora mettimi a pecorina: in questo canneto selvaggio chiamami da dietro, fammi sentire veramente una bestia, come sei tu, del resto. Questa posizione ti si addice di più, animale, vero?
Ruggero non aveva certo difficoltà ad assecondare i desideri di Roberta e la stantuffò instancabile.
Durante una pausa lui fissò lussurioso quel magnifico posteriore: la figa accuratamente depilata, liscia evidenziava grandi labbra dilatate da cui sporgevano le piccole, tumide di piacere, mentre le secrezioni fuoriuscite avevano umettato anche la bruna roseola anale. Ne approfittò, da cialtrone qual era, per riprendere surrettiziamente un furtivo video col cellulare che aveva appositamente tenuto a portata e che, lasciato in funzione quando lo posò, continuò la registrazione vocale – serviva per il suo archivio personale. L’uomo leccò la zona perineale che insalivò accuratamente e dilatò il buchetto con la lingua e successivamente con le dita, febbrilmente fino ad ottenerne un buon rilassamento. Lei si divertì al gioco lanciando risatine e gridolini d’apprezzamento ma non si era resa conto ingenuamente – anche se sarebbe stato facile intuirlo – di ciò che la mente dell’uomo aveva programmato. Ruggero coscienziosamente si infilò un profilattico nuovo, le immobilizzò le braccia sulla schiena all’altezza del torace nella ferrea stretta della sua mano destra, la costrinse ad allargare le ginocchia e a sollevare il bacino. Roberta si aspettava una nuova penetrazione vaginale e fu sorpresa dall’urto feroce, dall’affacciarsi del glande al suo orifizio, dall’invasione martellante e dal violento riempimento del suo retto. Il rapporto anale non era un inedito per lei ma da tempo negletto. Tale pratica non era considerata da suo marito come lecita e, dopo il matrimonio, non l’aveva più praticata.
Urlò:
– Ahiahi! No ti prego, mi fai tanto male! Sei cattivo! Il mio buchino è troppo stretto per contenere il tuo grosso uccello. Basta, tiralo fuori immediatamente! – Sembrava il linguaggio di una bimba supplicante, travolta dalla sorpresa e dal timore di una sofferenza che cresceva con l’avanzare dentro le sue viscere del cazzo.
Lui non ci pensava neanche un po’ ad ubbidirle, infoiato com’era. Voleva, ormai quell’ulteriore trofeo a tutti i costi per una completa conquista. Le abbaiò arrogante:
– Quante storie! Si capisce bene che non é certo la prima volta che t’inculano; non t’atteggiare a verginella! Vorresti sostenere che non lo avevi capito cosa ti aspettava? Beh, anche se fosse, ora lo sai: mi prendo il tuo culo.
Poi con voce più dolce:
– Falla finita di ribellarti! Lasciati andare, vedrai che è molto meglio e ti piacerà!
Roberta fu scossa dall’essere stata volgarmente apostrofata e si sentì persino umiliata. Ansimava e la sua pelle era percorsa da rivoli di sudore. Lanciava acuti strilli, protestava, insultava, con gli occhi pieni di lacrime; sentiva la vescica fortemente stimolata, non riuscì a trattenersi e un getto di urina zampillò formando un rivolo sul terreno.
Lui la derise, ferendola nel suo orgoglio.
– Che combini Roberta? Ti pisci addosso?
Poi con voce più dolce:
– Finisci di ribellarti! Lasciati andare, vedrai che sarà molto meglio e ti piacerà!
Cercò di liberarsi invano dalle strette di quell’uomo molto più forte di lei che la martellava ma poi, sfinita, dapprima rassegnata e poi complice, si apprestò a concedersi a quel rapporto da tempo trascurato, potendolo così riapprezzare pienamente. Abbandonò ogni ribellione e chiese anzi con un filo di voce arrochita a Ruggero di non fermarsi, di spingere più forte – raccomandazione pleonastica peraltro, stante la furia erotica dell’uomo. Le sue pesanti tette pendevano muovendosi sensualmente, la calda bocca dell’amante sbavava sul suo collo.
Ruggero, che era all’apoteosi del piacere, affondando la verga gonfia in quelle carni prima ribelli e poi arrendevoli, urlando e grugnendo, finalmente spruzzò il suo seme caldo e vischioso nel profilattico, mentre era scosso da intense vibrazioni.
Roberta provava ormai un estatico godimento, mentre un calore le invadeva il basso ventre; era certa che in futuro non avrebbe rinunciato a quella pratica erotica che aveva riscoperto.
Rimasero, in attesa di fare ritorno a casa, stesi sull’erba in un distacco reciproco, per sempre irrimediabilmente distanti. Erano stati l’uno all’altro esclusivo strumento sessuale di lussurioso, proibito piacere e nulla di più.
Comunque erano rilassati e appagati pur con sentimenti diversi.
La donna considerò l’avventura che lei aveva per prima fortemente cercato e, nonostante la brutalità, la bestialità, persino l’umiliazione di quel rapporto, ultimamente poteva ritenersi molto soddisfatta.
Ruggero si sentì forte, felice di aggiungere una nuova tacca alle precedenti della sua ricca collezione, per la bella signora appena conquistata e del materiale video ottenuto. Con orgoglio avrebbe così esibito la sua avventura di fronte agli amici, corredandone a prova le immagini e i dialoghi registrati, carpiti surrettiziamente durante gli amplessi. Il raccontare, vantandosene, i suoi successi costituiva infatti per lui l’aspetto più gratificante.
Ognuno, a suo modo, comunque aveva tratto piacere da quello che avevano vissuto e questo in fondo contava, senza la pretesa di dover fornire giustificazioni e tanto meno provare rimorsi.

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