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Racconti di DominazioneTradimento

Mordere il frutto proibito

By 29 Marzo 2024No Comments

Una vacanza rubata a fine estate: avevamo prenotato un soggiorno presso una bella location di mare, un villaggio molto tranquillo frequentato da giovani famiglie e da qualche anziana coppia.
Mi chiamo Eleonora ho quasi cinquant’anni, son consapevole di essere tuttora una donna piuttosto attraente. Pur non mancandomi le occasioni, per pigrizia o moralismo non so, non ho mai considerato seriamente l’idea di lasciarmi andare e di concedermi qualche scappatella extraconiugale.

Franco, un quarantenne dal potente fisico, anche se gravato da un po’ di pancetta era uno dei gestori del villaggio; già dal mio arrivo non mi toglieva gli occhi di dosso e lo faceva in maniera così smaccata che persino mio marito, di solito distratto, potè accorgersene.
– Eleonora quel tipo ti sta spogliando e mangiando con lo sguardo – mi disse sarcasticamente.
– Si, è proprio fastidioso, non mi piace per nulla.
In realtà Franco sprigionava un selvaggio fascino da animale erotico che non mi lasciava indifferente, anzi mi lusingava, mi attizzava. Quell’uomo era nei modi sgradevole, arrogante coi suoi sottoposti e sembrava celare qualcosa di equivoco in sé; per me quella ambiguità, oscurità morale era uno stimolo alla mia curiosità rappresentando un tipologia d’uomo che non faceva parte nella mia quotidianità.
Ci trovavamo sul posto da appena due giorni quando mio marito dovette assentarsi per un improvviso impegno di lavoro che richiedeva assolutamente la sua presenza. Un auto passò a prenderlo per condurlo al più vicino aeroporto.
– Mi dispiace, ci ho provato d oppormi ma è troppo importante che io ci sia. Ne avrò per tre o quattro giorni, poi continueremo la vacanza insieme.
Avevo compreso, accettata la situazione, in fondo neanche troppo dispiaciuta sorprendendomi, per la prima volta in vita mia, a sognare di mordere un frutto proibito.
“Sei sempre così controllata, irreprensibile, bacchettona. Lasciati andare. – Devi aggiungere pepe alla tua esistenza e ricordati che qualche piccante evasione finisce col rafforzare i legami “. È solo un prendersi un po’ di libertà e respirare aria fresca. Vedrai, è divertente.”

Detto dalla mia amica Jenny, che era al terzo matrimonio, era esilarante.

– …Quindi signora suo marito non potrà essere qui con lei per qualche giorno, che peccato!
Franco presente alla reception mentre accompagnavo mio marito, in procinto di salire in macchina per partire, appariva tutt’altro che dispiaciuto che mi sarei trovata da sola per quei giorni – la sua espressione contraddiceva il senso delle parole pronunciate – .
Lo guardai sostenendo il suo sguardo e spinsi il mio busto in avanti per esaltare la pienezza del mio seno, sfidandolo. Il linguaggio del mio corpo lanciava segnali.
Nel tardo pomeriggio, al bar del villaggio, mi sedetti a un tavolino in disparte sorseggiando un mojito e ascoltando musica persa nei miei ragionamenti. Fui strappata ai miei pensieri da una voce allegra.
– Cosa fa una così bella signora tutta sola? Posso sedermi?
Prese posto accanto a me ancor prima che avessi la possibilità di rispondere.
Ordinò un mojito per sé, un secondo per me – decisamente troppo per le mie abitudini.
– Non vorrà attentare alle mie virtù grazie all’alcool? – Scherzai, ma non troppo.
Si limitò a sorridermi sornione.
Il sole stava rapidamente abbassandosi all’orizzonte, una brezza tiepida faceva frusciare le fronde e mi cullava; Franco avvicinò la sedia alla mia, riducendo le distanze. Iniziò così da parte sua un corteggiamento serrato, fatto di allusioni, doppi sensi, battute, rozzo ma efficace anche per la mia disponibilità ad accettarlo. Improvvisamente la sua grossa mano callosa mi afferrò il piede che penzolava libero da terra per via delle mie gambe accavallate e lo accarezzò eroticamente facendo scorrere il suo pollice lungo la delicata pelle. Avvertii un brivido corrermi lungo la schiena, poi un calore intenso mi pervase; arrossii.
– Se la morbidezza del tuo piede, Eleonora, è un indizio di quella del tuo corpo dovrebbe essere magnifico.
Incoraggiato dalla mia arrendevolezza, disinvolto mi sussurrò all’orecchio con la sua voce roca:
– Mi piacerebbe condurti in un posto molto caratteristico per goderci questo tramonto. Non è distante, ma occorre che ci sbrighiamo se vogliamo coglierne lo splendore.
Mi emozionai per quell’invito ben conscia dell’inevitabile epilogo.
I suoi occhi mi interrogavano bramosi.
La tentazione era irresistibile ed ebbe il sopravvento sui miei scrupoli. Tergiversai incerta, stretta fra la passione che mi tentava e il concedermi a quell’uomo, in fondo sconosciuto e dal comportamento non del tutto rassicurante. Mi alzai, per causa dei drink e del mio stato d’animo, con la testa che mi girava e le gambe un po’ incerte.
– D’accordo, ti seguo.
Ci inerpicammo per un breve sentiero fra la macchia mediterranea profumata; sotto di noi, a lato, il mare, specchio d’argento che si scuriva lentamente e si arricchiva delle pennellate calde del sole.
In questo contesto romantico, a contrasto, avvertii prosaicamente la necessità di mingere ma, ovviamente, non ne feci parola.
In breve raggiungemmo una radura dove, fra i pini era parcheggiata una roulotte e un paio di sedie a sdraio.
– É il mio rifugio che mi sono ricavato. Preferisci sederti qui fuori o dare un’occhiata dentro?
Sorrise, sicuro di cosa avrei risposto, cosa che puntualmente feci.
– Son curiosa di vedere il tuo ehm …rifugio.
All’interno della roulotte faceva caldo e l’arredamento era costituito esclusivamente da una ampio materasso gonfiabile appoggiato direttamente sul pavimento un tavolinetto aperto e una sedia.
Non perse tempo e le sue braccia possenti mi abbracciarono, mi abbandonai ai suoi baci ardenti trascinata in quella avventura sordida che mi coinvolgeva completamente.
Mi sfilò la t-shirt, slacciò il reggiseno e mi fece sedere sul materasso, mi sollevò le gambe per sfilarmi bermuda e slip.
Ora ero nuda completamente. succube alle sue voglie.
– Che bella che sei, nuda ancora di più! Bella e abbondante come piace a me con le tue splendide tettone e il tuo formoso culo. Mi pare di sentire il profumo della tua fica bagnata.
Sembrava che mi valutasse, completamente privo di eleganza e classe, come fossi una bestia.
Però ci stavo prendendo gusto: facesse pure di me quello che gli passava per la testa.
Mi ruotò su un fianco e, afferrati i miei glutei, li allargò. La sua lingua dopo aver lambito e lappato la mia figa gonfia si concentrò sull’ano con tutti i suoi sapori, oltrepassò lo stretto anello spingendosi il più possibile in profondità. Una sensazione inedita e molto gradevole fu percepire quella grossa lingua calda e umida che mi penetrava nel retto. L’emozione, l’eccitazione che stavo provando, unita alla vescica troppo piena, provocò uno zampillare di urina dalla mia vagina. Contrariamente ai miei timori, dimostrò di apprezzare quella pioggia dorata e aprendomi con le mani le grandi labbra prese a leccarmi la figa, gonfia per il desiderio. Godevo, la sua grossa e instancabile lingua mi sguazzava dentro fra umori e urina: gemevo sensualmente, comprendendo di farlo infoiare sempre di più. Lo sentivo ansimare, sudare e grugnire come un maiale. Si spogliò: il suo corpo era muscoloso, cotto dal sole e il suo cazzo era impressionante nella sua erezione
Avevo talvolta fantasticato di incontri al buio, e cosa c’era di meglio di quella selvaggia scopata con uno sconosciuto, superdotato per giunta.
Mi avvicinò al volto il pene: annusai il pungente, acre afrore e allargando più che potevo le labbra lo accolsi in bocca assaporandone il deciso aroma, lo leccai, insalivai e succhiai con entusiasmo: era duro come pietra.
Udii una voce roca, con forte accento dialettale:
– Ora ti voglio chiavare e ti aprirò come una cozza. Appena ti ho vista ho compreso le tue qualità di gran zoccola. Sarai soddisfatta e ti farò provare qualcosa di veramente speciale. Hai mai visto un cazzo così grosso?
Scossi il capo in segno di diniego e guardai rapita, piena di ammirazione quel magnifico scettro di carne.
Non avevo dubbi nel confronto impari fra il pene di mio marito e quello di Franco e già bruciavo dall’impazienza di avere tutto, dentro di me quel fantastico uccello.
Mi allargò le cosce bloccandomi la gamba sinistra contro il materasso e ponendo l’altra sopra la sua spalla destra. Quel glande violaceo faceva quasi paura e quando entrò, facendosi strada nelle mie carni, gemetti.
L’uomo, appoggiandomi addosso tutto sudato, mi schiacciava con il suo peso. Avevo a un tempo ansia ma contemporaneamente volevo gustare pienamente quell’enorme massa palpitante di carne. La mia figa contro quel cazzo enorme – che avanzava deciso sempre più profondamente -, lottò fino ad accettare la sconfitta, ne fu travolta, invasa; fu costretta, allargandosi fino al suo limite, ad ingoiarlo tutto fino alla cervice uterina. I miei tessuti erano tirati, tesi da sembrare prossimi alla rottura. Non riuscivo a pensare, non connettevo travolta da quella tempesta di lussuria bollente. Dolore e intenso piacere si fusero fino all’esplodere del mio orgasmo.
Ancora stordita, ancora avvolta nella piacevolezza del climax percepii le sue fortissime mani percorrere la mia schiena fino all’incavo dei reni e stringere saldamente e dolorosamente i miei glutei che furono divaricati esponendo così il mio buchetto all’aria.
Mugolando e grugnendo leccò a lungo e piacevolmente la mia bruna roseola, alesandomi con un dito, poi con due intinti nelle mie cospicue secrezioni vaginali.
– Non vorrai mica….? No per favore……
– Ma a dire il vero mi sembra di capire che il tuo culo sia allenato.
In effetti avevo per un certo periodo utilizzato dei plug anali nei giochi con Max, senza arrivare al pieno rapporto anale.
– Ho paura, il tuo cazzo è così grosso!
– Finiamola. – Abbaiò spazientito. – Non atteggiarti a santarellina con me e ricordati che qui ora sei la mia troia. Il tuo primo compito è di farmi godere, puttana.
Le mie zone erogene anali erano attivate, pronte a essere violate ma ancora temevo di provare dolore. Implorai:
– Ti supplico, almeno fai piano, é troppo grosso per me.
Quando il glande di Franco, che già era appoggiato alla soglia del mio ano, iniziò la penetrazione, strillai ma poi rilassata mi apprestai a sperimentare il godimento nuovo ed esaltante.
– Mi piace, adesso non fermarti, vai.
Ora il cazzo nel culo mi provocava un piacere osceno ed era bella la sensazione di sentirmi dominata – io che ero solita comandare, nella vita, – da quell’uomo rozzo e volgare. Mi agitavo inarcavo la schiena e le mie splendide pere sbatacchiavano sensualmente nell’aria.
– Ancora…ancora.
Emesso infine un getto di sperma caldo nelle mie viscere, il pene perse progressivamente consistenza e venne estratto gocciolante.
Nei giorni che precedettero il ritorno di mio marito, ebbi modo di passare altri bollenti momenti con il mio amante, per piacere indubbiamente ma anche obbediente a soddisfare ogni desiderio di Franco il cui torbido, arrogante carattere tendente alla violenza temevo assai. Appena rientrato Max, con una scusa, chiesi di spostarci dal villaggio perché cominciavo a temere la pretesa piuttosto aggressiva di Franco su di me.
Dovevo riconoscere che Jenny, in fondo, aveva ragione e con mio marito le cose andarono meglio; la nostra sessualità di coppia ne trasse giovamento, risultando più spregiudicata e più giocosa. In seguito raccontai, questa storia a Max come fosse il frutto esclusivo della mia fantasia con il risultato di eccitarlo e di farsela raccontare ripetutamente. Sono curiosa di capire come reagirebbe se gli rivelassi la verità, cioè che Franco mi ha scopato culo e figa; aspetto il momento giusto per farlo. In quanto a Franco – il mio istinto non sbagliava nel ritenerlo un poco di buono – fu arrestato un paio di mesi dopo la nostra partenza per associazione a delinquere oltre a una sequenza interminabile di reati.

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